RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVIII n. 168 - Testo della trasmissione di mercoledì 16 giugno 2004

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Il Signore interviene contro le guerre e stabilisce la pace per tutti gli uomini: così oggi Giovanni Paolo II, all’udienza generale in piazza San Pietro

 

L’Europa sia sempre più unita nello spirito e non volti le spalle alle radici cristiane: così il Papa nel messaggio per il 95.mo Katholikentag tedesco

 

Riconciliazione fraterna, lotta alla povertà, all’Aids e alla corruzione: il Pontefice ne parla in un discorso ai vescovi dell’Assemblea speciale per il continente, riuniti nel 12.mo Consiglio post-sinodale

 

Nota del direttore della sala stampa vaticana, Navarro Valls, sulla creazione di due nuove diocesi, nate dalla divisione territoriale dell’arcidiocesi di Barcellona

 

Chiuso oggi in Vaticano l’incontro interdicasteriale sul New Age: intervista con la dott.ssa Teresa Gonçalves.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Concluso il Convegno sui diritti e l’integrazione dei rifugiati: ai nostri microfoni Chiara Peri e Roberto Losciale

 

Il Policlinico “Agostino Gemelli” compie 40 anni. Oggi e domani a Roma le celebrazioni: con noi Lorenzo Ornaghi

 

Al Festival di Taormina, presentato il film “Hurensohn” dell’esordiente regista tedesco Michael Sturminger.

 

CHIESA E SOCIETA’:

Si è concluso lunedì a Belgrado l’incontro annuale organizzato dal Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa

 

Convegno islamo-cristiano, la scorsa settimana a Beirut, sulla convivenza 

I legami tra la propaganda razzista, xenofoba e antisemita su Internet e i crimini ispirati all’odio, al centro della Conferenza dell’Osce

 

Richiesti dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati altri 55 milioni di dollari necessari per le operazioni di assistenza in Ciad

 

Assicurare il pluralismo e l’assistenza spirituale agli atleti: questo l’obiettivo dell’Assemblea delle religioni, presentata oggi a Torino

 

24 ORE NEL MONDO:

In Iraq, un attentato uccide 9 persone nella città di Ramadi. Cresce l’attesa per la sorte di Saddam Hussein

 

Ariel Sharon prosciolto dall’accusa di corruzione

 

Domani il Consiglio europeo a Bruxelles. Per Prodi possibile il varo della Carta costituzionale.

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

16 giugno 2004

 

 

IL SIGNORE INTERVIENE CONTRO LE GUERRE E STABILISCE LA PACE

PER TUTTI GLI UOMINI: COSI’, IL PAPA, STAMANI, ALL’UDIENZA GENERALE

IN PIAZZA SAN PIETRO, DEDICATA AL SALMO 45,

“DIO RIFUGIO E FORZA DEL SUO POPOLO”

- Servizio di Alessandro Gisotti -

 

Nonostante gli sconvolgimenti della storia, il fedele trova sempre pace e serenità nella comunione con Dio. E’ la riflessione offerta stamani da Giovanni Paolo II ai fedeli raccolti in piazza San Pietro per l’udienza generale. La catechesi è stata dedicata al salmo 45, “Dio rifugio e forza del suo popolo”. Citando il profeta Isaia il Papa ha, inoltre, invocato la fine delle guerre e della corsa agli armamenti. Il servizio di Alessandro Gisotti:

 

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Primo dei sei inni a Sion, il salmo 45 celebra la Città santa di Gerusalemme, “ma esprime soprattutto una fiducia incrollabile in Dio” rifugio e forza nelle angosce. Giovanni Paolo II ha tratteggiato così il significato del componimento sacro, con il quale la tradizione cristiana ha inneggiato a Cristo “nostra pace” e nostro “liberatore dal male attraverso la sua morte e risurrezione”:

 

“Il Signore interviene con estremo vigore contro le guerre e stabilisce la pace che tutti bramano”.

 

Anche il profeta Isaia, ha aggiunto il Papa, “ha cantato la fine della corsa agli armamenti e la trasformazione degli strumenti bellici di morte in mezzi per lo sviluppo dei popoli”. Peraltro, ha rilevato, il titolo di “Signore degli eserciti”, tipico del culto ebraico nel tempio di Sion, “nonostante l’aspetto marziale”, rimanda alla “signoria di Dio sull’intero cosmo e sulla storia”. E’ allora un titolo di fiducia, perché “il mondo intero e tutte le sue vicende sono sotto il supremo governo del Signore”.

 

Il salmo, ha spiegato il Pontefice, è incentrato sul simbolo dell’acqua e presenta un significato contrastante. Da un lato, si scatenano le acque tempestose, segno - nel linguaggio biblico - di devastazione e caos. Dall’altro, ecco le acque dissetanti di Sion, in cui il salmista scorge “un segno della vita che prospera nella Città santa, della sua fecondità spirituale, della sua forza rigeneratrice”.

 

Per questo, nonostante gli sconvolgimenti della storia che fanno fremere i popoli e scuotono i regni, il fedele incontra in Sion la pace e la serenità derivanti dalla comunione con Dio.

 

All’udienza generale in piazza San Pietro, hanno partecipato oltre 10 mila persone. Giovanni Paolo II è giunto in auto scoperta, compiendo un ampio giro della piazza per ricevere il caloroso abbraccio dei fedeli. Dopo la catechesi, al momento dei saluti, il Papa ha ricordato che, dopodomani, verrà celebrata la solennità del Sacro Cuore di Gesù. “Una festa – ha affermato – che richiama il mistero dell’Amore che Dio nutre per gli uomini di ogni tempo”. Ha così invitato i giovani a prepararsi alla scuola del Cuore di Cristo, affrontando con fiducia gli impegni che li attendono nel corso della vita.

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“L’EUROPA, PUR CON TUTTE LE DIVERSITÀ CULTURALI,

DEVE DIVENIRE SEMPRE PIÙ UNITA NELLO SPIRITO”.

COSI’ IL PAPA NEL MESSAGGIO PER IL 95.ESIMO KATHOLIKENTAG TEDESCO.

L’INCONTRO, CHE INIZIA OGGI POMERIGGIO E CHIUDERA’ IL 20 GIUGNO A ULM,

SI PROPONE DI RAFFORZARE IL CONTRIBUTO

DEI CATTOLICI NELLA CONVIVENZA TRA I POPOLI

- A cura di Barbara Castelli -

 

“Le manifestazioni di questo grande incontro dei cattolici vi incoraggino ad alzare la voce quando si mettono in discussione i fondamenti della fede cristiana e della convivenza umana”. Con queste parole Giovanni Paolo II, in un messaggio, saluta i partecipanti al 95.mo Katholikentag tedesco, a Ulm, nella diocesi di Rottenburg-Stuttgart.

 

L’incontro, sul tema “Vivere della forza di Dio”, ha sottolineato il Papa, vuole essere una corale celebrazione della fede nel Signore della vita e un’occasione di riflessione su alcuni temi chiave dello scenario contemporaneo: bioetica, ecumenismo, Europa e globalizzazione.

 

“Vi invito a vivere queste giornate comuni - esorta il Pontefice nella lettera - con occhio sveglio e cuore aperto, affinché una volta ancora possiate prendere coscienza della potenza con cui la forza di Dio opera in voi e può essere da voi trasmessa come testimonianza credibile alla società intera”. Un impegno, quindi, che deve tradursi in gesti concreti di solidarietà, “a favore dei poveri e degli svantaggiati”, “per la pace e la giustizia in tutto il mondo”.

 

Dopo aver ricordato che solo Dio è fonte di vera speranza e forza per ogni creatura umana, il pensiero del Papa si è rivolto all’Unione Europea, che lo scorso primo maggio ha esteso i propri confini abbracciando 10 nuove nazioni. “L’Europa - scrive Giovanni Paolo II - non è in realtà un’unione casuale di Stati che hanno solamente un nesso geografico. L’Europa, pur con tutte le diversità culturali, deve diventare sempre più, sulla base dei valori umani e cristiani, un’unione dello spirito”. Per essere veramente unito, quindi, il Vecchio Continente non può voltare le spalle alle proprie radici cristiane, privando gli uomini “della grande possibilità di salvezza offerta da Dio” e imbrigliando uno “sviluppo positivo dei suoi popoli”.

 

“Lasciatevi guidare, in questi giorni - conclude il Papa - dalla dinamica di Dio che illumina e rende liberi. Depositate tutte le vostre pene, le vostre incapacità e limitatezze nell’ampiezza di Dio, il cui amore è più grande del nostro cuore”.

 

Sull’incontro lasciamo la parola al nostro collega della redazione tedesca, Ludwig Waldmüller, inviato a Ulm:

 

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L’Olanda e la città di Ulm hanno in questi giorni una cosa in comune, il colore arancione. Lì il colore della squadra di calcio, qui il colore del Katholikentag, la giornata dei cattolici. La città è piena di bandiere, manifesti e indicazioni in arancione, e dappertutto si possono già vedere la gente che porta i tesserini del Katholikentag – naturalmente legati ad un portachiavi arancione. Intanto arrivano i partecipanti alla giornata dei cattolici: saranno più di 24 mila, 10 mila più di quanto gli organizzatori avessero previsto. Stasera, alle ore 18.00, il Katholikentag tedesco verrà aperto con una manifestazione ed una preghiera comune nella piazza davanti al “Muenster”, la chiesa più grande di Ulm che dai tempi della riforma è protestante e che oggi è la Chiesa protestante più grande della Germania.

 

La serata andrà avanti fino a mezzanotte con una “festa di incontro” in tutto il centro della città. Circa 800 celebrazioni liturgiche, discussioni, incontri, feste, preghiere o altre manifestazioni seguiranno fino a domenica: tutto sotto il tema “Leben aus Gottes Kraft”, vivere dalla forza di Dio. I Katholikentage sono una istituzione da 156 anni, sempre organizzati dal “Zentralkomittee der Deutschen Katholiken”, il Comitato centrale dei cattolici tedeschi, l’organizzazione centrale dei laici cattolici in Germania. Dei circa 82 milioni di tedeschi, 26,5 milioni sono cattolici, 26, 1 milioni protestanti. La religione più grande che segue nel paese sono i musulmani con circa 3,2 milioni. La giornata dei cattolici sarà la possibilità per la Chiesa di vivere l’insieme della fede, di mostrarne la vivacità, di discutere su Chiesa e società. Ma anche, come sottolineava il cardinale Karl Lehmann, presidente della Conferenza episcopale tedesca: “E’ anche una grande possibilità per la chiesa di occupare le copertine dei giornali e le prime notizie in televisione e radio”.

 

Da Ulm, Ludwig Waldmueller, per la Radio Vaticana.

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RICONCILIAZIONE FRATERNA, LOTTA ALLA POVERTA’, ALL’AIDS E ALLA CORRUZIONE:

LE PRIORITA’ DELLA CHIESA PER L’AFRICA RICORDATE DAL PAPA NEL DISCORSO

AI VESCOVI DELL’ASSEMBLEA SPECIALE PER IL CONTINENTE,

RIUNITI NEL 12.MO CONSIGLIO POST-SINODALE

- Servizio di Alessandro De Carolis -

 

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Speranze e piaghe per un continente in eterna lotta contro i mali che lo affliggono. Giovanni Paolo II ha dedicato una nuova e accorata riflessione all’Africa, in un discorso indirizzato ai suoi presuli, riuniti nel 12.mo incontro del Consiglio post-sinodale dell’Assemblea speciale per l’Africa, conclusosi oggi a Roma, che ha stata fissata la data della 13.ma riunione al 7 e l’8 giugno 2005. Il Papa ha messo in evidenza le luci e le ombre di un continente che non sembra conoscere “né tregua né pace durevoli” e nel quale, ha osservato, le “situazioni politiche e socio-economiche sono ancora per la maggior parte tragicamente sfavorevoli” e dunque tanto “più lodevoli e degne di ammirazione” sono le iniziative e i progetti messi in campo dalle Chiese locali.

 

Nell’Esortazione apostolica post-sinodale Ecclesia in Africa, il Pontefice aveva già notato i segnali positivi che lasciano ben sperare per il futuro di questa enorme porzione geografica del sud del mondo. Ma non ha esitato a denunciare ancora una volta i “flagelli” che ne colpiscono le popolazioni: dalla povertà all’Aids, dai “focolai endemici di lotta”, che “seminano terrore e devastazioni”, alla corruzione troppo diffusa a vari livelli della società civile. “In tal modo – è stata la preoccupata constatazione del Papa – si chiude il circolo vizioso che fa andare in cancrena questo giovane corpo pieno di vigore”. In che modo portare aiuto, dunque? Giovanni Paolo II ha ricordato ai vescovi e alle “forze vive della società” africani le “cinque priorità” già  delineate dalla Chiesa per restituire agli africani, ha affermato, “quanto è stato loro sottratto, spesso con la violenza”: il rispetto della vita e delle diversità religiose, lo sradicamento della povertà, la fine del traffico delle armi, la soluzione dei conflitti e l’azione in vista d’uno sviluppo motivato dalla solidarietà.

 

Inoltre il Pontefice, nell’esprimere gratitudine ai vescovi dell’Africa per le iniziative e i progetti di solidarietà, ha richiamato alla necessità di “un’autentica riconciliazione fraterna, dopo le ferite provocate dai conflitti che – ha osservato - ancora avvelenano i rapporti interpersonali, inter-etnici e internazionali nelle diverse regioni dell’Africa”. Non sarebbe giunto il momento, come sollecitano numerosi pastori d’Africa, di approfondire questa esperienza sinodale africana?”, si è chiesto Giovanni Paolo II al termine del suo discorso, sottolineando la “dimensione familiare della Chiesa locale”. Ed ha concluso: “L’eccezionale crescita della Chiesa in Africa, il rapido ricambio dei pastori, le nuove sfide che il Continente deve affrontare esigono risposte che solo la prosecuzione dello sforzo richiesto dalla messa in opera dell’Ecclesia in Africa potrebbe offrire, ridando così rinnovato vigore e rafforzata speranza a questo continente in difficoltà”.

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NOMINE

 

In Indonesia, Giovanni Paolo II ha accettato la rinuncia al governo pastorale della Diocesi di Larantuka, presentata per raggiunti limiti di età dal vescovo Darius Nggawa, dei Padri Verbiti. Al suo posto, il Papa ha nominato mons. Franciscus Kopong Kung, finora coadiutore della medesima Diocesi.

 

In Brasile, il Pontefice ha accettato la rinuncia all’ufficio di ausiliare dell’Arcidiocesi di Brasília, presentata per raggiunti limiti di età dal vescovo gesuita, João Evangelista Martins Terra.

 

 

NOTA DEL DIRETTORE DELLA SALA STAMPA VATICANA, NAVARRO VALLS,

SULLA CREAZIONE DI DUE NUOVE DIOCESI,

NATE DALLA DIVISIONE TERRITORIALE DELL’ARCIDIOCESI DI BARCELLONA,

ERETTA DAL PAPA A CHIESA METROPOLITANA

- A cura di Alessandro De Carolis -

 

In relazione alla creazione di due nuove diocesi di Terrassa e di Sant Feliu di Llobregat, nate dalla suddivisione del territorio dell’arcidiocesi di Barcellona, elevata a rango di Chiesa Metropolitana – diocesi per le quali Giovanni Paolo II ha provveduto a nominare come primi vescovi rispettivamente il 48.enne mons. Josep Angel Saiz Meneses, finora ausiliare di Barcellona, e il 57.enne mons. Augustin Cortés Soriano, finora vescovo di Ibiza – il direttore della Sala stampa vaticana, Joaquin Navarro Valls, ha precisato che la divisione della grande arcidiocesi catalana “era allo studio da un paio di decenni”. Già all’inizio degli anni Ottanta, ha spiegato il portavoce vaticano, l’allora arcivescovo di Barcellona, il cardinale Narciso Jubany, “aveva fatto alcuni passi prospettando l’opportunità di creare due nuove diocesi. Successivamente alcuni ecclesiastici, a più riprese, hanno fatto presente alla Congregazione per i Vescovi l’utilità pastorale che sia la demarcazione di El Vallés, sia la demarcazione del Baix Llobregat, Penedés i Garraf fossero erette in diocesi”.

 

Ora, dopo la divisione, il numero degli abitanti dell’arcidiocesi di Barcellona rimane di circa 2 milioni e mezzo di persone, mentre la nuova diocesi di Terrassa ne conterà circa un milione, con 12 arcipreture e 120 parrocchie. Allo stesso tempo, la diocesi di Sant Feliu de Llobregat avrà 670 mila abitanti e sarà suddivisa in 9 arcipreture e 121 parrocchie.

 

 

CHIUSO OGGI IN VATICANO L’INCONTRO INTERDICASTERIALE SUL NEW AGE  PER

RIFLETTERE SULLE SFIDE CHE IL COMPLESSO FENOMENO PONE ALLA CHIESA

- Intervista con la dott.ssa Teresa Gonçalves -

 

New Age, una sfida per i cristiani: si sono conclusi oggi, in Vaticano, i lavori dell’incontro interdicasteriale sul complesso fenomeno, con la partecipazione di esponenti del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, il Pontificio Consiglio della Cultura, il Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani e la Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli. Già lo scorso anno era stato presentato un documento esplicativo, intitolato “Gesù Cristo, portatore dell’acqua viva – una riflessione cristiana sul New Age”. Giovanni Peduto ha chiesto alla dott.ssa Teresa Gonçalves, officiale del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, cosa è emerso dall’incontro:

 

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R. – Dall’incontro sono emerse delle indicazioni pastorali per rispondere alle sfide della mentalità del New Age che si sta diffondendo un po’ dappertutto, non solo tra i cristiani, ma tra persone di diverse religioni, dando una prospettiva di tipo caleidoscopico, che riunisce elementi di varie origini e crea sempre configurazioni nuove e suggerimenti nuovi. E’ diffuso attraverso delle tecniche per sviluppare la potenzialità umana, per esperienze spirituali o per la guarigione. Tante volte si prende spunto da ideologie o modi di vedere che sono però antitetici rispetto alla visione cristiana.

 

D. – A proposito della visione cristiana, c’è compatibilità tra New Age e cristianesimo?

 

R. – Se pensiamo al termine New Age, che vuole dire nuova era, possiamo dire che siamo in una nuova era cristiana ed il desiderio di migliorare il mondo in cui ci troviamo è comune a tutti gli uomini. Quando si parla invece di New Age intesa come una corrente culturale ed ideologica, che ha fondamento nell’esoterismo del XIX secolo, sicuramente troviamo delle idee, che sono opposte a quelle cristiane, perché sono nate proprio come alternativa alla visione dominante.

 

D. – Quale dialogo è possibile con questo complesso mondo del New Age?

 

R. – Il dialogo è sempre possibile con ogni persona che creda o non creda, che abbia una ideologia, una religione o una cultura diversa dalla nostra. Con le persone è sempre possibile ed anzi è un dovere il dialogo. Ma il dialogo deve portare ad un porto sicuro, deve avere cioè un senso e deve avere una conclusione. Nel dialogo si deve essere autentici in quello che si crede ed è necessario cercare di entrare un po’ nel mondo l’uno dell’altro, per vedere come si può raggiungere una maggiore intesa, un maggior perfezionamento anche di noi stessi.

 

D. – Che uso farete dei risultati di questo Simposio?

 

R. – Abbiamo cercato di riunire, in due o tre pagine, le principali considerazioni che sono state fatte qui sia sul discernimento riguardante alle tecniche promosso dal New Age, sia riguardo alla spiritualità, sia riguardo ad altri principi di discernimento. Questo rappresenta semplicemente una sintesi e non vuole essere un documento ufficiale. Rappresenterà il frutto degli scambi di questi giorni. Sarà comunque successivamente perfezionato, proprio perché è stato stilati in poco tempo.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

La prima pagina si apre con l'esortazione di Giovanni Paolo II ad unire tutte le forze della società, in particolare quelle della Chiesa, per "spezzare le nuove catene" che opprimono il continente africano: tale esortazione è stata formulata dal Papa all'udienza generale,  rivolgendosi ai partecipanti alla Riunione del Consiglio post-sinodale dell'Assemblea Speciale per l'Africa della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi.

 

Nelle vaticane, la catechesi e la cronaca dell'udienza generale.

Il messaggio del Papa al vescovo di Rottenburg-Stuggart, in occasione del 95.mo "Katholikentag" tedesco in corso ad Ulm: l'Europa, nonostante la sua molteplicità culturale, deve divenire sempre più, sulla base dei valori umani e cristiani, un'unità spirituale.

Un articolo di Inos Biffi dal titolo "Il culto all'Eucaristia".

 

Nelle estere, in rilievo l'Iraq: il generale Casey sostituisce Sanchez come capo delle forze della coalizione. Il Presidente Bush detta le condizioni per la consegna di Saddam Hussein agli iracheni.

Sudan: nel Sud muoiono 95.000 bambini all'anno per fame e malattie.

 

Nella pagina culturale, un dettagliato articolo di Mario Gabriele Giordano dedicato ad una nuova edizione del "Diario di un giudice" di Dante Troisi.

 

Nelle pagine italiane, in primo piano un articolo sulla riflessione, in sede politica, riguardo all'esito delle elezioni europee ed amministrative.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

16 giugno 2004

 

 

CONCLUSO A ROMA IL CONVEGNO SUI DIRITTI E L’INTEGRAZIONE DEI RIFUGIATI.

CRITICHE LE ONG: IN ITALIA MANCANO LEGGI APPROPRIATE

- Ai nostri microfoni di Chiara Peri e di Roberto Losciale -

 

Scarsa accoglienza e pochi diritti. E’ questa la situazione di centinaia di migliaia di rifugiati e richiedenti asilo che fuggono verso i Paesi europei in cerca di una realtà migliore, costretti a vivere lontano dalle proprie radici a causa di guerre, fame e persecuzioni. Una situazione aggravata in Italia dall’assenza di una legislazione organica in materia. La denuncia arriva dalle Organizzazioni non governative italiane a conclusione di un Convegno su diritti e integrazione dei rifugiati svoltosi a Roma. Il servizio di Francesca Smacchia e Stefano Leszczynski. 

 

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In Italia, oltre 9 mila rifugiati riconosciuti e più di 8 mila richiedenti asilo sono abbandonati a se stessi e alle poche risorse che il mondo del volontariato riesce a mettere loro a disposizione. L’assenza di una legge organica in materia, e la lentezza esasperante della burocrazia nazionale nell’esaminare le domande d’asilo, costringe migliaia di persone in fuga da guerre e persecuzioni di ogni genere a lottare per la sopravvivenza quotidiana, proprio nel Paese in cui hanno cercato rifugio. Una situazione anomala in Europa, che rende estremamente complesso anche il processo di integrazione sociale di queste persone. Sentiamo il commento di Chiara Peri del Centro Astalli di Roma:

 

R. – Credo che una cosa importante sia cercare di lavorare con gli italiani, oltre che con i rifugiati, per creare i presupposti per un’integrazione. Quando si parla di integrazione non si dovrebbe intendere un processo a senso unico di un adeguamento dello straniero che arriva alla società che trova, ma anche della società che lo accoglie, in vista di un risultato comune, che è una società nuova più consapevole delle differenze culturali e più consapevole dei diritti di cui ciascun cittadino è portatore.

 

Eppure gli strumenti di tutela dei diritti dei rifugiati richiedenti asilo avrebbero potuto essere disponibili da tempo. Sono oltre 4 anni che un progetto di legge sull’asilo giace in Commissione Affari Costituzionali della Camera, senza approdare a nulla di concreto. In questo contesto, si inserisce il grave problema dei centri di permanenza temporanea, in cui vengono rinchiusi indistintamente immigrati clandestini ex galeotti in attesa di espulsione ed interi nuclei familiari di richiedenti asilo. Una situazione denunciata in un rapporto da Medici senza Frontiere, ma con quali risultati? Risponde Roberto Losciale della Ong italiana:

 

R. – Stiamo pagando lo scotto della pubblicazione di questo Rapporto, perché comunque siamo stati mandati via dal Centro di Lampedusa, all’interno del quale c’era un nostro infermiere. C’è stato interdetto un ingresso anche a due centri di permanenza temporanea in Puglia. Per cui ci sentiamo un poco messi da parte, forse proprio a causa della pubblicazione di questo documento

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TEMPO DI BILANCI PER IL POLICLINICO “AGOSTINO GEMELLI”.

OGGI E DOMANI A ROMA LE CELEBRAZIONI PER IL QUARANTENNALE DI FONDAZIONE

- Intervista con Lorenzo Ornaghi -

 

Una tavola rotonda dedicata al fondatore dell’ateneo del Sacro Cuore, padre Agostino Gemelli, ha aperto oggi a Roma le iniziative per i 40 anni del Policlinico dell’Università Cattolica. Le celebrazioni culmineranno domani con l’inaugurazione della “Piastra Polifunzionale” del Gemelli, alla presenza del cardinale Camillo Ruini, del ministro della Salute Girolamo Sirchia e dell’onorevole Gianni Letta. Su questa particolare ricorrenza, Fabio Colagrande ha raccolto il commento di Lorenzo Ornaghi, rettore dell’Università cattolica del Sacro Cuore.

 

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R. - Quarant’anni sono pochi e tanti: sono pochi nella vita di un’istituzione e molti nella vita di ciascuno di noi. Ci permettono di guardare indietro e vedere ciò che è stato fatto. In 40 anni, il Policlinico Gemelli è diventato una grande realtà, non solo nazionale ma anche internazionale. Lungo questa strada dovremmo procedere sempre con maggiore impegno. Qual è però il significato più profondo? Il Policlinico è il sogno di Agostino Gemelli: un sogno che il nostro padre fondatore vede cominciare a plasmarsi ma di cui non vedrà la realizzazione concreta. Credo che ciò sia di grande importanza: è una testimonianza ulteriore che quando si crede fino in fondo ad una grande causa, si riesce poi a tradurla in realtà.

 

D. - Noi sappiamo che una delle linee di sviluppo più seguita dai vescovi italiani in questi anni è quella del Progetto culturale. In questo ambito, una struttura come quella del Policlinico Gemelli, inserita in quella più ampia dell’Università Cattolica, quali linee per uno sviluppo futuro si prefigge?

 

R. - Credo siano soprattutto due gli obiettivi. Uno legato al progetto culturale orientato in senso cristiano: il Gemelli è la testimonianza che - ed è fuori da ogni retorica - ciò che importa è la persona e la persona nella sua totalità, soprattutto nel momento in cui la persona è più indifesa. L’altro aspetto che non va mai dimenticato è che il Policlinico, collegato strettamente alla Facoltà di medicina e chirurgia, è un luogo di ricerca. Credo che il progetto culturale ci solleciti davvero - come spesso si dice - ad alzare la nostra antropologia ai livelli della ricerca scientifica.

 

D. - A proposito dei quarant’anni del Policlinico Gemelli: c’è da ricordare che, secondo molti biografi, Giovanni Paolo II ha trascorso qualcosa come 135 giorni in questa struttura ospedaliera, che lui stesso ha spiritosamente definito “il Vaticano numero tre”, dopo San Pietro e Castel Gandolfo. Cosa si può dire, rettore Ornaghi, sul rapporto particolare tra il Papa e il Policlinico Gemelli?

 

R. - E’ un rapporto del quale l’Università Cattolica intera è altamente orgogliosa, proprio perché da quel rapporto è nato quel particolare affetto che il Santo Padre ci ha dimostrato e testimoniato in diverse occasioni. E’ un rapporto che nasce certo, e purtroppo, con le lunghe degenze del Santo Padre, ma anche prima. Il Policlinico Gemelli ha ospitato negli ultimi giorni della sua esistenza terrena Giancarlo Brasca, che è stato il grande direttore amministrativo della nostra Università ed è stato legato da un profondo rapporto di affetto all’arcivescovo di Cracovia. Direi, quindi, che ci sono una serie di rapporti che vanno anche al di là degli elementi più istituzionali.

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AL FESTIVAL DI TAORMINA, PRESENTATO IL FILM “HURENSOHN”

DELL’ESORDIENTE REGISTA TEDESCO MICHAEL STURMINGER,

UNA DELLE OTTO PELLICOLE IN GARA PER IL PREMIO “BNL-OPERA PRIMA”

- Servizio di Luca Pellegrini -

 

La 50.ma edizione del Festival cinematografico di Taormina, che si concluderà il prossimo 20 giugno, prosegue - tra retrospettive e premi a personalità di spicco del panorama cinematografico mondiale - con la visione dei film in concorso di altrettanti registi esordienti. Tra le otto pellicole in lizza, presentate all'interno delle sezioni “Cinema del mondo” e “Grande cinema al Teatro Greco”, la giuria internazionale, presieduta dal regista tedesco Michael Verhoeven dovrà individuare quella vincitrice cui assegnare i 25 mila euro del Premio BNL Opera Prima, destinati allo sviluppo dell'opera seconda. Il servizio di Luca Pellegrini:

 

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Proseguendo l’esplorazione dei disagi sociali che imperversano sull’Europa delle migrazioni e dell’edonismo, ecco la storia di Ozren, della sua mamma e dei suoi parenti croati in “Hurensohn”, dell’austriaco Michael Sturminger. La sfacciataggine del titolo corrisponde alla vita promiscua e dolorosa della donna, che produce inevitabili riflessi di sofferenza e di ribellione nel figlio. Lo vediamo a tre anni, quando pensa che la mamma sia un angelo protettore e con difficoltà lei tenta di esserlo. A nove anni, l’età dell’apprendimento, alcuni dubbi si insinuano, specialmente quando vicini ed amici si indirizzano a lui in termini non propriamente educati e molto espliciti, ma l’attaccamento alla figura materna non viene scalfita dalla realtà. A sedici anni, Ozren con chiarezza perviene alla verità, soprattutto per l’abbandono che comincia a pesare, i clienti che occupano di notte l’appartamento ed il denaro col quale la madre crede di supplire all’affetto dovuto. Un ruolo positivo, nella vita di Ozren, lo assumono gli zii, che gli assicureranno attenzione e futuro nel momento in cui una tragedia troppo intuibile (e facile) sconvolgerà la sua vita. Sturminger sa condurre, però, senza melismi facili ma con proporzione e verità questa vicenda cruda e ben interpretata, in cui il senso della maternità travalica anche la più infima delle vite.

 

Molte sono, invece, le vite che si spezzano, per motivi ben diversi, nella celebre vicenda dell’assedio di Alamo, avvenuta in Texas nel 1836 ad opera delle truppe messicane. Quasi 200 i texani uccisi in un’ora e mezzo, altrettanto terribile la vendetta del generale Houston, che in diciotto minuti sbaraglierà l’esercito del crudele dittatore Santa Anna, assicurando l’ingresso del Texas come 28.mo stato dell’Unione. Sono 136, invece, i minuti del film The Alamo diretto da John Lee Hancock con Dennis Quaid e Billy Bob Thornton, che interpreta il mitico Davy Crockett. Infarcito di retorica e dei più ovvi luoghi comuni del genere western, non risolve il problema del racconto storico obiettivo e nemmeno quello di una equilibrata sintesi cinematografica.

 

Luca Pellegrini, da Taormina, per la Radio Vaticana.

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CHIESA E SOCIETA’

16 giugno 2004

 

 

IL RUOLO DEL CRISTIANESIMO E DELLE CHIESE NELL’UNIONE EUROPEA.

E’ STATO IL TEMA AL CENTRO DELL’ANNUALE INCONTRO ORGANIZZATO

DAL CONSIGLIO DELLE CONFERENZE EPISCOPALI D’EUROPA.

IL VERTICE SI E’ CONCLUSO LUNEDI’ A BELGRADO

 

BELGRADO. = Nella nuova Unione Europea, il ruolo del cristianesimo e delle Chiese deve essere quello di superare “definitivamente lo schema di un’Europa dell’Est e dell’Ovest”. Questo, in sintesi, è quanto è emerso dal vertice dei segretari generali delle Conferenze episcopali europee, conclusosi lunedì a Belgrado, in Serbia e Montenegro. “Diventa urgente - si legge nel comunicato finale - realizzare il confronto con la cultura moderna e i fenomeni della secolarizzazione e del secolarismo”. “Importante per i segretari - spiegano i rappresentanti delle Conferenze episcopali europee - è stata la possibilità di conoscere personalmente la realtà della Chiesa cattolica locale, piccola ma coraggiosa, caratterizzata dalla multiculturalità; vedere ancora i segni delle grandi sofferenze vissute; percepire le difficoltà che ancora covano sotto la cenere per la convivenza di etnie diverse e la persistenza di un falso spirito nazionalista: conoscere impressionanti esperienze di riconciliazione e sperimentare la vocazione di Belgrado ad essere “città dei ponti”. All’incontro, organizzato ogni anno dal Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa (Ccee), hanno partecipato i segretari generali di 29 Paesi. (B.C.)

 

 

AIUTARE I CRISTIANI A NON EMIGRARE DAL MEDIO-ORIENTE PER SALVARSI

 DAL FONDAMENTALISMO. È L’INVITO DEL CONSIGLIERE DEL MUFTI SUNNITA,

SAMMAK, DURANTE IL CONVEGNO ISLAMO-CRISTIANO SULLA CONVIVENZA

 CHE SI E’ TENUTO LA SCORSA SETTIMANA A BEIRUT

 

BEIRUT. = “Qual è il mio ruolo di prelato nel mondo arabo ed islamico e qual è il senso della presenza dei cristiani e il loro ruolo?”. È la domanda che si è posto il patriarca greco-cattolico Gregorio III Laham, durante il convegno dal titolo “La Chiesa degli Arabi”, conclusosi lo scorso 12 giugno presso la sede dell’Unesco a Beirut. All’incontro ha preso parte anche il consigliere del Mufti sunnita, il dott. Mohammed Sammak, che ha attribuito la diffusione del fondamentalismo islamico all’assenza di istituzioni democratiche e rappresentative, individuando “la sfida maggiore nell’emigrazione dei cristiani arabi” dai loro Paesi. “La civiltà arabo-islamica – ha detto Sammak citato dall’agenzia Asia News – non era l’opera esclusiva di musulmani, bensì il prodotto comune di musulmani e cristiani, ma la comprensione islamica del cristianesimo è stata poi influenzata da un’enorme quantità di influssi culturali dovuti a circostanze politiche ed economiche contingenti, come il colonialismo occidentale del mondo arabo”. E ha aggiunto: “Tali condizioni hanno così prodotto il fenomeno più negativo e pericoloso nella società islamica, ossia quello di guardare con sospetto ai cristiani arabi ogni volta che il mondo islamico sta attraversando una crisi”. Alla manifestazione erano presenti molte personalità cristiane e musulmane, per discutere sugli ostacoli del dialogo islamo-cristiano e sulle possibilità di incrementarlo. Fra i partecipanti, anche l’ex ministro Michel Eddé, presidente della Lega maronita, ed il famoso giornalista e diplomatico libanese, Ghassan Tueni. I lavori del convegno si sono conclusi con la pubblicazione di una serie di raccomandazioni. Tra queste: affermare il ruolo della Chiesa contro ogni progetto volto a creare un fossato tra le religioni e le civiltà; definire il concetto di “Chiesa degli Arabi”; definire i termini equivoci nel dialogo interreligioso; rigettare l’ideologia fondamentalista, da qualsiasi parte provenga; affermare la cultura della moderazione nell’Oriente arabo per costruire la civiltà dell’amore; ammonire dal pericolo dell’emigrazione dei cristiani dall’Oriente; gettare le basi di un dialogo islamo-cristiano nel terzo millennio che possa essere garante della convivenza. (R.M.)

 

 

I LEGAMI TRA LA PROPAGANDA RAZZISTA, XENOFOBA E ANTISEMITA SU INTERNET

E I CRIMINI ISPIRATI ALL’ODIO, AL CENTRO DELLA CONFERENZA DELL’OSCE,

ORGANIZZAZIONE PER LA SICUREZZA E LA COOPERAZIONE IN EUROPA,

APERTASI, OGGI, A PARIGI

- A cura di Francesca Pierantozzi -

 

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PARIGI. = Internet può essere lo spazio della libertà ma anche dell’odio e del razzismo: con questo grido di allarme si è aperta, questa mattina a Parigi una conferenza dell’Osce, l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, incentrata sui legami tra la propaganda razzista, xenofoba e antisemita su internet e i crimini ispirati dall’odio. Ad aprire i lavori il ministro degli Esteri francese, Michel Barnier. Ieri, il rabbino Abraham Cooper, presidente del Centro Simon Wiesenthal di Los Angeles, ha presentato il suo Rapporto annuale su terrorismo e odio digitale. Nel rapporto sono elencati ben 4 mila siti sospetti. Adam Cooper, che segue i lavori della Conferenza dell’Osce, ha denunciato l’uso crescente di Internet come arma di propaganda e strumento di raccolta di fondi da parte di gruppi terroristi. Parigi chiede oggi la firma di un codice di buona condotta che possa conciliare libertà di espressione e repressione della propaganda razzista e terrorista. D’altra parte, gli Stati Uniti sono ancora restii a qualsiasi ostacolo alla libertà di espressione, garantita dal primo articolo della Costituzione. Dopo l’11 settembre, tuttavia, la società americana è diventata più sensibile, in particolare al nesso tra propaganda e crimine vero e proprio.

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RICHIESTI IERI DALL’ALTO COMMISSARIATO DELLE NAZIONI UNITE PER I RIFUGIATI

ALTRI 55 MILIONI DI DOLLARI NECESSARI PER LE OPERAZIONI DI ASSISTENZA IN CIAD. NEL PAESE AFRICANO NON SI ARRESTA IL FLUSSO DI RIFUGIATI SUDANESI

 DALLE AREE DI CONFINE E DALLA REGIONE DEL DARFUR

 

GINEVRA. = Sono quasi centomila i rifugiati sudanesi trasferiti dalle aree di confine nei campi dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Acnur) nel Ciad orientale, mentre a centinaia continuano ad arrivare dalla regione sudanese del Darfur. L’aggravarsi della situazione ha spinto l’organismo dell’Onu con sede a Ginevra, in Svizzera, a rivolgere, ieri, un nuovo appello ai donatori, affinché vengano stanziati oltre 55 milioni di dollari per le operazioni di assistenza. Nell’appello, viene considerato prioritario l’immediato trasferimento dei rifugiati, che si trovano lungo la pericolosa fascia di confine tra Sudan e Ciad, negli otto campi allestiti dall’Agenzia, prima che l’arrivo della stagione delle piogge, in luglio, renda impraticabili gran parte delle strade della regione. “Ogni ritardo – sottolinea l’Acnur – significherebbe per i rifugiati difficoltà a ricevere assistenza e continuare a trovarsi sotto le minacce come il reclutamento forzato e la violenza sessuale”. La richiesta di ieri segue quella dello scorso febbraio di circa 21 milioni di dollari, necessari per l’assistenza di 110mila rifugiati sudanesi, ma attualmente insufficienti a causa dell’inarrestabile afflusso di persone. Il conflitto nel Darfur, infatti, continua a provocare massicce fughe di popolazione all’interno del Sudan e oltre i suoi confini. A causa dei bombardamenti sui loro villaggi e degli attacchi dei miliziani janjaweed, dalla metà del 2003, fino ad ora, circa 160mila sudanesi sono riparati in Ciad, in un’inospitale area di frontiera lunga 600 chilometri, dove sono esposti a temperature elevatissime durante il giorno e al gelo durante la notte. (D.G.)      

 

 

ASSICURARE IL PLURALISMO E L’ASSISTENZA SPIRITUALE AGLI ATLETI:

QUESTO L’OBIETTIVO DELL’ASSEMBLEA DELLE RELIGIONI, PRESENTATA OGGI A TORINO. SI TRATTA DELL’ORGANO CONSULTIVO DEL COMITATO INTERFEDI DEI XX GIOCHI OLIMPICI INVERNALI CHE SI SVOLGERANNO NEL CAPOLUOGO PIEMONTESE NEL 2006

 

TORINO. = Assicurare il pluralismo e l’assistenza spirituale agli atleti olimpici: questo il fine principale dell’Assemblea delle Religioni, presentata oggi a Torino, presso il Toroc (la sigla che identifica il Comitato per l'Organizzazione dei XX Giochi Olimpici Invernali Torino 2006). L’Assemblea delle Religioni è un organo consultivo del Comitato Interfedi di Torino 2006, al quale possono aderire tutti i culti riconosciuti dallo Stato italiano e, in qualità di uditori, anche le confessioni che, pur non essendo riconosciute, possano dimostrare le proprie finalità sociali. Tra gli altri obiettivi che si pone l’Assemblea delle Religioni, vi è anche quello di favorire il dialogo tra i credi, nell’ottica del confronto tra le fedi e della conoscenza del patrimonio culturale delle diverse comunità religiose. Il Comitato Interfedi di Torino 2006 è stato costituito il 23 ottobre 2003 al fine di fornire, appunto, assistenza spirituale agli atleti e di individuare gli spazi per la preghiera nei villaggi olimpici. È composto dai rappresentanti delle sette religioni maggiormente professate nel mondo - cattolica, evangelica, ortodossa, ebraica, islamica, induista e buddista - e dal presidente del Toroc, Valentino Castellani. (D.G.)

 

 

 

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24 ORE NEL MONDO

16 giugno 2004

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

 Ancora una giornata di sangue in Iraq. Almeno 9 persone, tra le quali 4 stranieri, sono morte questa mattina a Ramadi, città a circa a 100 chilometri ad ovest di Bagdad, per l’esplosione di un’autobomba. E a Kirkuk è stato inoltre ucciso il capo della sicurezza della compagnia petrolifera del nord dell’Iraq, Ghazi al Talabani. Nel Paese arabo, dove il leader radicale sciita Moqtada Sadr ha ordinato a tutti i suoi miliziani non originari di Najaf di lasciare la città santa, aumenta intanto l’attesa per la sorte di Saddam Hussein. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

 

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Il presidente americano George Bush ha dichiarato ieri pomeriggio che le forze della coalizione consegneranno l’ex rais al governo ad interim di Baghdad “quando le condizioni di sicurezza saranno adeguate”. Per la consegna di Saddam, “sono in corso negoziati e si registrano importanti progressi”, ha inoltre affermato il premier iracheno, Iyad Allawi, rettificando una precedente dichiarazione nella quale aveva annunciato, entro il prossimo 30 giugno, il trasferimento dell’ex rais e di altri detenuti del passato regime alle autorità irachene. Bush, che ieri ha incontrato a Washington il presidente afghano Amid Karzai, ha anche reso noto l’avvicendamento al comando delle truppe in Iraq ufficializzando la sostituzione del generale, Ricardo Sanchez, con il vice capo di Stato maggiore, George Casey. Fonti del Pentagono hanno sottolineato che si tratta di una normale rotazione dei vertici militari nello Stato arabo, dove oggi è arrivato a Baghdad il vice segretario alla Difesa statunitense, Paul Wolfowitz, per consultazioni su questioni relative alla sicurezza. In seguito a possibili vuoti di potere, nell’eventualità di un prossimo ritiro delle truppe americane, il governo di Teheran ha inoltre deciso di concentrare le proprie truppe nella zona di confine con l’Iraq. Non è intanto ancora chiaro quando potranno ripartire le esportazioni di petrolio iracheno dai terminali del sud del Paese, dopo il blocco causato ieri da un doppio sabotaggio ai due principali oleodotti meridionali di Bassora e Khor al-Amaya. Sulla complessa vicenda legata alla liberazione degli ostaggi italiani proseguono, infine, gli interrogatori dei pubblici ministeri di Roma. Dopo aver ascoltato i tre ex ostaggi - Agliana, Cupertino e Stefio - è previsto oggi pomeriggio l’interrogatorio al fondatore di Emergency, Gino Strada, che nei giorni scorsi aveva ventilato l’ipotesi del pagamento di un riscatto per il rilascio dei sequestrati. E, sempre sulla sorte dei civili rapiti in Iraq, c’è da segnalare la notizia positiva, riferita dalla France Presse, della liberazione di un ostaggio libanese.

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 Il presidente iraniano, Mohammad Khatami, ha chiesto oggi un “processo giusto” per Saddam Hussein, che ritiene responsabile della “più grande oppressione contro il suo popolo e la regione”. Ma ha aggiunto che “anche per gli oppressori può essere considerata una qualche clemenza”. Dal 1980 al 1988, Iraq e Iran hanno combattuto una sanguinosa guerra durante la quale le truppe di Saddam hanno anche fatto uso di armi chimiche.

 

 Sempre in Iran, crescono le tensioni tra il Paese del Golfo Persico e l’Agenzia internazionale dell’energia atomica. Il presidente iraniano Khatami ha infatti definito “inaccettabile” la proposta di risoluzione presentata all’Aiea da Francia, Gran Bretagna e Germania nella quale si esprime insoddisfazione per una scarsa cooperazione di Teheran con gli ispettori dell’Onu. Khatami ha aggiunto che, se la risoluzione fosse approvata, la Repubblica islamica non si sentirebbe più in obbligo “di sospendere l'arricchimento dell'uranio”. Anche se Teheran ha assicurato di non volersi ritirare dal Trattato di non proliferazione nucleare, quanto sono realistiche le minacce iraniane? Giada Aquilino lo ha chiesto ad Alberto Zanconato, corrispondente Ansa da Teheran:

 

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R. – Queste minacce sembrano rientrare nell’atmosfera che precede la chiusura delle trattative. L’Iran sostiene di aver collaborato pienamente ma ci sono molti dubbi su questo, perché nonostante il governo di Teheran si fosse impegnato a sospendere la produzione di centrifughe per l’arricchimento dell’uranio, in realtà questa produzione è continuata in tre laboratori. L’altro aspetto è il ritrovamento di tracce di uranio arricchito al 36 per cento, e quindi molto superiore come percentuale a quella che sarebbe sufficiente per giustificare un programma nucleare civile.

 

D. – Quanto sono importanti per Teheran i programmi nucleari?

 

R. – L’Iran dice che sono importanti per il proprio sviluppo industriale ed economico. D’altra parte, quello che soprattutto gli Stati Uniti contestano è l’ambizione iraniana a dotarsi di centrali nucleari. L’Iran è un Paese che è ricchissimo di petrolio, essendo il quarto produttore al mondo, e il secondo per riserve stimate di gas naturali dopo la Russia.

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 Se entro 72 ore l’Arabia Saudita non libererà tutti i miliziani di Al Qaeda detenuti nelle carceri del Paese, verrà ucciso l’ostaggio americano, l’ingegnere Paul Marshall, sequestrato sabato scorso a Riad. E’ questa la minaccia contenuta in un video diffuso ieri dalla rete terroristica di Osama Bin Laden. L’ultimatum è stato respinto dal governo saudita.

 

 “Ringrazio voi e la vostra popolazione per l’impegno preso nei confronti del nostro popolo: ci avete sostenuto con le vostre risorse, con la vostra leadership nella comunità mondiale e soprattutto con le preziose vite dei vostri soldati”. Sono queste le dichiarazioni rilasciate ieri, a Washington, dal presidente afgano, Amid Karzai, durante il suo intervento al Congresso. Karzai ha inoltre chiesto di rafforzare la cooperazione contro il terrorismo e un maggior impegno della Nato in vista della prossime elezioni nel Paese. Sul terreno si registrano, intanto, nuovi episodi di violenza: quattro afghani sono rimasti uccisi in un attentato contro una pattuglia della Forza internazionale di sicurezza in Afghanistan (Isaf).

 

 “Il caso contro il primo ministro Ariel Sharon e suo figlio Gilad sarà chiuso per insufficienza di prove”. Con questo annuncio il procuratore di Stato israeliano ha archiviato ieri l’inchiesta che ha visto coinvolto Sharon, accusato di corruzione nella realizzazione di un complesso turistico su un’isola greca. Dopo il proscioglimento, oggi è stato presentato il ricorso dal Movimento per la qualità nel governo, un gruppo che si batte contro gli abusi da parte degli amministratori della cosa pubblica. Sul terreno proseguono, intanto, i raid israeliani: le truppe di Tel Aviv hanno infatti ucciso a colpi di arma da fuoco a Jenin, in Cisgiordania, un militante della Jihad Islamica.

 

 Sono alte le probabilità che venga adottata, entro questa settimana, la Costituzione europea. Ad affermarlo è il presidente della Commissione, Romano Prodi, dopo il vertice di inizio settimana tra i ministri degli Esteri dell’Unione e alla vigilia del Consiglio europeo di domani e dopodomani. Ma si deve anche preventivare la possibilità di un veto da parte del premier britannico, Tony Blair, alla nuova Costituzione. E quanto rivelano alcuni esponenti del governo di Londra al quotidiano “Times”, precisando che domani Blair affronterà l’argomento con il presidente francese, Jacques Chirac, e con il cancelliere tedesco, Gerhard Schroeder. Prodi rende intanto omaggio al “lavoro nascosto ma molto efficace” della presidenza di turno irlandese che ha sbloccato l’empasse vissuta al fallimentare Consiglio di dicembre scorso. Ascoltiamo il servizio della nostra inviata a Bruxelles, Fausta Speranza:

 

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L’astensionismo alle elezioni ha scosso i leader, che si mostrano intenzionati a trovare l’accordo per non far mancare all’Europa la base costituzionale per avere capacità politica e, dunque, per meritare la fiducia dei cittadini. E’ la seconda scossa dopo quella scioccante della strage di Madrid e della spaccatura sulla guerra in Iraq. L’occasione per l’accordo c’è ma - sottolinea il ministro degli Esteri italiano, Franco Frattini - “se non si trova domani o dopodomani non si troverà mai più”. Altrettanto esplicito il ministro degli Esteri irlandese, Brian Cowen, che sottolinea: “Dobbiamo dimostrare ora che l’Unione lavora”. E dall’impasse di dicembre scorso deve aver lavorato in questi mesi e, in particolare negli ultimi incontri, se è vero - come afferma Cowen - che il dossier delle questioni ancora aperte è “breve e preciso”. In realtà, si tratta di temi delicati e cruciali. Primo fra tutti, quello degli argomenti sui quali deliberare a maggioranza qualificata, abbandonando la maggioranza assoluta strenuamente difesa dalla Gran Bretagna.

 

Vengono date già per risolte, invece, altre questioni come il numero dei commissari e quello degli europarlamentari che rappresentano i Paesi più piccoli e il potere di bilancio dell’Europarlamento. Per quanto riguarda, invece, il riferimento alle radici giudaico-cristiane, il tema continua ad essere posto in discussione anche se finora - ribadisce il presidente di turno - “non c’è alcun segno di consenso”. Ad attendere il pronunciamento dei capi di Stato e di governo ci sono anche le decisioni sul patto di stabilità e la discussa nomina del prossimo presidente della Commissione, ma per questo incarico si profila l’ipotesi di un rinvio ad un Vertice straordinario di luglio.

 

Da Bruxelles, Fausta Speranza, Radio Vaticana.

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 La povertà genera il terrorismo. E’ la convinzione espressa dal segretario generale dell’Onu, Kofi Annan, in occasione dell’11.ma sessione della Conferenza dell’Onu per il commercio e lo sviluppo (Unctad) apertasi lunedì scorso a San Paolo. Nel suo intervento, Annan ha puntato il dito soprattutto contro i Paesi ricchi e li esorta a rispettare gli impegni presi per aiutare le zone povere del mondo.

 

 In Colombia, sono stati uccisi ieri 34 contadini nel villaggio di La Gabarra, al confine con il Venezuela. Sono sospettati di questo eccidio gli uomini delle Forze Armate Rivoluzionarie.

 

 Da ieri, Ivan Gasparovic è il nuovo presidente della Slovacchia. Il capo di Stato ha infatti prestato giuramento davanti alla Corte Costituzionale. Gasparovic seguirà nei prossimi 5 anni i primi passi della Slovacchia nella Nato e nell’Ue.

 

 Cooperazione economica e lotta al terrorismo. Sono questi gli elementi principali dell’accordo firmato ieri dal presidente cinese e da quello uzbeko a Tashkent, la capitale dell’Uzbekistan dove domani si apre il Vertice del cosiddetto Gruppo di Shangai che vede riuniti Cina e Russia insieme a diversi Paesi dell’Asia centrale.

 

 Tragico incidente ferroviario in India: almeno venti persone sono morte ed un centinaio sono rimaste ferite nello Stato occidentale di Maharashtra. Secondo quanto riferito da funzionari delle ferrovie di Nuova Delhi, l’incidente si è verificato quando il treno - composto da undici carrozze, sulle quali viaggiavano migliaia di passeggeri - è deragliato mentre attraversava un ponte lungo il tragitto tra Mangalore e Bombay.

 

 In Pakistan, almeno 37 persone sono morte oggi alla periferia di Islamabad, quando il bus di linea sul quale viaggiavano ha urtato un trattore ed è precipitato da un ponte schiantandosi sul greto di un fiume.

 

 Nella Repubblica Democratica del Congo sembra crescere di ora in ora la tensione militare nell’Est del Paese per il rischio di nuovi scontri tra gruppi ribelli e forze governative. Molte migliaia di civili - segnalano fonti Onu - stanno inoltre cercando rifugio verso il Burundi, il Ruanda e l’Uganda.

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