RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n. 169 - Testo della trasmissione di giovedì 17 giugno
2004
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI
IN PRIMO PIANO:
Aperti in Germania i
lavori al 95.mo Katholikentag tedesco
Al Festival di Taormina, la
“Lezione di cinema” di Peter Weir.
CHIESA E SOCIETA’:
In
Iraq, almeno 35 morti per l’esplosione di un’autobomba davanti ad un centro di
reclutamento
A
Bruxelles, iniziano i lavori del primo Consiglio europeo dell’Unione allargata
Sul
tema del commercio mondiale, prosegue a San Paolo la Conferenza
dell’Unctad.
17 giugno 2004
LA
CHIESA DELLA COLOMBIA LAVORI PER LA PACE E LA RICONCILIAZIONE
NEL
PAESE AFFLITTO DALLA GUERRA CIVILE:
E’
L’ESORTAZIONE DI GIOVANNI PAOLO II
AD UN
GRUPPO DI VESCOVI COLOMBIANI IN VISITA AD LIMINA
-
Servizio di Alessandro Gisotti -
La Chiesa della Colombia contribuisca alla costruzione
della pace nel Paese ferito dalla guerra civile. E’ l’esortazione di Giovanni
Paolo II ad un gruppo di presuli colombiani ricevuti, stamani, al termine della
visita ad Limina. Il Papa ha ricordato il suo viaggio apostolico in
terra colombiana nel 1986, quindi ha invitato i vescovi a promuovere la difesa
della famiglia e a proseguire nell’opera dell’evangelizzazione, missione
primordiale della Chiesa. Il servizio di Alessandro Gisotti:
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QUERIDOS
HERMANOS EN EL EPISCOPADO...
Ponete tutto il vostro “impegno pastorale nel promuovere
la riconciliazione, che deriva dall’evangelizzazione”, quale “rimedio efficace
e permanente” ai gravi mali, che affliggono la nazione colombiana, a causa
della guerra civile. Giovanni Paolo II ha esortato così i vescovi del Paese
latinoamericano, di fronte alla tragedia della violenza, che ha provocato
sofferenze e lutti. E qui il Papa ha ricordato mons. Duarte, arcivescovo di
Cali, barbaramente ucciso nel servizio al Vangelo e alla causa della pace, così
come altri sacerdoti e religiosi.
Questo conflitto, ha proseguito, ha costretto “tanti
colombiani a vivere nella povertà”, fomentando “una cultura di morte e violenza
al posto di una cultura della vita e della solidarietà, propria delle vostre
radici cattoliche”. Da anni, ha detto ancora, il conflitto interno alla
Colombia causa vittime innocenti, dolore alle famiglie e alla società e,
ancora, insicurezza e povertà. Per questo, ha avvertito il Papa, le scelte
pastorali devono dare “priorità alla pace e alla riconciliazione” contribuendo
all’edificazione di una società sopra i “solidi principi cristiani della
verità, giustizia, amore e libertà”. I vescovi, ha aggiunto, devono dunque promuovere
il “perdono che nasce dal sincero desiderio di riconciliazione con Dio e i
propri fratelli”.
Il Papa non ha, poi, mancato di sottolineare l’attenzione
che i presuli devono rivolgere alla promozione e difesa dell’istituzione
familiare, attaccata da “un movimento diffuso che tende a indebolire la sua
vera natura”. Per questo, ha affermato, bisogna difendere il matrimonio e la
famiglia. Una verità, ha evidenziato, valida non solo per i cattolici, giacché
“il matrimonio e la famiglia costituiscono un bene insostituibile per la
società”, che non può restare indifferente “dinnanzi alla sua degradazione o
perdita di identità”. Ha quindi esortato i presuli a dedicare, nella pastorale
familiare, una particolare cura alle coppie giovani e alle famiglie in
difficoltà. D’altro canto, il Pontefice si è detto compiaciuto per le tante
vocazioni che distinguono la comunità ecclesiale colombiana ed ha ricordato i
nuovi Beati del Paese latinoamericano, esempi di santità che arricchiscono il patrimonio
spirituale della nazione colombiana.
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UDIENZE
E NOMINE
Nel corso della mattinata, Giovanni Paolo II ha ricevuto
il cardinale Geraldo Majella Agnelo, arcivescovo di San Salvador di Bahia
(Brasile), presidente della Conferenza episcopale, accompagnato dal segretario
generale della stessa, il vescovo Odilo Pedro Scherer, ausiliare di San Paolo.
Il Papa ha nominato nunzio apostolico in Mongolia,
l’arcivescovo Emil Paul Tscherrig, finora nunzio apostolico in Corea.
In India, il Pontefice ha nominato
vescovo coadiutore della diocesi di Tura, il sacerdote Andrew Marak, parroco di
S. Teresa a Dadengre. Il neopresule, 54 anni, ha studiato Teologia pastorale in
patria e nelle Filippine. Tra i suoi incarichi, quelli Difensore del vincolo e
Promotore di giustizia al Tribunale Matrimoniale, formatore diocesano dei
catechisti, di editore della mensile diocesano "Sengbaa". La diocesi di
Tura sorge tra le montagne e le colline della parte occidentale dello Stato di
Meghalaya. Conta circa 800 mila abitanti, dei quali 200 mila cattolici,
suddivisi in 30 parrocchie, con 71 sacerdoti, 163 religiose e 17 seminaristi maggiori.
CREAZIONE
DI PROVINCIA ECCLESIASTICA IN INDIA
E
NOMINA DEL PRIMO ARCIVESCOVO
In India, Giovanni Paolo II ha creato la nuova Provincia
ecclesiastica di Trivandrum dei Latini, dividendola dalla Provincia
ecclesiastica di Verapoly. La nuova Provincia ecclesiastica comprenderà le
diocesi suffraganee di Alleppey, Neyyattinkara, Panular e Quilon. Come primo
arcivescovo metropolita di Trivandrum dei Latini, il Papa ha nominato mons.
Maria Callist Soosa Pakiam, finora vescovo della medesima diocesi.
In India ci sono 20 Provincie ecclesiastiche di rito latino
e un totale di 109 diocesi suffraganee, dieci delle quali sono di rito
orientale. Dopo la divisione, la Provincia ecclesiastica di Verapoly avrà 23
milioni di abitanti e 658 mila cattolici, con 861 sacerdoti e 3.236 religiose,
mentre la nuova Provincia ecclesiastica di Trivandrum dei Latini conterà 11 milioni
e 200 mila abitanti, con 756 mila cattolici, 500 sacerdoti e duemila religiose.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre la
prima pagina l’Iraq: l’ennesima strage ha lacerato il cuore di Baghdad:
un’autobomba, guidata da un “kamikaze”, è esplosa davanti ad un centro di reclutamento
del nuovo esercito iracheno.
Nelle vaticane, nel discorso ai
vescovi colombiani in visita “ad limina” Giovanni Paolo II ha sottolineato che
nelle scelte pastorali occorre dare priorità alla pace e alla riconciliazione
edificando la società sui saldi principi della verità, della giustizia e della
libertà.
Una pagina dedicata alla
solennità del Sacro Cuore di Gesù.
Nelle estere, per la rubrica
dell’“Atlante geopolitico”, un articolo di Gabriele Nicolò dal titolo “Fao: 35
Paesi segnati dall’emergenza alimentare”.
Nella pagina culturale, un
articolo di Angelo Mundula dal titolo “Il sentimento del naufrago”: la
letteratura e il tema dell’esilio interiore.
Nelle pagine italiane, in
rilievo il dibattito, in sede politica, alla luce dei risultati delle elezioni
europee ed amministrative.
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17
giugno 2004
LA CARITÀ TRA LE ARMI: L’IMPORTANTE RUOLO DELLA
RADIO VATICANA
IN
AIUTO AI PRIGIONIERI DI GUERRA E ALLE LORO FAMIGLIE,
NEGLI
ANNI DEL SECONDO CONFLITTO MONDIALE
- A
cura di Roberta Gisotti -
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Cresce l’attesa fra gli studiosi ma anche tra i comuni
cittadini, che serbano memoria dei tragici eventi del secondo conflitto
mondiale, per l’imminente pubblicazione
di due volumi, che raccolgono l’inventario dell’Ufficio informazioni sui
prigionieri di guerra, tratto dall’Archivio segreto Vaticano. I libri
intitolati “Inter arma caritas” saranno editi entro questo mese di giugno,
accompagnati da 8 Dvd, che riproducono l’immagine delle schede autentiche del
Fondo per un totale di 2.100.000 nomi di detenuti di guerra, di cui si richiesero
informazioni. Carte che gli esperti potranno consultare anche direttamente dal
15 settembre prossimo e che testimoniano l’impegno costante di Pio XII, cui si
deve l’apertura di questo speciale Ufficio della Santa Sede, che lavorò
alacremente sotto la guida dell’allora sostituto della Segreteria di Stato,
mons. Giovanni Battista Montini, il futuro Papa Paolo VI. A rievocare il
cardinale Roberto Tucci, al microfono di Rosario Tronnolone:
“E’ una documentazione molto importante, perché dimostra
quanto sia ingiusta quella ‘leggenda nera’ che da diversi decenni si è formata
contro Pio XII, ed un altro tassello della dimostrazione sempre più completa –
attraverso la conoscenza stessa, l’apertura stessa degli Archivi vaticani – di
questa azione voluta da Pio XII in tutte le occasioni per poter venire incontro
alle sofferenze inflitte dalla guerra. In questa azione di Pio XII, non c’era
nessuna esclusione per ragioni confessionali o di diversa religione: si
aiutavano e si rispondeva alle domande di cattolici, di protestanti, di ebrei,
anche di non credenti”.
E un ruolo determinante forse poco conosciuto o
dimenticato, è stato quello svolto proprio dalla Radio Vaticana in aiuto a
milioni di persone che erano in cerca di notizie sui propri cari dispersi o a
quanti detenuti volevano comunicare con le proprie famiglie.
“In questa vicenda, anche la Radio Vaticana ha avuto una
grande parte. Nel 1981, nel 50.mo della fondazione della Radio Vaticana,
l’indimenticabile Fernando Bea scrisse un libro che si intitola “Mezzo secolo
della Radio del Papa”, in cui si legge che “la Radio Vaticana fu lo strumento
indispensabile dell’Ufficio informazioni, teso a collegare tra loro i punti più
disparati del globo. Non si limitò a lanciare nello spazio appelli e messaggi.
Si mise in corrispondenza con nunziature, curie vescovili, parrocchie, sedi di
Azione Cattolica. Queste organizzarono posti di ascolto in un’ora e su una
lunghezza d’onda convenuta”. Si parla in questo testo di un totale di 70 trasmissioni
settimanali, alcune delle quali si protraevano per due o tre ore, raggiungendo
fino alle 12-13 ore al giorno. Nell’arco complessivo degli anni tra il ’40 e il
’46 la Radio Vaticana trasmise infatti un totale di un milione 240 mila 728
messaggi, impiegando 12 mila 105 ore di trasmissione effettiva. E’ come se la
Radio avesse trasmesso per un anno e mezzo e per 24 ore al giorno solo questi
messaggi”.
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APERTO A ULM, IN GERMANIA, IL 95.MO KATHOLIKENTAG TEDESCO:
OGGI POMERIGGIO,
DIBATTITO TRA IL CARDINALE LEHMANN E IL TEOLOGO KÜNG
-
Servizio di Ludwig Waldmüller -
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Sono tanti i partecipanti, senza dubbio. Dalle dieci di
questa mattina è aperto il centro del Katholikentag, fuori dalla città di Ulm,
dove in grandi aule sono allestiti i diversi stand delle diverse organizzazioni
cattoliche tedesche. Qui si trovano le diocesi della Germania, l’Associazione
delle religiose e dei religiosi, ma anche il Comitato delle segretarie nelle
parrocchie. Ma anche qualche casa editrice cattolica, i movimenti giovanili, e
si scopre sempre un’associazione della quale non si conosceva nemmeno
l’esistenza.
Anche tra i partecipanti si può vedere gente di ogni età e
professione: tra loro, tantissimi giovani. La prima giornata completa del
Katholikentag è iniziata questa mattina con celebrazioni eucaristiche nelle
diverse chiese della città e con veglie di preghiera. Sono seguite meditazioni
bibliche nei luoghi più diversi ed anche lì era elevatissimo il numero delle
persone. Per tutto l’arco della giornata sono previsti colloqui, incontri e
manifestazioni.
I temi sono diversificati, come i visitatori: si parla di
spiritualità, di teologia, di musica sacra o di politica e società. “Il
Katholikentag è una grande chance per la Chiesa cattolica”, ha affermato il
cardinale Karl Lehmann, presidente della Conferenza episcopale tedesca:
“Per il cattolicesimo tedesco è molto importante avere la
possibilità, ogni due anni, di presentarsi al grande pubblico, di essere in
prima fila nel dialogo con la società, anche per introdurre qualche
innovazione, come ad esempio il Movimento liturgico, il Movimento ecumenico,
quello biblico. Ma anche altre iniziative a favore della dottrina sociale hanno
avuto nel Katholikentag una possibilità di presentarsi al pubblico”.
Una delle discussioni più attese si svolgerà sabato: il
cardinale Lehmann discuterà con il teologo Hans Küng, di Tübingen, il quale
prenderà la parola ad un Katholikentag per la prima volta dall’imposizione del
divieto di insegnare in una facoltà teologica. Tema del dibattito:
l’anniversario della Costituzione apostolica sulla Chiesa edita dal Concilio
Vaticano II.
Da Ulm, Ludwig Weissmüller, Radio Vaticana.
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SUD DEL MONDO E
UTILIZZO RAZIONALE DELLE RISORSE IDRICHE
PER EVITARE ESODI DI MASSA, DEGRADO AMBIENTALE E
MISERIA: IL TEMA AL CENTRO
DELLA GIORNATA MONDIALE CONTRO LA SICCITA’ E LA
DESERTIFICAZIONE
- Intervista con Mario Tozzi ed il professor
Piero Gagliardo -
“Le dimensioni sociali
della desertificazione: migrazione e povertà”: è questo il tema della decima Giornata mondiale per la lotta alla
siccità e alla desertificazione, che si celebra oggi. L’evento si inserisce nel quadro di una campagna
internazionale, mediante la quale le Nazioni Unite mirano ad accrescere la consapevolezza
del deterioramento ambientale nel pianeta e dell’allarmante degrado delle terre
aride. Ce ne parla Dorotea Gambardella:
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(musica)
Il 39
per cento della superficie terrestre è affetta da desertificazione, fenomeno
che colpisce più di 110 Paesi nel mondo e circa 250 milioni di persone. Sono
alcuni dati forniti dalle Nazioni Unite, che sottolineano come il 70 per cento
dei terreni aridi utilizzati in agricoltura siano già degradati. Ma che cosa
significa desertificazione e qual è la differenza tra questo fenomeno e la
siccità? Ci risponde Mario Tozzi, geologo e ricercatore del Cnr:
R. -
Un’area è siccitosa quando le precipitazioni assommano a meno di 250 mm
all’anno. Queste sono le aree desertiche nel mondo. Però, perché ci sia desertificazione,
è necessario che quel terreno vada perduto per gli usi umani.
D. –
Quali conseguenze determina la desertificazione?
R. – La
prima è la perdita di una risorsa non rinnovabile, perché per avere quei 15 cm
che sono il minimo necessario per poter fare delle coltivazioni ci vogliono
migliaia di anni. E la seconda è che in questo modo si costringono le persone
che vivono in quelle aree, gli animali e anche le piante, il manto vegetale, a
migrare oppure a scomparire.
D. –
Quali sono secondo lei le strategie per combattere sia siccità che desertificazione?
R. – Il
risparmio e l’uso efficiente dell’acqua sono comunque i due modi per cui, dove
c’è poca acqua, la si possa conservare ed utilizzare al meglio. L’altra è
quella di conservare il suolo e, dunque, non deforestare e destinare tutto a
pascoli e agricoltura, perché questo comporta una perdita di quel terreno.
(musica)
Tra le
aree maggiormente afflitte da siccità e desertificazione, figurano molti Paesi
di Africa, Asia, America Latina e carabi, ma non solo: i due fenomeni
interessano anche il 74 per cento degli Stati Uniti e una bella fetta di
Europa, Italia, Grecia, Spagna e Portogallo in testa. Sentiamo, in proposito,
una riflessione del professor Piero Gagliardo, presidente del Comitato nazionale
per la lotta alla siccità e alla desertificazione:
R. – E’
ben più conosciuto il processo di desertificazione in Africa, in Cina o in
Australia, e molto meno avvertito come problema vitale per l’essere umano
quello che sta accadendo in Europa, dove sembra che l’unico problema sia quello
di avere risorse finanziarie tali per permettersi qualunque cosa. La realtà dei
fatti deve fare i conti con il clima, con la respirabilità dell’aria, con la
potabilità dell’acqua. Se l’atmosfera è inquinata non sarà sufficiente avere i
soldi per spostarsi da una parte all’altra, perché investirà l’intero pianeta.
(musica)
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UN
PROGETTO DELL’UNICEF PER AUMENTARE L’ACCESSO ALL’ISTRUZIONE
DEI
MINORI NEI PAESI POVERI
-
Intervista con Roberto Salvan -
Il coinvolgimento
di minori scolarizzati per aiutare i coetanei che non hanno accesso
all’istruzione ad inserirsi a scuola. E’ il progetto “Child to Child Survey”,
lanciato dall’Unicef in occasione della Giornata mondiale del bambino africano,
celebrata ieri. Il servizio di Francesca Sabatinelli.
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Centoventuno milioni di bambini a livello mondiale non
hanno accesso all’educazione primaria: oltre 24 milioni di questi vivono nel
continente africano. Ma mandare un bambino o una bambina a scuola significa per
le comunità e le nazioni un investimento sul futuro, ricorda Roberto Salvan,
direttore generale di Unicef Italia:
“Stiamo notando che le risorse dei Paesi donatori verso
l’Africa e in particolare verso l’istruzione primaria si stanno notevolmente riducendo.
Nell’ultimo Rapporto dell’Unicef, abbiamo notato che c’è addirittura
un’inversione di tendenza: i bambini che non vanno a scuola sono
drammaticamente aumentati invece che ridursi, così come lo abbiamo riscontrato
in Asia e in America Latina”.
Sono soprattutto le bambine ad essere tagliate fuori dal
circuito scolastico. La drammatica povertà, i matrimoni precoci, il rapimento
delle bimbe sono tra le principali cause:
“Le bambine che non vanno a scuola sono tra il 55 e il 60
per cento, mentre i bambini ci vanno di più. E questo perché le bambine possono
assolvere a molte faccende domestiche. Ai maschi viene garantito un maggiore
accesso alla scuola primaria”.
L’Unicef lancia, dunque, un progetto globale, “Child to
Child Survey”, gruppi di studenti coinvolgono i coetanei costretti a lavorare,
che a loro volta spiegano le ragioni per cui non vanno a scuola. Un progetto
che finora interessa Etiopia, Kenya, Malawi e Ciad ma che presto riguarderà
anche altri Paesi. Ancora Roberto Salvan:
“Tutti i dati raccolti in questi Paesi verranno presentati
dall’Unicef ai governi, alle istituzioni, alle organizzazioni umanitarie, alla
comunità stessa per far capire le ragioni che impediscono ai bambini di andare
a scuola. Questo è uno dei diritti fondamentali della Convenzione: rendere i
bambini protagonisti dei lori diritti. Il fatto che ci siano bambini che vanno
a scuola, che diventino più consapevoli dei loro diritti negati - giacché ci
sono tanti loro coetanei che a scuola non vanno - è un messaggio politico molto
forte. Su questo l’Unicef insisterà, coinvolgendo altri Paesi e probabilmente
lo faremo anche in altri continenti”.
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AL
FESTIVAL DI TAORMINA, LA “LEZIONE DI CINEMA” DI PETER WEIR
-
Servizio di Luca Pellegrini -
Proseguono al Festival di Taormina gli originali
appuntamenti quotidiani con affermati artisti del cinema per le loro “Lezioni
di Cinema”. Dopo Luigi Magni e Margarethe von Trotta, grande emozione ha
suscitato il regista australiano Peter Weir. In attesa di Jane Campion,
Francesco Rosi e Michael Douglas. Servizio di Luca Pellegrini.
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Peter Weir è un filosofo del cinema, un grande maestro, un
disponibile interlocutore, un saggio dispensatore di consigli, una persona
aperta e socievole. Si coglie la sua anima mentre racconta se stesso e il suo
cinema dinanzi ad una folta platea di giovani e di critici in silenzioso
ascolto per la sua “Lezione”. Mette da subito in pratica la massima che ha
ispirato tutta la sua vita, umana e artistica, tratta da uno dei suoi
ispiratori, il pittore Matisse: “Un artista non deve mai essere prigioniero di
se stesso”. Questo senso della libertà contro ogni forma di oppressione fa
parte del suo corredo di regista e sceneggiatore, da Picnic at Hangig Rock
a The Truman Show, da Green card al recente Master and
Commander. Libertà dai vincoli produttivi e narrativi. I suoi capolavori
nascono sempre da un’“idea” che egli ritiene il momento più cruciale perché
solo quando è perfetta e completa assicura la nascita di un film. Può soltanto
essere una semplice emozione. Oggi, invece, il cinema si trova,
pericolosamente, in una fase di ossessione e recessione creativa. L’idea
diventa parola e storia, quella breve, perché la sceneggiatura non può avere
una credibilità letteraria.
Nella fase successiva, Weir si sente un detective, a
caccia dell’attore giusto per un personaggio sul quale ci sono soltanto indizi
iniziali. Seguono le diverse trappole, che vanno evitate perché un regista deve
mantenere la propria individualità anche quando è sotto pressione per colpa
degli studios, capaci di rovinare l’atmosfera. Ammette: “Sono un detective
anche nella fase del montaggio. Rivedo tutto, centinaia di ore di girato, perché
anche tre soli secondi possono creare un momento magico”. La musica è una vera
musa ispiratrice: dice ciò che le parole non possono dire. Per questo ha un
sogno: “Fare un film senza parole”. Ma deve fare i conti con la realtà del
mercato. Da un lato si sente un dottore: “Decido io come curare, devono fidarsi
di me quando faccio delle scelte”. Dall’altra è abbastanza franco sul pubblico
di oggi: “Il venerdì sera in una multisala: popcorn e trailer. Tutto questo è
molto volgare. Mi domando: come sono riuscito a fare film fino ad oggi? I miei
film li faccio per commuovere”. Progetti? War magician, ispirato alla
storia vera di un mago che riuscì a sconfiggere Rommel e parte del colosso
nazista. Ma di più non dice: “Perché ogni film è come un tartufo: non lo si può
coltivare, lo si trova per caso. E, comunque, quando funziona, è sempre un
piccolo miracolo”.
Luca Pellegrini, da Taormina, per la Radio Vaticana.
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17
giugno 2004
E’ PARTITO
OGGI IL CAMMINO ECUMENICO DI PACE PROMOSSO
DAL CONSIGLIO
DELLE CHIESE CRISTIANE DI MILANO
E DIRETTO A
GERUSALEMME. VI PRENDE PARTE IL CARDINALE DIONIGI TETTAMANZI
INSIEME CON
I RAPPRESENTANTI DELLE ALTRE CONFESSIONI CRISTIANE
- A cura di
Ignazio Ingrao -
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MILANO.= “Siamo venuti a
Gerusalemme e in questa terra travagliata per incontrare chi soffre e paga le
conseguenze di un pesante conflitto, chi è provato nella speranza di poterne
vedere una soluzione, chi malgrado tutto persevera a cercare ostinatamente vie
di pace, chi ama la ‘città santa’ per tre grandi tradizioni religiose”. Con queste
parole si apre il messaggio che i 130 partecipanti al cammino di pace consegneranno
a Israeliani e Palestinesi in Terra Santa. Saranno diversi i “segni” e i luoghi
di pace che verranno visitati durante il cammino che proseguirà fino al 24
giugno. Sono previsti anche due incontri con il cardinale Carlo Maria Martini.
“Dopo secoli di conflitti e guerre di religione che hanno lacerato la cristianità
e le nostre chiese, da alcuni decenni, stiamo percorrendo insieme un itinerario
di dialogo e di riconciliazione, accogliendoci reciprocamente con le nostre
differenze e rifiutando intolleranze e fondamentalismi”, afferma ancora il messaggio
di pace. E prosegue: “Proprio a Gerusalemme è visibile il segno delle nostre
divisioni, ma siamo testimoni che lo Spirito di Dio opera nelle nostre chiese
per trasfigurare la divisione in quell’unità nella diversità che si attua
quando in spirito di dialogo ci si ascolta per scoprire e lenire le ferite che
sanguinano negli animi. Anche nelle terre del Medio Oriente le chiese camminano
insieme e noi preghiamo perché possano essere a servizio della pace”.
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E’
DIMINUITO DEL 18 PER CENTO NEL CORSO DEL 2003
IL
NUMERO DEI RIFUGIATI NEL MONDO.
LO
HA ANNUNCIATO L’ALTO COMMISSARIATO ONU
IN
VISTA DELLA GIORNATA MONDIALE PER I RIFUGIATI
CHE
RICORRE IL PROSSIMO 20 GIUGNO
GINEVRA.= “L’incremento degli
sforzi internazionali volti a trovare soluzioni durature per milioni di persone
sradicate dal proprio Paese d’origine, unito al lavoro continuo dell’Alto
Commissariato Onu per i rifugiati e dei suoi partner, per affrontare le crisi
umanitarie” sono tra le principali ragioni indicate dall’Alto Commissario, Ruud
Lubbers, per spiegare il dato confortante della diminuzione dei rifugiati nel
mondo. In totale nel corso del 2003 l’Alto Commissariato Onu per i Rifugiati (Acnur)
ha assistito 17,1 milioni di persone in tutto il mondo, il dato più basso da
almeno un decennio. Questa cifra, ha spiegato Lubbers, comprende 9,7 milioni di
rifugiati, 1,1 milioni di rimpatriati, 4,2 milioni di sfollati interni, 233
mila sfollati che sono rientrati, 995 mila richiedenti asilo e 912 mila altri,
tra cui gli apolidi. In Europa, le persone assistite dall’Acnur sono state 5,4
milioni, 4 milioni in Africa e altrettante in Asia centrale, Sud Est Asiatico,
Africa del Nord e Medio Oriente, 2,3 milioni nelle Americhe e nei Carabi, 1,4
milioni nel resto dell’Asia e nel Pacifico. Nella classifica dei Paesi che
offrono asilo, al primo posto figura il Pakistan, con 1,1 milioni di rifugiati
sul proprio territorio, seguono l’Iran (985 mila), la Germania (960 mila), la
Tanzania (650 mila), gli Stati Uniti (452.500). Sei i Paesi dai quali, nel
corso del 2003, sono fuggiti il maggior numero di rifugiati: il Sudan, dal
quale provengono 112mila profughi e richiedenti asilo, la Liberia (87 mila), la
Repubblica Centroafricana (33 mila), la Repubblica democratica del Congo (30
mila), la Costa d’Avorio (22 mila), la Somalia (15 mila). (I.I.)
UN
PROGRAMMA DI FORMAZIONE PER LE DONNE AFRICANE CHE,
MEDIANTE
BORSE DI STUDIO, POTRANNO SPECIALIZZARSI NEL CAMPO DELLA SANITA’ NEL PROPRIO
PAESE D’ORIGINE. QUESTO, IN SINTESI, IL CONTENUTO DELL’ACCORDO TRA AFMAL
(ASSOCIAZIONE CON I FATEBENEFRATELLI PER I MALATI LONTANI)
E FONDAZIONE MONTALCINI, SIGLATO NEI GIORNI
SCORSI A BENEVENTO
BENEVENTO.= Un programma di
formazione in favore di 36 donne africane che, mediante una borsa di studio,
potranno specializzarsi nel proprio Paese d’origine nel campo della sanità. È
articolato così l’accordo che sarà sottoscritto domani a Benevento, dall’Afmal
(Associazione con i Fatebenefratelli per i Malati Lontani) e la Fondazione
Montalcini. In particolare, la formazione è prevista per varie figure professionali,
dal medico all’infermiere al tecnico di laboratorio. Ad occuparsi della
selezione delle borsiste sarà la Fondazione Montalcini, specializzata da anni
nel campo dell’alfabetizzazione delle donne, nei Paesi in via di sviluppo.
Mentre l’Afmal organizzerà il corso di formazione e ospiterà le allieve nelle
strutture sanitarie dei Fatebenefratelli diffuse nei vari Paesi africani. “Si
tratta di un impegno e di un aiuto concreto – ha dichiarato Fra Pietro
Cicinelli, presidente dell’Afmal – non solo dal punto di vista economico. Le
donne, infatti, studiando e specializzandosi nel proprio Paese d’origine,
potranno conservare le proprie radici mettendo a disposizione della propria
gente, le professionalità acquisite”. E ha aggiunto: “Occorre valorizzare la
donna come risorsa importante per la società civile, in quanto può garantirne
uno sviluppo equilibrato”. A siglare il protocollo d’intesa è stata Rita Levi
Montalcini, premio Nobel per la medicina nel 1986, promotrice del progetto.
(D.G.)
LA CARITAS
INTERNATIONALIS E L’ORGANIZZAZIONE ECUMENICA
“ACTION BY CHURCHES
TOGETHER” (ACT)
HANNO UNITO LE FORZE PER RISPONDERE ALL’EMERGENZA UMANITARIA
NELLA REGIONE
SUDANESE DEL DARFUR
KARTHOUM = Saranno almeno 125 mila i
beneficiari del programma di aiuti lanciato da Caritas internationalis e Act
per far fronte all’emergenza nel Darfur. Gli organismi caritativi della Chiesa
cattolica, protestante e ortodossa si sono uniti per realizzare un programma di
azione della durata di almeno 18 mesi denominato “Act/Caritas Darfur Emergency
Response” (Acder). Le aree interessate alla distribuzione degli aiuti sono a Mershing
e Ta’asha nel Sud del Darfur e a Zalingi nell’Ovest della regione. La base
operativa sarà a Nyala. Assistenza sanitaria e aiuti alimentari, costruzione di
pozzi e installazione temporanea di scuole e ricoveri per le famiglie di
sfollati sono alcuni degli interventi previsti. Gli scontri etnici hanno
provocato fino questo momento oltre un milione di sfollati interni, mentre 130
mila persone sono fuggite nel vicino Ciad. “L’ultimo rapporto sulla situazione
nel Darfur prevede la possibilità di un milione di morti per carestia se non
interveniamo immediatamente”, ha dichiarato Duncan MacLaren, segretario
generale della Caritas internationalis. “Tutte le organizzazioni delle Nazioni
Unite lamentano una mancanza di fondi. E’ necessario che i governi prendano
coscienza della serietà della situazione e mettano risorse a disposizione
affinché siano salvate il maggior numero di vite umane”, afferma MacLaren.
(I.I.)
IL GOVERNO
DELLA COREA DEL SUD HA FINANZIATO UN ISTITUTO CATTOLICO DI MEDICINA
AFFINCHE’ SVILUPPI UNO STUDIO SULLE CELLULE STAMINALI ADULTE.
STANZIATO IL CORRISPETTIVO DI 10 MILIONI DI
DOLLARI
SEOUL.= Un finanziamento di 12 miliardi di
won, ovvero 10 milioni di dollari, in 6 anni è stato stanziato dal ministero
sudcoreano della Sanità per l’Istituto di terapia genetica del Centro medico
cattolico (Cmc), un ospedale legato alla Scuola di medicina dell’Università
cattolica della Corea del Sud. Obiettivo del governo è rendere il Paese un
punto di riferimento nella medicina cellulare nel Nord-est asiatico. L’Istituto
cattolico di medicina –riferisce l’agenzia AsiaNews -si è impegnato, infatti, a
sviluppare lo studio sulle cellule staminali adulte per l’utilizzo nella
“clonazione terapeutica”. Tale studio riporta alla luce il dibattito bioetico
sollevatosi in Corea il 12 febbraio scorso, quando il prof. Hwang Woo-suk,
dell’Università di Seoul, aveva annunciato di aver clonato un embrione
umano e di averne prelevato cellule staminali. Il problema etico sotteso alla
clonazione sta nel fatto che essa si basa sulla riproduzione di un embrione e
sulla sua conseguente soppressione per prelevare staminali, allo scopo di
ricreare particolari tessuti umani per la riparazione di organi quali il cuore
o il cervello. L’utilizzo di cellule staminali adulte o cellule prelevate dal
cordone ombelicale, invece, non comporterebbe la distruzione di alcuna vita e avrebbe
molte più probabilità di successo. Tale pratica è appoggiata da molti
scienziati e dalla Chiesa cattolica. Diversi i progetti che, in tale ambito, il
Cmc sta portando avanti. Tra questi: un convegno internazionale sull’argomento,
l’apertura di un centro per la “clonazione terapeutica” e l’avvio di collaborazioni
con medici specializzati in ematologia, cardiologia, neurologia. (D.G.)
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17 giugno 2004
- A cura di Amedeo Lomonaco e Roberta
Moretti -
L’esplosione di una bomba nei pressi di un centro di
reclutamento e la deflagrazione di un ordigno davanti ad una centrale
elettrica. Su questi ultimi episodi di violenza che questa mattina hanno
devastato l’Iraq, ci riferisce Amedeo Lomonaco:
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Secondo il bilancio fornito dal ministero iracheno della
Sanità, 35 persone sono rimaste uccise e 138 ferite in un ennesimo attentato
avvenuto stamani a Baghdad, nell’area dove è situato il quartier generale della
coalizione. Una vettura imbottita di tritolo, condotta da un attentatore suicida, è saltata in
aria davanti ai cancelli di un centro
di reclutamento per il neo-istituito Corpo di difesa civile iracheno,
creato dalla coalizione. Al momento della deflagrazione, c’erano almeno 100
volontari in attesa di entrare nella base. Il centro attaccato
oggi è stato già colpito, lo scorso 11 febbraio, da un altro agguato costato la
vita a 47 persone. Un soldato ungherese è inoltre morto per un’esplosione a sud
di Baghdad e un’altra bomba è deflagrata presso una centrale elettrica ad al
Mussayib, a sud della capitale, uccidendo due iracheni. In questo complesso
scenario, si deve anche registrare che la Corea del Sud invierà
altri militari nel Paese arabo. Lo ha deciso oggi il parlamento di Seul,
approvando il piano del governo che prevede il dispiegamento di 2.300 soldati,
in aggiunta ai 670 già presenti nel sud dello Stato del Golfo. Ancora da
stabilire, però, i tempi dell’invio e la destinazione del contingente. E a
proposito del piano di rotazione delle truppe di Londra, anche il ministero
britannico della Difesa ha annunciato l’invio di altri militari, almeno 270. Sui tragici attentati dell’11 settembre 2001, una Commissione indipendente
che indaga sulle stragi ha intanto evidenziato, con un rapporto, come non ci
sia alcuna prova credibile su una cooperazione tra Al Qaeda e l’Iraq di Saddam
per attaccare gli Stati Uniti. Osama Bin Laden – rileva il dossier – ha
incontrato nel ’94 un alto dirigente di Baghdad ma “non si può parlare di un
legame collaborativo”. Nel rapporto si precisa anche che Bin Laden è stato
protetto dal regime dei Talebani con il sostegno indiretto del Pakistan.
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Ancora una volta la violenza
della guerriglia ha dunque colpito i civili iracheni. Lo testimonia mons.
Shlemon Warduni, vescovo ausiliare di Baghdad dei Caldei, raggiunto telefonicamente
da Giada Aquilino:
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R. – È la povera gente che cade sotto il peso di questi
attentati. Gli esami stanno per terminare e gli studenti hanno paura di uscire
per strada, perché non si sa dove e come possano avvenire azioni terroristiche.
Ora si teme anche che le violenze possano aumentare.
D. – In quali condizioni vive la popolazione?
R. – Vive come può, alla buona, ma sempre con il timore
del terrorismo e della violenza. Le persone che organizzano e portano a termine
gli attentati non hanno né coscienza, né religione, né Dio, perché Dio è il Dio
dell’amore, della bontà. Nessuna religione vuole la violenza. La popolazione,
quindi, sta pregando perché finisca questo clima difficile e tornino pace e
tranquillità.
D. – Ma la gente spera che la situazione migliori dopo il
30 giugno?
R. – È la nostra speranza. Quando il governo iracheno avrà
tutti i suoi diritti e le sue responsabilità, alla fine del mese, speriamo che
il popolo prenda coscienza che il Paese deve andare avanti. Gli iracheni
dovranno avere i loro diritti, come tutti i popoli del mondo.
D. – Quindi qual è il messaggio che l’Iraq lancia al
mondo?
R. – Specialmente all’Onu, è quello di cooperare per
riportare la pace in Iraq.
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In Pakistan, militanti islamici hanno lanciato nuovi
attacchi contro postazioni militari dell’esercito di Islamabad nella provincia
del Waziristan, non lontano dalla frontiera afghana. Un primo agguato ha avuto
luogo a Ladha, dove almeno due militanti ed un soldato sono stati uccisi. In un
altro scontro a fuoco, avvenuto a Siringo, sono inoltre rimasti uccisi tre
miliziani.
In Israele è stata respinta una mozione che chiedeva lo
scioglimento del parlamento, la Knesset, e la convocazione di nuove elezioni
entro novanta giorni. L’esecutivo di Ariel Sharon ha respinto il provvedimento
con 53 voti, mentre 15 deputati dell’opposizione laburista si sono astenuti. In
base alla legge israeliana, per i prossimi sei mesi non potrà essere
ripresentata una mozione per sciogliere il parlamento, che conta 120 deputati.
Sul terreno, almeno tre palestinesi sono rimasti feriti nel corso di nuovi
scontri avvenuti a Nablus, in Cisgiordania.
L’Agenzia internazionale per l’Energia Atomica (Aiea) ha
ammesso di avere riferito erroneamente che l’Iran aveva taciuto informazioni
alle Nazioni Unite sull’importazione di parti per la costruzione di una
centrifuga utilizzabile anche per l’arricchimento dell’uranio. Lo ha reso noto
l’Aiea, agenzia delll’Onu alla quale spetta il controllo degli accordi
internazionali in materia di nucleare.
In Francia, nove sospetti membri
dell’organizzazione separatista basca Eta sono stati arrestati dalla polizia in
un’operazione scattata all’alba che ha riguardato diverse zone del Paese.
Hanno preso il via all’ora di pranzo i lavori del
primo Consiglio europeo dell’Unione allargata. Dopo l’arrivo ufficiale, i capi
di Stato e di governo e i ministri degli Esteri dei 25 affrontano subito la
discussione sulla Costituzione. “Credo fermamente che i tempi siano maturi per
un accordo giusto”, è stato l’ultimo commento della vigilia da parte del
premier irlandese, Bertie Ahern, presidente di turno dell’Ue. Da Bruxelles il
servizio della nostra inviata Fausta Speranza:
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Due i dossier che i leader hanno trovato sul
tavolo: uno di 90 pagine sui punti risolti negli ultimi incontri; uno di 15
fogli sulle questioni aperte. Poche dunque, ma spinose come la scelta precisa
delle materie da votare a maggioranza qualificata, questione cocente per la
Gran Bretagna, tanto che nelle ultime ore Blair ha promesso al suo parlamento di
difendere gli interessi nazionali arrivando anche ad un veto, se necessario. Le
materie da non toccare, secondo la sensibilità britannica, sarebbero fisco,
difesa, esteri, politica sociale, giustizia e immigrazione. Il dibattito sarà intenso, dunque, ma con
una pausa prevista alla cena di stasera in cui si discuterà “la nomina del
prossimo presidente della Commissione e la designazione dell’Alto
Rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune”. Per il successore
di Prodi la partita è ancora aperta ma dopo l’ipotesi di un rinvio, sembra si
punti ad una decisione nelle prossime ore. In tema di politica estera, invece,
è sempre più scontata la rielezione di Solana, che in base alle riforme
previste diventerà il ministro degli esteri dell’Unione tanto auspicato,
riunendo la carica di Alto rappresentante e quella di commissario alle relazioni
esterne. Un’altra delle novità istituzionali riguarda proprio il Consiglio che
rappresenta i governi a livello di vertice: la presidenza non durerà solo sei mesi
ma ci sarà un mandato di due anni e mezzo, rinnovabile per una volta. In
parallelo, nuovi poteri per il Parlamento e nuovo corso anche per la
Commissione, che avrà 18 commissari scelti a rotazione. C’è poi l’inedito
sistema di voto a maggioranza, che prevede il 55 per cento degli Stati membri
che rappresentino il 65 per cento della popolazione. Tutto ciò fa parte del
dossier delle intese faticosamente raggiunte ma resta da vedere se, come
sottolineano in molti, c’è davvero la volontà di promuovere l’intero Trattato
costituzionale.
Da Bruxelles, Fausta Speranza, Radio Vaticana.
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Attesa
da molti con la speranza di poter sbloccare le trattative commer-ciali mondiali
arenatesi a Cancun, l’11.ma riunione dell’Unctad, in svolgimento a San Paolo del
Brasile, sembra piuttosto essersi trasformata in un innovativo laboratorio di
cooperazione fra Paesi in via di sviluppo. Dopo le drammatiche denunce del segretario
generale dell’Onu, Kofi Annan, e dello stesso presidente brasiliano, Luís
Ignacio Lula da Silva, sulla poca disponibilità dei Paesi ricchi a collaborare
per un’armonica crescita dell’economia mondiale, Brasile ed Argentina hanno
deciso di lanciare un’inedita offensiva ed hanno convocato un gruppo di 44
Paesi in via di sviluppo, cui hanno proposto di liberalizzare reciprocamente
parte del proprio commercio. Il servizio di Maurizio Salvi:
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L’originalità dell’idea sta nel
fatto che essa si basa sul cosiddetto sistema globale di preferenze commerciali
fra Paesi in via di sviluppo, creato negli anni Ottanta e poi dimenticato. Esso
permette ai suoi membri di eliminare barriere commerciali senza per forza dover
estendere le facilitazioni ai Paesi ricchi. Lo stesso Annan si è a giusto
titolo lamentato della poca attenzione che i mezzi di informazione stanno dando
a questa riunione, perché con tutta evidenza da essa sta nascendo un nuovo
capitolo di cooperazione sud-sud, che potrebbe avere importanti sviluppi nei
prossimi mesi. Gli organizzatori hanno, fra l’altro, annunciato che ai lavori
del gruppo, di cui fanno parte Brasile, Argentina, India, Pakistan, Egitto e
Nigeria, sarà invitata nientemeno che la stessa Cina.
Maurizio Salvi, per la Radio
Vaticana.
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Dopo due settimane di scontri,
non è ancora tornata la calma nell’est della Repubblica Democratica del Congo.
Il governo ha inviato almeno 2 mila soldati nella provincia del Sud Kivu, dove
i militari ammutinati – guidati dal colonnello Mutebusi – controllano il villaggio
di Kamanyola. Un altro leader ribelle, il generale Nkunda, ha inoltre
minacciato un nuovo attacco contro Bukavu e di dichiarare guerra a Kinshasa, se
l’Onu non si impegnerà a difendere i tutsi congolesi di etnia Banyamulenge.
Secondo fonti governative locali e fonti d’agenzia, sarebbero circa 25 mila i
profughi fuggiti in Rwanda e Burundi.
Il Tribunale penale
internazionale per l’ex Jugoslavia ha respinto, ieri, la richiesta della difesa
di ritirare le accuse per insufficienza di prove contro l’ex presidente serbo,
Slobodan Milosevic, ritenuto responsabile di genocidio per la guerra di Bosnia
e di crimini di guerra e contro l’umanità per i conflitti in Croazia ed in
Kosovo. Il processo contro Milosevic, che non ha nominato un avvocato e si
difende da solo, è cominciato il 12 febbraio del 2002 ed è ora sospeso da alcuni
mesi per dare tempo all’imputato di preparare la difesa. Rinviato più volte
anche per le condizioni di salute di Milosevic, dovrebbe riprendere il 5 luglio
prossimo. Da dietro le sbarre del centro di detenzione del Tribunale dell’Aja,
l’ex presidente serbo si è lamentato della scarsità del tempo a sua
disposizione per preparare la difesa. La sentenza è prevista per il 2006.
Il pedofilo belga Marc Dutroux è
colpevole. E’ questa la sentenza emessa dai dodici giudici popolari chiamati ad
emettere un verdetto. L’ex elettricista, secondo la giuria, è responsabile di
rapimento e sequestro, ma anche della morte delle due adolescenti An ed Eeifje.
L’entità delle pena per Dutroux sarà invece decisa in un secondo tempo, probabilmente
non prima di lunedì prossimo, con una seconda deliberazione della giuria.
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