RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n. 158 - Testo della trasmissione di domenica 6 giugno
2004
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI
IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
E’ morto ieri,
all’età di 93 anni, l’ex presidente Usa Ronald Reagan
Fonti Onu
annunciano la liberazione dei 16 ostaggi rapiti nel Darfour
Cinquant’anni
fa, la prima trasmissione in Eurovisione con il discorso di Pio XII
Assegnato all’Organizzazione colombiana “Vita, giustizia e
pace” il premio “Nord-Sud 2004”
La Francia pronta a concedere il proprio assenso
alla risoluzione Onu sull’Iraq, Paese colpito anche oggi da nuovi episodi di
violenza
In Medio Oriente, si vota per il piano di Sharon
sul disimpegno israeliano dalla Striscia di Gaza
Annunciato, in Congo, il ritiro dei soldati
dissidenti dalla città di Bukavu.
6 giugno 2004
SETTANTAMILA PERSONE HANNO PARTECIPATO A BERNA ALLA MESSA PRESIEDUTA
DAL PAPA, NEL SECONDO E ULTIMO GIORNO DEL 103.MO VIAGGIO ASPOTOLICO.
IERI POMERIGGIO IL FESTOSO INCONTRO CON I GIOVANI, INVITATI DAL
PONTEFICE
A NON CEDERE ALLA CIVILTA’ DEI CONSUMI. IN SERATA, IL RIENTRO IN VATICANO
- A cura di Alessandro De Carolis -
L’odierna solennità della Santissima Trinità chiama
ogni cristiano ad un forte impegno per l’unità. Nella celebrazione della messa
a Berna, sul grande prato dell’Allmend, Giovanni Paolo II ha ribadito con forza
la necessità di proseguire sulla via dell’ecumenismo. Di fronte ad oltre 70
mila fedeli – ben oltre le previsioni della vigilia – venuti da tutta la
Svizzera, il Papa ha poi esortato i giovani a proclamare il Vangelo senza
paura. Un invito che ha riecheggiato le parole da lui stesso pronunciate ieri
sera al primo incontro nazionale dei giovani cattolici svizzeri, tenutosi al
Palaghiaccio di Berna. Il Papa ha inoltre ribadito come ogni oltraggio all’uomo
sia un oltraggio a Dio, rinnovando l’esortazione al rispetto assoluto dei
diritti umani. Per ritrovare subito l’atmosfera della celebrazione eucaristica
di stamattina, conclusa dall’Angelus, ci colleghiamo in diretta con il nostro inviato
a Berna, Alessandro Gisotti:
*********
Nella Svizzera delle diverse confessioni cristiane, il
Papa ha riaffermato con forza “la volontà di avanzare sulla via difficile, ma
ricca di gioia, della piena comunione di tutti i cristiani”. Rivolgendosi a
decine di migliaia di fedeli, convenuti fin dal primo mattino sul grande prato
dell’Allmend - in una mattinata piena di sole, dopo giorni di pioggia su Berna
- il Pontefice ha ringraziato la Svizzera per l’accoglienza ricevuta in
questo103.mo viaggio apostolico.
(canto)
Un clima festoso ha caratterizzato la Messa, nello
“stupendo scenario” - ha detto il Papa - delle “vette innevate e verdi vallate”
della terra svizzera, posta nel cuore dell’Europa. Il Papa è stato salutato con
parole d’affetto da mons. Kurt Koch, vescovo di Basilea. Grande l’entusiasmo
dei giovani accorsi da tutti i cantoni, contraccambiato da Giovanni Paolo II.
CHERS JEUNES
AMIS, SACHEZ QUE LE PAPE VOUS AIME…
“Il Papa
vi vuole bene – ha detto – vi accompagna con la preghiera quotidiana, conta
sulla vostra collaborazione alla causa del Vangelo”. L’omelia incentrata sul mistero
della Santissima Trinità ha offerto l’occasione al Santo Padre per un nuovo
“forte richiamo all’impegno per l’unità dei cristiani”. Ha così evidenziato
l’urgenza dell’impegno ecumenico.
ES IST JEDLOCH
KLAR...
Ma, ha aggiunto, è
chiaro che “un forte contributo alla causa ecumenica viene dall’impegno dei
cattolici a vivere l’unità al proprio interno”. E qui ha esortato i fedeli a
fare della Chiesa “la casa e la scuola della comunione”, affinché “possa
purificarsi costantemente dalle tossine dell’egoismo”. Il mondo, ha detto
ancora il Papa, ha bisogno di un supplemento di speranza, la speranza fondata
sull’amore di Dio ed è per questo che non bisogna aver paura di proclamare il
Vangelo. Bisogna “passare da una fede di abitudine ad una fede matura”. Non ha
poi mancato di sottolineare che proprio nell’amore di Dio c’è la “vera sorgente
della grandezza dell’uomo”, la “radice della sua indistruttibile dignità”. Ogni
oltraggio all’uomo, ha avvertito, “è un oltraggio al suo Creatore”. E qui, ha
espresso parole d’apprezzamento per il popolo svizzero:
La Svizzera ha una grande
tradizione in fatto di rispetto per l’uomo. E’ una tradizione che sta sotto il
segno della Croce: la Croce Rossa. Cristiani di questo nobile Paese, siate
sempre all’altezza di questo vostro glorioso passato. In ogni essere umano
sappiate riconoscere ed onorare l’immagine di Dio.
La celebrazione è
stata caratterizzata da molti elementi simbolici: l’acqua del Battesimo, tratta
da quattro fiumi svizzeri, a simboleggiare le quattro comunità linguistiche, la
tovaglia d’altare confezionata dai giovani svizzeri e, ancora, l’universalità
della preghiera dei fedeli nelle quattro lingue nazionali, ma anche in
spagnolo, portoghese ed albanese. Tanti e festosi, poi, i canti dei
ragazzi:
(canto)
Dopo la messa, all’Angelus, il Papa ha affidato il popolo
svizzero alla Vergine, affinché “conservi l’armonia e l’unità fra i vari gruppi
linguistici svizzeri ed etnici”, valorizzando l’apporto di ciascuno. Poi,
ancora una volta, ha avuto una parola per i giovani:
A Maria vorrei, in modo speciale,
affidare la gioventù della Svizzera, alla quale il Papa guarda con affetto e
gratitudine.
Da cinque secoli, ha proseguito, sono i giovani di questo
Paese ad assicurare al Successore di Pietro il prezioso e stimato servizio
della Guardia Svizzera Pontificia, esempio di fede e amore alla Chiesa di tanti
cattolici svizzeri. L’evento sull’Allmend è terminato con il saluto ai giovani
di mons. Theurillat, delegato della Conferenza episcopale elvetica alla
gioventù, che ha sottolineato come dopo la visita del Papa, i giovani della
Svizzera siano ora più uniti.
Da Berna, Alessandro Gisotti, Radio Vaticana
*******
Non abbiate paura di incontrare Gesù”: con questa esortazione,
Giovanni Paolo II si è rivolto ieri pomeriggio agli oltre 10 mila giovani
cattolici svizzeri, che lo hanno accolto nel Palaghiaccio di Berna, per
celebrare con lui il loro primo incontro nazionale, incentrato sull’esortazione
evangelica “Alzati!”. Il cristianesimo, ha avvertito il Papa, non è
un’ideologia e neppure un sistema di valori, ma una persona: “E’ Gesù che dà
senso e pienezza alla vita dell’uomo”. Rivolgendosi ai ragazzi, il Pontefice ha
ricordato anche i suoi anni giovanili, le sue speranze e le preoccupazioni di
allora. Il racconto di questo incontro è ancora di Alessandro Gisotti:
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(musica: Inno incontro)
Una festa di suoni, luci ed
immagini per un’esperienza dalle forti emozioni. I tredicimila giovani venuti a
Berna per ascoltare Giovanni Paolo II hanno mostrato tutto il proprio
entusiasmo per il Papa anziano, che sa parlare direttamente al loro cuore. Il
Santo Padre ha esortato i ragazzi svizzeri “a non lasciarsi andare alla
disperazione”, a non cedere “ai miraggi della società dei consumi”, che
seducono e distolgono dalla vera gioia. Bisogna cercare Gesù nella preghiera,
ha avvertito, nell’Eucaristia e, ancora, nel sacramento della Riconciliazione,
nel volto del fratello sofferente. I giovani radunatisi a Berna aspettavano
parole di speranza, di fiducia e Giovanni Paolo II non li ha delusi:
“Il Papa, i vostri vescovi,
l’intera comunità cristiana contano sul vostro impegno, sulla vostra generosità
e vi seguono con fiducia e speranza: giovani della Svizzera mettetevi in cammino.
Il Signore cammina con voi”.
La Chiesa, ha aggiunto, ha bisogno
delle vostre energie, del vostro entusiasmo, dei vostri ideali giovanili,
affinché il Vangelo susciti “una civiltà di giustizia autentica di amore senza
discriminazioni”. Ha poi chiesto ai giovani di “allenarsi alla disciplina
difficile dell’ascolto”. Quindi è andato a ritroso con la memoria. “Anch’io,
come voi, ho avuto vent’anni - ha ricordato - mi piaceva fare sport, sciare,
recitare, studiavo e lavoravo”. In quegli anni ormai lontani, ha proseguito, in
cui la mia terra natale “era ferita dalla guerra e poi dal regime totalitario,
cercavo il senso da dare alla mia vita” e l’ho trovato nel Signore Gesù. Per
questo, ha rilevato, dopo 60 anni di sacerdozio “è bello potersi spendere fino alla
fine per la causa del Regno di Dio”. L’incontro dei giovani – molti anche i
tedeschi e gli italiani presenti - ha vissuto molti momenti significativi, come
il messaggio di benvenuto del capo della Chiesa riformata di Berna e
l’intervento del cardinale di Colonia, Meissner, che ha invitato i giovani
bernesi a partecipare alla prossima Gmg, che si terrà nell’agosto del 2005
nella città tedesca. Toccanti le testimonianze di tre giovani elvetici. Ecco un
passaggio del brano letto dal ragazzo della Svizzera italiana:
“Padre Santissimo, Padre di tutti
noi, Tu che ci hai sempre dimostrato fiducia, Tu che ci hai sempre trasmesso
speranza, concedici di capire come stare con Cristo e come, con Lui, progettare
con passione il presente ed, il domani, nostro e del mondo”.
Da Berna, Alessandro Gisotti,
Radio Vaticana
(musica)
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Salutato il Papa, i giovani hanno continuato nella notte
il loro raduno, con musical, momenti di preghiera e riflessione. E alcuni hanno
avuto anche la possibilità di un confronto ravvicinato con i loro vescovi,
all’interno di un apposito “bistrot”. Alessandro Gisotti ha raccolto commenti a
caldo di qualche partecipante. Ecco Markus Wentink, diacono della Comunità
Emmànuel:
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“Non abbiate paura di accogliere
Cristo nei vostri cuori”: queste le parole più importanti del Santo Padre. E’
stata la prima affermazione del suo pontificato. Noi viviamo in un Paese ricco
e tanti cuori sono chiusi dal consumo e da altre idee della vita. Non soltanto
qui oggi ma anche nel nostro lavoro pastorale quotidiano l’esperienza – anche
in Svizzera – i giovani sono raggiungibili e non soltanto attraverso le parole,
ma dallo Spirito Santo. La cosa più importante e fondamentale è la preghiera:
pregate anche per i nostri giovani.
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La Svizzera è una realtà
multilinguistica e multiculturale, oltre che terra di varie confessioni
cristiane. E’ possibile realizzare tra le nuove generazioni quell’unità
auspicata dal Papa? Ascoltiamo l’opinione di una laica, Filomena, delle
Missionarie secolari Scalabriniane:
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Penso che ci siano
tanti segni positivi trai giovani. Molto spesso non sono così visibili, ma ad
esempio, nel centro che abbiamo qui, a Solotun, si incontrano giovani di
diverse nazionalità, dove sperimentiamo che è possibile alzarsi, che è
possibile vivere una vita nuova. E’ importante che si vada sempre oltre quelli
che sono gli schemi, anche riguardo ai giovani, e che si abbia anzi molto
fiducia nei giovani stessi, così come per il Papa. Questo i giovani lo sentono
e ciò porterà senz’altro frutti.
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I giovani che si stringono attorno
a Giovanni Paolo II con il loro tipico entusiasmo, tanto simile in ogni angolo
del pianeta, sono ormai un evento nell’evento che si ripete ad ogni tappa
apostolica del Pontefice. Ma l’impatto del messaggio portato dal Papa è
profondamente universale e anche la Svizzera ha colto l’importanza delle sue
parole di pace e di dialogo, che costituiscono la filigrana stessa del
pontificato. Lo conferma il vescovo Basilea, Martin Gächter:
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E’ l’ispirazione di questo Papa,
che ha fatto crollare la Cortina di ferro tra comunismo e mondo libero. E’ il
Papa che ha riunito i giovani della Svizzera dopo 20 anni e questo è il
risultato. Penso che questo ci dia una cattolicità ancora più grande, perché
nella pastorale le sensibilità sono diverse ed anche le posizioni riguardo al
mondo, a Roma e al Papa. Oggi abbiamo avvertito questa grande gioia di essere
cattolici.
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Mentre
Giovanni Paolo II viveva il momento di festa con i giovani svizzeri, una
notizia faceva rapidamente il giro del mondo: quella della morte di Ronald
Reagan, il 40.mo presidente degli Stati Uniti. L’ex capo della Casa Bianca, che
visse i suoi due mandati presidenziali dall’81 all’89, si è spento ieri sera
all’età di 93 anni, nella sua casa di Los Angeles. Da dieci anni lottava contro
l’Alzheimer e proprio due giorni fa il Papa lo aveva ricordato, durante
l’udienza in Vaticano al presidente Bush. Ai giornalisti presenti a Berna, il
portavoce vaticano, Navarro Valls, ha descritto la reazione del Pontefice alla
notizia:
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Il Santo Padre ha ricevuto la notizia della scomparsa del
presidente Reagan con molta tristezza ed ha subito pregato per l’eterno riposo
della sua anima. Due giorni fa, in occasione dell’incontro col presidente Bush,
il Santo Padre aveva inviato alla signora Reagan un messaggio molto caloroso,
conoscendo la gravità della situazione del marito. Il Santo Padre ha, inoltre,
ricordato il contributo del presidente Reagan durante i suoi anni a Washington.
Un contributo, questo, che ha influenzato la vita di milioni di persone, soprattutto
in Europa, e il suo contributo per la nazione americana. Certamente
l’episcopato americano ed anche la Santa Sede saranno rappresentati ai funerali
che si stanno preparando in questi giorni.
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La terra elvetica è intimamente legata al Papa da 5 secoli
attraverso il servizio prestato in Vaticano dal Corpo delle Guardie Svizzere
Pontificie, fondato nel 1506 da Giulio II. Un rapporto speciale, sottolineato in
questo viaggio dall’incontro che Giovanni Paolo II avrà oggi pomeriggio, alle
17,15, con i membri dell’associazione delle ex Guardie, ultimo atto della
visita in Svizzera. L’incontro si svolgerà nel piazzale antistante la residenza
Viktorianheim dove, mentre vi parliamo, il Papa si trova per il pranzo con i
vescovi elvetici e i membri del suo seguito. Alessandro Gisotti ha chiesto al
presidente dell’associazione Jacques Babey, di parlare del sodalizio delle ex
Guardie Svizzere:
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R. – Lo scopo è
quello di essere difensori della Chiesa in Svizzera: è il titolo che Papa
Giulio II ci aveva dato quando disse: “Voi siete i miei soldati, i più fedeli
per la difesa della Chiesa”. Ma il Papa parlava piuttosto di politica, mentre
attualmente possiamo utilizzare la stessa dichiarazione riguardo alla difesa
della Chiesa cattolica per la preghiera e per il Papa.
D. – Presidente
Babey, in questa visita a Berna Giovanni Paolo II ha voluto dare particolare
rilievo al suo rapporto speciale con le Guardie Svizzere. Come avete accolto
questa dimostrazione di stima e di affetto del Pontefice?
R. – Per noi è
veramente una grande gioia e ne siamo veramente lieti. Per noi, è l’uomo più
coraggioso che esista attualmente sulla terra. E’ la luce che ci porta avanti.
D. – Cosa resta
nelle Guardie Svizzere dopo il servizio in Vaticano, una volta tornati nella
terra d’origine?
R. – Molte guardie
anziane appartengono a diverse congregazioni laiche e continuano quindi, con un
grande affetto, a servire la Chiesa. Fanno sempre molta attenzione al servizio
alla Chiesa in Svizzera e anche oltre le frontiere del nostro Paese, quando
questo è possibile.
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Vent’anni
dopo l’ultimo viaggio apostolico in Svizzera, Giovanni Paolo II ha incontrato
una nazione molto diversa, meno “monolitica” rispetto al passato, e molto più
sensibile all’inarrestabile processo di integrazione che ha interessato
l’Europa fino ai nostri giorni. Ecco una “lettura” del viaggio che sta per
concludersi da parte del nostro direttore dei Programmi, padre Federico
Lombardi:
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“Ci auguriamo che la sua presenza
doni una dimensione universale alle nostre attese e ci porti speranza”. Queste
parole di saluto al Papa della ragazza rappresentante della Svizzera Romanda
dicono bene lo spirito di questi due giorni. Un’apertura di orizzonti più
larghi dei giovani della Svizzera, dell’Europa e anche per quella eccezionale
multiforme comunità umana che è la Confederazione Elvetica.
In realtà, ancora una volta i
timori degli organizzatori per una scarsa partecipazione e le profezie
scoraggianti dei pessimisti si sono dimostrati infondati. I giovani sono venuti
numerosissimi mettendo alla prova l’organizzazione e la grande folla
multicolore accorsa in festa sul verde prato a conca dell’Allmend per la Messa
ha confuso gli stereotipi sulla freddezza che avrebbe dovuto caratterizzare
questa visita del Papa.
Giovanni Paolo II è apparso molto
partecipe e determinato. Ha voluto pronunciare fino in fondo tutti i discorsi
previsti e ciò è stato notato e sottolineato dall’applauso dei presenti. Ha
smentito così con i fatti le obiezioni di una sua inadeguatezza a compiere il
suo ministero.
Era la prima volta che i giovani
cattolici venivano insieme da tutta la Svizzera, superando i confini e le
ripartizioni abituali delle loro attività, superando in certo senso la
limitazione dei loro orizzonti, e hanno manifestato davanti al Papa con
l’abituale sincerità il bisogno di parole di incoraggiamento e di speranza. Il
loro entusiasmo dice che hanno avuto una risposta efficace e che si sono
sentiti effettivamente proiettati in un orizzonte più largo, che li inserisce
nel cammino della gioventù mondiale verso Colonia e oltre. Del resto la
molteplicità delle lingue e la varietà delle provenienze dei giovani immigrati
hanno dato anch’esse una dimensione universalistica a questa esperienza.
Il presidente confederale,
accogliendo il Papa, ha annunciato la piena normalizzazione delle relazioni
diplomatiche con la Santa Sede e il compimento positivo di una vicenda iniziata
130 anni fa durante il kulturkampf anticattolico. E’ un atto di
cortesia, un dono per l’illustre ospite, ma forse è stata anche una buona
occasione offerta dal Papa alla Svizzera per fare un passo ulteriore nel suo
inserimento sempre più pieno nella comunità internazionale, superando qualche
residuo particolarismo, segno di una grande tradizione di libertà ma anche del
rischio di una certa chiusura. Lo status della Svizzera alle Nazioni
Unite da qualche tempo è uguale a quello delle altre nazioni. Ora lo sono anche
i rapporti con la Santa Sede e si nota un’apertura verso l’Unione Europea.
Ma certo, il dono più grande che
il Papa ha fatto alla società svizzera è quello di farle scoprire con sorpresa
le potenzialità e le attese di gran
parte della sua stessa gioventù, desiderosa e capace di grandi ideali. Per i
giovani, la Chiesa e la società svizzera l’anziano Pontefice ha svolto, ancora
una volta, il suo insostituibile servizio: li ha aiutati ad andare al di là dei
pesi del passato e dei condizionamenti e delle paure del presente. “Azatevi!
Andiamo!”.
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Come
accennato, Giovanni Paolo II concluderà nel tardo pomeriggio il suo 103.mo
viaggio internazionale. La partenza dell’aereo papale per Roma è prevista per
le 19 di questa sera, con arrivo allo scalo di Ciampino per le 20.45, da dove
il Papa farà rientro in Vaticano.
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6 giugno 2004
IN
NORMANDIA, ALLA PRESENZA DI MOLTI REDUCI, LE SOLENNI CELEBRAZIONI
PER IL
60.MO DELLO SBARCO IN NORMANDIA.
BUSH E
CHIRAC AFFERMANO: USA E FRANCIA, UN’ALLEANZA SOLIDA E NECESSARIA
- Ai
nostri microfoni lo storico Pietro Scoppola- -
Con la cerimonia franco-americana
al cimitero statunitense di Colleville-sur-Mer si sono aperte questa mattina,
negli stessi luoghi che videro l’evolversi delle vicende belliche, le
celebrazioni del 60.mo dello sbarco alleato in Normandia. Davanti, tra gli
altri, ai capi di Stato francese, Jacques Chirac, e statunitense, George Bush,
i numerosi veterani giunti in Normandia hanno ricevuto nuove testimonianze di
gratitudine per un evento che cambiò radicalmente le sorti del secondo
conflitto mondiale. La cronaca delle celebrazioni è di Francesca Pierantozzi:
*********
Davanti
alle migliaia di croci bianche del cimitero di Colleville-sur Mer, Jacques Chirac
e George W. Bush hanno onorato la memoria di chi 60 anni fa morì per ridare la
libertà alla Francia e all’Europa. Le commemorazioni per il 60.mo anniversario
dello sbarco in Normandia continueranno per tutta la giornata alla presenza di
20 capi di Stato e di governo.
Questa
mattina, Chirac ha parlato per primo. La Francia – ha detto – non dimenticherà
mai il suo debito con gli Stati Uniti. Bush, da parte sua, ha salutato nella
Francia la prima amica dell’America già dai tempi della Guerra d’indipendenza e
ha tenuto ad onorare la memoria del suo predecessore. Repubblicano alla Casa
Bianca, Ronald Reagan, morto ieri: un soldato della libertà, ha detto Bush.
Chirac ha poi accolto la Regina Elisabetta e onorato la memoria dei soldati
britannici e ad Arromanches si svolgerà la grande cerimonia internazionale. Per
la prima volta, con Gerhard Schoerder, sarà presente alle celebrazioni dello
sbarco un cancelliere tedesco e anche un presidente russo, Wladimir Putin.
Ieri, a Parigi, l’incontro tra Chirac e Bush interamente dedicato all’Iraq ha
aperto la strada al disgelo e alla firma della risoluzione Onu sul prossimo
governo di Baghdad.
Francesca
Pierantozzi, da Parigi, per la Radio Vaticana.
*********
Il 6 giugno del 1944, dunque, la
storia cambiava il suo corso. Lo sbarco in Normandia, coordinato da americani,
inglesi e canadesi, rovesciò i rapporti di forza in Europa, determinando – in
poco meno di un anno - la sconfitta di Hitler. La Normandia venne conquistata
in 75 giorni e, alla fine, sia gli alleati, sia i tedeschi contarono circa 200
mila vittime tra morti e feriti. Massimiliano Menichetti ricostruisce la
sequenza dei drammatici fatti che scandirono il “giorno più lungo”:
**********
(musica)
6 giugno 1944, ha inizio la più
imponente invasione di mezzi anfibi mai pensata dagli alleati: lo sbarco in
Normandia. Un’operazione capace di decidere il destino dell’Europa. Quel giorno
è ricordato come il D-Day, il giorno più lungo. Lo storico Pietro Scoppola:
“Lo sbarco in Normandia è l’evento
militarmente decisivo per la conclusione della II Guerra Mondiale. Si apre
questo secondo fronte e praticamente la Germania rimane presa in una morsa. Da
una parte c’è l’Unione Sovietica, l’Armata Rossa che avanza, e dall’altra ci
sono le truppe di liberazione americane”.
(musica)
Sedici minuti dopo la mezzanotte
del 5 giugno, gli aerei della Royal Air Force si alzano in volo:
l’operazione Overlord, l’invasione dell’Europa con obiettivo finale
Berlino, era iniziata. Centinaia i paracadutisti in cielo, i bombardamenti di
copertura, i tiri dell’antiaerea, gli impenetrabili bunker tedeschi protetti da
mine, ostacoli antisbarco, decine di mitragliatrici e cannoni anticarro: la
flotta alleata, più di 2000 navi, arriva sulla costa alle 6.30 del mattino.
Circa 175 mila soldati, sotto il comando del generale americano Eisenhower
sbarcheranno sulle rive francesi, sotto la pioggia dei proiettili tedeschi, per
conquistare le cinque spiagge obiettivo: Uta, Giuno, Sword, Gold e Omaha,
spiaggia in cui persero la vita circa 2500 soldati.
Alla fine della giornata, gli
alleati erano penetrati da un massimo di 10 km ad un minimo di 2 nel Vallo
atlantico, ovvero la difesa costiera costruita dai tedeschi. Fu una svolta
nella storia, costata la vita a circa 4900 uomini. Ancora lo storico Pietro
Scoppola:
“La II Guerra Mondiale è un evento
epocale, costato circa 50 milioni di morti. E’ un evento che non si deve
ripetere. Bisogna che tutto questo si traduca però in una politica attiva, a
livello del ruolo dell’Onu. Deve venir meno il diritto di veto. La democrazia
deve caratterizzare il funzionamento di questi organismi internazionali. Questa
è la strada. Se si vuole la pace, bisogna camminare su questa strada.
(musica)
**********
PUO’ UN UOMO POLITICO ESSERE SANTO?
LA SFIDA AFFRONTATA DA IGINO GIORDANI, SCRITTORE
GIORNALISTA, PATROLOGO,
ECUMENISTA, COFONDATORE DEL MOVIMENTO DEI
FOCOLARI:
SI APRE QUESTA SERA IL PROCESSO DIOCESANO DI
BEATIFICAZIONE
- Con noi Tommaso Sorgi -
“Può un uomo politico essere santo? Può un santo
essere uomo politico? Prova in te la soluzione del quesito, ora che diventi
uomo politico”. Igino Giordani annota queste parole sul diario nella primavera
del 1946. Ed ora la soluzione di questo quesito è all’esame del processo
diocesano di beatificazione che si aprirà questa sera nella cattedrale di s.
Pietro a Frascati, diocesi dove Giordani, nel 1980 ha concluso la sua vita
terrena. Scrittore, è autore di più di 100 volumi, giornalista, ha firmato 4000
articoli, politico, ecumenista e patrologo, padre di 4 figli, confondatore del
Movimento dei Focolari, Igino Giordani è una delle figure più rappresentative
del Novecento. Ma ascoltiamo il servizio di Carla Cotignoli:
**********
“Una volta mi successe che una delle più alte cariche del
Parlamento mi dice: ‘Questo che tu dici riguarda la religione, non riguarda la
politica. Qui non siamo in chiesa, qui stiamo al Parlamento’. Faccio io:
‘Perché, quando entriamo qui deponiamo il nostro abito di cristiani
all’appiccapanni?’”
Abbiamo sentito dalla viva voce di Igino Giordani
quanto scriveva già nel 1925 in una pagina di La rivolta cattolica: “La religione non si circoscrive, né si
esaurisce nelle pareti del cuore, né in quelle domestiche: essa è dilatazione
che tende a investire tutta l’umanità”.
(musica)
Giordani ha umili origini: nasce il 24 settembre
1894 a Tivoli. Suo padre è muratore. Potrà intraprendere gli studi solo perché
aiutato da chi ne apprezza l’intelligenza. A ventun anni, ufficiale in trincea,
si rifiuta di sparare “per non uccidere un figlio di Dio”: fu colpito lui,
subendo ferite gravissime. Si radica in lui la convinzione che la guerra è un
atto di pazzia. In ospedale, l’appuntamento con Dio. Gli scritti di un laico,
poi divenuto santo, lo aiutano a scoprire che anche in mezzo al mondo si può
raggiungere la santità. Eletto deputato negli anni 46-53 vorrà essere “deputato
di pace”. Sarà fautore dell’obiezione di coscienza, dirà no alle spese
militari. Sarà membro della Costituente e del Consiglio dei popoli d’Europa di
Strasburgo.
Ma ascoltiamo Tommaso Sorgi, profondo studioso di
Giordani e direttore del Centro a lui intitolato:
“Giordani si dimostra realmente il
portatore vivo di grandi ideali civili ed ecclesiali. Ma tutto questo ha radici
profonde: vive una vita interiore profonda che ha come misura quel
cristianesimo eroico, quale ha visto nei santi e soprattutto nel cristianesimo
primitivo. Le radici sono ancora nella sua continua ricerca di unione con Dio
proprio in mezzo alle vicende terrene”.
Ed è stato proprio nel periodo in cui più intenso
era il suo impegno politico che – come traspare dal suo diario - lo Spirito lo
stimolava a crescite ulteriori. E proprio a Montecitorio, nel 1948, avviene
l’incontro con Chiara Lubich, con un carisma che stava suscitando un nuovo
Movimento nella Chiesa, il Movimento dei Focolari. Giordani trova una nuova via
di santità che lui stesso apre ad una schiera di coniugati, come primo
focolarino sposato. Finalmente è superarato
quell’“abisso” - come lui lo chiamava - tra i religiosi che seguivano
l’ideale di perfezione e i laici, i quali - con una punta di ironia –
seguivano, diceva, “l’ideale dell’imperfezione”. Chiara Lubich vedeva a tal
punto in Igino Giordani un simbolo dell’umanità - poiché faceva scoprire la
chiamata del Movimento spingendola a permeare dello spirito di Dio tutti gli
ambiti della società - da considerarlo cofondatore.
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6 giugno 2004
I E’ SPENTO IERI ALL’ETA’ DI 93
ANNI RONALD REAGAN. ERA STATO IL 40° PRESIDENTE DEGLI STATI UNITI E DA DIECI
ANNI LOTTAVA CONTRO IL MORBO DI ALZHEIMER.
I FUNERALI SONO PREVISTI VENERDI’ PROSSIMO
-
A cura di Ignazio Ingrao –
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LOS
ANGELES. = “Porgo i miei saluti anche al presidente Reagan e alla signora, che
so così attenta a lui e alla sua malattia”, aveva detto appena venerdì scorso
Giovanni Paolo II ricevendo George Bush in Vaticano. Ma il presidente degli
Stati Uniti non ha fatto in tempo a portare al suo predecessore i saluti del
Papa. Ronald Reagan si è infatti spento ieri nella sua casa di Bel Air, a Los
Angeles, all’età di 93 anni. Lottava contro il morbo di Alzheimer da dieci
anni, assistito dai suoi familiari. Quarantesimo presidente degli Stati Uniti,
Reagan ha sempre dimostrato una particolare ammirazione per Papa Wojtyla e
proprio sotto la sua presidenza, nel 1984, Stati Uniti e Santa Sede hanno
aperto formali relazioni diplomatiche. Nato il 6 febbraio del 1911
nell’Illinois, figlio di un venditore ambulante di scarpe, Reagan incarnava il
sogno americano. Laureato in scienze sociali, fu radiocronista sportivo e
attore a Hollywood in più di 50 film. Nel 1964 il suo ingresso in politica
nelle file dei repubblicani. Nel 1970 venne eletto governatore della California
e dieci anni dopo fu lui a battere il democratico Jimmy Carter alla presidenza
degli Stati Uniti. Rimase alla Casa Bianca per due mandati, dal 1981 al 1989,
nel corso dei quali diede il via ad un significativo programma di riduzione
delle tasse e riforme economiche in senso liberista. Inaugurò il programma di difesa
strategica, il cosiddetto “Scudo stellare” e nel 1984 raggiunse con il presidente
sovietico Mikhail Gorbaciov l’accordo per la riduzione degli euromissili. Nel
1994 annunciò di essere affetto dal morbo di Alzheimer e si ritirò dalla vita
pubblica. I funerali di Stato sono previsti per venerdì prossimo, 11 giugno, a
Washington.
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FONTI DELLE NAZIONI UNITE HANNO ANNUNCIATO LA
LIBERAZIONE DEI 16 OSTAGGI
RAPITI
NEI GIORNI SCORSI IN SUDAN DAI RIBELLI DELLA REGIONE DEL DARFOUR
KARTHOUM. = Sono
stati tutti liberati i sedici ostaggi (13 sudanesi, un irlandese, un bosniaco e
un cittadino del Malawi), rapiti ieri nella regione del Darfour dai ribelli del
Movimento di Liberazione del Sudan. Lo hanno reso noto questa mattina fonti
dell’Onu dalla capitale Khartoum. I sedici rapiti sono dipendenti del programma
delle Nazioni Unite per lo sviluppo. La regione del Darfur, nel Sudan occidentale
al confine con il Ciad, da circa un anno è sconvolta da scontri etnici che
vedono opporsi le milizie filogovernative a due formazioni guerrigliere indipendentiste.
Trecentomila persone sono a rischio di sopravvivenza se gli aiuti internazionali
non giungeranno in tempo. Il numero degli sfollati ha già raggiunto il milione
su un totale di circa sette milioni di abitanti, mentre i rifugiati nel vicino
Ciad sono 150 mila. La notizia del rapimento dei funzionari dell’Onu era giunta
mentre a Nairobi, in Kenya, rappresentanti del governo di Khartoum e della guerriglia
del Sud sottoscrivevano un protocollo comune. Tale dichiarazione di impegni
apre la ‘fase finale’ del negoziato volto a mettere fine a ventuno anni di guerra
civile tra il governo di Khartoum e gli indipendentisti del Sud del Paese. La dichiarazione
non riguarda il conflitto nella regione del Darfour ma, come ha osservato uno
dei mediatori, potrebbe costituire una base per trovare una soluzione anche
alla crisi che riguarda questa area. (I.I.)
ANCORA
NESSUNA NOTIZIA SULLA SORTE DEL CATTOLICO DI ORIGINE INDIANA
IMPRIGIONATO
E TORTURATO IN ARABIA SAUDITA. LA CONFERENZA EPISCOPALE CHIEDE AL GOVERNO DI
NUOVA DELHI DI INTERVENIRE UFFICIALMENTE
NEW
DELHI. = C’è preoccupazione nella comunità cattolica indiana per la sorte di
Brian Savio O’Connor, il cattolico indiano originario del Karnataka, torturato
e imprigionato in Arabia Saudita per la sua fede cristiana.
La Conferenza Episcopale dell’India ha contattato ufficialmente l’Ambasciata
dell’Arabia Saudita a New Delhi, ma non ha avuto alcuna risposta, ha dichiarato
all’agenzia Fides il portavoce dei vescovi indiani, p. Babu Joseph. La
Conferenza episcopale ha chiesto al governo indiano di compiere un passo
diplomatico ufficiale, chiedendo alle autorità saudite il rilascio di O’Connor.
La Chiesa indiana ha invitato tutti i fedeli a pregare affinché O’Connor venga
liberato. Anche la “Unione Cattolica di Tutta l’India” (“All India Catholic
Union”), una sorta di Azione Cattolica indiana che rappresenta 16 milioni di
fedeli laici indiani, ha inviato un lettera di protesta al Re saudita chiedendo
il rilascio di O’Connor. Secondo il racconto dei familiari, il giovane sarebbe
stato arrestato e incriminato dalla “Muttawa”, la polizia religiosa saudita,
con l’accusa di fare uso di droga e di aver pregato Gesù Cristo. La famiglia
afferma che le prove relative alla droga sono state fabbricate dalla polizia e
che l’uomo è un buon cristiano. O’Connor rischia la pena di morte e, sempre
secondo i familiari, è tenuto da sei mesi imprigionato nel carcere di Ali Hira,
nella capitale saudita Riad, soggetto a punizioni disumane e torture.(I.I.)
MONTREUX.
= L’Unione Europea di Radio-Televisione (Uer/Ebu) festeggia oggi i 50 anni
dalla prima trasmissione in Eurovisione. Era il 6 giugno 1954 e grazie
all’accordo tra le rispettive emittenti radiotelevisive, quattro milioni di
televisori in nove Paesi europei trasmisero in contemporanea le immagini dal
festival di Montreaux, seguite da una visita guidata in Vaticano e dal discorso
di Pio XII. "Non è forse una fausta coincidenza che in questo giorno, in
cui la Chiesa solennemente commemora la discesa dello Spirito Santo nel
cenacolo e la prima predicazione dell'Apostolo Pietro alle moltitudini avide di
verità e di pace, ci sia dato di indirizzarci personalmente a voi, spettatori
europei della televisione e di dichiararvi quanto grande è la nostra gioia nel
venirvi in qualche modo incontro fin nella intimità dei vostri focolari?",
disse Pio XII in quella storica trasmissione. "Siamo lieti di salutare
l'alta intrapresa della ‘Union Europeenne de radiodiffusion’ – proseguì il Papa
- grazie alla quale con la collaborazione degli organismi responsabili della
televisione ed il tenace lavoro dei tecnici incaricati del buon andamento delle
stazioni emittenti e riceventi, è potuta sorgere questa rete europea di
trasmissioni delle immagini". In occasione di questo anniversario
all’Unione Europea di Radio-Televisione, è stato attribuito il premio del
“KulturForum” europeo. (I.I.)
LUCERNA.
= L’organizzazione colombiana "Vita, giustizia e pace", coordinatrice
delle attività per i diritti umani della diocesi di Quibdó ha ricevuto oggi a
Lucerna, in Svizzera, il Premio "Nord-Sud 2004", promosso dai
Missionari di “Betlemme Immensee” e dalla “RomeroHaus”. L'organizzazione
colombiana, si legge nella motivazione del premio, denuncia puntualmente le
violazioni dei diritti fondamentali nella regione di Chocó, teatro di numerosi
atti di violenza ai danni di una popolazione tra le più povere della Colombia,
composta per l'80% di neri e per il 10% di indigeni. (I.I.)
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6 giugno 2004
- A cura di Amedeo Lomonaco -
●L’ingarbugliata situazione politica dell’Iraq sembra
vicina ad una importante svolta: il presidente francese, Jacques Chirac, ha chiesto ancora “qualche giorno” per il “si” della
Francia alla risoluzione Onu sul Paese arabo e prossimamente anche altri Stati,
finora riluttanti, potrebbero concedere il loro via libera. Ma sul terreno la situazione continua ad essere drammatica: questa
mattina un’autobomba è esplosa davanti alla base delle forze di sicurezza
irachene, a nord di Baghdad, causando la morte di almeno sei persone. Oltre a
questo attacco si devono registrare altri gravi episodi sui quali ci riferisce
Amedeo Lomonaco:
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In seguito ad una sparatoria sono morti a Baghdad due polacchi
che lavoravano per un’azienda americana specializzata in sicurezza. Un
poliziotto ed un civile iracheni, inoltre, sono stati uccisi per la
deflagrazione di un ordigno nella via principale di Al-Touz, a 75 chilometri
della città petrolifera di Kirkuk. E rivoltosi hanno attaccato, ieri, una
stazione di polizia a sud della capitale uccidendo almeno 10 poliziotti e due
civili. Lo hanno rivelato oggi fonti irachene secondo le quali i guerriglieri,
vestiti da agenti, sono penetrati nell’edificio nella città di Musayyab, a sud
di Baghdad, e hanno costretto i veri poliziotti a piazzare le cariche esplosive.
In questo scenario contrassegnato dalla violenza non
mancano comunque segnali di speranza: 529 detenuti sono infatti stati
rilasciati dal carcere di Abu Ghraib. E sul futuro politico dell’Iraq il
presidente americano George Bush, al termine dell’incontro di ieri a Parigi con
il capo di Stato francese Jacques Chirac, ha intanto ribadito che sarà
accordata piena sovranità al nuovo governo ad interim iracheno. Durante
l’incontro, Chirac ha inoltre annunciato che la Francia voterà la risoluzione
delle Nazioni Unite, anche se per la firma bisognerà aspettare ancora qualche
giorno.
Dopo il preannunciato “si” francese, gli Stati Uniti sono
ora convinti che sia imminente il via libera anche dei Paesi più riluttanti del
Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Il primo ministro dello Stato arabo, Iyad
Allawi, ha inoltre sottolineato come le forze multinazionali debbano restare in
Iraq dopo il trasferimento della sovranità al nuovo esecutivo, previsto il prossimo
30 giugno, per garantire con la cooperazione degli iracheni la sicurezza del
Paese. Il ministro della giustizia iracheno, Malek Dohan al Hassan, ha infine
dichiarato che dopo il 30 giugno sarà ripristinata la pena di morte, condanna –
ha aggiunto - che in futuro potrebbe subire l’ex presidente Saddam Hussein.
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●Il primo ministro
israeliano, Ariel Sharon, dovrebbe riuscire ad ottenere il “si” del governo per
il suo piano di disimpegno, recentemente respinto dal Likud e successivamente
modificato. Lo sostiene la stampa israeliana a poche ore dal voto previsto questo
pomeriggio sul progetto elaborato per porre fine alla presenza israeliana nella
Striscia di Gaza e rimuovere quattro insediamenti ebraici in Cisgiordania. Per
favorire l’approvazione del piano è stato inoltre concordato un “compromesso”
che prevede un finanziamento per consentire la rimozione degli insediamenti ed
un calendario meno rigido per il completamento del ritiro, la cui completa
attuazione dovrebbe avvenire entro la fine del 2005.
●La massima autorità religiosa saudita, il gran
Muftì Sheikh Abdul Aziz Al Asheikh, ha emesso una ‘fatwa’, ovvero un editto
religioso con valore di legge, nel quale esorta sia i propri connazionali sia
gli stranieri residenti in Arabia Saudita “a denunciare chiunque stia
progettando di compiere attentati terroristici”. Dall'inizio del maggio
dell’anno scorso quasi 90 persone hanno perso la vita ed oltre 200 sono rimaste
ferite in diversi
attentati
compiute in varie città del regno. Uno tra i più sanguinosi ed efferati è stato
quello di sabato scorso ad Al Khobar durante il quale sono morte 22 persone.
●In Afghanistan, un
convoglio con dipendenti afghani e stranieri dell’Onu è stato attaccato oggi
nel sud est del Paese, dopo essere stato bloccato dall’esplosione di una bomba
avvenuta sull’autostrada tra la provincia di Khost e Paktia; al momento non ci
sono ulteriori notizie.
●Nella Repubblica Democratica del Congo il generale,
Laurent Nkunda, ha annunciato oggi di voler ritirare i suoi soldati dalla città
di Bukavu che aveva conquistato mercoledì scorso alla testa dei dissidenti
dell’esercito regolare. Questa importante decisione segue l’appello rivolto
ieri dall’alto rappresentante per la politica estera e la sicurezza dell’Unione
Europea, Javier Solana, per la cessazione delle ostilità nel Paese africano. Da
registrare inoltre che il Ruanda ha chiuso, questa notte, la sua frontiera con
il Congo.
●E’ necessario organizzare le elezioni entro il 31
prossimo ottobre. E’ quanto emerge dal
Vertice per il processo di pace in Burundi, apertosi ieri a Dar es Salaam,
in Tanzania, alla presenza dei capi di Stato della regione dei Grandi Laghi. Nei giorni scorsi, il
governo di Bujumbura ha avanzano l’ipotesi di rinviare di un anno
l’appuntamento con le urne ma i mediatori sudafricani – che da anni guidano il
negoziato di pace – si sono espressi contro l’eventuale slittamento del voto.
●Almeno cinque morti e sette
feriti: questo il bilancio, ancora provvisorio, di violenti combattimenti
esplosi nella tarda serata di ieri a Baidoa, nel sud ovest della Somalia, tra
miliziani di due comandanti appartenenti alla stessa organizzazione, la
Rahanwein Resistence Army, che controlla la regione.
●Nelle Filippine prosegue lo spoglio delle schede
per le elezioni presidenziali, svoltesi nel Paese asiatico lo scorso 10 maggio.
Dopo lo scrutinio dell’80 per cento delle schede, l’attuale presidente Gloria
Arroyo ha tre punti percentuali di vantaggio sul suo diretto avversario, il
popolare attore Fernando Poe. I dati definitivi sulla consultazione si
conosceranno a metà giugno.
●Il governo delle isole Marshall
ha chiesto ai partner del Forum regionale delle nazioni del Pacifico un
appoggio concreto per sostenere la propria richiesta di compensazioni agli
Stati Uniti in seguito ai danni provocati dagli esperimenti nucleari condotti
da Washington sugli atolli corallini tra il 1946 e il 1962. Lo ha ribadito il
ministro degli esteri delle isole Marshall, Gerald Zackios, sottolineando come
finora non sia stato fatto abbastanza per sollevare la questione a livello
internazionale né per far conoscere il problema all’opinione pubblica.
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