RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n. 154 - Testo della trasmissione di mercoledì 2 giugno
2004
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI
IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
L’Unicef denuncia con un rapporto il
drammatico fenomeno dei bambini-soldato
La disoccupazione colpisce il 35 per
cento dei palestinesi nei territori arabi occupati
Quattro morti e 20
feriti per un’autobomba a Baghdad. Spari e tensione a Nassiryia
Uccisi a Ta’if due militanti
islamici probabilmente coinvolti nell’eccidio di Al Khobar. Fallito un attacco
ad un complesso per stranieri a Riad
Cerimonia a Roma per la festa della Repubblica
italiana: momenti di tensione tra pacifisti e forze dell’ordine.
2
giugno 2004
LA
MALATTIA VISSUTA NELLA FEDE PURIFICA L’ANIMA E ASSICURA LA CONSOLAZIONE DIVINA:
COSI’ IL PAPA QUESTA MATTINA ALL’UDIENZA GENERALE, DURANTE LA QUALE HA RIVOLTO
GLI AUGURI ALL’ITALIA NEL GIORNO DELLA FESTA DELLA REPUBBLICA
E
RICORDATO I 25 ANNI DAL SUO PRIMO PELLEGRINAGGIO IN POLONIA
-
Servizio di Alessandro De Carolis -
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La malattia e la sofferenza che da essa ne deriva possono
diventare una strada di purificazione se vissute nella fede che sarà Dio stesso
“a prendere tra le braccia il malato” e a consolarlo. Con alcune immagini
toccanti, Giovanni Paolo II ha affrontato all’udienza generale di questa
mattina in Piazza San Pietro il delicato tema dell’infermità, ispirato dai
versi del Salmo 40, lo stesso citato da Gesù nell’Ultima cena prima del
tradimento di Giuda. Ma ha anche ricordato con un saluto beneagurante tutti gli
italiani, che oggi celebrano la Festa della Repubblica, auspicando che i
“grandi valori” nazionali di cultura e arte e la tradizione religiosa possano
assicurare al Paese concordia sociale, coesione interna, solidarietà.
Ai tredicimila fedeli presenti in Piazza San Pietro
nonostante la giornata cupa, il Papa ha parlato dei vari aspetti che circondano
la dolorosa quotidianità del malato. Anche quelli peggiori – simboleggiati nel
Salmo dalla presenza dei “malvagi” che vengono a “visitare l’infermo non per
confortarlo bensì per attaccarlo”. La stessa esperienza, ha osservato con
realismo il Pontefice, “compiranno molti poveri umiliati, condannati a stare
soli e a sentirsi un peso per gli stessi familiari. E se ricevono talora
qualche parola di consolazione – ha aggiunto – ne avvertono subito il tono
falso e ipocrita”. Ma a un tratto il Salmo cambia tono e scenario e
all’amarezza di chi si sente tradito nella debolezza dai suoi stessi amici si
sostituisce la speranza nella più grande pietà che viene da Dio.
“La preghiera del Salmo 40 non si spegne, però, su
questo sfondo cupo. L’orante è certo che Dio si affaccerà al proprio orizzonte
(…) sarà lui a offrire il sostegno e a prendere tra le braccia il malato (…)
rivelando ancora una volta il suo amore”.
La sofferenza, ha spiegato
Giovanni Paolo II, può nascondere in se stessa “un valore segreto e diventare
una strada di purificazione, di liberazione interiore, di arricchimento dell’anima.
Essa invita a vincere la superficialità, la vanità, l’egoismo, il peccato e ad
affidarsi più intensamente a Dio e alla sua volontà salvifica”.
Durante i consueti saluti in
sette lingue ai pellegrini presenti – tra i quali anche 55 veterani americani e
canadesi della Seconda guerra mondiale, giunti in Italia per il 60.mo dello sbarco
alleato di Anzio - il Papa ha speso parole affettuose per i suoi connazionali,
ringraziando la città di Slupsk per averlo nominato cittadino onorario.
“DZISIAJ MIJA DWADZIEŚCIA
PIĘĆ LAT OD DNIA...
Cade oggi il 25.mo
anniversario del giorno, in cui per la prima volta da Papa, ho baciato la terra
polacca. Ritorno sempre con il pensiero a quei giorni e ringrazio Dio per il
soffio delle Spirito Santo che è passato attraverso quella terra e ha suscitato
un profondo cambiamento”.
Infine Giovanni Paolo II ha
voluto esprimere i suoi “fervidi auguri” alla popolazione italiana e alle sue
autorità che, nelle stesse ore dell’udienza, stavano celebrando solennemente la
festa della Repubblica:
“Auspico inoltre che
l’Italia, grazie all’apporto responsabile delle varie realtà sociali e di ogni
cittadino, e restando ancorata ai grandi valori che stanno alla base della sua
cultura, della sua arte e della sua tradizione religiosa, possa conoscere un futuro
di speranza, aperto alla concordia, alla coesione interna e alla solidarietà”.
(musica)
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NOMINE
Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale
dell’arcidiocesi di Campinas, in Brasile, presentata da mons. Gilberto Pereira
Lopes, per raggiunti limiti di età.
Nuovo arcivescovo metropolita di
Campinas è stato nominato mons. Bruno Gamberini, finora vescovo di Bragança
Paulista. Mons.
Gamberini è nato il 16 luglio 1950 in Matão, nella diocesi di São Carlos, è stato
ordinato sacerdote l’8 dicembre 1974 e ha
ricevuto l’ordinazione episcopale il 16 luglio 1995.
Sempre oggi il Papa ha accettato la rinuncia al governo
pastorale della diocesi di Tarija in Bolivia, presentata da mons. Adhemar
Esquivel Kohenque, per raggiunti
limiti di età.
IL CARDINAL MARTINO TRA I PROFUGHI DEL NORD UGANDA:
“SONO
VENUTO A PIANGERE CON VOI”
-
Intervista con padre Giulio Albanese -
Prosegue
la visita del cardinale Renato Raffaele Martino nel nord Uganda: ieri il
presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace è stato nel campo profughi di Gulu. Questa
mattina ha visitato l’ospedale di Kalongo, dove ha incontrato numerosi feriti
di guerra. Dal Nord Uganda ce ne parla il direttore dell’Agenzia Misna padre
Giulio Albanese:
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R. – Il cardinale Martino, anche in questa occasione, ha
lanciato un messaggio di riconciliazione, di pace e di grande solidarietà,
soprattutto nei confronti della popolazione sfollata che vive praticamente,
attorno alla missione cattolica. Il
cardinale Martino, ha detto che quello che ha visto ieri, soprattutto nel campo
profughi di Pagak, ma anche ieri sera visitando l’ospedale missionario di
Lachore, è stato davvero sconvolgente, e che dimenticherà mai queste immagini.
Gente davvero stremata, gente che ha fame e sete di giustizia. Ha rilanciato,
dunque, l’impegno da parte della Chiesa cattolica, non solo ad essere vicina
alla popolazione attraverso iniziative di solidarietà e umanitarie, ma ha anche
confermato la linea di un piano di riconciliazione, perché questa parte
dell’Africa ha davvero bisogno di pace. Toccante è stato il sentimento che ha manifestato il
porporato rivolgendosi alla gente: “Sono venuto a piangere con voi”. Questo
aspetto ha colpito e commosso moltissimo la gente. Il cardinale ha assicurato
che farà di tutto per richiamare l’attenzione della comunità internazionale su
questa crisi. Questa è una guerra dimenticata e il cardinale l’ha detto a
chiare lettere, facendo intendere che purtroppo tante volte, anche a livello di
stampa e di informazione, la logica è quella dei due pesi e due misure. In
sostanza, si parla molto della crisi irachena, di quello che succede in Medio
Oriente, ma di quello che avviene in questa remota regione africana, poco o
niente.
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PRESENTATO A ROMA IL VII VOLUME
DELL’ENCICLOPEDIA ORTODOSSA
-
Intervista con il cardinale Walter
Kasper -
E’ stato presentato ieri a Roma il VII volume
dell’Enciclopedia ortodossa alla cui stesura hanno partecipato anche studiosi
ed esponenti della Chiesa cattolica. La presentazione del volume è stata
l’occasione per fare il punto sul dialogo tra la Santa Sede e il Patriarcato di
Mosca. Il servizio di Ignazio Ingrao:
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L’ecumenismo passa anche attraverso la cultura. E’ quanto
hanno affermato il cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio
per l’unità dei cristiani, e l’arcivescovo Vereysky Evgheny, rettore
dell’Accademia Ecclesiale di Mosca, intervenuti alla presentazione del VII
volume della monumentale enciclopedia dedicata all’ortodossia, iniziata nel
2000 e diretta dal Patriarca di Mosca Alessio II. “Con quest’opera, che
dovrebbe raggiungere i trenta volumi, cerchiamo di aiutare i cristiani a
scoprire le Chiese ortodosse”, ha detto l’arcivescovo Evgheny. La Chiesa
cattolica è stata chiamata a dare il proprio contributo all’enciclopedia.
Infatti, il cardinale Jorge Mejìa, archivista e bibliotecario emerito della
Santa Sede, ha redatto una voce contenuta proprio nel VII volume, che dedica
ampio spazio alla presentazione del Vaticano e della Chiesa cattolica.
“Questa Enciclopedia può considerarsi uno dei passi più
importanti e felici della Chiesa ortodossa russa nell’adempiere il suo dovere
di una nuova evangelizzazione in Europa”, ha commentato il cardinale Kasper. Il
presidente del Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani vede in questa iniziativa
il reciproco impegno della tradizione cattolica e di quella ortodossa “di
presentarsi l’una all’altra per riscoprire il vero volto dell’identità propria
a ciascuna di esse, un’identità – ha proseguito Kasper - che è complementare e
ha disegnato il volto cristiano dell’Europa”. Al cardinale Kasper abbiamo
chiesto un bilancio del dialogo tra Chiesa cattolica e chiesa Ortodossa, alla
luce del primo incontro della Commissione mista che si è svolto nelle scorse settimane:
“Ci sono stati
problemi nei mesi scorsi. Dobbiamo, però, cercare di superare questi malintesi
che si sono verificati. Questo sarà il futuro dell’ecumenismo. E’ importante la
stessa collaborazione in Europea, perché gli ortodossi hanno i nostri stessi
valori etici e possiamo, quindi, anche collaborare in Europa”.
Ma al nostro continente non basta respirare con due
polmoni, cioè l’Oriente e l’Occidente, ha osservato il cardinale Thomas
Spidlik, intervenuto nel corso dell’incontro. “L’Europa - ha detto il cardinale
- deve avere un solo cuore”. In questa prospettiva, ha aggiunto il presidente
dell’Enciclopedia ortodossa, Serghey Kravetz, è necessario alimentare tanto ad
Est quanto ad Ovest la percezione delle radici comuni dell’Europa. A questo
scopo l’Enciclopedia include anche numerose voci dedicate ai santi cristiani
dei primi secoli, comuni alla tradizione cattolica e quella ortodossa. E’ stato
anche annunciato che la Chiesa cattolica contribuirà alla realizzazione di un
documentario russo dedicato ai luoghi santi del cristianesimo dei primi secoli.
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PER IL
PROGRESSO DEI PAESI IN VIA DI SVILUPPO, SERVONO RIFORME INTERNET E
UN
MAGGIORE IMPEGNO PER LA RIDISTRIBUZIONE DELLE RICCHEZZE GLOBALI:
COSI’,
MONS. ETTORE BALESTRERO, INTERVENUTO IN RAPPRESENTANZA
DELLA SANTA SEDE AL FORO DELL’ORGANIZZAZIONE
PER LA
SICUREZZA E LA COOPERAZIONE ECONOMICA IN EUROPA, IN CORSO A PRAGA
- A
cura di Alessandro Gisotti -
Per favorire il progresso economico dei Paesi in via di
sviluppo, è necessario “creare degli strumenti adeguati di redistribuzione
delle risorse globali”. E’ l’esortazione espressa da mons. Ettore Balestrero,
officiale della Segreteria di Stato, intervenuto al Foro economico dell’Osce,
l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, in corso a
Praga. Mons. Balestrero ha sottolineato come non tutti gli Stati abbiano
beneficiato della liberalizzazione economica e del progresso tecnologico. Per
questo, molti Paesi necessitano di riforme per un’integrazione nell’economia
mondiale. “Il futuro dei Paesi in via di sviluppo – ha tenuto a sottolineare –
è nelle loro mani, nell’efficacia della loro lotta contro la corruzione” e
ancora nella capacità di dar vita ad una legislazione adeguata, incentivi
fiscali e infrastrutture moderne. Un traguardo, tuttavia, che non tutti possono
raggiungere da soli.
E’ quindi necessario il sostegno della comunità
internazionale, attraverso uno sforzo concertato ed investimenti economici e
finanziari. In particolare, ha affermato, deve essere garantita una maggiore
disponibilità di tutti i beni pubblici, come quelli riguardanti la salute o la
protezione ambientale. Questi beni, ha detto ancora, devono poter essere
trasferiti senza barriere, affinché “non rappresentino un vantaggio per un solo
Stato, ma siano considerati interesse di tutta la comunità internazionale”. Ha
così messo l’accento sul contributo, che può essere offerto in questa direzione
da organizzazioni come l’Osce.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
La prima pagina pone in forte
rilievo che all'udienza generale Giovanni Paolo II ha ricordato due importanti
anniversari: il 25° del primo pellegrinaggio apostolico in Polonia e la festa
nazionale della Repubblica italiana.
Nelle vaticane, la catechesi e
la cronaca dell'udienza generale.
Un volume dell'arcivescovo
Carlo Ghidelli dedicato al cardinale Anastasio Ballestrero.
Nelle estere, in rilievo
l'Iraq, con particolare riguardo alla nuova risoluzione di Usa e Gran Bretagna,
che ribadisce la sovranità di Baghdad dal 30 giugno.
L'intervento della delegazione
della Santa Sede al Foro economico dell'Osce: "Le politiche necessarie per
promuovere uno sviluppo sostenibile".
Per la rubrica dell'
"Atlante geopolitico", un numero speciale - a cura di Marcello
Filotei - sul tema "Australia e Nuova Zelanda: lo stridente contrasto tra
economia in crescita e ceti svantaggiati".
Nella pagina culturale, un
approfondito contributo di Giovanni Marchi sul legame di Gogol con la
Città Eterna: "Di Roma t'innamori lentamente, a poco a poco, ma per tutta
la vita".
Nelle pagine italiane, in primo
piano le celebrazioni per il 58 anniversario della Repubblica.
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2
giugno 2004
NELLA PREOCCUPAZIONE PER LE TENSIONI INTERNAZIONALI
RIENTRA
LA QUESTIONE DEL PETROLIO, DI
PRIMO PIANO
PER GLI EQUILIBRI ECONOMICI E NON SOLO
- Intervista col prof. Mario Deaglio -
L'Opec, L’Organizzazione dei
Paesi produttori di petrolio, potrebbe aumentare del 12 per cento la propria
produzione di greggio. Ad annunciarlo è stato il presidente dell'Organizzazione,
l'indonesiano Purnomo Yusgiantoro, appena arrivato a Beirut per il vertice di
domani dei Paesi produttori. L'obiettivo - ha spiegato - è di ''contribuire ad
un assestamento dei prezzi''. A rassicurare il mercato sono intervenuti anche i
ministri del petrolio di Kuwait e Qatar, insieme con un rappresentante
iracheno. E anche l'Arabia Saudita, secondo il ministro del petrolio, Ali
Al-Naimi, ''è pronta ad aumentare la propria quota di produzione''. A Mario
Deaglio, docente di economia internazionale all’Università di Torino, Giada
Aquilino ha chiesto quali ripercussioni si potranno avere sugli equilibri mondiali:
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R. – Se effettivamente faranno
quello che hanno detto, si dovrebbe avere un effetto equilibratore sul mercato
del petrolio. Su questo non c’è dubbio, anche se è difficile da quantificare. E
questo perché lo stesso mercato è anche influenzato da fattori non economici e,
in particolare, dopo gli attentati dell’Arabia Saudita, è influenzato dalla
percezione di pericolosità ed incertezza del flusso petrolifero.
D. – Ma da cosa dipende la
quantità di petrolio prodotta da un Paese?
R. – Dalla sua capacità
produttiva e dalla volontà di estrarre. Quasi tutti i Paesi petroliferi sono al
massimo dell’estrazione. C’è un solo Paese che ha un’ampia capacità produttiva
non utilizzata ed è l’Arabia Saudita.
D. – L’Arabia Saudita,
aumentando la sua produzione di petrolio, è spesso intervenuta ad evitare shock
petroliferi internazionali. Ora che è nel mirino dei terroristi come potrà gestire
l’oscillazione del prezzo del petrolio?
R. – Sì, è spesso intervenuta,
sia aumentando, sia riducendo la produzione, d’accordo con gli altri Paesi. Si
dice che questo sia una sorta di gesto di amicizia verso l’America e
soprattutto nel clima pre-elettorale nei confronti dell’amministrazione Bush.
Per gestire questo, l’Arabia Saudita ha bisogno di garantire la sicurezza dei
propri impianti. Il che non è del tutto facile, calcolando che si tratta di
migliaia di pozzi, di migliaia di chilometri di oleodotti e di installazioni
disperse sul territorio. Finora la sicurezza degli impianti è stata assoluta.
Sono stati, però, variamenti colpiti degli obiettivi collaterali e cioè i
tecnici che ci lavorano, i luoghi dove questi tecnici vivono. Questo crea,
ovviamente, più di una preoccupazione.
D. – Se il prezzo del petrolio
dovesse continuare a crescere, a cosa si andrebbe incontro?
R. – Pensiamo che ci sia un
effetto scalino: finché l’aumento del prezzo del petrolio si mantiene sotto
certi limiti succede poco. Se si superano questi limiti, che collochiamo più o
meno intorno ai 50 dollari al barile,
di colpo abbiamo un effetto scatenante sui prezzi, che porta i governi
ad adottare misure anti inflazione. E, quindi, in genere va nel senso di una
riduzione dell’espansione mondiale.
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HAITI: I CASCHI BLU DELL’ONU
ASSUMONO
IL COMANDO DEL CONTINGENTE DI PACE
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Intervista con Joanny De Matteis -
Ad
Haiti, passaggio di consegne dai Marines statunitensi ai Caschi blu dell’Onu,
che hanno assunto il comando del Contingente di pace. La cerimonia è avvenuta
ieri a Port au Prince. La forza multinazionale di pace guidata dagli Usa era
giunta ad Haiti nel marzo scorso per sedare una rivolta armata che aveva
causato oltre 200 morti e costretto alla fuga, il 29 febbraio, il presidente
Aristide. ''La posta in palio è molto alta, stavolta facciamo le cose per
bene'', ha scritto in un messaggio Kofi Annan, segretario generale delle
Nazioni Unite. I Caschi blu erano infatti già intervenuti ad Haiti nel 1995 a
seguito dell'invasione statunitense dell'isola per riportare al potere il
presidente Aristide, deposto da un colpo di Stato militare. Primo compito dei
Caschi blu sarà ora quello di disarmare le bande armate legate alle diverse
fazioni politiche. Ma come è percepito il disimpegno militare americano ad
Haiti? Lucas Duran lo ha chiesto al viceconsole onorario italiano nell’Isola
caraibica, Joanny De Matteis:
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R. – Qui è recepita positivamente. Era previsto e si pensa
che una forza multinazionale, composta prevalentemente di caraibici e
sudamericani, possa giocare un ruolo importante per il futuro di Haiti. Andremo
verso un processo elettorale, nel quale ci sarà bisogno di un controllo, e riteniamo
quindi che questa forza possa fare bene.
D. – La partenza dei soldati americani sta a significare
un loro disimpegno nei confronti di Haiti, anche a livello economico?
R. – No, assolutamente no. Anzi alcune dichiarazioni, che
sono state fatte in questo senso dal governo americano e dal governo francese,
dicono esattamente il contrario. Si pensa anche che una certa entità di forze
americane e francesi rimarranno sul terreno.
D. – Che ricordo lasciano i tre mesi di presenza di
soldati americani nella popolazione?
R. – Per quanto riguarda gli americani, la loro presenza
non è stata particolarmente brillante; mentre i francesi hanno giocano un ruolo
sicuramente più positivo.
D. – L’ex presidente Jean-Bertrand Aristide è giunto in
Sudafrica ma ha fatto anche sapere che si tratta soltanto di un domicilio
temporaneo in attesa di rientrare in patria. E’ realistico pensare che questo
possa accadere?
R. – Assolutamente no. Vista la situazione attuale, penso
che siano solo parole. Non penso che Aristide potrà mai tornare ad Haiti.
D. – Le persone fedeli, appunto, fino a tre mesi fa al
presidente Aristide, che ruolo hanno in questa fase difficile che sta
attraversando il Paese?
R. – C’è stato a quel livello un “ripulisti”; molte
persone sono state arrestate.
D. – Per quanto concerne le recenti alluvioni, qual è la
situazione e quali sono le condizioni metereologiche?
R. – Le condizioni metereologiche sono piuttosto buone. Il
numero delle vittime, purtroppo, aumenta di giorno in giorno. Si superano ormai
i 1.500 morti e per quanto riguarda i dispersi non abbiamo un censimento
preciso. Le località colpite sono ancora oggi raggiungibili soltanto in
elicottero. La situazione è, diciamo, sotto controllo ma la paura è che alle
prime piogge – e arriveranno le piogge con la stagione ciclonica – se non verranno
urgentemente spostate alcune popolazioni si rischia una catastrofe, ancora
peggiore.
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CONVEGNO
A ROMA SUL RAPPORTO TRA CATTOLICESIMO E LETTERATURA
NEL
‘900 NEI PAESI DI LINGUA SPAGNOLA
-
Intervista con il cardinale Paul Poupard -
“Cattolicesimo
e Letteratura nel ‘900 nei Paesi di lingua spagnola”: è il titolo del convegno
promosso ieri a Roma dall’Istituto Cervantes della capitale e dal Pontificio Consiglio
della Cultura. Ha presieduto l’incontro il cardinale Paul Poupard, presidente
di questo dicastero. Giovanni Peduto lo ha intervistato:
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R. – Il rapporto con il cattolicesimo è stato piuttosto
critico nella letteratura di lingua spagnola nel ‘900. Direi che non c’è una
grande letteratura cattolica come c’era stata nel Seicento, il secolo d’oro.
Molti hanno vissuto in prima persona il conflitto tra cristianesimo e modernità
e pensavano che per essere veramente creativi dovevano liberarsi dalle imposizioni
dell’etica cattolica. Questo è il dramma della modernità, ma questo non vuol dire
che Dio sia assente, solo che il rapporto con Dio e con la Chiesa cattolica è
problematico.
D. – Eminenza, uno dei grandi temi della letteratura di
lingua spagnola del Novecento, che più ha acceso la sua fantasia?
R. – Direi Miguel de Unamuno, che è quello che ha espresso
più vivacemente il rapporto con Dio che egli vede come una lotta tra Giacobbe e
Dio. I suoi due libri fondamentali: “Dal sentimento tragico dell’esistenza” e
“L’agonia del cristianesimo” che spesso è stato capito male, come se fosse la
morte del Cristianesimo ed invece si riferisce al combattimento. Accennando
alla lotta dell’angelo con Giacobbe, egli scrive:“la mia religione è lottare
dal tramonto all’alba con Dio”. Potrei aggiungere anche quel grande narratore
che è Gabriel García Márquez, colombiano, il quale condivide il desiderio di
vedere in America una società più giusta. Egli, però, ci ha lasciato anche, nel
suo libro “Cent’anni di solitudine” un racconto del paradiso perduto di
Macondo, la solitudine dell’uomo.
D. – Oggi gli scrittori cercano ancora Dio?
R. – Direi di sì. Basta pensare a García Lorca, il più
grande poeta del Novecento, alla sua ricerca angosciosa di mistica, di
spiritualità nel ritorno alla religiosità pura della sua infanzia, e di un Dio
che si schieri dalla parte dei poveri. Basta pensare al suo libro dal tragico
titolo “Nozze di sangue”. Lorca si può dire che sia un poeta religioso, anche
se non cattolico. Poi pensiamo anche al cileno Pablo Neruda.
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2
giugno 2004
IL
FRANCESE GERARD CHABANON E’
IL NUOVO SUPERIORE GENERALE DEI
PADRI BIANCHI
ROMA. = E’ stato eletto oggi il nuovo superiore generale
dei Missionari d’Africa, più comunemente noti come Padri Bianchi. Si tratta del
religioso francese Gerard Chabanon, 56 anni, già provinciale in Francia e per
molti anni missionario in Tanzania. La Società dei Missionari d’Africa fu
fondata in Algeria, nel 1868, da mons. Charles Lavigerie, allora arcivescovo di
Algeri per offrire la testimonianza cristiana nei Paesi musulmani, l’annuncio
del Vangelo nel Continente africano e l’impegno per l’unità dei cristiani in
Medio Oriente. Il 2 febbraio 1869 i primi quattro novizi ricevettero l’abito,
composto di una lunga veste, la “gandura” ed un mantello di lana bianca, tipico
costume arabo leggermente modificato. Il costume arabo era segno di quella
volontà di adattamento agli usi e costumi delle popolazioni locali,
caratteristica fondamentale dell’Istituto. Per i primi anni i missionari si
sono dedicati alla testimonianza della carità verso le popolazioni
dell’Algeria, gli arabi del Sahara, i berberi della Cabilia, mediante opere di
sviluppo rurale, scuole e dispensari. I padri Bianchi, il cui scopo principale
è l’evangelizzazione dell’Africa, sono attualmente circa 2000 con oltre 330
case. (A.L.)
L’UNICEF DENUNCIA CON UN RAPPORTO
IL DRAMMATICO FENOMENO DEI BAMBINI-SOLDATO: NEL MONDO I MINORI RECLUTATI PER
COMBATTERE SONO OLTRE 300 MILA
PARIGI. = Sono almeno trecentomila i bambini soldato al
mondo. L’allarmante cifra è stata resa nota ieri, a Parigi, in occasione di una
conferenza della sezione francese dell’Unicef. L’organizzazione denuncia,
inoltre, la crescita di un preoccupante fenomeno relativamente nuovo, il
reclutamento anche di bambine. Dei 20 Paesi nei quali è alta la presenza di
minori negli eserciti, la situazione più inquietante si rileva nell’Africa
sud-sahariana, dove si stimano almeno 120 mila bambini-soldato. “Un fenomeno
drasticamente in crescita” sottolinea Jacques Hintzy, presidente della sezione
francese dell’Unicef. Nel 1996, infatti, erano 200 mila i giovani con il fucile
in mano. Un dato ancora più drammatico
rivelato dal rapporto dell’organizzazione indica che “con la sola eccezione
dell’Afghanistan, non esiste una guerra senza l’utilizzo di bambine”. “Le
ragazzine non hanno più solamente incarichi logistici - sottolinea Hintzy - ma
adesso vengono direttamente mandate al fronte e spesso sono vittime di violenze
sessuali”. Per affrontare il drammatico fenomeno dei bambini-soldato, l’Unicef
sta studiando un piano per il reinserimento sociale dei “piccoli combattenti” e
ha lanciato una petizione nella quale si chiede l’applicazione sistematica di
pesanti sanzioni per chi arruola e utilizza minori per scopi bellici.
(A.L.)
A TAIWAN CHIESTA L’ABOLIZIONE
DELLA PENA DI MORTE
DAL VESCOVO DI KAOHSIUNG,
CARDINALE PAUL SHAN KUO-HSI
KAOHSIUNG.
= “Chiediamo al governo di abolire la pena di morte a Taiwan. Ho parlato più
volte con il presidente, Chen Shui-bian, e con il ministro della Giustizia
facendo una esplicita richiesta per farla abolire il più presto possibile”. E’
quanto ha dichiarato all’Agenzia Fides il vescovo di Kaohsiung, cardinale Paul
Shan Kuo-hsi, illustrando il lavoro di formazione e sensibilizzazione che la
Chiesa taiwanese sta svolgendo. Le autorità civili – aggiunge il porporato -
hanno mostrato disponibilità e mi hanno detto che occorre cambiare la legge
vigente, compito che spetta al Congresso. “Stiamo partecipando – precisa il
cardinale - ad una campagna di sensibilizzazione dell’opinione pubblica per la
quale si sono mobilitati molti intellettuali”. Il cardinale Shan sottolinea
anche che, a Taiwan, la Chiesa locale organizza conferenze e dibattiti per
formare le coscienze sul tema della pena di morte. Di recente, l’Istituto per
la pace intitolato a Giovanni Paolo II, presso l’Università di Fu Jen, ha
organizzato un seminario al quale hanno preso parte cattolici, buddisti e
rappresentanti di diverse associazioni. Nel corso dei lavori sono stati citati
studi che dimostrano come la pena di morte non sia uno strumento preventivo del
crimine. Secondo recenti sondaggi, il 70 per cento della popolazione di Taiwan
è favorevole alla pena capitale, ma la percentuale si dimezza quando si
presenta l’alternativa dell’ergastolo. Secondo i dati forniti da Amnesty
International, nel 2003 a Taiwan sono
state giustiziate sette persone con iniezione letale. (A.L.)
LA DISOCCUPAZIONE COLPISCE IL 35
PER CENTO DEI PALESTINESI
NEI TERRITORI ARABI OCCUPATI. LO
AFFERMA UN RAPPORTO DELL’UFFICIO INTERNAZIONALE DEL LAVORO PRESENTATO ALLA
92.MA CONFERENZA DEL LAVORO,
IN CORSO A GINEVRA
- A
cura di Mario Martelli -
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GINEVRA. = Un rapporto dell’Ufficio Internazionale del
Lavoro presentato alla 92.ma Conferenza del lavoro, in corso a Ginevra,
sottolinea come il fenomeno della disoccupazione interessi, nei Territori
occupati, il 35 per cento dei palestinesi. Nel documento, redatto sulla base
dei risultati di una recente missione dell’Ilo nella regione, si afferma che
severe restrizioni sono imposte alla libertà di circolazione delle persone, dei
beni e dei servizi. Si riscontrano anche perdite importanti nella produzione,
nell’impiego e nei redditi. La realtà della vita nel Territori è il
soffocamento dell’economia e la povertà continua a colpire le comunità palestinesi,
una povertà solamente attenuata da un’assistenza internazionale su vasta scala,
osserva il direttore generale dell’Ilo, Juan Somavia, nella prefazione del
rapporto. Nel documento si rileva, inoltre, che il numero dei palestinesi della
riva occidentale e di Gaza, che lavorano in Israele, dipende il larga misura
dai continui cambiamenti nelle restrizioni del movimento delle persone tra i
Territori occupati ed Israele. Poi, si osserva che il fatto di possedere un permesso
di lavoro valido non costituisce sempre una garanzia di lavoro per coloro che
devono recarsi in Israele per lavorare. Le restrizioni di movimento si
intensificano con la costruzione del nuovo muro di separazione in Cisgiordania.
Fino a quando permarrà questa situazione – è stato notato - sarà impossibile
una ripresa durevole dell’economia. Il rapporto rileva, tuttavia, qualche
miglioramento nei movimenti dei lavoratori palestinesi sia dalla Cisgiordania
sia da Gaza. Il documento fa anche notare che il prodotto interno lordo di
Israele ha registrato, nel 2003, una crescita dell’1,2 per cento. Il costo
dell’occupazione, inclusa la realizzazione del muro, rappresenta la maggior
parte del deficit di bilancio pari a meno 5,7 per cento dello stesso prodotto interno
lordo. La disoccupazione in Israele, infine, rimane elevata specialmente tra la
popolazione non ebrea.
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NASCE IL PRIMO CENTRO PASTORALE
CATTOLICO A KATHMANDU:
UN
PASSO AVANTI PER LA MISSIONE DELLA CHIESA NEPALESE
KATHMANDU.=
E’ stato inaugurato recentemente il primo Centro pastorale cattolico del Nepal.
Il complesso, intitolato a San Giovanni Maria Vianney, si trova a Godavari, 15
chilometri a sud della capitale Kathmandu, e si compone di due edifici
innalzati su un terreno di 5000 metri quadrati. Una costruzione sarà la sede
delle attività pastorali del Centro, mentre l’altra ospiterà il pro-prefetto
apostolico in Nepal, padre Pius Perumana e quattro suore Adoratrici del
Santissimo Sacramento. All’inaugurazione, presieduta dal nunzio apostolico in
India e Nepal, mons. Lopez Quintana, erano presenti oltre 80 persone, tra laici
e religiosi, mentre alla festa che ha seguito la Celebrazione Eucaristica, sono
intervenuti numerosi indù provenienti da villaggi vicini. Molti altri fedeli
non hanno potuto raggiungere la zona a causa della guerra civile fra governo e
ribelli maoisti, che in sette anni ha causato la morte di circa 9000 persone.
Intanto, secondo fonti governative, negli ultimi giorni oltre mille civili sono
stati sequestrati dal gruppo maoista nepalese. Tuttavia, nonostante i gravi
rischi e pericoli, i religiosi e i laici cattolici che lavorano in Nepal non
rinunciano a portare avanti il loro impegno di evangelizzazione, specialmente
nell’ambito dell’educazione scolastica. Il Paese conta circa 6000 cattolici su
23 milioni di abitanti. La Chiesa cattolica, che non ha ancora ottenuto il
riconoscimento giuridico ufficiale da parte del governo ed è considerata alla
pari di una Organizzazione non governativa, deve scontrarsi anche con una legge
induista anti-conversione che vieta di convertire qualcuno ad un’altra fede. (R.M.)
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2 giugno 2004
- A cura di Fausta Speranza -
Sono quattro i morti e 20 i
feriti per l’autobomba esplosa questa mattina a Baghdad. Colpi d’arma da fuoco
e tensione a Nassiryia: uomini armati a bordo di un'auto hanno sparato contro i
Lagunari ma senza ferire nessuno dei soldati italiani. Un gruppo armato iracheno
ha dichiarato alla televisione Al Arabija che ucciderà un cittadino turco e uno
egiziano che tiene in ostaggio, se i loro due Paesi non condanneranno la
presenza americana in Iraq. Nella notte a Baghdad sono stati rapiti due
polacchi di una società di costruzione, di cui uno è riuscito a fuggire. E da
parte sua, il ministero degli esteri giapponese ha sollecitato per l'ennesima
volta giornali e radiotelevisioni a ritirare dall'Iraq tutti i loro dipendenti.
Intanto, si discute delle prospettive sul piano politico, dopo la formazione
ieri del nuovo governo e l’elezione del presidente. Il servizio di Fausta
Speranza:
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L'occupazione dell’Iraq
terminerà il 30 giugno e da quella data il nuovo governo ad interim sarà
totalmente sovrano. E’ quanto emerge dall’ultima bozza di risoluzione Onu
sull’Iraq, elaborata dopo le modifiche apportate a quella presentata da Stati
Uniti e Gran Bretagna. Il documento, accogliendo i suggerimenti avanzati da
Cina, Francia, Russia e Germania, elenca in modo più preciso i vari passaggi
previsti nel cammino degli iracheni verso l’autonomia: dalle elezioni del
gennaio 2005 all'obiettivo di avere un governo definitivo in carica per il
dicembre dello stesso anno. Gli iracheni giocheranno progressivamente un ruolo
sempre più importante per assicurare la sicurezza e la stabilità nel Paese,
viene sottolineato nella bozza che contiene anche un’indicazione meno vaga del
testo precedente sul ritiro delle forze straniere dall'Iraq: il mandato finirà
al termine del ''processo politico'' che vedrà l'approvazione di una
Costituzione e l'elezione di un governo permanente, con pieni poteri. In ogni
caso, si dice che il governo ad interim che uscirà dalle elezioni del gennaio
prossimo potrà chiedere il ritiro delle truppe straniere dal Paese ma spiegando
che potrebbe scattare solo dopo una risoluzione apposita del Consiglio di
sicurezza dell'Onu. Oggi era previsto l'incontro tra il segretario generale
dell'Onu, Kofi Annan, e i rappresentanti di 48 Paesi che costituiscono il cosiddetto
'gruppo degli amici dell'Iraq' ma è stato rinviato ai prossimi giorni, per
motivi organizzativi.
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Due uomini armati,
presumibilmente militanti islamici legati all'attacco alla città petrolifera di
al Khobar, sono stati uccisi oggi dalle forze di sicurezza in Arabia Saudita.
E’ successo a Ta'if, nella parte occidentale del Paese, non lontano da Gedda e
dalla Mecca. Nella capitale, Riad,invece, sempre questa mattina militanti islamici
hanno sparato durante un tentativo di attacco ad un complesso residenziale per
stranieri. Secondo la polizia locale
non ci sono feriti.
Entro la fine del 2005 non
resterà più alcun ebreo nella striscia di Gaza: lo ha ribadito oggi il premier
israeliano Ariel Sharon durante un dibattito nella commissione parlamentare per
gli affari esteri e la difesa. Lo ha riferito la radio militare secondo cui Sharon
ha ribadito di essere determinato a realizzare la propria politica di ritiro da
Gaza ''senza riduzione alcuna'', malgrado la forte opposizione incontrata nei giorni scorsi in seno al governo
e nella stessa Knesset (parlamento).
Sharon ritiene che domenica, nel corso della prossima seduta del consiglio dei
ministri, otterrà dal governo un voto di assenso. Intanto, a Gaza l’agguato
teso questa mattina ad un convoglio israeliano si è concluso con l'uccisione di
due militanti islamici. L’episodio è stato rivendicato da Ezzedin al-Qassam, il
braccio armato di Hamas. Mentre ieri sera a Nablus, nel nord della Cisgiordania,
l'esercito israeliano ha compiuto un’incursione con mezzi blindati.
Prima l’omaggio al milite ignoto
da parte del capo dello Stato, all’Altare della Patria, poi la parata militare
a Via dei Fori Imperiali: sono i due momenti della solenne cerimonia per la
festa della Repubblica, questa mattina a Roma. Non sono mancati minuti di
tensione per le strade della capitale: alcune decine di disobbedienti si sono
scontrati con forze dell’ordine e altri appartenenti al gruppo “Basta Guerra”
hanno sfilato indossando cappucci e tuniche nere, simili a quelle mostrate
nelle fotografie delle torture nelle carceri irachene. La polizia ha bloccato una troupe della televisione
La7 e le ha sequestrato, per quasi un’ora, una cassetta che riprendeva il fermo
di cinque manifestanti. Il presidente della Repubblica, Ciampi, sottolinea che
la festa della Repubblica rappresenta un’occasione per ricordare anche
“l’abnegazione, il coraggio di tutti coloro che difesero la Patria” e i
militari in missione oggi nel mondo. Il servizio di Luca Collodi:
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(Inno italiano – Voce presidente Ciampi)
“Più
di novemila soldati e ufficiali, uomini e donne, in Kosovo, in Bosnia, in
Albania, in Afghanistan, in Iraq e in altre parti del mondo. Portatori di
libertà, sicurezza e pace".
Almeno 100mila persone,
nonostante la minaccia della pioggia, hanno applaudito lungo i Fori imperiali a
Roma le bandiere di Esercito, Marina, Aeronautica, Carabinieri e Finanza. La
Banda della Brigata alpina Aosta ha suonato "l'Inno alla gioia", accompagnando
le bandiere dell'Onu, dell'Europa e della Nato. "Le Forze armate al
servizio del Paese" è stato il tema scelto quest'anno per la 58.ma Festa
della Repubblica. Alla presenza delle massime autorità dello Stato, dei leader
politici del Polo e della Lista Prodi, assente l'ala pacifista della sinistra,
hanno sfilato reparti a cavallo, lo storico squadrone dei Lancieri di
Montebello (che nel 1859 fermò l'avanzata austriaca), uomini e mezzi
delle Brigate Garibaldi e Ariete (impegnate in Iraq), della Brigata alpina
Taurinense (operativa in Afghanistan), della Brigata Pozzuolo del Friuli, in
cui militava il lagunare Matteo Vanzan ucciso a Nassiriya, della Brigata
paracadutisti Folgore, lagunari e incursori della Marina, carabinieri, avieri e
genio. Festa di popolo anche per i Corpi Civili al servizio dello Stato.
Nel messaggio all'Italia per la
Festa della Repubblica, Ciampi ha ricordato come il 2 giugno 1946, scegliendo
la Repubblica con un libero voto, gli Italiani scelsero, nella scia degli
ideali del Risorgimento, la libertà e l'unità della Patria". Il Capo dello
Stato sottolinea l'impegno nella costruzione di un Paese capace di darsi una
Costituzione che esalta la concordia tra i cittadini, il rispetto reciproco tra
le forze politiche e tra le parti sociali per il bene e il progresso generale.
"Ma senza rispetto tra cittadini, forze politiche e parti sociali non c'è
dialogo nel Paese e in Parlamento”.
(Musica
Banda dei Carabinieri)
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Si fa drammatica la situazione
nella Repubblica Democratica del Congo. Oggi la città orientale di Bukavu, dove
stamani erano ripresi i combattimenti tra truppe governative e reparti militari
di insorti, è caduta nelle mani dei ribelli. Occupati i centri nevralgici,
mentre cresce la preoccupazione che la crisi coinvolga Paesi confinanti e
possa, quindi, far riesplodere la violenza in tutta la regione dei Grandi
Laghi. Quali i motivi di questo nuovo conflitto, Giancarlo La Vella lo ha
chiesto ad un missionario di cui, per motivi di sicurezza, garantiamo
l’anonimato:
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R. –
Da questa mattina hanno preso la città. La motivazione per loro è che vogliono
liberare Bukavu da tutti i pesi inutili.
D. – Lei si trova proprio nelle vicinanze di dove sono
scoppiati gli scontri. Che cosa è successo?
R. – Hanno cominciato questa mattina con armi pesanti e
leggere. Hanno tolto innanzitutto la corrente elettrica. Ieri sera eravamo
andati a letto con un po’ di respiro perché avevamo saputo che si erano messi
d’accordo per un cessate-il-fuoco, mentre stamattina ci siamo risvegliati con
tutti questi colpi di armi che continuano ancora in questo momento.Dopo aver
preso alcuni contatti ho avuto la conferma che la città era caduta nelle mani
dei Bagnamulé. La città è occupata, l’arcivescovado, la posta, le banche il
comune e soprattutto le radio sono circondati dagli invasori.
D. – Si dice che stiano per entrare in Congo anche
due reparti del Rwanda?
R. –
Ho avuto altre conferme che durante la notte siano entrati degli altri soldati
provenienti dalla frontiera con l’Uganda.
D. – In questa situazione come riuscite in qualche
modo a muovervi?
R. – Oggi non ci si muove affatto.Siamo tutti in
casa in attesa degli avvenimenti.
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Il re
del Nepal Gianendra ha richiamato oggi l'ex primo ministro Sher Bahadur Deuba
che aveva licenziato nel 2002 dopo averlo accusato di ''incompetenza'' per gli
insuccessi nella lotta contro i ribelli maoisti. Con un comunicato emesso a palazzo il re ha nominato nuovo
primo ministro Deuba affidandogli maggiori poteri di quanti ne aveva il suo predecessore.
Deuba era stato l'ultimo primo ministro di nomina parlamentare prima di essere estromesso
dal potere e prima che lo stesso re prendesse di fatto la direzione dell'esecutivo.
Il suo licenziamento, lo scioglimento del parlamento e il rinvio sine die
delle elezioni sono stati all'origine di una lunga crisi politica accompagnata
da manifestazioni di piazza che chiedevano il ritorno alla democrazia
parlamentare.
I ministri delle finanze
dell’Unione europea hanno approvato all'unanimità la procedura per deficit
eccessivo nei confronti dell'Olanda, nella riunione oggi in Lussemburgo. l
deficit olandese ha superato la soglia del 3% del Pil nel 2003, al 3,2%, e
senza misure aggiuntive rischia di arrivare al 3,5% anche nel 2004. L'Olanda e' il quarto paese, dopo Portogallo,
Germania e Francia, contro il quale e' stata lanciata una procedura per deficit
eccessivo.
Militari afghani hanno respinto
un massiccio attacco di combattenti filo-Taleban nella provincia di Zabul, nel
sud dell'Afghanistan. Lo afferma il comandante provinciale della polizia
afghana, secondo il quale nei combattimenti, durati diverse ore, sono rimasti
uccisi almeno tre guerriglieri e tre soldati di Kabul.
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