RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVIII n. 176 - Testo della trasmissione di giovedì 24 giugno 2004

 

Sommario

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Alle comunità cristiane della Terra Santa non manchi mai il sostegno dell’intera Chiesa universale: lo ha detto il Papa ricevendo questa mattina i 70 membri della Roaco

 

Ricevuto da Giovanni Paolo II un gruppo di vescovi americani

 

La Sala Stampa vaticana conferma il pellegrinaggio del Papa a Lourdes, il 14 e 15 agosto prossimi

 

Si apre domani la 71.ma sessione plenaria della Pontificia Accademia di San Tommaso d’Aquino: ce ne parla mons. Marcelo Sanchez Sorondo.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Nel Sudan, la sfida di un vescovo: aprire un ospedale sui Monti Nuba. Intervista con il cardinale Roberto Tucci

 

Nella “Settimana del Rifugiato 2004”, una serie di iniziative per creare un punto d’incontro tra città e rifugiati: ai nostri microfoni, Laura Boldrini

 

La Cecenia e i diritti umani “oscurati” in un Rapporto di Amnesty International: analisi di Riccardo Noury

 

Presentata ieri la 25.ma edizione del Meeting di Rimini: il commento di Raffaello Vignali

 

Stasera su Raitre “L’uomo dell’argine”, prima puntata di una fiction su don Primo Mazzolari: intervista con don Lorenzo Tedeschi, Gilberto Squizzato e Paolo Ruffini.

 

CHIESA E SOCIETA’:

La Comece invita i cittadini a familiarizzare con la nuova Costituzione europea

 

Per la prima volta nella storia della Turchia, i vescovi cattolici ricevuti dal capo del governo.

 

Tra vescovi e un sacerdote trappista della Chiesa cattolica cinese sono stati liberati nei giorni scorsi dalle autorità di Pechino

 

Sarà interamente dedicata ad Internet una delle sessioni di lavori dell’Incontro ad Atene dei portavoce e addetti stampa delle Conferenze episcopali d’Europa

 

Si è conclusa ieri l’assemblea dei vescovi svizzeri.

 

24 ORE NEL MONDO:

In Iraq, almeno 75 morti ed oltre 270 feriti in una drammatica serie di attacchi

 

All’Onu, gli Usa ritirano la richiesta per l’immunità dei propri cittadini all’estero

 

Seconda giornata di lavoro a Pechino del terzo round di colloqui multilaterali sulla crisi nucleare della Nord Corea.

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

24 giugno 2004

 

 

PER RAGGIUNGERE L’ATTESA PACE IN TERRA SANTA,

LA CHIESA UNIVERSALE HA IL DOVERE DI SOSTENERE LE COMUNITA’ CATTOLICHE

DEL MEDIO ORIENTE, COLPITE DA GUERRA E TERRORISMO

- Servizio di Alessandro De Carolis -

 

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Alle comunità cristiane della Terra Santa, che vivono sulla loro pelle i problemi legati ai conflitti in atto e al terrorismo, non manchi mai il sostegno “dell’intera Chiesa universale”. E’ stata un’esortazione, quasi un appello, quello scaturito questa mattina dalle parole che Giovanni Paolo II ha rivolto ai 70 membri della Roaco, la Riunione delle Opere in aiuto alle Chiese Orientali. Il Papa ha apprezzato che i lavori della 71.ma assemblea della Roaco abbiano contemplato anche la drammatica crisi che investe i civili iracheni e la situazione attuale della Chiesa greco-cattolica di Romania.

 

Nel sottolineare l’importanza della tradizionale Colletta di Terra Santa, che il Venerdì Santo viene raccolta in tutto il mondo, ha ricordato che questo sostegno permette di “prestare soccorso” per le “più urgenti necessità” ed alimentare “lo spirito di accoglienza e di rispetto reciproci”, favorendo così la riconciliazione. “Ai cristiani tanto provati da perdurante violenza e da numerosi altri problemi che producono impoverimento economico, conflittualità sociale, avvilimento umano e culturale – ha esclamato il Papa - non venga meno il sostegno dell’intera Chiesa cattolica”. “Tutto ciò - ha aggiunto - non può non contribuire a costruire la pace tanto auspicata:

 

“Occorre perseverare, pregando intensamente per la pace dei popoli che vivono nella Terra di Gesù”.

 

A questo imperativo, Giovanni Paolo II ha fatto seguire uno sguardo sull’attività svolta dalla Congregazione per le Chiese Orientali. In particolare, il Papa ha invitato il dicastero vaticano a prestare grande una rinnovata attenzione ad uno specifico obiettivo pastorale: la formazione dei formatori. “Il vostro contributo, al riguardo - ha osservato il Pontefice - dovrà considerare quanto grandi siano, spesso, i bisogni dei seminari e delle case di formazione, e come varino le priorità da una comunità ecclesiale all’altra”:

 

“Codesto dicastero compie un notevole sforzo anche economico per preparare sacerdoti, seguire seminaristi, religiose e religiosi, laiche e laici in modo che le Chiese, superati i condizionamenti del passato, possano contare ora su pastori qualificati e laici responsabili e competenti”.

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LE ISTITUZIONI ECCLESIALI SONO CHIAMATE A OFFRIRE UNA TESTIMONIANZA

 DI FEDELTA’ A CRISTO DINANZI AL MONDO. COSI’ OGGI IL PAPA

RICEVENDO IN VATICANO UN GRUPPO DI VESCOVI AMERICANI.

SCUOLE, UNIVERSITA’, OSPEDALI E AGENZIE UMANITARIE,

HA DETTO, PRESERVANDO LA PROPRIA IDENTITA’ CATTOLICA,

DEVONO ANNULLARE OGNI SEPARAZIONE TRA FEDE E VITA

- A cura di Barbara Castelli -

 

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In una società pluralista come quella in cui viviamo, le istituzioni della Chiesa sono chiamate ad analizzare i segni dei tempi, riorganizzando le proprie priorità e offrendo una testimonianza convincente degli insegnamenti del magistero ecclesiale, in modo particolare per quello che riguarda il rispetto della vita umana e l’istituzione del matrimonio e della famiglia. Questa, in sintesi, la riflessione che Giovanni Paolo II ha offerto stamani ai vescovi americani delle province di Oregon, Seattle e Anchorage, ricevuti in Vaticano per la loro Visita ad Limina. “I college e le università cattoliche - ha specificato - sono chiamati a offrire una testimonianza istituzionale di fedeltà a Cristo”. Invitando, quindi, tutti a ricercare in modo creativo nuove strade di evangelizzazione, il Pontefice non ha mancato di sottolineare che solo preservando la propria identità cattolica, annullando ogni separazione tra vita e fede, queste istituzioni potranno adempiere effettivamente alla missione cui sono chiamate.

 

In questa chiave, anche i programmi di educazione religiosa giocano un ruolo fondamentale. Il catechismo, quindi, non deve rivolgere la propria attenzione solo ai bambini o agli adolescenti, ma studiare anche i bisogni attuali di ragazzi e adulti. “Questo continuo discernimento - ha spiegato il Papa - necessita un personale coinvolgimento di vescovi, sacerdoti, insegnanti e genitori, che prima di tutti sono chiamati a educare i propri figli alla fede e alla vita cristiana”.

 

Il Papa ha infine espresso vivo apprezzamento per le numerose iniziative dei cattolici americani a favore degli anziani, dei malati e dei bisognosi. Questi progetti, ha detto, nonostante i cambiamenti in atto in ambito sociale ed economico, sono sempre stati, e continueranno ad essere, un segno tangibile di “fede, speranza e amore”.

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LA SALA STAMPA VATICANA CONFERMA IL PELLEGRINAGGIO DEL PAPA A LOURDES,

PER IL 14 E IL 15 AGOSTO PROSSIMI, IN OCCASIONE DEL 150.MO

DEL DOGMA DELL’IMMACOLATA CONCEZIONE

 

         Giovanni Paolo II si recherà in pellegrinaggio al Santuario mariano di Lourdes il 14 e 15 agosto prossimi, in occasione del 150.mo anniversario della proclamazione del dogma dell’Immacolata Concezione. La conferma del viaggio, preannunciato qualche tempo fa dai vescovi francesi, è giunta questa mattina attraverso una dichiarazione del direttore della Sala stampa della Santa Sede, Navarro Valls. In attesa del programma dettagliato, il portavoce vaticano ha precisato che l’aereo pontificio decollerà alle 9.30 del 14 agosto dall’aeroporto di Ciampino, diretto allo scalo francese di Tarbes. Il rientro è previsto, sempre a Ciampino, per le 20.45 di domenica 15 agosto.

 

 

ALTRE UDIENZE E NOMINE

 

Giovanni Paolo II ha ricevuto oggi in udienza il cardinale Crescenzio Sepe, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli.

 

Nella repubblica Dominicana, il Papa ha nominato vescovo di Nuestra Señora de la Altagracia en Higüey mons. Gregorio Nicanor Peña Rodríguez, finora vescovo di Puerto Plata. Mons. Peña, 62 anni, ha compiuto i suoi studi sacerdotali nel seminario maggiore nazionale "Santo Tomás de Aquino" di Santo Domingo. Ha anche seguito corsi di Psicologia presso l'Università Cattolica di Santo Domingo e di pianificazione pastorale preso l'Istituto Teologico del CELAM. A Roma, ha frequentato il Pontificio Ateneo S. Anselmo, ottenendo la Licenza in Liturgia. E’ stato, tra l’altro,  parroco in due parrocchie, direttore diocesano del Movimento dei "Cursillos" e dei Cavalieri di Colón e professore presso la Pontificia Università Madre e Maestra. E’ stato eletto vescovo nel 1996.

 

Il Pontefice ha nominato secondo vicepresidente della Pontificia Accademia dell'Immacolata l’arcivescovo di Czestochowa, in Polonia, Stanislaw Nowak.

 

 

IL RAPPORTO TRA L’ESSERE E LA PERSONA AL CENTRO DELLA 71.MA SESSIONE PLENARIA DELLA PONTIFICIA ACCADEMIA SAN TOMMASO D’AQUINO

- Intervista con mons. Marcelo Sanchez Sorondo -

 

“Essere persona” è il tema della quarta sessione plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze, che si tiene da domani al 27 giugno alla Casina Pio IV, nei Giardini vaticani. La Pontificia Accademia di San Tommaso d’Aquino, una delle più antiche di Roma, ha come scopo quello di approfondire la dottrina del grande filosofo e teologo scolastico, alla luce delle problematiche contemporanee. Giovanni Peduto ha chiesto al segretario dell’Accademia, il vescovo Marcelo Sanchez Sorondo, come l’ateneo porta avanti i suoi obiettivi:

 

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R. – Come tutte le accademie. Porta avanti il suo obiettivo con incontri di dialogo, di discussione, di approfondimento: con i suoi accademici, naturalmente, e con qualche esperto dell’argomento che si tratta. Quindi, le forme sono cambiate, ma la sostanza è quella. Naturalmente poi tutto questo viene pubblicato.

 

D. – Il tema di quest’anno, “Essere persona”, cosa vuol dire? Di quali argomenti specifici volete occuparvi?    

 

R. – Si tratta di un tema centrale della filosofia e della teologia. Il concetto di persona è un’acquisizione del pensiero cristiano, prima non c’era, ed è nato proprio per chiarire il problema dei rapporti trinitari, della Santissima Trinità. Quindi, noi vogliamo questa volta tornare al tema della persona, sia nella dimensione massimamente teologica - cioè della vita di Dio, e del suo rapporto con la sua natura che è l’essere - e vogliamo poi approfondire questo tema, portato dalla filosofia della modernità alla società umana. Quindi, è un tema nettamente classico, nettamente contemporaneo. Tanto più che il nostro Santo Padre ha insistito molto sul tema della persona. Noi, dunque, vogliamo illuminare il tema della persona con il tema dell’essere ed il tema dell’essere con il tema della persona, seguendo le istanze che vengono profondamente suggerite dall’ultima grande enciclica del Santo Padre Fides et ratio, dove ad un certo punto, al paragrafo 83, afferma che “l’essere si illumina nell’uomo e l’uomo illumina l’essere”. Quindi, la persona in un certo qual modo illumina l’essere e l’essere può illuminare e dare una consistenza alla persona. Questo, invece, non c’è nel pensiero moderno.   

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

“Il Paese stretto nella morsa della violenza” è il titolo che apre la prima pagina, in riferimento all’Iraq dove imperversano - con il loro carico di morte - attentati, combattimenti ed agguati.

 

Nelle vaticane, nel discorso ai vescovi statunitensi, Giovanni Paolo II ha sottolineato che le numerose istituzioni religiose, educative e caritative della Chiesa esistono per un unico scopo: proclamare il Vangelo.

Nel discorso ai partecipanti alla 70. ma Assemblea della Roaco, il Santo Padre ha evidenziato che è dall’Eucaristia che si deve attingere la forza necessaria per l’azione generosa in favore delle popolazioni dell'Iraq e di quanti sono nel bisogno.

 

Nelle estere, terrorismo: l’Arabia Saudita offre l’amnistia ai membri di “Al Qaeda” in cambio della resa entro un mese.

 

Nella pagina culturale, un articolo di Mario Spinelli, che propone un “viaggio” negli storici padiglioni dell’Ospedale di Santo Spirito, fondato a Roma nel 1198 da Papa Innocenzo III.

 

Nelle pagine italiane, Berlusconi-Fini: vertice sull’economia.

I temi della giustizia e delle pensioni.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

24 giugno 2004

 

 

NEL SUDAN, DIMENTICATO NELLA SCENA INTERNAZIONALE,

ALLARME PER IL NUOVO FRONTE DI BATTAGLIA FRA ISLAMICI, ARABI E NERI

NEL DARFOUR SUD OCCIDENTALE.

LA SFIDA DI UN VESCOVO SUDANESE: APRIRE UN OSPEDALE SUI MONTI NUBA

- A cura di Roberta Gisotti -

 

Il progetto è davvero ambizioso, quasi una sfida contro la violenza, la sopraffazione, la miseria: costruire un ospedale sui Monti Nuba, nel Sud del Sudan, dove due milioni di persone dispongono di soli 10 medici, e per questo una piccola ferita può portare facilmente ad un’amputazione ed un parto in molti casi alla morte. L’idea - presentata oggi sul quotidiano “Avvenire” - di aprire un centro clinico in questa zona è di mons. Macram Max Gassis, vescovo sudanese di El Obeid, in esilio dal 1991, per avere denunciato in ambito internazionale quando accadeva nel suo Paese, che da oltre 20 anni è insanguinato da un aspro conflitto interno, tra il Nord - dove ha sede il governo islamico di Karthoum - e il Sud a maggioranza cristiano-animista. In particolare, nella regione meridionale del Darfour, dall’inizio di quest’anno si è aperto un nuovo fronte di battaglia, che tutt’ora miete vittime, nonostante l’accordo di pace firmato il 26 maggio scorso tra governo centrale e separatisti del Sud. Un Paese, il Sudan, di cui si parla davvero poco nonostante la gravità della situazione, come spiega il cardinale Roberto Tucci, al microfono di Rosario Tronnolone.

 

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R. – La situazione è talmente grave che proprio ieri il Washington Post denunciava il rischio che si ripeta la stessa cosa che è successa in Rwanda, e cioè che la comunità internazionale passi sopra al fatto che vi sia il pericolo o che sia già in atto un genocidio, come avvenne per l’appunto in Rwanda. E’ molto importante che un organo stampa così significativo negli Stati Uniti affermi ciò. Si parla di due milioni e mezzo di morti in Sudan, nelle diverse parti del Paese abitate dai neri. Nel Sud, i neri sono piuttosto cristiani o animisti, appartenenti cioè a religioni tradizionali africane, mentre il Darfour – la regione sud occidentale del Paese – è tutta musulmana: ma ci sono musulmani arabi e musulmani neri e qui c’è una vera persecuzione contro questi musulmani neri.

 

D. - Ci sono segnali positivi da parte del governo di Khartoum e qual è la situazione dei rifugiati? 

 

R. - E’ vero che l’altro giorno il presidente ha ordinato di sospendere questi attacchi militari contro questi – diciamo – ribelli, che hanno buone ragioni per rivoltarsi contro le bande armate di “fratelli musulmani”, ma non certamente fratelli nel modo in cui si comportano con loro. C’è un’oppressione dei neri da parte dei bianchi. In tutto il Paese, si calcola che gli sfollati ed i profughi negli ultimi 20 anni siano arrivati, più o meno, a quattro milioni. Si parla già di una forte fuga nel Darfour degli islamici perseguitati da altri islamici, si stimano già in quasi 200 mila i rifugiati nel confinante Ciad, che è oltretutto un Paese povero e che non ha certo strutture di accoglienza. La situazione è veramente terribile e spero che la comunità internazionale si muova e si attivi anche l’Europa.

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E’ IN CORSO A ROMA “LA SETTIMANA DEL RIFUGIATO 2004”.

UNA SERIE DI INIZIATIVE PER CREARE UN PUNTO D’INCONTRO

TRA CITTADINANZA E RIFUGIATI

- Intervista con Laura Boldrini -

 

Mostre fotografiche, spettacoli teatrali e conferenze sono in corso a Roma per la “Settimana del rifugiato 2004”, promossa, tra gli altri, dal Comune capitolino e dall'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr), in occasione della Giornata mondiale del Rifugiato del 20 giugno. Ma com’è nata l’idea di promuovere questa settimana di iniziative? Fabio Colagrande lo ha chiesto a Laura Boldrini, portavoce italiana dell’Alto Commissariato Onu per i Rifugiati:

 

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R. – E’ nata dal fatto che volevamo far incontrare i cittadini con i rifugiati. Far capire alla gente che i rifugiati sono persone come noi, persone che possono essere una risorsa, che hanno molto da dire, che possono anche offrire moltissimo al Paese che li ospita. Quindi, abbiamo pensato di unire le forze tra il Comune di Roma e l’Alto Commissariato per i Rifugiati. C’è poi una componente molto importante rappresentata dal tavolo cittadino per i richiedenti asilo e per i rifugiati, composto da circa 25 associazioni ed organismi non governativi. E per la prima volta abbiamo voluto organizzare una settimana di iniziative nello stesso posto.

 

D. – Proprio in occasione della Giornata mondiale del rifugiato, che si è celebrata domenica scorsa col tema “Un luogo da chiamare casa: ricostruire vite in sicurezza e dignità”, l’Acnur ha portato dei dati: nell’intera Europa il numero dei richiedenti è diminuito del 18 per cento. Sono dati che fanno capire che l’Acnur lavora e lavora bene, fanno capire anche che la Comunità internazionale si impegna per trovare soluzioni per le persone sradicate, ma sono dati che fanno capire anche che l’Europa è meno accogliente?

 

R. – Credo che questi dati facciano capire una serie di cose. Da un lato, è inconfutabile che ci siano state svolte positive in parecchi conflitti: ad esempio, l’Afghanistan, l’Angola, la Liberia e la Sierra Leone. In Burundi, si sta ora avviando un processo di riconciliazione importante. Tutto questo fa pensare, quindi, che ci sia effettivamente una svolta e che tanta gente stia tornando a casa perché ci sono motivi concreti per credere al processo di pace nei loro Paesi. D’altro canto, è vero però che c’è stato un giro di vite nell’accoglienza nei Paesi dell’Unione Europea. Il processo di armonizzazione europeo ha messo veramente a repentaglio, in alcuni casi, il rispetto degli standard internazionali di protezione. Sono vere tutte e due le cose, ma quello che ci preoccupa è che l’Unione Europea, che è la culla della Convenzione di Ginevra, il luogo cioè dove è nato questo strumento di protezione dei rifugiati, oggi stia facendo un passo indietro. Il rischio è che se l’Europa fa un passo indietro, il resto del mondo farà altrettanto.

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LA CECENIA E I DIRITTI UMANI “OSCURATI”

- Intervista con Riccardo Noury -

 

Amnesty International ha diffuso nelle scorse ore un Rapporto sulla situazione dei diritti umani in Cecenia, e ha messo in guardia contro il rischio che il conflitto da questa regione si estenda alle Repubbliche vicine. Secondo Amnesty, quella che le autorità russe sostengono essere la “normalizzazione”, è in realtà un contesto di continuo abuso dei diritti umani. Ma qual è in particolare la situazione descritta nel rapporto? Risponde Riccardo Noury, direttore comunicazione di Amnesty Italia al microfono di Gabriella Ceraso.

 

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R. – E’ una situazione grave che peggiora di mese in mese, nella quale le forze di sicurezza federali russe e le forze locali fedeli all’amministrazione cecena filo-moscovita - l’esercito, i gruppi armati di guerriglieri ceceni - si rendono responsabili di tutta una serie di violazioni del diritto internazionale, dei diritti umani e del diritto umanitario. Le autorità russe non vogliono che sulla Cecenia vi siano testimoni ed Amnesty, in questo rapporto, denuncia come l’impunità e il silenzio siano causa di stupri, di torture e di sparizioni - ne abbiamo denunciate oltre 34 da settembre 2003 a marzo 2004 – arresti di manifestanti pacifisti e una situazione di generale mancanza di punizione per i responsabili di una situazione che purtroppo ricorda, per la sua modalità, quella dell’America Latina degli anni ’70.  

 

D. – Quali sono state le vostre richieste al governo ceceno?

 

R. – Noi chiediamo che la Cecenia sia un luogo nel quale sia possibile osservare quello che accade, nel quale il negoziato sia basato sul rispetto dei diritti umani, vi siano punizioni per i responsabili, che la normalizzazione sia un processo nel quale i diritti umani siano considerati la base di un qualunque tipo di negoziato che porti alla pace, al di là della soluzione politica che verrà trovata.

 

D. – Voi avete chiesto però anche l’intervento, proprio a questo fine, dell’Osce, che è l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, e la risposta è stata negativa…

 

R. – Sì, perché non si vogliono avere testimonianze su quello che accade in Cecenia. Noi ribadiamo la nostra richiesta e la ribadiremo ogni volta che il governo Putin rifiuterà l’accesso a organismi indipendenti sui diritti umani. Occorre che la nuova presidenza dell’Unione Europea consideri la questione della Cecenia non soltanto come un problema di eventuali aiuti umanitari, ma come un problema politico. I rapporti bilaterali tra Commissione Europea e Russia devono essere impostati in maniera nella quale l’Unione Europea abbia maggiore potere contrattuale. Non è possibile assistere supinamente a quanto accade in Cecenia. Essere silenziosi vuol dire essere complici di un massacro che avviene dentro l’Europa.

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PRESENTATA A ROMA LA 25.MA EDIZIONE DEL MEETING DI RIMINI,

PROMOSSO DA COMUNIONE E LIBERAZIONE

- Servizio di Debora Donnini -

 

Il Meeting per l’amicizia tra i popoli giunge alla sua 25.ma edizione proprio nell’anno in cui Comunione e Liberazione, che organizza l’evento, festeggia il 50.mo della sua nascita. Le ricorrenze sono state ricordate ieri nella conferenza stampa di presentazione del Meeting che come ogni anno vedrà a Rimini, dal 22 al 28 agosto, un susseguirsi di ospiti, dibattiti politici ed economici, testimonianze, mostre d’arte, presentazioni di libri e momenti di musica. E quest’anno la kermesse prende spunto, nel suo titolo, da una frase di San Bernardo. Il servizio di Debora Donnini.

 

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“Il nostro progresso non consiste nel presumere di essere arrivati, ma nel tendere continuamente alla meta”: si intitola così il tema del meeting 2004. “La certezza di essere sulla strada giusta rende il presente pienamente fecondo; il cammino stesso diviene fecondo, la stessa insoddisfazione diviene vitalmente feconda, perché positivo è il suo imperterrito cercare; insaziabile la sua curiosità, ardente il desiderio di vagliare tutto il possibile e di trattenere ciò che è buono, con spirito critico e costruttivo”, viene detto nel comunicato. E di un’umanità appassionata parla il Meeting con i suoi volontari ed i suoi 700 mila visitatori, solo l’anno scorso. “Il Meeting – ha ricordato la presidente Emilia Guarnieri – è iniziato per l’energia e la certezza di una positività del vivere”. Una positività che risuona nelle parole del presidente della Compagnia delle opere, Raffaello Vignali:

 

“Il tema di questo Meeting pone in evidenza cosa significa la coscienza cristiana della realtà. Una realtà che è positiva, perché la realtà è positiva. E questo è ciò che permette di valorizzare la persona, l’altro, fino al tentativo, fino anche a fare impresa: la creazione artistica e il mettere su impresa per rispondere al bisogno di tutto. Questa è la valorizzazione di quello che esiste. I nemici di questa posizione sono, da una parte, il nichilismo imperante, per cui non c’è nulla per cui nella vita vale la pena vivere, e, dall’altra parte, il manicheismo, quello che divede il mondo in buoni e cattivi, dove però i cattivi sono sempre gli altri. Invece, essendo cristiani noi pensiamo che tutti abbiano il peccato originale e che quindi tutti abbiano bisogno di essere salvati. Ma che la realtà sia positiva e si costruisce più partendo dal positivo che non partendo dal negativo”.

 

Tra gli incontri di quest’anno, uno dedicato all’Africa e al Sudan a cui sono invitati, tra gli altri, John Garang, leader dell’esercito di liberazione del Sudan, Oli Osman Taha, vicepresidente del Sudan e l’arcivescovo di Khartoum, il cardinale Gabriel Zuberi Wako. Ma anche l’Iraq, il Medio Oriente, l’Uganda e altri Paesi saliranno sul palco del Meeting, così come la questione dell’informazione in tempo di guerra, con il direttore del Corriere della Sera, Stefano Folli e il direttore generale di al Jazeera, Waddah Khanfar. Ma a Rimini sono stati invitati anche uomini politici italiani e ministri come Giuseppe Pisanu, il commissario straordinario della Croce Rossa, Maurizio Scelli, e leader sindacali, come Savino Pezzotta e Guglielmo Epifani. Presenti anche tanti esponenti della Chiesa, tra cui mons. Giuseppe Betori, segretario generale della Cei, e il cardinale José Saraiva Martins, prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi. E come sempre alla presentazione del Meeting si è parlato anche della stretta attualità, questa volta con una forte critica al mancato riferimento alle radici cristiane dell’Europa nella Costituzione europea.

 

Anche quest’anno il Meeting è musica e canto: si aprirà con la voce di José Carreras, sentirà le note della Traviata e vedrà uno spettacolo di flamenco. Tra i momenti culturali, la presentazioni del libro di Carlo Bellini, “L’alba dell’io. Dolore, Sogno, memoria del feto”. E tra gli stand i visitatori potranno anche percorrere le tante mostre dedicate in questa 25.ma edizione a San Bernardo, a Cezanne e anche alla rinascita delle favelas del Brasile, con testimonianze degli interventi Avsi.

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DON PRIMO MAZZOLARI, VOCE DI FUOCO DEL VANGELO NELL’ITALIA A CAVALLO

DELLE GUERRE: STASERA, SU RAITRE, LA PRIMA PUNTATA DI UNA FICTION 

DEDICATA AL PRETE MANTOVANO, INTITOLATA “L’UOMO DELL’ARGINE”

- Intervista con don Lorenzo Tedeschi, Gilberto Squizzato e Paolo Ruffini -

 

Da un'idea di Ennio Chiodi e Gilberto Squizzato, Raitre presenta, da questa sera in prima serata, “L'uomo dell'argine” film tv in 2 puntate sulla vita di Don Primo Mazzolari. Nato a Cremona, alla fine del secolo scorso, fu una delle voci più alte del cattolicesimo durante gli anni della guerra e della ricostruzione: perseguì la pace e anticipò alcuni grandi temi del Concilio, come l’apertura ecumenica e l'uso della lingua del popolo nella liturgia. Il servizio è di Massimiliano Menichetti.

 

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Il volto di Cristo tracciato lungo tutto l’arco di una vita. Don Primo Mazzolari, parroco di Cicognara e Bozzolo, attraversò gli orrori della prima e della seconda Guerra mondiale, dell’Italia dilaniata dall’occupazione tedesca: vide la Resistenza, la Repubblica, visse aiutando i poveri, gli emarginati, combattendo per la giustizia. Valori espressi instancabilmente tra la gente comune in molti articoli, libri e nel quindicinale da lui fondato “Adesso”, a cui collaborò tra gli altri don Lorenzo Tedeschi:

 

“Ricordo l’intensità di amore che aveva nei confronti dei poveri. Non esistevano per lui le ideologie, c’erano le anime da salvare. E questa fedeltà all’anima della Chiesa e all’amore per Cristo non aveva nessun confine”. 

 

Si impegnò costantemente per la pace. Dure le sue parole sulla giustificazione delle guerre durante gli anni bui del secondo conflitto mondiale:

 

“Mi basta mettervi davanti il “tu, non uccidere!”, il quale non comporta nessuna eccezione. Tu, non uccidere! Non ci sono delle eccezioni per un cristiano”.

 

Per don Primo era necessario presentare il messaggio evangelico sempre e comunque, anche ai lontani, cioè a coloro che rifiutavano la fede. Fu considerato nemico del regime e, inizialmente, anche parte del Vaticano valutò non appropriate alcune sue idee. Gli venne proibito di predicare fuori diocesi e di pubblicare senza preventiva autorizzazione. Ma nel tempo le cose cambiarono, tanto che Giovanni XXIII lo ricevette in udienza. Gilberto Squizzato, regista del film “L’uomo dell’argine”:

 

“Ho avuto modo di conoscere ancora meglio questa fede appassionata e incandescente radicata nel Vangelo di Mazzolari, che Giovanni XXIII chiamò la tromba dello Spirito Santo in terra mantovana”.

 

Mazzolari, infatti, lottò anche per il rinnovamento della Chiesa, rimanendo sempre nell’obbedienza al Vangelo. Paolo Ruffini, direttore di Rai Tre, che ha deciso di raccontare la storia di don Primo:

 

“Don Primo Mazzolari è una storia insieme piccola e grande dove, per chi crede in Dio, lo Spirito di Dio, lo Spirito Santo, soffia in piccoli luoghi sperduti e poi influenza il cammino della Chiesa. Penso e spero che questa fiction dimostri che è possibile fare una televisione di contenuti, contestare l’ineluttabilità di una televisione dove il messaggio non conta più”.

 

(musica)

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CHIESA E SOCIETA’

24 giugno 2004

 

LA COMMISSIONE DELLE CONFERENZE EPISCOPALI DELL’UNIONE EUROPEA

INVITA I CITTADINI A FAMILIARIZZARE CON LA NUOVA COSTITUZIONE E RIBADISCE IL RAMMARICO PER IL MANCATO RIFERIMENTO ALLE RADICI CRISTIANE

- A cura di Ignazio Ingrao -

 

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ROMA = Il Comitato esecutivo della Commissione delle Conferenze episcopali della Comunità Europea (Comece), riunitosi ieri a Roma, raccomanda a tutti i cristiani e a tutti i cittadini di “familiarizzare” con il nuovo Trattato costituzionale europeo. In vista dell’avvio delle procedure di ratifica della Carta costituzionale da parte dei 25 paesi dell’Unione, il Comitato sollecita i leader politici, i mass media e gli intellettuali ad “assumersi le proprie responsabilità per presentare il Trattato ai cittadini in modo che essi possano conoscere meglio i valori e gli obiettivi dell’integrazione europea”. Il Comitato saluta con soddisfazione l’approva-zione della Carta ma ribadisce il rammarico per il fatto che la “Conferenza intergovernativa, a causa dell’opposizione di alcuni partecipanti, non abbia trovato il consenso sull’esplicito riconoscimento” dell’eredità cristiana dell’Europa, così come avevano proposto le Chiese. Il mancato riconoscimento delle radici cristiane, proseguono i vescovi europei “potrebbe essere interpretato come una forma di disprezzo per le convinzioni di un numero significativo di cittadini di tutti gli Stati membri” e “mostra che l’Unione Europea deve riflettere molto di più sulla sua identità e sulla sua eredità”. Apprezzamento è stato espresso invece dalla Comece in merito all’articolo 51 del Trattato, che prevede forme “dialogo strutturato” tra le Chiese e le istituzioni europee.

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PER LA PRIMA VOLTA NELLA STORIA DELLA TURCHIA, I VESCOVI CATTOLICI

SONO STATI RICEVUTI DAL CAPO DEL GOVERNO. AL PREMIER ERDOGAN

I VESCOVI HANNO CHIESTO DI ISTITUIRE UNA COMMISSIONE BILATERALE

SULLO STATUS GIURIDICO DELLA CHIESA

 

ANKARA. = Il 21 giugno scorso, per la prima volta nella storia della Repubblica di Turchia, il premier Recep Tayyip Erdogan ha ricevuto i vescovi dei diversi riti cattolici presenti nel Paese: latini, armeni, caldei, siro-cattolici. I vescovi hanno esposto al primo ministro i problemi e le preoccupazioni dei cristiani in Turchia, e hanno chiesto il riconoscimento giuridico ufficiale della Chiesa cattolica in Turchia. A questo scopo, l’episcopato cattolico ha consegnato ad Erdogan un memorandum che chiede l’istituzione di una commissione bilaterale per affrontare in modo approfondito la questione dello status giuridico della Chiesa cattolica e tutte le relative implicazioni. C’è grande ottimismo nella comunità cattolica turca, dopo tale udienza che viene considerata “una svolta” per la vita della Chiesa nel Paese. P. George Marovich, portavoce della Conferenza episcopale turca, ha rilasciato all’agenzia Fides una testimonianza diretta dell’incontro: “Il primo ministro ci ha chiesto di aiutare il processo di integrazione della Turchia nell’Unione Europea. Abbiamo risposto che già stiamo lavorando in tal senso da alcuni anni: ne è testimonianza che la nostra Conferenza episcopale, su nostra esplicita richiesta, fa parte del Consiglio delle Conferenze episcopali europee. Un fatto di cui Erdogan si è rallegrato. Ora attendiamo la formazione della Commissione bilaterale che potrebbe facilitare molto il nostro lavoro. Intanto il premier ha anche annunciato un decreto che riconosce ai padri Assunzionisti, in quanto congregazione religiosa, l’uso dei beni immobili confiscati in passato. Un segnale molto positivo, che ci infonde grande speranza per il futuro”. Su 66 milioni di abitanti, la popolazione turca è al 98% musulmana, i cristiani sono lo 0,6%. In nome della “laicità” della Repubblica turca, ai cristiani non è permesso accedere al Parlamento, né alla carriera militare. (I.I.)

 

 

TRE VESCOVI E UN SACERDOTE TRAPPISTA DELLA CHIESA CATTOLICA CINESE

SONO STATI LIBERATI NEI GIORNI SCORSI DALLE AUTORITA’ DI PECHINO

 

PECHINO. = Provengono tutti dalla provincia dello Hebei i tre vescovi e il sacerdote trappista liberati nei giorni scorsi dalle autorità di Pechino. Ne dà notizia l’agenzia di stampa asiatica Ucanews. Mons. Julius Jia Zhiguo, vescovo di Zhengding, era stato arrestato dai funzionari dell’Ufficio per gli affari religiosi il 13 giugno scorso e portato in una località a trenta chilometri di distanza. Il 18 giugno, Festa del Sacro Cuore di Gesù, mons. Jia Zhiguo è stato liberato, così come confermato ieri dal direttore della Sala Stampa vaticana, Joaquín Navarro-Valls. Il 13 giugno era stato arrestato anche un sacerdote trappista della medesima diocesi, padre Placid Pei Ronggui, liberato lo stesso giorno. Il 27 maggio era stato invece fermato mons. Peter Zhao Zhendong di Xuanhua, nella parte settentrionale dell’Hebei. Il vescovo ottantaquattrenne era stato arrestato insieme con un seminarista e un laico. Dopo circa due settimane è stato rilasciato. Una fonte ha riferito che, durante la detenzione, al vescovo è stato concesso di celebrare quotidianamente la Messa. La diocesi di Xuanhua conta circa 100 mila cattolici e 30 sacerdoti. Dal 2 al 12 giugno è stato infine trattenuto dalle autorità cinesi mons. Leo Yao Liang, vescovo coadiutore di Xiwanzi, di 81 anni di età. E’ la seconda volta che mons. Yao Liang viene arrestato da quando è stato nominato vescovo nel 2002. Nella sua diocesi i cattolici sono circa 40 mila. I sacerdoti sono 16 e 35 le suore. Si calcola che nella Repubblica popolare cinese siano presenti oggi circa 10 milioni di cattolici. (I.I.)

 

 

SI INCONTRANO OGGI AD ATENE I PORTAVOCE E GLI ADDETTI STAMPA

DELLE CONFERENZE EPISCOPALI D’EUROPA. UNA DELLE SESSIONI DI LAVORO

SARA’ INTERAMENTE DEDICATA AD INTERNET

 

ATENE. = I limiti e le potenzialità di Internet come strumento di evangelizzazione sono al centro della relazione che il segretario del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni sociali, mons. Renato Boccardo, illustrerà ai trenta partecipanti all’incontro annuale dei portavoce e addetti stampa delle Conferenze episcopali europee, riuniti ad Atene da oggi fino al 27 giugno. I portavoce discuteranno anche di mass media e famiglia e verranno presentate le molteplici attività messe in campo dalle Conferenze episcopali europee per il 2004, dichiarato Anno internazionale della Famiglia. Il portavoce della Comece (Commissione degli Episcopati della Comunità Europea), John Coughlan, illustrerà ai partecipanti il documento “Una strategia per la famiglia nell’Unione Europea”, redatto dai vescovi dell’Unione Europea. I portavoce delle Conferenze episcopali saranno inoltre aggiornati sul cammino di preparazione alla Giornata mondiale della Gioventù, in programma a Colonia nel 2005. Questo appuntamento, ha dichiarato all’agenzia Sir l’arcivescovo di Atene, mons. Nicolaos Foskolos, presidente della Conferenza episcopale ellenica, è “molto importante per la Chiesa greca e rappresenta un aiuto morale per le nostre comunità. La presenza qui in Grecia dei portavoce di molti episcopati d’Europa servirà a far conoscere loro la situazione della Chiesa cattolica nella penisola ellenica, soggetta a discriminazione religiosa”. (I.I.)

 

 

IL BILANCIO DELLA RECENTE VISITA DI GIOVANNI PAOLO II,

UNA RIFLESSIONE SUGLI ABUSI NELLE LITURGIE EUCARISTICHE E UN APPELLO

CONTRO L’ISTITUZIONE DEL REGISTRO DELLE COPPIE OMOSESSUALI

SONO STATI I PRINCIPALI TEMI AL CENTRO DELL’ASSEMBLEA DEI VESCOVI SVIZZERI

CHE SI E’ CONCLUSA IERI

 

FRIBURGO. = La partecipazione del Papa all’incontro dei giovani il 5 e 6 giugno a Berna è stata un grande dono destinato a “portare numerosi frutti nella Chiesa elvetica”. E’ quanto hanno affermato i vescovi svizzeri riuniti in assemblea generale dal 21 al 23 giugno, presso l’abbazia benedettina di Einsiedeln. I vescovi intendono dare una risposta alle numerose richieste dei giovani di dare un seguito al recente incontro nazionale. Nel corso dell’assemblea, la Conferenza episcopale ha poi preso in esame l’istruzione  Redemptionis Sacramentum pubblicata in aprile dalla Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti. I vescovi hanno deplorato gli abusi gravi che si sono qualche volta potuti constatare anche in Svizzera nelle celebrazioni eucaristiche. E’ stata quindi annunciata la visita ad Limina dell’episcopato svizzero, in programma dal 1° al 5 febbraio 2005, in Vaticano. Rammarico è stato infine espresso dalla Conferenza episcopale per l’istituzione, da parte del Consiglio di Stato elvetico, del registro per le coppie omosessuali. In una lettera aperta inviata al Consiglio di Stato, i vescovi hanno ribadito che “il carattere esclusivo del matrimonio tra un uomo e una donna deve essere protetto in maniera incondizionata”. (I.I.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

24 giugno 2004

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

 

A sei giorni dal passaggio dei poteri, si infiamma l’Iraq. Attacchi della guerriglia hanno sconvolto stamani Baghdad, Ramadi e Baquba, scontri hanno interessato Falluja e cinque posti di polizia sono stati attaccati a Mossul. Il nostro servizio:

 

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Una impressionante serie di esplosioni e di attacchi simultanei condotti da combattenti iracheni ha scatenato nel Paese violentissimi scontri tra guerriglieri e soldati americani. Almeno 40 persone sono rimaste uccise, tra le quali molti poliziotti, in uno dei cinque attentati che questa mattina hanno devastato Mossul. A Baquba sono scattati raid aerei americani dopo diverse azioni terroristiche, che hanno causato oltre 20 morti. A Falluja, dove sono stati abbattuti due elicotteri statunitensi senza causare vittime, gli scontri hanno inoltre provocato un esodo della popolazione dai quartieri meridionali della città sunnita, mentre dagli altoparlanti delle moschee sono stati lanciati appelli nei quali si chiede ai guerriglieri di cessare i combattimenti. “I soldati americani – hanno annunciato le moschee - cominceranno a ritirarsi dopo un accordo con i loro comandanti”. Questo appello, con il quale è stata annunciata l’ennesima tregua, è stato accolto a Falluja da manifestazioni di gioia, ma nel Paese arabo il virus della violenza non sembra arrestarsi. Si è combattuto anche a Ramadi, teatro di due attacchi contro commissariati di polizia costati la vita a quattro iracheni, e a Baghdad dove cinque uomini delle forze di sicurezza irachena sono deceduti in seguito ad un attentato suicida. La paternità di tutti questi attacchi multipli e coordinati che, secondo il ministero della Sanità iracheno hanno provocato 75 vittime e 268 feriti, è stata rivendicata dal gruppo denominato ‘Unificazione e guerra santa’ del terrorista giordano, Abu Musab al-Zarqawi.

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Le violenze delle ultime ore confermano quanto la pace sia ancora lontana, in un Paese che non riesce a ritrovare la strada della normalità. Andrea Sarubbi ne ha parlato con Alberto Negri, inviato speciale del Sole 24 Ore:

 

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R. – Negli ultimi 15 mesi, l’Iraq non ha mai avuto una situazione di calma, ma c’è stata sempre e continuamente una destabilizzazione costante che ha minacciato non soltanto la presenza degli stranieri, ma soprattutto la vita stessa degli iracheni.

 

D. – Quanto influisce in queste violenze la scadenza del 30 giugno per il passaggio dei poteri?

 

R. – E’ evidente che il passaggio dei poteri del 30 giugno ha segnato e costituisce una svolta, ma – forse – non nella direzione che si pensava. Soprattutto per ora, si segnala questa offensiva da parte dei gruppi islamici, determinata da obiettivi e da scopi diversi che hanno i gruppi terroristici in Iraq.

 

D. – Quale distinzione si può fare tra i vari gruppi terroristici?

 

R. – Ci troviamo in una situazione in cui, da una parte, ci sono – questa più o meno è la distinzione che si può fare – i cosiddetti “jihadisti”, cioè gli uomini della guerra santa islamica, probabilmente composti da gruppi costituiti in buona parte da stranieri filtrati dai Paesi confinanti e da altre zone del mondo musulmano, che hanno come obiettivo soprattutto il caos e la destabilizzazione. Vogliono cioè impegnare gli americani in una sorta di logoramento. Dall’altra parte, ci sono i gruppi di ribellione e di rivolta islamici iracheni, che hanno invece come obiettivo principale prima quello di cacciare gli americani e poi di vedere come spartirsi il potere.

 

D. – La certezza è che questo premier Allawi, che non piaceva all’Onu, non piace neanche agli iracheni ...

 

R. – Era evidente che dovesse essere così. Anche questo governo è stato scelto dagli Stati Uniti. Le stesse Nazioni Unite ci hanno messo sopra il loro marchio e si sono poi immediatamente pentite, stando almeno alle dichiarazioni di Brahimi. E’ evidente che fin quando non ci sarà una scelta più diretta da parte degli iracheni dei propri rappresentanti, avremo sempre una situazione di instabilità acuta, perché penso che l’insicurezza in Iraq sarà, per così dire, una costante “cronica” nei prossimi anni.

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Sembra ammorbidirsi la posizione americana sulla questione della Corte penale internazionale, istituita nel ’98 e mai ratificata da Washington. Gli Stati Uniti, in minoranza nel Consiglio di sicurezza dell’Onu, hanno infatti ritirato la richiesta di rinnovare a tempo indefinito l’immunità dei propri cittadini impegnati all’estero. Il servizio di Paolo Mastrolilli:

 

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Gli Stati Uniti hanno rinunciato a presentare all’Onu una risoluzione che avrebbe esentato i loro soldati, impegnati nelle missioni all’estero, dalle prosecuzioni della Corte penale internazionale. Il Tribunale dell’Aja era stato creato da un Trattato nel ’98 ed aveva cominciato ad operare nel luglio del 2002. Il presidente Clinton aveva firmato l’accordo, ma il suo successore Bush aveva deciso di non portarlo alla ratifica parlamentare. Washington temeva che la Corte penale internazionale venisse usata per presentare cause frivole o politicizzate contro i militari americani impegnati nelle missioni di pace all’estero. Aveva quindi chiesto che il Palazzo di Vetro li esentasse dalle prosecuzioni dell’Aja. Per due volte gli Stati Uniti avevano ottenuto un’esenzione provvisoria, limitata ad un anno, ma adesso volevano presentare una risoluzione per ottenere l’esenzione definitiva delle loro truppe. L’iniziativa sembrava ben avviata, quando è scoppiato lo scandalo delle torture dei prigionieri iracheni nel carcere di Abu Graib. Questa crisi ha cambiato la posizione di diversi membri nel Consiglio di sicurezza, che hanno dichiarato la volontà di astenersi nel voto. Lo stesso segretario generale, Kofi Annan, ha detto che l’esenzione definitiva avrebbe screditato l’Onu e limitato la sua capacità di promuovere le leggi internazionali. Gli Stati Uniti hanno riconosciuto, infine, che non avevano abbastanza voti ed hanno quindi rinunciato alla risoluzione.

 

Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.

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“Coloro che si arrenderanno volontariamente entro un mese saranno trattati secondo la legge di Dio”. Sono le parole pronunciate ieri dal principe ereditario Abdullah a nome di re Fahd d’Arabia Saudita. L’offerta di amnistia giunge pochi giorni dopo l’uccisione della rete terroristica di Al Qaeda nel Regno Saudita, Abdulaziz Al Muqrin.

 

In Medio Oriente, riprende il lavoro della diplomazia internazionale. A Taba, sul Mar Rosso, è in corso una riunione dei mediatori del cosiddetto “Quartetto”, composto da Stati Uniti, Onu, Unione Europea e Russia, per esaminare il piano di disimpegno israeliano dalla Striscia di Gaza e lo stato di salute della “road -map”, il piano di pace che si è inceppato sul mancato smantellamento delle infrastrutture terroristiche da parte dell’Autorità palestinese.

 

In Turchia almeno due persone sono morte e sette sono rimaste ferite, questa mattina, per la deflagrazione di una bomba ad Istanbul. E sempre oggi è esploso un altro ordigno ad Ankara nei pressi dell’hotel Hilton dove il prossimo 27 giugno è atteso il presidente americano, George Bush, per il summit della Nato.

 

Sono stati rilasciati e affidati a diplomatici inglesi a Teheran gli otto marinai britannici arrestati dalle autorità iraniane, dopo lo sconfinamento avvenuto nelle acque del fiume Shaat Al Arab, che segna il confine tra Iran e Iraq. Il ministro degli Esteri iraniano, Kamal Kharrazi, aveva annunciato il rilascio già nella giornata di ieri.

 

Seconda giornata di lavoro oggi a Pechino del terzo round di colloqui multilaterali sulla crisi nucleare della Nord Corea. Stati Uniti, Nord e Sud Corea, Russia, Giappone e Cina stanno discutendo la proposta presentata ieri dal delegato di Washington, il vice segretario di Stato James Kelly. Ce ne parla Chiaretta Zucconi:

 

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Gli Stati Uniti hanno offerto alla Nord Corea una serie di incentivi, forniture di greggio, garanzia sulla sicurezza nazionale e rimozione delle sanzioni economiche, a patto che Pyongyang si impegni a smantellare in tre mesi tutti i propri arsenali al plutonio e all’uranio. Secondo il piano americano, i sei Paesi cominceranno a fornire alla Nord Corea la loro assistenza energetica su base mensile non appena il leader coreano avrà fatto la solenne promessa. Dopodiché, gli aiuti energetici andranno avanti soltanto se Pyongyang aprirà le porte dei suoi impianti alle verifiche degli ispettori internazionali. La proposta di Kelly è stata ascoltata attentamente di Kim Ie Yuang, vice ministro degli Affari esteri e capo della delegazione nordcoreana che ha offerto di sospendere in modo verificabile gli impianti nucleari, compreso il reattore a graffite da 5 mila chilowatt di Yongbiong. Sempre a proposito delle ispezioni, la Nord Corea ha espresso riserve se accettare o meno quelle dell’Agenzia internazionale dell’energia atomica.

 

Per la Radio Vaticana, Chiaretta Zucconi.

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Resta determinante la partecipazione dei serbi al ballottaggio per le elezioni presidenziali di domenica prossima, che vede in lizza l'ultranazionalista Nikolic e il democratico Tadic. Stando ai sondaggi, le possibilità degli sfidanti sono strettamente connesse al quorum dei votanti, con Nikolic avvantaggiato dall'astensione e Tadic che dovrà portare più elettori possibili alle urne. 

 

 

 

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