RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n. 172 - Testo della trasmissione di domenica 20 giugno
2004
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI
IN PRIMO PIANO:
A Roma, il congresso annuale delle Misericordie d’Italia:
con noi, il presidente Gianfranco Gambelli.
La difficile crescita dei bambini kosovari: ai nostri
microfoni, Massimo Mazzali.
Chiuso a Taormina il Festival del cinema.
CHIESA E SOCIETA’:
Un Rapporto dell’Oil denuncia: 2 milioni i minori
latinoamericani sfruttati nei lavori domestici .
Dal 5 al 9 luglio,
Congresso nazionale del clero a Manila.
Presentato ieri a Roma il libro di Andrea Longhi
“L’architettura del battistero.
Al via ieri in sei città argentine il primo Festival della
Tripla Frontiera.
Assegnato ieri a Rapolano Terme i premi “Goccia d’Oro 2004”.
I servizi segreti occidentali annunciano l’arrivo in Iraq di 300 guerriglieri ceceni - Ucciso a Riad il capo saudita di Al Qaeda – Accordo India-Pakistan sul bando dei test nucleari.
20 giugno 2004
NON SI
TAGLIANO LE RADICI DALLE QUALI SI E’ NATI:
ALL’ANGELUS,
IN PIAZZA SAN PIETRO, LA CONTRARIETA’ DEL PAPA PER LA DECISIONE DEGLI STATI EUROPEI
DI NON RICONOSCERE IL RUOLO DELLE RADICI CRISTIANE
NELLA
NUOVA COSTITUZIONE COMUNITARIA. GIOVANNI PAOLO II RINGRAZIA
LA POLONIA PER AVERLE DIFESE FEDELMENTE E
LEVA UN APPELLO PER LA DIFESA
-
Servizio di Alessandro De Carolis -
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“NIE
PODCINA SIĘ KORZENI, Z KTÓRYCH SIĘ WYROSŁO!”
“Non si possono tagliare le radici dalle quali
proveniamo!”. Quasi a sorpresa, pronunciata in polacco, è giunta al termine
dell’Angelus di questa mattina, dedicato in larga parte al dramma dei
rifugiati, l’esclamazione critica di Giovanni Paolo II riferita al mancato
riconoscimento delle radici cristiane nel testo della nuova Costituzione europea,
approvata l’altro ieri a Bruxelles.
Dopo che ieri, in un comunicato della
Sala stampa vaticana, la Santa Sede aveva già puntualizzato il proprio
rammarico per questa esclusione, il Papa è intervenuto dopo i saluti alle
migliaia di fedeli presenti in Piazza San Pietro, ringraziando esplicitamente i
suoi connazionali per essersi spesi fino all’ultimo perché non venisse
misconosciuto il ruolo del cristianesimo nella formazione del continente:
“Ringrazio la Polonia che al Foro europeo ha difeso
fedelmente le radici cristiane del nostro continente, dalle quali è sorta la
cultura e lo sviluppo della civiltà dei nostri tempi. Non si possono tagliare
le radici dalle quali proveniamo”.
In precedenza, come detto, nel giorno
della solennità del Sacro Cuore di Gesù, in coincidenza con la Giornata
mondiale del rifugiato, Giovanni Paolo II si era soffermato - con un accento di
quella stessa misericordia espressa dal mistero del cuore di Cristo – sullo
sterminato mondo di sfollati che attende di trovare una nuova casa in un Paese
diverso, giacché il proprio, lasciato alle spalle, guerre o miseria lo hanno
reso invivibile. “Ogni persona ha bisogno di un ambiente sicuro in cui vivere –
ha detto il Pontefice - I rifugiati aspirano a questo ma, in vari Paesi del
mondo, milioni sono purtroppo coloro che rimangono ancora nei campi di
raccolta, o comunque a lungo limitati nell’esercizio dei loro diritti”. E qui,
un appello accorato alla solidarietà verso le vittime di questa tragedia che
non conosce confini:
“Non dimentichiamo questi nostri fratelli rifugiati!
Esprimo apprezzamento e incoraggiamento a quanti nella Chiesa si impegnano al
loro fianco. Auspico al tempo stesso un rinnovato impegno della comunità
internazionale, affinché siano rimosse le cause di questo doloroso fenomeno”.
“Al Cuore Immacolato di Maria, di cui
ieri abbiamo fatto memoria, chiediamo con fiducia - ha concluso il Papa - che
l’umanità, accogliendo il messaggio d’amore di Cristo, progredisca nella
fraternità e nella pace e la terra diventi la ‘casa comune’ di tutte le
nazioni”. Al termine dell’Angelus, Giovanni Paolo II ha rivolto un saluto
particolare ad alcuni gruppi di fedeli presenti nella piazza, tra i quali i
pellegrini lettoni e lituani del Movimento Pro Sanctitate, i donatori di
sangue “Fratres” e i membri delle Misericordie d’Italia, in questi giorni a
Roma per la loro assemblea annuale.
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Alle
parole del Papa sulla questione delle radici cristiane in Europa hanno fatto
eco, in un comunicato, i vescovi della Conferenza episcopale polacca. Malgrado
la convinzione della maggior parte degli abitanti d’Europa, del Papa e di molte
conferenze episcopali – si legge nel documento – il testo del Trattato costituzionale
Europeo approvato due giorni fa a Bruxelles, “non contiene nessun riferimento alle
radici cristiane del nostro continente”. “Accogliamo questo fatto con
indignazione, come una falsificazione della verità storica e una cosciente marginalizzazione
del cristianesimo che nel corso dei secoli - riaffermano i vescovi della
Polonia - è stato ed è ancora la
religione della maggior parte degli europei”.
L’“ideologia laicista” manifestata
dalla posizione di “diversi governi europei”, prosegue la nota, desta la ferma
opposizione e la preoccupazione per il futuro dell’Europa da parte dei presuli
polacchi, i quali asseriscono che “non si può costruire una comune casa europea
sulla falsificazione della storia del Vecchio Continente e sull’imposizione
della visione laicista della intera Europa”. “Vista la situazione – conclude il
documento - facciamo appello a tutti gli uomini di buona volontà affinché
riflettano sul futuro dell’Europa, costruita con l’omissione dei valori
fondamentali”.
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20 giugno 2004
OGGI,
GIORNATA MONDIALE DEL RIFUGIATO. IL SEGRETARIO GENERALE DELL’ONU,
KOFI
ANNAN, RICHIAMA TUTTI I PAESI AD OFFRIRE LORO “UN POSTO CHIAMATO CASA”
-
Servizio di Roberta Gisotti -
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Prima
la fuga dalla guerra o dalle persecuzioni, spesso portando con sé nient’altro
che pochi vestiti e il ricordo che scolora di giorno in giorno della propria casa,
dei parenti, degli amici, del lavoro, di tutto ciò che era familiare. Poi un
lungo percorso di sofferenza e lacerazioni, e infine insostenibili giorni di
incertezza e di attesa in luoghi d’asilo prima di conoscere quale potrà essere
il proprio futuro. E’ questa la storia di decine di milioni di rifugiati nel
mondo, come oggi ci ricordano i messaggi del segretario generale delle Nazioni
Unite, Kofi Annan, e dell’Alto Commissario Onu per i rifugiati, Ruud Lubbers,
che invitano la comunità internazionale ad impegnarsi per restituire a queste
persone sfortunate – come recita il titolo della Giornata - “un posto chiamato
casa”, tanto meglio se nel loro Paese natio, quando le condizioni lo permettono,
o se ciò è impossibile, nei Paesi d’asilo o in Paesi terzi di accoglienza.
Oggi nel
mondo sono 17 milioni e 100 mila i rifugiati, 6 milioni e 200 mila in Asia, 4 milioni e 300 mila in Africa, 1 milione e 300 mila in America
Latina e Carabi, quasi 1 milione in America del Nord e 74 mila in Oceania. E
una buona notizia è sapere che negli ultimi anni 5 milioni di rifugiati e
sfollati sono tornati nelle loro case o hanno trovato un nuovo posto dove
ricostruirsi una vita. Ma che cosa rappresenta per un rifugiato la speranza di
poter tornare nel proprio Paese? Ascoltiamo Walter Irvine, delegato per
l’Italia dell’Alto Commissariato Onu per i rifugiati:
R. – Significa ritornare in un
ambito dove può veramente essere se stesso: parlare la stessa lingua, la sua
lingua, mangiare, vivere come ha sempre vissuto, secondo le norme culturali del
suo Paese. E’ assolutamente vero che la maggioranza dei rifugiati vogliono
ritornare a casa. I dati statistici lo confermano.
D. – E’ importante che ci sia
questa coscienza nelle opinioni pubbliche dei Paesi di asilo, perché invece
spesso si ha la sensazione che ci sia un’invasione dei rifugiati. E’
importante, quindi, sapere che invece bisogna aiutarli perché vogliono tornare
nel loro Paese…
R. – E’ vero. Per quanto riguarda
questa percezione d’invasione, i dati statistici dovranno far riflettere i
Paesi d’asilo e indurli a capire che la possibilità di ricevere un numero
relativamente basso di rifugiati può fare la differenza tra una vita molto
difficile ed una nuova vita in un Paese d’asilo, come l’Italia. A questo
proposito, discutiamo sempre che in Italia si stabilisca una legge organica
dell’asilo, perché tutto il percorso del rifugiato sia chiaro e possa eventualmente,
come afferma l’Alto Commissariato, “trovare un posto chiamato casa”.
D. – Dall’Europa allargata a 25 vi
aspettate una omologazione delle leggi d’asilo? Siete preoccupati o speranzosi?
R. – La politica è quella di dare
un supporto ai Paesi europei, perché siano stabilite norme d’asilo sulla base
di uno stesso modello e con le stesse norme. E’ un processo abbastanza
difficile, però l’Unhcr continuerà ad argomentare perché sia fatto.
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A
ROMA, LE “MISERICORDIE D’ITALIA” PER LA LORO ASSEMBLEA ANNUALE.
QUESTA
MATTINA, LA SFILATA E IL SALUTO DEL PAPA ALLA FINE DELL’ANGELUS
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Intervista con Gianfranco Gambelli -
Volontariato
protagonista a Roma: si è aperta ieri l’Assemblea nazionale delle Misericordie
d’Italia, l’appuntamento che riunisce ogni anno i membri di 722 Confraternite
per fare il punto sulle attività svolte nell’anno. Fondate a Firenze nel 1244, sono
la più antica forma di volontariato sorta nel mondo. I loro rappresentanti,
come ricordato all’Angelus, sono sfilati questa mattina con i labari e la veste
storica fino a raggiungere Piazza San Pietro per partecipare alla preghiera
mariana del Papa, che ha rivolto loro un saluto. Gianfranco Gambelli,
presidente della Confederazione italiana Misericordie, spiega come operano le
Confraternite, al microfono di Francesca Smacchia:
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R.- Siamo impegnati
sopratutto con il trasporto sanitario, il trasporto sociale: quindi, assistenza
agli anziani, ai portatori di handicap e agli extracomunitari.
D. – In occasione
dell’Assemblea nazionale delle Misericordie, lei ha tracciato il bilancio
annuale. Che cosa è emerso?
R. – E’ emerso il
quadro di un grosso impegno che le Misericordie promuovono sia nel campo
sanitario sia in quello sociale, anche attraverso convenzioni con gli enti
pubblici e con le Asl. Pure da sottolineare, l’impegno nella formazione spirituale
dei volontari. Un impegno che ci tiene occupati per 365 giorni l’anno.
D. – Quella svolta
dalle Misericordie è un’attività in crescita. Che cosa spinge le persone ad
iscriversi alle Confraternite?
R. - Prima di tutto
si sente il bisogno di fare qualcosa per gli altri. Poi ci sono le motivazioni
religiose, la scuola, la famiglia, la parrocchia. Ci sono tante motivazioni, ma
soprattutto il bisogno di agire per sentirsi appagati un po’ dalla nostra vita.
D. – Le Misericordie sono presenti a livello
internazionale: in quali Paesi?
R. – Spagna, Francia,
Portogallo, Bielorussia, Russia e Lussemburgo. Poi in America Latina, in
Brasile, in Africa e in Timor Est.
D. – E che tipo di interventi svolgete nei Paesi in via di
sviluppo?
R. – Soprattutto di
assistenza alla persona, specialmente in Portogallo nei Paesi dell’America
Latina con gestione di case di riposo e case per portatori di handicap.
D. – Quali sono le sfide per il futuro?
R. – Sono quelle per
cui tutti siamo sfidati: per un mondo migliore soprattutto. Cercare attraverso
questo tipo di servizio di portare un po’ di amore e di conforto cristiano a
chi è nella sofferenza e nel bisogno.
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I
BAMBINI IN KOSOVO: TESTIMONI DI UNA BARBARIE QUASI DIMENTICATA,
MA
“FIGLI” DELLA SOLIDARIETA’ INTERNAZIONALE
-
Intervista Massimo Mazzali -
Se l’Iraq e in generale tutta
l’area che va dal Medio Oriente all’Afghanistan è al centro, con aspetti
diversi, dell’attenzione della comunità e dei media internazionali già da tre
anni, in altre zone del pianeta c’è chi tenta di ricostruire un futuro sulle macerie
di crisi ormai uscite dal cono di luce dell’interesse generale. Una di queste
aree è il Kosovo: cinque anni fa terreno di battaglia e di violenze, oggi
cantiere aperto di ricostruzione sociale e di dialogo interetnico, prima ancora
che di case e infrastrutture. Mentre le Nazioni Unite continuano a guidare
questa lenta transizione, sono ancora ben visibili le ferite lasciate dal
conflitto, soprattutto nei bambini, ai quali prestano assistenza gli organismi
umanitari che operano nell’area. Luca Collodi, che si trova da giorni in
Kosovo, ne ha parlato con Massimo Mazzali, responsabile della missione della
Caritas umbra nell’ex provincia serba:
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R. - Le cose si
evolvono, hanno un cambiamento. Il primo bambino ad arrivare qui è stato un
bambino zingaro, un rom, abbandonato dai genitori perché collaboravano con i
serbi. Poi, pian piano, negli anni, sono arrivati altri bambini con alle spalle
molti problemi familiari: chi ha perso i genitori, perché ammazzati in quanto
collaboravano con i serbi, chi ha le mamme prostitute… Ora abbiamo 12 bambini
che vivono con noi.
D. – Bambini con
storie psicologiche difficili, dunque…
R. – Hanno visto violenze, hanno
visto omicidi, hanno visto bruciare le case, hanno visto violentare le madri.
Vivendo qui, c’è stata poi la necessità di creare una struttura adatta ad
accogliere tutti questi piccoli ed anche la voglia di costruire insieme ai
ragazzi della parrocchia una cooperativa agricola, della quale quest’anno abbiamo
lavorato circa 200 ettari di terra, insieme con i ragazzi, proprio per evitare
questo esodo dei giovani verso l’Italia, in prima battuta, e poi verso
l’Europa. Quando siamo arrivati, il coro della parrocchia era composto da 120
ragazzi, ora ne sono rimasti trenta. Tutti gli altri sono andati in Europa,
abbagliati dalle nostre luci, non rendendosi conto che quando arrivano là
finiscono spesso a spacciare droga, o entrano purtroppo in brutti giri.
D. – Cos’è il
Kosovo oggi? Tu operi ormai da diversi anni qua. Come si può definire: uno
Stato, una regione, un’entità?
R. – Giuridicamente
è un protettorato delle Nazioni Unite e fino a che questo popolo non troverà
un’identità ben precisa ci saranno sempre problemi.
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L’ATTUALITA’
DELLA LUMEN GENTIUM, CHE CELEBRA I 40 ANNI DALLA PUBBLICAZIONE,
AL
CENTRO DEL CONFRONTO PUBBLICO TRA IL CARDINALE LEHMANN
E IL
TEOLOGO KÜNG, DURANTE IL 95.MO KATHOLIKENTAG TEDESCO
-
Servizio di Ludwig
Waldmüller -
Ad Ulm, in Germania, sede del
95.mo Katholikentag tedesco, ieri pomeriggio è stato il momento atteso del
confronto tra il cardinale Karl Lehmann, presidente della Conferenza episcopale
tedesca, e il teologo Hans Küng. Tema al centro del dibattito: la Costituzione
conciliare Lumen Gentium, che celebra i suoi 40 anni dalla
pubblicazione. A seguire l’avvenimento di Ulm c’era il collega della redazione
tedesca, Ludwig Waldmüller:
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E’ stato un incontro
impressionante. L’aula era gremita da oltre 3 mila persone. Il colloquio veniva
trasmesso anche all’esterno. “Cosa vede di positivo, lei, nella Costituzione
conciliare Lumen Gentium?”: questa
è stata la prima domanda rivolta ad Hans Küng. E Küng ha detto di
vederne abbastanza: i primi due capitoli, la centralità del popolo di Dio,
l’importanza delle Chiese locali, la particolarità dei carismi e così via. Cosa
vede invece il cardinale Lehman di negativo nella stessa Costituzione? Il
porporato dapprima ha sottolineato gli aspetti positivi - le immagini nuove
della Chiesa come Popolo di Dio, tempio dello Spirito Santo - e non più
soltanto quella, come ha affermato il cardinale, interpretata unilateralmente
della Chiesa come “Corpus Christi”. Il
porporato ha poi scelto un brano della Lumen Gentium per un
commento da parte di Küng e questi, a sua volta, ne ha scelto uno tratto dal
terzo capitolo della Lumen Gentium - che parla del ministero petrino -
per una riflessione da parte del cardinale Lehman.
La discussione, quindi, è
proseguita incentrata soprattutto sulle relazioni tra papato e vescovi. Secondo
la tesi di Küng, i vescovi sarebbero soltanto dei vicari provinciali come nella
vecchia Francia, subordinati semplicemente alla Curia romana. Tesi sulla quale
assolutamente il cardinale Lehman non si è detto d’accordo. “Caro Hans - ha
affermato - si è potuto fare tanto per rafforzare l’episcopato. Uno può benissimo
far sentire la sua voce come vescovo, anche se non è sempre sicuro di essere
ascoltato. Come studente di teologia – ha aggiunto il porporato – non avrei mai
potuto credere a quanto è grande il nostro spazio di libertà come vescovi,
molto più vasto dell’uso che ne facciamo”. E’ stato un simpatico colloquio,
svoltosi in un’atmosfera serena e conciliante, al quale ha preso parte attiva
anche il pubblico.
Da Ulm,
Ludwig Waldmüller per la Radio Vaticana.
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LA PROSPETTIVA DI UN MONDO NUOVO CHE PUO’ NASCERE
DALLA SOCIETA’ MULTIETNICA, MULTICULTURALE E
MULTIRELIGIOSA
LANCIATA DA CHIARA LUBICH A LONDRA
“Quale futuro per una società multietnica, multiculturale e
multireligiosa?” Un interrogativo di grande attualità, affrontato dalla
fondatrice del Movimento dei Focolari, Chiara Lubich, che ieri pomeriggio è
intervenuta a Londra, davanti a oltre 2000 persone che gremivano la Westminster
Central Hall. Presenti il cardinale Cormc O’ Condor, arcivescovo della capitale
britannica, personalità musulmane, buddiste e sikh. Titolo dell’incontro,
promosso dal Movimento dei Focolari della Gran Bretana: “Immagina un mondo…
arricchito dalla diversità”. Servizio di Carla Cotignoli:
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Viviamo in una società sempre più multiculturale e
multireligiosa, percorsa dal timore – come alcuni affermano – di uno scontro di civiltà. Ben altra
visione è quella emersa ieri dal fitto intrecciarsi di testimonianze, di canti
e danze dai colori e ritmi orientali e africani, come pure degli interventi di
rappresentanti di varie religioni, tra i quali l’imam iraniano, Mohammed
Somali, e la signora Didi Athavale, leader del grande movimento indù “Swadayaya
family”. Testimonianze dei frutti della fraternità che nasce dal dialogo.
Dialogo tra le religioni: Chiara Lubich lo indica come
imprescindibile rimedio preventivo al terrorismo. Non solo. Da questo dialogo –
ha detto – può prendere il via quella “strategia della fraternità, capace di
segnare una svolta nei rapporti internazionali. La fondatrice dei Focolari ha
prospettato “la nascita di un mondo nuovo”: e qui ha richiamato la visione di
s. Agostino, dottore della Chiesa, che i trovava “per certi versi, in una
situazione simile alla nostra”, per “il crollo dell’Impero Romano sotto la
pressione delle migrazioni dei popoli del Nord e dell’Est”:
“Agostino di Ippona, ha avuto la
grazia e la lungimiranza di aiutare la coscienza cristiana a capire che lo
sconvolgimento della civiltà che stava avvenendo sotto gli occhi di tutti i
suoi contemporanei, non era la fine del loro mondo, ma la nascita di un mondo
nuovo”.
Il mondo nuovo del terzo
millennio, per Chiara Lubich sarà l’unità della famiglia umana, arricchita
dalle diversità, secondo il disegno di Dio. Ma come attuare il dialogo tra le religioni? Deve essere
animato da quell’amore – ha affermato Chiara Lubich – che giunge ad “entrare
nella pelle dell’altro”, perché sa farsi “nulla d’amore” davanti all’altro, sa
farsi quello spazio di accoglienza e ascolto che prepara “il rispettoso
annuncio del Vangelo”. Qui la fondatrice dei focolari ha citato Giovanni Paolo
II: “Quando ci apriamo l’uno all’altro ci apriamo anche a Dio e facciamo in
modo che Dio sia presente in mezzo a noi”. In Lui è “la forza segreta che dà
vigore e successo ai nostri sforzi per portare dovunque l’unità e la fratellanza
universale.”
Una visione questa condivisa dal
card. O’ Connor, arcivescovo di Londra, ma anche dal leader degli imam del
Regno Unito, il dott. Zaki Badawi, dal capo spirituale dei Sikh della Gran
Breagna e d’Europa, Bai Shaib mohinder Singh di Birmigham, intervenuti subito
dopo la fondatrice dei Focolari insieme alla baronessa Kathleen Richardson
della Camera dei Lord, che ha ricordato come “subito dopo la guerra,
l’assemblea dell’Onu si era riunita per la prima assemblea plenaria proprio in
quest’aula. La visione espressa oggi – ha detto – è ancora più ricca, perché
non è costruita solo sull’aspirazione degli uomini, ma dalla partecipazione
dell’amore di Dio”.
Da Londra, Carla Cotignoli, per
la Radio Vaticana.
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AL FESTIVAL DI TAORMINA, VINCE IL CINEMA DELLA
DENUNCIA E DELL’IMPEGNO.
IERI LA CONSEGNA DEI NASTRI D’ARGENTO
- Servizio di Luca Pellegrini -
Assegnati ieri sera i Nastri d’Argento al Teatro Antico, nell’ambito del
Festival del Cinema di Taormina. Il Premio “BNL Opera Prima” è andato al film “Freeze Frame”, dell’irlandese John
Simpson, mentre il Premio “FIPRESCI” a “Villa
Paranoia”, del danese Erik Clausen. Questa sera chiusura ufficiale della
rassegna con la proiezione in anteprima di “Immortel”, con Charlotte Rampling. Il servizio di Luca
Pellegrini:
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Serata di premi e applausi, presentata ieri sera da Daniela Poggi e Ricky
Tognazzi per la conclusione del Festival del Cinema di Taormina che ha
festeggiato i suoi 50 anni. Soddisfatto il Direttore Artistico, Felice Laudadio,
che ha annunciato per il prossimo anno il desiderio di stringere una ancor più
stretta collaborazione con le majors statunitensi, in modo tale che la
sezione “Grande Cinema” possa diventare una significativa vetrina per le uscite
estive ed autunnali americane. Grande interesse hanno riservato anche
quest’anno le sette “Lezioni di Cinema”, soprattutto quelle tenute dai registi
Peter Weir e Jane Campion. Ieri è salito in cattedra Francesco Rosi, regista
impegnato che si è definito “ossessionato dalla realtà del presente”, mentre
questa mattina ha chiuso il ciclo di incontri l’attore americano Michael
Douglas.
Interessanti sorprese sono giunte soprattutto dalla sezione “Cinema del
Mondo”, con molte opere prime. Premiati un film irlandese, “Freeze Frame”, ed uno danese, “Villa Paranoia”, entrambi di non
facile approccio. Generalmente ardui e articolati i temi affrontati dalle
dodici pellicole di questa sezione: si è passati dal disagio collettivo alle
diverse forme di alienazione quotidiana, fino alla vera follia. Dai più diversi
drammi contemporanei alla degradazione e violenza che affliggono e interrogano
una società inquieta, incerta e spesso pericolosa. Il cinema, dunque, non
smette di riflettere con coraggio e di farci riflettere. Anche i Nastri
d’Argento consegnati ieri sera, nella splendida cornice del Teatro Greco,
premiano questo cinema della denuncia e dell’impegno. Ma ascoltiamo Laura Delli
Colli, presidente del Sindacato nazionale giornalisti cinematografici Italiani.
“Quest’anno
sono stati Nastri particolari, nel segno di un buon cinema italiano, con un
vincitore assoluto che è “La meglio gioventù”: un film che su otto candidature
ha avuto alla fine sette premi molto importanti, di cui uno collettivo. Quindi,
premiare un intero cast significa sostanzialmente dare molta fiducia alle
potenzialità degli attori italiani. Ma i riconoscimenti di quest’anno sono
stati segnati soprattutto da un’attenzione ad un cinema che ci ha costretto a
fare non delle cinquine di candidature, ma delle sestine, con grande attenzione
all’opera prima. Ha vinto Franco Battiato
per “Perduto amor”, ma hanno vinto un po’ tutti quest’anno, più degli
altri anni. Credo che il cinema abbia bisogno di idee nuove e per avere delle
belle idee nuove deve scavare anche dentro le sue storie e tentare di cambiare
davvero, di voltare pagina e cambiare faccia, cambiare pelle, come sta facendo
il cast del cinema italiano”.
Da
Taormina, Luca Pellegrini per la Radio Vaticana.
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20 giugno
2004
SONO DUE
MILIONI I BAMBINI SFRUTTATI NEL SETTORE DEL LAVORO DOMESTICO IN AMERICA LATINA
E CARAIBI. È QUANTO EMERGE DA UN RAPPORTO DIFFUSO DALL’ORGANIZZAZIONE INTERNAZIONALE DEL LAVORO E DAL PROGRAMMA
INTERNAZIONALE PER L’ELIMINAZIONE DEL LAVORO MINORILE
GINEVRA. = Almeno due milioni di bambini vengono
sfruttati nel settore del lavoro domestico in tutta l’America Latina e nei
Caraibi. I dati sono stati resi noti dall’ l’Oil (Organizzazione internazionale
del lavoro) e dall’Ipec (Programma internazionale per l’eliminazione del lavoro
minorile), che insieme hanno sviluppato il programma di “Prevenzione e
sradicamento del lavoro infantile domestico nelle case di terzi in Sudamerica”,
già in fase di attuazione in Brasile, Colombia, Paraguay e Perú. In un rapporto
diffuso nei giorni scorsi dalle due organizzazioni, si legge che bambini e
bambine “sono sottoposti a trattamenti umilianti e discriminatori; vivono in
condizioni subumane, dormendo molto spesso per terra e mangiando gli avanzi;
lavorano tra le 12 e le 16 ore al giorno, senza distinzione tra domeniche e
giorni feriali, cosa che li obbliga a desistere da ogni alternativa educativa”.
In particolare, nello studio si specifica che in Perú 110 mila ragazzini,
ovvero il 79 per cento del totale, tra i 6 e i 17 anni sono impiegati come
lavoratori domestici. In Paraguay sono 40mila, dei quali il 77 per cento
bambine, in Colombia sono 64mila i minori sfruttati praticamente 24 ore al
giorno nelle stesse case in cui sono costretti a vivere, non avendone di loro.
In Brasile i baby-domestici sono circa mezzo milione, il 98 per cento dei quali
di sesso femminile. In America centrale e nella Repubblica Dominicana, per
continuare con alcune delle cifre più significative, i bambini e le bambine
impiegati come domestici sono almeno 170 mila, ma nella sola Haiti sarebbero
200 mila. Secondo Ilo e Ipec, i dati raccolti in queste aree del continente
americano dimostrano che “la maggioranza delle bambine e dei bambini lavoratori
domestici subisce dei traumi tali da minare la loro integrità fisica, emotiva e
morale”. (D.G.)
FERVONO A MANILA I PREPARATIVI DEL CONGRESSO
NAZIONALE DEL CLERO,
IN PROGRAMMA DAL 5 AL 9 LUGLIO, CHE MEDITERÁ SUL
VERSETTO DI SAN GIOVANNI: “VOLGERANNO LO SGUARDO A COLUI CHE HANNO TRAFITTO”
MANILA. = È in preparazione a Manila il Congresso
Nazionale del Clero previsto tra il 5 e
il 9 luglio. “Un clero rinnovato, una Chiesa rinnovata, una nazione rinnovata”
è lo slogan dell’iniziativa, che vuole riflettere sul versetto di San Giovanni:
“Volgeranno lo sguardo a Colui che hanno trafitto”. L’organizzazione
dell’evento è stata affidata dai presuli filippini alla loro Commissione per il
Clero, guidata da mons. Gaudencio Rosales, arcivescovo di Manila. Nella diocesi
della capitale filippina, ma anche delle città di Paranaque, Pasig, Cubao e Novali,
1500 famiglie sono pronte ad ospitare in casa i 3 mila sacerdoti che parteciperanno
al convegno. Per l’occasione, inoltre, è stata diffusa in tutte le chiese
dell’arcipelago asiatico, la seguente preghiera: “O Signore, in questi giorni
del Congresso nazionale del Clero preghiamo per i nostri sacerdoti in modo
speciale. Ti preghiamo di benedire questo storico incontro, in cui essi
rifletteranno sulla vita e sulle sfide del Sacro Ministero al quale Tu li hai
chiamati. Possa il tuo Spirito di saggezza rafforzare i tuoi sacerdoti nel
proclamare la Buona Novella della Salvezza per tutti, con zelo e dedizione, nel
celebrare i tuoi Santi Misteri con amore e devozione, sicché insieme con loro,
possiamo diventare un popolo che offre sacrifici spirituali di amore e un
servizio fedele gli uni gli altri”. (D.G.)
LA CEI PREFERISCE I BATTISTERI INTERNI ALLE CHIESE,
VICINI ALL’AMBONE E ALL’ALTARE, A SIMBOLEGGIARE UN ITINERARIO DI SALVEZZA DEL
CREDENTE.
LO HA DETTO MONS. BUSANI NEL CORSO DELLA PRESENTAZIONE
DEL LIBRO
DI ANDREA LONGHI, “L’ARCHITETTURA DEL
BATTISTERO-STORIA DEL PROGETTO”,
ROMA. = “La Conferenza episcopale italiana non ha mai dato l’indicazione di tornare al
battistero, il fonte battesimale, come luogo a sé stante e staccato
dall’edificio della chiesa secondo l’originaria tradizione del Medioevo”. È
quanto ha affermato, ieri, mons. Giuseppe Busani, vicario episcopale della
diocesi di Bobbio-Piacenza ed ex direttore dell’ufficio liturgico della Cei, in
occasione della presentazione del libro di Andrea Longhi, dal titolo
“L’architettura del battistero – storia del progetto”. Nel corso dell’evento, svoltosi a Roma
presso la Pontificia Facoltà Teologica Marianum, mons. Busani ha
spiegato che “la Cei ha puntato piuttosto su un più stretto raccordo tra l’
ubicazione del battistero, dell’ambone e dell’altare, come per delineare un
itinerario di salvezza del credente”.
Il volume di Longhi, edito da Skira di Milano, documenta come in Italia, grazie
anche ai fondi dell’otto per mille, sia cresciuta la collaborazione tra
architetti e liturgisti per riscoprire il senso profondo del luogo e del valore
del battistero. (D.G.)
PROMUOVERE LA CONVIVENZA E LA FRATELLANZA NELLA
DIVERSITÁ STIMOLANDO L’INTERSCAMBIO CULTURALE. È L’OBIETTIVO DEL PRIMO FESTIVAL
DELLA TRIPLA FRONTIERA, AL VIA DA IERI FINO AL 24 GIUGNO IN SEI CITTÁ
DI ARGENTINA, BRASILE E PARAGUAY
PUERTO IGUAZÚ. = Al via da ieri la prima edizione
del estival della “tripla frontiera”. Obiettivo della manifestazione: promuovere
lo scambio delle diverse espressioni artistiche e culturali di Argentina
Brasile e Paraguay, i tre Paesi sudamericani che condividono una comune
frontiera, detta per l’appunto “tripla”. Organizzato dalla segreteria per la
Cultura argentina, il primo Festival culturale delle tre frontiere si protrarrà
fino al prossimo 24 giugno, introducendo le tre giornate (25, 26 e 27 giugno)
del primo Forum sociale della tripla frontiera, che si svolgerà nella località
argentina di Puerto Iguazú. Coinvolte nell’iniziativa, vi sono alcune città che
sorgono in prossimità del confine tra i tre Paesi, quelle che maggiormente
condividono questa realtà di vicinanza e, nel contempo, di separazione: Posadas
e Puerto Iguazú per l’Argentina, Foz de Icuazu e Curitiba per il Brasile,
Asunción e Ciudad del Este per il Paraguay. Nelle sei località si esibiranno
artisti, gruppi, orchestre e balletti, all’insegna di una comprensione
reciproca sempre più profonda. È quanto ha ribadito anche il coordinatore della
manifestazione triangolare, Josè Maria Paolantonio: “Il Festival vuole
diventare l’ambito ideale per promuovere la convivenza e la comunicazione,
stimolando l’interscambio di costumi e aneliti, e rafforzando il concetto di
fratellanza nella diversità”. (D.G.)
ASSEGNATI IERI A RAPOLANO TERME, IN PROVINCIA DI
SIENA, I PREMI “GOCCIA D’ORO 2004”. SI TRATTA DI RICONOSCIMENTI CHE VENGONO
CONFERITI A PERSONALITÁ CHE SI DISTINGUONO IN ITALIA PER L’IMPEGNO NEL SOCIALE
- A cura di Vito Magno -
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SIENA.= “La goccia scava la roccia”: il proverbio è
preso alla lettera nella cittadina senese di Rapolano Terme, definita capitale
della solidarietà per il volontariato che viene esercitato dal 70 per cento dei
suoi 4.800 abitanti: uno o due volontari per ogni famiglia che praticano la
solidarietà attraverso la Confraternita della Misericordia e il gruppo donatori
di sangue. A Rapolano, da 14 anni, sulla soglia dell’estate viene assegnato il
premio “Goccia d’oro” a personalità che si distinguono su scala nazionale per
l’impegno sociale nel campo del volontariato. La premiazione è avvenuta ieri ed
è stata preceduta dalla Messa celebrata da mons. Bruno Bertagna, segretario del
Pontificio Consiglio dei Testi legislativi. Una società più fraterna – ha detto
il presule – si costruisce goccia su goccia con il contributo di tutti”. Hanno
ricevuto il premio “Goccia d’oro 2004” l’attore Terence Hill, lo scienziato
tetraplegico Fulvio Frisone, il Corpo nazionale della protezione civile, le
Missioni cristiane per i ciechi nel mondo, il gruppo musicale “Ladri di
carrozzelle” e la fondazione Monte dei Paschi di Siena.
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DECOLLERÁ DOMANI DALL’AEROPORTO DI MOJAVE, IN
CALIFORNIA, IL PRIMO AEREO IN GRADO DI VOLARE OLTRE L’ATMOSFERA. SE
L’INIZIATIVA SI CONCLUDERÁ
CON SUCCESSO, SEGNERÁ L’INIZIO DELL’ERA DEL TURISMO
SPAZIALE
MOJAVE. = Decollerà domani, in California, il primo
aereo in grado di volare oltre l’atmosfera. Se l’iniziativa avrà esito
positivo, segnerà l’inizio dell’era del turismo spaziale. Lo Spaceshipone,
questo il nome del velivolo, è stato progettato per un numero esiguo di
passeggeri: due, escluso il pilota, insieme con i quali partirà anche la nave
di ausilio White King. Centinaia di persone sono attese all’aeroporto di
Mojave, circa 160 chilometri a nord di Los Angeles, per assistere alla partenza
dello straordinario volo. Giunto a quota 340 mila piedi, lo Spaceshipone
invertirà la rotta e tornerà sulla Terra. Il finanziatore dell’iniziativa,
costata 15 milioni di euro, è Paul Allen, cofondatore di Microsoft, nonché uno
degli uomini più ricchi del mondo. La mente del progetto è, invece, Bert Rutan,
già disegnatore di Voyager, il primo aereo ad aver fatto il giro del globo
senza mai fare scalo per rifornirsi. Allen e Rutan sono, adesso, concentrati
sul primo decollo e, soprattutto, sul premio Ansari X, di circa 9 milioni di
euro, che viene assegnato al primo volo commerciale che porta nello spazio due
passeggeri. Per aggiudicarselo, lo Spaceshipone dovrà condurre a termine due
viaggi nell’arco di tre settimane. (D.G.)
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20
giugno 2004
- A cura
di Salvatore Sabatino -
● La guerriglia cecena si sarebbe
organizzata per inviare in Iraq oltre 300 guerriglieri. Obiettivo principale:
colpire i militari italiani di stanza a Nassirya per indurre l’Italia a
ritirare i propri soldati. Le anticipazioni delle intelligence occidentali
fanno salire la tensione in Iraq, la cui giornata si è aperta ancora una volta
all’insegna della violenza. Il servizio è di Salvatore Sabatino:
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La
segnalazione di guerriglieri ceceni o di altre nazionalità giunti nell'area di
Nassiriya per attaccare i militari italiani esiste, ed è in corso di verifica
stabilire se vi sia “un effettivo spiegamento sul terreno di elementi” ostili.
A parlare è il capo di stato maggiore dell'Esercito italiano, Giulio
Fraticelli, giunto in mattinata a Nassiriya. Allarme concreto, dunque, che
segue le notizie diffuse dai servizi segreti di diversi Paesi occidentali. I
300 guerriglieri ceceni avrebbero già passato la frontiera irachena nella notte
tra giovedì e venerdì; così come concreta è la loro determinazione a colpire. E
sono proprio i confini su cui il nuovo governo iracheno, a 10 giorni dal
passaggio di poteri, sta concentrando le maggiori attenzioni.
Ma non sono solo le previsioni di sangue a
preoccupare l’Iraq, anche oggi in preda alla violenza. Baghdad è stata
svegliata da una bomba esplosa vicino alla sede della Banca centrale. Secondo
quanto riferito dalla polizia, 3 persone sono rimaste uccise e diverse altre
ferite, tra cui due impiegati dell'istituto ed un soldato statunitense. Sempre
a Baghdad, nel quartiere di Sadr City, la notte scosa tre iracheni sono morti
negli scontri tra miliziani fedeli al leader radicale Moqtada al Sadr e soldati
americani. Cinque ufficiali di polizia sarebbero, invece, stati uccisi e tre feriti alle prime ore di
questa mattina in un attacco aereo americano a Samarra. La polizia locale non
esclude che siano stati colpiti obiettivi sbagliati. Violenze anche a Kirkuk,
nel nord del Paese, dove un importante capo tribale, lo sceicco Ezzeddine al-Bayat, è stato ucciso in un agguato da
sconosciuti. Intanto il premier Iyad Allawi, oltre a difendere il raid
americano di ieri a Falluja, costato la vita a 22 persone, ha annunciato una
nuova strategia di difesa. Nel tentativo di controllare le continue violenze, è
stato deciso che tutti i responsabili della sicurezza irachena riferiscano
direttamente al primo ministro. E’ ripresa, invece, questa mattina,
l’esportazione di petrolio dopo il sabotaggio degli oleodotti dei giorni
scorsi.
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●Dopo
l’uccisione di Al Muqrin, l’Arabia Saudita teme ora l’inasprirsi delle violenze
da parte dei terroristi di Al Quaeda. Il capo della cellula saudita
dell’organizzazione di Osama Bin Laden è stato colpito a morte ieri a Riad
insieme altri tre militanti islamici. L’entusiasmo delle autorità locali circa
lo smantellamento della “cupola” terroristica è stato immediatamente smorzato
da numerosi osservatori internazionali, secondo i quali Al Muqrin sarebbe già
stato rimpiazzato. Ma cosa ha rappresentato questa uccisione? Lo abbiamo
chiesto a Lucio Caracciolo, direttore della rivista di geopolitica “Limes”:
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R.- E’ stata data soprattutto una dimostrazione di volontà da parte del
regime saudita, perché molti, a cominciare dagli americani, dubitavano della
volontà del regime saudita di colpire davvero al Qaeda e i suoi leader. Molti
pensavano - e tuttora pensano - che questi leader abbiano forti protezioni fra
i principi sauditi, o meglio fra una parte di loro. Questo colpo è sicuramente
un segno positivo nel senso appunto della volontà del regime di colpire queste
cellule.
D. – La famiglia reale ha imposto negli anni un clima di intolleranza,
ora però si trova a combattere contro le frange più estreme di quelle che molti
definiscono “loro stesse creature”. Come sta gestendo questa situazione,
secondo lei?
R. – E’ chiaro che c’è un compromesso storico tra il potere saudita, i
custodi dei luoghi santi dell’Islam e i dotti sauditi islamici, gli ulema,
coloro che in qualche modo custodiscono questa versione particolarmente estrema
e rigorosa dell’Islam che è la sua versione uahabita. Ora la guerra al
terrorismo ha messo a dura prova questo tipo di vincolo e sicuramente in un
modo o in un altro avremo degli scontri che potranno segnalare l’andamento di
questo rapporto. Certamente le cose non possono restare come sono.
D. –L’Arabia è da sempre divisa tra islamismo e occidentalizzazione. Come
vede a questo punto il futuro di questo grande, importante Paese anche dal
punto di vista economico per tutto l’Occidente?
R. – Dipende molto dalla successione all’attuale monarca che è ormai
incapacitato da diversi anni e quindi dal tipo di battaglia - perché di
battaglia si tratta - che si scatenerà
alla sua morte. Io penso che, comunque, dall’esito di questa battaglia non
dipenderà solamente l’equilibrio saudita o anche l’eventuale disintegrazione,
come alcuni pensano, dello Stato saudita, ma dipenderà un po’ tutto
l’equilibrio regionale, perché evidentemente dal punto di vista energetico e
dal punto di vista spirituale l’Arabia Saudita è il Paese centrale.
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●India e Pakistan hanno raggiunto
un accordo per un bando sui test delle armi nucleari. La notizia è stata comunicata da fonti ufficiali di New Delhi,
dove si è svolta una prima tornata di colloqui tesi a diminuire i rischi di una
guerra nucleare. Nel comunicato del Ministero degli esteri indiano si precisa,
inoltre, che è stata anche istituita una “linea rossa” telefonica tra i
Ministeri degli esteri di ciascun Paese “per impedire i malintesi e ridurre
i rischi legati alle questioni nucleari”.
Sarà inoltre rimessa a nuovo un’analoga linea già esistente tra i comandi militari.
●La
nascita della Costituzione è stata accolta in Europa con reazioni sensibilmente
diverse. I leader dell'Unione Europea, che hanno raggiunto il compromesso dopo
un percorso durato due anni e quattro mesi, hanno utilizzato l'aggettivo
“storico”. I critici hanno parlato di accordo al ribasso e di un documento che
allontana l'Europa dai cittadini. C'e' anche chi sostiene che il testo uscito
dalla Convenzione presieduta da Valery Giscard d'Estaing era migliore. Il
testo, peraltro, deve ancora essere diffuso nella sua versione integrale
definitiva.
●Il
presidente del Sudan, Omar Hassan al Bashir, ha ordinato una mobilitazione
generale dell'esercito e delle forze dell'ordine per disarmare tutti i gruppi
combattenti illegali nella regione occidentale del Darfour, comprese le milizie
arabe alleate di Khartoum, responsabili di aggressioni contro la popolazione.
L'annuncio arriva all'indomani di una dura presa di posizione degli Stati
Uniti, che hanno minacciato il Sudan di sanzioni se il governo locale non fosse
intervenuto per porre fine alle violenze nel Darfour.
●Urne
aperte oggi in Romania per il secondo turno delle elezioni municipali. Il primo
turno, svoltosi il 6 giugno scorso, ha visto la rielezione a sindaco di Bucarest
di Traian Basescu, del Partito democratico, principale fazione politica
dell’opposizione.
●La
regione autonoma georgiana dell’Adjaria elegge oggi le autorità locali. Lo
scrutinio segue l’uscita di scena in maggio di Aslan Abachidze, ex burocrate
sovietico, che ha represso tutte le opposizioni e manipolato le elezioni
durante gli anni del suo potere. Secondo i sondaggi, gli elettori voteranno in
massa il Partito del presidente georgiano Mikhaïl Saakachvili, riformatore
36enne, formatosi negli Stati Uniti ed in Francia.
●La
leader dell’opposizione birmana, Aung San Suu Kyi, da oltre un anno agli arresti
domiciliari, ha trascorso in solitudine il suo 59.mo compleanno. A Yangoon,
invece, capitale del Myanmar, centinaia di attivisti democratici hanno celebrato
l’evento con una grande manifestazione popolare. La folla si è riunita davanti
alla sede della Lega per la democrazia, dove monaci hanno pregato e rappresentanti
del partito hanno chiesto la liberazione di Suu Kyi.
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