RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVIII n. 169 - Testo della trasmissione di giovedì 17 giugno 2004

 

Sommario

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

La Chiesa della Colombia lavori per la pace e la riconciliazione nel Paese ferito dalla guerra civile: è l’esortazione di Giovanni Paolo II ad un gruppo di vescovi colombiani in visita ad Limina.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

La carità tra le armi: l’importante ruolo della Radio Vaticana in aiuto ai prigionieri di guerra e alle loro famiglie, negli anni del secondo conflitto mondiale: intervista con il cardinale Roberto Tucci

 

Aperti in Germania i lavori al 95.mo Katholikentag tedesco

 

Si celebra oggi la Giornata mondiale contro la siccità e la desertificazione: con noi Mario Tozzi ed il professor Piero Gagliardo

 

Un progetto dell’Unicef per aumentare l’accesso all’istruzione dei minori nei Paesi poveri: ce ne parla Roberto Salvan

 

Al Festival di Taormina, la “Lezione di cinema” di Peter Weir.

 

CHIESA E SOCIETA’:

E’ partito oggi verso Gerusalemme, alla presenza del cardinale Tettamanzi, il cammino ecumenico di pace promosso dal Consiglio delle Chiese cristiane di Milano e diretto.

 

E’ diminuito del 18% nel corso del 2003 il numero dei rifugiati nel mondo. Lo ha annunciato l’Alto Commissariato Onu in occasione della Giornata mondiale per i rifugiati che ricorre il prossimo 20 giugno

 

Siglato nei giorni scorsi a Benevento l’accordo tra Afmal (Associazione con i Fatebenefratelli per i malati lontani) e Fondazione Montalcini

 

La Caritas Internationalis e l’organizzazione ecumenica “Action by churches together” (Act) hanno unito le forze per rispondere all’emergenza umanitaria nella regione sudanese del Darfur

 

Il governo della Corea del Sud ha finanziato un istituto cattolico di medicina affinché sviluppi uno studio sulle cellule staminali adulte per l’utilizzo nella “clonazione terapeutica”.

 

24 ORE NEL MONDO:

In Iraq, almeno 35 morti per l’esplosione di un’autobomba davanti ad un centro di reclutamento

 

A Bruxelles, iniziano i lavori del primo Consiglio europeo dell’Unione allargata

 

Sul tema del commercio mondiale, prosegue a San Paolo la Conferenza dell’Unctad. 

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

17 giugno 2004

 

 

LA CHIESA DELLA COLOMBIA LAVORI PER LA PACE E LA RICONCILIAZIONE

NEL PAESE AFFLITTO DALLA GUERRA CIVILE:

E’ L’ESORTAZIONE DI GIOVANNI PAOLO II

AD UN GRUPPO DI VESCOVI COLOMBIANI IN VISITA AD LIMINA

- Servizio di Alessandro Gisotti -

 

La Chiesa della Colombia contribuisca alla costruzione della pace nel Paese ferito dalla guerra civile. E’ l’esortazione di Giovanni Paolo II ad un gruppo di presuli colombiani ricevuti, stamani, al termine della visita ad Limina. Il Papa ha ricordato il suo viaggio apostolico in terra colombiana nel 1986, quindi ha invitato i vescovi a promuovere la difesa della famiglia e a proseguire nell’opera dell’evangelizzazione, missione primordiale della Chiesa. Il servizio di Alessandro Gisotti:

 

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QUERIDOS HERMANOS EN EL EPISCOPADO...

 

Ponete tutto il vostro “impegno pastorale nel promuovere la riconciliazione, che deriva dall’evangelizzazione”, quale “rimedio efficace e permanente” ai gravi mali, che affliggono la nazione colombiana, a causa della guerra civile. Giovanni Paolo II ha esortato così i vescovi del Paese latinoamericano, di fronte alla tragedia della violenza, che ha provocato sofferenze e lutti. E qui il Papa ha ricordato mons. Duarte, arcivescovo di Cali, barbaramente ucciso nel servizio al Vangelo e alla causa della pace, così come altri sacerdoti e religiosi.

 

Questo conflitto, ha proseguito, ha costretto “tanti colombiani a vivere nella povertà”, fomentando “una cultura di morte e violenza al posto di una cultura della vita e della solidarietà, propria delle vostre radici cattoliche”. Da anni, ha detto ancora, il conflitto interno alla Colombia causa vittime innocenti, dolore alle famiglie e alla società e, ancora, insicurezza e povertà. Per questo, ha avvertito il Papa, le scelte pastorali devono dare “priorità alla pace e alla riconciliazione” contribuendo all’edificazione di una società sopra i “solidi principi cristiani della verità, giustizia, amore e libertà”. I vescovi, ha aggiunto, devono dunque promuovere il “perdono che nasce dal sincero desiderio di riconciliazione con Dio e i propri fratelli”.

 

Il Papa non ha, poi, mancato di sottolineare l’attenzione che i presuli devono rivolgere alla promozione e difesa dell’istituzione familiare, attaccata da “un movimento diffuso che tende a indebolire la sua vera natura”. Per questo, ha affermato, bisogna difendere il matrimonio e la famiglia. Una verità, ha evidenziato, valida non solo per i cattolici, giacché “il matrimonio e la famiglia costituiscono un bene insostituibile per la società”, che non può restare indifferente “dinnanzi alla sua degradazione o perdita di identità”. Ha quindi esortato i presuli a dedicare, nella pastorale familiare, una particolare cura alle coppie giovani e alle famiglie in difficoltà. D’altro canto, il Pontefice si è detto compiaciuto per le tante vocazioni che distinguono la comunità ecclesiale colombiana ed ha ricordato i nuovi Beati del Paese latinoamericano, esempi di santità che arricchiscono il patrimonio spirituale della nazione colombiana.

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UDIENZE E NOMINE

 

Nel corso della mattinata, Giovanni Paolo II ha ricevuto il cardinale Geraldo Majella Agnelo, arcivescovo di San Salvador di Bahia (Brasile), presidente della Conferenza episcopale, accompagnato dal segretario generale della stessa, il vescovo Odilo Pedro Scherer, ausiliare di San Paolo.

 

Il Papa ha nominato nunzio apostolico in Mongolia, l’arcivescovo Emil Paul Tscherrig, finora nunzio apostolico in Corea.

 

In India, il Pontefice ha nominato vescovo coadiutore della diocesi di Tura, il sacerdote Andrew Marak, parroco di S. Teresa a Dadengre. Il neopresule, 54 anni, ha studiato Teologia pastorale in patria e nelle Filippine. Tra i suoi incarichi, quelli Difensore del vincolo e Promotore di giustizia al Tribunale Matrimoniale, formatore diocesano dei catechisti, di editore della mensile diocesano "Sengbaa". La diocesi di Tura sorge tra le montagne e le colline della parte occidentale dello Stato di Meghalaya. Conta circa 800 mila abitanti, dei quali 200 mila cattolici, suddivisi in 30 parrocchie, con 71 sacerdoti, 163 religiose e 17 seminaristi maggiori. 

 

 

CREAZIONE DI PROVINCIA ECCLESIASTICA IN INDIA

E NOMINA DEL PRIMO ARCIVESCOVO

 

In India, Giovanni Paolo II ha creato la nuova Provincia ecclesiastica di Trivandrum dei Latini, dividendola dalla Provincia ecclesiastica di Verapoly. La nuova Provincia ecclesiastica comprenderà le diocesi suffraganee di Alleppey, Neyyattinkara, Panular e Quilon. Come primo arcivescovo metropolita di Trivandrum dei Latini, il Papa ha nominato mons. Maria Callist Soosa Pakiam, finora vescovo della medesima diocesi.

 

         In India ci sono 20 Provincie ecclesiastiche di rito latino e un totale di 109 diocesi suffraganee, dieci delle quali sono di rito orientale. Dopo la divisione, la Provincia ecclesiastica di Verapoly avrà 23 milioni di abitanti e 658 mila cattolici, con 861 sacerdoti e 3.236 religiose, mentre la nuova Provincia ecclesiastica di Trivandrum dei Latini conterà 11 milioni e 200 mila abitanti, con 756 mila cattolici, 500 sacerdoti e duemila religiose.

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Apre la prima pagina l’Iraq: l’ennesima strage ha lacerato il cuore di Baghdad: un’autobomba, guidata da un “kamikaze”, è esplosa davanti ad un centro di reclutamento del nuovo esercito iracheno.

 

Nelle vaticane, nel discorso ai vescovi colombiani in visita “ad limina” Giovanni Paolo II ha sottolineato che nelle scelte pastorali occorre dare priorità alla pace e alla riconciliazione edificando la società sui saldi principi della verità, della giustizia e della libertà.

Una pagina dedicata alla solennità del Sacro Cuore di Gesù.

 

Nelle estere, per la rubrica dell’“Atlante geopolitico”, un articolo di Gabriele Nicolò dal titolo “Fao: 35 Paesi segnati dall’emergenza alimentare”.

 

Nella pagina culturale, un articolo di Angelo Mundula dal titolo “Il sentimento del naufrago”: la letteratura e il tema dell’esilio interiore. 

 

Nelle pagine italiane, in rilievo il dibattito, in sede politica, alla luce dei risultati delle elezioni europee ed amministrative.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

17 giugno 2004

 

 

LA CARITÀ TRA LE ARMI: L’IMPORTANTE RUOLO DELLA RADIO VATICANA

IN AIUTO AI PRIGIONIERI DI GUERRA E ALLE LORO FAMIGLIE,

NEGLI ANNI DEL SECONDO CONFLITTO MONDIALE

- A cura di Roberta Gisotti -

 

 

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Cresce l’attesa fra gli studiosi ma anche tra i comuni cittadini, che serbano memoria dei tragici eventi del secondo conflitto mondiale, per l’imminente  pubblicazione di due volumi, che raccolgono l’inventario dell’Ufficio informazioni sui prigionieri di guerra, tratto dall’Archivio segreto Vaticano. I libri intitolati “Inter arma caritas” saranno editi entro questo mese di giugno, accompagnati da 8 Dvd, che riproducono l’immagine delle schede autentiche del Fondo per un totale di 2.100.000 nomi di detenuti di guerra, di cui si richiesero informazioni. Carte che gli esperti potranno consultare anche direttamente dal 15 settembre prossimo e che testimoniano l’impegno costante di Pio XII, cui si deve l’apertura di questo speciale Ufficio della Santa Sede, che lavorò alacremente sotto la guida dell’allora sostituto della Segreteria di Stato, mons. Giovanni Battista Montini, il futuro Papa Paolo VI. A rievocare il cardinale Roberto Tucci, al microfono di Rosario Tronnolone:

 

“E’ una documentazione molto importante, perché dimostra quanto sia ingiusta quella ‘leggenda nera’ che da diversi decenni si è formata contro Pio XII, ed un altro tassello della dimostrazione sempre più completa – attraverso la conoscenza stessa, l’apertura stessa degli Archivi vaticani – di questa azione voluta da Pio XII in tutte le occasioni per poter venire incontro alle sofferenze inflitte dalla guerra. In questa azione di Pio XII, non c’era nessuna esclusione per ragioni confessionali o di diversa religione: si aiutavano e si rispondeva alle domande di cattolici, di protestanti, di ebrei, anche di non credenti”.

 

E un ruolo determinante forse poco conosciuto o dimenticato, è stato quello svolto proprio dalla Radio Vaticana in aiuto a milioni di persone che erano in cerca di notizie sui propri cari dispersi o a quanti detenuti volevano comunicare con le proprie famiglie.

 

“In questa vicenda, anche la Radio Vaticana ha avuto una grande parte. Nel 1981, nel 50.mo della fondazione della Radio Vaticana, l’indimenticabile Fernando Bea scrisse un libro che si intitola “Mezzo secolo della Radio del Papa”, in cui si legge che “la Radio Vaticana fu lo strumento indispensabile dell’Ufficio informazioni, teso a collegare tra loro i punti più disparati del globo. Non si limitò a lanciare nello spazio appelli e messaggi. Si mise in corrispondenza con nunziature, curie vescovili, parrocchie, sedi di Azione Cattolica. Queste organizzarono posti di ascolto in un’ora e su una lunghezza d’onda convenuta”. Si parla in questo testo di un totale di 70 trasmissioni settimanali, alcune delle quali si protraevano per due o tre ore, raggiungendo fino alle 12-13 ore al giorno. Nell’arco complessivo degli anni tra il ’40 e il ’46 la Radio Vaticana trasmise infatti un totale di un milione 240 mila 728 messaggi, impiegando 12 mila 105 ore di trasmissione effettiva. E’ come se la Radio avesse trasmesso per un anno e mezzo e per 24 ore al giorno solo questi messaggi”.

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APERTO A ULM, IN GERMANIA, IL 95.MO KATHOLIKENTAG  TEDESCO:

OGGI POMERIGGIO, DIBATTITO TRA IL CARDINALE LEHMANN E IL TEOLOGO KÜNG

- Servizio di Ludwig Waldmüller -

 

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Sono tanti i partecipanti, senza dubbio. Dalle dieci di questa mattina è aperto il centro del Katholikentag, fuori dalla città di Ulm, dove in grandi aule sono allestiti i diversi stand delle diverse organizzazioni cattoliche tedesche. Qui si trovano le diocesi della Germania, l’Associazione delle religiose e dei religiosi, ma anche il Comitato delle segretarie nelle parrocchie. Ma anche qualche casa editrice cattolica, i movimenti giovanili, e si scopre sempre un’associazione della quale non si conosceva nemmeno l’esistenza.

 

Anche tra i partecipanti si può vedere gente di ogni età e professione: tra loro, tantissimi giovani. La prima giornata completa del Katholikentag è iniziata questa mattina con celebrazioni eucaristiche nelle diverse chiese della città e con veglie di preghiera. Sono seguite meditazioni bibliche nei luoghi più diversi ed anche lì era elevatissimo il numero delle persone. Per tutto l’arco della giornata sono previsti colloqui, incontri e manifestazioni.

 

I temi sono diversificati, come i visitatori: si parla di spiritualità, di teologia, di musica sacra o di politica e società. “Il Katholikentag è una grande chance per la Chiesa cattolica”, ha affermato il cardinale Karl Lehmann, presidente della Conferenza episcopale tedesca:

 

“Per il cattolicesimo tedesco è molto importante avere la possibilità, ogni due anni, di presentarsi al grande pubblico, di essere in prima fila nel dialogo con la società, anche per introdurre qualche innovazione, come ad esempio il Movimento liturgico, il Movimento ecumenico, quello biblico. Ma anche altre iniziative a favore della dottrina sociale hanno avuto nel Katholikentag una possibilità di presentarsi al pubblico”.

 

Una delle discussioni più attese si svolgerà sabato: il cardinale Lehmann discuterà con il teologo Hans Küng, di Tübingen, il quale prenderà la parola ad un Katholikentag per la prima volta dall’imposizione del divieto di insegnare in una facoltà teologica. Tema del dibattito: l’anniversario della Costituzione apostolica sulla Chiesa edita dal Concilio Vaticano II.

 

Da Ulm, Ludwig Weissmüller, Radio Vaticana.

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SUD DEL MONDO E UTILIZZO RAZIONALE DELLE RISORSE IDRICHE

PER EVITARE ESODI DI MASSA, DEGRADO AMBIENTALE E MISERIA: IL TEMA AL CENTRO

DELLA GIORNATA MONDIALE CONTRO LA SICCITA’ E LA DESERTIFICAZIONE

- Intervista con Mario Tozzi ed il professor Piero Gagliardo -

 

“Le dimensioni sociali della desertificazione: migrazione e povertà”: è questo il tema della decima Giornata mondiale per la lotta alla siccità e alla desertificazione, che si celebra oggi. L’evento si inserisce nel quadro di una campagna internazionale, mediante la quale le Nazioni Unite mirano ad accrescere la consapevolezza del deterioramento ambientale nel pianeta e dell’allarmante degrado delle terre aride. Ce ne parla Dorotea Gambardella:

 

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(musica)

 

Il 39 per cento della superficie terrestre è affetta da desertificazione, fenomeno che colpisce più di 110 Paesi nel mondo e circa 250 milioni di persone. Sono alcuni dati forniti dalle Nazioni Unite, che sottolineano come il 70 per cento dei terreni aridi utilizzati in agricoltura siano già degradati. Ma che cosa significa desertificazione e qual è la differenza tra questo fenomeno e la siccità? Ci risponde Mario Tozzi, geologo e ricercatore del Cnr:

 

R. - Un’area è siccitosa quando le precipitazioni assommano a meno di 250 mm all’anno. Queste sono le aree desertiche nel mondo. Però, perché ci sia desertificazione, è necessario che quel terreno vada perduto per gli usi umani.

 

D. – Quali conseguenze determina la desertificazione?

 

R. – La prima è la perdita di una risorsa non rinnovabile, perché per avere quei 15 cm che sono il minimo necessario per poter fare delle coltivazioni ci vogliono migliaia di anni. E la seconda è che in questo modo si costringono le persone che vivono in quelle aree, gli animali e anche le piante, il manto vegetale, a migrare oppure a scomparire.

 

D. – Quali sono secondo lei le strategie per combattere sia siccità che desertificazione?

 

R. – Il risparmio e l’uso efficiente dell’acqua sono comunque i due modi per cui, dove c’è poca acqua, la si possa conservare ed utilizzare al meglio. L’altra è quella di conservare il suolo e, dunque, non deforestare e destinare tutto a pascoli e agricoltura, perché questo comporta una perdita di quel terreno.

 

(musica)

 

Tra le aree maggiormente afflitte da siccità e desertificazione, figurano molti Paesi di Africa, Asia, America Latina e carabi, ma non solo: i due fenomeni interessano anche il 74 per cento degli Stati Uniti e una bella fetta di Europa, Italia, Grecia, Spagna e Portogallo in testa. Sentiamo, in proposito, una riflessione del professor Piero Gagliardo, presidente del Comitato nazionale per la lotta alla siccità e alla desertificazione:

 

R. – E’ ben più conosciuto il processo di desertificazione in Africa, in Cina o in Australia, e molto meno avvertito come problema vitale per l’essere umano quello che sta accadendo in Europa, dove sembra che l’unico problema sia quello di avere risorse finanziarie tali per permettersi qualunque cosa. La realtà dei fatti deve fare i conti con il clima, con la respirabilità dell’aria, con la potabilità dell’acqua. Se l’atmosfera è inquinata non sarà sufficiente avere i soldi per spostarsi da una parte all’altra, perché investirà l’intero pianeta.

 

(musica)

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UN PROGETTO DELL’UNICEF PER AUMENTARE L’ACCESSO ALL’ISTRUZIONE

DEI MINORI NEI PAESI POVERI

- Intervista con Roberto Salvan -

 

         Il coinvolgimento di minori scolarizzati per aiutare i coetanei che non hanno accesso all’istruzione ad inserirsi a scuola. E’ il progetto “Child to Child Survey”, lanciato dall’Unicef in occasione della Giornata mondiale del bambino africano, celebrata ieri. Il servizio di Francesca Sabatinelli.

 

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Centoventuno milioni di bambini a livello mondiale non hanno accesso all’educazione primaria: oltre 24 milioni di questi vivono nel continente africano. Ma mandare un bambino o una bambina a scuola significa per le comunità e le nazioni un investimento sul futuro, ricorda Roberto Salvan, direttore generale di Unicef Italia:

 

“Stiamo notando che le risorse dei Paesi donatori verso l’Africa e in particolare verso l’istruzione primaria si stanno notevolmente riducendo. Nell’ultimo Rapporto dell’Unicef, abbiamo notato che c’è addirittura un’inversione di tendenza: i bambini che non vanno a scuola sono drammaticamente aumentati invece che ridursi, così come lo abbiamo riscontrato in Asia e in America Latina”.

 

Sono soprattutto le bambine ad essere tagliate fuori dal circuito scolastico. La drammatica povertà, i matrimoni precoci, il rapimento delle bimbe sono tra le principali cause:

 

“Le bambine che non vanno a scuola sono tra il 55 e il 60 per cento, mentre i bambini ci vanno di più. E questo perché le bambine possono assolvere a molte faccende domestiche. Ai maschi viene garantito un maggiore accesso alla scuola primaria”.

 

L’Unicef lancia, dunque, un progetto globale, “Child to Child Survey”, gruppi di studenti coinvolgono i coetanei costretti a lavorare, che a loro volta spiegano le ragioni per cui non vanno a scuola. Un progetto che finora interessa Etiopia, Kenya, Malawi e Ciad ma che presto riguarderà anche altri Paesi. Ancora Roberto Salvan:

 

“Tutti i dati raccolti in questi Paesi verranno presentati dall’Unicef ai governi, alle istituzioni, alle organizzazioni umanitarie, alla comunità stessa per far capire le ragioni che impediscono ai bambini di andare a scuola. Questo è uno dei diritti fondamentali della Convenzione: rendere i bambini protagonisti dei lori diritti. Il fatto che ci siano bambini che vanno a scuola, che diventino più consapevoli dei loro diritti negati - giacché ci sono tanti loro coetanei che a scuola non vanno - è un messaggio politico molto forte. Su questo l’Unicef insisterà, coinvolgendo altri Paesi e probabilmente lo faremo anche in altri continenti”.

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AL FESTIVAL DI TAORMINA, LA “LEZIONE DI CINEMA” DI PETER WEIR

- Servizio di Luca Pellegrini -

 

Proseguono al Festival di Taormina gli originali appuntamenti quotidiani con affermati artisti del cinema per le loro “Lezioni di Cinema”. Dopo Luigi Magni e Margarethe von Trotta, grande emozione ha suscitato il regista australiano Peter Weir. In attesa di Jane Campion, Francesco Rosi e Michael Douglas. Servizio di Luca Pellegrini.

 

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Peter Weir è un filosofo del cinema, un grande maestro, un disponibile interlocutore, un saggio dispensatore di consigli, una persona aperta e socievole. Si coglie la sua anima mentre racconta se stesso e il suo cinema dinanzi ad una folta platea di giovani e di critici in silenzioso ascolto per la sua “Lezione”. Mette da subito in pratica la massima che ha ispirato tutta la sua vita, umana e artistica, tratta da uno dei suoi ispiratori, il pittore Matisse: “Un artista non deve mai essere prigioniero di se stesso”. Questo senso della libertà contro ogni forma di oppressione fa parte del suo corredo di regista e sceneggiatore, da Picnic at Hangig Rock a The Truman Show, da Green card al recente Master and Commander. Libertà dai vincoli produttivi e narrativi. I suoi capolavori nascono sempre da un’“idea” che egli ritiene il momento più cruciale perché solo quando è perfetta e completa assicura la nascita di un film. Può soltanto essere una semplice emozione. Oggi, invece, il cinema si trova, pericolosamente, in una fase di ossessione e recessione creativa. L’idea diventa parola e storia, quella breve, perché la sceneggiatura non può avere una credibilità letteraria.

 

Nella fase successiva, Weir si sente un detective, a caccia dell’attore giusto per un personaggio sul quale ci sono soltanto indizi iniziali. Seguono le diverse trappole, che vanno evitate perché un regista deve mantenere la propria individualità anche quando è sotto pressione per colpa degli studios, capaci di rovinare l’atmosfera. Ammette: “Sono un detective anche nella fase del montaggio. Rivedo tutto, centinaia di ore di girato, perché anche tre soli secondi possono creare un momento magico”. La musica è una vera musa ispiratrice: dice ciò che le parole non possono dire. Per questo ha un sogno: “Fare un film senza parole”. Ma deve fare i conti con la realtà del mercato. Da un lato si sente un dottore: “Decido io come curare, devono fidarsi di me quando faccio delle scelte”. Dall’altra è abbastanza franco sul pubblico di oggi: “Il venerdì sera in una multisala: popcorn e trailer. Tutto questo è molto volgare. Mi domando: come sono riuscito a fare film fino ad oggi? I miei film li faccio per commuovere”. Progetti? War magician, ispirato alla storia vera di un mago che riuscì a sconfiggere Rommel e parte del colosso nazista. Ma di più non dice: “Perché ogni film è come un tartufo: non lo si può coltivare, lo si trova per caso. E, comunque, quando funziona, è sempre un piccolo miracolo”.

 

Luca Pellegrini, da Taormina, per la Radio Vaticana.

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CHIESA E SOCIETA’

17 giugno 2004

 

 

E’ PARTITO OGGI IL CAMMINO ECUMENICO DI PACE PROMOSSO

DAL CONSIGLIO DELLE CHIESE CRISTIANE DI MILANO

E DIRETTO A GERUSALEMME. VI PRENDE PARTE IL CARDINALE DIONIGI TETTAMANZI

INSIEME CON I RAPPRESENTANTI DELLE ALTRE CONFESSIONI CRISTIANE

- A cura di Ignazio Ingrao -

 

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MILANO.= “Siamo venuti a Gerusalemme e in questa terra travagliata per incontrare chi soffre e paga le conseguenze di un pesante conflitto, chi è provato nella speranza di poterne vedere una soluzione, chi malgrado tutto persevera a cercare ostinatamente vie di pace, chi ama la ‘città santa’ per tre grandi tradizioni religiose”. Con queste parole si apre il messaggio che i 130 partecipanti al cammino di pace consegneranno a Israeliani e Palestinesi in Terra Santa. Saranno diversi i “segni” e i luoghi di pace che verranno visitati durante il cammino che proseguirà fino al 24 giugno. Sono previsti anche due incontri con il cardinale Carlo Maria Martini. “Dopo secoli di conflitti e guerre di religione che hanno lacerato la cristianità e le nostre chiese, da alcuni decenni, stiamo percorrendo insieme un itinerario di dialogo e di riconciliazione, accogliendoci reciprocamente con le nostre differenze e rifiutando intolleranze e fondamentalismi”, afferma ancora il messaggio di pace. E prosegue: “Proprio a Gerusalemme è visibile il segno delle nostre divisioni, ma siamo testimoni che lo Spirito di Dio opera nelle nostre chiese per trasfigurare la divisione in quell’unità nella diversità che si attua quando in spirito di dialogo ci si ascolta per scoprire e lenire le ferite che sanguinano negli animi. Anche nelle terre del Medio Oriente le chiese camminano insieme e noi preghiamo perché possano essere a servizio della pace”.

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E’ DIMINUITO DEL 18 PER CENTO NEL CORSO DEL 2003

IL NUMERO DEI RIFUGIATI NEL MONDO.

LO HA ANNUNCIATO L’ALTO COMMISSARIATO ONU

IN VISTA DELLA GIORNATA MONDIALE PER I RIFUGIATI

CHE RICORRE IL PROSSIMO 20 GIUGNO

 

GINEVRA.= “L’incremento degli sforzi internazionali volti a trovare soluzioni durature per milioni di persone sradicate dal proprio Paese d’origine, unito al lavoro continuo dell’Alto Commissariato Onu per i rifugiati e dei suoi partner, per affrontare le crisi umanitarie” sono tra le principali ragioni indicate dall’Alto Commissario, Ruud Lubbers, per spiegare il dato confortante della diminuzione dei rifugiati nel mondo. In totale nel corso del 2003 l’Alto Commissariato Onu per i Rifugiati (Acnur) ha assistito 17,1 milioni di persone in tutto il mondo, il dato più basso da almeno un decennio. Questa cifra, ha spiegato Lubbers, comprende 9,7 milioni di rifugiati, 1,1 milioni di rimpatriati, 4,2 milioni di sfollati interni, 233 mila sfollati che sono rientrati, 995 mila richiedenti asilo e 912 mila altri, tra cui gli apolidi. In Europa, le persone assistite dall’Acnur sono state 5,4 milioni, 4 milioni in Africa e altrettante in Asia centrale, Sud Est Asiatico, Africa del Nord e Medio Oriente, 2,3 milioni nelle Americhe e nei Carabi, 1,4 milioni nel resto dell’Asia e nel Pacifico. Nella classifica dei Paesi che offrono asilo, al primo posto figura il Pakistan, con 1,1 milioni di rifugiati sul proprio territorio, seguono l’Iran (985 mila), la Germania (960 mila), la Tanzania (650 mila), gli Stati Uniti (452.500). Sei i Paesi dai quali, nel corso del 2003, sono fuggiti il maggior numero di rifugiati: il Sudan, dal quale provengono 112mila profughi e richiedenti asilo, la Liberia (87 mila), la Repubblica Centroafricana (33 mila), la Repubblica democratica del Congo (30 mila), la Costa d’Avorio (22 mila), la Somalia (15 mila). (I.I.)

 

 

UN PROGRAMMA DI FORMAZIONE PER LE DONNE AFRICANE CHE,

MEDIANTE BORSE DI STUDIO, POTRANNO SPECIALIZZARSI NEL CAMPO DELLA SANITA’ NEL PROPRIO PAESE D’ORIGINE. QUESTO, IN SINTESI, IL CONTENUTO DELL’ACCORDO TRA AFMAL (ASSOCIAZIONE CON I FATEBENEFRATELLI PER I MALATI LONTANI)

 E FONDAZIONE MONTALCINI, SIGLATO NEI GIORNI SCORSI A BENEVENTO

 

BENEVENTO.= Un programma di formazione in favore di 36 donne africane che, mediante una borsa di studio, potranno specializzarsi nel proprio Paese d’origine nel campo della sanità. È articolato così l’accordo che sarà sottoscritto domani a Benevento, dall’Afmal (Associazione con i Fatebenefratelli per i Malati Lontani) e la Fondazione Montalcini. In particolare, la formazione è prevista per varie figure professionali, dal medico all’infermiere al tecnico di laboratorio. Ad occuparsi della selezione delle borsiste sarà la Fondazione Montalcini, specializzata da anni nel campo dell’alfabetizzazione delle donne, nei Paesi in via di sviluppo. Mentre l’Afmal organizzerà il corso di formazione e ospiterà le allieve nelle strutture sanitarie dei Fatebenefratelli diffuse nei vari Paesi africani. “Si tratta di un impegno e di un aiuto concreto – ha dichiarato Fra Pietro Cicinelli, presidente dell’Afmal – non solo dal punto di vista economico. Le donne, infatti, studiando e specializzandosi nel proprio Paese d’origine, potranno conservare le proprie radici mettendo a disposizione della propria gente, le professionalità acquisite”. E ha aggiunto: “Occorre valorizzare la donna come risorsa importante per la società civile, in quanto può garantirne uno sviluppo equilibrato”. A siglare il protocollo d’intesa è stata Rita Levi Montalcini, premio Nobel per la medicina nel 1986, promotrice del progetto. (D.G.)

 

 

LA CARITAS INTERNATIONALIS E L’ORGANIZZAZIONE ECUMENICA

“ACTION BY CHURCHES TOGETHER” (ACT)

 HANNO UNITO LE FORZE PER RISPONDERE ALL’EMERGENZA UMANITARIA

NELLA REGIONE SUDANESE DEL DARFUR

 

KARTHOUM = Saranno almeno 125 mila i beneficiari del programma di aiuti lanciato da Caritas internationalis e Act per far fronte all’emergenza nel Darfur. Gli organismi caritativi della Chiesa cattolica, protestante e ortodossa si sono uniti per realizzare un programma di azione della durata di almeno 18 mesi denominato “Act/Caritas Darfur Emergency Response” (Acder). Le aree interessate alla distribuzione degli aiuti sono a Mershing e Ta’asha nel Sud del Darfur e a Zalingi nell’Ovest della regione. La base operativa sarà a Nyala. Assistenza sanitaria e aiuti alimentari, costruzione di pozzi e installazione temporanea di scuole e ricoveri per le famiglie di sfollati sono alcuni degli interventi previsti. Gli scontri etnici hanno provocato fino questo momento oltre un milione di sfollati interni, mentre 130 mila persone sono fuggite nel vicino Ciad. “L’ultimo rapporto sulla situazione nel Darfur prevede la possibilità di un milione di morti per carestia se non interveniamo immediatamente”, ha dichiarato Duncan MacLaren, segretario generale della Caritas internationalis. “Tutte le organizzazioni delle Nazioni Unite lamentano una mancanza di fondi. E’ necessario che i governi prendano coscienza della serietà della situazione e mettano risorse a disposizione affinché siano salvate il maggior numero di vite umane”, afferma MacLaren. (I.I.)

 

 

IL GOVERNO DELLA COREA DEL SUD HA FINANZIATO UN ISTITUTO CATTOLICO DI MEDICINA AFFINCHE’ SVILUPPI UNO STUDIO SULLE CELLULE STAMINALI ADULTE.

 STANZIATO IL CORRISPETTIVO DI 10 MILIONI DI DOLLARI

 

SEOUL.= Un finanziamento di 12 miliardi di won, ovvero 10 milioni di dollari, in 6 anni è stato stanziato dal ministero sudcoreano della Sanità per l’Istituto di terapia genetica del Centro medico cattolico (Cmc), un ospedale legato alla Scuola di medicina dell’Università cattolica della Corea del Sud. Obiettivo del governo è rendere il Paese un punto di riferimento nella medicina cellulare nel Nord-est asiatico. L’Istituto cattolico di medicina –riferisce l’agenzia AsiaNews -si è impegnato, infatti, a sviluppare lo studio sulle cellule staminali adulte per l’utilizzo nella “clonazione terapeutica”. Tale studio riporta alla luce il dibattito bioetico sollevatosi in Corea il 12 febbraio scorso, quando il prof. Hwang Woo-suk, dell’Università di Seoul,  aveva annunciato di aver clonato un embrione umano e di averne prelevato cellule staminali. Il problema etico sotteso alla clonazione sta nel fatto che essa si basa sulla riproduzione di un embrione e sulla sua conseguente soppressione per prelevare staminali, allo scopo di ricreare particolari tessuti umani per la riparazione di organi quali il cuore o il cervello. L’utilizzo di cellule staminali adulte o cellule prelevate dal cordone ombelicale, invece, non comporterebbe la distruzione di alcuna vita e avrebbe molte più probabilità di successo. Tale pratica è appoggiata da molti scienziati e dalla Chiesa cattolica. Diversi i progetti che, in tale ambito, il Cmc sta portando avanti. Tra questi: un convegno internazionale sull’argomento, l’apertura di un centro per la “clonazione terapeutica” e l’avvio di collaborazioni con medici specializzati in ematologia, cardiologia, neurologia. (D.G.)

 

 

 

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24 ORE NEL MONDO

17 giugno 2004

- A cura di Amedeo Lomonaco e Roberta Moretti -

 

L’esplosione di una bomba nei pressi di un centro di reclutamento e la deflagrazione di un ordigno davanti ad una centrale elettrica. Su questi ultimi episodi di violenza che questa mattina hanno devastato l’Iraq, ci riferisce Amedeo Lomonaco:

 

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Secondo il bilancio fornito dal ministero iracheno della Sanità, 35 persone sono rimaste uccise e 138 ferite in un ennesimo attentato avvenuto stamani a Baghdad, nell’area dove è situato il quartier generale della coalizione. Una vettura imbottita di tritolo, condotta da un attentatore suicida, è saltata in aria davanti ai cancelli di un centro di reclutamento per il neo-istituito Corpo di difesa civile iracheno, creato dalla coalizione. Al momento della deflagrazione, c’erano almeno 100 volontari in attesa di entrare nella base. Il centro attaccato oggi è stato già colpito, lo scorso 11 febbraio, da un altro agguato costato la vita a 47 persone. Un soldato ungherese è inoltre morto per un’esplosione a sud di Baghdad e un’altra bomba è deflagrata presso una centrale elettrica ad al Mussayib, a sud della capitale, uccidendo due iracheni. In questo complesso scenario, si deve anche registrare che la Corea del Sud invierà altri militari nel Paese arabo. Lo ha deciso oggi il parlamento di Seul, approvando il piano del governo che prevede il dispiegamento di 2.300 soldati, in aggiunta ai 670 già presenti nel sud dello Stato del Golfo. Ancora da stabilire, però, i tempi dell’invio e la destinazione del contingente. E a proposito del piano di rotazione delle truppe di Londra, anche il ministero britannico della Difesa ha annunciato l’invio di altri militari, almeno 270. Sui tragici attentati dell’11 settembre 2001, una Commissione indipendente che indaga sulle stragi ha intanto evidenziato, con un rapporto, come non ci sia alcuna prova credibile su una cooperazione tra Al Qaeda e l’Iraq di Saddam per attaccare gli Stati Uniti. Osama Bin Laden – rileva il dossier – ha incontrato nel ’94 un alto dirigente di Baghdad ma “non si può parlare di un legame collaborativo”. Nel rapporto si precisa anche che Bin Laden è stato protetto dal regime dei Talebani con il sostegno indiretto del Pakistan.

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Ancora una volta la violenza della guerriglia ha dunque colpito i civili iracheni. Lo testimonia mons. Shlemon Warduni, vescovo ausiliare di Baghdad dei Caldei, raggiunto telefonicamente da Giada Aquilino:

 

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R. – È la povera gente che cade sotto il peso di questi attentati. Gli esami stanno per terminare e gli studenti hanno paura di uscire per strada, perché non si sa dove e come possano avvenire azioni terroristiche. Ora si teme anche che le violenze possano aumentare.

 

D. – In quali condizioni vive la popolazione?

 

R. – Vive come può, alla buona, ma sempre con il timore del terrorismo e della violenza. Le persone che organizzano e portano a termine gli attentati non hanno né coscienza, né religione, né Dio, perché Dio è il Dio dell’amore, della bontà. Nessuna religione vuole la violenza. La popolazione, quindi, sta pregando perché finisca questo clima difficile e tornino pace e tranquillità.

 

D. – Ma la gente spera che la situazione migliori dopo il 30 giugno?

 

R. – È la nostra speranza. Quando il governo iracheno avrà tutti i suoi diritti e le sue responsabilità, alla fine del mese, speriamo che il popolo prenda coscienza che il Paese deve andare avanti. Gli iracheni dovranno avere i loro diritti, come tutti i popoli del mondo.

 

D. – Quindi qual è il messaggio che l’Iraq lancia al mondo?

 

R. – Specialmente all’Onu, è quello di cooperare per riportare la pace in Iraq.

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In Pakistan, militanti islamici hanno lanciato nuovi attacchi contro postazioni militari dell’esercito di Islamabad nella provincia del Waziristan, non lontano dalla frontiera afghana. Un primo agguato ha avuto luogo a Ladha, dove almeno due militanti ed un soldato sono stati uccisi. In un altro scontro a fuoco, avvenuto a Siringo, sono inoltre rimasti uccisi tre miliziani.

 

In Israele è stata respinta una mozione che chiedeva lo scioglimento del parlamento, la Knesset, e la convocazione di nuove elezioni entro novanta giorni. L’esecutivo di Ariel Sharon ha respinto il provvedimento con 53 voti, mentre 15 deputati dell’opposizione laburista si sono astenuti. In base alla legge israeliana, per i prossimi sei mesi non potrà essere ripresentata una mozione per sciogliere il parlamento, che conta 120 deputati. Sul terreno, almeno tre palestinesi sono rimasti feriti nel corso di nuovi scontri avvenuti a Nablus, in Cisgiordania.

 

L’Agenzia internazionale per l’Energia Atomica (Aiea) ha ammesso di avere riferito erroneamente che l’Iran aveva taciuto informazioni alle Nazioni Unite sull’importazione di parti per la costruzione di una centrifuga utilizzabile anche per l’arricchimento dell’uranio. Lo ha reso noto l’Aiea, agenzia delll’Onu alla quale spetta il controllo degli accordi internazionali in materia di nucleare.

In Francia, nove sospetti membri dell’organizzazione separatista basca Eta sono stati arrestati dalla polizia in un’operazione scattata all’alba che ha riguardato diverse zone del Paese.

 

Hanno preso il via all’ora di pranzo i lavori del primo Consiglio europeo dell’Unione allargata. Dopo l’arrivo ufficiale, i capi di Stato e di governo e i ministri degli Esteri dei 25 affrontano subito la discussione sulla Costituzione. “Credo fermamente che i tempi siano maturi per un accordo giusto”, è stato l’ultimo commento della vigilia da parte del premier irlandese, Bertie Ahern, presidente di turno dell’Ue. Da Bruxelles il servizio della nostra inviata Fausta Speranza:

 

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Due i dossier che i leader hanno trovato sul tavolo: uno di 90 pagine sui punti risolti negli ultimi incontri; uno di 15 fogli sulle questioni aperte. Poche dunque, ma spinose come la scelta precisa delle materie da votare a maggioranza qualificata, questione cocente per la Gran Bretagna, tanto che nelle ultime ore Blair ha promesso al suo parlamento di difendere gli interessi nazionali arrivando anche ad un veto, se necessario. Le materie da non toccare, secondo la sensibilità britannica, sarebbero fisco, difesa, esteri, politica sociale, giustizia e immigrazione.  Il dibattito sarà intenso, dunque, ma con una pausa prevista alla cena di stasera in cui si discuterà “la nomina del prossimo presidente della Commissione e la designazione dell’Alto Rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune”. Per il successore di Prodi la partita è ancora aperta ma dopo l’ipotesi di un rinvio, sembra si punti ad una decisione nelle prossime ore. In tema di politica estera, invece, è sempre più scontata la rielezione di Solana, che in base alle riforme previste diventerà il ministro degli esteri dell’Unione tanto auspicato, riunendo la carica di Alto rappresentante e quella di commissario alle relazioni esterne. Un’altra delle novità istituzionali riguarda proprio il Consiglio che rappresenta i governi a livello di vertice: la presidenza non durerà solo sei mesi ma ci sarà un mandato di due anni e mezzo, rinnovabile per una volta. In parallelo, nuovi poteri per il Parlamento e nuovo corso anche per la Commissione, che avrà 18 commissari scelti a rotazione. C’è poi l’inedito sistema di voto a maggioranza, che prevede il 55 per cento degli Stati membri che rappresentino il 65 per cento della popolazione. Tutto ciò fa parte del dossier delle intese faticosamente raggiunte ma resta da vedere se, come sottolineano in molti, c’è davvero la volontà di promuovere l’intero Trattato costituzionale.

 

Da Bruxelles, Fausta Speranza, Radio Vaticana.

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Attesa da molti con la speranza di poter sbloccare le trattative commer-ciali mondiali arenatesi a Cancun, l’11.ma riunione dell’Unctad, in svolgimento a San Paolo del Brasile, sembra piuttosto essersi trasformata in un innovativo laboratorio di cooperazione fra Paesi in via di sviluppo. Dopo le drammatiche denunce del segretario generale dell’Onu, Kofi Annan, e dello stesso presidente brasiliano, Luís Ignacio Lula da Silva, sulla poca disponibilità dei Paesi ricchi a collaborare per un’armonica crescita dell’economia mondiale, Brasile ed Argentina hanno deciso di lanciare un’inedita offensiva ed hanno convocato un gruppo di 44 Paesi in via di sviluppo, cui hanno proposto di liberalizzare reciprocamente parte del proprio commercio. Il servizio di Maurizio Salvi:

 

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L’originalità dell’idea sta nel fatto che essa si basa sul cosiddetto sistema globale di preferenze commerciali fra Paesi in via di sviluppo, creato negli anni Ottanta e poi dimenticato. Esso permette ai suoi membri di eliminare barriere commerciali senza per forza dover estendere le facilitazioni ai Paesi ricchi. Lo stesso Annan si è a giusto titolo lamentato della poca attenzione che i mezzi di informazione stanno dando a questa riunione, perché con tutta evidenza da essa sta nascendo un nuovo capitolo di cooperazione sud-sud, che potrebbe avere importanti sviluppi nei prossimi mesi. Gli organizzatori hanno, fra l’altro, annunciato che ai lavori del gruppo, di cui fanno parte Brasile, Argentina, India, Pakistan, Egitto e Nigeria, sarà invitata nientemeno che la stessa Cina.

 

Maurizio Salvi, per la Radio Vaticana.

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Dopo due settimane di scontri, non è ancora tornata la calma nell’est della Repubblica Democratica del Congo. Il governo ha inviato almeno 2 mila soldati nella provincia del Sud Kivu, dove i militari ammutinati – guidati dal colonnello Mutebusi – controllano il villaggio di Kamanyola. Un altro leader ribelle, il generale Nkunda, ha inoltre minacciato un nuovo attacco contro Bukavu e di dichiarare guerra a Kinshasa, se l’Onu non si impegnerà a difendere i tutsi congolesi di etnia Banyamulenge. Secondo fonti governative locali e fonti d’agenzia, sarebbero circa 25 mila i profughi fuggiti in Rwanda e Burundi.

 

Il Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia ha respinto, ieri, la richiesta della difesa di ritirare le accuse per insufficienza di prove contro l’ex presidente serbo, Slobodan Milosevic, ritenuto responsabile di genocidio per la guerra di Bosnia e di crimini di guerra e contro l’umanità per i conflitti in Croazia ed in Kosovo. Il processo contro Milosevic, che non ha nominato un avvocato e si difende da solo, è cominciato il 12 febbraio del 2002 ed è ora sospeso da alcuni mesi per dare tempo all’imputato di preparare la difesa. Rinviato più volte anche per le condizioni di salute di Milosevic, dovrebbe riprendere il 5 luglio prossimo. Da dietro le sbarre del centro di detenzione del Tribunale dell’Aja, l’ex presidente serbo si è lamentato della scarsità del tempo a sua disposizione per preparare la difesa. La sentenza è prevista per il 2006.

 

Il pedofilo belga Marc Dutroux è colpevole. E’ questa la sentenza emessa dai dodici giudici popolari chiamati ad emettere un verdetto. L’ex elettricista, secondo la giuria, è responsabile di rapimento e sequestro, ma anche della morte delle due adolescenti An ed Eeifje. L’entità delle pena per Dutroux sarà invece decisa in un secondo tempo, probabilmente non prima di lunedì prossimo, con una seconda deliberazione della giuria.

 

 

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