RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVIII n. 156 - Testo della trasmissione di venerdì 4 giugno 2004

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

L’incontro in Vaticano tra Bush e Giovanni Paolo II: il Papa sottolinea la necessità di normalizzare al più presto la situazione in Iraq e in Terra Santa con il sostegno delle Nazioni Unite e rilanciando la cooperazione Stati Uniti-Europa. Bush consegna al Pontefice la Medaglia della Libertà

 

Il Papa oggi ha ricevuto i vescovi americani in visita “ad Limina”

 

Il Santo Padre parte domani per la Svizzera, per il suo 103° viaggio internazionale: parteciperà al primo raduno nazionale dei giovani cattolici. Con noi mons. Amédée Grab.

 

Conclusa la visita in Uganda del cardinale Martino con un appello alla comunità internazionale a far uscire questo Paese da una guerra che dura da 18 anni: intervista con il porporato

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Il presidente americano questa mattina ha incontrato Ciampi, in serata sarà da Berlusconi. Le manifestazioni dei no global Le celebrazioni a Roma per i 60 anni della Liberazione: ricordiamo la gratitudine dei romani per Pio XII acclamato in Piazza San Pietro come difensore della città: ai nostri microfoni Giorgio Rumi e il partigiano Massimo Rendina

 

CHIESA E SOCIETA’:

In Sudan è corsa contro il tempo per salvare migliaia di vite umane. Le Nazioni Unite lanciano un nuovo appello per la drammatica situazione nella regione occidentale del Darfur

 

E’ morto Nino Manfredi: aveva 83 anni

 

Lettera dei vescovi del Canada, in occasione dei 50 anni di attivita’ della conferenza dei religiosi  

 

I vescovi dell’Asia puntano sul dialogo interreligioso e interculturale per costruire la pace e l’armonia nell’intero continente. E’ quanto è emerso in un recente seminario a Bangkok

 

La Caritas lancia un appello per la situazione ad Haiti. L’organismo internazionale pensa alla ricostruzione dopo le disastrose alluvioni che si sono abbattute sul paese caraibico

 

La beata Maria Elisabetta Hesselblad pioniera dell’ecumenismo: oggi ricorre il 134.mo anniversario della sua nascita

 

24 ORE NEL MONDO:

Il ministro degli Esteri iracheno chiede all’Onu di accordare piena sovranità al nuovo governo

 

Inviate da Sharon lettere di licenziamento a due ministri contrari al suo piano per il ritiro dalla striscia di Gaza

 

Nella Repubblica Democratica del Congo è cominciato il ritiro delle milizie filoruandesi da Bukavu

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

4 giugno 2004

 

 

L’IRAQ RITROVI LA SOVRANITA’ E IL MEDIO ORIENTE RAGGIUNGA LA PACE,

GRAZIE ALL’INTERVENTO DIRETTO DELL’ONU

E AD UNA PIU’ FORTE COOPERAZIONE USA-UE:

QUEGLI GLI AUSPICI PRINCIPALI DEL PAPA NELL’UDIENZA

 AL PRESIDENTE GEORGE W. BUSH. IL PONTEFICE INSIGNITO

 DELLA “MEDAGLIA DELLA LIBERTÀ”, LA PIU’ ALTA ONORIFICENZA USA

- Servizio di Alessandro De Carolis -

 

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Un ritorno dell’Iraq alla sovranità nazionale “in condizioni di sicurezza” e con l’Onu a guidare la transizione e un rilancio dei negoziati tra israeliani e palestinesi, basato su una sincera volontà di pace. Ma anche un impegno a contrastare il terrorismo sulla scorta di valori umani condivisi e a riconoscere l’impegno umanitario di chi si spende per portare aiuto e solidarietà, a partire dalle terre più disastrate dell’Africa. E’ stato un discorso ampio e in larga parte legato all’attualità internazionale quello con il quale Giovanni Paolo II ha accolto il presidente degli Stati Uniti, Gorge W. Bush, da ieri sera in visita ufficiale in Italia per partecipare alle celebrazioni per il 60.mo anniversario della liberazione di Roma.

 

Dopo la sosta di questa mattina al Quirinale per un colloquio con il presidente della Repubblica italiana, Carlo Azeglio Ciampi, l’imponente corteo di auto del capo della Casa Bianca ha fatto il suo ingresso in Vaticano verso mezzogiorno, nel cortile di San Damaso. Al seguito di Bush, oltre alla moglie Laura, anche i più alti vertici dell’amministrazione statunitense, tra i quali il segretario di Stato, Colin Powell, e l’ambasciatore americano presso la Santa Sede, James Nicholson.

 

Dopo il saluto di benvenuto, Giovanni Paolo II e Gorge Bush hanno trascorso un quarto d’ora a colloquio in privato nella biblioteca papale, prima dei rispettivi discorsi pronunciati alla presenza delle delegazioni in Sala Clementina. Si è trattato del terzo incontro, dopo quelli del 23 luglio 2001 – un mese e mezzo prima degli attentati dell’11 settembre – e del 28 maggio 2002, sullo sfondo del vertice Nato-Russia a Pratica di Mare. Il Papa ha subito sottolineato l’importanza degli eventi che 60 anni fa permisero ai popoli europei di ritrovare la loro libertà, grazie al sacrificio di molti soldati americani. Nel ricordare il valore di quelle morti, il Pontefice ha anche invocato l’aiuto di Dio perché gli errori del passato “non siano più ripetuti”. Quindi il discorso è entrato nel vivo, con l’accenno alle crisi del Medio Oriente e al ruolo dell’Onu:

        

IT IS EVIDENT DESIRE OF EVERYONE…

E’ evidente il desiderio di tutti che questa situazione sia normalizzata il più rapidamente possibile con l’attiva partecipazione della comunità internazionale e, in particolare, delle Nazioni Unite, che assicuri un veloce ritorno della sovranità irachena, in condizioni di sicurezza per la popolazione”.

 

Giovanni Paolo II ha definito un “incoraggiante passo avanti” la creazione di un nuovo governo a Baghdad ed ha aggiunto:

 

“MAY A SIMILAR HOPE FOR PEACE…

Possa una simile speranza di pace essere riaccesa anche in Terra Santa e portare a nuovi negoziati, dettati da un sincero e determinato impegno al dialogo tra il governo israeliano e l’Autorità palestinese”.

 

L’accenno a Iraq e Terra Santa ha portato il Papa a riflettere sul terrorismo che a partire dall'11 settembre, ha detto, “ha sconvolto le normali e pacifiche relazioni tra gli Stati e i popoli”. Ancora poche settimane fa, ha osservato il Pontefice, “altri deplorevoli eventi hanno visto la luce, sconvolgendo le coscienze civili e religiose e creato ulteriori problemi per una serena realizzazione dei valori umani senza i quali né la guerra né il terrorismo potranno essere vinti”. Il Papa ha anche espresso uno specifico apprezzamento verso gli Stati Uniti per la “promozione dei valori umani nella società americana, con particolare riferimento al rispetto della vita e della famiglia”. E ancora, la solidarietà: Giovanni Paolo II ha voluto sottolineare il ruolo giocato dalle agenzie americane e internazionali, “particolarmente quelle di ispirazione cattolica”, nel portare aiuto specialmente in Africa, dove conflitti, malattie e una “degradante povertà” hanno creato situazioni “intollerabili”. E qui, il Papa ha levato un esplicito appello all’Occidente:

 

“A FULLER AND DEEPER UNDERSTANDING BETWEEN THE…

Una più piena e profonda cooperazione tra gli Stati Uniti e l'Europa potrà sicuramente giocare una ruolo decisivo per risolvere i grandi problemi che ho ricordato (…) Possa la sua visita, signor presidente, dare un forte slancio a questa cooperazione”.

 

Il presidente Bush ha avuto parole di grande stima per Giovanni Paolo II, al quale ha consegnato la Medaglia della libertà, la più alta onorificenza statunitense, in passato consegnata anche alla memoria di Giovanni XXIII. “Lei è un eroe dei nostri tempi”, si legge nella motivazione, che aggiunge: “Lei ha difeso la dignità di ogni vita umana, ha dato coraggio a noi tutti esortandoci a non avere paura per lottare contro la ingiustizia, l'oppressione, con un grande impegno a favore della libertà, della pace e contro il comunismo”. Nel porgere il riconoscimento al Pontefice, il capo della Casa Bianca aveva assicurato: “Lavoreremo per la libertà e la dignità umana, per diffondere pace e umanità", aggiungendo all’indirizzo di Giovanni Paolo II: “Apprezziamo il forte simbolo di libertà che lei rappresenta”.

 

Il Papa ha ringraziato per l’importante onorificenza, auspicando che il desiderio di libertà e di pace simboleggiato dalla medaglia possano ispirare uomini e donne al bene “in ogni tempo e in ogni luogo”. Ed ha ricambiato il dono, consegnando al presidente Bush una formella rappresentante la Risurrezione realizzata da Enrico Manfrini, conosciuto come lo “scultore dei Papi”, spentosi due settimane fa a Milano, all’età di 87 anni. Dopo lo scambio dei discorsi e dei doni, il presidente degli Stati Uniti si è congedato dal Papa ed è sceso alla seconda Loggia del Palazzo Apostolico per un lungo incontro con il Segretario di Stato Angelo Sodano. Infine, il corteo presidenziale ha lasciato il Vaticano verso le 13.45 diretto verso le Fosse Ardeatine, uno degli appuntamenti centrali delle celebrazioni italiane di questi giorni.

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LA CARITA’ A SERVIZIO DELL’INTELLIGENZA, PIU’ CHE MAI NECESSARIA NELLE SOCIETA’ ODIERNE PERVASE DAL SECOLARISMO:

 GIOVANNI PAOLO II SOLLECITA I VESCOVI AMERICANI A CONTRASTARE

CON LA FORZA DEL VANGELO LA MANCANZA DI SIGNIFICATO NELLA VITA UMANA

 

Evangelizzare attraverso la cultura, un “compito pressante”: così il Papa ai vescovi statunitensi, giunti dal Colorado, Wyoming, Utah, Arizona, New Mexico, e Texas dell’ovest, in visita ad Limina Apostolorum. Il servizio di Roberta Gisotti

 

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Fondamentale nella “missione profetica della Chiesa – ha spiegato il Santo Padre - è mediare il contenuto della fede alle diverse culture, rendendo capaci le persone di essere trasformate dal potere del Vangelo che permea il modo di pensare, i modelli di giudizio e le norme di comportamento”. La spaccatura tra il Vangelo e la cultura, che è senza dubbio il dramma del nostro tempo e si manifesta oggi come crisi di significato. “Le posizioni morali ambigue, la distorsione della ragione secondo il particolare interesse di gruppi e l’assolutizzazione del soggettivo, sono solo alcuni esempi di una prospettiva di vita che manca di cercare la verità in sé e abbandona la ricerca di un ultimo scopo e significato dell’esistenza umana.”

 

Ai presuli il Papa ha ricordato “il dovere della personale integrità, che rende contraddittoria ogni separazione tra missione e vita”, sollecitandoli alla carità “a servizio dell’intelligenza”, ponendo particolare attenzione verso “le nuove forme di povertà” che sono sorte “sulla scia del crescente secolarismo”, specie nelle culture che godono del benessere materiale, e che riflettono la disperazione umana nella mancanza di senso. Se l’attenzione politica si è concentrata negli ultimi 40 anni sui diritti individuali della persona, “in ambito pubblico è cresciuta la riluttanza a riconoscere che tutti gli uomini e le donne ricevono la loro essenziale dignità da Dio e con essa la capacità di andare verso la verità e il bene.” Distaccati da questa visione di unità dell’intera famiglia umana, i diritti sono ridotti a volte a richieste autoreferenti: “la crescita della prostituzione e la pornografia  in nome della scelta adulta, l’accettazione dell’aborto in nome dei diritti della donna, l’approvazione delle unione fra lo stesso sesso in nome dei diritti omosessuali”.

 

“Di fronte a tale erroneo tuttavia pervasivo modo di pensare voi dovete – ha raccomandato infine Giovanni Paolo II ai vescovi americani - fare ogni cosa possibile per incoraggiare i laici nella loro speciale responsabilità di evangelizzare la cultura e promuovere i valori cristiani nella società e nella vita pubblica.”

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DOMANI A BERNA INIZIA IL 103° VIAGGIO INTERNAZIONALE

DI GIOVANI PAOLO II

- Intervista con mons. Amédée Grab -

 

Giovanni Paolo II sarà domani a Berna per il suo 103.mo viaggio Apostolico, il terzo in terra elvetica. Il Papa prenderà parte al primo incontro nazionale dei giovani cattolici svizzeri, un evento che farà rivivere il clima delle giornate mondiali della gioventù. Da Berna, il nostro inviato Alessandro Gisotti.

 

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La Svizzera dei Cantoni, delle diverse lingue e differenti tradizioni culturali, attende l’arrivo di Giovanni Paolo II per vivere un’esperienza di unità profonda nel segno della fede. La visita del Papa a Berna, capitale confederale, avrà due momenti salienti. Domani pomeriggio è il primo incontro nazionale della gioventù cattolica al Palaghiaccio della Bea Bern Expo. I giovani svizzeri iscritti a partecipare all’evento sono oltre 10 mila, ma il portavoce dei vescovi svizzeri, Marc Aellen, ha rivelato alla Radio Vaticana che già si prevede l’arrivo di centinaia di ragazzi dall’Italia e dalla Germania. Domenica mattina, sul grande prato dell’Allmend il Papa celebrerà la Santa Messa. Alla celebrazione dovrebbero prendere parte 50 mila persone, una moltitudine inedita per Berna città che conta 125 mila abitanti, anche per questo la Stampa locale dà ampio rilievo alle notizie sulle misure straordinarie di sicurezza che accompagneranno la visita del Papa. Per rendere più agevole l’arrivo di fedeli da tutta la Svizzera le Ferrovie Statali hanno perciò organizzato 17 treni speciali, mentre l’esercito darà appoggio logistico.

 

Sarà dunque Berna il cuore della due giorni elvetica di Giovanni Paolo II. Fondata nel 1191, città universitaria di lingua tedesca è, con le sue storiche torri, uno dei più significativi esempi di urbanistica medievale. I cattolici rappresentano il 27 per cento della cittadinanza, gli evangelici riformati il 64 per cento. Giovanni Paolo II aveva visitato Berna già nel giugno del 1984, durante il suo 22.mo viaggio Apostolico.

 

A 20 anni di distanza, il Papa torna quindi a visitare la Svizzera. Troverà un Paese grande un settimo dell’Italia, ma con un reddito pro-capite quasi il doppio di quello italiano. Dei sette milioni di svizzeri, il 44 per cento è di religione cattolica, poco più del 35 per cento è di fede protestante. Tradizionalmente neutrale, la Svizzera è entrata ufficialmente a far parte delle Nazioni Unite solo nel settembre del 2002, dopo un referendum passato con una maggioranza ristretta. Geograficamente nel cuore del Vecchio Continente, la Svizzera non fa parte dell’Unione Europea, tuttavia, proprio in questi giorni, ha accettato di entrare a far parte dal 2007 dell’area di libera circolazione introdotta dagli accordi di Shenghen.

 

Da Berna, per la Radio Vaticana, Alessandro Gisotti.

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Con emozione e gratitudine, i vescovi svizzeri attendono l’arrivo di Giovanni Paolo II all’incontro nazionale dei giovani cattolici. Sentimenti sottolineati dal presidente della conferenza episcopale svizzera, mons. Amédée Grab, in questa intervista con Alessandro Gisotti:

 

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R. – E’ una dimostrazione veramente commovente dell’affetto del Santo Padre per la gioventù, per la sua sensibilità apostolica ed anche della consapevolezza che egli ha di dovere compiere queste missioni. Sarà per noi sicuramente un avvenimento che porterà i suoi frutti.

 

D. – Quanto sono attenti i giovani svizzeri al messaggio del Papa, oggi?

 

R. – Quelli che verranno aspettano che il Papa li aiuti ad affrontare il proprio destino, la propria responsabilità nella Chiesa e nel mondo.

 

D. – Quali sono oggi le sfide più urgenti per la Chiesa svizzera e in che modo potrà influire questa importante visita?

 

R. – Penso che tanti ragazzi da noi fanno fatica a decidersi, non riconoscono o non hanno il coraggio di aderire interamente ad una vocazione religiosa. Vorrei che l’annuncio della Buona Novella dalla bocca del Papa aiuti a prendere consapevolezza delle possibilità, che ci sono in tutti perché la vocazione a realizzare la propria identità venga percepita molto chiaramente.

 

D. – Il Papa ha fatto tanto per l’Europa. Come guardano i vescovi svizzeri alla progressiva integrazione dell’UE?

 

R. - Sono ben consapevole che la Svizzera non può ignorare l’evoluzione della comunità europea, deve avere il coraggio di guardare avanti. Per noi vescovi è evidente che al di là di quelli che possono essere i trattati, l’Europa è una realtà di civiltà, di fede e di cultura e per questo non ci sentiamo per niente estranei. Personalmente auspicherei che il nostro Paese possa andare più in là e aderire generosamente ad un progetto che ha un avvenire sicuro.

 

D. – Quale è lo stato dei rapporti tra cattolici e protestanti in Svizzera?

 

R. – C’è un’ottima intesa. I nostri fratelli protestanti invitati ad incontrare insieme alla popolazione il Santo Padre a Berna, hanno promesso un saluto durante l’incontro dei giovani con il Santo Padre. Hanno rinunciato ad una partecipazione riconoscibile alla liturgia perché attualmente i grandi problemi che devono essere portati avanti toccano effettivamente il concetto di Chiesa, il concetto quindi dell’eucaristia, del ministero. Sembra ai protestanti più leale non accettare l’invito ad associarsi ufficialmente alla celebrazione liturgica. Sono, però, di cuore con noi in tante cose, e nelle nostre parrocchie c’è una crescente unità nella preghiera e nelle opere di carità.

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ALTRE UDIENZE E NOMINE

 

Il Papa nel corso della mattina ha ricevuto anche il cardinale  Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione per i Vescovi.

 

Sempre oggi il Santo Padre ha nominato capo ufficio nella Sezione Ordinaria dell'Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica il ragioniere Evandro Vercelli, finora responsabile informatico nella Sezione Straordinaria della medesima Amministrazione.

 

 

CONCLUSA LA VISITA IN UGANDA DEL CARDINALE MARTINO

 CON UN APPELLO ALLA COMUNITA’ INTERNAZIONALE A FAR USCIRE QUESTO PAESE

DA UNA GUERRA CHE DURA DA 18 ANNI

- Intervista con il porporato -

 

Il cardinale Renato Raffaele Martino ha lasciato oggi l’Uganda alla volta di Roma, dopo una visita di 5 giorni che lo ha portato in particolare nel nord del Paese dove ha incontrato la comunità cattolica e gli sfollati nei campi profughi. Il presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, che ha portato il sostegno e la solidarietà del Papa alle vittime della guerra e alle popolazioni ugandesi, ha affermato con forza che questo Paese ha bisogno di buoni Samaritani. Ma ascoltiamo lo stesso porporato al microfono di Francesca Sabatinelli.

 

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R. - I buoni samaritani devono trovarsi innanzitutto nella stessa Uganda: come diceva San Daniele Comboni, bisogna salvare l’Africa con gli africani. E’ proprio questo incoraggiamento che mi sono sentito di fare. Ma i buoni samaritani si devono trovare dappertutto. Quello che io auspico è che la comunità internazionale dia veramente una mano a questo Paese per eliminare la piaga della guerra che dura da 18 anni.

 

D. – Lei ha incrociato gli occhi di queste vittime, soprattutto quelli dei bambini …

 

R. – Certo, uno dietro l’altro abbiamo visitato non so quanti campi di sfollati. Sono un milione e 600 mila persone. Come può vivere una famiglia, che abbandona la propria casa, la propria terra e si raccoglie in questi campi che a volte vengono anche assaltati dai guerriglieri? La situazione dei bambini è un’altra tragedia dentro la tragedia. Proprio per sentirsi un po’ più sicuri, la sera, a decine di migliaia, si recano nelle strutture cattoliche, negli ospedali, nelle scuole, nelle parrocchie. Naturalmente senza servizi igienici, senza nemmeno avere un bicchiere d’acqua.

 

D. – Eminenza, lei confida molto nell’azione della società civile e confida anche molto nell’azione della Chiesa locale?

 

R. – Qui i cattolici sono il 45 per cento della popolazione, quindi possono avere un peso. Spero che lo facciano e presto. Del resto, già nel mese di aprile, i vescovi ugandesi hanno pubblicato una bellissima lettera pastorale: non c’è che da proseguire questa azione.

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Domani sera il cardinale Martino presiederà nello stadio marchigiano di Macerata la messa d’inizio del 26° Pellegrinaggio giovanile della pace, che lo stesso porporato concluderà al mattino del 6 giugno nel Santuario mariano di Loreto. Nel pomeriggio dello stesso giorno il cardinale terminerà la sua visita nelle Marche, recandosi a visitare gli ergastolani del carcere di Fossombrone, con uno speciale appello in difesa dei diritti umani dei reclusi e in particolare contro l’inaccettabile pratica della tortura.

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Apre la prima pagina l'udienza di Giovanni Paolo II al presidente degli Stati Uniti George W. Bush: "Dio doni pace e libertà a tutta l'umanità".

Sempre in prima, un articolo di Giampaolo Mattei sull'imminente viaggio apostolico del Papa a Berna, in Svizzera.

 

Nelle vaticane, il discorso del Santo Padre ai vescovi statunitensi in visita "ad Limina".

L'Ambasciata della Repubblica Federale di Germania presso la Santa Sede celebra i suoi 50 anni di vita.

 

Nelle estere, in rilievo l'Iraq: il nuovo governo chiede "piena sovranità"; intervento all'Onu del Ministro degli esteri iracheno.

 

Nella pagina culturale, un articolo di Danilo Mazzoleni dal titolo "Testimonianze paleocristiane a Colonia".

 

Nelle pagine italiane, in primo piano la visita del presidente degli Stati Uniti a Roma. 

 

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

4 giugno 2004

 

 

LA VISITA DEL PRESIDENTE BUSH IN ITALIA

IN OCCASIONE DEL 60.MO ANNIVERSARIO DELLA LIBERAZIONE DI ROMA

- Interviste con Giorgio Rumi e il partigiano Massimo Rendina -

 

Prima dell’udienza dal Papa,George W. Bush si è recato al Quirinale a colloquio con il presidente della Repubblica italiana, Carlo Azeglio Ciampi, primo degli incontri che il Capo della Casa Bianca avrà con i vertici dello Stato. A Roma, intanto, le misure di sicurezza sono ai massimi livelli e le forze dell’ordine sono impegnate per le manifestazioni di pacifisti e “no global”.. Il servizio di Giancarlo La Vella:

 

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Un incontro intenso, durato poco più di mezz’ora, quello tra Ciampi e Bush, accompagnato al Quirinale dalla moglie Laura e, tra gli altri, dal segretario di Stato Colin Powell. Secondo notizie ufficiose, al centro del colloquio la crisi in Iraq e la situazione in Medio Oriente. Anticipando il clima dell’avvenimento, il presidente italiano, in un discorso ai veterani americani, aveva espresso grande riconoscenza per gli Stati Uniti, che, 60 anni fa, liberarono l'Europa dal nazifascismo e poi, col Piano Marshall, sostennero la ricostruzione del Continente. Ciampi ha anche sottolineato, tuttavia, il contributo importante che gli italiani e l’Europa dettero alla liberazione. Primo impegno pomeridiano per Bush, la visita al Sacrario delle Fosse Ardeatine, dove il presidente americano deporrà una corona d’alloro per le 335 vittime trucidate il 23 marzo del ’44 dalla rappresaglia nazista. In serata, cena con il premier Berlusconi; i colloqui tra il capo della Casa Bianca e il presidente del Consiglio continueranno domani mattina, quando, al termine dell’incontro con la stampa, Bush si sposterà a Parigi, accolto dal presidente francese Chirac, uno dei più fermi oppositori europei all’intervento militare in Iraq. Poi le commemorazioni in Normandia dello sbarco americano che consentì di cacciare dall’Europa i nazisti. Intanto, diverse migliaia di manifestanti oggi pomeriggio a Roma daranno vita a vari cortei per la pace e contro la guerra in Iraq. Tra questi i cosiddetti disobbedienti e “no global” dai quali si temono disordini. Si segnala già qualche episodio di intemperanza. Intenso il dibattito nel mondo politico italiano sull’opportunità di tali manifestazioni in occasione di questo anniversario. Proprio per evitare coinvolgimenti in eventuali disordini, Sergio Marelli, presidente dell’Associazione delle organizzazioni non governative italiane ha annunciato la non partecipazione alle manifestazioni, “perché – ha detto – non possiamo essere al fianco di chi ricorre ad atti di violenza”.

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Molte le iniziative capitoline per il 60° della Liberazione di Roma: tra queste la mostra storiografica inaugurata al Vittoriano;  domenica prossima  in Piazza Venezia  dalle 19.00 sarà festa in una cornice di balli, canti d’epoca e fuochi d’artificio. Ma adesso ripercorriamo la giornata del 4 giugno di 60 anni fa. Il servizio di Massimiliano Menichetti.

 

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(Musica)

 

Sono le 8 del mattino del 4 giugno 1944, quando le unità della V armata statunitense convergono su Roma, mentre le ultime retroguardie tedesche abbandonano la capitale. Dalla periferia meridionale entrano i primi reparti del generale Mark Clark. Alle 19.15, l’88.ma divisione americana raggiunge piazza Venezia, la città era finalmente libera dall’oppressione nazi-fascista. Una folla incredibile si riversò sulle Vie Appia, Tuscolana e Casilina, mentre le lacrime di gioia si mescolavano alle grida di vittoria. La seconda guerra mondiale sarebbe finita 11 mesi più tardi in Europa e la resistenza italiana avrebbe dovuto combattere a fianco degli alleati i colpi di coda del conflitto, ma Roma era la prima capitale dell’Europa occidentale ad essere stata liberata. Lo storico Giorgio Rumi:

 

“Certamente non è un evento militare, nel senso che Roma non ha una posizione strategica decisiva, ed invece ha un significato pienamente politico nel senso che Roma è una grande capitale ed era la capitale di uno dei grandi nemici di Inghilterra e degli Stati Uniti. Adesso viene appunto liberata in un indubbio tripudio di popolo e lì nasce il mondo attuale, proprio il tornante, la svolta per tutti noi”.

 

Roma, dichiarata città aperta secondo la Convenzione dell’Aia del 1907, cioè considerata priva di truppe, di obiettivi militari e protetta spiritualmente dalla presenza del Papa, aveva comunque vissuto gli orrori della guerra, le persecuzioni, i bombardamenti, le deportazioni, le stragi. La popolazione era praticamente ridotta alla fame, ma il 4 giugno del 1944 fu festa. Il partigiano Massimo Rendina:

 

“Quando arrivarono gli alleati ci fu un tripudio e la felicità irradiava da tutte le parti. La libertà era un fatto concreto, non era soltanto una parola, un’espressione, un auspicio, era una realtà”.

 

(Musica)

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Il giorno dopo la liberazione di Roma, il 5 giugno 1944, una folla immensa di romani e di sfollati si riversa spontaneamente in Piazza San Pietro acclamando Papa Pio XII, Defensor Civitatis, cioè Difensore della Città, per la sua opera a protezione della capitale. Ma riviviamo quei momenti in questo servizio di Sergio Centofanti.

 

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Roma era salva e i romani ringraziavano il Papa, l’unica alta autorità rimasta nella capitale nonostante il pericolo di una violentissima battaglia. Intensa era stata fino ad allora l’attività diplomatica di Papa Pacelli perché Roma fosse risparmiata dagli orrori della guerra e dei bombardamenti. Appena 11 mesi prima il 19 luglio del 1943 le forze anglo-americane avevano bombardato la zona romana di San Lorenzo, considerata un’importante snodo ferroviario, provocando 1500 morti. Ora le forze alleate si stanno dirigendo verso Roma occupata dai tedeschi: si teme un nuovo durissimo scontro.  Il Papa il 2 giugno si rivolge ai belligeranti con toni forti: parla degli “immensi ineffabili dolori” della popolazione civile affermando che “la immane tragedia del conflitto mondiale…ha raggiunto gradi e forme di atrocità, che scuotono e fanno inorridire ogni senso cristiano ed umano”, e ammonisce severamente: “chiunque osasse levare la mano contro Roma  sarebbe reo di matricidio dinanzi al mondo civile e nel giudizio eterno di Dio”.

 

Il Papa, nell’agosto del 1939, poco prima lo scoppio del conflitto, aveva invitato le parti al dialogo:

 

“Nulla è perduto con la pace. Tutto può esserlo con la guerra. Ritornino gli uomini a comprendersi. Riprendano a trattare”. 

 

Ma il flagello della guerra esplode e il Papa il 12 marzo del ‘44, 12 giorni prima l’eccidio nazista delle Fosse Ardeatine, può purtroppo dire: ne “prevedevamo le spaventose e disastrose conseguenze”.

 

Adesso è giunta l’ora cruciale per Roma e molti temono il peggio. Ma inaspettatamente i tedeschi lasciano la città e le truppe americane il 4 giugno entrano nella capitale senza spargimenti di sangue.

 

Il giorno dopo il 5 giugno 1944 migliaia di romani, e tantissimi sfollati invadono pacificamente Piazza San Pietro acclamando Pio XII, Defensor Civitatis. E’ un senso di gratitudine spontaneo.

 

Il Papa si affaccia il 6 giugno dalla loggia esterna della Basilica vaticana per salutare la folla festante ma soprattutto per ringraziare Dio: Roma – dice – è stata preservata da un “incommensurabile pericolo”. E invita la popolazione a “frenare gli istinti del rancore, della vendetta e dell’egoismo” per soccorrere invece i più poveri e sofferenti.

 

Domenica 11 giugno Pio XII si reca alla Chiesa di Sant’Ignazio, dove era stata portata l’immagine della Madonna del Divino Amore: vuole  ringraziare la Vergine “di ciò che è accaduto – dice - contro le umane previsioni”…ispirando “a chi ne aveva in mano la sorte, particolari sensi di riverenza e di moderazione”.

 

Siamo “sazi di dolore e di pianto” – afferma il Papa davanti a decine di migliaia di romani e invoca la protezione di Maria “salvezza del popolo romano” affinché “splenda su tutti la giusta pace, una pace immune da ogni maligno spirito di odio, di violenza e di vendetta”.

 

Roma era liberata, ma la II Guerra Mondiale sarebbe durata per oltre un anno. Alla fine, oltre a immani distruzioni, si sarebbero contati più di 55 milioni di morti.

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CHIESA E SOCIETA’

4 giugno 2004

 

IN SUDAN E’ CORSA CONTRO IL TEMPO PER SALVARE MIGLIAIA DI VITE UMANE.

LE NAZIONI UNITE LANCIANO UN NUOVO APPELLO

PER LA DRAMMATICA SITUAZIONE NELLA REGIONE OCCIDENTALE DEL DARFUR

GINEVRA. = Le Nazioni Unite hanno esortato ieri la Comunità Internazionale a farsi carico della crisi umanitaria nel Darfur, la regione occidentale del Sudan sconvolta dagli scontri etnici che oppongono milizie filo-governative e ribelli. “Dobbiamo fare in fretta - ha ammonito il vice-segretario generale dell’Onu per gli Affari umanitari, Jan Egeland - poiché siamo già in ritardo e anche nelle migliori circostanze la crisi del Darfur è e resterà di immense proporzioni”. “Circa 300 mila persone, infatti, potrebbero morire di fame e malattie e se gli aiuti non giungeranno in tempo - gli ha fatto eco il direttore dell’agenzia americana per lo sviluppo (Usaid), Andrew Natsios - il bilancio delle vittime potrebbe raggiungere il milione”. “Dobbiamo impegnarci immediatamente in una corsa contro il tempo - ha insistito Egeland a margine di una Conferenza dei paesi donatori indetta dall’Onu per lanciare un pressante appello di fondi - per far giungere i soccorsi prima della stagione delle piogge”. Nel Darfur - regione grande quanto la Francia teatro da circa un anno di scontri tra ribelli e milizie, accusate di gravissimi abusi nei confronti della popolazione civile - il numero di sfollati ha raggiunto il milione, le persone rimaste senza risorse sono 800 mila, mentre i rifugiati fuggiti nel vicino Ciad sfiorano i 150 mila, su un totale di 7 circa sette milioni di abitanti. Le autorità del Sudan, ha concluso Egeland, continuano ad imporre restrizioni agli operatori umanitari e soprattutto, malgrado il cessate il fuoco dello scorso 8 aprile, le notizie che giungono dalla regione riferiscono “di atrocità di cui sono vittime donne, bambini, gente senza difese”. (B.C.)

 

 

PER SUPERARE LE PROVE A CUI SIAMO CHIAMATI OCCORRE CORAGGIO,

DETERMINAZIONE E SPERANZA. QUESTO, IN SINTESI, IL CONTENUTO DI UNA LETTERA DEI VESCOVI DEL CANADA, IN OCCASIONE DEI 50 ANNI DI ATTIVITA’

DELLA CONFERENZA DEI RELIGIOSI

 

OTTAWA. = La Conferenza dei religiosi canadesi festeggia mezzo secolo di attività. Nell’occasione i vescovi del Canada hanno diffuso una lettera pastorale, un messaggio di speranza e un incoraggiamento ai vari istituti alle prese con numerosi problemi, tra i quali spicca quello della mancanza di vocazioni. E’ prevedibile, infatti, che nel 2015 solo il 10 per cento dei religiosi canadesi avrà meno di 65 anni di età. La risoluzione di questi problemi, si legge nel documento, richiede “lo stesso coraggio nella prova, la stessa determinazione e la stessa speranza che ha sempre richiesto la vita cristiana”. I vescovi canadesi propongono così alle religiose e ai religiosi di incrementare gli sforzi per nuove vocazioni, come pure per la formazione pastorale e spirituale e per assistere le famiglie nel loro lavoro di trasmissione della fede. La lettera pastorale è stata pubblicata alla vigilia dell’assemblea generale della Conferenza dei religiosi. L’assise è iniziata mercoledì e chiuderà i lavori lunedì prossimo. Vi partecipano 350 superiori e superiore maggiori, rappresentanti dei 25 mila religiosi canadesi. (A.M.)

 

 

I VESCOVI DELL’ASIA PUNTANO SUL DIALOGO INTERRELIGIOSO E INTERCULTURALE

PER COSTRUIRE LA PACE E L’ARMONIA NELL’INTERO CONTINENTE.

E’ QUANTO E’ EMERSO IN UN RECENTE SEMINARIO A BANGKOK

 

BANGKOK. = Il dialogo interreligioso come via per portare riconciliazione e costruire la pace nel continente asiatico: ne hanno parlato i vescovi dell’Asia durante il seminario di cinque giorni organizzato recentemente a Bangkok dall’Istituto per la Formazione al Dialogo Interreligioso. L’iniziativa, ha spiegato Edmund Chia, responsabile dell’Ufficio Affari Ecumenici e Interreligiosi della Federazione delle Conferenze Episcopali dell’Asia, rappresenta l’ultimo passo di un percorso iniziato venticinque anni fa, quando la Fabc ideò una serie di programmi di formazione attraverso i quali “il clero e i fedeli cristiani asiatici si sono accorti di dover approfondire la conoscenza delle altre religioni”. Al seminario hanno partecipato giovani buddisti e cristiani tailandesi, vietnamiti e di altri Paesi della regione. Scopo dell’evento: promuovere un impegno concreto per superare i pregiudizi  e “instaurare in tutte le realtà locali un dialogo a livello spirituale, di studi, ma anche di condivisione e testimonianza di vita”. Il seminario, hanno affermato i giovani presenti, ha permesso di sviluppare reciprocamente una comprensione più profonda della spiritualità delle due religioni. (R.M.)

 

 

LUTTO NEL MONDO DELLO SPETTACOLO. DOPO UNA LUNGA MALATTIA E’ MORTO

STAMANI A ROMA NINO MANFREDI. L’ATTORE AVEVA 83 ANNI ED ERA STATO COLPITO

DA UN ICTUS LO SCORSO LUGLIO. LA CAMERA ARDENTE VERRA’ ALLESTITA DOMANI

NELLA PROTOMOTECA DEL CAMPIDOGLIO

- A cura di Francesco Bolzoni -

 

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ROMA. = La storia di Manfredi è una storia molto lunga, che copre l’intero spettacolo italiano dopo il ‘45. Sembrava che tutte le cose gli succedessero per caso. Era andato ad accompagnare un amico all’Accademia di Arte Drammatica “Silvio D’Amico” e si ritrovò attore. Chiamato da Strehler, molto amato da Edoardo de Filippo, che voleva fare di lui il proprio erede, Manfredi cominciò con film di genere e piccole pellicole commerciali. Poi incontrò i registi e i colleghi della Commedia all’Italiana. Fu uno dei quattro della Commedia all’Italia, insieme con Alberto Sordi, Vittorio Gassman e Ugo Togniazzi, e non fu assolutamente mai inferiore a questi grandi attori. I personaggi da ricordare sono moltissimi. Tutti, comunque, avevano alcuni tratti distintivi: un uomo di origine proletaria, contadina o piccolo borghese con il desiderio di affermarsi, di farsi largo, talvolta anche in maniera un po’ brusca, che poi viene bloccato, incontrando le difficoltà della vita. La morte di Manfredi è una grande perdita. Il cinema italiano ha dato molto a Manfredi, ma anche Manfredi ha dato molto al cinema italiano.

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LA CARITAS LANCIA UN APPELLO PER LA SITUAZIONE AD HAITI.

L’ORGANISMO INTERNAZIONALE PENSA ALLA RICOSTRUZIONE

DOPO LE DISASTROSE ALLUVIONI CHE SI SONO ABBATTUTE SUL PAESE CARAIBICO

 

PUERTO PRINCIPE. = Caritas Haiti ha inviato una richiesta di fondi utili a finanziare i lavori di ricostruzione dopo le inondazioni della scorsa settimana. Secondo le prime stime, si contano 156 dispersi, 1113 abitazioni distrutte, altre 1288 danneggiate, 5565 senza tetto, 2800 bambini che non hanno più una scuola. La diocesi di Jacmel ha registrato 230 morti, 850 feriti, 380 dimore spazzate via dalla furia delle acque, 2500 sfollati e 450 capi di bestiame affogati. A Hinche le persone per la strada sono tremila, 500 le case abbattute e 500 animali morti. Nella diocesi di Cayes hanno perso la vita dieci persone e una cinquantina di dimore distrutte, mentre al confine con la Repubblica Dominicana, precisamente a Jiamanì, per ora i morti sono 135 e 200 i dispersi. La macchina della Caritas si è subito messa in moto e con le donazioni provenienti da oltre confine ha pianificato anche un intervento post-emergenza, per far fronte alle necessità delle famiglie colpite. (D.D.)

 

 

LA BEATA MARIA ELISABETTA HESSELBLAD PIONIERA DELL’ECUMENISMO:

OGGI LA SUA FESTA LITURGICA E IL 134.MO ANNIVERSARIO DELLA SUA NASCITA

- A cura di Giovanni Peduto -

 

ROMA. = La comunità luterana in Roma si riunisce oggi assieme alle Suore del Santissimo Salvatore di Santa Brigida, in Piazza Farnese, per celebrare la memoria liturgica della loro insigne connazionale, la beata Maria Elisabetta Hesselblad, che vedeva la luce in Svezia proprio come oggi 134 anni or sono. Giovanni Paolo II l’ha proclamata Beata il 9 aprile dell’anno 2000. Era morta nel 1957 a Roma dopo aver rifondato le Suore di Santa Brigida e speso la sua vita per la causa dell’unione fra cattolici e luterani. Lei stessa era luterana, prima di passare alla Chiesa di Roma. Questo suo impegno è ben tratteggiato nel recente volume di Cristiana Dobuer, edito dalle Paoline, dal titolo “L’Unico Ovile”. Giovanni Paolo II, all’omelia della cerimonia di beatificazione, ne risaltò lo zelo profuso con il lavoro e la preghiera, affinché tutti i cristiani fossero una cosa sola. Fedele discepola della sua grande connazionale Brigida di Svezia, ne seguì le orme soprattutto con una continua carità operosa: durante la seconda guerra mondiale diede rifugio a molti ebrei, trasformando la sua casa romana in un luogo dove le sue figlie spirituali, le Suore Brigidine, potessero distribuire viveri e vestiario a quanti si trovavano in necessità. Oggi l’Ordine brigidino, guidato da Madre Tekla Famiglietti, si estende in Italia, in quasi tutti i Paesi del Nord Europa, in Messico, Cuba, India, Filippine e Terra Santa, con oltre 600 suore e 45 comunità.

 

 

 

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24 ORE NEL MONDO

4 giugno 2004

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

 

In Iraq, le milizie agli ordini del leader radicale sciita, Moqtada al-Sadr, hanno annunciato che oggi cominceranno a ritirarsi da Najaf, città recentemente insanguinata da furiosi combattimenti. Sul versante politico, il ministro degli Esteri iracheno, Hoshiyar Zebari, ha intanto dichiarato che la futura risoluzione dell’Onu sull’Iraq dovrà accordare al nuovo governo “piena sovranità”. Ma il Paese arabo – ha anche aggiunto - ha ancora bisogno dell’assistenza della forza multinazionale. Il nostro servizio:

 

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Rivolgendosi ai membri del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, Zebari ha affermato che l’Iraq deve avere voce in capitolo sulla presenza delle truppe straniere sul proprio territorio, ma ha anche osservato che un ritiro prematuro delle forze della coalizione porterebbe al caos e al rischio di una guerra civile. Ed il complesso scenario iracheno sembra inoltre fare da sfondo ad una importante decisione. Il direttore della Cia, George Tenet, si è infatti dimesso - ufficialmente per motivi personali - dal suo incarico. A partire da luglio la guida dell’Agenzia sarà temporaneamente affidata al suo vice, John McLaughlin. Le polemiche legate alle informazioni sulle armi di distruzione di massa di Saddam Hussein e gli errori commessi dall’intelligence americana prima dell’attacco dell’11 settembre 2001 sono stati i principali argomenti contro la gestione di Tenet, al quale il presidente statunitense, George Bush, ha sempre ribadito la propria fiducia. Sul terreno, intanto, sette iracheni sono morti durante due distinti attacchi avvenuti ad Abu Ghraib e a Baghdad. E sempre nella capitale irachena diversi colpi di mortaio sono stati sparati, ieri, contro l’ambasciata italiana causando la morte di due persone. La Farnesina ha confermato che non ci sono vittime italiane. Dopo l’agguato, il personale della sede diplomatica è stato trasferito nella cosiddetta “zona verde” dove si trova il quartier generale della coalizione. Assume, infine, contorni sempre più drammatici la vicenda delle torture perpetrate da soldati statunitensi contro prigionieri iracheni: due marines americani sono stati condannati a pene detentive dopo essersi dichiarati colpevoli di aver sottoposto un detenuto a scariche elettriche.

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In Medio Oriente, il primo ministro israeliano, Ariel Sharon, ha inviato lettere di licenziamento a due ministri dell’estrema destra del governo contrari al suo piano per il ritiro unilaterale di Israele dalla striscia di Gaza. Secondo la radio di Stato, Sharon intende sostituire i ministri dei Trasporti, Avigdor Lieberman, e per il Turismo, Benny Eilon, con elementi che gli garantiscano l’appoggio al piano di disimpegno, in modo da ottenerne l’approvazione nella riunione dell’esecutivo di domenica prossima.

 

L’Opec, l’organizzazione dei Paesi produttori di greggio, interviene per ridurre il prezzo del petrolio aumentando l’offerta di 2 milioni di barili al giorno. Questa decisione, si legge nel comunicato dell’organizzazione, dovrebbe permettere di “assicurare un’offerta adeguata e mantenere l’andamento dei prezzi accettabile per i produttori e i consumatori”. Dopo l’aumento della produzione giornaliera da parte dell’Opec, il prezzo del petrolio al mercato di New York è sceso sotto i 39 dollari al barile.

 

Il leader di Al Qaeda in  Arabia Saudita, Abdulaziz al Muqrin, ha elogiato i recenti attacchi terroristici nel Paese, sottolineando che tali azioni hanno contribuito a far salire a prezzi record il costo del petrolio. In un comunicato comparso su un sito internet islamico, Muqrin ha inoltre esortato i sauditi ad appoggiare la campagna contro la monarchia dei Saud, alleata degli Stati Uniti. Al Qaeda aveva già rivendicato la sanguinosa azione compiuta sabato scorso ad al Khobar, nella quale sono morte 22 persone.

 

Dopo lunghi colloqui militari a livello di generali, è stato raggiunto nella notte tra le due Coree uno storico accordo per ridurre le tensioni nella penisola. Lo hanno reso noto fonti sudcoreane. Si tratta della prima intesa raggiunta dopo l’armistizio del 1953, che ha posto “temporaneamente” fine al sanguinoso conflitto civile tra le due nazioni.

 

 “Siamo pronti ad affrontare un referendum”. In un messaggio alla nazione, il presidente venezuelano, Hugo Chávez, ha commentato così l’annuncio di ieri del Consiglio nazionale elettorale sul raggiungimento, da parte dell’opposizione, del numero di firme necessarie per indire una consultazione sulla revoca o meno del suo mandato.

 

Nella Repubblica Democratica del Congo, dopo giorni di intensi combattimenti, costati la vita a 61 persone, circa 3 mila miliziani filorwandesi della Rcd-Goma hanno iniziato questa notte il ritiro dalla città di Bukavu. La missione Onu in Congo, la Monuc, è stata duramente contestata dalla popolazione per l’intervento tardivo: nelle manifestazioni di ieri a Kinshasa sono morte due persone. Da Bukavu, un religioso – che lasciamo anonimo per motivi di sicurezza – conferma le responsabilità dell’Onu al microfono di Andrea Sarubbi:

 

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R. - La nottata è stata abbastanza calma. Si sente ancora qualche sparo, ma sembra che sia per disperdere i giovani che saccheggiano la città. In ogni modo, la popolazione è ancora rintanata nelle case e ben poca è sulle strade. La città è ancora deserta, soprattutto nel centro dove non ci sono vetture che passano. Non c’è vita.

 

D. – I miliziani hanno cominciato il ritiro. Secondo lei, perchè hanno deciso di andare via?

 

R. – Da quello che ho sentito questa mattina sembra che abbiano fatto un patto con la Monuc, un cessate-il-fuoco. Da altre fonti sembra che fossero venuti qui, in questa città di Bukavu, per fare dei saccheggi. Per quanto riguarda gli stupri di bambine e ragazze, ormai se ne contano a decine.

 

D. – Di cosa ha bisogno Bukavu adesso?

 

R. – Quello che conta, in questo momento, è che la popolazione possa riprendere fiato e che possa ritrovare soprattutto la speranza nel proprio avvenire. La gente, dopo una settimana di battaglia, comincia ad avere fame e ci sono già molti casi di bambini allo stremo delle loro forze perché non c’è cibo.

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Cina. Gruppi speciali di polizia sono pronti a bloccare iniziative di studenti e attivisti politici in occasione del 15.mo anniversario del massacro di piazza Tienanmen, a Pechino. Nella notte del 4 giugno ’89, i dirigenti comunisti diedero l’ordine ai soldati di sgombrare con la forza la piazza, occupata da migliaia di manifestanti.

 

In Afghanistan, tredici presunti taleban sono stati uccisi, mercoledì scorso, durante un’operazione congiunta dell’esercito statunitense e delle milizie filo-governative afghane nella provincia di Kandahar. Lo hanno comunicato oggi fonti ufficiali.

 

In Russia, almeno dieci persone sono rimaste uccise per un’esplosione in un mercato della città di Samara, circa 800 chilometri a sudest di Mosca. Secondo le prime informazioni fornite dal Ministero russo per le Situazioni di emergenza, a causare l’incidente sarebbe stata l’esplosione di due bombole di gas ma non si esclude l’ipotesi di un attentato terroristico.

 

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