RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n. 159 - Testo della trasmissione di lunedì 7 giugno
2004
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI
IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
In Indonesia attaccate ieri quattro
chiese cristiane a Giacarta
Missionario
gesuita fonda in Cina un centro per l’assistenza ai malati terminali di Aids
Possibile nuova
risoluzione Onu sull’Iraq entro domani, mentre sul terreno si registrano nuove
vittime
Via libera ieri del
governo Sharon al ritiro unilaterale dalla striscia di Gaza
Ancora alta la tensione
nella Repubblica Democratica del Congo: morti due peacekeeper sudafricani delle
Nazioni Unite.
7
giugno 2004
IL
CALORE DEGLI SVIZZERI E IL LORO AFFETTO PER IL PAPA,
TRATTO
DISTINTIVO DELLA VISITA DI GIOVANNI PAOLO II A BERNA,
CONCLUSASI
IERI. LE ESORTAZIONI DEL PONTEFICE,
BASE
DI PARTENZA PER IL RILANCIO ECCLESIALE
- A
cura di Alessandro De Carolis -
Giovanni Paolo II ha concluso ieri sera la sua visita in
Svizzera, 103.mo viaggio apostolico del suo pontificato. Il volo speciale, un
A321 dell'Alitalia decollato verso le 19 da Berna, è atterrato sulla pista
dell'aeroporto di Ciampino intorno alle 20.20. Il viaggio in terra elvetica,
dove il Papa è tornato a distanza di 20 anni, è stato caratterizzato da due
eventi: sabato, il primo incontro nazionale dei giovani cattolici a cui il Papa
ha preso parte, nel Palaghiaccio di Berna. Ieri mattina, la messa sul grande
prato dell’Allmend, alla quale hanno partecipato decine di migliaia di fedeli.
Da Berna, il nostro inviato Alessandro Gisotti:
**********
“Mai vista tanta gente”. Forse il significato di Giovanni
Paolo II in Svizzera è in questo commento stupito che risuonava da più parte,
ieri a Berna, dopo la celebrazione della Messa sul prato dell’Allmend. Gli
organizzatori elvetici si aspettavano, nelle più rosee previsioni, 50 mila
fedeli: ne sono arrivati 70 mila, da tutti i Cantoni, ma anche a centinaia da
diversi Paesi europei. Dunque, ancora una volta, con la forza del suo messaggio
il Papa ha saputo coinvolgere una moltitudine di persone.
Eppure
alla vigilia dell’arrivo del Papa il clima non sembrava dei più favorevoli.
Berna non mostrava l’attenzione dovuta all’evento ed i giornali locali si
occupavano più dei problemi di sicurezza legati al viaggio papale che al
contenuto dello stesso. Poi, il momento spartiacque della visita con
l’abbraccio spontaneo dei giovani cattolici al “Papa anziano” che sa scaldare
il loro cuore. In 14 mila, entusiasti, hanno gremito il Palaghiaccio di Berna
per ascoltare l’esortazione di Giovanni Paolo II a non avere paura, a proclamare
con coraggio il Vangelo e ad essere uniti, nonostante le diversità di lingua e
cultura, che pure sono la peculiarità della Svizzera.
Ora si aspettano i frutti di questa esperienza forte per i
giovani elvetici, che dovranno raccogliere la sfida lanciata loro dal Papa.
All’unità dei cristiani, Giovanni Paolo II ha dedicato l’omelia della Messa
sull’Allmend: nella Svizzera delle diverse confessioni, ha riaffermato la
necessità di avanzare di nuovo sulla via difficile ma ricca di gioia della piena
comunione di tutti i credenti.
Tra le immagini che certamente resteranno nella memoria di
questo viaggio, c’è il volto raggiante dei ragazzi all’arrivo del Papa nel
Palaghiaccio. Stamani, il quotidiano svizzero “Le Temp” scrive: “La magia ha
funzionato ancora una volta. Tra Giovanni Paolo II ed i giovani c’è un amore
durevole, un amore senza dubbio radicato nella fede”.
Da Berna, Alessandro Gisotti, Radio Vaticana.
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La
Chiesa svizzera è in festa, dunque, ma già spinge avanti lo sguardo. La presenza
di Giovanni Paolo II, le sue parole, i suoi incoraggiamenti hanno senza dubbio
allargato l’orizzonte e illuminato piste pastorali, di dialogo ecumenico, di
armonia sociale. Un capitale sul quale investire, della cui forza sono ben
coscienti i vescovi elvetici. Il loro portavoce, Marc Aellen, al microfono di
Alessandro Gisotti esprime chiaramente questa consapevolezza, a partire dal
buon esito del soggiorno papale:
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R. – Per me il bilancio è davvero molto positivo, anzi
straordinario. Lo è a livello quantitativo, perché non sono mai state presenti
ad una Messa in Svizzera 70 mila persone, da almeno 50 anni. Altrettanto per i
giovani, perché 14 mila giovani per noi sono tantissimi. E anche
qualitativamente quest’incontro è stato molto importante, perché ho sentito tra
tutti un grande calore ed un rapporto fantastico tra il Papa e i giovani, che secondo
me potrà portare tantissimo alla Chiesa svizzera.
D. –
Il Papa ha detto ai giovani svizzeri di avere coraggio nell’affrontare la vita,
portando ovunque la parola del Vangelo. Quali potranno essere i frutti di
questa esortazione di Giovanni Paolo II?
R. – Io spero tanto nel futuro, perché un incontro così
non basta, bisogna avere un seguito. E noi abbiamo tanta voglia di continuare
con questi giovani e i giovani stessi hanno voglia di continuare: si sono resi
conto che non sono da soli. E’ importante fare questa esperienza, altrimenti ci
si scoraggia. Penso che ora i giovani abbiano preso questo coraggio e che
questo incontro avrà un seguito.
D. – Il Papa nella Santa Messa ha esortato tutti i
cristiani ad impegnarsi per l’unità. Chiaramente è un’esortazione che in
Svizzera ha un significato particolare…
R. – Certo il Papa, per me e per tutti noi, è un fattore
di unità, è un maestro di unità, è lui che fa l’unità della Chiesa. Noi in
Svizzera viviamo questa unità, nonostante la grande diversità. Qualche volta,
però, si dimentica l’unità e si mette in rilievo la diversità tra le culture.
Allora, ecco che il Papa ha sottolineato proprio l’unità. La diversità ci
vuole, ma senza unità non vale niente. Penso che questo possa dare un grande
apporto alla Chiesa in Svizzera.
D. – Lei in questi giorni è stato con i vescovi della
Svizzera. Con quale emozione hanno accolto questo incontro, a 20 anni di distanza
dall’ultima visita di Giovanni Paolo II?
R. – Rispondo con una sola immagine. Una sera, viene al
centro stampa un vescovo della Svizzera francese, raggiante come mai l’ho visto
e dice: “Ma guarda, ti rendi conto di quanti giovani, e tutti in uno spirito di
pace!”. Non lo riconoscevo. Penso che per i vescovi sia stato un
incoraggiamento enorme.
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IN UNA LETTERA AL CARDINALE
RATZINGER PER I 60 ANNI
DELLO SBARCO IN NORMANDIA, IL PAPA SOTTOLINEA I “GRANDI MERITI”
OTTENUTI DA CHI COMBATTE’ PER LA LIBERTA’,
INVITANDO L’UMANITA’ A COSTRUIRE NUOVE STRADE DI PACE
- A cura di Alessandro De Carolis -
Ha “grandi meriti” chi ha combattuto per la libertà”. Ma
la “lezione del passato” insegni all’umanità a ricercare “vie di pace”, perché
si possa dire in futuro “mai più la guerra!”. E’ questo in sintesi il pensiero
che Giovanni Paolo II, in una lettera a firma del cardinale segretario di Stato
Angelo Sodano, ha dedicato all’avvenimento che ha catalizzato in questi giorni
l’attenzione internazionale: il 60.mo anniversario dello sbarco alleato in
Normandia, celebrato ieri.
Nella lettera - indirizzata al cardinale Joseph Ratzinger,
che ieri era in Normandia per le
cerimonie legate all’evento - il Papa afferma esplicitamente che “coloro che
hanno combattuto per la libertà dei popoli hanno dei grandi meriti”. Tuttavia,
memori delle “tante vittime e delle sofferenze” causate dal “tragico conflitto
mondiale”, gli uomini di buona volontà, insieme ai responsabili delle nazioni e
ai rappresentanti delle associazioni civili e militari, sono chiamati –
sottolinea il Pontefice – a percorrere vie di pace e a portare in cuore
“sentimenti di perdono, di fraternità e di solidarietà”. Tutti valori ai quali
educare le nuove generazioni, in un tempo in cui l’Europa allarga i suoi
confini e in cui gli uomini hanno maggiori responsabilità di costruire la vita
sociale “su valori morali e spirituali”.
PIU’ AIUTI ALLO SVILUPPO E STOP AL TRAFFICO DELLE
ARMI
PER
UNA PACE DURATURA NEL MONDO: COSI’ IL CARDINALE SODANO
IN UN MESSAGGIO ALLA 34ª ASSEMBLEA GENERALE
DELL'ORGANIZZAZIONE
DEGLI STATI AMERICANI
Stop al
traffico delle armi: la comunità internazionale s’impegni piuttosto a sostenere
i Paesi poveri se vuole una pace duratura. E’ quanto scrive in sintesi il
cardinale segretario di Stato Angelo Sodano in un messaggio in occasione della
34° assemblea generale dell’OSA, l’Organizzazione degli Stati Americani,
iniziata ieri a Quito in Ecuador. Il porporato fa giungere ai partecipanti il
cordiale saluto del Papa. Il servizio di Sergio Centofanti.
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"Troppe armi circolano ancora in
tanti Paesi del mondo, mentre ci sarebbe ben più bisogno di case, di scuole, di
strade, di luce, di acqua potabile e di medicinali!”. Il cardinale Sodano
condanna con forza il traffico delle armi che “spesso collegato al altri
illeciti commerci, rappresenta un grave problema per lo sviluppo integrale del
mondo”. E dà atto all’Organizzazione degli Stati Americani di essere stata la
prima istituzione regionale ad aver adottato nel 1998 una Convenzione contro
questo fenomeno.
Il porporato ricorda la visita di
Giovanni Paolo II alla sede dell’Organizzazione, 25 anni or sono: il Papa in
quell’occasione affermò “che non è la corsa agli armamenti che
permette di conservare una pace duratura. Oltre ad aumentare concretamente il
pericolo di un ricorso alle armi per risolvere le dispute che possono sorgere,
questa accumulazione di armi sottrae considerevoli risorse materiali ed umane
ai grandi compiti pacifici dello sviluppo, che sono tanto urgenti” (Discorso all’OSA, n. 2, 6.X.1979).
La pace - nota poi il cardinale Sodano -
poggia su un fondamento comune: il diritto alla vita in ogni tappa della sua
evoluzione, dal concepimento fino alla morte naturale. “Un diritto che non può
essere pienamente esercitato se le condizioni di vita non sono degne: se manca
il cibo, la casa, l’istruzione, l’assistenza sanitaria, il lavoro, la libertà,
etc... Per garantire tali condizioni, occorrono anche ingenti risorse
economiche che, purtroppo, sono spesso carenti. Eppure – continua il segretario
di Stato vaticano - quante ricchezze, anche oggi, si continuano a sprecare
nell’approvvigionamento di strumenti di guerra sempre più sofisticati quando
vengono a mancare quelli necessari allo sviluppo integrale dell’uomo!”.
A questo proposito il cardinale Sodano
lancia nuovamente un appello alla comunità internazionale a compiere“un
generoso sforzo” sostenendo “progetti di investimento o di sviluppo” nei Paesi
più poveri, nella coscienza “che una donazione oggi può costituire un
consistente risparmio domani e contribuire alla costruzione della pace e della
sicurezza”.
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IL
CARDINALE MARTINO, IN VISITA AL CARCERE DI FOSSOMBRONE,
LANCIA UN APPELLO AL RISPETTO DEI DETENUTI
-
Intervista con il porporato -
L’invocazione per la
pace nel mondo e la presenza di significative testimonianze dall’Iraq – tra cui
quella di Andrea Angeli, portavoce della coalizione – hanno caratterizzato il
26.esimo pellegrinaggio a piedi Macerata-Loreto, concluso ieri mattina davanti
alla Santa Casa. Al termine della marcia, che ha visto la presenza di almeno 50
mila persone, il cardinale Renato Martino – presidente del Pontificio Consiglio
Giustizia e Pace – ha visitato il carcere di Fossombrone, in provincia di
Pesaro-Urbino, da dove ha invocato un maggiore rispetto dei diritti dei
detenuti, alla luce delle torture subite dagli iracheni nel carcere di Abu
Ghraib. Sentiamolo, al microfono di Andrea Sarubbi:
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R. – La condizione di detenuto non toglie nulla alla sua
dignità di persona umana. Questo è un principio ben noto, che va però sempre
ricordato e sottolineato, poiché ora si avverte più forte il rischio che sia
dimenticato e contraddetto dentro le mura di un luogo di detenzione. Si sta vedendo
come le costrizioni e le limitazioni che caratterizzano la vita dei detenuti
possano estendersi fino ad intaccare la loro dignità.
D. – Secondo Lei, come sono spiegabili – se esiste una
spiegazione – le torture inflitte ai detenuti iracheni nel carcere di Abu
Ghraib?
R. – Il fatto che si sia potuto arrivare a tanto mostra
come un inaccettabile concetto di sicurezza ispiri ancora gli atteggiamenti ed
i comportamenti del personale addetto agli interrogatori ed alla sorveglianza
dei detenuti.
D. – In molti hanno parlato di una deriva dei diritti
umani, che stupisce proprio perché ne è responsabile il Paese considerato
all’avanguardia nella libertà…
R. – È una deriva a cui bisogna opporsi con decisione. Ma,
purtroppo, resta possibile anche nel quadro di ordinamenti giuridici in cui i
diritti dell’uomo sono proclamati e tutelati.
D. – Che cosa può e che cosa deve fare oggi la comunità
internazionale per evitare che tutto questo si ripeta?
R. – Dobbiamo riaffermare con forza che il fine non
giustifica mai i mezzi. Il rispetto di una persona detenuta e dei suoi diritti
è un principio fondamentale che caratterizza il grado di civiltà di ogni
sistema penale .
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre la prima pagina il
toccante titolo "'Anch'io ho avuto vent'anni...' E il cuore dei giovani
della Svizzera s'infiamma": Giovanni Paolo II a Berna; il sorprendente
dono di una nuova "Pentecoste" animata dall'entusiasmo della gioventù
cattolica e dalla straordinaria partecipazione dei fedeli alla Santa Messa
della Santissima Trinità. All'interno, il dettagliato resoconto dei
diversi momenti del viaggio apostolico del Santo Padre; gli articoli dell'inviato
Giampaolo Mattei e la rassegna stampa internazionale dedicata all'evento.
Nelle vaticane, la Lettera del
cardinale Angelo Sodano in occasione della 34 Assemblea generale ordinaria
dell'Organizzazione degli Stati Americani: "Le armi non possono assicurare
una pace duratura".
Nelle estere, il Messaggio del
cardinale Sodano al cardinale Ratzinger in occasione delle celebrazioni per il
60 anniversario dello sbarco degli Alleati sulle spiagge della Normandia:
"Possa la lezione del passato aiutarci a cercare vie di pace per il
futuro".
Iraq: prosegue il lavoro
diplomatico per giungere al voto della risoluzione; nel frattempo si registrano
altre, numerose vittime provocate dalle sanguinose violenze che imperversano
nel territorio.
Nella pagina culturale, un
articolo di Agnese Pellegrini su Plauto "traduttore" delle commedie
greche.
Nelle pagine italiane, in
rilievo l'articolo sui funerali di Antonio Amato, barbaramente ucciso dai
terroristi, in Arabia Saudita, il 29 maggio scorso.
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7
giugno 2004
APERTO IERI SERA NELLA CATTEDRALE DI FRASCATI
IL
PROCESSO DIOCESANO DI BEATIFICAZIONE DI IGINO GIORDANI.
IL SUO
IDEALE: RIPORTARE DIO NELLA SOCIETA’, NELLA CULTURA, NELLA POLITICA
- Servizio di Carla Cotignoli -
“Igino Giordani: con la sua
vita si potrebbe riscrivere la pagina evangelica delle beatitudini”. Si
è espressa così Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei Focolari, nel
giorno dell’apertura ufficiale del processo di beatificazione di Giordani,
personalità “poliedrica”: scrittore, giornalista, politico, ecumenista,
studioso dei Padri della Chiesa e della dottrina sociale del cristianesimo. La
cerimonia si è svolta ieri sera nella Cattedrale di San Pietro a Frascati,
diocesi dove Giordani ha concluso la sua vita terrena il 18 aprile del 1980.
Tra la folla che gremiva la cattedrale, erano presenti i 4 figli Mario, Sergio,
Brando e Bonizza. La solenne concelebrazione liturgica che ha preceduto
l’insediamento del tribunale ecclesiastico, è stata presieduta dal vescovo di
Frascati, Giuseppe Matarrese. Il servizio di Carla Cotignoli:
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Profondo raccoglimento, gioia,
commozione, solennità: le note della liturgia che ha preceduto la cerimonia di
apertura della Causa di beatificazione di Igino Giordani, una figura “che ha
attraversato il 20.mo secolo da protagonista”, come ha detto all’omelia il
teologo Piero Coda, vicario episcopale. Una personalità che “ha partecipato
alla ricostruzione dell’Italia repubblicana come parlamentare e membro della Costituente”,
“ha preparato e poi promosso con la vita e con la penna la primavera della
Chiesa col Concilio. In lui ardeva un desiderio: riportare Dio nel mondo, nella
società, nella cultura”.
E sarà nell’incontro con il
carisma di Chiara Lubich, conosciuta a Montecitorio nel 1948, che Giordani
dirà: “Sentii di passare dal Cristo cercato, al Cristo vivo”. Con la sua vita -
ha affermato la fondatrice dei Focolari, intervenendo al termine della Messa -
si potrebbe riscrivere la pagina evangelica delle Beatitudini”:
“Beati i puri di cuore” (...) E’ stata la purezza di cuore
che gli affinò i sentimenti più sacri e glieli potenziò verso sua moglie e verso
i suoi amatissimi figli”. E’ stato un ‘povero in spirito’, per il distacco
completo non solo da tutto ciò che possedeva, ma soprattutto da ciò che era”
(...) E’ stato sempre ‘operatore di pace’, come documenta la sua storia di uomo
politico”.
In Giordani,
Chiara Lubich riconosce un cofondatore del Movimento dei Focolari: è stato lui
che ha spalancato una nuova via di consacrazione per i coniugati, che ha dato
“un impulso eccezionale” alla nascita di movimenti ad ampio raggio per animare
con lo spirito evangelico il mondo della famiglia, del lavoro, scuola, arte e
politica. “E’ stato lui la personificazione di uno degli scopi più importanti
dei Focolari: concorrere all’unificazione delle Chiese”.
Era stato mons. Pietro
Garlato, allora vescovo di Tivoli - città dove Igino Giordani era nato nel 1894
- che nell’anno del Grande Giubileo aveva preso l’iniziativa di proporre “un
gesto significativo”: “vedere introdotta la Causa di beatificazione, perché la
Chiesa tutta trovi in lui un modello, un testimone del Vangelo, e modello di comunione”.
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I DESTINI DELL’EUROPA RIUNIFICATA NEL TERZO
MILLENNIO:
LE SFIDE PER UNA LEADERSHIP MONDIALE IN CAMPO
CULTURALE, POLITICO, ECONOMICO
- Intervista con il prof. Gian Piero Orsello -
Si avvicina la data del prossimo vertice europeo, fissato
a Bruxelles il 17 e 18 giugno e cresce l’attesa per la possibile approvazione
della futura Costituzione di un’Europa oggi allargata a 25 Paesi, tra vincoli
economici e convergenze istituzionali. Di questo si è parlato in un Convegno
promosso dalla Facoltà di Scienze della comunicazione dell’Università di Roma
“La Sapienza”. Ovest ed est dunque uniti nei destini europei del terzo
millennio: ma quali i nodi da sciogliere per il varo di una Costituzione che
raccolga le due anime del continente? Roberta Gisotti lo ha chiesto al prof.
Gian Piero Orsello, docente di Diritto dell’Unione Europea e presidente
dell’Istituto italiano di studi legislativi:
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R. - Prima di tutto bisogna tener conto che ci sono queste due grandi
date significative, una delle quali è già alle nostre spalle, quella
dell’ingresso di almeno 10 dei Paesi candidati: credo che ormai si possa
parlare di un’unica anima, più che di due anime diverse e distinte. E credo si
possa parlare non soltanto di allargamento ma di una vera e propria
riunificazione. Per quanto riguarda la Costituzione, dei nodi sono ancora da
sciogliere. Forse la cosa più importante è che si sia deciso di vararla, pare,
nella prossima sessione del Consiglio europeo, entro il mese di giugno. Il
testo uscito dalla Convenzione conteneva vari compromessi, ma sostanzialmente
aveva un’impronta positiva. Poi ci sono state le obiezioni spagnola e polacca,
che sono cadute, e adesso l’Inghilterra viene allo scoperto. L’Inghilterra, che
è sempre stata più favorevole ad una zona di libero scambio che non ad una vera
e propria unione politica, è venuta fuori con questa richiesta di referendum
per la ratifica della Costituzione, che costituisce una forma di “pressione”
sugli altri Paesi finalizzata a realizzare un accordo alle condizioni più
vantaggiose per le posizioni inglesi. Posizioni cioè più “euroscettiche” - meno
voto a maggioranza, più voto all’unanimità - e quindi in questo senso la
preoccupazione non è indifferente.
D. – Europa politica, Europa
economica, Europa delle culture. Quali di queste dovrà prevalere per un futuro
di vera unione dei popoli?
R. –
Io non credo ci debba essere una prevalenza. Credo che la premessa sia
certamente un’unità culturale. Ma al di là di essa, credo che occorra fare dei
passi avanti concreti sempre di più sul piano economico e sociale - dove la
Carta sociale è certamente un documento importante - e sul piano politico,
perché, soprattutto con un’Europa allargata, occorre un vincolo istituzionale
più saldo.
D. – Prof. Orsello, da più parti s’invoca che l’Europa
riacquisti un ruolo leader nel mondo, quale depositaria di valori etici a
fondamento delle moderne democrazie. Siamo pronti per questo?
R. – Credo che questo sia l’aspetto fondamentale. Non è
che stiamo realizzando una costruzione europea per avere una specie di nuova
realizzazione, di nuova realtà, di nuove istituzioni: credo che il problema sia
proprio dare maggiore possibilità all’Europa di avere una voce sola, di avere
una politica estera effettiva, di avere la possibilità di assolvere a quel
ruolo nel mondo che corrisponde alla sua natura, alla sua tradizione, anche al
suo modello sociale e possa essere, insieme ad altri, alla guida del mondo
senza lasciare l’egemonia che naturalmente non facilita, come abbiamo visto in
questi anni, i rapporti internazionali.
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“PRIMAVERA
PER L’APURIMAC” FINO AL 14 GIUGNO A FROSINONE:
EVENTI
CULTURALI E BENEFICI PER LE MISSIONI AGOSTINIANE IN PERU’
- Con
noi padre Pietro Bellini, provinciale degli Agostiniani d’Italia -
Eventi culturali a scopo sociale e umanitario per
l’Associazione Missionaria Agostiniana in Perù, in corso fino al 14 giugno a
Frosinone: in collaborazione con le Ambasciate del Perù in Italia e presso la
Santa Sede, la “Primavera per l’Apurimac” ha inaugurato una mostra di
artigianato peruviano, per illustrare storia e tradizioni popolari degli Incas,
e tenuto un concerto benefico nella cattedrale di Santa Maria. A.V.:
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Prende il nome
da una località delle Ande fra le più povere e sottosviluppate in America
Latina, l’Associazione Apurímac. Il suo presidente, padre Pietro Bellini,
Provinciale degli Agostiniani d’Italia, ci descrive la realtà sociale ed economica
in cui opera questa organizzazione non-governativa italiana:
R. – E’ una regione di alta montagna, che va dai 3 ai 5
mila metri di altezza, popolata da gente che si è rifugiata in questa zona
molto impervia e molto aspra attraverso le varie vicende storiche della
conquista dell’impero incaico. Quindi, si tratta di una zona con poche risorse
economiche, ai margini della sopravvivenza, dove la gente vive completamente
isolata, in una realtà che a volte dà l’impressione di essere a livello
subumano. La presenza dei missionari, dunque, degli Agostiniani italiani, è l’unica
presenza di evangelizzazione e nello stesso tempo anche di promozione umana.
D. – Quali notizie recenti riportano i missionari
agostiniani dal Perù?
R. – Le ultime notizie sono di carattere sociale: quelle
popolazioni sono già povere di per sé e risentono molto di questa contingenza
internazionale, perché molte risorse dell’economia mondiale vengono distolte
dall’America Latina per altre parti del globo. Questo, ovviamente, influisce in
modo negativo sulla popolazione, che già si trova al limite della sussistenza.
Il concerto benefico, offerto da un pianista di assoluto
rilievo internazionale Giovanni Bellucci, nella Cattedrale di Frosinone, ha
premesso di raccogliere fondi per finanziare un programma sanitario triennale,
il “Progetto Ippocrate in Apurimac”, in collaborazione con la Fimmg
(Federazione italiana medici di medicina generale). Di cosa si tratta?
R. – In Perù, la sanità è a pagamento e quindi nella zona
dell’Apurimac, che è una zona molto povera, la gente e i malati non possono
usufruire dell’assistenza medica. Allora noi vorremmo, attraverso i volontari
italiani e peruviani, poter offrire alle popolazioni un minimo di assistenza
sanitaria e medica, di prevenzione e di assistenza.
D. – Quali altri progetti promuove la Missione Agostiniana
in Apurimac?
R. – Oltre a vari piccoli progetti in favore
dell’infanzia, abbiamo messo in moto un progetto per il restauro dei monumenti
architettonici antichi. Noi pensiamo che quelle popolazioni abbiano bisogno di
una dignità storica, abbiano bisogno di avere un senso di appartenenza ad una
cultura. E crediamo che salvaguardare le vestigia architettoniche, molto belle
oltretutto, della loro storia, li aiuti ad avere stima di se stessi e ad andare
avanti con maggiore speranza nel futuro.
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ROMA. = “Riassumere quanto è stato
elaborato sulla vocazione e missione della famiglia nella Chiesa e nella città
di Roma in questo anno pastorale 2003-2004 e rilanciare il tema della
soggettività ecclesiale e sociale della famiglia”. Con queste parole il
cardinale vicario Camillo Ruini illustra, con una lettera, l’obiettivo del
Convegno ecclesiale, incentrato sul tema “Famiglia diventa ciò che sei … nella
Chiesa e nella società”, che si apre questa sera nella basilica di San Giovanni
in Laterano. Su questo complesso tema si confronteranno fino al prossimo 9
giugno parroci, sacerdoti, religiose, operatori della pastorale
familiare delle parrocchie, associazioni e movimenti della Chiesa. E’ certamente un argomento che sta
a cuore a tutti, spiega il cardinale Ruini che nel suo intervento conclusivo di mercoledì prossimo traccerà le linee
programmatiche per l’anno pastorale 2004-2005. Il porporato rivolgendosi ad ogni realtà
diocesana ecclesiale, sottolinea inoltre come sia importante che un’equipe di
operatori pastorali, già impegnata o desiderosa di impegnarsi a partire dal
prossimo anno a favore della famiglia e di una sua maggiore rilevanza sociale
nella città di Roma, partecipi alle giornate del Convegno portando il proprio
contributo. Il programma di questa sera prevede l’apertura dell’incontro con la
relazione a cura mons. Luigi Moretti, vicegerente della
diocesi romana, sul tema “La famiglia soggetto ecclesiale: il cammino della
diocesi di Roma nell’anno 2003-2004”. Seguiranno gli interventi della docente
Luisa Santolini, presidente del Forum delle associazioni familiari e di mons.
Mauro Parmeggiani, segretario generale del vicariato. (A.L.)
INSEGNARE LA PACE INSERENDO NEI
PROGRAMMI SCOLATICI MATERIE INCENTRATE
SULLA GESTIONE DEI CONFLITTI. E’
QUANTO HANNO RECENTEMENTE PROPOSTO
DIVERSI POLITICI RIUNITI A
MOMBASA, IN KENYA, PER DISCUTERE SUL SISTEMA DELL’ISTRUZIONE NEI PAESI DEL
CONTINENTE AFRICANO
- A cura di Amedeo Lomonaco -
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MOMBASA.
= In Africa il valore della pace va appreso fin da bambini e studiato a scuola,
dove occorre inserire tra le materie di studio programmi di ‘gestione dei
conflitti’. È la proposta avanzata da alcuni responsabili politici riuniti a
Mombasa, in Kenya, per discutere possibili riforme del sistema scolastico in
Africa. Secondo il ministro dell’istruzione ugandese, Geraldine Bitmazure, e il
segretario permanente all’educazione del Kenya, Karega Mutahi, una soluzione di
lungo termine alle guerre che affliggono il Continente africano, può nascere da
una completa strategia di prevenzione dei conflitti all’interno delle scuole.
La rappresentante ugandese ha anche detto che programmi di ‘coesione comunitaria’
sono stati inseriti nelle materie di insegnamento delle scuole elementari per
raggiungere questo obiettivo che – secondo il ministro – faciliterebbe la
soluzione di conflitti soprattutto nelle aree più remote e sottosviluppate.
Alcuni partecipanti all’incontro hanno inoltre sottolineato l’urgenza di “un
sistema scolastico innovativo”, che superi quello attuale, frutto del passato
coloniale. Resta comunque il fatto che l’istruzione in Africa è ancora un
diritto negato – soprattutto a livello femminile - in molti Paesi del
Continente. Secondo l’Unicef, nell’area sub-sahariana il numero delle bambine
escluse ogni anno dalla scuola è aumentato da 20 milioni nel 1990 a 24 milioni
nel 2002.
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IN INDONESIA ATTACCATE IERI QUATTRO
CHIESE CRISTIANE A GIACARTA.
UN RELIGIOSO E’ RIMASTO FERITO NON IN
MODO GRAVE
GIAKARTA.
= In Indonesia quattro chiese cristiane, nei pressi di Giakarta, sono state
danneggiate ieri quando gruppi di persone armate di sassi e bastoni hanno
infranto le finestre e rotto alcuni banchi ferendo un religioso, fortunatamente
non in modo grave. Lo ha riferito la Polizia indonesiana senza aggiungere altro
sul motivo delle aggressioni, che sono avvenute nei distretti di Pamulang e
Ciputat, a sudovest della capitale. I media locali ipotizzano che le ire di
parte della popolazione islamica contro le chiese cristiane siano dovute al
fatto che queste occupano abusivamente dei locali destinati ad uso commerciale.
Su tale questione, le comunità cristiane sottolineano come sia difficile
ottenere dalle autorità il permesso di costruire delle chiese e per questo a
volte si insediano senza regolari permessi in locali lasciati vuoti.
L’Indonesia è uno Stato laico in cui i cittadini sono però tenuti ad aderire ad
una alle cinque religioni riconosciute: islamismo, protestantesimo,
cattolicesimo, induismo e buddismo. All’Islam aderisce l’88 per cento della popolazione
mentre i cristiani rappresentano l’8 per cento, di cui 3 per cento cattolici.
(A.L.)
OLTRE 100 STATUE RAFFIGURANTI GESÙ
CRISTO HANNO SFILATO, IERI,
SUL LUNGOMARE DI GENOVA PER IL 48.MO
RADUNO DELLE CONFRATERNITE
DELLE DIOCESI LIGURI. ALL’EVENTO HANNO
ASSISTITO PIÙ DI 14 MILA PERSONE
GENOVA. = Oltre 14.000 persone hanno
partecipato ieri, a Genova, al 48.mo Raduno delle Confraternite delle diocesi
liguri, coinciso quest’anno con il grande Raduno delle Confraternite liguri nel
mondo e con il XIV Cammino di fratellanza.
Durante la processione, svoltasi sul lungomare del capoluogo ligure,
sono sfilati più di 100 statue raffiguranti Gesù Cristo. Al suggestivo evento
hanno partecipato anche i confratelli delle Confraternite argentine che hanno
compiuto, in senso inverso, il tragitto che aveva portato, tanti anni fa, i
loro avi ad emigrare in Sud America. La statua più famosa, di notevole valore
storico, è stata quella della Chiesa San Giacomo delle Fucine che risale al
1600, ed è in legno di giuggiolo. Si tratta del primo Cristo nero, che venne
fatto sfilare anche in occasione della visita a Genova di Papa Giovanni Paolo
II. Alla premiazione delle Confraternite, conclusasi con l’assegnazione di un
diploma di partecipazione e di un inedito libro di preghiere ad uso liturgico,
hanno assistito diversi rappresentanti religiosi e laici. Tra questi erano
presenti l’arcivescovo di Genova, cardinale Tarcisio Bertone, il delegato della
Cei per le associazioni delle confraternite, mons. Brambilla ed il sindaco di
Genova, Giuseppe Pericu. (A.L.)
UN MISSIONARIO
GESUITA, PADRE LUIS RUIZ, HA FONDATO IN CINA
CON IL
SOSTEGNO DEL GOVERNO UN CENTRO PER L’ASSISTENZA AI MALATI TERMINALI DI AIDS
NELLA CITTA’ DI HONGJIAN, NELLA PROVINCIA DI HUNAN
HONGJIAN.=
E’ stato inaugurato di recente a Hongjian, città della Cina sudoccidentale
nella provincia di Hunan, il complesso “Aids Caring Centre”, per la cura e
l’assistenza ai malati terminali di questa malattia. Il fondatore, il gesuita
spagnolo padre Luis Ruiz, iniziò a lavorare nel 1986 con il lebbrosi della
provincia di Guangdong, dove le case erano anguste e non c’era acqua, né
elettricità. Attualmente dirige 145 lebbrosari con circa 10.000 malati in tutto
il Paese. Il missionario novantunenne, con alle spalle numerosi anni di
esperienza di lavoro con persone disabili e con disagio mentale a Macao, era in
visita ad alcuni lebbrosari nella provincia di Hunan, quando il governo di Pechino
gli chiese di istituire un centro per la cura dell’Aids, offrendogli un aiuto
per sostenere questa iniziativa. Nonostante le difficoltà iniziali, il progetto
è stato realizzato con il sostegno anche di alcune suore e di un prete di
Maryknoll. Il centro sorge all’interno di una struttura che ospita un istituto
di disintossicazione e reinserimento per tossicodipendenti e sarà coordinato da
due medici specializzati nella cura della malattia. Durante la cerimonia di
apertura padre Ruiz ha celebrato l’Eucaristia, sottolineando l’importanza
dell’amore nell’assistenza al malato. A tal proposito, in molti hanno
testimoniato la generosità di sacerdoti e suore che ogni giorno si prendono
cura dei pazienti terminali attualmente ricoverati presso il centro. (R.M.)
ULTIMO COMMOSSO
SALUTO DELLA CITTÀ DI ROMA ALL’ATTORE NINO MANFREDI,
MORTO LO SCORSO 4 GIUGNO ALL’ETÀ DI 83
ANNI
ROMA. = Nella
chiesa degli artisti di piazza del Popolo a Roma si sono svolti, questa mattina,
i funerali di Nino Manfredi. La cerimonia è stata celebrata da don Antonio
Lombardi, parroco di Santa Prisca all’Aventino, parrocchia della famiglia
Manfredi. Alla Messa hanno partecipato diverse personalità, tra le quali la moglie
del presidente della Repubblica italiana, Franca Ciampi, il sottosegretario
alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta, il presidente della Regione Lazio,
Francesco Storace ed il sindaco di Roma, Walter Veltroni. Molti anche i
personaggi del mondo dello spettacolo, fra cui i presentatori Pippo Baudo e
Fabrizio Frizzi e gli attori Gigi Proietti e Claudia Koll. Un lungo applauso e
le note della canzone “Tanto pe’ cantà” hanno inoltre accolto il feretro di
Manfredi all’uscita della chiesa. Da segnalare, infine, che sono molte le
telefonate arrivate in questi giorni all’Associazione “Il Risveglio” dopo
l’invito rivolto dai familiari per sostenere l’organizzazione. La moglie
Erminia, che da tempo è impegnata per questa associazione che offre assistenza
alle persone colpite da emorragia cerebrale, si è dichiarata molto decisa nel
continuare la sua battaglia: “Voglio lavorare ancora di più – ha detto – per
amore del mio Nino”. (A.L.)
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7
giugno 2004
- A cura di Barbara Castelli -
E’ ormai questione di ore per
una nuova risoluzione Onu sull’Iraq. Gli Stati Uniti, infatti, auspicano il via
libera del Consiglio di Sicurezza entro domani, prima cioè dell’inizio del vertice
del G8 a Sea Island, in Georgia. Nel Paese del Golfo, tuttavia, la violenza
continua ad essere in primo piano, mentre la Corea del Sud ha annunciato
l’invio di nuove truppe nel Kurdistan. Il nostro servizio:
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La Diplomazia Internazionale
all’opera per definire il futuro dell’Iraq. I 15 membri del Consiglio di
Sicurezza delle Nazioni Unite riceveranno formalmente oggi la bozza definitiva
di risoluzione - la quarta - che tratteggia l’itinerario che dovrà seguire il
Paese del Golfo, dal passaggio dei poteri del 30 giugno prossimo alla fine del
processo di riorganizzazione costituzionale del 31 dicembre 2005. John Negroponte,
rappresentante permanente statunitense all’Onu, ha auspicato una nuova
risoluzione entro domani, ma a mettere freno all’ottimismo degli Stati Uniti ci
sono le dichiarazioni del vice-ministro agli Esteri russo, Iuri Fedotov. Secondo
Mosca, infatti, la nuova bozza di risoluzione anglo-americana sull’Iraq ha
fatto passi avanti, ma restano ancora diversi punti da concordare. Il primo ministro
iracheno, Iyad Allawi, dal canto suo, ha ribadito l’intenzione dell’Iraq di far
permanere la forza multinazionale nel Paese, fino a quando la situazione della
sicurezza lo renderà necessario. Il premier ha, inoltre, annunciato un accordo
sullo smantellamento delle milizie, i cui uomini potranno unirsi alle nuove
forze di sicurezza del Paese o tornare alla vita civile all’inizio del 2005.
L’intesa è stata siglata da nove organizzazioni, tra queste, tuttavia, non
figura l’esercito del Mahdi, la milizia personale del leader radicale sciita
Moqtada Al-Sadr. Sul terreno, intanto, si registrano nuovi fatti di sangue. Un
soldato americano è stato ucciso e un altro ferito ieri nei pressi di Baghdad,
mentre tre civili di etnia araba sono stati uccisi in due distinti attacchi a
Kirkuk, principale centro petrolifero nel Kurdistan iracheno. Una violenta esplosione
poi è stata udita poche ore fa in una moschea di Kufa. Secondo le prime informazioni,
sarebbe saltato in aria un deposito di armi dell’Esercito Mahdi. La deflagrazione
ha causato almeno un morto e 9 feriti.
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Si riaccende la violenza in
Arabia Saudita. Un cameraman irlandese della Bbc è stato ucciso ieri e un suo
collega giornalista di nazionalità britannica è stato ferito da colpi d’arma da
fuoco a Riad. Una settimana fa, presunti militanti di Al-Qaida hanno ucciso 22
persone, tra cui l’italiano Antonio Amato, in una serie di attacchi e in una
presa di ostaggi nella città petrolifera di Al Khobar.
Decisione storica in Medio Oriente: dopo sette ore di animato dibattito
il governo israeliano ha approvato ieri sera il ritiro unilaterale dalla
striscia di Gaza. Ma intanto il conflitto registra due nuove vittime. Un 17enne
palestinese è stato ritrovato morto oggi nel cimitero di Khan Yunes: sarebbe
rimasto ucciso ieri in uno scontro a fuoco con soldati israeliani. Un altro
giovane ventenne è stato colpito invece stamane da spari esplosi nelle vicinanze
del Muro di sicurezza in Cisgiordania, presso Tulkarem. Il servizio di Roberta
Gisotti:
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Quattordici ministri, fra cui nove del Likud, hanno votato
a favore del Piano di ritiro da Gaza, sette invece i voti contrari. Soddisfatto
il premier Sharon, dopo la pesante sconfitta - subita lo scorso mese - dalla
stessa base del Likud, che aveva bocciato una proposta simile. Il governo
israeliano ha dunque approvato il suo piano di disimpegno, pure con una formula
complessa che non definisce ancora tempi e modi dello sgombero dei 7500 coloni ebrei
che vivono nella striscia di Gaza. Una decisione definita da più parti storica,
e che è arrivata nel 37.mo anniversario dell’occupazione di quel territorio,
durante la Guerra dei sei giorni, in cui il generale Sharon svolse un ruolo di
primo piano. “Israele prende il futuro nelle proprie mani – ha dichiarato il
premier – spiegando che il Piano prevede entro la fine del 2005 l’uscita da
Gaza e dal nord della Samaria. “Una tappa coraggiosa”, secondo la Casa Bianca.
Scettici, invece, in massima parte dei commenti da parte palestinese: “Una
tempesta in un bicchier d’acqua”, scrive oggi “Al Quds”, quotidiano di Gerusalemme, volendo
significare che Sharon tenta di accreditarsi presso gli Stati Uniti con un’operazione
di sola immagine. Voce fuori dal coro l’ex ministro Dahlan, politico molto
influente nella striscia di Gaza, che ha esortato invece l’Autorità nazionale
palestinese ad accogliere il Piano per mettere fine agli spargimenti di sangue.
Sostegno anche dall’Egitto, che intende svolgere un ruolo chiave per riportare
l’ordine a Gaza. Primo atto lo schieramento - annunciato stamane dal ministro
degli Esteri de Il Cairo, Shalom - di un centinaio di soldati sul confine egiziano
di Rafah, per fermare il contrabbando di armi.
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Nonostante il ritiro da Bukavu
dei ribelli filorwandesi, nella Repubblica democratica del Congo non si placano
le violenze. A farne le spese, ieri, due peacekeeper sudafricani
dell’Onu, uccisi nei pressi di Goma. Gli autori dell’attacco sono hutu rwandesi
di etnia interahawne. Questo ha fatto riesplodere le tensioni tra il
governo di Kinshasa e quello di Kigali, accusato di voler alimentare il
conflitto nell’ex Zaire. Una tesi confermata anche da un osservatore internazionale
a Bukavu, che lasciamo anonimo per motivi di sicurezza. L’intervista è di
Andrea Sarubbi:
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R. – Probabilmente gli attacchi
di marca interahawne,
avvenuti in questo periodo, sono una creazione del Rwanda, per avere una
possibilità di intervenire ogniqualvolta ci possa essere qualcosa che non va.
La ragione ufficiale è quella di voler difendere da un possibile genocidio
l’etnia banyamulenge, tutsi congolesi.
D. – Secondo lei, il Rwanda sta
intervenendo in Congo per ragioni politiche e non per fermare il genocidio?
R. – In questi giorni, non c’è
stato nessun tentativo di genocidio, né alcuna azione mirata contro una comunità
particolare come i banyamulenge. È solo il pretesto che permette di
coprire un’invasione quando, invece, il genocidio è un problema puramente
rwandese, che nella Repubblica Democratica del Congo non sussiste.
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Drammatico incidente in Pakistan.
Un autobus è precipitato in un burrone vicino a Nathiagali, regione montagnosa
del Nord del Paese, provocando la morte di 38 passeggeri e il ferimento di
altri 8. Il mezzo trasportava una comitiva di devoti islamici in pellegrinaggio
ad un sito sacro di un santo musulmano sufi.
Il presidente americano, George
W. Bush, ha proclamato una giornata di lutto nazionale, l’11 giugno prossimo,
in onore dell’ex presidente Ronald Reagan, morto sabato scorso all’età di 93
anni. In un comunicato della Casa Bianca, Bush ha disposto che le bandiere sui
palazzi ufficiali statunitensi rimangano a mezz’asta per 30 giorni. Proprio
l’11 giugno si svolgeranno a Washington i funerali statali e solenni in onore
di Reagan. Sulla figura del 40.esimo presidente degli Stati Uniti, la nota di
Empedocle Maffia:
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L’affetto con il quale il Paese
sta salutando il suo ex presidente attraversa i contrasti politici che lo
vedono oggi diviso come poche volte nella sua storia, quasi voglia dirgli che
il silenzio e il distacco con i quali negli ultimi dieci anni ha accompagnato
la sua malattia, erano solo una forma estrema di rispetto. Eppure Reagan è
stato un presidente controverso per le sue politiche: ha imposto una drastica riduzione
della solidarietà, come azione di governo in casa, ha scompaginato i riti della
guerra fredda nel mondo, sfidando l’avversario sovietico, del quale ha poi saputo
cogliere la disponibilità ad avviare accordi che hanno allontanato il rischio
della guerra nucleare. Ha sempre voluto, Ronald Reagan, essere certo della superiorità
del modello americano, ma nei passaggi essenziali della sua presidenza ha
saputo declinarli nel linguaggio del diritto alla libertà per tutti. Ripeteva
spesso che nella sua vita aveva visto quattro guerre, troppe per volerne rischiare
un’altra. E oggi l’America, e il mondo con essa, saluta Ronald Reagan come
leader di un mondo diverso, sapendo che questa diversità, in parte non piccola,
è dovuta anche alla sua presidenza.
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Italia. La Procura di Firenze ha
chiesto stamani la condanna all’ergastolo per la brigatista Nadia Desdemona
Lioce. La richiesta è stata avanzata dai pubblici ministeri Giuseppe Nicolosi e
Luigi Bocciolini, a conclusione della loro requisitoria al processo per la
sparatoria sul treno Roma-Firenze del marzo 2003, in cui rimasero uccisi
l’agente di polizia Emanuele Petri e il brigatista Mario Galesi.
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