RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVIII n. 159 - Testo della trasmissione di lunedì 7 giugno 2004

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Il calore degli svizzeri e il loro affetto per il Papa, tratto distintivo della visita di Giovanni Paolo II a Berna, conclusasi ieri: il commento del portavoce dei vescovi elvetici. Ai nostri microfoni Marc Aellen

 

In una lettera al cardinale Ratzinger per i 60 anni dello sbarco in Normandia, il Papa sottolinea i “grandi meriti” ottenuti da chi combatté per la libertà, invitando l’umanità a costruire nuove strade di pace

 

Più aiuti allo sviluppo e stop al traffico delle armi per una pace duratura nel mondo: così il cardinale Sodano in un messaggio alla 34ª Assemblea generale  dell'Organizzazione degli Stati americani

 

Il cardinale Renato Martino, in visita al carcere di Fossombrone, lancia un appello al rispetto dei detenuti: intervista  con il porporato.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Aperto ieri sera nella cattedrale di Frascati il processo diocesano di beatificazione di Igino Giordani

 

I destini dell’Europa riunificata nel terzo millennio: le sfide per una leadership mondiale in campo culturale, politico, economico. Ce ne parla il prof. Gian Piero Orsello

 

“Primavera per l’Apurimac” fino al 14 giugno a Frosinone: una mostra sulle missioni agostiniane in Perù. Con noi padre Pietro Bellini.

 

CHIESA E SOCIETA’:

“Famiglia diventa ciò che sei… nella Chiesa e nella società”. E’ il tema del Convegno ecclesiale che si apre questa sera a Roma, nella basilica di San Giovanni in Laterano.

 

Responsabili politici riuniti a Mombasa, in Kenya, per discutere possibili riforme del sistema scolastico in Africa

 

In Indonesia attaccate ieri quattro chiese cristiane a Giacarta

 

Oltre 100 statue raffiguranti Gesù Cristo hanno sfilato, ieri, sul lungomare di Genova per il 48.mo raduno delle confraternite delle diocesi liguri

 

Missionario gesuita fonda in Cina un centro per l’assistenza ai malati terminali di Aids

 

Ultimo commosso saluto della città di Roma all’attore Nino Manfredi, morto lo scorso 4 giugno all’età di 83 anni

 

24 ORE NEL MONDO:

Possibile nuova risoluzione Onu sull’Iraq entro domani, mentre sul terreno si registrano nuove vittime

 

Via libera ieri del governo Sharon al ritiro unilaterale dalla striscia di Gaza

 

Ancora alta la tensione nella Repubblica Democratica del Congo: morti due peacekeeper sudafricani delle Nazioni Unite.

 

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

7 giugno 2004

 

 

IL CALORE DEGLI SVIZZERI E IL LORO AFFETTO PER IL PAPA,

TRATTO DISTINTIVO DELLA VISITA DI GIOVANNI PAOLO II A BERNA,

CONCLUSASI IERI. LE ESORTAZIONI DEL PONTEFICE,

BASE DI PARTENZA PER IL RILANCIO ECCLESIALE

- A cura di Alessandro De Carolis -

 

Giovanni Paolo II ha concluso ieri sera la sua visita in Svizzera, 103.mo viaggio apostolico del suo pontificato. Il volo speciale, un A321 dell'Alitalia decollato verso le 19 da Berna, è atterrato sulla pista dell'aeroporto di Ciampino intorno alle 20.20. Il viaggio in terra elvetica, dove il Papa è tornato a distanza di 20 anni, è stato caratterizzato da due eventi: sabato, il primo incontro nazionale dei giovani cattolici a cui il Papa ha preso parte, nel Palaghiaccio di Berna. Ieri mattina, la messa sul grande prato dell’Allmend, alla quale hanno partecipato decine di migliaia di fedeli. Da Berna, il nostro inviato Alessandro Gisotti:

 

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“Mai vista tanta gente”. Forse il significato di Giovanni Paolo II in Svizzera è in questo commento stupito che risuonava da più parte, ieri a Berna, dopo la celebrazione della Messa sul prato dell’Allmend. Gli organizzatori elvetici si aspettavano, nelle più rosee previsioni, 50 mila fedeli: ne sono arrivati 70 mila, da tutti i Cantoni, ma anche a centinaia da diversi Paesi europei. Dunque, ancora una volta, con la forza del suo messaggio il Papa ha saputo coinvolgere una moltitudine di persone.

 

Eppure alla vigilia dell’arrivo del Papa il clima non sembrava dei più favorevoli. Berna non mostrava l’attenzione dovuta all’evento ed i giornali locali si occupavano più dei problemi di sicurezza legati al viaggio papale che al contenuto dello stesso. Poi, il momento spartiacque della visita con l’abbraccio spontaneo dei giovani cattolici al “Papa anziano” che sa scaldare il loro cuore. In 14 mila, entusiasti, hanno gremito il Palaghiaccio di Berna per ascoltare l’esortazione di Giovanni Paolo II a non avere paura, a proclamare con coraggio il Vangelo e ad essere uniti, nonostante le diversità di lingua e cultura, che pure sono la peculiarità della Svizzera. 

 

Ora si aspettano i frutti di questa esperienza forte per i giovani elvetici, che dovranno raccogliere la sfida lanciata loro dal Papa. All’unità dei cristiani, Giovanni Paolo II ha dedicato l’omelia della Messa sull’Allmend: nella Svizzera delle diverse confessioni, ha riaffermato la necessità di avanzare di nuovo sulla via difficile ma ricca di gioia della piena comunione di tutti i credenti.

 

Tra le immagini che certamente resteranno nella memoria di questo viaggio, c’è il volto raggiante dei ragazzi all’arrivo del Papa nel Palaghiaccio. Stamani, il quotidiano svizzero “Le Temp” scrive: “La magia ha funzionato ancora una volta. Tra Giovanni Paolo II ed i giovani c’è un amore durevole, un amore senza dubbio radicato nella fede”.

 

Da Berna, Alessandro Gisotti, Radio Vaticana.

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La Chiesa svizzera è in festa, dunque, ma già spinge avanti lo sguardo. La presenza di Giovanni Paolo II, le sue parole, i suoi incoraggiamenti hanno senza dubbio allargato l’orizzonte e illuminato piste pastorali, di dialogo ecumenico, di armonia sociale. Un capitale sul quale investire, della cui forza sono ben coscienti i vescovi elvetici. Il loro portavoce, Marc Aellen, al microfono di Alessandro Gisotti esprime chiaramente questa consapevolezza, a partire dal buon esito del soggiorno papale:

 

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R. – Per me il bilancio è davvero molto positivo, anzi straordinario. Lo è a livello quantitativo, perché non sono mai state presenti ad una Messa in Svizzera 70 mila persone, da almeno 50 anni. Altrettanto per i giovani, perché 14 mila giovani per noi sono tantissimi. E anche qualitativamente quest’incontro è stato molto importante, perché ho sentito tra tutti un grande calore ed un rapporto fantastico tra il Papa e i giovani, che secondo me potrà portare tantissimo alla Chiesa svizzera.

 

D. – Il Papa ha detto ai giovani svizzeri di avere coraggio nell’affrontare la vita, portando ovunque la parola del Vangelo. Quali potranno essere i frutti di questa esortazione di Giovanni Paolo II?

 

R. – Io spero tanto nel futuro, perché un incontro così non basta, bisogna avere un seguito. E noi abbiamo tanta voglia di continuare con questi giovani e i giovani stessi hanno voglia di continuare: si sono resi conto che non sono da soli. E’ importante fare questa esperienza, altrimenti ci si scoraggia. Penso che ora i giovani abbiano preso questo coraggio e che questo incontro avrà un seguito.

 

D. – Il Papa nella Santa Messa ha esortato tutti i cristiani ad impegnarsi per l’unità. Chiaramente è un’esortazione che in Svizzera ha un significato particolare…

 

R. – Certo il Papa, per me e per tutti noi, è un fattore di unità, è un maestro di unità, è lui che fa l’unità della Chiesa. Noi in Svizzera viviamo questa unità, nonostante la grande diversità. Qualche volta, però, si dimentica l’unità e si mette in rilievo la diversità tra le culture. Allora, ecco che il Papa ha sottolineato proprio l’unità. La diversità ci vuole, ma senza unità non vale niente. Penso che questo possa dare un grande apporto alla Chiesa in Svizzera.

 

D. – Lei in questi giorni è stato con i vescovi della Svizzera. Con quale emozione hanno accolto questo incontro, a 20 anni di distanza dall’ultima visita di Giovanni Paolo II?

 

R. – Rispondo con una sola immagine. Una sera, viene al centro stampa un vescovo della Svizzera francese, raggiante come mai l’ho visto e dice: “Ma guarda, ti rendi conto di quanti giovani, e tutti in uno spirito di pace!”. Non lo riconoscevo. Penso che per i vescovi sia stato un incoraggiamento enorme.

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IN UNA LETTERA AL CARDINALE RATZINGER PER I 60 ANNI

DELLO SBARCO IN NORMANDIA, IL PAPA SOTTOLINEA I “GRANDI MERITI”

OTTENUTI DA CHI COMBATTE’ PER LA LIBERTA’,

INVITANDO L’UMANITA’ A COSTRUIRE NUOVE STRADE DI PACE

- A cura di Alessandro De Carolis -

 

Ha “grandi meriti” chi ha combattuto per la libertà”. Ma la “lezione del passato” insegni all’umanità a ricercare “vie di pace”, perché si possa dire in futuro “mai più la guerra!”. E’ questo in sintesi il pensiero che Giovanni Paolo II, in una lettera a firma del cardinale segretario di Stato Angelo Sodano, ha dedicato all’avvenimento che ha catalizzato in questi giorni l’attenzione internazionale: il 60.mo anniversario dello sbarco alleato in Normandia, celebrato ieri.

 

Nella lettera - indirizzata al cardinale Joseph Ratzinger, che ieri era in Normandia per le cerimonie legate all’evento - il Papa afferma esplicitamente che “coloro che hanno combattuto per la libertà dei popoli hanno dei grandi meriti”. Tuttavia, memori delle “tante vittime e delle sofferenze” causate dal “tragico conflitto mondiale”, gli uomini di buona volontà, insieme ai responsabili delle nazioni e ai rappresentanti delle associazioni civili e militari, sono chiamati – sottolinea il Pontefice – a percorrere vie di pace e a portare in cuore “sentimenti di perdono, di fraternità e di solidarietà”. Tutti valori ai quali educare le nuove generazioni, in un tempo in cui l’Europa allarga i suoi confini e in cui gli uomini hanno maggiori responsabilità di costruire la vita sociale “su valori morali e spirituali”.

 

 

PIU’ AIUTI ALLO SVILUPPO E STOP AL TRAFFICO DELLE ARMI

PER UNA PACE DURATURA NEL MONDO: COSI’ IL CARDINALE SODANO

 IN UN MESSAGGIO ALLA 34ª ASSEMBLEA GENERALE

DELL'ORGANIZZAZIONE DEGLI STATI AMERICANI

 

Stop al traffico delle armi: la comunità internazionale s’impegni piuttosto a sostenere i Paesi poveri se vuole una pace duratura. E’ quanto scrive in sintesi il cardinale segretario di Stato Angelo Sodano in un messaggio in occasione della 34° assemblea generale dell’OSA, l’Organizzazione degli Stati Americani, iniziata ieri a Quito in Ecuador. Il porporato fa giungere ai partecipanti il cordiale saluto del Papa. Il servizio di Sergio Centofanti.

 

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"Troppe armi circolano ancora in tanti Paesi del mondo, mentre ci sarebbe ben più bisogno di case, di scuole, di strade, di luce, di acqua potabile e di medicinali!”. Il cardinale Sodano condanna con forza il traffico delle armi che “spesso collegato al altri illeciti commerci, rappresenta un grave problema per lo sviluppo integrale del mondo”. E dà atto all’Organizzazione degli Stati Americani di essere stata la prima istituzione regionale ad aver adottato nel 1998 una Convenzione contro questo fenomeno.

 

Il porporato ricorda la visita di Giovanni Paolo II alla sede dell’Organizzazione, 25 anni or sono: il Papa in quell’occasione affermò “che non è la corsa agli armamenti che permette di conservare una pace duratura. Oltre ad aumentare concretamente il pericolo di un ricorso alle armi per risolvere le dispute che possono sorgere, questa accumulazione di armi sottrae considerevoli risorse materiali ed umane ai grandi compiti pacifici dello sviluppo, che sono tanto urgenti” (Discorso all’OSA, n. 2, 6.X.1979).

 

La pace - nota poi il cardinale Sodano - poggia su un fondamento comune: il diritto alla vita in ogni tappa della sua evoluzione, dal concepimento fino alla morte naturale. “Un diritto che non può essere pienamente esercitato se le condizioni di vita non sono degne: se manca il cibo, la casa, l’istruzione, l’assistenza sanitaria, il lavoro, la libertà, etc... Per garantire tali condizioni, occorrono anche ingenti risorse economiche che, purtroppo, sono spesso carenti. Eppure – continua il segretario di Stato vaticano - quante ricchezze, anche oggi, si continuano a sprecare nell’approvvigionamento di strumenti di guerra sempre più sofisticati quando vengono a mancare quelli necessari allo sviluppo integrale dell’uomo!”.

 

A questo proposito il cardinale Sodano lancia nuovamente un appello alla comunità internazionale a compiere“un generoso sforzo” sostenendo “progetti di investimento o di sviluppo” nei Paesi più poveri, nella coscienza “che una donazione oggi può costituire un consistente risparmio domani e contribuire alla costruzione della pace e della sicurezza”.

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IL CARDINALE MARTINO, IN VISITA AL CARCERE DI FOSSOMBRONE,

 LANCIA UN APPELLO AL RISPETTO DEI DETENUTI

- Intervista con il porporato -

 

L’invocazione per la pace nel mondo e la presenza di significative testimonianze dall’Iraq – tra cui quella di Andrea Angeli, portavoce della coalizione – hanno caratterizzato il 26.esimo pellegrinaggio a piedi Macerata-Loreto, concluso ieri mattina davanti alla Santa Casa. Al termine della marcia, che ha visto la presenza di almeno 50 mila persone, il cardinale Renato Martino – presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace – ha visitato il carcere di Fossombrone, in provincia di Pesaro-Urbino, da dove ha invocato un maggiore rispetto dei diritti dei detenuti, alla luce delle torture subite dagli iracheni nel carcere di Abu Ghraib. Sentiamolo, al microfono di Andrea Sarubbi:

 

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R. – La condizione di detenuto non toglie nulla alla sua dignità di persona umana. Questo è un principio ben noto, che va però sempre ricordato e sottolineato, poiché ora si avverte più forte il rischio che sia dimenticato e contraddetto dentro le mura di un luogo di detenzione. Si sta vedendo come le costrizioni e le limitazioni che caratterizzano la vita dei detenuti possano estendersi fino ad intaccare la loro dignità.

 

D. – Secondo Lei, come sono spiegabili – se esiste una spiegazione – le torture inflitte ai detenuti iracheni nel carcere di Abu Ghraib?

 

R. – Il fatto che si sia potuto arrivare a tanto mostra come un inaccettabile concetto di sicurezza ispiri ancora gli atteggiamenti ed i comportamenti del personale addetto agli interrogatori ed alla sorveglianza dei detenuti.

 

D. – In molti hanno parlato di una deriva dei diritti umani, che stupisce proprio perché ne è responsabile il Paese considerato all’avanguardia nella libertà…

 

R. – È una deriva a cui bisogna opporsi con decisione. Ma, purtroppo, resta possibile anche nel quadro di ordinamenti giuridici in cui i diritti dell’uomo sono proclamati e tutelati.

 

D. – Che cosa può e che cosa deve fare oggi la comunità internazionale per evitare che tutto questo si ripeta?

 

R. – Dobbiamo riaffermare con forza che il fine non giustifica mai i mezzi. Il rispetto di una persona detenuta e dei suoi diritti è un principio fondamentale che caratterizza il grado di civiltà di ogni sistema penale .

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Apre la prima pagina il toccante titolo "'Anch'io ho avuto vent'anni...' E il cuore dei giovani della Svizzera s'infiamma": Giovanni Paolo II a Berna; il sorprendente dono di una nuova "Pentecoste" animata dall'entusiasmo della gioventù cattolica e dalla straordinaria partecipazione dei fedeli alla Santa Messa della Santissima Trinità. All'interno, il dettagliato resoconto dei diversi momenti del viaggio apostolico del Santo Padre; gli articoli dell'inviato Giampaolo Mattei e la rassegna stampa internazionale dedicata all'evento.

 

Nelle vaticane, la Lettera del cardinale Angelo Sodano in occasione della 34 Assemblea generale ordinaria dell'Organizzazione degli Stati Americani: "Le armi non possono assicurare una pace duratura".

 

Nelle estere, il Messaggio del cardinale Sodano al cardinale Ratzinger in occasione delle celebrazioni per il 60 anniversario dello sbarco degli Alleati sulle spiagge della Normandia: "Possa la lezione del passato aiutarci a cercare vie di pace per il futuro".

Iraq: prosegue il lavoro diplomatico per giungere al voto della risoluzione; nel frattempo si registrano altre, numerose vittime provocate dalle sanguinose violenze che imperversano nel territorio.

 

Nella pagina culturale, un articolo di Agnese Pellegrini su Plauto "traduttore" delle commedie greche.

 

Nelle pagine italiane, in rilievo l'articolo sui funerali di Antonio Amato, barbaramente ucciso dai terroristi, in Arabia Saudita, il 29 maggio scorso. 

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

7 giugno 2004

 

 

APERTO IERI SERA NELLA CATTEDRALE DI FRASCATI

IL PROCESSO DIOCESANO DI BEATIFICAZIONE DI IGINO GIORDANI.

IL SUO IDEALE: RIPORTARE DIO NELLA SOCIETA’, NELLA CULTURA, NELLA POLITICA

- Servizio di Carla Cotignoli -

 

“Igino Giordani: con la sua vita si potrebbe riscrivere la pagina evangelica delle beatitudini”. Si è espressa così Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei Focolari, nel giorno dell’apertura ufficiale del processo di beatificazione di Giordani, personalità “poliedrica”: scrittore, giornalista, politico, ecumenista, studioso dei Padri della Chiesa e della dottrina sociale del cristianesimo. La cerimonia si è svolta ieri sera nella Cattedrale di San Pietro a Frascati, diocesi dove Giordani ha concluso la sua vita terrena il 18 aprile del 1980. Tra la folla che gremiva la cattedrale, erano presenti i 4 figli Mario, Sergio, Brando e Bonizza. La solenne concelebrazione liturgica che ha preceduto l’insediamento del tribunale ecclesiastico, è stata presieduta dal vescovo di Frascati, Giuseppe Matarrese. Il servizio di Carla Cotignoli:

 

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Profondo raccoglimento, gioia, commozione, solennità: le note della liturgia che ha preceduto la cerimonia di apertura della Causa di beatificazione di Igino Giordani, una figura “che ha attraversato il 20.mo secolo da protagonista”, come ha detto all’omelia il teologo Piero Coda, vicario episcopale. Una personalità che “ha partecipato alla ricostruzione dell’Italia repubblicana come parlamentare e membro della Costituente”, “ha preparato e poi promosso con la vita e con la penna la primavera della Chiesa col Concilio. In lui ardeva un desiderio: riportare Dio nel mondo, nella società, nella cultura”.

 

E sarà nell’incontro con il carisma di Chiara Lubich, conosciuta a Montecitorio nel 1948, che Giordani dirà: “Sentii di passare dal Cristo cercato, al Cristo vivo”. Con la sua vita - ha affermato la fondatrice dei Focolari, intervenendo al termine della Messa - si potrebbe riscrivere la pagina evangelica delle Beatitudini”:

 

“Beati i puri di cuore” (...) E’ stata la purezza di cuore che gli affinò i sentimenti più sacri e glieli potenziò verso sua moglie e verso i suoi amatissimi figli”. E’ stato un ‘povero in spirito’, per il distacco completo non solo da tutto ciò che possedeva, ma soprattutto da ciò che era” (...) E’ stato sempre ‘operatore di pace’, come documenta la sua storia di uomo politico”. 

 

In Giordani, Chiara Lubich riconosce un cofondatore del Movimento dei Focolari: è stato lui che ha spalancato una nuova via di consacrazione per i coniugati, che ha dato “un impulso eccezionale” alla nascita di movimenti ad ampio raggio per animare con lo spirito evangelico il mondo della famiglia, del lavoro, scuola, arte e politica. “E’ stato lui la personificazione di uno degli scopi più importanti dei Focolari: concorrere all’unificazione delle Chiese”. 

 

Era stato mons. Pietro Garlato, allora vescovo di Tivoli - città dove Igino Giordani era nato nel 1894 - che nell’anno del Grande Giubileo aveva preso l’iniziativa di proporre “un gesto significativo”: “vedere introdotta la Causa di beatificazione, perché la Chiesa tutta trovi in lui un modello, un testimone del Vangelo, e modello di comunione”.

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I DESTINI DELL’EUROPA RIUNIFICATA NEL TERZO MILLENNIO:

LE SFIDE PER UNA LEADERSHIP MONDIALE IN CAMPO

CULTURALE, POLITICO, ECONOMICO

- Intervista con il prof. Gian Piero Orsello -

 

Si avvicina la data del prossimo vertice europeo, fissato a Bruxelles il 17 e 18 giugno e cresce l’attesa per la possibile approvazione della futura Costituzione di un’Europa oggi allargata a 25 Paesi, tra vincoli economici e convergenze istituzionali. Di questo si è parlato in un Convegno promosso dalla Facoltà di Scienze della comunicazione dell’Università di Roma “La Sapienza”. Ovest ed est dunque uniti nei destini europei del terzo millennio: ma quali i nodi da sciogliere per il varo di una Costituzione che raccolga le due anime del continente? Roberta Gisotti lo ha chiesto al prof. Gian Piero Orsello, docente di Diritto dell’Unione Europea e presidente dell’Istituto italiano di studi legislativi:

 

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R. - Prima di tutto bisogna tener conto che ci sono queste due grandi date significative, una delle quali è già alle nostre spalle, quella dell’ingresso di almeno 10 dei Paesi candidati: credo che ormai si possa parlare di un’unica anima, più che di due anime diverse e distinte. E credo si possa parlare non soltanto di allargamento ma di una vera e propria riunificazione. Per quanto riguarda la Costituzione, dei nodi sono ancora da sciogliere. Forse la cosa più importante è che si sia deciso di vararla, pare, nella prossima sessione del Consiglio europeo, entro il mese di giugno. Il testo uscito dalla Convenzione conteneva vari compromessi, ma sostanzialmente aveva un’impronta positiva. Poi ci sono state le obiezioni spagnola e polacca, che sono cadute, e adesso l’Inghilterra viene allo scoperto. L’Inghilterra, che è sempre stata più favorevole ad una zona di libero scambio che non ad una vera e propria unione politica, è venuta fuori con questa richiesta di referendum per la ratifica della Costituzione, che costituisce una forma di “pressione” sugli altri Paesi finalizzata a realizzare un accordo alle condizioni più vantaggiose per le posizioni inglesi. Posizioni cioè più “euroscettiche” - meno voto a maggioranza, più voto all’unanimità - e quindi in questo senso la preoccupazione non è indifferente.

 

D. – Europa politica, Europa economica, Europa delle culture. Quali di queste dovrà prevalere per un futuro di vera unione dei popoli?

 

R. – Io non credo ci debba essere una prevalenza. Credo che la premessa sia certamente un’unità culturale. Ma al di là di essa, credo che occorra fare dei passi avanti concreti sempre di più sul piano economico e sociale - dove la Carta sociale è certamente un documento importante - e sul piano politico, perché, soprattutto con un’Europa allargata, occorre un vincolo istituzionale più saldo.

 

D. – Prof. Orsello, da più parti s’invoca che l’Europa riacquisti un ruolo leader nel mondo, quale depositaria di valori etici a fondamento delle moderne democrazie. Siamo pronti per questo?

 

R. – Credo che questo sia l’aspetto fondamentale. Non è che stiamo realizzando una costruzione europea per avere una specie di nuova realizzazione, di nuova realtà, di nuove istituzioni: credo che il problema sia proprio dare maggiore possibilità all’Europa di avere una voce sola, di avere una politica estera effettiva, di avere la possibilità di assolvere a quel ruolo nel mondo che corrisponde alla sua natura, alla sua tradizione, anche al suo modello sociale e possa essere, insieme ad altri, alla guida del mondo senza lasciare l’egemonia che naturalmente non facilita, come abbiamo visto in questi anni, i rapporti internazionali.

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“PRIMAVERA PER L’APURIMAC” FINO AL 14 GIUGNO A FROSINONE:

EVENTI CULTURALI E BENEFICI PER LE MISSIONI AGOSTINIANE IN PERU’

- Con noi padre Pietro Bellini, provinciale degli Agostiniani d’Italia -

 

Eventi culturali a scopo sociale e umanitario per l’Associazione Missionaria Agostiniana in Perù, in corso fino al 14 giugno a Frosinone: in collaborazione con le Ambasciate del Perù in Italia e presso la Santa Sede, la “Primavera per l’Apurimac” ha inaugurato una mostra di artigianato peruviano, per illustrare storia e tradizioni popolari degli Incas, e tenuto un concerto benefico nella cattedrale di Santa Maria. A.V.:

 

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Prende il nome da una località delle Ande fra le più povere e sottosviluppate in America Latina, l’Associazione Apurímac. Il suo presidente, padre Pietro Bellini, Provinciale degli Agostiniani d’Italia, ci descrive la realtà sociale ed economica in cui opera questa organizzazione non-governativa italiana:

 

R. – E’ una regione di alta montagna, che va dai 3 ai 5 mila metri di altezza, popolata da gente che si è rifugiata in questa zona molto impervia e molto aspra attraverso le varie vicende storiche della conquista dell’impero incaico. Quindi, si tratta di una zona con poche risorse economiche, ai margini della sopravvivenza, dove la gente vive completamente isolata, in una realtà che a volte dà l’impressione di essere a livello subumano. La presenza dei missionari, dunque, degli Agostiniani italiani, è l’unica presenza di evangelizzazione e nello stesso tempo anche di promozione umana.

 

D. – Quali notizie recenti riportano i missionari agostiniani dal Perù?

 

R. – Le ultime notizie sono di carattere sociale: quelle popolazioni sono già povere di per sé e risentono molto di questa contingenza internazionale, perché molte risorse dell’economia mondiale vengono distolte dall’America Latina per altre parti del globo. Questo, ovviamente, influisce in modo negativo sulla popolazione, che già si trova al limite della sussistenza.

 

Il concerto benefico, offerto da un pianista di assoluto rilievo internazionale Giovanni Bellucci, nella Cattedrale di Frosinone, ha premesso di raccogliere fondi per finanziare un programma sanitario triennale, il “Progetto Ippocrate in Apurimac”, in collaborazione con la Fimmg (Federazione italiana medici di medicina generale). Di cosa si tratta?

 

R. – In Perù, la sanità è a pagamento e quindi nella zona dell’Apurimac, che è una zona molto povera, la gente e i malati non possono usufruire dell’assistenza medica. Allora noi vorremmo, attraverso i volontari italiani e peruviani, poter offrire alle popolazioni un minimo di assistenza sanitaria e medica, di prevenzione e di assistenza.

 

D. – Quali altri progetti promuove la Missione Agostiniana in Apurimac? 

 

R. – Oltre a vari piccoli progetti in favore dell’infanzia, abbiamo messo in moto un progetto per il restauro dei monumenti architettonici antichi. Noi pensiamo che quelle popolazioni abbiano bisogno di una dignità storica, abbiano bisogno di avere un senso di appartenenza ad una cultura. E crediamo che salvaguardare le vestigia architettoniche, molto belle oltretutto, della loro storia, li aiuti ad avere stima di se stessi e ad andare avanti con maggiore speranza nel futuro.

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CHIESA E SOCIETA’

7 giugno 2004

 

“FAMIGLIA DIVENTA CIÒ CHE SEI… NELLA CHIESA E NELLA SOCIETÀ”.

E’ IL TEMA DEL CONVEGNO ECCLESIALE CHE SI APRE QUESTA SERA A ROMA,

NELLA BASILICA DI SAN GIOVANNI IN LATERANO

 

ROMA. = “Riassumere quanto è stato elaborato sulla vocazione e missione della famiglia nella Chiesa e nella città di Roma in questo anno pastorale 2003-2004 e rilanciare il tema della soggettività ecclesiale e sociale della famiglia”. Con queste parole il cardinale vicario Camillo Ruini illustra, con una lettera, l’obiettivo del Convegno ecclesiale, incentrato sul tema “Famiglia diventa ciò che sei … nella Chiesa e nella società”, che si apre questa sera nella basilica di San Giovanni in Laterano. Su questo complesso tema si confronteranno fino al prossimo 9 giugno parroci, sacerdoti, religiose, operatori della pastorale familiare delle parrocchie, associazioni e movimenti della Chiesa. E’ certamente un argomento che sta a cuore a tutti, spiega il cardinale Ruini che nel suo intervento conclusivo di mercoledì prossimo traccerà le linee programmatiche per l’anno pastorale 2004-2005. Il porporato rivolgendosi ad ogni realtà diocesana ecclesiale, sottolinea inoltre come sia importante che un’equipe di operatori pastorali, già impegnata o desiderosa di impegnarsi a partire dal prossimo anno a favore della famiglia e di una sua maggiore rilevanza sociale nella città di Roma, partecipi alle giornate del Convegno portando il proprio contributo. Il programma di questa sera prevede l’apertura dell’incontro con la relazione a cura mons. Luigi Moretti, vicegerente della diocesi romana, sul tema “La famiglia soggetto ecclesiale: il cammino della diocesi di Roma nell’anno 2003-2004”. Seguiranno gli interventi della docente Luisa Santolini, presidente del Forum delle associazioni familiari e di mons. Mauro Parmeggiani, segretario generale del vicariato. (A.L.)

 

 

INSEGNARE LA PACE INSERENDO NEI PROGRAMMI SCOLATICI MATERIE INCENTRATE

SULLA GESTIONE DEI CONFLITTI. E’ QUANTO HANNO RECENTEMENTE PROPOSTO

DIVERSI POLITICI RIUNITI A MOMBASA, IN KENYA, PER DISCUTERE SUL SISTEMA DELL’ISTRUZIONE NEI PAESI DEL CONTINENTE AFRICANO

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

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MOMBASA. = In Africa il valore della pace va appreso fin da bambini e studiato a scuola, dove occorre inserire tra le materie di studio programmi di ‘gestione dei conflitti’. È la proposta avanzata da alcuni responsabili politici riuniti a Mombasa, in Kenya, per discutere possibili riforme del sistema scolastico in Africa. Secondo il ministro dell’istruzione ugandese, Geraldine Bitmazure, e il segretario permanente all’educazione del Kenya, Karega Mutahi, una soluzione di lungo termine alle guerre che affliggono il Continente africano, può nascere da una completa strategia di prevenzione dei conflitti all’interno delle scuole. La rappresentante ugandese ha anche detto che programmi di ‘coesione comunitaria’ sono stati inseriti nelle materie di insegnamento delle scuole elementari per raggiungere questo obiettivo che – secondo il ministro – faciliterebbe la soluzione di conflitti soprattutto nelle aree più remote e sottosviluppate. Alcuni partecipanti all’incontro hanno inoltre sottolineato l’urgenza di “un sistema scolastico innovativo”, che superi quello attuale, frutto del passato coloniale. Resta comunque il fatto che l’istruzione in Africa è ancora un diritto negato – soprattutto a livello femminile - in molti Paesi del Continente. Secondo l’Unicef, nell’area sub-sahariana il numero delle bambine escluse ogni anno dalla scuola è aumentato da 20 milioni nel 1990 a 24 milioni nel 2002.

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IN INDONESIA ATTACCATE IERI QUATTRO CHIESE CRISTIANE A GIACARTA.

UN RELIGIOSO E’ RIMASTO FERITO NON IN MODO GRAVE

 

GIAKARTA. = In Indonesia quattro chiese cristiane, nei pressi di Giakarta, sono state danneggiate ieri quando gruppi di persone armate di sassi e bastoni hanno infranto le finestre e rotto alcuni banchi ferendo un religioso, fortunatamente non in modo grave. Lo ha riferito la Polizia indonesiana senza aggiungere altro sul motivo delle aggressioni, che sono avvenute nei distretti di Pamulang e Ciputat, a sudovest della capitale. I media locali ipotizzano che le ire di parte della popolazione islamica contro le chiese cristiane siano dovute al fatto che queste occupano abusivamente dei locali destinati ad uso commerciale. Su tale questione, le comunità cristiane sottolineano come sia difficile ottenere dalle autorità il permesso di costruire delle chiese e per questo a volte si insediano senza regolari permessi in locali lasciati vuoti. L’Indonesia è uno Stato laico in cui i cittadini sono però tenuti ad aderire ad una alle cinque religioni riconosciute: islamismo, protestantesimo, cattolicesimo, induismo e buddismo. All’Islam aderisce l’88 per cento della popolazione mentre i cristiani rappresentano l’8 per cento, di cui 3 per cento cattolici. (A.L.)

 

 

OLTRE 100 STATUE RAFFIGURANTI GESÙ CRISTO HANNO SFILATO, IERI,

SUL LUNGOMARE DI GENOVA PER IL 48.MO RADUNO DELLE CONFRATERNITE

DELLE DIOCESI LIGURI. ALL’EVENTO HANNO ASSISTITO PIÙ DI 14 MILA PERSONE

 

GENOVA. = Oltre 14.000 persone hanno partecipato ieri, a Genova, al 48.mo Raduno delle Confraternite delle diocesi liguri, coinciso quest’anno con il grande Raduno delle Confraternite liguri nel mondo e con il XIV Cammino di fratellanza.  Durante la processione, svoltasi sul lungomare del capoluogo ligure, sono sfilati più di 100 statue raffiguranti Gesù Cristo. Al suggestivo evento hanno partecipato anche i confratelli delle Confraternite argentine che hanno compiuto, in senso inverso, il tragitto che aveva portato, tanti anni fa, i loro avi ad emigrare in Sud America. La statua più famosa, di notevole valore storico, è stata quella della Chiesa San Giacomo delle Fucine che risale al 1600, ed è in legno di giuggiolo. Si tratta del primo Cristo nero, che venne fatto sfilare anche in occasione della visita a Genova di Papa Giovanni Paolo II. Alla premiazione delle Confraternite, conclusasi con l’assegnazione di un diploma di partecipazione e di un inedito libro di preghiere ad uso liturgico, hanno assistito diversi rappresentanti religiosi e laici. Tra questi erano presenti l’arcivescovo di Genova, cardinale Tarcisio Bertone, il delegato della Cei per le associazioni delle confraternite, mons. Brambilla ed il sindaco di Genova, Giuseppe Pericu. (A.L.)

 

 

UN MISSIONARIO GESUITA, PADRE LUIS RUIZ, HA FONDATO IN CINA

CON IL SOSTEGNO DEL GOVERNO UN CENTRO PER L’ASSISTENZA AI MALATI TERMINALI DI AIDS NELLA CITTA’ DI HONGJIAN, NELLA PROVINCIA DI HUNAN

 

HONGJIAN.= E’ stato inaugurato di recente a Hongjian, città della Cina sudoccidentale nella provincia di Hunan, il complesso “Aids Caring Centre”, per la cura e l’assistenza ai malati terminali di questa malattia. Il fondatore, il gesuita spagnolo padre Luis Ruiz, iniziò a lavorare nel 1986 con il lebbrosi della provincia di Guangdong, dove le case erano anguste e non c’era acqua, né elettricità. Attualmente dirige 145 lebbrosari con circa 10.000 malati in tutto il Paese. Il missionario novantunenne, con alle spalle numerosi anni di esperienza di lavoro con persone disabili e con disagio mentale a Macao, era in visita ad alcuni lebbrosari nella provincia di Hunan, quando il governo di Pechino gli chiese di istituire un centro per la cura dell’Aids, offrendogli un aiuto per sostenere questa iniziativa. Nonostante le difficoltà iniziali, il progetto è stato realizzato con il sostegno anche di alcune suore e di un prete di Maryknoll. Il centro sorge all’interno di una struttura che ospita un istituto di disintossicazione e reinserimento per tossicodipendenti e sarà coordinato da due medici specializzati nella cura della malattia. Durante la cerimonia di apertura padre Ruiz ha celebrato l’Eucaristia, sottolineando l’importanza dell’amore nell’assistenza al malato. A tal proposito, in molti hanno testimoniato la generosità di sacerdoti e suore che ogni giorno si prendono cura dei pazienti terminali attualmente ricoverati presso il centro. (R.M.)

 

 

ULTIMO COMMOSSO SALUTO DELLA CITTÀ DI ROMA ALL’ATTORE NINO MANFREDI,

MORTO LO SCORSO 4 GIUGNO ALL’ETÀ DI 83 ANNI

 

ROMA. = Nella chiesa degli artisti di piazza del Popolo a Roma si sono svolti, questa mattina, i funerali di Nino Manfredi. La cerimonia è stata celebrata da don Antonio Lombardi, parroco di Santa Prisca all’Aventino, parrocchia della famiglia Manfredi. Alla Messa hanno partecipato diverse personalità, tra le quali la moglie del presidente della Repubblica italiana, Franca Ciampi, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta, il presidente della Regione Lazio, Francesco Storace ed il sindaco di Roma, Walter Veltroni. Molti anche i personaggi del mondo dello spettacolo, fra cui i presentatori Pippo Baudo e Fabrizio Frizzi e gli attori Gigi Proietti e Claudia Koll. Un lungo applauso e le note della canzone “Tanto pe’ cantà” hanno inoltre accolto il feretro di Manfredi all’uscita della chiesa. Da segnalare, infine, che sono molte le telefonate arrivate in questi giorni all’Associazione “Il Risveglio” dopo l’invito rivolto dai familiari per sostenere l’organizzazione. La moglie Erminia, che da tempo è impegnata per questa associazione che offre assistenza alle persone colpite da emorragia cerebrale, si è dichiarata molto decisa nel continuare la sua battaglia: “Voglio lavorare ancora di più – ha detto – per amore del mio Nino”. (A.L.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

7 giugno 2004

 

- A cura di Barbara Castelli -

 

E’ ormai questione di ore per una nuova risoluzione Onu sull’Iraq. Gli Stati Uniti, infatti, auspicano il via libera del Consiglio di Sicurezza entro domani, prima cioè dell’inizio del vertice del G8 a Sea Island, in Georgia. Nel Paese del Golfo, tuttavia, la violenza continua ad essere in primo piano, mentre la Corea del Sud ha annunciato l’invio di nuove truppe nel Kurdistan. Il nostro servizio:

 

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La Diplomazia Internazionale all’opera per definire il futuro dell’Iraq. I 15 membri del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite riceveranno formalmente oggi la bozza definitiva di risoluzione - la quarta - che tratteggia l’itinerario che dovrà seguire il Paese del Golfo, dal passaggio dei poteri del 30 giugno prossimo alla fine del processo di riorganizzazione costituzionale del 31 dicembre 2005. John Negroponte, rappresentante permanente statunitense all’Onu, ha auspicato una nuova risoluzione entro domani, ma a mettere freno all’ottimismo degli Stati Uniti ci sono le dichiarazioni del vice-ministro agli Esteri russo, Iuri Fedotov. Secondo Mosca, infatti, la nuova bozza di risoluzione anglo-americana sull’Iraq ha fatto passi avanti, ma restano ancora diversi punti da concordare. Il primo ministro iracheno, Iyad Allawi, dal canto suo, ha ribadito l’intenzione dell’Iraq di far permanere la forza multinazionale nel Paese, fino a quando la situazione della sicurezza lo renderà necessario. Il premier ha, inoltre, annunciato un accordo sullo smantellamento delle milizie, i cui uomini potranno unirsi alle nuove forze di sicurezza del Paese o tornare alla vita civile all’inizio del 2005. L’intesa è stata siglata da nove organizzazioni, tra queste, tuttavia, non figura l’esercito del Mahdi, la milizia personale del leader radicale sciita Moqtada Al-Sadr. Sul terreno, intanto, si registrano nuovi fatti di sangue. Un soldato americano è stato ucciso e un altro ferito ieri nei pressi di Baghdad, mentre tre civili di etnia araba sono stati uccisi in due distinti attacchi a Kirkuk, principale centro petrolifero nel Kurdistan iracheno. Una violenta esplosione poi è stata udita poche ore fa in una moschea di Kufa. Secondo le prime informazioni, sarebbe saltato in aria un deposito di armi dell’Esercito Mahdi. La deflagrazione ha causato almeno un morto e 9 feriti.

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Si riaccende la violenza in Arabia Saudita. Un cameraman irlandese della Bbc è stato ucciso ieri e un suo collega giornalista di nazionalità britannica è stato ferito da colpi d’arma da fuoco a Riad. Una settimana fa, presunti militanti di Al-Qaida hanno ucciso 22 persone, tra cui l’italiano Antonio Amato, in una serie di attacchi e in una presa di ostaggi nella città petrolifera di Al Khobar.

 

Decisione storica in Medio Oriente: dopo sette ore di animato dibattito il governo israeliano ha approvato ieri sera il ritiro unilaterale dalla striscia di Gaza. Ma intanto il conflitto registra due nuove vittime. Un 17enne palestinese è stato ritrovato morto oggi nel cimitero di Khan Yunes: sarebbe rimasto ucciso ieri in uno scontro a fuoco con soldati israeliani. Un altro giovane ventenne è stato colpito invece stamane da spari esplosi nelle vicinanze del Muro di sicurezza in Cisgiordania, presso Tulkarem. Il servizio di Roberta Gisotti:

 

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Quattordici ministri, fra cui nove del Likud, hanno votato a favore del Piano di ritiro da Gaza, sette invece i voti contrari. Soddisfatto il premier Sharon, dopo la pesante sconfitta - subita lo scorso mese - dalla stessa base del Likud, che aveva bocciato una proposta simile. Il governo israeliano ha dunque approvato il suo piano di disimpegno, pure con una formula complessa che non definisce ancora tempi e modi dello sgombero dei 7500 coloni ebrei che vivono nella striscia di Gaza. Una decisione definita da più parti storica, e che è arrivata nel 37.mo anniversario dell’occupazione di quel territorio, durante la Guerra dei sei giorni, in cui il generale Sharon svolse un ruolo di primo piano. “Israele prende il futuro nelle proprie mani – ha dichiarato il premier – spiegando che il Piano prevede entro la fine del 2005 l’uscita da Gaza e dal nord della Samaria. “Una tappa coraggiosa”, secondo la Casa Bianca. Scettici, invece, in massima parte dei commenti da parte palestinese: “Una tempesta in un bicchier d’acqua”, scrive oggi “Al Quds”,  quotidiano di Gerusalemme, volendo significare che Sharon tenta di accreditarsi presso gli Stati Uniti con un’operazione di sola immagine. Voce fuori dal coro l’ex ministro Dahlan, politico molto influente nella striscia di Gaza, che ha esortato invece l’Autorità nazionale palestinese ad accogliere il Piano per mettere fine agli spargimenti di sangue. Sostegno anche dall’Egitto, che intende svolgere un ruolo chiave per riportare l’ordine a Gaza. Primo atto lo schieramento - annunciato stamane dal ministro degli Esteri de Il Cairo, Shalom - di un centinaio di soldati sul confine egiziano di Rafah, per fermare il contrabbando di armi.

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Nonostante il ritiro da Bukavu dei ribelli filorwandesi, nella Repubblica democratica del Congo non si placano le violenze. A farne le spese, ieri, due peacekeeper sudafricani dell’Onu, uccisi nei pressi di Goma. Gli autori dell’attacco sono hutu rwandesi di etnia interahawne. Questo ha fatto riesplodere le tensioni tra il governo di Kinshasa e quello di Kigali, accusato di voler alimentare il conflitto nell’ex Zaire. Una tesi confermata anche da un osservatore internazionale a Bukavu, che lasciamo anonimo per motivi di sicurezza. L’intervista è di Andrea Sarubbi:

 

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R. – Probabilmente gli attacchi di marca interahawne, avvenuti in questo periodo, sono una creazione del Rwanda, per avere una possibilità di intervenire ogniqualvolta ci possa essere qualcosa che non va. La ragione ufficiale è quella di voler difendere da un possibile genocidio l’etnia banyamulenge, tutsi congolesi.

 

D. – Secondo lei, il Rwanda sta intervenendo in Congo per ragioni politiche e non per fermare il genocidio?

 

R. – In questi giorni, non c’è stato nessun tentativo di genocidio, né alcuna azione mirata contro una comunità particolare come i banyamulenge. È solo il pretesto che permette di coprire un’invasione quando, invece, il genocidio è un problema puramente rwandese, che nella Repubblica Democratica del Congo non sussiste.

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Drammatico incidente in Pakistan. Un autobus è precipitato in un burrone vicino a Nathiagali, regione montagnosa del Nord del Paese, provocando la morte di 38 passeggeri e il ferimento di altri 8. Il mezzo trasportava una comitiva di devoti islamici in pellegrinaggio ad un sito sacro di un santo musulmano sufi. 

 

Il presidente americano, George W. Bush, ha proclamato una giornata di lutto nazionale, l’11 giugno prossimo, in onore dell’ex presidente Ronald Reagan, morto sabato scorso all’età di 93 anni. In un comunicato della Casa Bianca, Bush ha disposto che le bandiere sui palazzi ufficiali statunitensi rimangano a mezz’asta per 30 giorni. Proprio l’11 giugno si svolgeranno a Washington i funerali statali e solenni in onore di Reagan. Sulla figura del 40.esimo presidente degli Stati Uniti, la nota di Empedocle Maffia:

 

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L’affetto con il quale il Paese sta salutando il suo ex presidente attraversa i contrasti politici che lo vedono oggi diviso come poche volte nella sua storia, quasi voglia dirgli che il silenzio e il distacco con i quali negli ultimi dieci anni ha accompagnato la sua malattia, erano solo una forma estrema di rispetto. Eppure Reagan è stato un presidente controverso per le sue politiche: ha imposto una drastica riduzione della solidarietà, come azione di governo in casa, ha scompaginato i riti della guerra fredda nel mondo, sfidando l’avversario sovietico, del quale ha poi saputo cogliere la disponibilità ad avviare accordi che hanno allontanato il rischio della guerra nucleare. Ha sempre voluto, Ronald Reagan, essere certo della superiorità del modello americano, ma nei passaggi essenziali della sua presidenza ha saputo declinarli nel linguaggio del diritto alla libertà per tutti. Ripeteva spesso che nella sua vita aveva visto quattro guerre, troppe per volerne rischiare un’altra. E oggi l’America, e il mondo con essa, saluta Ronald Reagan come leader di un mondo diverso, sapendo che questa diversità, in parte non piccola, è dovuta anche alla sua presidenza.

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Italia. La Procura di Firenze ha chiesto stamani la condanna all’ergastolo per la brigatista Nadia Desdemona Lioce. La richiesta è stata avanzata dai pubblici ministeri Giuseppe Nicolosi e Luigi Bocciolini, a conclusione della loro requisitoria al processo per la sparatoria sul treno Roma-Firenze del marzo 2003, in cui rimasero uccisi l’agente di polizia Emanuele Petri e il brigatista Mario Galesi.

 

 

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