RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n. 167 - Testo della trasmissione di martedì 15 giugno
2004
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI
IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
con i mutamenti
climatici e la pressione demografica
Si svolgeranno oggi
pomeriggio, a Bologna, i funerali di padre Michele Casali
In Iraq sequestrati altri due cittadini libanesi.
Intanto si annuncia che Saddam Hussein potrebbe essere processato in autunno
Cresce l’attesa in Israele per l’imminente
decisione del procuratore di Stato sul caso di sospetta corruzione che vede
coinvolto anche il premier Sharon
15
giugno 2004
LA CHIESA CHIEDA PERDONO PER I PECCATI COMMESSI
NELLA STORIA MA PRIMA RICERCHI LA VERITA’
DEI FATTI:
COSI’ IL PAPA NEL MESSAGGIO PER LA
PUBBLICAZIONE ODIERNA
DEL VOLUME SULL’INQUISIZIONE,
CURATO DALLA COMMISSIONE STORICO-TEOLOGICA
DEL COMITATO PER IL GRANDE GIUBILEO
DELL’ANNO 2000
- Servizio di Alessandro Gisotti -
La
Chiesa “si faccia carico con più viva consapevolezza del peccato dei suoi figli”
che, nell’arco della storia, “si sono allontanati dallo spirito di Cristo e del
suo Vangelo”: è quanto scrive Giovanni Paolo II nel messaggio per l’odierna
pubblicazione del volume che raccoglie gli Atti del Simposio internazionale
sull’Inqui-sizione, organizzato in Vaticano nell’ottobre del 1998. Opera curata
dalla Commissione teologico-storica del Comitato Centrale del Grande Giubileo.
Il Papa ribadisce, inoltre, la necessità di una costante ricerca storica della
verità dei fatti.
Alla
presentazione di stamani in Sala Stampa vaticana, sono intervenuti il cardinale
Roger Etchegaray, già presidente del Comitato Centrale del Grande Giubileo
dell’Anno 2000, il cardinale Jean-Louis
Tauran, archivista e bibliotecario di Santa Romana Chiesa, il cardinale Georges
Cottier, Pro-Teologo della Casa Pontificia e il prof. Agostino Borromeo,
curatore del volume. Il lavoro, presentato oggi, risponde ad un desiderio
espresso da Giovanni Paolo II nella Lettera Apostolica Tertio Millennio
adveniente. Il servizio di Alessandro Gisotti.
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Nell’imitazione del proprio Signore, mite e umile di cuore
- avverte Giovanni Paolo II - la Chiesa deve chiedere “perdono per gli errori
commessi nel servizio alla verità attraverso il ricorso a metodi non
evangelici”. Ricorda, così, come il 12 marzo del 2000, nella Giornata del
Perdono, abbia rivolto a Dio una preghiera che “contiene i motivi di una
richiesta di perdono, che vale sia per i drammi legati all’Inquisizione come
per le ferite della memoria che ne sono la conseguenza”. E sottolinea che il
volume degli Atti del Simposio “s’inscrive nello spirito di questa
richiesta di perdono”. D’altro canto, rileva come “l’insostituibile contributo
degli storici contiene, per i teologi, un invito a riflettere sulle condizioni
di vita del Popolo di Dio nel suo cammino storico”. Nell’opinione pubblica -
afferma ancora il Papa - l’immagine dell’Inquisizione rappresenta quasi
il simbolo di antitestimonianza di una vita ispirata ai valori della fede.
Prima di chiedere perdono – ribadisce - è allora “necessario avere una
conoscenza esatta dei fatti e collocare le mancanze rispetto alle esigenze
evangeliche là dove esse effettivamente si trovano”.
Spiega poi che la distinzione che deve guidare la
riflessione critica dei teologi è “tra l’autentico sensus fidei e la
mentalità dominante in una determinata epoca, che può aver pesato sulla loro
opinione”. Tale discernimento è possibile - avverte il Papa - “proprio perché
col progresso del tempo la Chiesa, guidata dallo Spirito Santo, percepisce con
una coscienza sempre più viva quali siano le esigenze della sua conformità” a
Cristo. Lo spirito di pentimento comporta, quindi, “il fermo proposito di
ricercare in futuro le vie della testimonianza evangelica da rendere alla
verità”.
Nella conferenza stampa di stamani, il cardinale
Etchegaray ha ricordato come il Papa nella Tertio millennio adveniente
definisca l’Inquisizione come un “capitolo doloroso sul quale i Figli della
Chiesa non possono non tornare con animo aperto al pentimento”. Ha così
sottolineato come da Giovanni Paolo II giunga un costante invito alla ricerca
della verità. Quindi, ha spiegato il significato del volume sull’Inquisizione,
presentato oggi:
“Viene,
così, reso omaggio ad una verità storica alla quale la Chiesa non teme di sottomettere
il suo stesso passato”.
Dal canto suo, il cardinale Cottier ha affermato che la
Chiesa “non si stanca di fare penitenza: essa riconosce sempre come propri,
davanti a Dio e davanti agli uomini, i figli peccatori”. E’ tuttavia “opportuno
chiedersi ciò che costituisce un vero scandalo e dove si trova”. Il campo d’indagine
è allora vasto - ha proseguito il porporato - e rientra nel quadro di ciò che
“il Santo Padre ha chiamato la Purificazione della memoria, perché la memoria
storica, cioè l’immagine che ci facciamo del passato, non è esente da
deformazioni e pregiudizi”. Parole corredate da un avvertimento:
“Una domanda di perdono non può riguardare, va da sé, che
fatti veri e obbiettivamente riconosciuti. Non si chiede perdono per alcune
immagini diffuse all’opinione pubblica, che hanno più del mito che della realtà”.
Il
cardinale Tauran ha messo l’accento sul contributo della Biblioteca vaticana nella
realizzazione di questo volume. Quindi, il curatore del lavoro storiografico,
il prof. Borromeo, ha evidenziato come gli atti del Simposio sono destinati a
rappresentare un punto di riferimento per gli studi sull’Inquisizione.
Innanzitutto, per il rigore scientifico delle relazioni, “scevre da qualsiasi
cedimento alla polemica o all’apologia” caratteristica di “buona parte della
storiografia meno recente”. Inoltre, la ricchezza dei dati forniti, ha “consentito
di rivedere alcuni luoghi comuni assai diffusi tra i non specialisti”, come “il
ricorso alla tortura e la condanna alla pena di morte”, che “non furono così
frequenti come si è per molto tempo creduto”. Borromeo ha citato, in particolare,
il caso della Spagna, dove su 125 mila processi dell’Inquisizione, l’1 per
cento si concluse con una condanna a morte.
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UDIENZE E NOMINE
Giovanni
Paolo II ha incontrato questa mattina Mons. François Bacqué, arcivescovo titolare di Gradisca, nunzio
apostolico nei Paesi Bassi, e alcuni vescovi
della Conferenza episcopale della Colombia, in visita "ad Limina Apostolorum".
Il Santo Padre, inoltre, ha
nominato arcivescovo metropolita di Tarragona, in Spagna, il reverendo Jaume
Pujol Balcells, finora professore di Teologia e direttore dell’Istituto Superiore
di Scienze Religiose della Facoltà di Teologia dell’Università di Navarra, e ha
accettato la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi di Barcelona presentata dal cardinale Ricardo María
Carles Gordó, nonchè la rinuncia all’ufficio di ausiliare della stessa diocesi
presentata da monsignor Pere Tena Garriga.
Per quanto riguarda, invece, il
Brasile, il Papa, avendo accettato la rinuncia al governo pastorale della
diocesi di Mossoró, in Brasile, presentata da mons. José Freire de Oliveira
Neto, ha nominato al suo posto mons.
Mariano Manzana, del clero di Trento (Italia), per molti anni sacerdote fidei donum in Brasile. Avendo accettato la rinuncia al
governo pastorale della diocesi di Santo Ângelo presentata da monsignor Estanislau Amadeu Kreutz, ha nominato al
suo posto monsignor José Clemente Weber, finora vescovo titolare di Gummi di
Bizacena e ausiliare di Porto Alegre. E avendo accolto la rinuncia al governo
pastorale della diocesi di Tubarão
presentata da monsignor Hilário Moser, ha nominato al suo posto monsignor
Jacinto Bergmann, finora vescovo titolare di Ausuccura e ausiliare di Pelotas.
Infine,
il Papa ha accettato la rinuncia
all'ufficio di ausiliare della diocesi di Piura, in Perú, presentata da
monsignor Augusto Beauzeville Ferro, in
conformità ai canoni 411 e 401 del Codice di Diritto Canonico.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre la prima pagina l'Iraq,
dove persistono sanguinose violenze. Corte marziale per quattro soldati
britannici accusati di abusi su detenuti iracheni.
Nelle vaticane, il messaggio di
Giovanni Paolo II al cardinale Roger Etchegaray, in occasione della
presentazione degli Atti del Simposio internazionale sull'Inquisizione:
"Lo spirito di pentimento comporta il fermo proposito di ricercare in
futuro le vie della testimonianza evangelica da rendere alla
verità".
Nelle estere, per la rubrica
dell'"Atlante geopolitico" un articolo di Giuseppe Petrone dal titolo
"Russia: il dramma dei profughi ceceni".
Nella pagina culturale, un
articolo di Franco Pelliccioni nel centenario della morte del grande
esploratore Henry Morton Stanley.
Per l'"Osservatore
libri" un approfondito contributo di Danilo Veneruso in merito al volume
di Nicla Buonasorte dal titolo "Tra Roma e Lefebvre. Il tradizionalismo
cattolico italiano e il Concilio Vaticano II".
Nelle pagine italiane, in
rilievo le elezioni amministrative.
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15
giugno 2004
SETTIMANA SIGNIFICATIVA PER L’EUROPA: DOPO IL VOTO
DEI GIORNI SCORSI,
SEGNATO DALL’ASTENSIONISMO E DA
UNA RIMONTA DEGLI EUROSCETTICI,
I PAESI MEMBRI SI DICONO PIU’ DETERMINATI AD
APPROVARE LA COSTITUZIONE
NEL CONSIGLIO DI GIOVEDI’ E VENERDI’ PROSSIMI, A
BRUXELLES
-Interviste con mons. Aldo Giordano ed Enrico
Singer -
Una settimana molto
significativa per l’Europa. Dopo il voto dei giorni scorsi per il rinnovo del
Parlamento, infatti.,giovedì e venerdì prossimo si terrà a Bruxelles il
Consiglio durante il quale si dovrebbe trovare l’accordo sul Trattato
Costituzionale. Proprio in virtù della delusione espressa per la scarsa
affluenza alle urne soprattutto nei nuovi Paesi che sono entrati solo il 1
maggio scorso, i ministri degli esteri, riuniti ieri a Lussemburgo, si sono
detti anche più determinati ad
approvare la carta costituzionale che darebbe incisività politica all’Unione. Oltre all’astensionismo, il voto ha segnato anche
la disfatta in molti Paesi dei partiti al governo e la rimonta di formazioni di
euroscettici. Come guardare, dunque, al futuro dell’Unione europea? Giada
Aquilino l’ha chiesto a mons. Aldo Giordano, segretario generale del Consiglio
delle Conferenze episcopali europee:
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R. –
Lo scacco dei governi forse è un segnale che in Europa c’è una mancanza di
leader, riconosciuti dai popoli come riferimento. E dall’altra, sembra che le
popolazioni europee presentino ai propri governi il conto del fatto che i governi
non sembrino aver mantenuto la promessa di benessere economico, che hanno fatto
durante le campagne elettorali. Allora si tratterebbe di recuperare una
politica che invece sia capace di servire tutta la rete del vivere degli
uomini. In quanto allo scetticismo sull’Europa, alle spalle ci sono timori
economici. Soprattutto i nostri amici dell’est hanno rivelato che in fondo
manca ancora una grande informazione e c’è anche una certa sfiducia su una
realtà che appare piuttosto burocratica, che in qualche maniera sembra voler
imporre all’est quasi una tradizione occidentale, dei valori o disvalori
occidentali.
D. –
Nel nuovo Parlamento europeo come verranno rappresentati i valori cristiani?
R. –
Se parliamo di valori come dignità della persona, come libertà, come democrazia,
come diritti umani, credo che questi termini noi li troviamo nel Trattato. Il
problema riguarda i valori. A mio parere si cerca di dare un fondamento a
questi valori. Allora anche i partiti che si ispirano di più al cristianesimo
dovrebbero adesso fare un lungo lavoro per ridare contenuto a questi valori.
Oggi in Europa, nel nome della dignità umana, si lotta contro l’aborto e per
l’aborto, contro l’eutanasia e per l’eutanasia. Quindi la grande fatica è
quella di illuminare di nuovo questi valori.
D. –
E come è possibile farlo?
R. –
Si tratterebbe di volare più in alto. La disattenzione che il voto ha espresso
per l’Europa dice anche che il tentativo di fare un’Europa solo su compromessi,
in fondo non affascina gli europei.
D.
–Perché manca il consenso sul riferimento ai valori cristiani nella
Costituzione?
R. –
Perché oggi non c’è una comprensione di cosa sia il cristianesimo. Ma se si
andasse sul contenuto del cristianesimo, se si andasse sul
contenuto del cristianesimo, se ci si interrogasse su quali sono le domande che
l’Europa ha e cosa il cristianesimo ha da dare per il vivere, per il mettere
insieme le grandi diversità europee, per la domanda di senso di vita che c’è in
Europa, il cristianesimo apparirebbe interessante.
D. – Cosa dà il cristianesimo
all’Europa?
R. – Soprattutto va a toccare
il segreto per creare famiglia.
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In particolare, ora che si
conoscono i nuovi eletti che rappresenteranno i diversi Paesi al Parlamento
europeo, si discute degli equilibri tra schieramenti. Il Ppe, partito popolare,
rappresenta sempre la maggioranza seguito dal partito dei Socialisti europei ma
un nuovo schieramento si annuncia come cosiddetto “terzo polo”. Su iniziativa del partito
francese, Unione Democratica, che vorrebbe coinvolgere nel progetto i centristi
italiani dell’Ulivo e alcuni partiti minori di altri Paesi, potrebbe nascere,
infatti, un nuovo gruppo parlamentare di centro, differente dai Popolari e dai
liberali. Sulla possibilità di realizzare questa ipotesi, Giancarlo La Vella ha
raccolto il parere di Enrico Singer, corrispondente a Bruxelles del quotidiano
La Stampa:
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R. – Un gruppo di centro al Parlamento europeo già esiste
ed è il gruppo cosiddetto l’Europa dei liberali, democratici e riformatori.
Questo gruppo, quindi, raddoppierebbe il centro e sarebbe un gruppo di circa 30
deputati che si sommerebbe ai quasi 60 dell’altro gruppo centrista, Ldr; però,
i due gruppi manterrebbero la loro autonomia.
D. – Politicamente, come potrebbe collocarsi questo nuovo
gruppo, se riuscirà a realizzarlo?
R. – Si collocherebbe tra il partito popolare, che viene
accusato da queste forze centriste di essersi troppo spostato verso l’ala dei
conservatori, e quindi a sinistra del partito popolare ma a destra del partito
socialista europeo. Il problema poi sarà capire quale forza avrà questo centro
rafforzato ed eventualmente federato, che probabilmente si chiamerà
‘democratici’ o ‘riformatori’, e
l’attuale gruppo liberale. Se questi federati riuscissero ad avvicinarsi ai
cento voti, allora potrebbero, alleandosi per esempio con i socialisti, avere
loro la maggioranza in Parlamento.
D. – Diventerebbe un centro in posizione di maggior
dialogo con i socialisti, rispetto all’altro centro?
R. – Questo centro è già nato da un rifiuto dell’attuale
partito popolare dove, appunto, c’è Forza Italia, per esempio, che per i
popolari di Prodi è uno degli avversari principali. Quindi, facendo un’analisi
politica è evidente che questo nuovo centro che nascerà guarderà più a
sinistra.
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UN
“PIANO MARSHALL” PER I PAESI IN VIA DI SVILUPPO: E’ LA
PROPOSTA
DEL PRESIDENTE BRASILIANO ALLA 11ESIMA
SESSIONE DELLA CONFERENZA ONU
PER IL
COMMERCIO E LO SVILUPPO IN CORSO A SAN PAOLO
-
Intervista con Roberto Da Rin -
Un
nuovo piano Marshall, per aiutare i Paesi in via di sviluppo. È la proposta del
presidente brasiliano Lula da Silva, intervenuto ieri alla 11.ma sessione
dell’Unctad, la Conferenza dell’Onu per il commercio e lo sviluppo, in corso a
San Paolo fino a venerdì prossimo. Seimila i partecipanti, da 129 nazioni. Il
servizio di Andrea Sarubbi:
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“Siamo come nel
secondo dopoguerra: tante nazioni hanno bisogno di aiuto, per evitare il
tracollo. Invece, si continua a chiedere loro sacrifici che non sono in grado
di sostenere”. È il presidente brasiliano a lanciare l’allarme, dando per primo
l’esempio: con i governi di India e Sudafrica, annuncia la creazione di un
fondo per aiutare gli altri Paesi poveri a sconfiggere la miseria. Ma chiede
agli Stati più ricchi di fare lo stesso, ripetendo che “l’eliminazione della fame,
la riduzione della povertà e lo sviluppo sostenibile sono un imperativo, se
vogliamo pace e rispetto dei diritti umani”. “Un sogno – gli fa eco il premier
thailandese, Thaksin Shinawatra, che ospitò l’incontro dell’Unctad nel 2000 –
che si è allontanato negli ultimi quattro anni: l’11 settembre, la crisi
irachena, il fallimento di Cancun hanno frenato l’ottimismo soprattutto tra i
più poveri”. Eppure, afferma il segretario generale dell’Onu, Kofi Annan, “al
mondo non mancano gli strumenti per migliorare gli standard di vita
dell’umanità: manca solo la coerenza politica, spesso sacrificata per gli
interessi economici”. Lula insiste: “Avremo un potenziale immenso di vantaggi,
se prevarrà lo spirito solidale”. Eliminare le barriere doganali e favorire
l’interscambio tra i Paesi del sud del mondo potrebbe essere un primo passo.
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Nei lavori è emersa la difficoltà, per
l’Onu, di raggiungere un obiettivo fissato da tempo: il dimezzamento della
povertà entro il 2015. A Roberto Da Rin, del Sole 24 ore, Andrea Sarubbi ha
chiesto quanto stia influendo sull’economia dei Paesi in via di sviluppo il
fallimento del multilateralismo, sancito a Cancun:
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R. – Certamente il fallimento del Vertice di Cancun un
anno fa ha prodotto una spaccatura importante, ha prodotto il sorgere di nuovi
equilibri. Quindi, questo ha aperto la strada a nuovi accordi sulla scena
internazionale che prima non c’erano. Non a caso il Brasile si sta
paradossalmente affrancando da accordi con altri Paesi Latino Americani per guardare
ad accordi che verrebbero siglati con altri Paesi importanti: la Cina, il
Sudafrica, l’India e la Russia.
D. – Secondo Lula, il presidente del Brasile, siamo come
eravamo alla fine della seconda guerra mondiale. Ci sono cioè alcuni Paesi
sull’orlo del tracollo e tracolleranno davvero se non arriverà subito un nuovo
Piano Marshall. Lei come giudica questa proposta?
R. – L’idea del Piano Marshall rilanciata da Lula è buona,
anche se forse viziata da una ricerca di consensi interni in un momento di difficoltà
dello stesso Lula. Il passo successivo, se è vera la possibilità di realizzare
questo piano, è molto più difficile da valutare e soprattutto da portare a
termine. E questo perché ai tempi del Piano Marshall c’erano anzitutto alleanze
politiche ben definite sullo scenario internazionale. Oggi non è così: da due
anni gli Stati Uniti e l’Unione Europea sono sempre più lontane a causa delle
differenze di vedute in termine di politica internazionale, come guerra in Iraq
o non guerra. In secondo luogo ci sono oggi altri organismi internazionali che
attraversano una crisi pesante. Si pensi all’Onu che ha attraversato ora un
momento di rivisitazione del suo ruolo e dei suoi compiti e tutto ciò è
naturalmente ancora in corso.
D. – A questo proposito Annan ha detto “noi avremmo anche
i mezzi ma quello che ci manca è la coerenza politica”…
R. – Certo, bisogna capire chi lo sostiene, chi lo paga e
in che termini viene attuato il piano. Tutto questo può essere raggiunto dopo
un riequilibrio ed una ridefinizione delle posizioni politiche in campo
internazionale. E’ incontestabile quello che dice Kofi Annan.
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FESTA
PER IL MONASTERO DI SANTA MARIA REGINA COELI A ROMA.
SI
CELEBRANO QUEST’ANNO I 350 ANNI DALLA FONDAZIONE,
UNA
LUNGA STORIA FATTA DI GIOIE E DI DOLORI
-
Intervista con suor Teresa Margherita del Sacro Cuore -
Un’intensa vita contemplativa, intessuta dalla preghiera, dal lavoro e
dalla vita fraterna. Trascorrono così le giornate al monastero di Santa Maria
Regina Coeli a Roma, che precisamente il 14 maggio scorso ha festeggiato i 350
anni dalla fondazione. Nato per un voto fatto alla Madonna da Anna Colonna
Barberini, il monastero è affidato alla guida delle Carmelitane Scalze. Sul
gioioso anniversario, Giovanni Peduto ha raccolto la riflessione della priora
suor Teresa Margherita del Sacro Cuore.
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R. - Il monastero di Santa Maria Regina Cieli è nato per
un voto fatto da donna Anna Colonna Barberini che, trovandosi in grave pericolo
di vita nel dare alla luce il primo figlio, fece voto di fondare un monastero
in onore della Madonna. Madre e figlio si salvarono e la principessa adempì al
suo impegno, affidando il Monastero alle Carmelitane Scalze.
D. - Qualche momento particolare della storia del
Monastero…
R. - Senza dubbio, i momenti più difficili, i momenti più
dolorosi per la nostra comunità sono stati i momenti in cui le sorelle hanno
dovuto abbandonare il monastero per cause politiche. La prima volta fu nel
1810, in seguito al decreto di soppressione di tutti gli ordini religiosi
emanato da Napoleone. Furono di nuovo cacciate nel 1873 dal nascente Stato
italiano, che confiscò il monastero e ne fece il carcere di Stato, l’attuale
Regina Coeli. Ogni generazione ha vissuto le sue gioie e le sue difficoltà. Per
noi il momento più gioioso è stato la visita di Giovanni Paolo II, il 18 marzo
1979.
D. - Voi non abitate più nel vecchio monastero, ma in un
nuovo edificio…
R. - Sì, ci sono stati molti passaggi. L’ultimo passaggio
è stato nel 1965, da via San Francesco di Sales a via Monte Carmelo.
D. - Come si svolge una giornata nel monastero?
R. - Soprattutto è intonata alla preghiera e al lavoro, ma
un lavoro che possa favorire il raccoglimento e il silenzio.
D. - Come Carmelitana Scalza, cosa l’ha colpita di più
della figura di Santa Teresa d’Avila?
R. - La Santa Madre era così innamorata di Gesù che ha
trasmesso anche a noi questi sentimenti e il suo carisma. Il suo grande amore
per il Signore venne vissuto in un rapporto intimo di amicizia con Gesù, dal
quale si sentì profondamente amata. Vivendo questo rapporto, la Santa visse
pienamente la sua ricca umanità di donna, aprendosi a tutte le necessità della
Chiesa e amando tutti.
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NEL
PRIMO GIORNO, IERI, DEL FESTIVAL DI TAORMINA, DUE OPERE PRIME
CHE DENUNCIANO DRAMMI CONTEMPORANEI:
IL CALVARIO DI PROFUGHI E IL SEQUESTRO DI ESSERI UMANI
-
Servizio di Luca Pellegrini -
Nel primo giorno del Festival di
Taormina sono state presentate ieri due opere prime che denunciano drammi
contemporanei, il calvario dei profughi e il sequestro di esseri umani a fini
politici, una pellicola che esplora con ironia e dolcezza il lato senile
dell’amore ed infine la scoperta di un film mai realizzato e che avremmo voluto
vedere. Il servizio di Luca Pellegrini:
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Nella sezione “Cinema del
Mondo”, l’inglese Andi Reiss, un passato da documentarista, si getta
direttamente, con Cargo – il suo
primo lungometraggio – nell’interno claustrofobico di un camion per seguire la
fuga di quattro profughi dalle tormentate zone di guerra dei Balcani. Cercano
una vita migliore, non è detto che la troveranno. E nemmeno è plausibile,
questa volta, che la memoria serva a guarire: sofferenza, ignoto, distacco,
ansia della sopravvivenza generano violenze, paure ed una remissività poco
rassicurante. Mentre per nulla remissivi ed epici, nella battaglia interiore
volta a salvare un barlume di umanità, sono i due protagonisti di Blind flight – Volo cieco. Una storia
vera ambientata nel 1986 in Libano: un inglese ed un irlandese, cultura e ceto
sociale assai diversi, vengono sequestrati da un gruppo di integralisti e
tenuti segregati per quattro anni e mezzo in una serie di celle anguste e
sporche, degradati a pura merce di scambio. John Furse, anch’egli alla sua
prima regia cinematografica, con rigore e lucida narrazione segue il dramma
fino al felice epilogo, con uno stile cameristico che svela già la dimensione
dell’autore solido e dal sicuro avvenire.
Poi arrivano, con un terzo
debutto firmato da Charles Dance, due vere regine assolute degli schermi: Judi
Dench e Maggie Smith, che in Ladies in
Lavender si trovano a vivere i riflussi del passato e le fibrillazioni di
cuori disposti ancora ad amare e ad essere amati. Cornovaglia, 1936:
l’assestato equilibrio delle due sorelle Widdington viene messo alla prova
dall’arrivo di un naufrago polacco, Andrea, bello ed artista. Le giornate fatte
di pudding, rose, libri, radio ed amene conversazioni si accendono
nuovamente del fuoco della passione, che sarà effimero. Le due “dame” entrano
in una salutare competizione di bravura che riporta l’attore e la recitazione a
quel carisma, a quel piacere che il cinema ha purtroppo da lungo ed
ingiustificato tempo dimenticato.
Infine un attore che non vedremo
mai nel ruolo di anziano paparazzo preparatogli dal grande Luigi Magni. Nella
prima delle “Lezioni di Cinema” il regista confessa che Alberto Sordi aveva con
entusiasmo aderito al progetto: doveva essere un confronto tra le due facce di
Roma, quella degli anni Cinquanta e quella attuale, vissuto attraverso gli occhi
di Alberto. Per esprimere la triste constatazione che nessuno si sarebbe mai
aspettato, allora, di vedere la Città Eterna ridotta così male. Eppure,
conclude Magni, il mio amore per Roma rimane fatale. Come il suo amore per il
cinema.
Luca Pellegrini, da Taormina,
per la Radio Vaticana.
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15
giugno 2004
ALLARME
DELL’ONU PER ALLUVIONI E INONDAZIONI CHE GIA’ OGGI MINACCIANO NELL’INTERO
PIANETA UN MILIARDO DI PERSONE. GLI ESPERTI INVITANO
I GOVERNI A PREVENIRE
IL GRAVE FENOMENO CHE RISCHIA DI AUMENTARE
CON I
MUTAMENTI CLIMATICI E LA PRESSIONE DEMOGRAFICA
BONN. =
Un miliardo di persone nel mondo, ovvero una persona su sei, sarebbe minacciata
dal pericolo di inondazioni, secondo le stime - divulgate in questi giorni da
esperti dell’Unu, l'Università delle Nazioni Unite a Bonn. Se non saranno prese
le necessarie precauzioni il numero della popolazione a rischio può addirittura
raddoppiare nel corso delle prossime due generazioni. ''Entro il 2050 - afferma
lo studio dell'Onu - i cambiamenti climatici, la deforestazione, l'aumento del
livello dell'acqua dei mari e l'esplosione demografica potranno causare un
aumento delle vittime potenziali di inondazioni catastrofiche fino a 2 miliardi
di persone''. La zona del Pianeta più colpita è l'Asia, dove negli ultimi 20
anni si sono ripetute stagionalmente inondazioni che hanno riguardato 400
milioni di persone, causando danni materiali stimati a 150 miliardi di dollari.
L'aumento della popolazione fino a dieci miliardi nel 2050 spingerà inoltre -
secondo gli esperti - un numero sempre più grande di persone a vivere e
lavorare in regioni minacciate da alluvioni. Un nuovo Istituto dell’Unu,
inaugurato in questo mese di giugno, metterà a punto delle raccomandazioni per
contrastare tali minacce alla sicurezza per l'uomo. (R.G.)
L’ISTITUTO
SUPERIORE DI CATECHESI ARGENTINA ANNUNCIA
PER IL PROSSIMO 9 AGOSTO
UN CONVEGNO A BUENOS AIRES
PER
DISCUTERE SULL’UTILIZZO DI INTERNET COME STRUMENTO DI CATECHESI
BUENOS AIRES. = Si svolgerà il prossimo 9 agosto a Buenos
Aires, e sarà intitolato “Catechesi e nuove tecnologie”, il primo convegno di
siti Internet che fanno attività di catechesi attraverso il web. L’iniziativa,
promossa dall’Istituto superiore di catechesi argentina (Isca), ha come
obiettivo quello di “condividere le nuove proposte esistenti in materia di
comunicazione per la catechesi e l’evangelizzazione”, come dichiara il
direttore dell’Isca, padre Josè Luis Quijano. Per avere maggiori informazioni
sull’iniziativa, è possibile consultare il sito internet: www.isca.org.ar, oppure contattare via
e-mail l’Isca all’indirizzo di posta elettronica: isca@fibertel.com.ar. (R.M.)
IN
IRAN SCUOLA VIETATA, NEL PROSSIMO ANNO SCOLASTICO, PER DECINE DI MIGLIAIA DI
PICCOLI PROFUGHI AFGHANI, PER INDURRE I LORO GENITORI A
LASCIARE IL PAESE CHE LI ACCOLTI DAI TEMPI DELL’INVASIONE SOVIETICA
FINO
ALLA CADUTA DEL REGIME DEI TALEBAN
TEHERAN. = Scuola vietata a partire dal prossimo 1
settembre per 45mila bambini afghani, figli di rifugiati nella provincia
iraniana del Khorasan che confina con l'Afghanistan. La decisione sarebbe
conseguenza della severa politica annunciata dal governo di Teheran per indurre
a rientrare nel loro Paese i profughi afghani ancora residenti in Iran, circa 1
milione e 300 mila. Mentre altri 800 mila hanno già lasciato l’Iran dopo la
caduta del regime dei Taleban a Kabul, alla fine del 2001. ''Per ogni studente
afghano in Iran - ha spiegato Seyed Mehdi Beheshti, responsabile degli Affari
scolastici per gli stranieri, citato oggi dal quotidiano Hambastegi - lo Stato
spende annualmente tre milioni di rial'', ovvero poco meno di 300 euro. ''Le
scuole che accetteranno le iscrizioni di bambini afghani per il prossimo anno
scolastico - ha aggiunto il responsabile - saranno perseguite dalla magistratura''.
Tra le iniziative messe in atto dall'Iran per spingere i profughi afghani a rientrare
nel loro Paese, vi è anche il divieto di impiego. Attualmente la maggior parte
di loro sono attivi (e normalmente sottopagati) nei settori dell'edilizia e
dell'agricoltura, ma anche le amministrazioni comunali ne utilizzano molti per
i servizi di nettezza urbana. L'afflusso di profughi in Iran è cominciato con
l'invasione sovietica dell'Afghanistan alla fine del 1979 ed è proseguito
appunto fino alla caduta dei Taleban. (R.G.)
BARCELLONA,
MALAGA, SIVIGLIA, LIONE, MARSIGLIA E GENOVA COINVOLTE
IN UN
PROGETTO EUROPEO PER PROMUOVERE LA CULTURA
QUALE FATTORE DI CRESCITA
SOCIO-ECONOMICA
GENOVA.
= La cultura fattore di crescita economica, filo che lega le città dell'Europa.
E' questo lo spirito che ha animato il progetto “Cultura e conoscenza”, presentato
ieri nel Palazzo Ducale a Genova. Il progetto, partito nel gennaio del 2003, ha
coinvolto sei città europee. Tramite un'indagine condotta nei vari settori
della società civile, dalla comunicazione all'imprenditoria passando attraverso
la scuola, è emersa la necessità di vedere nella cultura una risorsa economica
e sociale collegata non solo con particolari eventi, ma intesa anche come
formazione, crescita tecnologica, investimento in formazione. Le esperienze
maturate dalle sei città saranno ora raccolte in un Libro bianco che sarà
presentato il 30 settembre a Marsiglia, città che ha coordinato il progetto, e
successivamente verrà sottoposto alla Commissione europea, che ha finanziato
l’iniziativa, con l'obiettivo di trovare nuovi fondi per proseguire il
programma. (R.G.)
SI SVOLGERANNO OGGI POMERIGGIO, A
BOLOGNA, I FUNERALI DI PADRE
MICHELE
CASALI, DOMENICANO, FONDATORE E ANIMATORE DEL CENTRO CULTURALE
SAN
DOMENICO, SPENTOSI IL 13 GIUGNO
BOLOGNA.
= Si è spento domenica mattina a Bologna, nella clinica privata Villa Toniolo,
il domenicano, padre Michele Casali, figura di spicco del mondo cattolico
bolognese. Ammalato da tempo, avrebbe compiuto 76 anni a luglio. Fondatore e
animatore del Centro culturale San Domenico, l’attività di padre Casali era conosciuta
anche oltre i confini cittadini ed emiliano-romagnoli per la sua capacità di
raccogliere molte personalità di prestigio del mondo politico, economico,
sociale e religioso che dai primi anni ’70 hanno partecipato ai periodici
dibattiti dei ‘Martedì di San Domenico”, ospitati nel Convento bolognese. La
consolidata interrelazione culturale con l’Università di Bologna e la collaborazione
con istituzioni culturali ed Enti Pubblici, a livello nazionale, hanno permesso
al Centro di rendere più ampio e qualificato l’orizzonte delle iniziative. Voce
assai ascoltata anche negli ambienti economici e politici, al di là di opinioni
e schieramenti, padre Casali era giornalista pubblicista dal 1985 e per molti
anni è stato assistente spirituale dell’Ucsi, l’Unione cattolica della stampa
italiana. Cordoglio è stato espresso anche dalla Federazione DS di Bologna che,
in una nota, lo ricorda quale “voce autorevole del mondo cattolico e
protagonista da sempre impegnato nella ricerca del confronto e del dialogo con
tutti”. Le esequie di padre Casali si svolgeranno questo pomeriggio presso la
chiesa del Convento di San Domenico a Bologna. (R.M.)
PUBBLICATI
SUL SITO INTERNET DELLA SANTA SEDE I DOCUMENTI
DEL
CONCILIO VATICANO II IN LINGUA SHAWILI: UN AIUTO PER LE
MISSIONI NELL’AFRICA ORIENTALE
CITTA’ DEL VATICANO = I documenti del Concilio Vaticano
II, riprodotti sul sito Internet della Santa Sede in ceco, francese, inglese,
italiano, portoghese e spagnolo sono stati pubblicati per la prima volta anche
in shawili, lingua molto diffusa nell’Africa orientale. L’iniziativa
sarà di grande utilità soprattutto per quelle missioni del sud del mondo che
non hanno nelle vicinanze librerie cattoliche ma possiedono l’accesso ad
Internet. In particolare si tratta dei seguenti documenti: le ‘Costituzioni’ (Dei
verbum, Lumen gentium, Sacrosanctum Concilium, Gaudium et spes); le ‘Dichiarazioni’
(Gravissimum educationis, Nostra Aetate, Dignitatis humanae) e i ‘Decreti’ (Ad
gentes, Presbyterorum ordinis, Apostolicam actuositatem, Optatam totius,
Perfectae caritatis, Christus dominus, Unitatis redintegratio, Orientalium
ecclesiarum e Inter Mirifica). I testi in lingua shawili sono rintracciabili
all’indirizzo web:http://www.vatican.va/archive/hist.councils/ii.vatican-council/index_it.htm.
(R.M.)
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15 giugno 2004
- A cura di Amedeo Lomonaco -
In Iraq sequestrati ieri altri due cittadini libanesi, entrambi
originari di Beirut ed impiegati di una ditta di costruzioni svedese. A darne
notizia è stata l'emittente ‘Al Arabiya’, che ha trasmesso un video in cui
appare uno degli ostaggi. Sul futuro di Saddam Hussein il primo ministro, Ayad
Allawi, ha intanto annunciato che dovrebbero consegnare l’ex rais e gli altri
42 detenuti del vecchio regime entro il prossimo 30 giugno. E in un’intervista
rilasciata ad un giornale iracheno, il direttore generale delle corti criminali
del Paese arabo, Salem Chalabi, ha dichiarato che sono state già raccolte
diverse prove contro Saddam e che l’ex presidente iracheno sarà processato in
autunno. Il leader radicale sciita Moqtad al Sadr potrà inoltre entrare in
politica dopo il 30 giugno, a condizione che deponga le armi. Lo ha detto oggi,
in una conferenza stampa tenutasi a Baghdad, il presidente ad interim iracheno,
Ghazi al Yawar.
In
Israele, grande attesa per il pronunciamento del procuratore di Stato, previsto
oggi pomeriggio, sui casi di presunta corruzione che vedrebbero coinvolti il
primo ministro, Ariel Sharon, e suo figlio Gilad. Il premier dello Stato ebraico
è sospettato di aver favorito l’investimento di un amico in un’isola dell’Egeo,
intercedendo a suo favore presso il governo greco. E in Medio Oriente si
registra, intanto, una nuova ondata di violenze: forze israeliane hanno ucciso,
ieri, il leader delle Brigate dei martiri di al-Aqsa a Nablus, Khalid Marshoud,
e questa mattina è stato sventato a Gaza un attacco kamikaze nel quale è rimasto
ucciso l’attentatore. Il servizio di Graziano Motta:
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Sharon saprà oggi se sarà rinviato a giudizio o prosciolto
dall’accusa di corruzione nella vicenda immobiliare su un’isoletta greca in cui
è coinvolto anche suo figlio. L’attesa è comprensibilmente grande per le
conseguenze sulla vita pubblica del Paese. In particolare si dovrà affrontare
la possibilità di nuove elezioni come conseguenza delle eventuali dimissioni
del premier. Oppure Sharon, restando alla guida della nazione, potrà formare
una nuova coalizione al governo con i laburisti e portare avanti così il piano
di ritiro di coloni e soldati dalla Striscia di Gaza e da alcuni insediamenti
della Cisgiordania. Al momento egli è senza maggioranza parlamentare e ieri ha
potuto superare le insidie di tre mozioni di censura per una serie di circostanze
fortuite per le lacerazioni presenti nel suo partito.
Per Radio Vaticana, Graziano Motta.
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Forte
astensione e sconfitta per la gran parte dei partiti dei governi nazionali.
Sono questi i principali dati delle elezioni svoltesi nei 25 Paesi dell’Unione
europea. Il partito popolare si conferma il primo raggruppamento davanti ai
socialisti. In Italia, intanto, sostanziale parità tra gli schieramenti nelle
rappresentanze al Parlamento europeo ma il centrosinistra si afferma nettamente
nelle amministrative parziali. Sulle elezioni europee e le amministrative in
Italia, ci riferisce Giampiero Guadagni:
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Nella prima elezione dell’Europa a 25 ha votato solo il
45, 5 per cento agli aventi diritto e nei dieci Paesi appena entrati
nell’Unione si è recato alle urne solo il 26,7 per cento. Un’apatia elettorale
che molti osservatori spiegano con una campagna elettorale nei quali i temi
nazionali hanno sopraffatto quelli europei. Quanto all’esito del voto, secondo
i dati ancora ufficiosi, 276 seggi vanno al Partito popolare, 200 al Partito
socialista, 66 ai liberaldemocratici, 39 alla sinistra unita, 42 ai verdi, 27
all’Europa delle Nazioni e 15 all’Europa delle democrazie e delle diversità.
Escono sconfitti quasi tutti i governi in carica: in Germania i
socialdemocratici di Schroeder; in Gran Bretagna i laburisti di Blair; in
Francia i gollisti di Chirac e Raffarin. In Italia, dove l’affluenza alle urne
è stata alta, regge il governo Berlusconi, nonostante la forte flessione del
partito del premier, ma il centro-sinistra vince le amministrative parziali che
hanno interessato i due terzi dell’elettorato totale. Il risultato più
importante ed atteso era quello di Bologna, dove il centro-sinistra con
Cofferati ha riconquistato la poltrona di sindaco, persa cinque anni fa.
Vittoria al primo turno di Ulivo con Rifondazione Comunista anche al comune di
Bari e alla regione Sardegna. Quanto alle province, il centro-sinistra se ne
aggiudica al primo turno 38 contro le 3 della Casa delle Libertà. In 22
province, tra cui Milano, si andrà al ballottaggio, in programma il 26 e il 27
giugno.
Per la Radio Vaticana, Giampiero Guadagni.
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Ancora scontri nella regione di Shali, in Cecenia. Un attacco dei
ribelli ha provocato, lo scorso fine settimana, la morte di 5 ufficiali della
guardia presidenziale cecena nel villaggio di Avtury. Successivamente, le
truppe arrivate dalla capitale hanno ucciso 10 ribelli. La guerriglia ha
inoltre reso noto che sono morti 19 russi e ceceni in seguito a combattimenti
avvenuti nelle località di Avturi, Vedeno e Grozny.
In Afghanistan, sono 90 i presunti
miliziani catturati nelle scorse tre settimane dalle truppe occidentali nella
parte sudest del Paese. A renderlo noto è stato il portavoce dell’esercito
statunitense, Tucker Mansager. Nei giorni scorsi, lo stesso ufficiale aveva annunciato
che, a partire dallo scorso 25 maggio, le forze della coalizione avevano ucciso
oltre 80 miliziani.
Allarme terrorismo: gli Stati
Uniti hanno nuovamente sollecitato i propri cittadini a lasciare l’Arabia
Saudita dopo gli ultimi gravi episodi, tra i quali uccisioni e rapimenti, che
hanno riguardato civili americani. In un recente comunicato, la rete
terroristica Al Qaeda ha rivendicato, nel Regno saudita, l’assassinio di due
statunitensi ed il sequestro di un altro americano.
In Giappone è stata respinta la
mozione di sfiducia contro il governo del premier, Junichiro Koizumi. La
mozione è stata presentata dal Partito democratico, all’opposizione, per
contestare l’invio di un contingente militare in Iraq e il progetto di riforma
delle pensioni. Al Vertice G8, tenutosi la scorsa settimana negli Stati Uniti,
Koizumi si è impegnato a mantenere il contingente in Iraq anche dopo il
trasferimento dei poteri, previsto il prossimo 30 giugno.
La Corea del Nord ha respinto la
richiesta degli Stati Uniti per uno smantellamento completo, verificabile ed
irreversibile dei suoi programmi nucleari militari. Lo rende noto l’agenzia
Kcna di Pyongyang a pochi giorni dalla nuova sessione dei colloqui a sei sulla
crisi nucleare del Paese asiatico, prevista a Pechino dal 23 al 26 giugno
prossimi. La Cina ha intanto smentito oggi le affermazioni di una commissione
del Congresso americano, che ha accusato Pechino di fornire tecnologia nucleare
all’Iran e alla Corea del Nord.
Il presidente iraniano, Mohammed
Khatami, ha fatto pervenire una lettera di protesta a Gran Bretagna, Francia e
Germania, accusando gli Stati europei di aver adottato, sulla questione del
programma atomico iraniano, un atteggiamento influenzato dalle pressioni
esercitate dagli Stati Uniti. Khatami ha sottolineato come i tre Paesi si
fossero impegnati, con la dichiarazione sottoscritta a Teheran lo scorso 21
ottobre, a non trasferire il ‘dossier’ sull’attività nucleare iraniana al
Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e a riconoscere il diritto dell’Iran
a sviluppare un programma nucleare a scopi pacifici.
In Venezuela, il presidente Hugo
Chavez continua ad insistere che nel referendum del prossimo 15 agosto per la
revoca del suo mandato il “vero rivale” è il capo di Stato americano, George
Bush. “Il presidente statunitense – afferma Chavez - vuole mettere le mani sul
petrolio venezuelano per mantenere basso il prezzo del greggio”. Il referendum
è stato indetto dopo che l’opposizione ha raccolto oltre 2,4 milioni di firme.
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