RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n. 178 - Testo della trasmissione di sabato 26 giugno
2004
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI
IN PRIMO PIANO:
Oggi anche la Giornata mondiale
per la lotta contro la droga: intervista con Mario Costa
CHIESA E SOCIETA’:
Giornata di preghiera per la
riconciliazione e l’unità domani in Corea
L’Angola
scende in campo nella lotta all’Aids
Il leader di Al Qaeda in Iraq è sfuggito ad un
raid aereo americano, diverse città irachene colpite dalla violenza
Aperto in Irlanda il vertice tra Stati Uniti ed
Unione Europea
La pace tra Ruanda e Repubblica Democratica del
Congo al centro dell’incontro di ieri in Nigeria tra i presidenti Kagame e
Kabila.
26
giugno 2004
NON
SOLO PARLARE DI SPORT MA PRATICARE LO SPORT IN MODO SANO E LEALE
PER
RISCOPRIRE LA PIENA VERITA’ DELLA PERSONA:
COSI’
IL PAPA AI SETTEMILA PARTECIPANTI ALLA FESTA IN VATICANO
PER I
60 ANNI DEL CENTRO SPORTIVO ITALIANO
- Intervista con Edio Costantini -
Grande festa stamane nell’Aula Paolo VI per celebrare i 60
anni del Centro sportivo italiano, la più antica e diffusa associazione
polisportiva in Italia. Un incontro con il Papa segnato da tanta gioia ed emozione
per migliaia di giovani atleti, accompagnati da allenatori, arbitri, dirigenti,
animatori e assistenti spirituali. Circa 7 mila le persone riunite per questo
significativo evento, che sottolinea l’impegno del Csi di evangelizzare il
mondo dello sport in Italia. Presente il cardinale Camillo Ruini, presidente
della Conferenza episcopale italiana; Edio Costantini, presidente nazionale del
Csi e mons. Vittorio Peri consulente ecclesiastico dell’organizzazione
sportiva. Il servizio di Roberta Gisotti.
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“’Alzati! Ascolta! Mettiti in cammino!’”:
L’invito del Signore al ragazzo di Nain, Giovanni Paolo II
lo aveva già rivolto ai giovani raccolti nel Palazzo del Ghiaccio di Berna, il
5 giugno scorso; oggi il nuovo richiamo ai giovani atleti del Centro sportivo
italiano:
“Ciascuno di voi è chiamato a seguire Cristo e ad
essere suo testimone nell’ambito sportivo”
60 anni spesi dal Csi – ha ricordato il Papa – “perché
bambini, giovani, adulti potessero conoscere, attraverso le varie discipline
sportive, la ricchezza e la bellezza del Vangelo.” “Questa resta oggi la vostra
missione, - ha sottolineato il Santo Padre - di cui la società continua ad
avere bisogno”, “nelle parrocchie, nella scuola, nel territorio”, “per
coltivare i valori autentici della vita: l’amore per la verità e la
giustizia, il gusto della bellezza e della bontà, la ricerca dell’autentica
libertà e della pace”. “Fare sport”, non solo “parlare di sport”, per
“riscoprire la piena verità sulla persona.”
Parole che stridono con i tanti fatti negativi che negli
ultimi anni hanno inquinato il mondo dello sport. Giovanni Paolo II ha citato
le logiche del profitto, dello spettacolo, del doping, dell’agonismo esasperato
e la violenza delle tifoserie. Quindi l’augurio a tutti gli atleti “a praticare
lo sport con lealtà e sano spirito agonistico”, per saper “affrontare la gara
impegnativa della vita con coraggio e onestà, con gioia e serena fiducia nel
futuro”.
Calorosa la partecipazione di tutti i presenti, tra cui
diversi atleti azzurri. Non dimentichiamo infatti che il Centro sportivo
italiano, fondato con lo scopo di
“perseguire lo sport per tutti”, ha
saputo coltivare al proprio interno centinaia di campioni in ogni disciplina,
tra questi Gianni Rivera, Gigi Riva, Francesco Moser, Felice Gimondi, Gelindo
Bordin, Moreno Argentin, Sandro Gamba, Manuela Benelli e tanti altri. Qualche dato sul CSI, fondato
nel 1906, sciolto nel 1927 e ricostituito nel 1944, oggi conta 850 mila associati; oltre 12 mila società affiliate nelle diocesi di tutta Italia; mette
in campo 42 mila squadre, grazie all’impegno volontario di 100 mila allenatori, arbitri, animatori e dirigenti.
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Una realtà dunque davvero operosa anche se non ‘gridata’
quella del Centro sportivo italiano, che si contrappone ai mali dello sport, questi sì, amplificati sui media. In questo contesto si può ancora educare i
giovani attraverso lo sport? Ascoltiamo
il presidente del Csi, Edio Costantini, al microfono di Marina Tomarro:
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R. - Ce n’è bisogno oggi ancora più di ieri. Certo è che
abbiamo cattivi maestri e allora il grande sport oggi deve recuperare la sua
robustezza non soltanto nell’allargare “il medagliere” ma nello stile di vita.
Un grande campione diventa grande solo se riesce a far passare un’immagine di
sé e dello sport come qualcosa che aiuta le persone a migliorarsi, a dare il
meglio di sé.
D. – Qual è lo spirito sportivo che cercate di trasmettere
ai ragazzi?
R. – Prima di tutto fare attività sportiva. In Italia si
parla molto di sport ma se ne fa poco. Bisogna fare in modo che i ragazzi, le
persone in genere, facciano sport e lo facciano in uno spazio sportivo, dentro
una società sportiva. Una grande promozione l’ha fatta sempre la parrocchia,
con l’oratorio. C’è bisogno del luogo, dello spazio dove le persone si possano
incontrare.
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DAL 5 AL 17 LUGLIO SOSPESE TUTTE LE UDIENZE PRIVATE DEL PAPA CHE SARA’
IN VALLE D’AOSTA PER UN
PERIODO DI RIPOSO. NEL CORTILE DEL PALAZZO APOSTOLICO DI CASTEL GANDOLFO SI
SVOLGERA’ IL MERCOLEDI’ ALLE 10.30
L’UDIENZA GENERALE E LA DOMENICA ALLE 12.00 L’ANGELUS
Con un
comunicato la Prefettura della casa Pontificia fa sapere che con il trasferimento del Santo Padre in
Valle d’Aosta per un periodo di riposo, dal 5 al 17 luglio, sono sospese tutte
le Udienze private. Durante il periodo
estivo, la consueta Udienza generale, da mercoledì 21 luglio, avrà luogo nel
Cortile del Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo alle ore 10.30. Tutte le
domeniche, da domenica 18 luglio, Sua Santità reciterà la preghiera mariana dell’Angelus, alle ore 12, nel Cortile del
Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo.
UDIENZE E NOMINE
Questa mattina il Papa ha
incontrato mons. Faustino Sainz Muñoz, arcivescovo titolare. di Novaliciana,
nunzio apostolico presso le Comunità Europee; mons. Giovanni Bulaitis,
arcivescovo titolare di Narona, nunzio apostolico in Albania; la signora Edda Victoria Martinelli de
Dutari, ambasciatore di Panamá, in visita di congedo. E poi in tarda mattinata
ha ricevuto il cardinale Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione per
i vescovi.
Il Santo
Padre ha nominato arcivescovo metropolita di Chieti-Vasto (Italia) monsignor
Bruno Forte, del clero dell’arcidiocesi di Napoli, docente di Teologia
dommatica presso la Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale e membro della
Commissione Teologica Internazionale. Inoltre, Giovanni Paolo II ha
nominato capo ufficio nel Pontificio Consiglio della Cultura monsignor Gergely
Kovács, officiale del medesimo Dicastero.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre la prima pagina il titolo
“Alzati! Ascolta! Mettiti in cammino!”: il trinomio del Centro Sportivo
Italiano per il giovani del Terzo Millennio; Giovanni Paolo II rinnova con
vigore l’invito rivolto ai giovani svizzeri nel corso del recente pellegrinaggio.
Sempre in prima, un articolo di
Danilo Veneruso dal titolo “La cultura secolarizzata e secolarizzante
dell’oggi”: un’Europa senza radici?
Nelle vaticane, la Lettera del
Papa al cardinale Gilberto Agustoni, per la nomina a suo Inviato Speciale alle
celebrazioni del centenario dell’incoronazione dell’immagine della “Mater
Dolorosa” nel santuario di Telate, in diocesi di Munster.
Nelle estere, in evidenza l’Iraq, con un articolo
dal titolo “Ancora vittime di una guerra senza nome”.
Nella pagina culturale, un
articolo di Armando Rigobello in merito ad una raccolta di saggi di
Sant’Agostino.
Nelle pagine italiane, in rilievo
il tema dei conti pubblici.
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26
giugno 2004
IN ASIA I PAESI PIU’ REPRESSIVI DELLA LIBERTA’
RELIGIOSA:
PRESENTATO
IERI A ROMA IL RAPPORTO DI “AIUTO ALLA CHIESA CHE SOFFRE”
-
Intervista con Bernardo Cervellera -
Si
trovano in Asia i Paesi più repressivi della libertà religiosa. E’ quanto
emerge dal Rapporto sulla libertà religiosa nel mondo presentato ieri a Roma e
realizzato dalla sezione italiana di “Aiuto alla Chiesa che soffre”.
Quest’opera di diritto pontificio ogni anno realizza circa 6 mila progetti in
130 nazioni dove la Chiesa incontra difficoltà nello svolgimento della propria
missione. Radicalismo islamico, un insorgente fondamentalismo indù e i regimi
comunisti superstiti sono ancora i maggiori persecutori di questo diritto
fondamentale di ogni uomo: quello alla libertà religiosa che - ha ricordato
Attilio Tamburrini direttore di Acs-Italia - il Papa ha in qualche modo messo
come cartina tornasole di tutti gli altri diritti. Il servizio di Debora
Donnini:
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Dare voce a chi non ha voce perché vittima di violazioni alla libertà
religiosa. E’ con questo intento che il Rapporto di Acs 2004 passa in rassegna
190 Paesi del mondo. Miglioramenti in Russia e nei Paesi dell’est, eccetto la
Bielorussia con leggi restrittive per le minoranze, tra cui il divieto per le
comunità non registrate di incontrarsi sistematicamente presso una stessa
abitazione. Nel mondo islamico si notano progressi sul fronte delle riforme che
si spera possano riflettersi anche nel campo della libertà religiosa. E’ quanto
rileva Camille Eid, giornalista libanese, che ha fatto una panoramica di questa
zona del pianeta ancora segnata da discriminazioni fondate sulla legge
islamica, che vanno dal divieto per i musulmani di convertirsi ad un'altra
religione fino alla sottomissione degli altri cittadini ai dettami
dell’ordinamento giuridico islamico. Qualche segnale positivo della volontà di
introdurre riforme anche in Arabia saudita che, in un recente punteggio
dell’“Economist” relativo alla libertà religiosa nei Paesi arabi, ha preso
“zero”, risultando dunque l’ultimo in classifica.
Da segnalare anche le aree dei conflitti locali come in
Colombia, dove l’instabilità politica si riflette sulla vita delle comunità
religiose. Fra i regimi comunisti spicca la Corea del Nord: dalle poche notizie
che filtrano si parla di brutali persecuzioni e si calcola che dal ’53, anno in
cui si è instaurato il regime comunista, circa 300 mila cristiani siano
scomparsi. Attualmente 100 mila persone nei campi di lavoro sono vittime di
fame e torture. Gravi violazioni di diritti umani e libertà religiosa anche in
Laos. La Cina continua ad essere protagonista di arresti e forme di controllo
nei confronti delle religioni: dai cristiani ai membri del falun gong. Ne ha
parlato padre Bernardo Cervellera, direttore di Asia news, che, riferendosi
anche all’area indù e al fondamentalismo indù, rileva che il trend è non
solo perseguitare l’individuo in diverse forme ma anche tentare di distruggere
le scuole.
“Il tentativo di distruggere la religione è anche
tentativo di distruggere uno sviluppo moderno di queste società. Per esempio,
in India molte scuole cattoliche o protestanti hanno come studenti i paria,
cioè i fuori casta, le persone che sono considerate le schiave della società
(il sistema delle caste sebbene vietato per legge, sopravvive, dice il rapporto
di Acs, ndr). Distruggere queste scuole significa fermare lo sviluppo di queste
persone e quindi condannarle ad un non sviluppo sia come dignità personale, sia
come sviluppo sociale.”
Risultano dunque molto legati totalitarismi ideologici e
fondamentalismi religiosi, secondo padre Cervellera: entrambi hanno un
sottofondo di nichilismo per cui l’affermazione del loro potere, in modo
assoluto, deve eliminare ciò che è diverso.
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LA SPERANZA CHE MALTA
CONTINUI AD ESSERE ESEMPIO DI FEDELTA’ AL VANGELO
E SI FACCIA PONTE TRA EUROPA E PAESI DEL
MEDITERRANEO:
LE RIFLESSIONI DEL PRESIDENTE DELLA PICCOLA ISOLA,
EDWARD FENECH-ADAMI,
DOPO L’INCONTRO IERI IN VATICANO CON IL PAPA. IL
RAMMARICO CONDIVISO
PER IL MANCATO RIFERIMENTO
ALLE RADICI CRISTIANE NELLA COSTITUZIONE EUROPEA
- Intervista con il presidente di Malta, Edward
Fenech-Adami -
Nell’incontro di ieri con il
presidente di Malta, Giovanni Paolo II ha esaltato la fedeltà al Vangelo della
piccola isola del Mediterraneo, e ha espresso apprezzamento per il sostegno
offerto dal governo maltese per un riferimento alle radici cristiane nella
Costituzione europea. Dopo l’udienza in Vaticano, la nostra collega Danielle
Vella ha intervistato il presidente, chiedendogli innanzitutto la sua reazione
alle parole del Papa:
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R. – FIRST
OF ALL, I WAS VERY GRATEFUL FOR THE FACT THAT HIS HOLINESS ...
In primo luogo, sono profondamente riconoscente al Santo
Padre per avere espresso il suo apprezzamento per l’opera svolta dal governo
maltese nel periodo più recente, in particolare negli ultimi mesi, in cui esso
ha insistito molto affinché il riferimento alle radici cristiane fosse
introdotto nella Costituzione dell’Unione Europea. Personalmente, nutro lo
stesso sentimento di delusione del Santo Padre nonostante io debba dire anche
di non essere stato sorpreso da questa conclusione, perché era evidente che un
certo numero di Paesi fossero contrari ad inserire questo riferimento nel
Preambolo. Credo che sia stata commessa una sorta di “ingiustizia”, nel senso
che in realtà quello che si voleva introdurre nel Preambolo era semplicemente
una constatazione di fatto che nessuno mette in discussione. Infatti, se siamo
onesti con noi stessi, riconosciamo che parliamo dei valori dell’Unione Europea
che sono valori che noi tutti osserviamo, come ad esempio il rispetto dei
diritti umani, della persona ... Questi sono tutti valori cristiani, il prodotto
dell’eredità cristiana di tutti i Paesi dell’Europa. Io, che ho partecipato ai
negoziati fino al febbraio scorso, avevo percepito che non ci sarebbe stato
accordo perché c’erano alcune posizioni contrarie molto forti. E sia chiaro: la
posizione contraria molto forte era riferita al fatto che il riferimento fosse
inserito nel Preambolo. Non potrei assolutamente dire che ci fossero atteggiamenti
anti-cristiani o non-cristiani o qualcosa di simile. Semplicemente, contrarietà
all’inserimento del riferimento alle radici cristiane dell’Europa nel testo.
D. – Il Papa ha detto che Malta, Paese tradizionalmente cattolico, può
essere d’esempio per altri Paesi in particolare nel rispetto che essa nutre per
la famiglia. Lei pensa che effettivamente Malta possa essere presa d’esempio,
per quanto riguarda la fede ed i valori cristiani, dall’Unione Europea?
R. – WE MADE A REFERENCE IN OUR CONVERSATION TO THIS POINT, AND I MYSELF
...
Abbiamo parlato anche di questo.
Ho ricordato al Santo Padre le parole pronunciate quando è venuto a Malta nel
1990: “L’Europa ha bisogno anche della testimonianza di fede di Malta”. E ho
ribadito al Papa la speranza di riuscire a continuare ad offrire una
testimonianza vera ai nostri valori cristiani. Per fortuna, l’istituto della
famiglia è ancora forte a Malta, ma questo non significa che non ci siano i
segni di cambiamenti e questi cambiamenti stanno avvenendo anche in maniera
piuttosto veloce.
D. – Un’ultima domanda: qual è il ruolo che può svolgere Malta per
avvicinare gli Stati dell’Unione Europea, gli Stati del Medio Oriente e quelli
dell’Africa del Nord?
R. – I
THINK THAT WE ALL AGREE THAT MALTA DOES BRING IN THE EUROPEAN ...
Credo che siamo tutti d’accordo sul fatto che Malta dia
all’Unione Europea una più ampia dimensione mediterranea. Malta è il pizzo più
meridionale dell’Europa, è posta al centro del Mediterraneo. Malta ha per
tradizione ottimi rapporti con i Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, in
particolare con quelli dell’Africa del Nord; i maltesi sono noti per essere
ottimi interlocutori ... Ecco perché credo che abbiamo un ruolo da giocare in
Europa. Non vogliamo certo sopravvalutare le nostre possibilità, ma la presenza
di Malta contribuirà in maniera sostanziale alla dimensione mediterranea
dell’Unione Europea.
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SI
CELEBRA OGGI LA GIORNATA INTERNAZIONALE
IN
FAVORE DELLE VITTIME DELLA TORTURA. UNA DRAMMATICA REALTA’ IN ALMENO
132
PAESI DEL MONDO, VENUTA ALLA RIBALTA DELLA CRONACA
PER I
FATTI DI ABU GHRAIB
-
Intervista con Italo Siena e Riccardo Noury -
Le
immagini delle violenze compiute nel carcere iracheno di Abu Ghraib hanno
squarciato il velo dell’indifferenza sul fenomeno delle torture che nel mondo non
accenna a diminuire. E’ quanto si ribadisce oggi, Giornata internazionale in
favore delle vittime della tortura. Sono 133 i Paesi che hanno ratificato la Convenzione
contro tale pratica approvata dalle Nazioni Unite, ma è ancora molto il lavoro
da fare perché i governi del mondo si dotino di una legge contro questo
crimine. Una legge di cui anche l’Italia è priva. Benedetta Capelli:
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(musica)
La tortura è pratica comune in 132 Paesi e sono oltre 10
mila le vittime l’anno. Sono numeri assolutamente sotto-stimati, dato che la
tortura è sì violenza fisica, ma principalmente psicologica e il torturato
risponde con la denuncia rabbiosa o semplicemente con l’oblio. Un processo
complesso, confermato da Italo Siena, fondatore di “Nagahar”, un centro milanese
per il sostegno delle vittime di tortura:
“La tortura è una realtà quotidiana in tantissimi Stati
del mondo: Togo, Turchia, Costa d’Avorio, Sudan, Eritrea ... Importante è che i
popoli che accolgono le vittime della tortura non facciano loro vivere una
seconda tortura!”.
Si tratta di un metodo efficace per incutere paura,
ridurre al silenzio le opposizioni: come conferma Riccardo Noury,
direttore dell’ufficio comunicazione della Sezione italiana di Amnesty International e curatore del
volume “Non sopportiamo la tortura”:
“Le vittime della tortura ci hanno detto che i torturatori
hanno messo loro un metaforico tappo in bocca per impedire loro di denunciare.
Si dice che la pena di morte uccide la persona: la tortura uccide la
personalità”.
Nonostante
la ratifica della Convenzione contro la tortura, approvata dalle Nazioni Unite
nel 1987, in Italia c’è il vuoto legislativo. L’unico progetto di legge in
attesa di approvazione al Senato ha sollevato un vespaio di polemiche per
l’introduzione di un emendamento secondo il quale, per esserci il reato di
tortura, le violenze o le minacce gravi devono essere reiterate. In occasione
della Giornata internazionale in favore delle vittime della tortura, Amnesty
International chiede non solo parole, ma fatti concreti. Ancora Riccardo Noury:
“Bisogna che il Parlamento italiano colmi un ritardo di 15
anni e introduca, con una legge, nel Codice penale il reato di tortura. Combattere
la tortura significa avere leggi che la puniscano”.
Nel mondo sono 200 i centri di riabilitazione per le
vittime della tortura, che offrono sostegno psicologico, assistenza legale e
formazione professionale. Una possibile via di riscatto per chi ha avuto il
coraggio di spezzare quel giogo, pur mantenendo vive le proprie ferite.
(musica)
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LE
NAZIONI UNITE INVITANO OGGI A CELEBRARE ANCHE
LA
GIORNATA MONDIALE PER LA LOTTA CONTRO LA DROGA,
RIBADENDO
IL MESSAGGIO CHE DAL TUNNEL DEGLI STUPEFACENTI SI PUO’ USCIRE.
TEMA
DI QUEST’ANNO: “IL TRATTAMENTO TERAPEUTICO”
-
Intervista con Mario Costa -
Le
Nazioni Unite invitano a celebrare oggi anche la Giornata mondiale per la lotta
contro la droga. Il tema di quest’anno, “Il trattamento terapeutico”, intende
promuovere un messaggio importante: dal tunnel delle droghe si può uscire. Ma
quali sono le ultime evoluzioni del fenomeno? Salvatore Sabatino lo ha chiesto
a Mario Costa, direttore dell’Ufficio Onu per il crimine e le droghe:
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R. – Dipende molto dal tipo di droga. Ovviamente, gli
Stati Uniti rimangono tra i Paesi con maggiore consumo di cocaina al mondo con
percentuali sempre problematiche, anche se in calo. In calo è l’abuso di eroina
nell’Europa occidentale, senz’altro in forte calo sono i decessi dovuti
all’abuso di eroina, mentre in crescita è il consumo di eroina e in parte anche
di cocaina nei Paesi dell’Est Europa, in Russia e in Cina.
D. – Avete dedicato la Giornata di quest’anno al
trattamento terapeutico. Avete qualche programma interessante?
R. – Vorremmo sottolineare il fatto che è una idea
sbagliata quella portata avanti anche dai tribunali che favoriscono l’uso di
droga, che il trattamento non funziona. In effetti, è il contrario. Bisogna che
le società si impegnino a tutti i livelli. Il messaggio che noi propagandiamo è
che l’abuso di droga lo si può contrastare. La tossicodipendenza in generale
può essere combattuta non solo con mezzi di polizia, pur necessari,ma
soprattutto con l’impegno dell’intera società, dalle famiglie alle scuole, agli
ambienti di lavoro, agli ambienti di fede, agli ambienti sportivi ... Se questo
avviene, si potrà indubbiamente controllare un problema che rimane molto serio.
D. – La droga, oltre che un fenomeno sociale, diventa
anche un investimento economico, visto che in Paesi tipo l’Afghanistan il
prodotto interno lordo del Paese per buona parte deriva dalla coltivazione di
oppio. Come agire, in questi casi, per ridimensionare il fenomeno?
R. – Non considero la povertà una giustificazione o una
scusa per le attività illecite. Indubbiamente, però, dobbiamo riscontrare la
realtà obiettiva di certi Paesi. Lei ha menzionato l’Afghanistan, io vorrei
menzionare anche alcuni Paesi andini o anche i Paesi del cosiddetto “triangolo
d’oro”: il Laos, la Cambogia e la Birmania. Qui la realtà economica e sociale è
disastrata, bisogna soprattutto intervenire con mezzi di assistenza economica,
di assistenza allo sviluppo, di aiuti finanziari. E per far questo bisogna
rafforzare in primo luogo i governi, che devono imporre il vigore della legge,
e al tempo stesso aiutare e sostenere i contadini affinché escano
dall’illegalità e si convincano a progredire nello sviluppo sano delle culture
lecite.
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“INSIEME,
FACCIAMO LA DIFFERENZA! LA PARTECIPAZIONE ATTIVA DEI GIOVANI
NELLA
SOCIETÀ E NELLA CHIESA”. E’ IL TEMA DEL VI CONSIGLIO
INTERNAZIONALE
DELLA
GIOVENTÙ OPERAIA CRISTIANA, LA CIGIOC, IN
CORSO DA IERI A VITORCHIANO.
OGGI A ROMA CERIMONIA IN CAMPIDOGLIO
Oggi l’appuntamento si è spostato a Roma per una cerimonia
in Campidoglio, che ha seguito per noi Alessandro Guarasci:
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Quali sono le conseguenze della globalizzazione sui
giovani e come sta cambiando il mercato del lavoro? Ruota attorno a questi temi
il VI Consiglio internazionale della CiGioc, il movimento della gioventù
operaia cristiana che proseguirà fino al 9 luglio vicino a Viterbo. 120 giovani
di ogni estrazione sociale, provenienti da 60 Paesi, che si confronteranno sui
temi dell’occupazione e dell’incursione sociale. Tra gli intervenuti oggi anche
mons. Stanislav Rylko, il sindaco della capitale Walter Veltroni ed il segretario
generale della Cisl, Sabino Pezzotta. Il 30 giugno l’appuntamento con l’udienza
dal Papa. Nel suo messaggio, letto qui in mattinata, Giovanni Paolo II ha
incoraggiato i giovani a continuare il cammino intrapreso e ha ricordato
l’importanza della solidarietà e dell’aiuto reciproco, rimanendo fedeli ai
valori cattolici. Tra le iniziative che saranno lanciate in questi giorni,
un’inchiesta sui giovani lavoratori nel mondo globalizzato. Sentiamo Marco Calvetto,
presidente della CiGioc italiana:
R. - Esiste una scarsa attenzione in tutte le società del
mondo rispetto alla dimensione del lavoro vissuta da giovani, quindi la
situazione dei giovani lavoratori. Non ci si chiede quanto incide la dimensione
del lavoro nella costruzione dell’identità individuale e sociale in quell’età.
Quali sono le condizioni di vita e di lavoro di queste persone. A che cosa sono
sottoposte, che tipi di lavoro fanno, quali sono i loro ritmi di vita, quanto
guadagnano, che cosa si aspettano dalla realtà, dal mondo e dalla Chiesa.
D. – Ai giovani è chiesta soprattutto flessibilità nel
mondo del lavoro. Si parlerà anche di questo?
R. – Bisognerà fare attenzione a capire che cosa s’intende
per flessibilità. In altre realtà del mondo questa è una questione culturale
completamente diversa. Laddove si parla sostanzialmente di un lavoro informale,
cioè un lavoro nero, ovviamente si capisce immediatamente che il concetto di
flessibilità è totalmente diverso da quello che può essere vissuto.
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IL VANGELO DI DOMANI
Domani, 27 giugno, XIIIa
Domenica del Tempo ordinario, la liturgia ci presenta il brano del Vangelo in
cui Gesù si dirige verso Gerusalemme e manda avanti dei messaggeri. Questi si
incamminano ed entrano in un villaggio di samaritani per preparare la sua
visita, ma costoro non vogliono riceverlo proprio perché Cristo è diretto verso
Gerusalemme:
“Quando videro ciò, i
discepoli Giacomo e Giovanni dissero: ‘Signore, vuoi che diciamo che scenda un
fuoco dal cielo e li consumi?’. Ma Gesù si voltò e li rimproverò. E si
avviarono verso un altro villaggio”.
Su questo brano, ascoltiamo il commento del
teologo gesuita padre Marko Ivan Rupnik:
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Cristo viene rifiutato da un villaggio samaritano per il
semplice fatto che è diretto a Gerusalemme. Le antiche tensioni tra Giudea e
Samaria riaffiorano. Ora, i samaritani che si sentivano esclusi, a loro volta
escludono e rifiutano Cristo. La questione “etnica nazionale” si antepone a
Cristo. La storia della nostra fede ci fa vedere come è difficile evangelizzare
la nazionalità, quanto poco ci vuole perché le questioni ad essa legate
sovrastino l’atteggiamento di fede e condizionino l’agire cristiano facendo
scattare un meccanismo, come anche oggi vediamo nel Vangelo tra i discepoli,
che è incompatibile con Cristo. Accogliendo Cristo si compie la salvezza, cioè
la liberazione dagli attaccamenti secondo la logica del peccato. I tre esempi
successivi fanno capire che si può camminare con Cristo continuando a mantenere
la nostra mentalità ed i nostri criteri.
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26
giugno 2004
RICONCILIAZIONE VUOL DIRE
PRIMA DI TUTTO RICONOSCERE GLI ALTRI
PER QUELLO
CHE SONO: COSI’ IL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE EPISCOPALE
PER LA RICONCILIAZIONE DEL POPOLO COREANO, IN
OCCASIONE
DELLA GIORNATA DI PREGHIERA PER L’UNITA’ DI DOMANI
SEUL.
= Giornata di preghiera per la riconciliazione e l’unità domani in Corea.
L’iniziativa, che risale al 1965, si celebra ogni anno nella domenica più
vicina al 25 giugno, giorno in cui è scoppiata, nel 1950, la guerra di Corea.
Alla vigilia della giornata si recita una novena e viene pubblicato un messaggio
della commissione episcopale per la riconciliazione del popolo coreano. Nel
testo di quest’anno, firmato da mons. Lucas Kim Wooh-hoe, presidente della
commissione, il motivo dominante è “Abbattere il muro fra Nord e Sud Corea e
piantare semi di giustizia, pace e gioia nei cuori dei coreani”. Il presule
raccomanda ai fedeli di “pensare anzitutto alla riconciliazione con se stessi e
con i vicini, alla riconciliazione fra regioni e classi sociali e all’unità
della Chiesa”. Sottolineando che “i segnali esterni della divisione nazionale
si stanno gradualmente attenuando”, il vescovo esorta i fedeli a compiere
sforzi maggiori per costruire “l’autentico significato di unità e
riconciliazione”, che è “riconoscere e accettare gli altri come sono”. (A.M.)
DUBLINO.
= I vescovi irlandesi pubblicheranno a breve un documento dedicato all’attuale
politica migratoria del Paese. Dopo l’esito del referendum del 14 giugno, con
il quale i cittadini irlandesi hanno approvato il progetto legislativo per
l’abolizione del diritto di cittadinanza automatica concessa a chi nasce sul
suolo irlandese, i presuli vogliono richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica
sulla necessità di una politica migratoria che sia rispettosa dei diritti degli
immigrati, in sintonia con gli insegnamenti sociali della Chiesa. In
particolare, ha precisato il portavoce della Conferenza episcopale Martin Long,
il documento “respingerà come anti-cristiano qualsiasi atteggiamento razzista
verso gli immigrati”. Il progetto di modifica promosso dal governo, che ora
dovrà passare all’esame del Parlamento, prevede che almeno uno dei genitori
risieda in Irlanda per un totale di tre anni, nei quattro precedenti la nascita
del figlio, perché quest'ultimo possa prendere automaticamente la cittadinanza
irlandese alla nascita. Il governo di Dublino, infatti, lamenta la pratica di
diverse immigrate clandestine che arrivano in Irlanda negli ultimi giorni di
gravidanza per far nascere figli di nazionalità irlandese e aggirare così le
attuali leggi sull’immigrazione. (L.Z.)
GRANDE
FESTA IL PRIMO LUGLIO IN PARAGUAY. LA CAPITALE ASUNCIÓN
SI APPRESTA
A
CELEBRARE L’ANNIVERSARIO DELL’ARCIDIOCESI E DELLA CATTEDRALE
ASUNCIÓN. = La comunità
cattolica di Asunción si appresta a vivere una duplice ricorrenza. Il primo
luglio prossimo, infatti, si celebrano i 75 anni dell’elevazione della diocesi
di Asunción ad arcidiocesi e il 457° anniversario della fondazione della
cattedrale della capitale, dedicata a “Nuestra Señora Santa María de la
Asunción”. A celebrare il doppio evento sarà l’arcivescovo Eustaquio Pastor
Cuquejo Verga, che con l’occasione consacrerà la cattedrale e benedirà un nuovo
altare di pietra. La diocesi della “Santísima Asunción del Paraguay” fu creata
il primo luglio 1547 da papa Paolo III che, contestualmente, con la medesima
bolla ordinò l’edificazione della cattedrale. (B.C.)
L’ANGOLA SCENDE IN CAMPO NELLA LOTTA ALL’AIDS.
IL
PARLAMENTO HA APPROVATO ALL’UNANIMITA’ UNA PROPOSTA DI LEGGE
SUL TERRIBILE VIRUS CHE NEL 2001 HA CAUSATO
NEL PAESE 25.000 VITTIME
LUANDA. = Approvata in Angola una proposta
di legge sull’Aids, ferma in parlamento dal luglio 2003. Lo ha riferito in
questi giorni la stampa locale, precisando che il testo è passato con 158 voti
a favore e nessun contrario. I 33 articoli del documento intendono garantire la
protezione e la promozione della salute attraverso misure che prevengano,
controllino, curino e studino la Sindrome da immunodeficienza acquisita
(Sida/Aids) e i suoi effetti. La legge approvata all’unanimità tiene conto,
inoltre, degli aspetti sociali del fenomeno Aids, stabilendo diritti e doveri
del malato e degli operatori sanitari: se da un lato è garantito il diritto
alla confidenzialità delle informazioni sanitarie relative all’Aids, dall’altro
si qualifica come crimine, passibile, quindi, di sanzioni penali, la
trasmissione del virus dell’Hiv per errore o negligenza degli operatori
sanitari. Gli ultimi dati diffusi dall’agenzia delle Nazioni Unite per l’Aids
(Unaids), relativi al 2001, stimano che in Angola 350.000 persone (il 5,5%
della popolazione adulta del Paese, a cui si sommano quasi 30.000 minori) hanno
contratto il virus del Hiv, mentre sono 25.000 le vittime. Le cifre riportate,
che possono apparire basse se confrontate con altre realtà africane, vengono
segnalate in costante crescita. Bisogna, inoltre, ricordare che a lungo in
Angola, a causa della presenza di una devastante guerra civile, non si sono
potuti effettuare studi e analisi completi sulla diffusione dell’Aids nel
Paese. (B.C.)
TUTELA
DELLE MINORANZE E AIUTI PER GLI SFOLLATI: SONO LE RICHIESTE RIVOLTE
DAL
PARTITO DEL CONGRESSO NEPALESE DEMOCRATICO AL NUOVO PRIMO MINISTRO.
LA
PICCOLA NAZIONE HIMALAYANA E’ DAL 1996 SCOSSA
DALLE
AZIONI DEI RIBELLI MAOISTI
KATHMANDU.
= Il partito del Congresso nepalese democratico (Ncp-D) ha chiesto al presidente
Sher Bahadur Deuba, dal 2 giugno scorso nuovo primo ministro della piccola
nazione himalayana, di ripristinare al più presto i risarcimenti per gli
sfollati interni causati da otto anni di guerriglia maoista. Fino a settembre
del 2002, quando poi il programma è stato tagliato per mancanza di fondi, ogni
nepalese che per ragioni di sicurezza era dovuto fuggire dalla sua casa
riceveva 100 rupie al giorno (pari a 1 euro e 10 centesimi), come contributo
per provvedere alla sua sopravvivenza. Il partito ha, inoltre, chiesto a Deuba
di non includere nel nuovo esecutivo del Paese, al momento in progressiva via
di definizione, esponenti filomonarchici e di dare spazio, invece, a
rappresentanti dalit o delle minoranze etniche. Deuba, al terzo mandato della
sua carriera, è stato nominato dal sovrano Gyanendra a capo dell’esecutivo,
dopo le dimissioni di Surya Bahadur Thapa, vicino alla Corona, che ha
rinunciato al suo incarico a causa di insistenti proteste di piazza condotte
dall’opposizione contro la monarchia. Il piccolo Paese incastonato nella catena
hymalayana affronta dal 1996 una sanguinosa insurrezione armata dei ribelli
maoisti, che ha provocato quasi 10.000 vittime. I guerriglieri vogliono
l’abbattimento della monarchia costituzionale e radicali cambiamenti sociali,
inclusa una riforma agraria e l’abolizione del sistema delle caste. (B.C.)
INAUGURATA
IN ZAMBIA L’EMITTENTE CATTOLICA “RADIO LISELI”, NUOVO STRUMENTO DI SPERANZA
NATO DALL’OPERA DEI MISSIONARI OBLATI DI MARIA IMMACOLATA
LUSAKA.
= “Questa è la vostra radio, è la vostra voce!”. Così ha esclamato padre Freeborn
Kibombwe durante la recente inaugurazione a Lusaka, nello Zambia occidentale,
della nuova emittente cattolica “Radio Liseli”. Fondata su iniziativa dei
Missionari Oblati di Maria Immacolata, la stazione radio è il frutto di un
cammino comunitario di discernimento per rispondere ai segni dei tempi,
cominciato nel 1998 con i lavori del capitolo generale dei Padri Oblati
intitolato “Evangelizzare i poveri all’alba del terzo millennio”. “Durante la
nostra assemblea annuale del 2001 - ha spiegato padre Ronald Carignan,
superiore della delegazione oblata dello Zambia - sono emersi cinque punti di
lettura dei segni dei tempi: alto livello di povertà in Zambia, pandemia
dell’Aids, profondo desiderio di Dio e ricerca della verità da parte degli
abitanti dello Zambia, necessità dei laici di assumere le loro responsabilità
nella Chiesa e apatia, sul piano politico, della maggior parte della popolazione”.
Alla luce di questo discernimento è nata “Radio Liseli”, un nuovo canale per
dare voce e speranza alla gente e creare un legame profondo tra la Parola di Dio
e il popolo cristiano. (R.M.)
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26
giugno 2004
- A cura di Amedeo Lomonaco -
Ennesimo attentato in Afghanistan contro lo svolgimento
delle prime elezioni dalla caduta del regime talebano, previste per settembre.
All’indomani dell’uccisione di due soldati statunitensi nella provincia di
Kunar, al confine con il Pakistan, almeno due funzionarie delle Nazioni Unite addette
all’organizzazione delle consultazioni sono rimaste uccise nell’esplosione di
una bomba a Jalalabad, nell’est del Paese. I particolari nel servizio di Dorotea
Gambardella.
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Entrambi
gli attentati sono stati rivendicati dai talebani. Questa la dinamica
dell’attacco odierno: un ordigno è esploso a bordo del minibus noleggiato dalle
Nazioni Unite con cui le due donne, incaricate di stilare le liste elettorali,
stavano recandosi al lavoro nei villaggi del distretto di Rodat, nella
provincia di Nangarhar. Entrambe le addette, dipendenti dalla Commissione
Elettorale Unitaria che opera sotto l’egida dell’Onu, sono morte sul colpo.
Insieme con loro è rimasto ucciso anche un bambino che stava passando sul luogo
dell’esplosione. Diciassette i feriti, in gran parte donne, quattro delle quali
versano in gravi condizioni. Tutte le vittime sono di nazionalità afghana. Il
veicolo è andato completamente distrutto, ma il conducente è rimasto illeso e
attualmente è sotto interrogatorio. Sul piano politico, il presidente afghano,
Hamid Karzai, ha chiesto ieri alla Nato di mantenere la sua promessa circa
l’invio di altre truppe nel Paese affinché le elezioni, previste per settembre,
possano svolgersi in tempo e in condizioni di sicurezza. La richiesta dovrebbe
essere esaminata nel corso del vertice dell’Alleanza atlantica in programma
lunedì e martedì prossimi ad Istanbul.
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Il si’ della Nato alla richiesta di assistenza tecnica nell’addestramento dell’esercito
iracheno da parte del governo di Baghdad appare imminente. L’assenso
dell’Alleanza Atlantica non è stato ancora ufficialmente
annunciato ma una conferma definitiva è prevista lunedì prossimo in occasione
del vertice della Nato ad Istanbul. Ma in Iraq continuano le violenze e diverse
città sono state colpite da nuovi attacchi. Il nostro servizio:
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A quattro giorni dal passaggio di
sovranità dalle autorità americane al governo transitorio iracheno, si
intensificano nel Paese le operazioni militari contro la guerriglia. Un raid
aereo statunitense ha colpito ieri la città di Falluja provocando la morte di
almeno 20 persone. Fonti del Pentagono sostengono che il capo di Al Qaeda in
Iraq, Abu Musab al Zarqawi, sarebbe sfuggito per poco all’attacco. L’esplosione
di una bomba nella città di Arbil ha causato, questa mattina, una vittima ed il
ferimento di almeno 11 persone tra le quali il ‘ministro’ della Cultura del
Partito democratico del Kurdistan, Mahmud Mohammad. A Baquba, un commando ha
assaltato, inoltre, la sede del Consiglio supremo per la rivoluzione islamica
in Iraq, uccidendo tre guardie e un civile. In un secondo attacco compiuto
ancora nella città sunnita, militanti armati hanno fatto saltare in aria un
edificio dell’Accordo nazionale iracheno, il partito politico del premier Iyad
Allawi. E sempre questa mattina un poliziotto è rimasto ucciso in un’imboscata
a sud di Kirkuk e un soldato americano è morto a Baghdad in seguito ad un
agguato. Episodi di violenza sono avvenuti anche a Nassirya dove colpi di arma
da fuoco sono stati sparati, questa notte, contro elicotteri italiani. Fonti
del comando del contingente inviato da Roma hanno dichiarato che i velivoli non
sono stati colpiti e che non ci sono stati né feriti né danni. E’ stato
riparato, infine, anche il secondo degli oleodotti di Bassora, seriamente
danneggiati da recenti atti di sabotaggio, che portano il greggio ai due
principali terminal petroliferi off shore iracheni; il pompaggio del
petrolio è così potuto riprendere regolarmente.
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Irlanda in stato d’assedio per
l’odierno vertice tra Stati Uniti ed Unione Europea: migliaia di manifestanti
sono scesi in strada in diverse città per protestare contro la guerra in Iraq e
tre persone sono state arrestate nei pressi dell’aeroporto di Shannon, dove è
giunto ieri sera il presidente statunitense, George Bush. Prima del summit, che
si svolge al termine del semestre di presidenza irlandese dell’Unione europea,
il segretario di Stato americano, Colin Powell, e l’alto rappresentante europeo per la politica estera e di
sicurezza, Javier Solana, hanno sottolineato come si stia voltando pagina nelle
relazioni tra Stati Uniti ed Unione. Ma l’Europa può diventare un interlocutore
più autorevole o si tratta di un compromesso dovuto all’emergenza Iraq? Fausta
Speranza lo ha chiesto ad Andrea Bonanni, esperto di questioni europee del quotidiano ‘La
Repubblica’:
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R. – Io credo che queste dichiarazioni siano di
circostanza. Siamo alla vigilia del vertice Nato: gli americani hanno
disperatamente bisogno che ci sia almeno una parvenza di copertura europea
sulla loro presenza in Iraq, c’è stato il voto della risoluzione del Consiglio
di sicurezza. La Nato, probabilmente, al vertice di Istanbul, che si apre
lunedì prossimo, accetterà di addestrare personale militare iracheno come gesto
di buona volontà nei confronti della missione americana in Iraq. Credo che
l’Europa in questo momento stia sostanzialmente aspettando i risultati delle
prossime elezioni americane.
D. - Per l’Europa che significato ha il ricorso alla Nato
per l’Iraq?
R. – Per l’Europa non ha un grande significato. Gli
americani avrebbero voluto coinvolgere la Nato, perché questo avrebbe
significato coinvolgere l’Europa in modo più diretto. Ci sono riusciti e quello
che hanno ottenuto è un impegno della Nato ad aiutare nell’addestramento delle
truppe del nuovo esercito iracheno che è una forma di copertura politica ma
senza un diretto impegno militare. In realtà, Paesi come la Francia, la
Germania e la Spagna, che ha ritirato le truppe, hanno fatto sapere con molta
chiarezza che non intendono più mandare alcun soldato in Iraq.
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Il premier irlandese Bertie Ahern, che si trova a
Shannon per il vertice bilaterale Unione Europea-Stati Uniti, si è detto
“fiducioso” sulla possibilità di trovare, la prossima settimana, un accordo
sulla nomina del successore di Romano Prodi, attuale presidente della Commissione
europea. Secondo indiscrezioni, il candidato più accreditato sarebbe il primo
ministro portoghese, José Manuel Durao Barroso.
In Pakistan il primo ministro, Zafarullah Jamali,
ha presentato le proprie dimissioni al presidente Pervez Musharraf. Lo hanno
riferito membri del partito di Jamali, ‘Alleanza nazionale’.
In Medio Oriente, due palestinesi sono stati uccisi
dai soldati israeliani in due distinti episodi avvenuti la scorsa notte a
Nablus, in Cisgiordania. Un 18enne, che si trovava su un tetto della casbah, è
stato colpito mentre teneva in mano una bombola di gas. I militari dello Stato
ebraico hanno detto di aver aperto il fuoco perché temevano che la lanciasse.
Un secondo palestinese, secondo quanto riferisce l’esercito, è stato ucciso
dopo essere stato visto strisciare su un tetto in maniera sospetta. Fonti
palestinesi contestano questa versione e affermano che l’uomo è stato ucciso
dai soldati che avevano fatto irruzione nella sua abitazione.
In Turchia una donna è rimasta uccisa in un hotel
di Alanya, città sulla costa mediterranea nel sud del Paese, in seguito ad
un’esplosione provocata da un sovraccarico di pressione del gas nell’impianto
di condizionamento dell’albergo. Lo ha reso noto l’agenzia di stampa
‘Anadolou’, smentendo l’ipotesi di un attentato accreditata nelle prime
ricostruzioni. Nel Paese, dieci presunti membri di un gruppo fondamentalista
islamico legato ad al Qaeda sono stati arrestati, intanto, dagli agenti della
polizia di Ankara. Nel corso dell’operazione, condotta alla vigilia del summit
della Nato che inizierà lunedì ad Istanbul, numerose abitazioni sono state
perquisite e diverse armi sono state sequestrate.
Sono oltre 6 milioni e mezzo i
serbi che domani sono chiamati a votare per il ballottaggio delle elezioni
presidenziali. Sono in lizza il candidato ultranazionalista, Nikolic, e il
leader del Partito democratico, Tadic. Al primo turno del 13 giugno, Nikolic ha
ottenuto il 30,6 per cento dei voti contro il 27,37 per cento del concorrente,
ma Tadic è sostenuto dalla coalizione di governo guidata dal premier Kostunica.
Per favorire l’affluenza alle urne - rimasta molto bassa nelle ultime
consultazioni, le autorità di Belgrado hanno abolito il tetto minimo di
partecipazione.
Ottantasei persone sono state
fermate in Inguscezia, perché sospettate di aver partecipato all’attacco della
guerriglia indipendentista contro le forze di sicurezza, la notte di martedì
scorso, e sette sono state arrestate. I ribelli, da parte loro, hanno
annunciato che tutti gli obiettivi dell'operazione sono stati conseguiti.
Dal Kashmir giunge la notizia di
un attacco condotto questa mattina da alcuni militanti islamici nel distretto
di Poonch. Sarebbero una decina le persone rimaste uccise e una ventina i
feriti. L’attentato mina la sicurezza dei colloqui tra India e Pakistan attesi
per domani. In agenda la difficile contesa della regione himalayana del
Kashmir.
I due principali partiti politici della Cambogia,
il Partito del Popolo cambogiano ed il Funcinpec, hanno raggiunto un accordo
sulla formazione di un nuovo governo che dovrebbe consentire al Paese asiatico
di uscire da una crisi politica durata 11 mesi.
Il presidente del Ruanda, Paul
Kagame, e quello della Repubblica Democratica del Congo, Joseph Kabila, si sono
impegnati a rispettare l’accordo di pace concluso nel luglio del 2002 a
Pretoria, al termine di un incontro organizzato dal presidente nigeriano,
Olusegun Obasanjo, ieri ad Abuja. Il servizio di Giulio Albanese:
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Kagame e Kabila hanno annunciato la creazione di un
meccanismo di verifica congiunta che dovrà assicurare innanzitutto il disarmo e
la smobilitazione dei soldati delle Forze Armate Ruandesi e gli Interhamwe
coinvolti nel genocidio del 1994 in Ruanda e ancora presenti nella Repubblica
democratica del Congo. Nel contempo dovrebbe essere anche garantito il ritiro
incondizionato delle truppe ruandesi dal Congo. Le relazioni tra i due Paesi africani
sono state caratterizzate da forti tensioni nelle ultime settimane, in seguito
soprattutto al presunto coinvolgimento ruandese nel fallito tentativo di
ribellione a Bukavu, capoluogo del sud Kivu.
Per la Radio Vaticana, Giulio Albanese
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Il segretario generale dell’Onu, Kofi Annan, sarà
mercoledì prossimo in Sudan per una missione incentrata sulla crisi del Darfur,
teatro – ha detto – di “terribili crimini” contro civili. Annan arriverà
all’indomani di un’analoga visita del segretario di Stato americano, Colin
Powell.
In Italia dodici milioni di
persone si stanno per recare al voto per i ballottaggi delle elezioni amministrative.
Le urne saranno aperte oggi dalle ore 15.00 alle 22.00 e domani, dalle 7.00
alle 22.00. Gli elettori dovranno scegliere i sindaci di 102 comuni e i presidenti
di 22 province.
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