RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVIII n. 158 - Testo della trasmissione di domenica 6 giugno 2004

 

Sommario

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Ogni cristiano si senta chiamato nella Chiesa ad un forte impegno di unità: l’invito del Papa risuonato questa mattina a Berna, davanti alle 70 mila persone presenti alla Messa da lui presieduta. Il Santo Padre ha parlato anche della necessità del dialogo ecumenico e del rispetto dei diritti umani. Ieri sera, entusiasmo e canti per l’incontro di Giovanni Paolo II con i giovani cattolici di tutta la Svizzera. Oggi pomeriggio, il Papa conclude il suo 103.mo viaggio apostolico, incontrando l’associazione delle ex Guardie Svizzere. Ai nostri microfoni il vescovo di Basilea, mons. Martin Gachter, Joaquin Navarro-Valls, il diacono Markus Wentink, la missionaria Scalabriniana Filomena e  Jacques Babey.

 

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Il 6 giugno di 60 anni fa, lo sbarco in Normandia rovesciava le sorti della guerra. Oggi le celebrazioni sul luogo dello sbarco, alla presenza di George Bush e Jacques Chirac: con noi lo storico Pietro Coppola.

 

Si apre questa sera il processo diocesano di beatificazione per Igino Giordani: ne parliamo con Tommaso Sorgi.

 

CHIESA E SOCIETA’:

            E’ morto ieri, all’età di 93 anni, l’ex presidente Usa Ronald Reagan

           

            Fonti Onu annunciano la liberazione dei 16 ostaggi rapiti nel Darfour

 

La Conferenza episcopale indiana chiede l’intervento del governo per avere notizie sulla sorte del cattolico imprigionato e torturato in Arabia Saudita

 

            Cinquant’anni fa, la prima trasmissione in Eurovisione con il discorso di Pio XII

 

Assegnato all’Organizzazione colombiana “Vita, giustizia e pace” il premio “Nord-Sud 2004

 

24 ORE NEL MONDO:

La Francia pronta a concedere il proprio assenso alla risoluzione Onu sull’Iraq, Paese colpito anche oggi da nuovi episodi di violenza

 

In Medio Oriente, si vota per il piano di Sharon sul disimpegno israeliano dalla Striscia di Gaza

 

Annunciato, in Congo, il ritiro dei soldati dissidenti dalla città di Bukavu.

 

 

 IL PAPA E LA SANTA SEDE

6 giugno 2004

 

 

SETTANTAMILA PERSONE HANNO PARTECIPATO A BERNA ALLA MESSA PRESIEDUTA DAL PAPA, NEL SECONDO E ULTIMO GIORNO DEL 103.MO VIAGGIO ASPOTOLICO.

IERI POMERIGGIO IL FESTOSO INCONTRO CON I GIOVANI, INVITATI DAL PONTEFICE

A NON CEDERE ALLA CIVILTA’ DEI CONSUMI. IN SERATA, IL RIENTRO IN VATICANO

- A cura di Alessandro De Carolis -

 

L’odierna solennità della Santissima Trinità chiama ogni cristiano ad un forte impegno per l’unità. Nella celebrazione della messa a Berna, sul grande prato dell’Allmend, Giovanni Paolo II ha ribadito con forza la necessità di proseguire sulla via dell’ecumenismo. Di fronte ad oltre 70 mila fedeli – ben oltre le previsioni della vigilia – venuti da tutta la Svizzera, il Papa ha poi esortato i giovani a proclamare il Vangelo senza paura. Un invito che ha riecheggiato le parole da lui stesso pronunciate ieri sera al primo incontro nazionale dei giovani cattolici svizzeri, tenutosi al Palaghiaccio di Berna. Il Papa ha inoltre ribadito come ogni oltraggio all’uomo sia un oltraggio a Dio, rinnovando l’esortazione al rispetto assoluto dei diritti umani. Per ritrovare subito l’atmosfera della celebrazione eucaristica di stamattina, conclusa dall’Angelus, ci colleghiamo in diretta con il nostro inviato a Berna, Alessandro Gisotti:

 

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Nella Svizzera delle diverse confessioni cristiane, il Papa ha riaffermato con forza “la volontà di avanzare sulla via difficile, ma ricca di gioia, della piena comunione di tutti i cristiani”. Rivolgendosi a decine di migliaia di fedeli, convenuti fin dal primo mattino sul grande prato dell’Allmend - in una mattinata piena di sole, dopo giorni di pioggia su Berna - il Pontefice ha ringraziato la Svizzera per l’accoglienza ricevuta in questo103.mo viaggio apostolico.

 

(canto)

 

Un clima festoso ha caratterizzato la Messa, nello “stupendo scenario” - ha detto il Papa - delle “vette innevate e verdi vallate” della terra svizzera, posta nel cuore dell’Europa. Il Papa è stato salutato con parole d’affetto da mons. Kurt Koch, vescovo di Basilea. Grande l’entusiasmo dei giovani accorsi da tutti i cantoni, contraccambiato da Giovanni Paolo II.

 

CHERS JEUNES AMIS, SACHEZ QUE LE PAPE VOUS AIME…

 

 “Il Papa vi vuole bene – ha detto – vi accompagna con la preghiera quotidiana, conta sulla vostra collaborazione alla causa del Vangelo”. L’omelia incentrata sul mistero della Santissima Trinità ha offerto l’occasione al Santo Padre per un nuovo “forte richiamo all’impegno per l’unità dei cristiani”. Ha così evidenziato l’urgenza dell’impegno ecumenico.

 

ES IST JEDLOCH KLAR...

 

 Ma, ha aggiunto, è chiaro che “un forte contributo alla causa ecumenica viene dall’impegno dei cattolici a vivere l’unità al proprio interno”. E qui ha esortato i fedeli a fare della Chiesa “la casa e la scuola della comunione”, affinché “possa purificarsi costantemente dalle tossine dell’egoismo”. Il mondo, ha detto ancora il Papa, ha bisogno di un supplemento di speranza, la speranza fondata sull’amore di Dio ed è per questo che non bisogna aver paura di proclamare il Vangelo. Bisogna “passare da una fede di abitudine ad una fede matura”. Non ha poi mancato di sottolineare che proprio nell’amore di Dio c’è la “vera sorgente della grandezza dell’uomo”, la “radice della sua indistruttibile dignità”. Ogni oltraggio all’uomo, ha avvertito, “è un oltraggio al suo Creatore”. E qui, ha espresso parole d’apprezzamento per il popolo svizzero:

 

La Svizzera ha una grande tradizione in fatto di rispetto per l’uomo. E’ una tradizione che sta sotto il segno della Croce: la Croce Rossa. Cristiani di questo nobile Paese, siate sempre all’altezza di questo vostro glorioso passato. In ogni essere umano sappiate riconoscere ed onorare l’immagine di Dio.

 

 La celebrazione è stata caratterizzata da molti elementi simbolici: l’acqua del Battesimo, tratta da quattro fiumi svizzeri, a simboleggiare le quattro comunità linguistiche, la tovaglia d’altare confezionata dai giovani svizzeri e, ancora, l’universalità della preghiera dei fedeli nelle quattro lingue nazionali, ma anche in spagnolo, portoghese ed albanese. Tanti e festosi, poi, i canti dei ragazzi: 

 

         (canto)

 

Dopo la messa, all’Angelus, il Papa ha affidato il popolo svizzero alla Vergine, affinché “conservi l’armonia e l’unità fra i vari gruppi linguistici svizzeri ed etnici”, valorizzando l’apporto di ciascuno. Poi, ancora una volta, ha avuto una parola per i giovani:

 

A Maria vorrei, in modo speciale, affidare la gioventù della Svizzera, alla quale il Papa guarda con affetto e gratitudine.

 

Da cinque secoli, ha proseguito, sono i giovani di questo Paese ad assicurare al Successore di Pietro il prezioso e stimato servizio della Guardia Svizzera Pontificia, esempio di fede e amore alla Chiesa di tanti cattolici svizzeri. L’evento sull’Allmend è terminato con il saluto ai giovani di mons. Theurillat, delegato della Conferenza episcopale elvetica alla gioventù, che ha sottolineato come dopo la visita del Papa, i giovani della Svizzera siano ora più uniti.

 

Da Berna, Alessandro Gisotti, Radio Vaticana

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Non abbiate paura di incontrare Gesù”: con questa esortazione, Giovanni Paolo II si è rivolto ieri pomeriggio agli oltre 10 mila giovani cattolici svizzeri, che lo hanno accolto nel Palaghiaccio di Berna, per celebrare con lui il loro primo incontro nazionale, incentrato sull’esortazione evangelica “Alzati!”. Il cristianesimo, ha avvertito il Papa, non è un’ideologia e neppure un sistema di valori, ma una persona: “E’ Gesù che dà senso e pienezza alla vita dell’uomo”. Rivolgendosi ai ragazzi, il Pontefice ha ricordato anche i suoi anni giovanili, le sue speranze e le preoccupazioni di allora. Il racconto di questo incontro è ancora di Alessandro Gisotti:

 

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(musica: Inno incontro)

 

Una festa di suoni, luci ed immagini per un’esperienza dalle forti emozioni. I tredicimila giovani venuti a Berna per ascoltare Giovanni Paolo II hanno mostrato tutto il proprio entusiasmo per il Papa anziano, che sa parlare direttamente al loro cuore. Il Santo Padre ha esortato i ragazzi svizzeri “a non lasciarsi andare alla disperazione”, a non cedere “ai miraggi della società dei consumi”, che seducono e distolgono dalla vera gioia. Bisogna cercare Gesù nella preghiera, ha avvertito, nell’Eucaristia e, ancora, nel sacramento della Riconciliazione, nel volto del fratello sofferente. I giovani radunatisi a Berna aspettavano parole di speranza, di fiducia e Giovanni Paolo II non li ha delusi:

 

“Il Papa, i vostri vescovi, l’intera comunità cristiana contano sul vostro impegno, sulla vostra generosità e vi seguono con fiducia e speranza: giovani della Svizzera mettetevi in cammino. Il Signore cammina con voi”.

 

La Chiesa, ha aggiunto, ha bisogno delle vostre energie, del vostro entusiasmo, dei vostri ideali giovanili, affinché il Vangelo susciti “una civiltà di giustizia autentica di amore senza discriminazioni”. Ha poi chiesto ai giovani di “allenarsi alla disciplina difficile dell’ascolto”. Quindi è andato a ritroso con la memoria. “Anch’io, come voi, ho avuto vent’anni - ha ricordato - mi piaceva fare sport, sciare, recitare, studiavo e lavoravo”. In quegli anni ormai lontani, ha proseguito, in cui la mia terra natale “era ferita dalla guerra e poi dal regime totalitario, cercavo il senso da dare alla mia vita” e l’ho trovato nel Signore Gesù. Per questo, ha rilevato, dopo 60 anni di sacerdozio “è bello potersi spendere fino alla fine per la causa del Regno di Dio”. L’incontro dei giovani – molti anche i tedeschi e gli italiani presenti - ha vissuto molti momenti significativi, come il messaggio di benvenuto del capo della Chiesa riformata di Berna e l’intervento del cardinale di Colonia, Meissner, che ha invitato i giovani bernesi a partecipare alla prossima Gmg, che si terrà nell’agosto del 2005 nella città tedesca. Toccanti le testimonianze di tre giovani elvetici. Ecco un passaggio del brano letto dal ragazzo della Svizzera italiana:

 

“Padre Santissimo, Padre di tutti noi, Tu che ci hai sempre dimostrato fiducia, Tu che ci hai sempre trasmesso speranza, concedici di capire come stare con Cristo e come, con Lui, progettare con passione il presente ed, il domani, nostro e del mondo”.

 

Da Berna, Alessandro Gisotti, Radio Vaticana

 

(musica)

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Salutato il Papa, i giovani hanno continuato nella notte il loro raduno, con musical, momenti di preghiera e riflessione. E alcuni hanno avuto anche la possibilità di un confronto ravvicinato con i loro vescovi, all’interno di un apposito “bistrot”. Alessandro Gisotti ha raccolto commenti a caldo di qualche partecipante. Ecco Markus Wentink, diacono della Comunità Emmànuel:

 

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“Non abbiate paura di accogliere Cristo nei vostri cuori”: queste le parole più importanti del Santo Padre. E’ stata la prima affermazione del suo pontificato. Noi viviamo in un Paese ricco e tanti cuori sono chiusi dal consumo e da altre idee della vita. Non soltanto qui oggi ma anche nel nostro lavoro pastorale quotidiano l’esperienza – anche in Svizzera – i giovani sono raggiungibili e non soltanto attraverso le parole, ma dallo Spirito Santo. La cosa più importante e fondamentale è la preghiera: pregate anche per i nostri giovani.

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La Svizzera è una realtà multilinguistica e multiculturale, oltre che terra di varie confessioni cristiane. E’ possibile realizzare tra le nuove generazioni quell’unità auspicata dal Papa? Ascoltiamo l’opinione di una laica, Filomena, delle Missionarie secolari Scalabriniane:

 

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Penso che ci siano tanti segni positivi trai giovani. Molto spesso non sono così visibili, ma ad esempio, nel centro che abbiamo qui, a Solotun, si incontrano giovani di diverse nazionalità, dove sperimentiamo che è possibile alzarsi, che è possibile vivere una vita nuova. E’ importante che si vada sempre oltre quelli che sono gli schemi, anche riguardo ai giovani, e che si abbia anzi molto fiducia nei giovani stessi, così come per il Papa. Questo i giovani lo sentono e ciò porterà senz’altro frutti.

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I giovani che si stringono attorno a Giovanni Paolo II con il loro tipico entusiasmo, tanto simile in ogni angolo del pianeta, sono ormai un evento nell’evento che si ripete ad ogni tappa apostolica del Pontefice. Ma l’impatto del messaggio portato dal Papa è profondamente universale e anche la Svizzera ha colto l’importanza delle sue parole di pace e di dialogo, che costituiscono la filigrana stessa del pontificato. Lo conferma il vescovo Basilea, Martin Gächter:

 

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E’ l’ispirazione di questo Papa, che ha fatto crollare la Cortina di ferro tra comunismo e mondo libero. E’ il Papa che ha riunito i giovani della Svizzera dopo 20 anni e questo è il risultato. Penso che questo ci dia una cattolicità ancora più grande, perché nella pastorale le sensibilità sono diverse ed anche le posizioni riguardo al mondo, a Roma e al Papa. Oggi abbiamo avvertito questa grande gioia di essere cattolici. 

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         Mentre Giovanni Paolo II viveva il momento di festa con i giovani svizzeri, una notizia faceva rapidamente il giro del mondo: quella della morte di Ronald Reagan, il 40.mo presidente degli Stati Uniti. L’ex capo della Casa Bianca, che visse i suoi due mandati presidenziali dall’81 all’89, si è spento ieri sera all’età di 93 anni, nella sua casa di Los Angeles. Da dieci anni lottava contro l’Alzheimer e proprio due giorni fa il Papa lo aveva ricordato, durante l’udienza in Vaticano al presidente Bush. Ai giornalisti presenti a Berna, il portavoce vaticano, Navarro Valls, ha descritto la reazione del Pontefice alla notizia:

 

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Il Santo Padre ha ricevuto la notizia della scomparsa del presidente Reagan con molta tristezza ed ha subito pregato per l’eterno riposo della sua anima. Due giorni fa, in occasione dell’incontro col presidente Bush, il Santo Padre aveva inviato alla signora Reagan un messaggio molto caloroso, conoscendo la gravità della situazione del marito. Il Santo Padre ha, inoltre, ricordato il contributo del presidente Reagan durante i suoi anni a Washington. Un contributo, questo, che ha influenzato la vita di milioni di persone, soprattutto in Europa, e il suo contributo per la nazione americana. Certamente l’episcopato americano ed anche la Santa Sede saranno rappresentati ai funerali che si stanno preparando in questi giorni.

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La terra elvetica è intimamente legata al Papa da 5 secoli attraverso il servizio prestato in Vaticano dal Corpo delle Guardie Svizzere Pontificie, fondato nel 1506 da Giulio II. Un rapporto speciale, sottolineato in questo viaggio dall’incontro che Giovanni Paolo II avrà oggi pomeriggio, alle 17,15, con i membri dell’associazione delle ex Guardie, ultimo atto della visita in Svizzera. L’incontro si svolgerà nel piazzale antistante la residenza Viktorianheim dove, mentre vi parliamo, il Papa si trova per il pranzo con i vescovi elvetici e i membri del suo seguito. Alessandro Gisotti ha chiesto al presidente dell’associazione Jacques Babey, di parlare del sodalizio delle ex Guardie Svizzere:

 

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R. – Lo scopo è quello di essere difensori della Chiesa in Svizzera: è il titolo che Papa Giulio II ci aveva dato quando disse: “Voi siete i miei soldati, i più fedeli per la difesa della Chiesa”. Ma il Papa parlava piuttosto di politica, mentre attualmente possiamo utilizzare la stessa dichiarazione riguardo alla difesa della Chiesa cattolica per la preghiera e per il Papa.

 

D. – Presidente Babey, in questa visita a Berna Giovanni Paolo II ha voluto dare particolare rilievo al suo rapporto speciale con le Guardie Svizzere. Come avete accolto questa dimostrazione di stima e di affetto del Pontefice?

 

R. – Per noi è veramente una grande gioia e ne siamo veramente lieti. Per noi, è l’uomo più coraggioso che esista attualmente sulla terra. E’ la luce che ci porta avanti.

 

D. – Cosa resta nelle Guardie Svizzere dopo il servizio in Vaticano, una volta tornati nella terra d’origine?

 

R. – Molte guardie anziane appartengono a diverse congregazioni laiche e continuano quindi, con un grande affetto, a servire la Chiesa. Fanno sempre molta attenzione al servizio alla Chiesa in Svizzera e anche oltre le frontiere del nostro Paese, quando questo è possibile.

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         Vent’anni dopo l’ultimo viaggio apostolico in Svizzera, Giovanni Paolo II ha incontrato una nazione molto diversa, meno “monolitica” rispetto al passato, e molto più sensibile all’inarrestabile processo di integrazione che ha interessato l’Europa fino ai nostri giorni. Ecco una “lettura” del viaggio che sta per concludersi da parte del nostro direttore dei Programmi, padre Federico Lombardi:

 

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“Ci auguriamo che la sua presenza doni una dimensione universale alle nostre attese e ci porti speranza”. Queste parole di saluto al Papa della ragazza rappresentante della Svizzera Romanda dicono bene lo spirito di questi due giorni. Un’apertura di orizzonti più larghi dei giovani della Svizzera, dell’Europa e anche per quella eccezionale multiforme comunità umana che è la Confederazione Elvetica.

 

In realtà, ancora una volta i timori degli organizzatori per una scarsa partecipazione e le profezie scoraggianti dei pessimisti si sono dimostrati infondati. I giovani sono venuti numerosissimi mettendo alla prova l’organizzazione e la grande folla multicolore accorsa in festa sul verde prato a conca dell’Allmend per la Messa ha confuso gli stereotipi sulla freddezza che avrebbe dovuto caratterizzare questa visita del Papa.

 

Giovanni Paolo II è apparso molto partecipe e determinato. Ha voluto pronunciare fino in fondo tutti i discorsi previsti e ciò è stato notato e sottolineato dall’applauso dei presenti. Ha smentito così con i fatti le obiezioni di una sua inadeguatezza a compiere il suo ministero.

 

Era la prima volta che i giovani cattolici venivano insieme da tutta la Svizzera, superando i confini e le ripartizioni abituali delle loro attività, superando in certo senso la limitazione dei loro orizzonti, e hanno manifestato davanti al Papa con l’abituale sincerità il bisogno di parole di incoraggiamento e di speranza. Il loro entusiasmo dice che hanno avuto una risposta efficace e che si sono sentiti effettivamente proiettati in un orizzonte più largo, che li inserisce nel cammino della gioventù mondiale verso Colonia e oltre. Del resto la molteplicità delle lingue e la varietà delle provenienze dei giovani immigrati hanno dato anch’esse una dimensione universalistica a questa esperienza.

 

Il presidente confederale, accogliendo il Papa, ha annunciato la piena normalizzazione delle relazioni diplomatiche con la Santa Sede e il compimento positivo di una vicenda iniziata 130 anni fa durante il kulturkampf anticattolico. E’ un atto di cortesia, un dono per l’illustre ospite, ma forse è stata anche una buona occasione offerta dal Papa alla Svizzera per fare un passo ulteriore nel suo inserimento sempre più pieno nella comunità internazionale, superando qualche residuo particolarismo, segno di una grande tradizione di libertà ma anche del rischio di una certa chiusura. Lo status della Svizzera alle Nazioni Unite da qualche tempo è uguale a quello delle altre nazioni. Ora lo sono anche i rapporti con la Santa Sede e si nota un’apertura verso l’Unione Europea.

 

Ma certo, il dono più grande che il Papa ha fatto alla società svizzera è quello di farle scoprire con sorpresa le potenzialità  e le attese di gran parte della sua stessa gioventù, desiderosa e capace di grandi ideali. Per i giovani, la Chiesa e la società svizzera l’anziano Pontefice ha svolto, ancora una volta, il suo insostituibile servizio: li ha aiutati ad andare al di là dei pesi del passato e dei condizionamenti e delle paure del presente. “Azatevi! Andiamo!”.

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         Come accennato, Giovanni Paolo II concluderà nel tardo pomeriggio il suo 103.mo viaggio internazionale. La partenza dell’aereo papale per Roma è prevista per le 19 di questa sera, con arrivo allo scalo di Ciampino per le 20.45, da dove il Papa farà rientro in Vaticano.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

6 giugno 2004

 

 

IN NORMANDIA, ALLA PRESENZA DI MOLTI REDUCI, LE SOLENNI CELEBRAZIONI

PER IL 60.MO DELLO SBARCO IN NORMANDIA.

BUSH E CHIRAC AFFERMANO: USA E FRANCIA, UN’ALLEANZA SOLIDA E NECESSARIA

- Ai nostri microfoni lo storico Pietro Scoppola- -

 

Con la cerimonia franco-americana al cimitero statunitense di Colleville-sur-Mer si sono aperte questa mattina, negli stessi luoghi che videro l’evolversi delle vicende belliche, le celebrazioni del 60.mo dello sbarco alleato in Normandia. Davanti, tra gli altri, ai capi di Stato francese, Jacques Chirac, e statunitense, George Bush, i numerosi veterani giunti in Normandia hanno ricevuto nuove testimonianze di gratitudine per un evento che cambiò radicalmente le sorti del secondo conflitto mondiale. La cronaca delle celebrazioni è di Francesca Pierantozzi:

 

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         Davanti alle migliaia di croci bianche del cimitero di Colleville-sur Mer, Jacques Chirac e George W. Bush hanno onorato la memoria di chi 60 anni fa morì per ridare la libertà alla Francia e all’Europa. Le commemorazioni per il 60.mo anniversario dello sbarco in Normandia continueranno per tutta la giornata alla presenza di 20 capi di Stato e di governo.

 

         Questa mattina, Chirac ha parlato per primo. La Francia – ha detto – non dimenticherà mai il suo debito con gli Stati Uniti. Bush, da parte sua, ha salutato nella Francia la prima amica dell’America già dai tempi della Guerra d’indipendenza e ha tenuto ad onorare la memoria del suo predecessore. Repubblicano alla Casa Bianca, Ronald Reagan, morto ieri: un soldato della libertà, ha detto Bush. Chirac ha poi accolto la Regina Elisabetta e onorato la memoria dei soldati britannici e ad Arromanches si svolgerà la grande cerimonia internazionale. Per la prima volta, con Gerhard Schoerder, sarà presente alle celebrazioni dello sbarco un cancelliere tedesco e anche un presidente russo, Wladimir Putin. Ieri, a Parigi, l’incontro tra Chirac e Bush interamente dedicato all’Iraq ha aperto la strada al disgelo e alla firma della risoluzione Onu sul prossimo governo di Baghdad.

 

         Francesca Pierantozzi, da Parigi, per la Radio Vaticana.

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Il 6 giugno del 1944, dunque, la storia cambiava il suo corso. Lo sbarco in Normandia, coordinato da americani, inglesi e canadesi, rovesciò i rapporti di forza in Europa, determinando – in poco meno di un anno - la sconfitta di Hitler. La Normandia venne conquistata in 75 giorni e, alla fine, sia gli alleati, sia i tedeschi contarono circa 200 mila vittime tra morti e feriti. Massimiliano Menichetti ricostruisce la sequenza dei drammatici fatti che scandirono il “giorno più lungo”:

 

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(musica)

 

6 giugno 1944, ha inizio la più imponente invasione di mezzi anfibi mai pensata dagli alleati: lo sbarco in Normandia. Un’operazione capace di decidere il destino dell’Europa. Quel giorno è ricordato come il D-Day, il giorno più lungo. Lo storico Pietro Scoppola:

 

“Lo sbarco in Normandia è l’evento militarmente decisivo per la conclusione della II Guerra Mondiale. Si apre questo secondo fronte e praticamente la Germania rimane presa in una morsa. Da una parte c’è l’Unione Sovietica, l’Armata Rossa che avanza, e dall’altra ci sono le truppe di liberazione americane”.

 

(musica)

 

Sedici minuti dopo la mezzanotte del 5 giugno, gli aerei della Royal Air Force si alzano in volo: l’operazione Overlord, l’invasione dell’Europa con obiettivo finale Berlino, era iniziata. Centinaia i paracadutisti in cielo, i bombardamenti di copertura, i tiri dell’antiaerea, gli impenetrabili bunker tedeschi protetti da mine, ostacoli antisbarco, decine di mitragliatrici e cannoni anticarro: la flotta alleata, più di 2000 navi, arriva sulla costa alle 6.30 del mattino. Circa 175 mila soldati, sotto il comando del generale americano Eisenhower sbarcheranno sulle rive francesi, sotto la pioggia dei proiettili tedeschi, per conquistare le cinque spiagge obiettivo: Uta, Giuno, Sword, Gold e Omaha, spiaggia in cui persero la vita circa 2500 soldati.

 

Alla fine della giornata, gli alleati erano penetrati da un massimo di 10 km ad un minimo di 2 nel Vallo atlantico, ovvero la difesa costiera costruita dai tedeschi. Fu una svolta nella storia, costata la vita a circa 4900 uomini. Ancora lo storico Pietro Scoppola:

 

“La II Guerra Mondiale è un evento epocale, costato circa 50 milioni di morti. E’ un evento che non si deve ripetere. Bisogna che tutto questo si traduca però in una politica attiva, a livello del ruolo dell’Onu. Deve venir meno il diritto di veto. La democrazia deve caratterizzare il funzionamento di questi organismi internazionali. Questa è la strada. Se si vuole la pace, bisogna camminare su questa strada.

 

(musica)

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PUO’ UN UOMO POLITICO ESSERE SANTO?

LA SFIDA AFFRONTATA DA IGINO GIORDANI, SCRITTORE GIORNALISTA, PATROLOGO,

ECUMENISTA, COFONDATORE DEL MOVIMENTO DEI FOCOLARI:

SI APRE QUESTA SERA IL PROCESSO DIOCESANO DI BEATIFICAZIONE

- Con noi Tommaso Sorgi -

 

“Può un uomo politico essere santo? Può un santo essere uomo politico? Prova in te la soluzione del quesito, ora che diventi uomo politico”. Igino Giordani annota queste parole sul diario nella primavera del 1946. Ed ora la soluzione di questo quesito è all’esame del processo diocesano di beatificazione che si aprirà questa sera nella cattedrale di s. Pietro a Frascati, diocesi dove Giordani, nel 1980 ha concluso la sua vita terrena. Scrittore, è autore di più di 100 volumi, giornalista, ha firmato 4000 articoli, politico, ecumenista e patrologo, padre di 4 figli, confondatore del Movimento dei Focolari, Igino Giordani è una delle figure più rappresentative del Novecento. Ma ascoltiamo il servizio di Carla Cotignoli:

 

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 “Una volta mi successe che una delle più alte cariche del Parlamento mi dice: ‘Questo che tu dici riguarda la religione, non riguarda la politica. Qui non siamo in chiesa, qui stiamo al Parlamento’. Faccio io: ‘Perché, quando entriamo qui deponiamo il nostro abito di cristiani all’appiccapanni?’”

 

Abbiamo sentito dalla viva voce di Igino Giordani quanto scriveva già nel 1925 in una pagina di La rivolta cattolica: “La religione non si circoscrive, né si esaurisce nelle pareti del cuore, né in quelle domestiche: essa è dilatazione che tende a investire tutta l’umanità”.

 

(musica)

 

Giordani ha umili origini: nasce il 24 settembre 1894 a Tivoli. Suo padre è muratore. Potrà intraprendere gli studi solo perché aiutato da chi ne apprezza l’intelligenza. A ventun anni, ufficiale in trincea, si rifiuta di sparare “per non uccidere un figlio di Dio”: fu colpito lui, subendo ferite gravissime. Si radica in lui la convinzione che la guerra è un atto di pazzia. In ospedale, l’appuntamento con Dio. Gli scritti di un laico, poi divenuto santo, lo aiutano a scoprire che anche in mezzo al mondo si può raggiungere la santità. Eletto deputato negli anni 46-53 vorrà essere “deputato di pace”. Sarà fautore dell’obiezione di coscienza, dirà no alle spese militari. Sarà membro della Costituente e del Consiglio dei popoli d’Europa di Strasburgo.

 

Ma ascoltiamo Tommaso Sorgi, profondo studioso di Giordani e direttore del Centro a lui intitolato:

 

“Giordani si dimostra realmente il portatore vivo di grandi ideali civili ed ecclesiali. Ma tutto questo ha radici profonde: vive una vita interiore profonda che ha come misura quel cristianesimo eroico, quale ha visto nei santi e soprattutto nel cristianesimo primitivo. Le radici sono ancora nella sua continua ricerca di unione con Dio proprio in mezzo alle vicende terrene”.

 

Ed è stato proprio nel periodo in cui più intenso era il suo impegno politico che – come traspare dal suo diario - lo Spirito lo stimolava a crescite ulteriori. E proprio a Montecitorio, nel 1948, avviene l’incontro con Chiara Lubich, con un carisma che stava suscitando un nuovo Movimento nella Chiesa, il Movimento dei Focolari. Giordani trova una nuova via di santità che lui stesso apre ad una schiera di coniugati, come primo focolarino sposato. Finalmente è superarato  quell’“abisso” - come lui lo chiamava - tra i religiosi che seguivano l’ideale di perfezione e i laici, i quali - con una punta di ironia – seguivano, diceva, “l’ideale dell’imperfezione”. Chiara Lubich vedeva a tal punto in Igino Giordani un simbolo dell’umanità - poiché faceva scoprire la chiamata del Movimento spingendola a permeare dello spirito di Dio tutti gli ambiti della società - da considerarlo cofondatore.

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CHIESA E SOCIETA’

6 giugno 2004

 

 

I E’ SPENTO IERI ALL’ETA’ DI 93 ANNI RONALD REAGAN. ERA STATO IL 40° PRESIDENTE DEGLI STATI UNITI E DA DIECI ANNI LOTTAVA CONTRO IL MORBO DI ALZHEIMER.

 I FUNERALI SONO PREVISTI VENERDI’ PROSSIMO

-          A cura di Ignazio Ingrao –

 

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LOS ANGELES. = “Porgo i miei saluti anche al presidente Reagan e alla signora, che so così attenta a lui e alla sua malattia”, aveva detto appena venerdì scorso Giovanni Paolo II ricevendo George Bush in Vaticano. Ma il presidente degli Stati Uniti non ha fatto in tempo a portare al suo predecessore i saluti del Papa. Ronald Reagan si è infatti spento ieri nella sua casa di Bel Air, a Los Angeles, all’età di 93 anni. Lottava contro il morbo di Alzheimer da dieci anni, assistito dai suoi familiari. Quarantesimo presidente degli Stati Uniti, Reagan ha sempre dimostrato una particolare ammirazione per Papa Wojtyla e proprio sotto la sua presidenza, nel 1984, Stati Uniti e Santa Sede hanno aperto formali relazioni diplomatiche. Nato il 6 febbraio del 1911 nell’Illinois, figlio di un venditore ambulante di scarpe, Reagan incarnava il sogno americano. Laureato in scienze sociali, fu radiocronista sportivo e attore a Hollywood in più di 50 film. Nel 1964 il suo ingresso in politica nelle file dei repubblicani. Nel 1970 venne eletto governatore della California e dieci anni dopo fu lui a battere il democratico Jimmy Carter alla presidenza degli Stati Uniti. Rimase alla Casa Bianca per due mandati, dal 1981 al 1989, nel corso dei quali diede il via ad un significativo programma di riduzione delle tasse e riforme economiche in senso liberista. Inaugurò il programma di difesa strategica, il cosiddetto “Scudo stellare” e nel 1984 raggiunse con il presidente sovietico Mikhail Gorbaciov l’accordo per la riduzione degli euromissili. Nel 1994 annunciò di essere affetto dal morbo di Alzheimer e si ritirò dalla vita pubblica. I funerali di Stato sono previsti per venerdì prossimo, 11 giugno, a Washington.

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FONTI DELLE NAZIONI UNITE HANNO ANNUNCIATO LA LIBERAZIONE DEI 16 OSTAGGI

RAPITI NEI GIORNI SCORSI IN SUDAN DAI RIBELLI DELLA REGIONE DEL DARFOUR

 

KARTHOUM. = Sono stati tutti liberati i sedici ostaggi (13 sudanesi, un irlandese, un bosniaco e un cittadino del Malawi), rapiti ieri nella regione del Darfour dai ribelli del Movimento di Liberazione del Sudan. Lo hanno reso noto questa mattina fonti dell’Onu dalla capitale Khartoum. I sedici rapiti sono dipendenti del programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo. La regione del Darfur, nel Sudan occidentale al confine con il Ciad, da circa un anno è sconvolta da scontri etnici che vedono opporsi le milizie filogovernative a due formazioni guerrigliere indipendentiste. Trecentomila persone sono a rischio di sopravvivenza se gli aiuti internazionali non giungeranno in tempo. Il numero degli sfollati ha già raggiunto il milione su un totale di circa sette milioni di abitanti, mentre i rifugiati nel vicino Ciad sono 150 mila. La notizia del rapimento dei funzionari dell’Onu era giunta mentre a Nairobi, in Kenya, rappresentanti del governo di Khartoum e della guerriglia del Sud sottoscrivevano un protocollo comune. Tale dichiarazione di impegni apre la ‘fase finale’ del negoziato volto a mettere fine a ventuno anni di guerra civile tra il governo di Khartoum e gli indipendentisti del Sud del Paese. La dichiarazione non riguarda il conflitto nella regione del Darfour ma, come ha osservato uno dei mediatori, potrebbe costituire una base per trovare una soluzione anche alla crisi che riguarda questa area. (I.I.)

 

 

ANCORA NESSUNA NOTIZIA SULLA SORTE DEL CATTOLICO DI ORIGINE INDIANA

IMPRIGIONATO E TORTURATO IN ARABIA SAUDITA. LA CONFERENZA EPISCOPALE CHIEDE AL GOVERNO DI NUOVA DELHI DI INTERVENIRE UFFICIALMENTE

 

NEW DELHI. = C’è preoccupazione nella comunità cattolica indiana per la sorte di Brian Savio O’Connor, il cattolico indiano originario del Karnataka, torturato e imprigionato in Arabia Saudita per la sua fede cristiana.
La Conferenza Episcopale dell’India ha contattato ufficialmente l’Ambasciata dell’Arabia Saudita a New Delhi, ma non ha avuto alcuna risposta, ha dichiarato all’agenzia Fides il portavoce dei vescovi indiani, p. Babu Joseph. La Conferenza episcopale ha chiesto al governo indiano di compiere un passo diplomatico ufficiale, chiedendo alle autorità saudite il rilascio di O’Connor.
La Chiesa indiana ha invitato tutti i fedeli a pregare affinché O’Connor venga liberato. Anche la “Unione Cattolica di Tutta l’India” (“All India Catholic Union”), una sorta di Azione Cattolica indiana che rappresenta 16 milioni di fedeli laici indiani, ha inviato un lettera di protesta al Re saudita chiedendo il rilascio di O’Connor. Secondo il racconto dei familiari, il giovane sarebbe stato arrestato e incriminato dalla “Muttawa”, la polizia religiosa saudita, con l’accusa di fare uso di droga e di aver pregato Gesù Cristo. La famiglia afferma che le prove relative alla droga sono state fabbricate dalla polizia e che l’uomo è un buon cristiano. O’Connor rischia la pena di morte e, sempre secondo i familiari, è tenuto da sei mesi imprigionato nel carcere di Ali Hira, nella capitale saudita Riad, soggetto a punizioni disumane e torture.(I.I.)

 

 

IL 6 GIUGNO DI CINQUANT’ANNI FA LA PRIMA TRASMISSIONE IN EUROVISIONE: I CITTADINI EUROPEI DI NOVE PAESI SEGUIRONO IN CONTEMPORANEA

IL DISCORSO DI PAPA PIO XII

 

MONTREUX. = L’Unione Europea di Radio-Televisione (Uer/Ebu) festeggia oggi i 50 anni dalla prima trasmissione in Eurovisione. Era il 6 giugno 1954 e grazie all’accordo tra le rispettive emittenti radiotelevisive, quattro milioni di televisori in nove Paesi europei trasmisero in contemporanea le immagini dal festival di Montreaux, seguite da una visita guidata in Vaticano e dal discorso di Pio XII. "Non è forse una fausta coincidenza che in questo giorno, in cui la Chiesa solennemente commemora la discesa dello Spirito Santo nel cenacolo e la prima predicazione dell'Apostolo Pietro alle moltitudini avide di verità e di pace, ci sia dato di indirizzarci personalmente a voi, spettatori europei della televisione e di dichiararvi quanto grande è la nostra gioia nel venirvi in qualche modo incontro fin nella intimità dei vostri focolari?", disse Pio XII in quella storica trasmissione. "Siamo lieti di salutare l'alta intrapresa della ‘Union Europeenne de radiodiffusion’ – proseguì il Papa - grazie alla quale con la collaborazione degli organismi responsabili della televisione ed il tenace lavoro dei tecnici incaricati del buon andamento delle stazioni emittenti e riceventi, è potuta sorgere questa rete europea di trasmissioni delle immagini". In occasione di questo anniversario all’Unione Europea di Radio-Televisione, è stato attribuito il premio del “KulturForum” europeo. (I.I.)

 

 

ASSEGNATO ALL’ORGANIZZAZIONE COLOMBIANA “VITA, GIUSTIZIA E PACE” IL PREMIO

“NORD-SUD 2004” promosso dai “Missionari di Betlemme Immensee” e dalla “RomeroHaus”

 

LUCERNA. = L’organizzazione colombiana "Vita, giustizia e pace", coordinatrice delle attività per i diritti umani della diocesi di Quibdó ha ricevuto oggi a Lucerna, in Svizzera, il Premio "Nord-Sud 2004", promosso dai Missionari di “Betlemme Immensee” e dalla “RomeroHaus”. L'organizzazione colombiana, si legge nella motivazione del premio, denuncia puntualmente le violazioni dei diritti fondamentali nella regione di Chocó, teatro di numerosi atti di violenza ai danni di una popolazione tra le più povere della Colombia, composta per l'80% di neri e per il 10% di indigeni. (I.I.)

 

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24 ORE NEL MONDO

6 giugno 2004

 

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

 

L’ingarbugliata situazione politica dell’Iraq sembra vicina ad una importante svolta: il presidente francese, Jacques Chirac, ha chiesto ancora “qualche giorno” per il “si” della Francia alla risoluzione Onu sul Paese arabo e prossimamente anche altri Stati, finora riluttanti, potrebbero concedere il loro via libera.  Ma sul terreno la situazione continua ad essere drammatica: questa mattina un’autobomba è esplosa davanti alla base delle forze di sicurezza irachene, a nord di Baghdad, causando la morte di almeno sei persone. Oltre a questo attacco si devono registrare altri gravi episodi sui quali ci riferisce Amedeo Lomonaco:

 

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In seguito ad una sparatoria sono morti a Baghdad due polacchi che lavoravano per un’azienda americana specializzata in sicurezza. Un poliziotto ed un civile iracheni, inoltre, sono stati uccisi per la deflagrazione di un ordigno nella via principale di Al-Touz, a 75 chilometri della città petrolifera di Kirkuk. E rivoltosi hanno attaccato, ieri, una stazione di polizia a sud della capitale uccidendo almeno 10 poliziotti e due civili. Lo hanno rivelato oggi fonti irachene secondo le quali i guerriglieri, vestiti da agenti, sono penetrati nell’edificio nella città di Musayyab, a sud di Baghdad, e hanno costretto i veri poliziotti a piazzare le cariche esplosive.

 

In questo scenario contrassegnato dalla violenza non mancano comunque segnali di speranza: 529 detenuti sono infatti stati rilasciati dal carcere di Abu Ghraib. E sul futuro politico dell’Iraq il presidente americano George Bush, al termine dell’incontro di ieri a Parigi con il capo di Stato francese Jacques Chirac, ha intanto ribadito che sarà accordata piena sovranità al nuovo governo ad interim iracheno. Durante l’incontro, Chirac ha inoltre annunciato che la Francia voterà la risoluzione delle Nazioni Unite, anche se per la firma bisognerà aspettare ancora qualche giorno.

 

Dopo il preannunciato “si” francese, gli Stati Uniti sono ora convinti che sia imminente il via libera anche dei Paesi più riluttanti del Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Il primo ministro dello Stato arabo, Iyad Allawi, ha inoltre sottolineato come le forze multinazionali debbano restare in Iraq dopo il trasferimento della sovranità al nuovo esecutivo, previsto il prossimo 30 giugno, per garantire con la cooperazione degli iracheni la sicurezza del Paese. Il ministro della giustizia iracheno, Malek Dohan al Hassan, ha infine dichiarato che dopo il 30 giugno sarà ripristinata la pena di morte, condanna – ha aggiunto - che in futuro potrebbe subire l’ex presidente Saddam Hussein.

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●Il primo ministro israeliano, Ariel Sharon, dovrebbe riuscire ad ottenere il “si” del governo per il suo piano di disimpegno, recentemente respinto dal Likud e successivamente modificato. Lo sostiene la stampa israeliana a poche ore dal voto previsto questo pomeriggio sul progetto elaborato per porre fine alla presenza israeliana nella Striscia di Gaza e rimuovere quattro insediamenti ebraici in Cisgiordania. Per favorire l’approvazione del piano è stato inoltre concordato un “compromesso” che prevede un finanziamento per consentire la rimozione degli insediamenti ed un calendario meno rigido per il completamento del ritiro, la cui completa attuazione dovrebbe avvenire entro la fine del 2005.

 

●La massima autorità religiosa saudita, il gran Muftì Sheikh Abdul Aziz Al Asheikh, ha emesso una ‘fatwa’, ovvero un editto religioso con valore di legge, nel quale esorta sia i propri connazionali sia gli stranieri residenti in Arabia Saudita “a denunciare chiunque stia progettando di compiere attentati terroristici”. Dall'inizio del maggio dell’anno scorso quasi 90 persone hanno perso la vita ed oltre 200 sono rimaste ferite in diversi

attentati compiute in varie città del regno. Uno tra i più sanguinosi ed efferati è stato quello di sabato scorso ad Al Khobar durante il quale sono morte 22 persone.

 

●In Afghanistan, un convoglio con dipendenti afghani e stranieri dell’Onu è stato attaccato oggi nel sud est del Paese, dopo essere stato bloccato dall’esplosione di una bomba avvenuta sull’autostrada tra la provincia di Khost e Paktia; al momento non ci sono ulteriori notizie.

 

●Nella Repubblica Democratica del Congo il generale, Laurent Nkunda, ha annunciato oggi di voler ritirare i suoi soldati dalla città di Bukavu che aveva conquistato mercoledì scorso alla testa dei dissidenti dell’esercito regolare. Questa importante decisione segue l’appello rivolto ieri dall’alto rappresentante per la politica estera e la sicurezza dell’Unione Europea, Javier Solana, per la cessazione delle ostilità nel Paese africano. Da registrare inoltre che il Ruanda ha chiuso, questa notte, la sua frontiera con il Congo.

 

●E’ necessario organizzare le elezioni entro il 31 prossimo ottobre.  E’ quanto emerge dal Vertice per il processo di pace in Burundi, apertosi ieri a Dar es Salaam, in Tanzania, alla presenza dei capi di Stato della regione dei Grandi Laghi. Nei giorni scorsi, il governo di Bujumbura ha avanzano l’ipotesi di rinviare di un anno l’appuntamento con le urne ma i mediatori sudafricani – che da anni guidano il negoziato di pace – si sono espressi contro l’eventuale slittamento del voto.

 

●Almeno cinque morti e sette feriti: questo il bilancio, ancora provvisorio, di violenti combattimenti esplosi nella tarda serata di ieri a Baidoa, nel sud ovest della Somalia, tra miliziani di due comandanti appartenenti alla stessa organizzazione, la Rahanwein Resistence Army, che controlla la regione.

 

●Nelle Filippine prosegue lo spoglio delle schede per le elezioni presidenziali, svoltesi nel Paese asiatico lo scorso 10 maggio. Dopo lo scrutinio dell’80 per cento delle schede, l’attuale presidente Gloria Arroyo ha tre punti percentuali di vantaggio sul suo diretto avversario, il popolare attore Fernando Poe. I dati definitivi sulla consultazione si conosceranno a metà giugno.

 

          Il governo delle isole Marshall ha chiesto ai partner del Forum regionale delle nazioni del Pacifico un appoggio concreto per sostenere la propria richiesta di compensazioni agli Stati Uniti in seguito ai danni provocati dagli esperimenti nucleari condotti da Washington sugli atolli corallini tra il 1946 e il 1962. Lo ha ribadito il ministro degli esteri delle isole Marshall, Gerald Zackios, sottolineando come finora non sia stato fatto abbastanza per sollevare la questione a livello internazionale né per far conoscere il problema all’opinione pubblica.

 

 

 

 

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