RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n. 171 - Testo della trasmissione di sabato19 giugno
2004
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
Messaggio del Pontefice
alla diocesi di Mantova, che compie 1200 anni
OGGI
IN PRIMO PIANO:
Penultimo giorno di
lavori al Katholikentag tedesco
CHIESA E SOCIETA’:
Il ministero del lavoro dello
Stato indiano del Karnataka premia i missionari salesiani
Ordinazioni
presbiteriali e diaconali della fraternità San Carlo
Iraq,
almeno 20 vittime per un raid aereo americano a Falluja
Ucciso
ieri un ostaggio americano ed almeno tre militanti di Al Qaeda in Arabia
Saudita.
19 giugno 2004
TESTIMONI DELLA SOLIDARIETA’ NELLA SOCIETA’ E NELLA CHIESA: L’INVITO
DEL PAPA
AI
PELLEGRINI DELLA DIOCESI DI AVERSA, RICEVUTI IN AULA PAOLO VI
-
Servizio di Alessandro De Carolis -
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Siate
testimoni della solidarietà nella vita di tutti i giorni. Ma siate anche
testimoni di santità, che per un cristiano è la più “alta forma” di solidarietà
dello spirito. Con queste le due esortazioni, Giovanni Paolo II ha accolto e
salutato questa mattina, in Aula Paolo VI, il folto pellegrinaggio
dell’arcidiocesi di Aversa, città della provincia di Caserta, guidato
dall’arcivescovo Mario Milano. Nel ricordare il precedente incontro con i
fedeli della Chiesa locale partenopea, avvenuto durante il Giubileo del
Duemila, il Papa ha ripreso il pensiero di allora, incentrato sull’“importanza
della solidarietà materiale e spirituale”. Ed ha rinnovato ai diecimila presenti
questo invito: “Siate testimoni di solidarietà. Solidarietà che parte dagli
aspetti più immediati della vita quotidiana, dal lavoro all’assistenza, per dar
vita a una società più giusta e più equa.” Ma il senso della solidarietà e
dell’aiuto reciproco, ha proseguito il Pontefice, sono valori che non possono
limitarsi al solo ambito sociale: devono investire anche la “comunione
spirituale” e la “missione evangelizzatrice”. Del resto, ha osservato, “la più
alta testimonianza di solidarietà che la vostra diocesi è chiamata ad offrire
agli uomini e alle donne del nostro tempo non è forse la santità?”:
“Carissimi
fratelli e sorelle, proseguite il cammino intrapreso, corroborati anche dalla
grazia dell’odierno pellegrinaggio. Iddio renda fecondi i vostri propositi di
comunione ecclesiale e l’impegno per la nuova evangelizzazione”.
Giovanni
Paolo II ha chiesto con forza ai fedeli di proclamare “con coerenza Cristo e il
suo Vangelo, con generosa fedeltà e abbandono fiducioso alla volontà divina”.
Dunque, ha concluso il Papa, alimentate la vostra esistenza con una preghiera
fervente, con un docile ascolto della Parola di Dio e il frequente ricorso ai
Sacramenti, specialmente a quelli della Confessione e dell’Eucaristia.
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UDIENZE
E NOMINE
Giovanni Paolo II ha ricevuto nel corso della mattinata,
in successive udienze, il cardinale Giovanni Battista Re, prefetto della
Congregazione per i Vescovi, il cardinale Armand Gaetan Razafindratandra, arcivescovo di Antananarivo
(Madagascar) e l’ambasciatore di Guatemala, in visita di congedo, Arcisclo Valladares
Molina.
In Messico, il Papa ha nominato vescovo di Ciudad
Altamirano il sacerdote José Miguel Ángel Giles Vázquez, finora vicario generale della diocesi di Toluca.
Sessantatre anni, il neo presule è stato ordinato sacerdote nel 1964 ed ha
assunto l’incarico di prefetto di disciplina e padre spirituale del Seminario
minore di Toluca. Ha poi frequentato a Roma la Pontificia Università
Gregoriana, conseguendo la Licenza in Teologia dogmatica. Dal 2003 al 2004 è
stato amministratore apostolico “sede vacante” della diocesi di Toluca.
Nelle Filippine, il Pontefice ha nominato vescovo della
diocesi di Iba il sacerdote Florentino Galang Lavarias, del clero
dell’arcidiocesi di San Fernando, direttore del Programma “Assist” della
Conferenza episcopale. Mons Lavarias, 67 anni, ha compiuto studi di Business
management prima di dedicarsi alla filosofia e alla teologia presso il
seminario di San Carlos. E’ stato più volte direttore di college, direttore del
Comitato per la formazione dei sacerdoti (1995-1997) ed ha svolto il ministero
parrocchiale, nonché responsabile principale dello Staff del “Assisted
Intensive Renewal” della locale Conferenza episcopale.
Sempre nelle Filippine, Giovanni
Paolo II ha nominato vescovo ausiliare dell’arcidiocesi di Palo mons. Isabelo
Caiban Abarquez, finora vescovo ausiliare di Cebu. Mons. Abarquez ha 68 anni ed
è stato ordinato sacerdote nel 1987. Ha svolto incarichi di docenza e di direzione
spirituale. Nel 2002 è stato nominato ausiliare di Cebu.
In Canada, il Papa ha nominato vescovo ausiliare di
Saint-Jean-Longueuil mons. Louis Dicaire, finora ausiliare di Montréal. Il
presule, 58 anni, ha studiato filosofia e teologia presso il Seminario maggiore
di Montréal, ottenendo la Licenza in Teologia. Quindi, a Roma, ha perfezionato
gli studi in teologia sacramentale ed in liturgia presso la Pontificia Università
Gregoriana e il Pontificio Istituto Sant’Anselmo. E’ stato assistente diocesano,
più volte vice parroco, e vicario episcopale della Regione Est di Montréal. E’ stato eletto vescovo ausiliare di Montréal il 18 febbraio 1999.
IL CARDINALE ROUCO VARELA NOMINATO INVIATO DEL
PAPA
AL
PELLEGRINAGGIO DEI GIOVANI A SANTIAGO DI COMPOSTELA
Giovanni Paolo II ha nominato l’arcivescovo di Madrid, il
cardinale Antonio Maria Rouco Varela, come suo inviato speciale alle
celebrazioni conclusive del “Pellegrinaggio dei giovani europei”, in programma
a Santiago di Compostela il 7 e 8 agosto prossimi.
IL CONFRONTO CON CULTURE E RELIGIONI DIVERSE
IMPONE AI CRISTIANI
DI
RISCOPRIRE LE RADICI CRISTIANE DELLA PROPRIA CULTURA:
MESSAGGIO
DEL PAPA ALLA DIOCESI DI MANTOVA, CHE COMPIE 1200 ANNI
“Amata diocesi di Mantova, non ti scoraggiare dinanzi alle
difficoltà che incontri! Ripeto anche a te ‘Duc in altum’”. Così si è
rivolto il Papa alla comunità cristiana mantovana, in un messaggio per il
dodicesimo centenario dell’elevazione della città al rango di sede vescovile,
sotto il pontificato di Leone III, nell’anno 804. Il servizio è di Roberta Gisotti:
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“Di persone sante il mondo ha bisogno prima e più di tutto
il resto”. Giovanni Paolo II sollecita i cristiani mantovani ad approfondire in
questo tempo giubilare “l’universale vocazione alla santità”.
“Mantova, come il resto dell’Italia – scrive nel suo
messaggio il Papa – sta attraversando in questi anni rapidi cambiamenti sociali
con non poche difficoltà economiche, mentre sempre più vasto diventa il
confronto con culture e religioni diverse.” In questo contesto, Giovanni Paolo
II constata che “una certa mentalità consumistica e secolarizzata mina l’unità
e la stabilità delle famiglie e, seducendo un numero crescente di cristiani, li
induce a operare di fatto un progressivo distacco nell’ambito sociale, civile e
politico dai valori della fede.” “Bisogna reagire a queste spinte disgregatrici
– sollecita il Papa - e, per questo, è indispensabile riscoprire le radici
cristiane della propria cultura. Tutti i fedeli – sottolinea il Santo Padre -
sono chiamati in causa da questo impegno ... a questa urgente opera”, ponendo
“Cristo al centro di ogni progetto personale, familiare e comunitario”, per
“costruire un mondo più giusto e fraterno.”
Giovanni Paolo II non dimentica di indicare ai mantovani
gli esempi luminosi di Sant’Anselmo da Baggio, patrono della diocesi, di San
Luigi Gonzaga, compatrono e di San Pio X, che a Mantova trascorse “alcuni anni
del suo fecondo ministero episcopale”.
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L’ARCIVESCOVO PAUL CORDES, PRESIDENTE DEL
PONTIFICIO CONSIGLIO
“COR UNUM”, IN VISITA AD HAITI E NELLA REPUBBLICA DOMINICANA,
COLPITE DALLE INONDAZIONI.
IL VIAGGIO DI SOLIDARIETA’ SI CONCLUDERA’ IL PROSSIMO 25 GIUGNO
- A cura di Barbara Castelli -
La solidarietà di Giovanni Paolo
II giunge ad Haiti e nella Repubblica Dominicana. Il Papa ha inviato
stamani l’arcivescovo Paul Josef Cordes, presidente del Pontificio Consiglio
“Cor Unum”, nei Paesi del Centro America, recentemente colpiti da disastrose
inondazioni. Nell’isola di Haiti, in particolare, le calamità naturali hanno
provocato oltre 2.000 morti e migliaia di senza tetto.
Il presule incontrerà a Santo Domingo, fino al 22 giugno,
i vescovi del Paese, con i quali visiterà le zone inondate di Monte Plata e
Jimani, dove sono state distrutte 900 abitazioni. Mons. Cordes avrà, inoltre,
un colloquio con i respon-sabili delle Caritas e delle Organizzazioni
cattoliche impegnate nell’emergenza.
Dal 22 al 25 giugno, invece, il presidente di “Cor Unum”
sarà ad Haiti, dove incontrerà il Primo ministro, Gerard Latortue, e il
ministro degli Esteri e dei Culti, Yvon Siméon. Nella cattedrale di Jacmel
verrà celebrata una Santa Messa per le vittime della catastrofe naturale. Prima
di rientrare a Roma, mons. Cordes incontrerà nella capitale Port-au-Prince le
principali organizzazioni di aiuto cattoliche per riflettere sulle priorità
della ricostruzione.
Il Pontificio Consiglio “Cor Unum” per la promozione umana
e cristiana è stato istituito da Paolo VI nel 1971. Il Dicastero vaticano si
propone di promuovere la catechesi della Carità e di favorire e coordinare le iniziative
delle istituzioni cattoliche che intendono aiutare i popoli che sono
nell’indigenza e di promuovere i progetti e le opere finalizzate al progresso
umano.
LA
GLOBALIZZAZIONE NON DIVENTI STRUMENTO DI MARGINALIZZAZIONE
PER I
PAESI PIU’ POVERI: COSI’ L’ARCIVESCOVO SILVANO TOMASI,
CAPO
DELLA DELEGAZIONE VATICANA ALLA 11.MA SESSIONE DELL’UNCTAD,
LA CONFERENZA DELL’ONU SUL COMMERCIO E SULLO SVILUPPO,
CONCLUSASI IERI A SAN PAOLO DEL BRASILE
-
Servizio di Alessandro Gisotti -
Nell’era della globalizzazione,
vanno sviluppate politiche economiche davvero in grado di favorire lo sviluppo
dei Paesi più poveri. E’ l’esortazione espressa dall’arcivescovo Silvano Tomasi
all’11.ma sessione dell’Unctad, la Conferenza dell’Onu sul commercio e lo sviluppo,
terminata ieri a San Paolo del Brasile. Il Summit si è
chiuso con l’approvazione di un documento che impegna i Paesi membri a
rafforzare le iniziative per l’eliminazione della povertà, dando seguito agli
obiettivi fissati al Vertice del Millennio. Una sintesi dell’intervento di
mons. Tomasi, capo della delegazione vaticana al vertice di San Paolo, nel servizio di Alessandro
Gisotti:
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“Lo
sradicamento della povertà fa crescere la coesione sociale” e favorisce lo “sviluppo
sostenibile”, per questo la comunità internazionale deve impegnarsi a
raggiungere tale obiettivo. E’ la riflessione offerta dall’arcivescovo Silvano
Tomasi alla riunione dell’Unctad a San Paolo. Il presule ha sottolineato come
la globalizzazione, in sé né cattiva né buona, abbia tuttavia determinato una
marginalizzazione di molte persone, soprattutto nelle aree rurali. Se, infatti,
il numero di esseri umani che vivono con meno di un dollaro al giorno è
diminuito negli ultimi vent’anni, vi è stata però una marcata sperequazione nel
progresso economico, a seconda delle diverse aree del pianeta. D’altro canto,
in alcuni casi, non mancano ineguaglianze all’interno degli stessi Paesi, dove
– a causa della povertà – aumenta il divario tra i diversi settori della
società.
“La marginalizzazione – ha avvertito il rappresentante
vaticano – priva le persone del proprio diritto ad una piena partecipazione
alle opportunità di sviluppo”. Non solo, ha aggiunto, “l’ineguaglianza è
infatti fonte di conflitti” e genera in alcuni contesti “perfino l’accettazione
della violenza quale forma di espressione sociale”. Mons. Tomasi ha evidenziato
che non è sufficiente “aprire l’economia” per ridurre la povertà, ma servono
piuttosto delle politiche d’investimento nel capitale umano e nelle
infrastrutture, fattori decisivi per garantire uno sviluppo duraturo. Lo
sviluppo, ha detto ancora, non significa soltanto eliminazione della povertà,
ma anche migliori condizioni sanitarie e accesso all’educazione. In tale
contesto, ha proseguito, diventa fondamentale una “piena integrazione delle
donne, specie giovani, nel tessuto sociale” in modo da garantire loro una reale
eguaglianza della quale possa beneficiare tutta la società. Infine, ha ribadito
l’importanza della riduzione del debito dei Paesi poveri ed ha garantito il
sostegno della Santa Sede per rivitalizzare l’Unctad, “valido strumento” per
massimizzare i vantaggi della globalizzazione.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
In prima pagina, in
evidenza il comunicato dal titolo “Il rammarico della Santa Sede”, in
riferimento al varo del Trattato costituzionale dell’Europa: “Rammarico per
l’opposizione di alcuni Governi al riconoscimento esplicito delle radici cristiane
dell’Europa”. “Si tratta - sottolinea con forza il comunicato - di un misconoscimento
dell’evidenza storica e dell’identità cristiana delle popolazioni europee”.
Nelle vaticane, l’udienza di
Giovanni Paolo II agli oltre diecimila partecipanti al pellegrinaggio della
diocesi di Aversa: dalla visita pastorale un rinnovato slancio ascetico e missionario
per costruire una nuova società.
Il messaggio del Santo Padre al
vescovo di Mantova in occasione delle celebrazioni per il XII centenario della
diocesi: l’Eucaristia infonda in voi il coraggio e la gioia di essere santi.
Nelle estere, riguardo al
terrorismo, in evidenza un articolo dal titolo “Non si ferma l’orribile
profanazione dell’uomo”: l’ostaggio statunitense Paul Marshall John-son decapitato
in Arabia Saudita. Le immagini dello scempio diffuse attraverso Internet.
L’intervento della Santa Sede
alla 92.ma Conferenza internazionale del Lavoro, a Ginevra: “La
costruzione di una società rispettosa della persona umana e del suo lavoro deve
dare all’umanizzazione dei rapporti sociali priorità sullo sviluppo tecnologico”.
Nella pagina culturale, un
articolo di Mario Gabriele Giordano da titolo: “Il tono diretto e la
problematicità non bastano a superare le deficienze strutturali dell’esame”:
riflessioni sulle tracce della prima prova scritta agli esami di maturità.
Nelle pagine italiane,
Confindustria: appello alla concertazione. Montezemolo ai politici: “Basta con
i litigi”.
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19 giugno 2004
PAGINA STORICA A BRUXELLES: I 25 STATI DELL’UNIONE
FIRMANO
IL
TRATTATO DELLA NUOVA COSTITUZIONE EUROPEA.
LA
SANTA SEDE, SODDISFATTA PER IL TRAGUARDO, ESPRIME IL PROPRIO RAMMARICO PER IL
MANCATO INSERIMENTO DELLE RADICI CRISTIANE DEL CONTINENTE
NEL
TESTO DELLA NUOVA CARTA COMUNITARIA
- A
cura di Alessandro Gisotti e Alessandro De Carolis -
L’approvazione della
Costituzione europea rappresenta una “nuova ed importante tappa nel processo
d'integrazione” del Vecchio Continente, ma non manca il “rammarico” per l’assenza
nel Trattato costituzionale di un “riconoscimento esplicito alle radici cristiane
dell’Europa”. E’ quanto dichiarato, stamani, dal direttore della Sala Stampa
della Santa Sede, Joaquin Navarro Valls, in riferimento al varo della
Costituzione dell’Ue, avvenuto ieri sera al Vertice di Bruxelles: approvazione,
si afferma, “sempre auspicata ed incoraggiata” dal Pontefice. E’ “motivo di
soddisfazione – si legge nella nota – l'inserimento nel Trattato della
disposizione che salvaguarda lo status delle confessioni religiose negli Stati
membri ed impegna l'Unione a mantenere con esse un dialogo aperto, trasparente
e regolare, riconoscendone l'identità ed il contributo specifico”.
Tuttavia, la Santa
Sede non può “non esprimere rammarico per l’opposizione di alcuni governi al
riconoscimento esplicito delle radici cristiane dell'Europa”. Si tratta, prosegue
il portavoce vaticano, “di un misconoscimento dell’evidenza storica e
dell’identità cristiana delle popolazioni europee”. La Santa
Sede esprime quindi “vivo apprezzamento e gratitudine a quei governi che, nella
consapevolezza del passato e dell’orizzonte storico in cui prende forma la
nuova Europa, hanno lavorato per dare concreta espressione alla sua
riconosciuta eredità religiosa”. Né va dimenticato, conclude la nota, “il forte impegno
profuso da varie istanze per far menzionare il patrimonio cristiano
dell'Europa” nel Trattato, “stimolando la riflessione dei responsabili politici,
dei cittadini e dell'opinione pubblica su una questione non secondaria nell'odierno
contesto nazionale, europeo e mondiale”.
Per entrare ora nel dettaglio dei contenuti della nuova
Costituzione europea e rivivere le ultime fasi del negoziato che ha portato i
25 Stati dell’Unione a superare gli ultimi ostacoli prima della firma, la
parola alla nostra inviata a Bruxelles, Fausta Speranza:
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L’accordo si è trovato superando lo scoglio più grande, il
voto a maggioranza qualificata. Sarà valido il 55 per cento degli Stati che
rappresenta il 65 per cento della popolazione – come già proposto – ma con una
aggiunta: per alcuni casi, si prevede rispettivamente il 72 per cento e il 65
per cento. Un tecnicismo che di fatto soddisfa la Gran Bretagna la quale, su
alcune materie, chiedeva l’unanimità e che ha ottenuto così una maggioranza più
difficile da raggiungere su politica estera e giustizia. Altri numeri vengono
incontro alle richieste dei Paesi piccoli: al Parlamento europeo ogni Stato
membro avrà non meno di 6 deputati ma non più di 96. Per snellire le decisioni
della Commissione, il numero dei commissari viene ridotto, ma a 18 e non più a
15 e solo dopo il 2014. Dietro alle cifre, un lavoro intenso di aggiustamento e
di equilibri, un impegno che sembrava portasse frutto anche con l’accordo sulla
nomina del successore di Romano Prodi. Su questo punto, però, non è stata
raggiunta un’intesa. L’irlandese Bertie Ahern si è augurato che il nodo venga sciolto entro il suo
mandato di presidenza, che termina a giugno. Il presidente della Commissione ha
un compito chiave e tanto più lo avrà grazie alle riforme istituzionali, ma
sarà nuovo proprio il ruolo politico dell’Europa sulla scena internazionale,
anche se qualcuno commenta che tutto nasce all’insegna del compromesso al
ribasso. Abbiamo chiesto l’opinione di Andrea Bonanni, analista delle questioni
europee per La Repubblica:
R. – In realtà, di compromessi al ribasso ce ne sono stati
e non sono stati pochi. E ciò, in particolare, sull’estensione del voto a maggioranza,
che è stata molto ridotta, su richiesta dei britannici. Non c’è dubbio, quindi,
che questa - che era la questione più qualificante della parte procedurale della
nuova Costituzione - ha sicuramente fatto dei passi indietro. Tuttavia, io
credo che la Costituzione - se mai entrerà in vigore, se si riuscirà cioè a
portare a termine il processo di ratifica - costituisca un grande progresso in
avanti.
D. – Vi sono chance nuove per l’Europa allargata?
Quale può essere l’aspetto più rivoluzionario?
R. – L’Unione Europea, per la prima volta, assume
personalità giuridica e quindi sarà in grado per esempio di firmare trattati,
avrà un ministro degli Esteri che la rappresenta sulla scena internazionale,
avrà un presidente che garantirà un minimo di continuità ai lavori del
Consiglio europeo. Credo che, comunque, siano stati fatti passi avanti significativi
e molto importanti.
D. - Un indubbio successo, ma anche un cammino ai suoi
primi passi...
R. – Ora bisognerà vedere se i Paesi ratificheranno il
testo costituzionale che è stato approvato. Io credo che il volto della futura
Europa sarà deciso soprattutto dall’esito di queste ratifiche, dove almeno una
decina delle quali saranno decise per referendum. Dunque, avremo quasi sicuramente
qualche Paese che dirà di “no”. Mi sembra però difficile che i Paesi che hanno
deciso di andare avanti - e che magari lo hanno fatto anche attraverso un
referendum popolare - possano accettare di essere bloccati da quelli che
avranno respinto la risposta.
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Un “grande passo avanti nello sviluppo dell’Unione
europea”, che potrà valorizzare “la missione democratica” dell’Europa unita.
Così, la Comece – la Commissione delle Conferenze episcopale dell’Ue –
sottolinea in un comunicato l’importanza dell’approvazione della Costituzione
europea. Si tratta, affermano i presuli, di una “opportunità senza precedenti
per tutti i cittadini e protagonisti della società civile per contribuire” alla
costruzione di “un’Europa di pace, giustizia e solidarietà”. La Comece
apprezza, inoltre, il riconoscimento da parte del Trattato della “libertà
religiosa e del ruolo delle comunità religiose nella vita pubblica”,
all’insegna di un dialogo rispettoso “tra istituzioni religiose ed autorità politiche”.
Tuttavia, i vescovi europei esprimono rammarico per la mancanza di un
riferimento esplicito, nella Costituzione, alle radici cristiane dell’Europa.
“Un’opportunità mancata – si legge nel comunicato – per costruire, sul nostro patrimonio
comune, un futuro” di cui tutti possano essere partecipi. E un’eco di questa rammarico lo si coglie anche
all’interno del Consiglio delle Conferenze episcopali europee, per bocca del
segretario dell’organismo, mons. Aldo Giordano, al microfono di Roberto
Piermarini:
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R. – Ovviamente, vista la grande attesa che c’era in
Europa e in tutte le nazioni, si sperava che la questione venisse ancora discussa
ed affrontata. Ciò che invece ha lasciato un po’ di tristezza è che sembra che
non si sia voluto più affrontare seriamente il problema.
D. – Nel testo della nuova Costituzione, compare un
riferimento all’eredità culturale, religiosa ed umanistica dell’Europa. Cosa
rappresenta per le Chiese europee?
R. – Questo punto è stato messo particolarmente in
evidenza nel nuovo testo. Il testo è stato semplificato e sono stati anche eliminati
alcuni riferimenti più vaghi a ragione, eccetera. Quel riferimento rappresenta
soprattutto un compito: non è vero che il nuovo Trattato costituzionale non dia
spazio alle Chiese, non dia spazio ai valori che sono radicati nel
cristianesimo. Il compito allora sarà quello di dare un contenuto alla parola
“religione”. Per noi l’essenziale è far sì che i cristiani in Europa ci siano,
che agiscano e siano anche là dove si prendono decisioni: in modo tale che sia
chiaro che la parola “religione” avrà un contenuto preciso e non vago, generico
e un po’ inutile. Se vediamo poi il Trattato, vediamo anche che nell’art. 2
troviamo dei valori che certamente nascono dalla tradizione cristiana: la
dignità umana, la libertà, i diritti delle persone umane, la democrazia. Anche
qui si tratta ora di dare un contenuto ed un fondamento a questi valori e di non
lasciarli come una realtà retorica, una realtà vuota di contenuti.
D. – L’art. 51 riconosce i diritti delle Chiese e il
dialogo strutturale fra le istituzioni europee e le Chiese: come lo valuta?
R. – E’ un articolo certamente interessante per noi,
perché garantisce la libertà di religione, perché garantisce il ruolo delle
Chiese e delle comunità. Interessante soprattutto per quanto riguarda la novità
di affermare che le istituzioni vogliono un dialogo trasparente e regolare.
Cosa vuole dire ora questo dialogo? Si tratterà di concretizzarlo ed anche di
strutturarlo. Ci sono degli spazi, il compito è grande ed il cammino è molto lungo.
D. – Mons. Giordano, qual è il maggiore rammarico delle
Chiese europee su questo testo?
R. – Se il Trattato da un lato ha lasciato uno spazio alle
Chiese, riconoscendo il ruolo stesso delle Chiese, in fondo però non ha
riconosciuto l’originalità assoluta del cristianesimo stesso. Questo avrebbe
creato una casa europea dove gli europei si sarebbero trovati a casa loro.
Senza questo riferimento ci troviamo in una costruzione nella quale ci sentiamo
un po’ estranei, un po’ stranieri, e dove non si esprime quello che è il nostro
essere profondo. Ciò rappresenta soprattutto la richiesta di un compito. Il
cammino è molto lungo e noi siamo disposti a fare questo cammino.
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Soddisfatto, ma solo in parte, della nuova Costituzione
anche il ministro italiano delle Politiche comunitarie, Rocco Buttiglione. Il
suo commento nell’intervista di Alessandro Guarasci:
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R. - E’ un buon compromesso. Rimane, infatti, un carattere
costituzionale. Non ci si è allontanati troppo dal risultato della Convenzione,
quindi non è un semplice trattato fra gli Stati. E’ un documento che unisce i
popoli con un patto fra cittadini, perché è stato redatto dai rappresentanti
dei cittadini.
D. – Sul mancato riferimento alle radici cristiane questa
Costituzione non perde qualcosa?
R. – Un’Europa che non sa dire una parola forte sulla
propria identità è un’Europa che è ancora alla ricerca di se stessa. La battaglia
contro il comunismo e per la libertà è stata contemporaneamente, nei Paesi
dell’Est, una battaglia per l’Europa ed una battaglia per l’identità cristiana
della propria nazione e dell’intero continente. Questa Europa, che deve tanto
alla predicazione di Giovanni Paolo II, non è stata capace di raccogliere
questa eredità e di proporla al mondo come segno di speranza. In ciò sta
l’incompiutezza del cammino. Ma noi dobbiamo guardare a questo con serenità.
Quello attuale non è il punto di arrivo del processo storico dell’unificazione
europea: ci saranno altre tappe.
D. – Ministro, il sistema di voto adottato la soddisfa? In
qualche modo riuscirà a garantire che non prevarranno gli interessi particolari?
R. – Corrisponde allo stato attuale della situazione. In
molti casi, è un compromesso migliorabile, nel senso che c’è la possibilità -
attraverso delle cosiddette “passerelle” - di passare da questo sistema ad un
sistema più efficace. Il passaggio però va deciso sulla base di un accordo unanime
dei partecipanti. Fa parte della natura di questo lavoro che prosegue, che non
è terminato, del quale questa Costituzione certamente rappresenta un passo in
avanti, un passo positivo. Ma se ci si fermasse qui non sarebbe sufficiente.
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PENULTIMO GIORNO AL
KATHOLIKENTAG TEDESCO: OGGI SI E’ DISCUSSO DI CHIESA,
ALLA PRESENZA DI ALTI ESPONENTI DELLA GERARCHIA
CATTOLICA
-Servizio di Ludwig Waldmüller -
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“Vita?
Donata!”: questo è il tema della manifestazione centrale del Katholikentag che
avrà luogo oggi pomeriggio nel Centro Congressi qui ad Ulm, trasmesso in
diretta dalla televisione tedesca. Un vescovo, un politico, teologi e il
presidente del Comitato centrale dei cattolici tedeschi discuteranno sul valore
della vita e la sua tutela.
Sono
sempre più i partecipanti qui al Katholikentag, favoriti dalla giornata di sabato.
Ieri sera, c’è stata la liturgia ecumenica, seguita da una preghiera nello
stile di Taizé: la chiesa del “Münster” era così affollata che si è reso necessario
amplificare canti e testi liturgici nella piazza davanti alla chiesa dove si
erge il campanile più alto del mondo.
Questa
mattina, in questa stessa chiesa, si è svolta una meditazione biblica tenuta
dal presidente del “Bundestag”, il Parlamento tedesco, Wolfgang Thierse. Chiesa
e politica, teologia e società, Bibbia e giornali si incontrano qui. Da qui si
riconosce la pluralità nella Chiesa: qui discutono teologi, come il critico
della Chiesa Eugen Drewermann o il vescovo Jacques Gaillot, o anche il
professore di teologia Hans Küng, sospeso dall’insegnamento, che oggi
pomeriggio discuterà col cardinale Karl Lehmann e con Hanna-Renate Laurien,
impegnata in campo politico, sulla Chiesa quaranta anni dopo la Costituzione
sulla Chiesa del Concilio Vaticano Secondo.
Ma ci
sono anche gli stand del movimento “pro missa tridentina” o della comunità di
Medjugorje. A proposito: se ieri al centro delle discussioni era il tema
dell’ecumenismo, oggi si discute di Chiesa. Sono presenti anche ospiti
internazionali: il patriarca Sabbah di Gerusalemme, il vescovo Pickel della
Russia, vescovi dell’America Latina, dell’Africa e l’arcivescovo Stanislaw
Rylko. Si incontrano vescovi ortodossi così come responsabili della Chiesa
protestante. Tra tutti, un’ospite molto speciale: la croce delle “Giornate
Mondiali della Gioventù”, che sosta qui per un paio di giorni nel corso del suo
pellegrinaggio attraverso la Germania.
Come
dice il vescovo di Osnabrück, mons. Franz Josef Bode: “Non è, questo, soltanto
un incontro di discussioni e chiacchierate; qui si parla della fede, della
possibilità di dare alla Chiesa un volto positivo.” E in questo, il vescovo sicuramente
ha ragione.
Da
Ulm, Ludwig Waldmüller per la Radio Vaticana.
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A ROMA, LA MOSTRA “VIAGGIO A ORIENTE”:
RIVIVONO LE ATMOSFERE ANTICHE
DI CINA ED INDIA E LA LORO RICCHEZZA
CULTURALE
- Intervista con Luca Ronchi -
Una mostra e uno splendido volume per cercare di
raccontare le sensazioni e lo spirito del Viaggio a Oriente, attraverso le
testimonianze fotografiche di alcuni tra i più grandi artisti e scrittori
italiani del nostro tempo. Un viaggio alla ricerca dell’avventura, di mondi e
culture diverse in un Oriente – dalla Cina all’India al Tibet – che non esiste
più se non in questa preziosa eredità intellettuale, che è possibile trovare
presso la Casa dell’architettura dell’Acquario romano nella capitale. Ce ne
parla il curatore Luca Ronchi, intervistato da Stefano Leszczynski:
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(musica)
R. – Questa è una mostra da vedere e raccontare con un
grande senso di relatività, molto orientale, perché questo è un tipo di viaggio
che non esiste più. E’ un viaggio pre-televisivo, fatto da viaggiatori ed
esploratori che non esistono quasi più – uno di questi, Fosco Maraini, ci ha lasciato
qualche giorno fa – verso un Oriente che non esiste più se non nel mito e nella
fantasia.
(musica)
D. – Un Oriente che aveva qualcosa di selvaggio e di
misterioso e che è stato fonte di ispirazione per moltissimi di questi artisti
...
R. – Certo, ognuno a modo suo. Devo dire che tutti gli
artisti sono viaggiatori. Ci sono degli esempi celebri, da Fellini a De Chirico
a Morante... Però, è esistita una specie di esploratori-viaggiatori che hanno
fatto un viaggio chiamiamolo “di formazione” dal 1940 fino adesso, verso un
‘altrove’, cercando di conoscere altre culture, altri mondi, il che è una cosa
positiva che volevamo ricordare, specialmente alle giovani generazioni, le
quali di questa epoca quasi epica sanno poco e fanno fatica ad immaginare.
D. – Quello che emerge nella mostra e dai testi che
accompagnano la mostra, sono i sentimenti del tutto privati e personali di
questi artisti, che raccontano il proprio Oriente e le proprie emozioni ...
R. – Questa specie di ‘viaggiatori-esploratori’ erano
molto diversi dai turisti di oggi. Il nostro scopo è proprio quello di
raccontare un tipo di viaggio, anche interiore, veramente difficile da compiere
oggi.
D. – L’evento che ha caratterizzato anche questa mostra è
stata la visita del Dalai Lama, se non sbaglio: quale è stata la sua
impressione nel vedere sopratutto questo Oriente che dedica una grande attenzione
alla questione del Tibet?
R. – Io penso che il Dalai Lama abbia guardato alle foto
di Fosco Maraini con un sentimento di nostalgia, perché rappresentavano un
Tibet che non esiste più: un Tibet della fine degli anni Trenta, il Tibet della
sua infanzia, ecco. Lui le ha viste con un sentimento di nostalgia che invece,
per noi curatori, non era l’unico sentimento che volevamo comunicare.
(musica)
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IL VANGELO DI DOMANI
Domani, 20 giugno, 12.ma Domenica del Tempo ordinario, la
liturgia ci presenta il brano del Vangelo in cui Gesù, trovandosi appartato a
pregare, chiede ai suoi Discepoli chi Egli sia per la gente. E ricevuto in
risposta dai Dodici come egli sia considerato per alcuni Giovanni il Battista,
per altri Elia, e per altri ancora uno dei profeti che è risorto, Gesù rivolge
la stessa domanda ai suoi:
“E voi chi dite che io sia?”. Pietro prendendo la
parola rispose: “Il Cristo di Dio”. Egli allora ordinò severamente di non
riferirlo a nessuno.
Su queste parole, ascoltiamo il commento del teologo
gesuita, padre Marko Ivan Rupnik:
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Ci meraviglia che, pur essendo giusta la risposta di
Pietro, Cristo non si rallegri di ciò ma ordini severamente agli apostoli di
non riferirlo a nessuno. Evidentemente, c’è nella risposta qualcosa che non lo
convince. Nei Vangeli, abbiamo ancora altri due esempi in cui Cristo proibisce
di parlare di lui: i guariti e i demoni. I demoni perché, per volontà loro,
cercano di falsare l’identità di Cristo e ingannare la gente. I guariti perché
facilmente parleranno con entusiasmo della loro guarigione riducendo Cristo, Messia,
ad un semplice guaritore. Quando uno poi incontrerà Cristo e da lui non sarà
guarito, certamente lo abbandonerà.
Nell’esempio del Vangelo di oggi, Cristo percepisce che la
risposta degli Apostoli è troppo facile e incompleta: non include in maniera
sufficientemente chiara il carattere pasquale del suo essere Figlio di Dio,
Salvatore degli uomini. Perciò, Cristo aggiunge l’annuncio della sua Passione.
Annunciare Cristo senza la Pasqua è una illusione.
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19
giugno 2004
PER LA
PACE IN MEDIO ORIENTE C’E’ L’URGENZA DI UN “SOPRASSALTO
DI
INTELLIGENZA”: LE PARTI IN CAUSA DEVONO CAPIRE LE RAGIONI DELL’UNO
E DELL’ALTRO. COSI’ IL CARDINALE MARTINI, A
MARGINE DI UN INCONTRO
A GERUSALEMME CON LE CHIESE CRISTIANE
MILANESI
GERUSALEMME. = “Ricordo con gioia tutte le esperienze di
Milano di tutti questi 22 anni e continuo ad averle nel cuore: ricordo le
persone, ricordo gli incontri, ricordo le situazioni e le porto con me nella
preghiera”. Lo ha sottolineato, nei giorni scorsi a Gerusalemme, il cardinale
Carlo Maria Martini, già arcivescovo di Milano, a margine di un incontro con
una delegazione delle Chiese cristiane del capoluogo lombardo giunte in
‘cammino ecumenico di pace’. “Naturalmente - ha proseguito il porporato, che da
Milano si è trasferito a Gerusalemme - non ho nostalgia nel senso che desidero
tornare sui miei passi. No, sono qui volentieri”. Parlando della situazione in
Medio Oriente, il cardinale Martini si è limitato a sottolineare che c’è
l’urgenza di un “soprassalto di intelligenza”. Bisogna uscire da questa
situazione, ha detto, con “colpi di intelligenza che il Signore offre alle persone
che sono capaci di compiere questi gesti e di guidare queste azioni. Da parte
mia non c’è che la preghiera e l’intercessione”. Intercessione, ha concluso, “significa
mettersi in mezzo ai contendenti senza pretendere né per l’uno, né per l’altro,
ma pregando per l’uno e per l’altro che a tutti sia dato di capire non solo le
proprie ragioni ma anche quelle dell’altro. Fare, quindi, dei gesti di pace, di
riconciliazione, delle trattative che possano portare finalmente anche alla
pace politica”. (B.C.)
IL MINISTERO DEL LAVORO DELLO STATO INDIANO DEL
KARNATAKA PREMIA
I
MISSIONARI SALESIANI. IL RCONOSCIMENTO E’ STATO ATTRIBUITO
PER IL LORO IMPEGNO CONTRO IL LAVORO MINORILE
NELLA REGIONE
BANGALORE. = Operare per l’istruzione dei giovani, per la
loro crescita umana spirituale e professionale è la missione dei Salesiani in
India. Il loro impegno riceve quotidianamente il riconoscimento e la stima
della Chiesa locale, ma anche delle istituzioni civili, delle organizzazioni sociali
e dei cittadini. Lo scorso 12 giugno, infatti, padre Koottungal Vargheese,
direttore della casa salesiana “Bosco Yuva Kendra” a Bangalore, ha ricevuto il
premio “Makkala Mithra”, conferito dal Ministero del lavoro dello Stato indiano
del Karnataka. Nelle motivazioni del riconoscimento, si legge che l’istituto salesiano
è stato scelto “per i suoi straordinari successi per lo sradicamento del lavoro
minorile”. A Bangalore, capitale del Karnataka, stato nell’India
sud-occidentale, sono presenti sette opere salesiane. Sin dagli anni ‘80, la
città è divenuta punto di riferimento internazionale per la produzione di
software informatico, grazie alla presenza di oltre 160 società internazionali
produttrici di computer che hanno formato join venture con aziende indiane. Per
questo motivo è definita la “Silicon valley” dell’India. Alla periferia della
città, tuttavia, che conta oltre 4 milioni di abitanti, vi sono oltre un
milione di persone che vivono in 700 slums, in estrema povertà, senza
infrastrutture, scuole, assistenza sociale e sanitaria. Per questo la piaga del
lavoro minorile è molto diffusa nello Stato e la Chiesa cattolica lavora con diversi
istituti e congregazioni per dare dignità e istruzione ai bambini più poveri.
(B.C.)
OLTRE
2.000 PERSONE DI DIVERSE RELIGIONI SI SONO DATE APPUNTAMENTO OGGI
A
LONDRA PER LA “GIORNATA APERTA” SUL TEMA “IMMAGINA UN MONDO… ARRICCHITO DALLA
DIVERSITA’”. L’INCONTRO E’ UNO DEI MOMENTI CENTRALI DEL VIAGGIO IN GRAN
BRETAGNA DELLA FONDATRICE E DELLA PRESIDENTE DEI FOCOLARI
- A
cura di Carla Cotignoli -
LONDRA.
= “Immagina un mondo… arricchito dalla diversità”. Questo è il sogno al quale
stanno dando vita a Londra, alla Westminister Central Hall, quasi 2 mila
persone da tutta la Gran Bretagna. Persone di varie razze e religioni, che ben
rispecchiano la società inglese, la più cosmopolita d’Europa. Quello che si sta
dispiegando in questo incontro, tuttavia, è più che un sogno: sul palco si
alternano spaccati di vita, che entrano nel vivo delle sofferenze che tante
volte si nascondono dietro i volti di africani, asiatici, latinoamericani.
Inaspettati gli sbocchi di tante vite. Toccante la testimonianza di una
psicologa che lavora proprio tra i rifugiati: ogni giorno si trova di fronte ai
traumi della prigionia, della tortura, dell’uccisione di parenti e amici. “Fa
agli altri ciò che vorresti sia fatto a te”: questa la regola d’oro che può
condurre alla guarigione, anche delle ferite più profonde. Angela Manning cerca
di conoscere le loro religioni, la loro musica e la loro poesia, richiama le
loro scritture per illuminare la loro sofferenza e aiutarli a ritrovare il
raccordo con Dio. “Anche le situazione più disperate - afferma la psicologa -
possono rovesciarsi”. Alla radice di questo stile di vita, il Mistero di Gesù,
che sulla Croce ci mostra quale è la misura dell’amore verso i fratelli. Nel
pomeriggio esperienze di dialogo a più ampio raggio tra cristiani di diverse
chiese e seguaci di altre religioni. Atteso l’intervento di Chiara Lubich, che
affronterà l’interrogativo: “Quale futuro per una società multietnica,
multiculturale e multireligiosa?”. L’iniziativa verrà trasmessa, a partire
dalle ore 15.00, da Telepace e su Internet.
ORDINAZIONI
PRESBITERIALI E DIACONALI DELLA FRATERNITA’ SAN CARLO.
LA
CERIMONIA STAMANI PRESSO LA BASILICA DI SANTA MARIA MAGGIORE A ROMA
ROMA. = Cresce la famiglia
della Fraternità san Carlo. Nella Basilica di Santa Maria Maggiore a Roma,
infatti, per l’imposizione delle mani del cardinale Giacomo Biffi, arcivescovo
emerito di Bologna, ricevono l’ordinazione sacerdotale cinque diaconi. Si
tratta di: don Andrea Barbero, che inizierà la sua missione come cappellano
universitario a Praga; don Massimiliano Boiardi e don Emmanuele Silanos, che,
invece, rimarranno a Roma, rispettivamente come collaboratore alla segreteria
generale della Fraternità e come segretario del superiore generale; don
Giuliano Imbasciati, che lavorerà nella parrocchia di Kahawa Sukari, nella
periferia di Nairobi (Kenya); e don Emanuele Luisi, che insegnerà in alcune scuole
superiori di Frosinone. Nella medesima occasione sono ordinati anche otto nuovi
diaconi. La fraternità sacerdotale dei missionari di san Carlo Borromeo,
fondata da don Massimo Camisasca nel 1985, è stata riconosciuta dalla Santa
Sede nel 1999 come Società di Vita Apostolica di diritto pontificio. I suoi
novanta membri svolgono la loro missione in parrocchie, scuole, università,
carceri e ospedali. (B.C.)
IN
GUERRA NON C’È CIBO PER I BAMBINI: E’ LA DENUNCIA DEL PROGRAMMA ALIMENTARE
MONDIALE SULLA DIFFICILE SITUAZIONE NELLA REGIONE SUD-OCCIDENTALE DEL SUDAN.
LE
VIOLENZE SUL TERRENO IMPEDISCONO DI RAGGIUNGERE
OLTRE
UN MILIONE DI SFOLLATI
KHARTOUM. = Migliaia di bambini soffrono a
causa della malnutrizione in Darfur, la regione sud-occidentale del Sudan
teatro da oltre un anno di violenti scontri. L’allarme sulla precaria
condizione dei minori è stato lanciato ieri dal Programma alimentare mondiale
(Pam), l’agenzia delle Nazioni Unite incaricata di fornire aiuti alimentari
nelle situazioni di emergenza. Malgrado il cessate-il-fuoco, sottoscritto ad
aprile dalle forze di Khartoum e da due gruppi guerriglieri del Darfur, le violenze
non si sono interrotte, rendendo difficile per gli aiuti umanitari raggiungere
la popolazione sofferente prima che inizi la stagione delle piogge
(Giugno-Settembre). “La situazione è critica - ha detto il portavoce del Pam,
Christiane Berthiame - il tasso di malnutrizione aumenta". L’agenzia Onu
riferisce che al momento sono raggiungibili 92 dei 129 campi profughi che
accolgono le centinaia di migliaia sfollati provocati da 15 mesi di conflitto.
Il Pam si è posto l’obiettivo di raggiungere entro la fine del mese 800.000 dei
1,2 milioni di sfollati in Darfur. La crisi nella regione al confine con il
Ciad è iniziata dopo che due milizie, nere e animiste - l’Esercito-Movimento
per la Liberazione del Sudan (Sla-m) e il Movimento per la giustizia e
l’uguaglianza (Jem) - si sono rivoltate contro il governo islamico di Khartoum,
accusandolo di trascurare la regione e di appoggiare i predoni arabi, che da
anni perseguitano le popolazioni locali. Secondo stime Onu, il conflitto, oltre
ad aver provocato un milione di sfollati interni, ha causato 10.000 vittime,
mentre circa 130.000 civili hanno cercato rifugio oltre il confine con il Ciad.
(B.C.)
“LE SETTE RAPPRESENTANO UNA MINACCIA PER L’ORDINE
PUBBLICO”.
E’
L’ALLARME LANCIATO DAL GOVERNO DELLA REPUBBLICA CENTROAFRICANA
BANGUI.
= La Repubblica Centrafricana è seriamente preoccupata per la diffusione delle
sette nel Paese, viste come una minaccia per l’ordine pubblico. Secondo le
autorità locali, inoltre, alcune sette hanno addirittura nascosto armi durante
i recenti periodi di tensione. Al fine di controllare la loro diffusione, il
governo di Bangui ha, quindi, varato nuove disposizioni. Per essere riconosciute
dallo Stato le nuove chiese devono avere almeno 1000 fedeli ed essere presenti
in tre regioni del Paese. La guida del nuovo movimento religioso, inoltre, deve
avere un diploma in teologia. “È praticamente impossibile stabilire quante
sette ci sono in Centrafrica - hanno riferito fonti della Conferenza episcopale
locale all’agenzia Fides - perché ne nascono di nuove ogni giorno”. “Le
motivazioni che spingono i centrafricani a rivolgersi alle sette sono di ordine
materiale, più che spirituale”. (B.C.)
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19
giugno 2004
- A cura di Amedeo Lomonaco -
Ancora violenze in Iraq, Paese
oggi colpito da un raid aereo americano a Fallujia e dall’ennesima esplosione
di una bomba nei pressi di Bassora. Sulla situazione del Paese, ci riferisce
Amedeo Lomonaco:
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Almeno diciotto iracheni sono
morti in seguito ad un raid aereo su Falluja, città sunnita 50 chilometri ad
ovest di Baghdad. Lo riferiscono testimoni iracheni e fonti ospedaliere ma, al
momento, non ci sono ancora conferme da parte americana. Una guardia privata portoghese e due
iracheni - un poliziotto ed un funzionario civile - sono inoltre rimasti uccisi
per l’esplosione di una bomba su una strada a sud di Bassora. E per assicurare
sicurezza e stabilità al Paese proseguono, intanto, gli sforzi della comunità
internazionale. Una forza composta da tremila militari britannici potrebbe
essere dispiegata nello Stato arabo in appoggio al futuro governo ad interim al
quale, il prossimo 30 giugno, verranno trasferiti i poteri. E’ quanto prevede
un piano attualmente in fase di elaborazione da parte di Londra in accordo con
Washington. Il ministero degli Esteri tunisino ha invece smentito decisamente
la possibilità che la Tunisia invii
proprie truppe in Iraq. Sulla presenza dei soldati italiani nel Paese
sono inoltre da rimarcare le dichiarazioni rilasciate da un colonnello della
polizia irachena secondo il quale “i soldati inviati da Roma dovrebbero restare
altri dieci anni nella città”. “Gli italiani – ha aggiuto il colonnello – sono
amici, ci aiutano e abbiamo ancora bisogno di loro”. La Turchia resta infine contraria
all’autonomia dei curdi nel nord Iraq. Lo ha detto oggi il premier turco, Recep Erdogan, smentendo che
Ankara abbia modificato la propria
politica sullo status della minoranza. “La politica della Turchia a tale
proposito - ha detto Erdogan - è identica a quella di ieri. Non c’è nessun
cambiamento”.
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La guerra irachena varca il
confine. In Arabia Saudita sono stati uccisi, ieri, un ostaggio americano ed
almeno tre militanti di Al Qaeda, tra i quali anche il locale leader
estremista. Le forze di sicurezza hanno inoltre arrestato 12 presunti
terroristi. Ricostruiamo gli ultimi avvenimenti che hanno riguardato il Regno
Saudita con il servizio di Paolo Mastrolilli:
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Nel primo pomeriggio di ieri, un sito Internet legato
all’organizzazione di Osama Bin Laden ha dato la notizia che Paul Johnson,
l’ostaggio americano rapito il 12 giugno scorso, era stato decapitato. Un
comunicato diceva che era stato punito per il suo lavoro di tecnico degli
elicotteri militari “Apache” usati per infliggere sofferenze ai musulmani di
tutto il Medio Oriente. Il testo, poi, prometteva nuovi attacchi per colpire
gli infedeli. Poche ore dopo, la polizia saudita ha annunciato di avere ucciso
Abdul Aziz Al Mukrin, considerato il capo di Al Qaeda in Arabia e l’ideatore
tanto del rapimento di Johnson quanto della serie di attacchi lanciati contro
gli occidentali nel Regno, compreso l’assalto nel centro residenziale di Kobar,
dove a fine maggio aveva perso la vita il cuoco italiano Antonio Amato. Al
Mukrin viaggiava su una macchina che era stata usata per scaricare il corpo
dell’ostaggio decapitato. Un risultato importante per Ryad, che sta cercando di
mettere fine all’offensiva contro gli occidentali. Il presidente Bush ha
condannato la decapitazione come la dimostrazione della natura malvagia del
nemico ma ha aggiunto che l’America non sarà intimidita e non si ritirerà dalla
scena mondiale.
Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.
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Medio
Oriente. Un nuovo ostacolo si è frapposto, oggi, ai tentativi del premier
israeliano, Sharon, di costituire un governo di unità nazionale con i laburisti
di Shimon Peres. Il ministro delle finanze, Benyamin Netanyahu, del partito del
Likud, ha infatti preannunciato che contrasterà la realizzazione di tale
progetto. Sul terreno, una decina di missili israeliani hanno colpito stanotte
due fonderie metallurgiche ed altre officine nel quartiere Zeitoun. Quattro passanti
sono rimasti feriti.
L’Iran
riconsidererà la propria decisione di sospendere l’arricchimento dell’uranio
nei “prossimi giorni”. Lo ha annunciato, oggi, Hassan Rohani, segretario del
Supremo consiglio per la sicurezza nazionale, dopo una risoluzione approvata
ieri dal Consiglio dei governatori dell’Agenzia internazionale per l’energia
atomica, che critica Teheran per una cooperazione insufficiente nel far luce
sul suo programma. Rohani ha anche fatto sapere che il suo Paese continuerà ad
accettare le ispezioni dell’Agenzia dell’Onu con sede a Vienna.
Nel mese di giugno del 1999 il Consiglio di
sicurezza delle Nazioni Unite ha autorizzato la missione internazionale a guida
Nato nei Balcani. Sono dunque passati cinque anni da quella storica decisione, alla
quale hanno fatto seguito l’inizio della guerra e la caduta del regime dell’ex
presidente della Federazione iugoslava, Slobodan Milosevic. Sull’attuale
presenza della Kfor in Kossovo, ascoltiamo il comandante della brigata
multinazionale Nato Sud – Ovest, generale Danilo Errico, intervistato da Luca
Collodi:
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R. – Noi siamo qui essenzialmente per dare garanzia e un
quadro di sicurezza tale da favorire tutte le altre attività: se c’è sicurezza,
si può lavorare, si può favorire lo sviluppo economico, la gente si sente
libera di camminare per le strade. Diciamo che, come comunità internazionale
bisognerebbe trovare strumenti più adeguati per accelerare il processo di
sviluppo economico.
D. – Nel ’99 la Nato è entrata in Kosovo per ripristinare la
legalità nel rispetto dei diritti umani. Oggi il problema si pone per la
minoranza dei serbi che vivono in Kosovo. Può essere un elemento che sposta
questo disagio che si vive in Kosovo anche verso elementi di contrapposizione
religiosa?
R. – In effetti, c’è stata una certa violenza,
un’aggressività nei confronti della Chiesa ortodossa, l’unica che rappresentava
in un certo modo l’autorità prima della guerra; probabilmente, era l’unico
simbolo che poteva essere attaccato per riaffermare un certo principio che la
maggioranza era rappresentata dagli albanesi. Io non ritengo, però, che sia un
problema religioso.
D. – Generale Enrico, il ruolo di K-For, gli obiettivi
politici e militari di K-For ...
R. – Essenzialmente, è una forza fornita dalla Nato, quindi
ha un ruolo strettamente militare. Ma questo affianca anche l’importante
consenso politico che si riesce a raccogliere intorno al tavolo quando si
decide un intervento.
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Ancora
violenza in Nepal. Ribelli maoisti hanno attaccato una pattuglia della polizia
locale uccidendo 18 persone tra cui quattro civili. Stando a quanto riferito da
un portavoce delle forze dell’ordine, i ribelli hanno fatto detonare un ordigno
al passaggio della pattuglia nelle pianure occidentali, una delle roccaforti
della guerriglia. Ed è poi seguito uno scontro a fuoco.
Il
presidente del Sudan, Omar el Beshir, ha ordinato il disarmo delle milizie del
Darfur, comprese le forze filogovernative del Djandjawid. Beshir ha anche
ribadito il proprio impegno a rispettare il cessate-il-fuoco firmato lo scorso
8 aprile con i ribelli. Gli Stati Uniti hanno inoltre avvertito che imporranno
sanzioni agli ufficiali dell’esercito locale ritenuti responsabili della crisi
nella regione del Darfur. Il Programma alimentare mondiale denuncia, intanto
che gli aiuti risultano insufficienti per oltre un milione di sfollati.
Nuova imboscata nell’Uganda del
Nord. Ieri mattina cinque persone sono morte e un numero imprecisato sono
rimaste ferite quando il mezzo su cui viaggiavano è caduto in un agguato teso
dai guerriglieri dell’Esercito di Resistenza del Signore lungo la strada che
collega Kitgum a Gulu. Come riferisce l’agenzia Misna, i ribelli hanno
allestito un finto posto di blocco nei pressi del fiume Wassua e hanno aperto
il fuoco contro il mezzo.
Almeno 10 mila persone hanno
manifestato ieri in Argentina, contro l’assenza di una politica dello Stato in
favore dell’occupazione. I dimostranti hanno raggiunto il palazzo del Congresso
a Buenos Aires ed occupato numerosi fast food vicini. “Una persona su due vive
in condizioni di povertà”: questa la frase che campeggiava sugli striscioni del
corteo.
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