RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVIII n. 153 - Testo della trasmissione di martedì 1 giugno 2004

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Portate la luce di Cristo in ogni ambiente e in ogni circostanza: così il Papa nel messaggio per la chiusura del mese mariano

 

Giugno, mese del Sacro Cuore di Gesù, per capire che Dio è ricco di misericordia: ce ne parla padre Massimo Taggi

 

Il cardinale Martino da questa mattina tra i profughi del Nord Uganda: con noi padre Giulio albanese

 

Riformare l’Onu secondo il principio di un maggiore equilibrio tra i Paesi: ai nostri microfoni il cardinale Jean Luis Tauran

 

L’importanza del sacerdozio ministeriale nella Chiesa: la riflessione del cardinale Szoka, che ha celebrato oggi il 50.mo di sacerdozio.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Da oggi in Burundi, nuova missione Onu per la pace nel Paese africano, dopo 10 anni di guerra civile: intervista con padre Claudio Marano

 

Prende il via dal 2 luglio, la 47.ma edizione del Festival di Spoleto: con noi Francis Menotti.

 

CHIESA E SOCIETA’:

Le otto Conferenze episcopali dei Paesi che hanno partecipato alla Giornata dei cattolici mitteleuropei sottolineano la necessità di edificare l’Europa sulle fondamenta del Vangelo

 

Aperta oggi a Ginevra la 92.ma Conferenza internazionale dell’Organizzazione internazionale del lavoro

 

Celebrate in Pakistan dall’arcivescovo di Lahore, mons. Lawrence Saldanha, le esequie di un giovane cattolico ucciso in carcere, luogo dove era detenuto in seguito all’accusa di blasfemia

 

In Iran la Corte suprema ha cancellato la condanna a morte per blasfemia dell’intellettuale Hashem Aghajari, che dovrà essere nuovamente processato a Teheran

 

“Amsterdam, città dell’Eucaristia”. E’ il motto della processione che si terrà il prossimo 13 giugno, per la prima volta dal 1578, nelle strade della capitale olandese

 

Restaurata, dopo quattro mesi di lavori, la cattedrale di Lima

 

24 ORE NEL MONDO:

Il sunnita Ghazi Yawar nuovo presidente dell'Iraq: è gradito anche agli sciiti. Intanto 25 persone morte in esplosioni a Baghdad e altre 11 a nord della capitale

 

Nella Somalia meridionale, oggi nuovi scontri: una trentina i morti. 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

1 giugno 2004

 

SULL’ESEMPIO DI MARIA, SIATE LUCE IN OGNI CIRCOSTANZA DELLA VITA,

VIVI TESTIMONI DI QUELLA SPERANZA CHE CRISTO HA DONATO ALL’UMANITA’.

COSI’ IERI GIOVANNI PAOLO II, NEL MESSAGGIO PER LE TRADIZIONALI CELEBRAZIONI PER LA FINE DEL MESE DI MAGGIO

- Il servizio di Barbara Castelli -

 

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Un lungo e suggestivo corteo di luci si è snodato ieri all’imbrunire lungo i viali dei Giardini Vaticani. Centinaia di fedeli si sono, infatti, ritrovati presso l’antica chiesa di Santo Stefano degli Abissini, situata dietro l’abside della Basilica di San Pietro, per le celebrazioni conclusive del mese di maggio, tradizionalmente dedicato alla Vergine Celeste. Giovani coppie, genitori con bambini e anziani hanno partecipato con profondo raccoglimento alla processione e alla recita del Santo Rosario, fino alla grotta di Lourdes, dove si è svolta la Liturgia della Parola, presieduta dal cardinale Francesco Marchiano, vicario generale del Papa per la Città del Vaticano. 

 

In cima al Colle Vaticano, i fedeli hanno invocato lo sguardo amorevole e materno di Maria, mentre mons. Leonardo Sandri, sostituto della Segreteria di Stato, ha letto il messaggio di Giovanni Paolo II. “Celebriamo la fine del mese di maggio - ha detto - all’indomani della Pentecoste e ciò fa pensare al vento dello Spirito che sospinge Maria e con lei la Chiesa sulle strade del mondo, per recare a tutti Cristo, speranza dell’umanità”:

 

“Anche le fiammelle delle candele, che avete portato nelle mani durante la processione, stanno a significare la speranza che Cristo, morto e risorto, ha donato all’umanità. Siate sempre portatori di questa luce. Anzi, siate voi stessi luce nelle vostre case, in ogni ambiente e in ogni circostanza della vita. Siatelo con la vostra fedele testimonianza evangelica, ponendovi ogni giorno alla scuola di Maria, perfetta discepola del suo Figlio divino”.

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UDIENZE E NOMINE

 

Nel corso della mattina il Papa ha ricevuto mons. Pablo Puente, nunzio apostolico in Gran Bretagna, mons. Jean-Paul Gobel, nunzio apostolico in Nicaragua e alcuni vescovi della Conferenza Episcopale degli Stati Uniti d’America (Regione XIII) in visita “ad Limina”.

 

Il Santo Padre ha accettato oggi  la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Paterson negli Stati Uniti, presentata da mons. Frank Joseph Rodimer, per raggiunti limiti di età. Gli succede  mons. Arthur Joseph Serratelli, finora vescovo ausiliare dell’arcidiocesi di Newark. Mons. Arthur Joseph Serratelli è nato il 18 aprile 1944 a Newark nel New Jersey ed è stato ordinato sacerdote  il 20 dicembre 1968.

 

 

GIUGNO, MESE DEL SACRO CUORE DI GESU’,

PER CAPIRE CHE DIO E’ RICCO DI MISERICORDIA

- Intervista con padre Massimo Taggi -

 

Il mese di giugno è tradizionalmente legato alla devozione al Sacro Cuore di Gesù. Si tratta di una devozione diffusa in tutto il mondo da oltre 4 secoli: ma cosa significa e cosa si intende per il “Sacro Cuore di Gesù”?  Giovanni Peduto lo ha chiesto a  padre Massimo Taggi della Compagnia di Gesù, direttore nazionale per l’Italia dell’Apostolato della preghiera:

 

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R. – La devozione al Sacro Cuore, più che una devozione è una spiritualità. Fondamentalmente significa questo: che Dio è amore, che Dio – come ha detto il Santo Padre in una delle sue encicliche più belle – è ricco di misericordia. Questo – mi pare – in un mondo così lacerato da odi e da conflitti, è un messaggio attuale e anche estremamente costruttivo.

 

D. – Padre Taggi, quando è nata questa devozione?

 

R. – Molti pensano che la devozione al Sacro Cuore sia nata  nella seconda metà del Seicento per opera di Santa Margherita Maria Alacocque. Ora è ben vero che questa grande mistica  ha dato un contributo fondamentale alla diffusione della devozione al Sacro Cuore, insieme a San Claudio de La Colombière. Però già Santa Caterina da Siena o i mistici fiamminghi hanno parlato del Sacro Cuore, hanno avuto l’esperienza del Sacro Cuore e l’hanno trasmessa con termini splendidi. In realtà la Chiesa ci insegna che la radice della devozione alla spiritualità del Sacro Cuore è nel Vangelo di Giovanni, nella scena in cui il soldato romano, dopo la crocifissione e la morte di Gesù, quando Gesù era ancora in croce, gli dà un colpo di lancia e gli squarcia il petto e questo apre una finestra sul Cuore del figlio di Dio incarnato.

 

D. – Forse è improprio il termine, ma rende bene l’idea: quale il profitto spirituale di questa devozione?

 

R. – Il primo  beneficio che ne possiamo avere è di farci una immagine più giusta di Dio, di Gesù e della vita cristiana. Capire che Dio è amore vuol dire passare da forme di timore sbagliate, perché c’è anche un timore di Dio molto sano, quindi da una certa paura, da una certa distanza che non è certamente appropriata e che non è quella che il Signore vuole da noi, per esempio un formalismo fatto di pratiche religiose importanti, ma capite più come un pagare le tasse, un lasciapassare per essere a posto,  che non è per niente l’atteggiamento migliore, passare invece ad un vero cammino di fede e quindi di amicizia con Dio.

 

D. – La devozione al Sacro Cuore è legata anche all’Apostolato della preghiera. Lei, padre Taggi, è il direttore nazionale per l’Italia. Ce ne parli…

 

R. – La spiritualità del Sacro Cuore è proprio al centro dell’Apostolato della preghiera. Lo è fin dagli inizi con il padre Ramiére, siamo nella seconda metà del secolo XIX. L’Apostolato della preghiera ha come pratica fondamentale l’offerta quotidiana della vita al Signore e la formula che noi usiamo in Italia e che viene usata in tanti altri Paesi comincia proprio così: “Cuore divino di Gesù, io ti offro la mia giornata. Viviamola insieme”. Quindi chiediamo a Gesù di prenderci con Lui nell’offrire al Padre il mondo, la storia, la vita, la bellezza, la gioia, la sofferenza, tutto.

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IL CARDINAL MARTINO TRA I PROFUGHI NEL NORD UGANDA

- Intervista con padre Giulio Albanese -

 

Le speranze dell’Africa provengono dagli  stessi africani: è quanto ha detto il cardinale Renato Raffaele Martino ieri a Kampala dove ha iniziato una visita di 5 giorni in Uganda. Il presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace ha ricordato comunque anche la necessità di un sostegno disinteressato da parte della comunità internazionale a questo continente, che - ha detto - “è oggetto di un amore preferenziale” del Papa. Questa mattina il porporato, alla guida di una delegazione, è giunto a Gulu, capoluogo del Nord Uganda. Di questa importante visita ci parla padre Giulio Albanese, direttore dell’agenzia missionaria Misna, raggiunto telefonicamente da Sergio Centofanti:

 

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R. – Ad accogliere questa delegazione c’era davvero tantissima gente. Il corteo ha raggiunto la cattedrale e lì il cardinale Martino ha rivolto un saluto ufficiale alla Chiesa del Nord Uganda. La cattedrale di Gulu era davvero gremita di fedeli. Il porporato ha ricordato che è in Uganda a nome del Santo Padre per esprimere proprio la sollecitudine della Santa Sede nei confronti di questo popolo e di tutti i gruppi etnici che soffrono a causa di questa guerra civile che va avanti dalla fine degli anni ’80. Ha poi elogiato con parole molto affettuose, mons. Odama, l’arcivescovo di Gulu, dicendo che è un vero eroe, un paladino della pace. E poi ha citato un proverbio africano dicendo che “le fiamme di un fuoco, di un roveto, non si possono estinguere con altre fiamme, con un altro fuoco”. In sostanza, alla violenza non si può rispondere con le armi, ma con la forza del Vangelo.

 

D. – Il cardinale ha incontrato anche i profughi…

 

R. – Sì, successivamente ha raggiunto il campo di Pagak, uno dei campi dove purtroppo circa 2 settimane fa sono state uccise una trentina ed oltre di persone. La verità è che la situazione degli sfollati nel Nord Uganda è disperata ed il cardinale, naturalmente, ha manifestato tutta la solidarietà della Santa Sede.

 

D. – Qual è attualmente la situazione in Nord Uganda?

 

R. – La situazione dal punto di vista umanitario è davvero disperata, è gravissima. Qui l’80 per cento della popolazione è praticamente sfollata. Le missioni sono diventate delle vere e proprie cittadelle della solidarietà. Io attualmente mi trovo a Kitgum, ad un centinaio di km da Gulu, dove è atteso domani il cardinale. Questa missione ieri sera è stata attaccata dai ribelli. C’è stata una lunga sparatoria, raffiche di mitra, colpi di armi pesanti. Certamente la situazione è sempre ad alto rischio, perché tutte le zone rurali sono infestate di ribelli. Vorrei ricordare che i ribelli sono praticamente bambini che sono stati sequestrati nei villaggi e costretti a combattere con la forza. Nel Nord Uganda dal 1994, vale a dire da quando il governo di Karthoum ha appoggiato il leader guerrigliero, Joseph Kony, sono stati sequestrati nel Nord Uganda 25 mila bambini.

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RIFORMARE L’ONU SECONDO IL PRINCIPIO DI UN MAGGIORE EQUILIBRIO DI POTERI

 TRA I PAESI, AFFIDANDOLE LA SOLUZIONE PER LE CRISI IN MEDIO ORIENTE E IRAQ:

IL PENSIERO DEL CARDINALE TAURAN AL TERMINE DELLA CONFERENZA DI DOHA

SUL DIALOGO ISLAMO-CRISTIANO

- Intervista con il porporato -

 

I progressi del dialogo tra musulmani e cristiani e le possibili aperture all’ebraismo, ma anche il dramma delle crisi che scuotono il Medio Oriente, dalla Terra Santa all’Iraq. Sono i temi che il cardinale Jean-Louis Tauran, archivista e bibliotecario di Santa Romana Chiesa, ha affrontato in un’ampia conferenza stampa al termine della Conferenza sul dialogo islamo-cristiano, che ha riunito nei giorni scorsi a Doha, in Qatar, alcune delle massime autorità civili e religiose delle due culture. La riflessione del porporato parte da una delle questioni più delicate per la Chiesa cattolica mediorientale: la crescente diminuzione di fedeli, che preferiscono abbandonare un’area segnata da una grave instabilità. Ascoltiamo:

 

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R. - Non si può negare che ci sia un’emorragia della presenza cristiana in questa parte del mondo, anche perché ci sono delle situazioni che durano da tanti anni e non si può pretendere che tutti siano degli eroi. Lì, realmente, si vede una diminuzione della presenza cristiana, dovuta a circostanze politiche. Ciò che vogliamo evitare è che in Terra Santa i luoghi sacri diventino dei musei. Per noi sono delle realtà vive: ci sono i Santuari e attorno una comunità cristiana che ha le sue scuole, i suoi ospedali, il suo artigianato. E vogliamo anche che il Libano rimanga quel laboratorio che è del dialogo islamo-cristiano, al cui interno i cristiani sono partner uguali, che fanno di questo Libano un ponte tra Occidente ed Oriente.

 

D. – Si parla molto, di questi tempi, di riforma dell’Onu. Come vede lei questo processo?

 

R. – Penso che mai come oggi gli attori della società internazionale abbiano avuto in mano un patrimonio giuridico così completo e affinato. Ciò che manca è la volontà politica di rispettare gli impegni sottoscritti. La riforma dell’Onu, dunque, è necessaria. Soprattutto non dovrebbero esserci grandi e piccoli Paesi, idea questa che il Papa ha sempre sviluppato: nella famiglia delle nazioni tutti sono uguali. Ovviamente chi è più potente ha la responsabilità più grande, ma al momento di decidere, la decisione deve essere presa secondo il diritto e secondo la giustizia. E d’altra parte, aggiungo, bisogna stare molto attenti a non distruggere l’Onu: sarebbe catastrofico, non avendo nessun’altra struttura.

 

D. – Spostando il discorso sull’Iraq, quale passo potrebbero compiere le Nazioni Unite per ristabilire una situazione di maggiore giustizia?

 

R. – L’Onu è l’unica organizzazione capace di accompagnare la transizione di un ritorno dell’Iraq alla sua sovranità nazionale e permettere agli iracheni di prendere le redini del loro Paese. Ma, per l’appunto, è l’insieme della comunità internazionale a doverlo fare, non sono solo due o tre Paesi che possono imporre un ordine internazionale. Basterebbe tornare al testo della Carta delle Nazioni Unite. Lì ci sono tutti gli elementi per una soluzione.

 

D. – Anche per la crisi del Medio Oriente?

 

R. – Per me la crisi israelo-palestinese è la madre di tutte le crisi. Quando questa crisi sarà risolta tutti gli altri problemi troveranno la loro soluzione.

 

D. – Durante la Conferenza di Doha, il primo ministro del Qatar ha auspicato che in futuro il dialogo tra musulmani e cristiani includa anche gli ebrei. Lei come valuta questa apertura?

 

R. – Penso sia stata una proposta molto coraggiosa, certamente per me molto valida. Ma ho già saputo che le reazioni non sono state unanimi. Penso ovviamente che la cosa sarà forse difficile da mettere in atto subito, ma un giorno o l’altro si farà perché è nella logica delle cose: si tratta di tre religioni che sono chiamate dalla storia a convivere, perché tutto nasce lì, in quella parte del mondo.

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L’IMPORTANZA DEL SACERDOZIO MINISTERIALE NELLA CHIESA,

CHE PERMETTE AL POPOLO DI DIO DI ESSERE CUSTODITO E GUIDATO

 CON LA STESSO AMORE DI CRISTO:

LO HA DETTO IL CARDINALE SZOKA,

CHE HA CELEBRATO OGGI IL 50.MO DI SACERDOZIO

- Servizio di Alessandro De Carolis -

 

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Il 50.mo di sacerdozio come occasione per riscoprire i cardini teologici alla base di un ministero, che ha la sua autenticità più profonda nella coscienza di servire il popolo di Dio “in persona Christi”. Il cardinale Edmund Szoka, presidente della Pontificia Commissione per lo Stato della Città del Vaticano, ha voluto esprimere con questi pensieri la propria gratitudine per questo importante traguardo, celebrato solennemente stamattina durante l’Eucaristia nella Basilica di San Pietro. Il porporato statunitense, ordinato il 5 giugno del 1954 nella diocesi di Marquette, ha ripercorso le tappe della propria esperienza pastorale, partita da una piccola località e dal servizio parrocchiale, per arrivare nel ’71 alla nomina episcopale in una diocesi di nuova creazione, Gaylord, e infine alla berretta cardinalizia nel 1988 e al successivo ingresso in Curia due anni più tardi. “I quattordici anni dal mio arrivo a Roma sono quasi volati”, ha detto all’omelia il cardinale Szoka, che ha rivelato come – nell’impossibilità di risalire a uno stemma di famiglia essendo la sua di umili origini – egli abbia inserito nello stemma episcopale la frase di San Paolo ai Galati “Vivere nella fede”:

 

“Dai primi anni di seminario, la virtù della fede è stata predominante nella mia vita. Lo so che San Paolo parla della superiorità della carità, ma la fede è ancora più fondamentale. Se non crediamo, non possiamo amare, non possiamo sperare, non possiamo accettare la Provvidenza di Dio”.

 

Il cardinale ha affermato di aver ristudiato a fondo in questi ultimi tempi la teologia del sacerdozio ministeriale, attraverso la ricca disponibilità di testi offerta dal magistero. Ed con toni piuttosto severi ha rilevato tra l’altro come, dopo il Vaticano II, vi sia stata “tra alcuni teologi la tendenza a pensare che loro abbiano più importanza e autorità del Magistero della Chiesa.

 

“C’è stato un oscuramento del significato reale del sacerdozio (…) a causa maggiormente delle distorsioni e delle false interpretazioni operate da alcuni teologi, da altri che definirei al massimo “teologi mancati” e perfino da alcuni parroci”.

 

A questa tendenza si contrappone l’insegnamento di Giovanni Paolo II il quale, ha osservato il porporato, “indirettamente ha posto fine ad alcune controversie dei secoli passati”, e ribadendo più volte – come nell’Esortazione apostolica Pastores dabo vobis – che i “presbiteri sono, nella Chiesa e per la Chiesa, una ripresentazione sacramentale di Gesù Cristo Capo e Pastore”: ne proclamano la Parola con autorevolezza, ripetono i gesti di perdono e di salvezza attraverso i Sacramenti, ne esercitano l’amorevole sollecitudine verso ogni credente”.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Apre la prima pagina la situazione in Arabia Saudita: orrore e sgomento per la strage degli ostaggi. Inquietanti interrogativi sulla fuga dei terroristi.

 

Nelle vaticane, il Messaggio di Giovanni Paolo II in occasione della tradizionale processione mariana, nei Giardini Vaticani, a conclusione del mese di maggio.

 

Nelle estere, in rilievo l'Iraq, che ha conosciuto, con due stragi, una nuova drammatica giornata di sangue. Raggiunto un accordo sul nome del nuovo Presidente.

 

Nella pagina culturale, un articolo di Franco Patruno in ricordo dello scultore Luciano Minguzzi.   

 

Nelle pagine italiane, in primo piano un articolo sul dolore dei familiari di Antonio Amato, barbaramente ucciso dai terroristi in Arabia Saudita.

 

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

1 giugno 2004

 

DA OGGI IN BURUNDI,

NUOVA MISSIONE ONU PER LA PACE NEL PAESE AFRICANO,

DOPO 10 ANNI DI GUERRA CIVILE

-Intervista con padre Claudio Marano -

 

Cambio della guardia oggi in Burundi: la missione di pace dell’Unione africana, dispiegata nel Paese dal marzo 2003, lascia il posto agli oltre 5mila militari dell’Operazione delle Nazioni Unite per il Burundi (Onub). Con l’accordo di pace di Arusha di 4 anni fa - tra il governo di Bujumbura e i principali movimenti ribelli burundesi, tra cui le Forze per la difesa della democrazia (Fdd) - si è posto fine ad un conflitto che ha provocato oltre 300 mila morti in 10 anni. Ma in alcune zone è ancora attivo un altro movimento combattente, la Forza di liberazione nazionale (Fln). Si può quindi dire che il Burundi è davvero un Paese pacificato? Risponde padre Claudio Marano, missionario saveriano a Bujumbura, intervistato da Giada Aquilino:

 

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R. - In effetti non si può dire, perché un gruppo di ribelli - quello dell’Fln - non riesce ancora a mettersi attorno al tavolo della pace. Nel Paese quindi proseguono gli attacchi, le sparizioni, i morti e c’è ancora insicurezza.

 

D. - La missione Onu dovrà accompagnare la transizione: non sono però ancora state preparate le elezioni per giungere a delle istituzioni libere. Perché?

 

R. - Non c’è ancora una legge elettorale, né è cominciato il censimento della popolazione o l’iscrizione alle elezioni. Ci sono molte cose che ancora non hanno avuto inizio. Alcuni partiti politici e il governo hanno quindi chiesto di far slittare le elezioni di un ulteriore anno. Ma altri partiti politici e gli ex ribelli dell’Fdd si sono già detti contrari.

 

D. - In questo quadro, quali saranno i compiti della missione Onu rispetto a quella panafricana, che ha appena terminato il suo mandato?

 

R. - Anzitutto accompagnare il Paese alle elezioni e preparare un nuovo esercito burundese. Inoltre, questa volta, gli uomini dell’Onu hanno anche la possibilità di intervenire con le armi in caso di attacchi.

 

D. - Trecento mila morti nella guerra civile: cosa rimane di quei dieci anni di conflitto in Burundi?

 

R. - Rimane il dramma di un Paese che è ormai il terzo più povero al mondo, secondo le statistiche Onu. Penso che - sia per la Chiesa locale, sia per tutti gli uomini e le donne di buona volontà - il grande lavoro sia quello di far uscire il Burundi da questa situazione. L’importante è che i giovani non scappino in altri Paesi, perché se tutte le teste pensanti continueranno ad andar via il Burundi si impoverirà ancora di più.

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DAL 2 LUGLIO LA 47.MA EDIZIONE DEL FESTIVAL DI SPOLETO

- Intervista con Francis e Giancarlo Menotti -

 

La grande danza internazionale, con i DanceBrazil, il Ballet Hispanico e l’étoile Maximiliano Guerra; due melodrammi di raro ascolto, uno antico l’altro contemporaneo, e firme storiche del teatro italiano, da Mario Missiroli a Carmelo Bene, per la 47esima edizione di Spoleto Festival, dal 2 al 18 luglio. Ce ne parla A.V.:

 

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Un Festival di stelle sotto le stelle: il grande Teatro Nuovo chiuso per restauri, e il trasloco forzato da Palazzo Campello, portano all’aperto gli spettacoli. Così il direttore artistico Francis Menotti ricorre alla creatività anche nella logistica:

 

“Gli artisti trovano sempre una soluzione e nonostante la mancanza del Teatro Nuovo abbiamo due belle Opere liriche nel Teatro Caio Melisso, due gioielli rari. Abbiamo fatto anche tanti concerti alla Rocca e in piazza”.

 

Rara e curiosa è l’opera ’'Oreste' di un Haendel anziano, mentre in Piazza Duomo musica e immagini si sposano per l’inaugurazione: scene di Lele Luzzati e regia di luci di Valerio Festi sui 'Quadri di un'esposizione' di Musorgskij.

 

Da qualche anno il Festival ha ripristinato la dizione “Dei due mondi” ricordando il legame con l’America del patron ultranovantenne Giancarlo Menotti, rinnovato dalla presenza della Juilliard Orchestra di New York. Ma oggi il Festival sembra ripiegato su se stesso. Ancora Francis Menotti:

 

R. - Il nostro è un Festival di un piccolo mondo. Tutti noi possiamo stare insieme per fare un Festival, che celebri l’arte invece di pensare alle cose terribili che abbiamo intorno in questo momento.

 

D. - Quale opera richiama i nostri tempi?

 

R. – Specialmente “Der Kaiser for Atlantis”, perché il creatore di quest’opera lirica è morto nel campo di concentramento di Auschwitz nel 1944. E alla fine viene detto che nessuno mai vince la guerra, solo gli stupidi vincono la guerra. Nella morte si trova solo la pace.

 

Anche Menotti padre, fondatore del Festival nel 1958 condivide il contenuto dell’opera del compositore Viktor Ullman su libretto di Petr Kine, con cui condivise il lager e la morte. Ascoltiamolo:

 

“E’ un inno alla morte, quasi gioioso. Il libretto dice che non dobbiamo avere paura della morte, perché la morte è parte della vita. Noi dobbiamo morire per poter lasciar vivere gli altri. La nostra morte è un gesto generoso verso la vita. Io non ho paura della morte”.

 

Morire per andare oltre il rinascere, come il ragazzino che esce dalla cornice della tela di Borrell, scelta per il manifesto del Festival. Due grandi vecchi, Lele Luzzatti e Giancarlo Menotti, che tornano alla loro infanzia.

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CHIESA E SOCIETA’

1 giugno 2004

 

LE OTTO CONFERENZE EPISCOPALI DEI PAESI CHE HANNO PARTECIPATO

ALLA GIORNATA DEI CATTOLICI MITTELEUROPEI, CULMINATA IN AUSTRIA

CON IL “PELLEGRINAGGIO DEI POPOLI” A MARIAZELL, SOTTOLINEANO LA NECESSITÀ

DI EDIFICARE L’EUROPA SULLE FONDAMENTA DEL VANGELO

 

MARIAZELL. = La casa comune dell’Europa deve essere costruita basandosi sul Vangelo. E’ quanto indicano le otto Conferenze episcopali dei Paesi che hanno partecipato al Mekt, la Giornata dei cattolici mitteleuropei, culminata il 22 e 23 maggio scorsi con il “pellegrinaggio dei popoli” in Austria, a Mariazell. L’indicazione è contenuta in una lettera pastorale comune letta, domenica scorsa, in tutte le chiese mitteleuropee. “Una nuova Europa non può essere costruita senza o contro i cristiani, senza o contro Cristo”, affermano i vescovi, sottolineando l’esigenza della cooperazione “testimoniata con il Mekt”, il cui effetto - spiegano - è il rafforzamento della solidarietà della società civile nei Paesi che hanno partecipato all’iniziativa. Dopo Mariazell “questa collaborazione non può venir meno”, avvertono i presuli aggiungendo che “il cammino iniziato deve proseguire”. I vescovi affermano, inoltre, di ben conoscere i problemi ed i rischi dell’Europa di oggi. “Conosciamo però – sottolineano – anche le opportunità per una maggiore cooperazione pacifica nel nostro Continente”. Guardando a Gesù Cristo come alla “sorgente più profonda della vicinanza al prossimo”, i vescovi ricordano, infine, come i cristiani non siano solo “eredi dei santi”, ma anche “eredi dei peccatori che hanno spesso offuscato il volto di Cristo e della Chiesa”; perciò, ammoniscono: “le ombre nella storia della Chiesa debbono essere ricordate”: questa è una “condizione per un futuro pacifico dell’Europa”. (A.L.)

 

 

APERTA OGGI A GINEVRA LA 92.MA CONFERENZA INTERNAZIONALE DELL’ORGANIZZAZIONE INTERNAZIONALE DEL LAVORO

- A cura di Mario Martelli -

 

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GINEVRA.= Ministri del lavoro, rappresentanti dei lavoratori e dei datori di lavoro si sono riuniti a Ginevra per la 92.ma Conferenza internazionale del lavoro. Al centro delle discussioni degli oltre tremila delegati dei 177 Stati membri dell’Organizzazione internazionale del lavoro, la definizione del ruolo delle istituzioni tripartite per raggiungere una mondializzazione giusta ed equa per tutti, i problemi della libertà di associazione e delle emigrazioni. Juan Somavia, direttore generale dell’Istituzione ginevrina, ha aperto i lavori sottolineando l’importanza dei temi in discussione e le preoccupazioni che richiedono una risposta alla necessità di nuove politiche in materia di globalizzazione. Non si potrà raggiungere una mondializzazione durevole - ha detto Somavia - se non sarà formata sull’equità. L’ordine del giorno della Conferenza include tutta una serie di problemi sulle condizioni di lavoro e sullo sviluppo delle risorse umane, come quello delle emigrazioni. Come indica un Rapporto dell’Organizzazione, un numero superiore agli 86 milioni di adulti – dato, questo, in constante aumento – sono costretti a ricercare in altri Paesi quello che il posto dove sono nati non può loro offrire. Si discuterà anche del problema della disoccupazione, della situazione dei lavoratori addetti alla pesca e di quella dei lavoratori nei territori arabi occupati. Ma anche dei problemi della giustizia sociale, dei lavori forzati e dello sfruttamento minorile, in vista della Giornata mondiale del lavoro infantile, che ricorre il prossimo 11 giugno.

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CELEBRATE IN PAKISTAN DALL’ARCIVESCOVO DI LAHORE, MONS. LAWRENCE SALDANHA, LE ESEQUIE DI UN GIOVANE CATTOLICO UCCISO IN CARCERE,

LUOGO DOVE ERA DETENUTO IN SEGUITO ALL’ACCUSA DI BLASFEMIA

 

LAHORE. = L’arcivescovo di Lahore e presidente della Conferenza episcopale del Pakistan, mons. Lawrence Saldanha, ha celebrato sabato scorso le esequie di Samuel Masih, un giovane cattolico ucciso in carcere da un secondino musulmano. Il giovane era stato arrestato nell’agosto dell’anno scorso con l’accusa di blasfemia. Mons. Saldanha ha condannato i responsabili della morte del giovane ed ha chiesto al governo di garantire la vita e la sicurezza di coloro che appartengono alle minoranze religiose. Il presule ha inoltre esortato i fedeli a non accettare supinamente la legge, che condanna fino alla pena di morte “quanti con parole o con scritti, gesti o rappresentazioni visibili, con insinuazioni dirette o indirette, insultano il sacro nome di Maometto”. La Commissione Giustizia e Pace pachistana ha anche reso noto che, dal 1987 ad oggi, almeno 148 musulmani, 208 ahmadi, 75 cristiani ed 8 indù sono stati accusati ingiustamente di blasfemia.

 

 

IN IRAN CANCELLATA LA CONDANNA A MORTE DEL PROFESSORE UNIVERSITARIO,

HASHEM AGHAJARI. L’INTELLETTUALE IRANIANO, ACCUSATO DI BLASFEMIA

PER AVER PRONUNCIATO UN DISCORSO INCENTRATO SULLA NECESSITÀ

DI RIFORMARE L’ISLAM, SARÀ NUOVAMENTE PROCESSATO A TEHERAN

 

TEHERAN. = In Iran la Corte Suprema ha cancellato la condanna a morte per blasfemia dell’intellettuale Hashem Aghajari, che dovrà essere nuovamente processato a Teheran. La sentenza di morte nei confronti di Aghajari, professore universitario ed uno tra gli esponenti di punta del riformismo islamico, era stata emessa dal Tribunale di Hamedan, in seguito ad un discorso che il docente ha pronunciato in questa città nel 2002. In quell’occasione Aghajari, che insegna storia e filosofia islamica in diverse Università di Teheran, aveva posto l’accento sulla necessità di una riforma dell’Islam sul modello di quella protestante nel Cristianesimo. Ma le sue parole sono state interpretate dai giudici religiosi di Hamedan come un’eresia ed hanno portato alla condanna capitale. Dopo le manifestazioni studentesche di protesta da parte di studenti, docenti ed esponenti riformisti, l’ayatollah Ali Khamenei aveva imposto una revisione della sentenza, alla quale hanno fatto seguito una prima sospensione, la conferma della pena, il provvedimento di cancellazione e l’ultima decisione di organizzare un nuovo processo a Teheran. Dopo queste ultime fasi dell’intricata vicenda di Aghajari, che ha perso una gamba nella guerra combattuta tra Iran e Iraq dal 1980 al 1988, sembra adesso poco probabile, per l’intellettuale iraniano, l’ipotesi di una nuova condanna a morte. (A.L.)

 

 

“AMSTERDAM, CITTA’ DELL’EUCARISTIA”. E’ IL MOTTO DELLA PROCESSIONE CHE

SI TERRA’ IL PROSSIMO 13 GIUGNO, PER LA PRIMA VOLTA DAL 1578,

NELLE STRADE DELLA CAPITALE OLANDESE IN RICORDO

DI UN PRODIGIO EUCARISTICO AVVENUTO NEL 1345

 

AMSTERDAM. = Il prossimo 13 giugno, per la prima volta dal 1578, avrà luogo nelle vie di Amsterdam una processione con il sacramento dell’Eucaristia in occasione del Corpus Domini. Lo ha annunciato il quotidiano olandese “Katholiek Nieuwsblad”. La celebrazione sarà presieduta dal vescovo di Haarlem, mons. Joseph Maria Punt, ed è stata promossa dalla chiesa di Nostra Signora, affidata ad alcuni sacerdoti dell’Opus Dei. Uno dei presbiteri della parrocchia ha spiegato che “dal 1578, anno in cui i governanti olandesi hanno abbracciato la causa della Riforma, era proibita la processione del Miracolo”, in ricordo di un prodigio eucaristico che ha avuto luogo nella città il 15 marzo 1345. “Dopo la modifica della legislazione avvenuta nel 1989 – ha spiegato - sono state permesse manifestazioni religiose in pubblico”. La processione, ha poi proseguito il sacerdote, non è una “provocazione”, né un “segno di trionfalismo”, “ma una continuazione della tradizione eucaristica di Amsterdam”. Il motto della processione, alla quale sono state invitate tutte le parrocchie della città, sarà “Amsterdam, città dell’Eucaristia”. (A.L.)

 

 

RESTAURATA LA CATTEDRALE DI LIMA: DOPO QUATTRO MESI DI LAVORI,

LA COSTRUZIONE CINQUECENTESCA RITROVA IL SUO ANTICO SPLENDORE

 

LIMA. = Verrà riaperta ai fedeli il prossimo 17 giugno la suggestiva Cattedrale di Lima, fondata dal “conquistador” del Perù, Francisco Pizarro, il 18 gennaio 1535 e riedificata con un più maestoso progetto nel 1598 dall’architetto Francisco Becerra. Lo storico monumento, in gran parte ricostruito dopo il terremoto del 1746 e modificato nel 1940, è ritornato allo splendore originario, dopo quattro mesi di lavori, grazie al prezioso intervento di un’equipe di esperti restauratori. In particolare, l’eliminazione di una patina dal coro, ha riportato alla luce dettagli importanti degli apostoli, dei patriarchi e dei dottori della Chiesa scolpiti sull’alzata di ogni posto. L’intervento ha riguardato anche l’altare maggiore, il Sacrario e la parte centrale del Presbiterio, dove sono state recuperate le parti in oro, seriamente danneggiate da insetti e dall’umidità. Altri lavori hanno interessato i quadri, il pulpito principale e la scultura del Cristo in avorio. Anche le cappelle hanno ritrovato il loro verde originario, tra cui quella della Vergine dell’Evangelizzazione, nella navata destra, dove è stata restaurata la pala in legno e oro e i pavimenti del 17.mo secolo. Nella cattedrale è inumato il “conquistador” Francisco Pizarro, del quale sono due le bare in legno che ne compongono la salma: una per il corpo e un’altra, più piccola, per la testa. (R.M.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

1 giugno 2004

 

- A cura di Fausta Speranza -

 

E’ Ghazi Yawar il nuovo presidente dell'Iraq, scelto dal consiglio di governo provvisorio iracheno e accettato dalla coalizione a guida americana. Decisi anche quattro dei nuovi ministri, il consiglio di governo provvisorio è stato sciolto e il nuovo governo iracheno ha assunto le sue funzioni.  La notizia è giunta insieme con quella di 25 persone morte in violente esplosioni  nella stessa zona verde di Baghdad che ospita installazioni americane e le autorità riunite. Poco dopo, nell’attacco suicida all'ingresso di una base militare Usa a Baiji, 200 km a nord di  Baghdad, hanno perso la vita 11 civili iracheni e altri 26 sono rimasti feriti. Ascoltiamo quanto riferisce dalla capitale, Barbara Schiavulli:

 

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R. – La situazione a Baghdad è abbastanza tesa, c’è molta confusione. Da cinque giorni non c’è benzina, perchè non viene distribuita dagli americani. Quindi ci sono persone furiose che fanno la fila ai benzinai. Intanto, continua la violenza, sempre più intensa nella zona di Kufa e di Najaf. Oggi bisognava andare con la Croce Rossa che portava dei medicinali proprio a Najaf, ma è stato sospeso il viaggio per ragioni di sicurezza, perchè i combattimenti sono troppo intensi.

 

D. – Come state operando voi, come giornalisti e come inviati, lì in Iraq?

 

R. – La situazione è abbastanza tesa anche per noi. Io sono andata diverse volte a Najaf, ma soprattutto la strada è molto difficile. Ci sono molti assalti. La settimana scorsa hanno ucciso due giapponesi. Si tende a non farsi passare per italiani, perché parte della coalizione. Ci presentiamo come giornalisti francesi, rischiando poi di essere scoperti.

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Il nuovo presidente iracheno Ghazi Yawar, durante la conferenza stampa comune con l'inviato dell'Onu, Brahimi, e il nuovo primo ministro, Allawi, ha lanciato un appello in favore della restaurazione della ''completa sovranità'' degli iracheni sul loro Paese, attraverso una nuova risoluzione delle Nazioni Unite attualmente in corso di dibattito in Consiglio di sicurezza. A quest’ultimo sono stati affiancati due vicepresidenti, uno sciita ed uno curdo. Yawar, primo presidente dopo la caduta di Saddam Hussein, è un accorto uomo d'affari ed è a capo degli Shammar,  una delle più grandi tribù del Paese che conta tre milioni di persone,  sia sunnite che sciite. Della sua figura ci parla, nell’intervista di Giancarlo La Vella, Younis Tawfik, giornalista e scrittore iracheno sunnita:

 

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R. – E’ uno sceicco di una tribù, possiamo dire la maggiore in Iraq, che si estende dall’Arabia Saudita fino a Mosul, arriva poi fino in Siria e in Giordania, per cui ha un consenso pan-arabo. La famiglia gode di grande rispetto e prestigio in Iraq. E’ un ingegnere laureato in materie legate al petrolio e ha sempre vissuto in Iraq sotto il regime. Lui e la sua famiglia, la sua tribù, avevano già subito la persecuzione dalla parte del regime di Saddam Hussein.

 

D. – Lui è un sunnita, riuscirà a riscuotere il favore anche da parte sciita?

 

R. – Sicuramente, anche perché gli iracheni si basano soprattutto sul rapporto familiare, di clan e di tribù, per cui anche tra gli sciiti ci sono arabi della stessa tribù di Al Yawar. E poi gli iracheni oggi hanno bisogno di questo ritorno alle loro radici culturali. Yawar con queste origini, con queste alleanze, può comunque mantenere saldo il tessuto sociale iracheno e l’unità del Paese.

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E' salito a 19 il numero dei morti dell'attentato dinamitardo compiuto ieri contro una moschea sciita di Karachi, nel sud del Pakistan. Non si sa ancora se l'esplosione sia stata provocata da un attentatore suicida. Il bilancio precedente era di ''almeno'' tredici morti e una trentina di feriti. La bomba è esplosa ieri all'interno della moschea sciita affollata di fedeli durante la preghiera serale. Il luogo di culto si trova non lontano dal quartiere dove il religioso sunnita, il mufti Nizamuddin Shamzai, era stato assassinato il giorno precedente. I sunniti sono la grande maggioranza nel Paese. L’omicidio aveva provocato violente proteste e la tensione resta ancora molto alta.

   

Il petrolio ha raggiunto i 41,55 dollari al barile al mercato after hours di New York. Il prezzo è legato ai timori per nuovi attacchi del terrorismo che potrebbero colpire gli impianti di produzione. E, intanto, il rappresentante dell'Iran presso l'Opec, l’organizzazione dei Paesi produttori di petrolio, fa sapere che nella riunione in programma giovedì prossimo si potrebbe decidere non solo di aumentare le quote di produzione di greggio per frenare i  prezzi, ma addirittura di sospenderle temporaneamente. Da parte sua, il ministro del petrolio iraniano, Bijan Zanganeh, ha più volte assicurato che il suo Paese non si oppone ad un aumento della produzione, come proposto dall'Arabia Saudita, ritenendolo ''un segnale positivo'' per i mercati. L’Europa giudica il rincaro del greggio “un rischio negativo”, ma per ora non è causa di allarme”. L’affermazione è stata del portavoce del Commissario Ue agli Affari Monetari ed Economici, Joaquin Almunia, a poche ore dall'inizio della riunione sul tema dei ministri europei delle Finanze.

 

Il ministro degli esteri israeliano Sylvan Shalom si recherà giovedì al Cairo per discutere con il presidente egiziano Hosni Mubarak del piano di ritiro israeliano dalla striscia di Gaza. Ieri ci si aspettava che il premier israeliano riferisse in Parlamento del suo piano ma Sharon ha rimandato l’appuntamento.

 

India e Pakistan avvieranno nuovi negoziati il 27 e 28 giugno, nell’ambito di un processo di riconciliazione dopo oltre 50 anni di contrasti.Al centro dei negoziati la questione della regione contesa del Kashmir, a maggioranza islamica, e gli armamenti nucleari, di cui sono in possesso i due Paesi. La proposta delle date dei colloqui è stata fatta dal nuovo governo indiano guidato dal partito del Congresso, che ha vinto le recenti elezioni: e il governo pakistano ha accettato.

 

La cittadina di Bulohawo, nella Somalia meridionale, è stata teatro oggi di nuovi scontri fra gli uomini del Fronte nazionale Somalo (Fns) e gli appartenenti a una fazione scissionista. Secondo fonti locali, il bilancio è di 31 morti, compresi sei civili che si sono trovati sotto il fuoco incrociato. L'area settentrionale di Mogadiscio è stata sconvolta nell'ultima ventina di giorni dai peggiori combattimenti avvenuti nella  capitale somala negli ultimi anni, che hanno causato  oltre 100 morti e la fuga di  oltre  un migliaio di nuclei familiari, con il solito crudele scenario dei saccheggi di case e negozi. Le aree più coinvolte dalle battaglie sono quelle di Karan, Abdulazzis e Shibis, oltre che del porto naturale di El Maan, controllato da alcune milizie, l'unico realmente funzionante nell'area della capitale somala dopo la chiusura di quello ufficiale avvenuta nel '95.

''Senza rispetto non c'è dialogo, nel Paese e in Parlamento, e il dialogo è l'essenza della  democrazia'': è quanto afferma il presidente Carlo Azeglio Ciampi in una dichiarazione in occasione della Festa nazionale della Repubblica che l’Italia festeggia domani. ''Volevamo costruire, e abbiamo costruito, un'Italia in pace  anche con se stessa, capace di darsi  - aggiunge Ciampi - una  Costituzione che esalta la concordia fra i cittadini, il  rispetto reciproco tra le forze politiche e tra le parti  sociali, per il bene e il progresso di tutti. Questi sono ancora oggi, più che mai vivi, i nostri ideali di libertà, di sicurezza, di pace''.

 

L'ex presidente haitiano Jean Bertrand Aristide è giunto in Sudafrica, accolto dal presidente Thabo Mbeki.   Alla partenza, ieri, dalla Giamaica, l'ex presidente ha detto: ''Il Sudafrica sarà il nostro domicilio temporaneo, finchè non rientreremo ad Haiti''.  Aristide aveva lasciato Haiti il 29 febbraio scorso in seguito a una sollevazione popolare e, dopo aver raggiunto la  Repubblica centrafricana, si era recato in Giamaica. Ora in Sudafrica riceve asilo politico. Il servizio di Lucas Duran:

 

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Mentre sull’isola di Hispaniola l’emergenza alluvioni prosegue e i morti accertati sono 1372, per il contingente statunitense ad Haiti è già tempo di addii. Giunti insieme con francesi, canadesi e cileni all’indomani della caduta del presidente Jean Bertrand Aristide, il 29 febbraio scorso, i circa 2000 soldati americani hanno cominciato un lento ritiro che dovrebbe completarsi entro la fine del mese. A sostituirli sarà una forza multinazionale di 8 mila uomini, sotto il controllo dell’Onu. Nei tre mesi di permanenza le forze internazionali hanno dovuto fronteggiare episodi crescenti di criminalità, oltre ai tentativi di far rientrare Aristide da parte delle forze a lui fedeli, che attribuiscono la caduta del loro capo ad una decisione illegittima franco-statunitense. Lo stesso Aristide, che proprio ieri ha raggiunto insieme con la moglie le due figlie in Sudafrica, ospite del presidente Tabo Mbeki, ha annunciato che tale destinazione è solo temporanea, in attesa dell’auspicato rientro in patria. L’attuale premier di Haiti, Gerard La Torture, deve confrontarsi con una situazione economico-sociale disastrosa, che fa del Paese caraibico uno dei più poveri del mondo. Gli aiuti internazionali destinati al rilancio dell’economia tardano ad arrivare e la popolazione è stanca di aspettare. Anche per questo il disimpegno americano è giudicato da non pochi osservatori come inopportuno, in una fase estremamente delicata nella quale è evidente l’impossibilità da parte delle forze al governo di prendere in mano la situazione del Paese, soprattutto per quanto riguarda l’ordine pubblico. In coincidenza con l’inizio del ritiro americano, giunge da Madrid la notizia di un probabile coinvolgimento spagnolo ad Haiti. Ad annunciarlo è il neo primo ministro, Josè Luis Zapatero, che aspetta dal Parlamento il via libera all’invio di 300 soldati iberici.

 

Per la Radio Vaticana, Lucas Duran.

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Un alto funzionario della polizia afghana è stato ucciso nell'esplosione di una bomba a Jajalabad, città dell'Afghanistan orientale. E’ rimasto ucciso nell’attacco compiuto contro il quartier generale della polizia, che ha colpito il suo ufficio.

 

L'uomo d'affari d'origine georgiana Khaka Bendukidze, considerato uno dei più ricchi oligarchi del neocapitalismo russo, è stato nominato oggi a sorpresa ministro dell'economia della Georgia dal presidente Mikhail Saakhashvili. La decisione di Saakhashvili, salito al vertice della piccola repubblica ex sovietica caucasica nei mesi scorsi dopo la caduta di Eduard Shevardnadze sotto la spinta della piazza, è stata annunciata stamani dal numero due della nuova amministrazione di Tbilisi, il premier Zurab Zhvania.

 

 

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