RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n. 156 - Testo della trasmissione di venerdì 4 giugno
2004
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
Il Papa oggi ha
ricevuto i vescovi americani in visita “ad Limina”
OGGI
IN PRIMO PIANO:
Il presidente
americano questa mattina ha incontrato Ciampi, in serata sarà da Berlusconi. Le
manifestazioni dei no global Le celebrazioni a Roma per i 60 anni
della Liberazione: ricordiamo la gratitudine dei romani per Pio XII acclamato
in Piazza San Pietro come difensore della città: ai nostri microfoni Giorgio Rumi e il partigiano Massimo Rendina
CHIESA E SOCIETA’:
E’ morto Nino Manfredi: aveva 83 anni
Lettera
dei vescovi del Canada, in occasione dei 50 anni di attivita’ della conferenza
dei religiosi
Il
ministro degli Esteri iracheno chiede all’Onu di accordare piena sovranità al
nuovo governo
Inviate
da Sharon lettere di licenziamento a due ministri contrari al suo piano per il
ritiro dalla striscia di Gaza
Nella
Repubblica Democratica del Congo è cominciato il ritiro delle milizie
filoruandesi da Bukavu
4
giugno 2004
L’IRAQ
RITROVI LA SOVRANITA’ E IL MEDIO ORIENTE RAGGIUNGA LA PACE,
GRAZIE
ALL’INTERVENTO DIRETTO DELL’ONU
E AD
UNA PIU’ FORTE COOPERAZIONE USA-UE:
QUEGLI
GLI AUSPICI PRINCIPALI DEL PAPA NELL’UDIENZA
AL PRESIDENTE GEORGE W. BUSH. IL PONTEFICE
INSIGNITO
DELLA “MEDAGLIA DELLA LIBERTÀ”, LA PIU’ ALTA
ONORIFICENZA USA
-
Servizio di Alessandro De Carolis -
**********
Un
ritorno dell’Iraq alla sovranità nazionale “in condizioni di sicurezza” e con
l’Onu a guidare la transizione e un rilancio dei negoziati tra israeliani e
palestinesi, basato su una sincera volontà di pace. Ma anche un impegno a
contrastare il terrorismo sulla scorta di valori umani condivisi e a
riconoscere l’impegno umanitario di chi si spende per portare aiuto e
solidarietà, a partire dalle terre più disastrate dell’Africa. E’ stato un
discorso ampio e in larga parte legato all’attualità internazionale quello con
il quale Giovanni Paolo II ha accolto il presidente degli Stati Uniti, Gorge W.
Bush, da ieri sera in visita ufficiale in Italia per partecipare alle
celebrazioni per il 60.mo anniversario della liberazione di Roma.
Dopo la
sosta di questa mattina al Quirinale per un colloquio con il presidente della Repubblica
italiana, Carlo Azeglio Ciampi, l’imponente corteo di auto del capo della Casa
Bianca ha fatto il suo ingresso in Vaticano verso mezzogiorno, nel cortile di
San Damaso. Al seguito di Bush, oltre alla moglie Laura, anche i più alti
vertici dell’amministrazione statunitense, tra i quali il segretario di Stato,
Colin Powell, e l’ambasciatore americano presso la Santa Sede, James Nicholson.
Dopo il saluto di benvenuto, Giovanni Paolo II e Gorge
Bush hanno trascorso un quarto d’ora a colloquio in privato nella biblioteca
papale, prima dei rispettivi discorsi pronunciati alla presenza delle
delegazioni in Sala Clementina. Si è trattato del terzo incontro, dopo quelli
del 23 luglio 2001 – un mese e mezzo prima degli attentati dell’11 settembre –
e del 28 maggio 2002, sullo sfondo del vertice Nato-Russia a Pratica di Mare.
Il Papa ha subito sottolineato l’importanza degli eventi che 60 anni fa permisero
ai popoli europei di ritrovare la loro libertà, grazie al sacrificio di molti
soldati americani. Nel ricordare il valore di quelle morti, il Pontefice ha
anche invocato l’aiuto di Dio perché gli errori del passato “non siano più
ripetuti”. Quindi il discorso è entrato nel vivo, con l’accenno alle crisi del
Medio Oriente e al ruolo dell’Onu:
“IT IS EVIDENT DESIRE OF EVERYONE…
E’ evidente il desiderio di tutti che questa
situazione sia normalizzata il più rapidamente possibile con l’attiva
partecipazione della comunità internazionale e, in particolare, delle Nazioni
Unite, che assicuri un veloce ritorno della sovranità irachena, in condizioni
di sicurezza per la popolazione”.
Giovanni Paolo II ha definito un “incoraggiante passo
avanti” la creazione di un nuovo governo a Baghdad ed ha aggiunto:
“MAY A
SIMILAR HOPE FOR PEACE…
Possa una simile speranza di pace essere riaccesa
anche in Terra Santa e portare a nuovi negoziati, dettati da un sincero e
determinato impegno al dialogo tra il governo israeliano e l’Autorità
palestinese”.
L’accenno a Iraq e Terra Santa ha portato il Papa a
riflettere sul terrorismo che a partire dall'11 settembre, ha detto, “ha
sconvolto le normali e pacifiche relazioni tra gli Stati e i popoli”. Ancora
poche settimane fa, ha osservato il Pontefice, “altri deplorevoli eventi hanno
visto la luce, sconvolgendo le coscienze civili e religiose e creato ulteriori
problemi per una serena realizzazione dei valori umani senza i quali né la
guerra né il terrorismo potranno essere vinti”. Il Papa ha anche espresso uno
specifico apprezzamento verso gli Stati Uniti per la “promozione dei valori
umani nella società americana, con particolare riferimento al rispetto della
vita e della famiglia”. E ancora, la solidarietà: Giovanni Paolo II ha voluto
sottolineare il ruolo giocato dalle agenzie americane e internazionali,
“particolarmente quelle di ispirazione cattolica”, nel portare aiuto specialmente
in Africa, dove conflitti, malattie e una “degradante povertà” hanno creato
situazioni “intollerabili”. E qui, il Papa ha levato un esplicito appello
all’Occidente:
“A FULLER
AND DEEPER UNDERSTANDING BETWEEN THE…
Una più piena e profonda cooperazione tra gli Stati
Uniti e l'Europa potrà sicuramente giocare una ruolo decisivo per risolvere i
grandi problemi che ho ricordato (…) Possa la sua visita, signor presidente,
dare un forte slancio a questa cooperazione”.
Il presidente Bush ha avuto parole di grande stima per
Giovanni Paolo II, al quale ha consegnato la Medaglia della libertà, la più
alta onorificenza statunitense, in passato consegnata anche alla memoria di
Giovanni XXIII. “Lei è un eroe dei nostri tempi”, si legge nella motivazione,
che aggiunge: “Lei ha difeso la dignità di ogni vita umana, ha dato coraggio a
noi tutti esortandoci a non avere paura per lottare contro la ingiustizia,
l'oppressione, con un grande impegno a favore della libertà, della pace e
contro il comunismo”. Nel porgere il riconoscimento al Pontefice, il capo della
Casa Bianca aveva assicurato: “Lavoreremo per la libertà e la dignità umana,
per diffondere pace e umanità", aggiungendo all’indirizzo di Giovanni
Paolo II: “Apprezziamo il forte simbolo di libertà che lei rappresenta”.
Il Papa ha ringraziato per l’importante onorificenza,
auspicando che il desiderio di libertà e di pace simboleggiato dalla medaglia
possano ispirare uomini e donne al bene “in ogni tempo e in ogni luogo”. Ed ha
ricambiato il dono, consegnando al presidente Bush una formella rappresentante
la Risurrezione realizzata da Enrico Manfrini, conosciuto come lo “scultore dei
Papi”, spentosi due settimane fa a Milano, all’età di 87 anni. Dopo lo scambio
dei discorsi e dei doni, il presidente degli Stati Uniti si è congedato dal
Papa ed è sceso alla seconda Loggia del Palazzo Apostolico per un lungo incontro
con il Segretario di Stato Angelo Sodano. Infine, il corteo presidenziale ha
lasciato il Vaticano verso le 13.45 diretto verso le Fosse Ardeatine, uno degli
appuntamenti centrali delle celebrazioni italiane di questi giorni.
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LA
CARITA’ A SERVIZIO DELL’INTELLIGENZA, PIU’ CHE
MAI NECESSARIA NELLE SOCIETA’ ODIERNE PERVASE DAL SECOLARISMO:
GIOVANNI PAOLO II SOLLECITA I VESCOVI
AMERICANI A CONTRASTARE
CON LA
FORZA DEL VANGELO LA MANCANZA DI SIGNIFICATO NELLA VITA UMANA
Evangelizzare attraverso la cultura, un “compito
pressante”: così il Papa ai vescovi statunitensi, giunti dal Colorado, Wyoming,
Utah, Arizona, New Mexico, e Texas dell’ovest, in visita ad Limina Apostolorum.
Il servizio di Roberta Gisotti
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Fondamentale nella “missione profetica della Chiesa – ha
spiegato il Santo Padre - è mediare il contenuto della fede alle diverse
culture, rendendo capaci le persone di essere trasformate dal potere del
Vangelo che permea il modo di pensare, i modelli di giudizio e le norme di comportamento”.
La spaccatura tra il Vangelo e la cultura, che è senza dubbio il dramma del
nostro tempo e si manifesta oggi come crisi di significato. “Le posizioni
morali ambigue, la distorsione della ragione secondo il particolare interesse
di gruppi e l’assolutizzazione del soggettivo, sono solo alcuni esempi di una
prospettiva di vita che manca di cercare la verità in sé e abbandona la ricerca
di un ultimo scopo e significato dell’esistenza umana.”
Ai presuli il Papa ha ricordato “il dovere della personale
integrità, che rende contraddittoria ogni separazione tra missione e vita”,
sollecitandoli alla carità “a servizio dell’intelligenza”, ponendo particolare
attenzione verso “le nuove forme di povertà” che sono sorte “sulla scia del
crescente secolarismo”, specie nelle culture che godono del benessere
materiale, e che riflettono la disperazione umana nella mancanza di senso. Se
l’attenzione politica si è concentrata negli ultimi 40 anni sui diritti
individuali della persona, “in ambito pubblico è cresciuta la riluttanza a
riconoscere che tutti gli uomini e le donne ricevono la loro essenziale dignità
da Dio e con essa la capacità di andare verso la verità e il bene.” Distaccati
da questa visione di unità dell’intera famiglia umana, i diritti sono ridotti a
volte a richieste autoreferenti: “la crescita della prostituzione e la pornografia in nome della scelta adulta, l’accettazione
dell’aborto in nome dei diritti della donna, l’approvazione delle unione fra lo
stesso sesso in nome dei diritti omosessuali”.
“Di fronte a tale erroneo tuttavia pervasivo modo di
pensare voi dovete – ha raccomandato infine Giovanni Paolo II ai vescovi
americani - fare ogni cosa possibile per incoraggiare i laici nella loro
speciale responsabilità di evangelizzare la cultura e promuovere i valori
cristiani nella società e nella vita pubblica.”
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DOMANI
A BERNA INIZIA IL 103° VIAGGIO INTERNAZIONALE
DI
GIOVANI PAOLO II
-
Intervista con mons. Amédée Grab -
Giovanni Paolo II sarà domani a Berna per il suo 103.mo
viaggio Apostolico, il terzo in terra elvetica. Il Papa prenderà parte al primo
incontro nazionale dei giovani cattolici svizzeri, un evento che farà rivivere
il clima delle giornate mondiali della gioventù. Da Berna, il nostro inviato
Alessandro Gisotti.
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La Svizzera dei Cantoni, delle diverse lingue e differenti
tradizioni culturali, attende l’arrivo di Giovanni Paolo II per vivere
un’esperienza di unità profonda nel segno della fede. La visita del Papa a
Berna, capitale confederale, avrà due momenti salienti. Domani pomeriggio è il
primo incontro nazionale della gioventù cattolica al Palaghiaccio della Bea
Bern Expo. I giovani svizzeri iscritti a partecipare all’evento sono oltre 10
mila, ma il portavoce dei vescovi svizzeri, Marc Aellen, ha rivelato alla Radio
Vaticana che già si prevede l’arrivo di centinaia di ragazzi dall’Italia e
dalla Germania. Domenica mattina, sul grande prato dell’Allmend il Papa
celebrerà la Santa Messa. Alla celebrazione dovrebbero prendere parte 50 mila
persone, una moltitudine inedita per Berna città che conta 125 mila abitanti,
anche per questo la Stampa locale dà ampio rilievo alle notizie sulle misure
straordinarie di sicurezza che accompagneranno la visita del Papa. Per rendere
più agevole l’arrivo di fedeli da tutta la Svizzera le Ferrovie Statali hanno
perciò organizzato 17 treni speciali, mentre l’esercito darà appoggio logistico.
Sarà dunque Berna il cuore della due giorni elvetica di
Giovanni Paolo II. Fondata nel 1191, città universitaria di lingua tedesca è,
con le sue storiche torri, uno dei più significativi esempi di urbanistica
medievale. I cattolici rappresentano il 27 per cento della cittadinanza, gli
evangelici riformati il 64 per cento. Giovanni Paolo II aveva visitato Berna
già nel giugno del 1984, durante il suo 22.mo viaggio Apostolico.
A 20 anni di distanza, il Papa torna quindi a visitare la
Svizzera. Troverà un Paese grande un settimo dell’Italia, ma con un reddito
pro-capite quasi il doppio di quello italiano. Dei sette milioni di svizzeri,
il 44 per cento è di religione cattolica, poco più del 35 per cento è di fede
protestante. Tradizionalmente neutrale, la Svizzera è entrata ufficialmente a
far parte delle Nazioni Unite solo nel settembre del 2002, dopo un referendum
passato con una maggioranza ristretta. Geograficamente nel cuore del Vecchio
Continente, la Svizzera non fa parte dell’Unione Europea, tuttavia, proprio in
questi giorni, ha accettato di entrare a far parte dal 2007 dell’area di libera
circolazione introdotta dagli accordi di Shenghen.
Da Berna, per la Radio Vaticana, Alessandro Gisotti.
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Con emozione e gratitudine, i vescovi svizzeri attendono
l’arrivo di Giovanni Paolo II all’incontro nazionale dei giovani cattolici.
Sentimenti sottolineati dal presidente della conferenza episcopale svizzera,
mons. Amédée Grab, in questa intervista con Alessandro Gisotti:
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R. – E’ una dimostrazione veramente commovente
dell’affetto del Santo Padre per la gioventù, per la sua sensibilità apostolica
ed anche della consapevolezza che egli ha di dovere compiere queste missioni.
Sarà per noi sicuramente un avvenimento che porterà i suoi frutti.
D. – Quanto sono attenti i giovani svizzeri al messaggio
del Papa, oggi?
R. –
Quelli che verranno aspettano che il Papa li aiuti ad affrontare il proprio destino,
la propria responsabilità nella Chiesa e nel mondo.
D. – Quali sono oggi le sfide più urgenti per la Chiesa
svizzera e in che modo potrà influire questa importante visita?
R. – Penso che tanti ragazzi da noi fanno fatica a decidersi,
non riconoscono o non hanno il coraggio di aderire interamente ad una vocazione
religiosa. Vorrei che l’annuncio della Buona Novella dalla bocca del Papa aiuti
a prendere consapevolezza delle possibilità, che ci sono in tutti perché la
vocazione a realizzare la propria identità venga percepita molto chiaramente.
D. – Il Papa ha fatto tanto per l’Europa. Come guardano i
vescovi svizzeri alla progressiva integrazione dell’UE?
R. - Sono ben consapevole che la Svizzera non può ignorare
l’evoluzione della comunità europea, deve avere il coraggio di guardare avanti.
Per noi vescovi è evidente che al di là di quelli che possono essere i
trattati, l’Europa è una realtà di civiltà, di fede e di cultura e per questo
non ci sentiamo per niente estranei. Personalmente auspicherei che il nostro
Paese possa andare più in là e aderire generosamente ad un progetto che ha un
avvenire sicuro.
D. – Quale è lo stato dei rapporti tra cattolici e
protestanti in Svizzera?
R. – C’è un’ottima intesa. I nostri fratelli protestanti
invitati ad incontrare insieme alla popolazione il Santo Padre a Berna, hanno
promesso un saluto durante l’incontro dei giovani con il Santo Padre. Hanno
rinunciato ad una partecipazione riconoscibile alla liturgia perché attualmente
i grandi problemi che devono essere portati avanti toccano effettivamente il
concetto di Chiesa, il concetto quindi dell’eucaristia, del ministero. Sembra
ai protestanti più leale non accettare l’invito ad associarsi ufficialmente
alla celebrazione liturgica. Sono, però, di cuore con noi in tante cose, e
nelle nostre parrocchie c’è una crescente unità nella preghiera e nelle opere
di carità.
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ALTRE
UDIENZE E NOMINE
Il Papa
nel corso della mattina ha ricevuto anche il cardinale Giovanni Battista Re, prefetto della
Congregazione per i Vescovi.
Sempre
oggi il Santo Padre ha nominato capo ufficio nella Sezione Ordinaria dell'Amministrazione
del Patrimonio della Sede Apostolica il ragioniere Evandro Vercelli, finora responsabile
informatico nella Sezione Straordinaria della medesima Amministrazione.
CONCLUSA
LA VISITA IN UGANDA DEL CARDINALE MARTINO
CON UN APPELLO ALLA COMUNITA’ INTERNAZIONALE A FAR USCIRE QUESTO PAESE
DA UNA
GUERRA CHE DURA DA 18 ANNI
-
Intervista con il porporato -
Il
cardinale Renato Raffaele Martino ha lasciato oggi l’Uganda alla volta di Roma,
dopo una visita di 5 giorni che lo ha portato in particolare nel nord del Paese
dove ha incontrato la comunità cattolica e gli sfollati nei campi profughi. Il
presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, che ha portato il
sostegno e la solidarietà del Papa alle vittime della guerra e alle popolazioni
ugandesi, ha affermato con forza che questo Paese ha bisogno di buoni
Samaritani. Ma ascoltiamo lo stesso porporato al microfono di Francesca Sabatinelli.
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R. - I buoni samaritani devono trovarsi innanzitutto nella
stessa Uganda: come diceva San Daniele Comboni, bisogna salvare l’Africa con
gli africani. E’ proprio questo incoraggiamento che mi sono sentito di fare. Ma
i buoni samaritani si devono trovare dappertutto. Quello che io auspico è che
la comunità internazionale dia veramente una mano a questo Paese per eliminare
la piaga della guerra che dura da 18 anni.
D. – Lei ha incrociato gli occhi di queste vittime,
soprattutto quelli dei bambini …
R. – Certo, uno dietro l’altro abbiamo visitato non so
quanti campi di sfollati. Sono un milione e 600 mila persone. Come può vivere
una famiglia, che abbandona la propria casa, la propria terra e si raccoglie in
questi campi che a volte vengono anche assaltati dai guerriglieri? La
situazione dei bambini è un’altra tragedia dentro la tragedia. Proprio per
sentirsi un po’ più sicuri, la sera, a decine di migliaia, si recano nelle
strutture cattoliche, negli ospedali, nelle scuole, nelle parrocchie.
Naturalmente senza servizi igienici, senza nemmeno avere un bicchiere d’acqua.
D. – Eminenza, lei confida molto nell’azione della società
civile e confida anche molto nell’azione della Chiesa locale?
R. – Qui i cattolici sono il 45 per cento della popolazione,
quindi possono avere un peso. Spero che lo facciano e presto. Del resto, già
nel mese di aprile, i vescovi ugandesi hanno pubblicato una bellissima lettera
pastorale: non c’è che da proseguire questa azione.
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Domani sera il cardinale Martino presiederà nello stadio
marchigiano di Macerata la messa d’inizio del 26° Pellegrinaggio giovanile
della pace, che lo stesso porporato concluderà al mattino del 6 giugno nel
Santuario mariano di Loreto. Nel pomeriggio dello stesso giorno il cardinale
terminerà la sua visita nelle Marche, recandosi a visitare gli ergastolani del
carcere di Fossombrone, con uno speciale appello in difesa dei diritti umani
dei reclusi e in particolare contro l’inaccettabile pratica della tortura.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre la prima pagina l'udienza
di Giovanni Paolo II al presidente degli Stati Uniti George W. Bush: "Dio
doni pace e libertà a tutta l'umanità".
Sempre in prima, un articolo di
Giampaolo Mattei sull'imminente viaggio apostolico del Papa a Berna, in
Svizzera.
Nelle vaticane, il
discorso del Santo Padre ai vescovi statunitensi in visita "ad Limina".
L'Ambasciata della Repubblica
Federale di Germania presso la Santa Sede celebra i suoi 50 anni di vita.
Nelle estere, in rilievo
l'Iraq: il nuovo governo chiede "piena sovranità"; intervento all'Onu
del Ministro degli esteri iracheno.
Nella pagina culturale, un
articolo di Danilo Mazzoleni dal titolo "Testimonianze paleocristiane a
Colonia".
Nelle pagine italiane, in primo
piano la visita del presidente degli Stati Uniti a Roma.
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4
giugno 2004
LA VISITA DEL PRESIDENTE
BUSH IN ITALIA
IN OCCASIONE DEL 60.MO
ANNIVERSARIO DELLA LIBERAZIONE DI ROMA
- Interviste con Giorgio Rumi e il
partigiano Massimo Rendina -
Prima dell’udienza dal Papa,George W. Bush si è recato al
Quirinale a colloquio con il presidente della Repubblica italiana, Carlo
Azeglio Ciampi, primo degli incontri che il Capo della Casa Bianca avrà con i
vertici dello Stato. A Roma, intanto, le misure di sicurezza sono ai massimi
livelli e le forze dell’ordine sono impegnate per le manifestazioni di pacifisti
e “no global”.. Il servizio di Giancarlo La Vella:
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Un incontro intenso, durato poco più di mezz’ora, quello
tra Ciampi e Bush, accompagnato al Quirinale dalla moglie Laura e, tra gli
altri, dal segretario di Stato Colin Powell. Secondo notizie ufficiose, al
centro del colloquio la crisi in Iraq e la situazione in Medio Oriente.
Anticipando il clima dell’avvenimento, il presidente italiano, in un discorso
ai veterani americani, aveva espresso grande riconoscenza per gli Stati Uniti,
che, 60 anni fa, liberarono l'Europa dal nazifascismo e poi, col Piano
Marshall, sostennero la ricostruzione del Continente. Ciampi ha anche
sottolineato, tuttavia, il contributo importante che gli italiani e l’Europa
dettero alla liberazione. Primo impegno pomeridiano per Bush, la visita al
Sacrario delle Fosse Ardeatine, dove il presidente americano deporrà una corona
d’alloro per le 335 vittime trucidate il 23 marzo del ’44 dalla rappresaglia
nazista. In serata, cena con il premier Berlusconi; i colloqui tra il capo
della Casa Bianca e il presidente del Consiglio continueranno domani mattina,
quando, al termine dell’incontro con la stampa, Bush si sposterà a Parigi,
accolto dal presidente francese Chirac, uno dei più fermi oppositori europei
all’intervento militare in Iraq. Poi le commemorazioni in Normandia dello
sbarco americano che consentì di cacciare dall’Europa i nazisti. Intanto, diverse
migliaia di manifestanti oggi pomeriggio a Roma daranno vita a vari cortei per
la pace e contro la guerra in Iraq. Tra questi i cosiddetti disobbedienti e “no
global” dai quali si temono disordini. Si segnala già qualche episodio di
intemperanza. Intenso il dibattito nel mondo politico italiano sull’opportunità
di tali manifestazioni in occasione di questo anniversario. Proprio per evitare
coinvolgimenti in eventuali disordini, Sergio Marelli, presidente dell’Associazione
delle organizzazioni non governative italiane ha annunciato la non
partecipazione alle manifestazioni, “perché – ha detto – non possiamo essere al
fianco di chi ricorre ad atti di violenza”.
**********
Molte le iniziative capitoline per il 60° della
Liberazione di Roma: tra queste la mostra storiografica inaugurata al
Vittoriano; domenica prossima in Piazza Venezia dalle 19.00 sarà festa in una cornice di balli, canti d’epoca e
fuochi d’artificio. Ma adesso ripercorriamo la giornata del 4 giugno di 60 anni
fa. Il servizio di Massimiliano Menichetti.
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(Musica)
Sono le 8 del mattino del 4 giugno 1944, quando le unità
della V armata statunitense convergono su Roma, mentre le ultime retroguardie
tedesche abbandonano la capitale. Dalla periferia meridionale entrano i primi
reparti del generale Mark Clark. Alle 19.15, l’88.ma divisione americana
raggiunge piazza Venezia, la città era finalmente libera dall’oppressione
nazi-fascista. Una folla incredibile si riversò sulle Vie Appia, Tuscolana e
Casilina, mentre le lacrime di gioia si mescolavano alle grida di vittoria. La
seconda guerra mondiale sarebbe finita 11 mesi più tardi in Europa e la
resistenza italiana avrebbe dovuto combattere a fianco degli alleati i colpi di
coda del conflitto, ma Roma era la prima capitale dell’Europa occidentale ad
essere stata liberata. Lo storico Giorgio Rumi:
“Certamente non è un evento militare, nel senso che Roma
non ha una posizione strategica decisiva, ed invece ha un significato
pienamente politico nel senso che Roma è una grande capitale ed era la capitale
di uno dei grandi nemici di Inghilterra e degli Stati Uniti. Adesso viene
appunto liberata in un indubbio tripudio di popolo e lì nasce il mondo attuale,
proprio il tornante, la svolta per tutti noi”.
Roma, dichiarata città aperta secondo la Convenzione
dell’Aia del 1907, cioè considerata priva di truppe, di obiettivi militari e
protetta spiritualmente dalla presenza del Papa, aveva comunque vissuto gli
orrori della guerra, le persecuzioni, i bombardamenti, le deportazioni, le
stragi. La popolazione era praticamente ridotta alla fame, ma il 4 giugno del
1944 fu festa. Il partigiano Massimo Rendina:
“Quando arrivarono gli alleati ci fu un tripudio e la
felicità irradiava da tutte le parti. La libertà era un fatto concreto, non era
soltanto una parola, un’espressione, un auspicio, era una realtà”.
(Musica)
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Il giorno dopo la liberazione di Roma, il 5 giugno 1944,
una folla immensa di romani e di sfollati si riversa spontaneamente in Piazza
San Pietro acclamando Papa Pio XII, Defensor Civitatis, cioè Difensore della
Città, per la sua opera a protezione della capitale. Ma riviviamo quei momenti
in questo servizio di Sergio Centofanti.
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Roma era salva e i romani ringraziavano il Papa, l’unica
alta autorità rimasta nella capitale nonostante il pericolo di una
violentissima battaglia. Intensa era stata fino ad allora l’attività
diplomatica di Papa Pacelli perché Roma fosse risparmiata dagli orrori della
guerra e dei bombardamenti. Appena 11 mesi prima il 19 luglio del 1943 le forze
anglo-americane avevano bombardato la zona romana di San Lorenzo, considerata
un’importante snodo ferroviario, provocando 1500 morti. Ora le forze alleate si
stanno dirigendo verso Roma occupata dai tedeschi: si teme un nuovo durissimo
scontro. Il Papa il 2 giugno si rivolge
ai belligeranti con toni forti: parla degli “immensi ineffabili dolori” della
popolazione civile affermando che “la immane tragedia del conflitto mondiale…ha
raggiunto gradi e forme di atrocità, che scuotono e fanno inorridire ogni senso
cristiano ed umano”, e ammonisce severamente: “chiunque osasse levare la mano
contro Roma sarebbe reo di matricidio
dinanzi al mondo civile e nel giudizio eterno di Dio”.
Il Papa, nell’agosto del 1939, poco prima lo scoppio del
conflitto, aveva invitato le parti al dialogo:
“Nulla è perduto con la pace. Tutto può esserlo con la
guerra. Ritornino gli uomini a comprendersi. Riprendano a trattare”.
Ma il flagello della guerra esplode e il Papa il 12 marzo
del ‘44, 12 giorni prima l’eccidio nazista delle Fosse Ardeatine, può purtroppo
dire: ne “prevedevamo le spaventose e disastrose conseguenze”.
Adesso è giunta l’ora cruciale per Roma e molti temono il
peggio. Ma inaspettatamente i tedeschi lasciano la città e le truppe americane
il 4 giugno entrano nella capitale senza spargimenti di sangue.
Il giorno dopo il 5 giugno 1944 migliaia di romani, e
tantissimi sfollati invadono pacificamente Piazza San Pietro acclamando Pio
XII, Defensor Civitatis. E’ un senso di gratitudine spontaneo.
Il Papa si affaccia il 6 giugno dalla loggia esterna della
Basilica vaticana per salutare la folla festante ma soprattutto per ringraziare
Dio: Roma – dice – è stata preservata da un “incommensurabile pericolo”. E
invita la popolazione a “frenare gli istinti del rancore, della vendetta e
dell’egoismo” per soccorrere invece i più poveri e sofferenti.
Domenica 11 giugno Pio XII si reca alla Chiesa di
Sant’Ignazio, dove era stata portata l’immagine della Madonna del Divino Amore:
vuole ringraziare la Vergine “di ciò
che è accaduto – dice - contro le umane previsioni”…ispirando “a chi ne aveva
in mano la sorte, particolari sensi di riverenza e di moderazione”.
Siamo “sazi di dolore e di pianto” – afferma il Papa
davanti a decine di migliaia di romani e invoca la protezione di Maria
“salvezza del popolo romano” affinché “splenda su tutti la giusta pace, una
pace immune da ogni maligno spirito di odio, di violenza e di vendetta”.
Roma era liberata, ma la II Guerra Mondiale sarebbe durata
per oltre un anno. Alla fine, oltre a immani distruzioni, si sarebbero contati
più di 55 milioni di morti.
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4
giugno 2004
IN SUDAN E’ CORSA CONTRO IL TEMPO PER SALVARE
MIGLIAIA DI VITE UMANE.
LE NAZIONI UNITE LANCIANO UN
NUOVO APPELLO
PER LA DRAMMATICA SITUAZIONE NELLA REGIONE OCCIDENTALE
DEL DARFUR
GINEVRA. = Le Nazioni Unite
hanno esortato ieri la Comunità Internazionale a farsi carico della crisi
umanitaria nel Darfur, la regione occidentale del Sudan sconvolta dagli scontri
etnici che oppongono milizie filo-governative e ribelli. “Dobbiamo fare in
fretta - ha ammonito il vice-segretario generale dell’Onu per gli Affari
umanitari, Jan Egeland - poiché siamo già in ritardo e anche nelle migliori
circostanze la crisi del Darfur è e resterà di immense proporzioni”. “Circa 300
mila persone, infatti, potrebbero morire di fame e malattie e se gli aiuti non
giungeranno in tempo - gli ha fatto eco il direttore dell’agenzia americana per
lo sviluppo (Usaid), Andrew Natsios - il bilancio delle vittime potrebbe
raggiungere il milione”. “Dobbiamo impegnarci immediatamente in una corsa
contro il tempo - ha insistito Egeland a margine di una Conferenza dei paesi
donatori indetta dall’Onu per lanciare un pressante appello di fondi - per far
giungere i soccorsi prima della stagione delle piogge”. Nel Darfur - regione
grande quanto la Francia teatro da circa un anno di scontri tra ribelli e
milizie, accusate di gravissimi abusi nei confronti della popolazione civile -
il numero di sfollati ha raggiunto il milione, le persone rimaste senza risorse
sono 800 mila, mentre i rifugiati fuggiti nel vicino Ciad sfiorano i 150 mila,
su un totale di 7 circa sette milioni di abitanti. Le autorità del Sudan, ha
concluso Egeland, continuano ad imporre restrizioni agli operatori umanitari e
soprattutto, malgrado il cessate il fuoco dello scorso 8 aprile, le notizie che
giungono dalla regione riferiscono “di atrocità di cui sono vittime donne,
bambini, gente senza difese”. (B.C.)
PER SUPERARE LE PROVE A
CUI SIAMO CHIAMATI OCCORRE CORAGGIO,
DETERMINAZIONE E
SPERANZA. QUESTO, IN SINTESI, IL CONTENUTO DI UNA LETTERA DEI VESCOVI DEL
CANADA, IN OCCASIONE DEI 50 ANNI DI ATTIVITA’
DELLA CONFERENZA DEI
RELIGIOSI
OTTAWA. = La Conferenza dei religiosi
canadesi festeggia mezzo secolo di attività. Nell’occasione i vescovi del
Canada hanno diffuso una lettera pastorale, un messaggio di speranza e un
incoraggiamento ai vari istituti alle prese con numerosi problemi, tra i quali
spicca quello della mancanza di vocazioni. E’ prevedibile, infatti, che nel
2015 solo il 10 per cento dei religiosi canadesi avrà meno di 65 anni di età.
La risoluzione di questi problemi, si legge nel documento, richiede “lo stesso
coraggio nella prova, la stessa determinazione e la stessa speranza che ha
sempre richiesto la vita cristiana”. I vescovi canadesi propongono così alle
religiose e ai religiosi di incrementare gli sforzi per nuove vocazioni, come
pure per la formazione pastorale e spirituale e per assistere le famiglie nel loro
lavoro di trasmissione della fede. La lettera pastorale è stata pubblicata alla
vigilia dell’assemblea generale della Conferenza dei religiosi. L’assise è
iniziata mercoledì e chiuderà i lavori lunedì prossimo. Vi partecipano 350
superiori e superiore maggiori, rappresentanti dei 25 mila religiosi canadesi.
(A.M.)
I VESCOVI DELL’ASIA PUNTANO SUL
DIALOGO INTERRELIGIOSO E INTERCULTURALE
PER COSTRUIRE LA PACE E L’ARMONIA NELL’INTERO
CONTINENTE.
E’ QUANTO E’ EMERSO IN UN RECENTE SEMINARIO A
BANGKOK
BANGKOK.
= Il dialogo interreligioso come via per portare riconciliazione e costruire la
pace nel continente asiatico: ne hanno parlato i vescovi dell’Asia durante il
seminario di cinque giorni organizzato recentemente a Bangkok dall’Istituto per
la Formazione al Dialogo Interreligioso. L’iniziativa, ha spiegato Edmund Chia,
responsabile dell’Ufficio Affari Ecumenici e Interreligiosi della Federazione
delle Conferenze Episcopali dell’Asia, rappresenta l’ultimo passo di un
percorso iniziato venticinque anni fa, quando la Fabc ideò una serie di
programmi di formazione attraverso i quali “il clero e i fedeli cristiani
asiatici si sono accorti di dover approfondire la conoscenza delle altre
religioni”. Al seminario hanno partecipato giovani buddisti e cristiani
tailandesi, vietnamiti e di altri Paesi della regione. Scopo dell’evento:
promuovere un impegno concreto per superare i pregiudizi e “instaurare in tutte le realtà locali un
dialogo a livello spirituale, di studi, ma anche di condivisione e
testimonianza di vita”. Il seminario, hanno affermato i giovani presenti, ha permesso
di sviluppare reciprocamente una comprensione più profonda della spiritualità
delle due religioni. (R.M.)
LUTTO NEL MONDO DELLO SPETTACOLO.
DOPO UNA LUNGA MALATTIA E’ MORTO
STAMANI A ROMA NINO MANFREDI. L’ATTORE AVEVA 83
ANNI ED ERA STATO COLPITO
DA UN ICTUS LO SCORSO LUGLIO. LA CAMERA ARDENTE
VERRA’ ALLESTITA DOMANI
NELLA PROTOMOTECA DEL CAMPIDOGLIO
- A cura di Francesco Bolzoni -
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ROMA.
= La storia di
Manfredi è una storia molto lunga, che copre l’intero spettacolo italiano dopo
il ‘45. Sembrava che tutte le cose gli succedessero per caso. Era andato ad
accompagnare un amico all’Accademia di Arte Drammatica “Silvio D’Amico” e si
ritrovò attore. Chiamato da Strehler, molto amato da Edoardo de Filippo, che
voleva fare di lui il proprio erede, Manfredi cominciò con film di genere e
piccole pellicole commerciali. Poi incontrò i registi e i colleghi della Commedia
all’Italiana. Fu uno dei quattro della Commedia all’Italia, insieme con Alberto
Sordi, Vittorio Gassman e Ugo Togniazzi, e non fu assolutamente mai inferiore a
questi grandi attori. I personaggi da ricordare sono moltissimi. Tutti,
comunque, avevano alcuni tratti distintivi: un uomo di origine proletaria, contadina
o piccolo borghese con il desiderio di affermarsi, di farsi largo, talvolta
anche in maniera un po’ brusca, che poi viene bloccato, incontrando le
difficoltà della vita. La morte di Manfredi è una grande perdita. Il cinema
italiano ha dato molto a Manfredi, ma anche Manfredi ha dato molto al cinema
italiano.
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LA
CARITAS LANCIA UN APPELLO PER LA SITUAZIONE AD HAITI.
L’ORGANISMO
INTERNAZIONALE PENSA ALLA RICOSTRUZIONE
DOPO
LE DISASTROSE ALLUVIONI CHE SI SONO ABBATTUTE SUL PAESE CARAIBICO
PUERTO PRINCIPE. = Caritas Haiti
ha inviato una richiesta di fondi utili a finanziare i lavori di ricostruzione
dopo le inondazioni della scorsa settimana. Secondo le prime stime, si contano
156 dispersi, 1113 abitazioni distrutte, altre 1288 danneggiate, 5565 senza
tetto, 2800 bambini che non hanno più una scuola. La diocesi di Jacmel ha
registrato 230 morti, 850 feriti, 380 dimore spazzate via dalla furia delle
acque, 2500 sfollati e 450 capi di bestiame affogati. A Hinche le persone per
la strada sono tremila, 500 le case abbattute e 500 animali morti. Nella
diocesi di Cayes hanno perso la vita dieci persone e una cinquantina di dimore
distrutte, mentre al confine con la Repubblica Dominicana, precisamente a
Jiamanì, per ora i morti sono 135 e 200 i dispersi. La macchina della Caritas
si è subito messa in moto e con le donazioni provenienti da oltre confine ha
pianificato anche un intervento post-emergenza, per far fronte alle necessità
delle famiglie colpite. (D.D.)
LA BEATA MARIA ELISABETTA HESSELBLAD PIONIERA DELL’ECUMENISMO:
OGGI LA SUA FESTA LITURGICA E IL
134.MO ANNIVERSARIO DELLA SUA NASCITA
- A cura di Giovanni Peduto -
ROMA. =
La comunità luterana in Roma si riunisce oggi assieme alle Suore del Santissimo
Salvatore di Santa Brigida, in Piazza Farnese, per celebrare la memoria
liturgica della loro insigne connazionale, la beata Maria Elisabetta
Hesselblad, che vedeva la luce in Svezia proprio come oggi 134 anni or sono.
Giovanni Paolo II l’ha proclamata Beata il 9 aprile dell’anno 2000. Era morta
nel 1957 a Roma dopo aver rifondato le Suore di Santa Brigida e speso la sua
vita per la causa dell’unione fra cattolici e luterani. Lei stessa era
luterana, prima di passare alla Chiesa di Roma. Questo suo impegno è ben
tratteggiato nel recente volume di Cristiana Dobuer, edito dalle Paoline, dal
titolo “L’Unico Ovile”. Giovanni Paolo II, all’omelia della cerimonia di
beatificazione, ne risaltò lo zelo profuso con il lavoro e la preghiera,
affinché tutti i cristiani fossero una cosa sola. Fedele discepola della sua
grande connazionale Brigida di Svezia, ne seguì le orme soprattutto con una
continua carità operosa: durante la seconda guerra mondiale diede rifugio a molti
ebrei, trasformando la sua casa romana in un luogo dove le sue figlie spirituali,
le Suore Brigidine, potessero distribuire viveri e vestiario a quanti si trovavano
in necessità. Oggi l’Ordine brigidino, guidato da Madre Tekla Famiglietti, si
estende in Italia, in quasi tutti i Paesi del Nord Europa, in Messico, Cuba,
India, Filippine e Terra Santa, con oltre 600 suore e 45 comunità.
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4
giugno 2004
- A cura di Amedeo Lomonaco -
In Iraq, le milizie agli ordini del leader radicale
sciita, Moqtada al-Sadr, hanno annunciato che oggi cominceranno a ritirarsi da
Najaf, città recentemente insanguinata da furiosi combattimenti. Sul versante
politico, il ministro degli Esteri iracheno, Hoshiyar Zebari, ha intanto
dichiarato che la futura risoluzione dell’Onu sull’Iraq dovrà accordare al
nuovo governo “piena sovranità”. Ma il Paese arabo – ha anche aggiunto - ha
ancora bisogno dell’assistenza della forza multinazionale. Il nostro servizio:
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Rivolgendosi ai membri del Consiglio di sicurezza delle
Nazioni Unite, Zebari ha affermato che l’Iraq deve avere voce in capitolo sulla
presenza delle truppe straniere sul proprio territorio, ma ha anche osservato
che un ritiro prematuro delle forze della coalizione porterebbe al caos e al
rischio di una guerra civile. Ed il complesso scenario iracheno sembra inoltre
fare da sfondo ad una importante decisione. Il direttore della Cia, George
Tenet, si è infatti dimesso - ufficialmente per motivi personali - dal suo
incarico. A partire da luglio la guida dell’Agenzia sarà temporaneamente
affidata al suo vice, John McLaughlin. Le polemiche
legate alle informazioni sulle armi di distruzione di massa di Saddam Hussein e
gli errori commessi
dall’intelligence americana prima dell’attacco dell’11 settembre 2001 sono stati i principali argomenti contro la gestione di
Tenet, al quale il presidente statunitense, George Bush, ha sempre ribadito la propria
fiducia. Sul terreno, intanto, sette iracheni sono morti durante due distinti
attacchi avvenuti ad Abu Ghraib e a Baghdad. E sempre nella capitale irachena diversi colpi di mortaio sono stati
sparati, ieri, contro l’ambasciata italiana causando la morte di due persone.
La Farnesina ha confermato che non ci sono vittime italiane. Dopo l’agguato, il
personale della sede diplomatica è stato trasferito nella cosiddetta “zona verde”
dove si trova il quartier generale della coalizione. Assume, infine, contorni
sempre più drammatici la vicenda delle torture perpetrate da soldati statunitensi
contro prigionieri iracheni: due marines americani sono stati condannati a pene
detentive dopo essersi dichiarati colpevoli di aver sottoposto un detenuto a
scariche elettriche.
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In
Medio Oriente, il primo ministro israeliano, Ariel Sharon, ha inviato lettere
di licenziamento a due ministri dell’estrema destra del governo contrari al suo
piano per il ritiro unilaterale di Israele dalla striscia di Gaza. Secondo la
radio di Stato, Sharon intende sostituire i ministri dei Trasporti, Avigdor
Lieberman, e per il Turismo, Benny Eilon, con elementi che gli garantiscano
l’appoggio al piano di disimpegno, in modo da ottenerne l’approvazione nella
riunione dell’esecutivo di domenica prossima.
L’Opec,
l’organizzazione dei Paesi produttori di greggio, interviene per ridurre il
prezzo del petrolio aumentando l’offerta di 2 milioni di barili al giorno.
Questa decisione, si legge nel comunicato dell’organizzazione, dovrebbe permettere
di “assicurare un’offerta adeguata e mantenere l’andamento dei prezzi accettabile
per i produttori e i consumatori”. Dopo l’aumento della produzione giornaliera
da parte dell’Opec, il prezzo del petrolio al mercato di New York è sceso sotto
i 39 dollari al barile.
Il
leader di Al Qaeda in Arabia Saudita,
Abdulaziz al Muqrin, ha elogiato i recenti attacchi terroristici nel Paese,
sottolineando che tali azioni hanno contribuito a far salire a prezzi record il
costo del petrolio. In un comunicato comparso su un sito internet islamico, Muqrin
ha inoltre esortato i sauditi ad appoggiare la campagna contro la monarchia dei
Saud, alleata degli Stati Uniti. Al Qaeda aveva già rivendicato la sanguinosa
azione compiuta sabato scorso ad al Khobar, nella quale sono morte 22 persone.
Dopo
lunghi colloqui militari a livello di generali, è stato raggiunto nella notte
tra le due Coree uno storico accordo per ridurre le tensioni nella penisola. Lo
hanno reso noto fonti sudcoreane. Si tratta della prima intesa raggiunta dopo
l’armistizio del 1953, che ha posto “temporaneamente” fine al sanguinoso conflitto
civile tra le due nazioni.
“Siamo pronti ad affrontare un referendum”.
In un messaggio alla nazione, il presidente venezuelano, Hugo Chávez, ha commentato
così l’annuncio di ieri del Consiglio nazionale elettorale sul raggiungimento,
da parte dell’opposizione, del numero di firme necessarie per indire una
consultazione sulla revoca o meno del suo mandato.
Nella
Repubblica Democratica del Congo, dopo giorni di intensi combattimenti, costati
la vita a 61 persone, circa 3 mila miliziani filorwandesi della Rcd-Goma hanno iniziato
questa notte il ritiro dalla città di Bukavu. La missione Onu in Congo, la Monuc,
è stata duramente contestata dalla popolazione per l’intervento tardivo: nelle
manifestazioni di ieri a Kinshasa sono morte due persone. Da Bukavu, un
religioso – che lasciamo anonimo per motivi di sicurezza – conferma le responsabilità
dell’Onu al microfono di Andrea Sarubbi:
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R. - La nottata è stata abbastanza calma. Si sente ancora
qualche sparo, ma sembra che sia per disperdere i giovani che saccheggiano la
città. In ogni modo, la popolazione è ancora rintanata nelle case e ben poca è
sulle strade. La città è ancora deserta, soprattutto nel centro dove non ci
sono vetture che passano. Non c’è vita.
D. – I miliziani hanno cominciato il ritiro. Secondo lei,
perchè hanno deciso di andare via?
R. – Da quello che ho sentito questa mattina sembra che
abbiano fatto un patto con la Monuc, un cessate-il-fuoco. Da altre fonti sembra
che fossero venuti qui, in questa città di Bukavu, per fare dei saccheggi. Per
quanto riguarda gli stupri di bambine e ragazze, ormai se ne contano a decine.
D. – Di cosa ha bisogno Bukavu adesso?
R. – Quello che conta, in questo momento, è che la
popolazione possa riprendere fiato e che possa ritrovare soprattutto la speranza
nel proprio avvenire. La gente, dopo una settimana di battaglia, comincia ad
avere fame e ci sono già molti casi di bambini allo stremo delle loro forze
perché non c’è cibo.
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Cina.
Gruppi speciali di polizia sono pronti a bloccare iniziative di studenti e attivisti
politici in occasione del 15.mo anniversario del massacro di piazza Tienanmen,
a Pechino. Nella notte del 4 giugno ’89, i dirigenti comunisti diedero l’ordine
ai soldati di sgombrare con la forza la piazza, occupata da migliaia di
manifestanti.
In
Afghanistan, tredici presunti taleban sono stati uccisi, mercoledì scorso, durante
un’operazione congiunta dell’esercito statunitense e delle milizie
filo-governative afghane nella provincia di Kandahar. Lo hanno comunicato oggi
fonti ufficiali.
In
Russia, almeno dieci persone sono rimaste uccise per un’esplosione in un mercato
della città di Samara, circa 800 chilometri a sudest di Mosca. Secondo le prime
informazioni fornite dal Ministero russo per le Situazioni di emergenza, a
causare l’incidente sarebbe stata l’esplosione di due bombole di gas ma non si
esclude l’ipotesi di un attentato terroristico.
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