RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n. 153 - Testo della trasmissione di martedì 1 giugno
2004
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
Il cardinale Martino da questa
mattina tra i profughi del Nord Uganda: con noi padre Giulio albanese
OGGI
IN PRIMO PIANO:
Prende il via dal 2 luglio, la 47.ma edizione del Festival di
Spoleto: con noi Francis Menotti.
CHIESA E SOCIETA’:
Restaurata, dopo quattro mesi di lavori, la cattedrale di Lima
Il sunnita Ghazi Yawar nuovo presidente dell'Iraq:
è gradito anche agli sciiti. Intanto 25 persone morte in esplosioni a Baghdad e
altre 11 a nord della capitale
Nella Somalia meridionale, oggi nuovi scontri: una
trentina i morti.
1
giugno 2004
SULL’ESEMPIO
DI MARIA, SIATE LUCE IN OGNI CIRCOSTANZA DELLA VITA,
VIVI
TESTIMONI DI QUELLA SPERANZA CHE CRISTO HA DONATO
ALL’UMANITA’.
COSI’
IERI GIOVANNI PAOLO II, NEL MESSAGGIO PER LE TRADIZIONALI CELEBRAZIONI PER LA FINE
DEL MESE DI MAGGIO
- Il
servizio di Barbara Castelli -
**********
Un
lungo e suggestivo corteo di luci si è snodato ieri all’imbrunire lungo i viali
dei Giardini Vaticani. Centinaia di fedeli si sono, infatti, ritrovati presso
l’antica chiesa di Santo Stefano degli Abissini, situata dietro l’abside della
Basilica di San Pietro, per le celebrazioni conclusive del mese di maggio,
tradizionalmente dedicato alla Vergine Celeste. Giovani coppie, genitori con
bambini e anziani hanno partecipato con profondo raccoglimento alla processione
e alla recita del Santo Rosario, fino alla grotta di Lourdes, dove si è svolta
la Liturgia della Parola, presieduta dal cardinale Francesco Marchiano, vicario
generale del Papa per la Città del Vaticano.
In cima
al Colle Vaticano, i fedeli hanno invocato lo sguardo amorevole e materno di Maria,
mentre mons. Leonardo Sandri, sostituto della Segreteria di Stato, ha letto il
messaggio di Giovanni Paolo II. “Celebriamo la fine del mese di maggio - ha
detto - all’indomani della Pentecoste e ciò fa pensare al vento dello Spirito
che sospinge Maria e con lei la Chiesa sulle strade del mondo, per recare a
tutti Cristo, speranza dell’umanità”:
“Anche
le fiammelle delle candele, che avete portato nelle mani durante la processione,
stanno a significare la speranza che Cristo, morto e risorto, ha donato
all’umanità. Siate sempre portatori di questa luce. Anzi, siate voi stessi luce
nelle vostre case, in ogni ambiente e in ogni circostanza della vita. Siatelo
con la vostra fedele testimonianza evangelica, ponendovi ogni giorno alla
scuola di Maria, perfetta discepola del suo Figlio divino”.
**********
UDIENZE E NOMINE
Nel corso
della mattina il Papa ha ricevuto mons. Pablo Puente, nunzio apostolico in Gran
Bretagna, mons. Jean-Paul Gobel, nunzio apostolico in Nicaragua e alcuni
vescovi della Conferenza Episcopale degli Stati Uniti d’America (Regione XIII)
in visita “ad Limina”.
Il Santo
Padre ha accettato oggi la rinuncia al
governo pastorale della diocesi di Paterson negli Stati Uniti, presentata da
mons. Frank Joseph Rodimer, per raggiunti limiti di età. Gli succede mons. Arthur Joseph Serratelli, finora
vescovo ausiliare dell’arcidiocesi di Newark. Mons. Arthur Joseph Serratelli è
nato il 18 aprile 1944 a Newark nel New Jersey ed è stato ordinato
sacerdote il 20 dicembre 1968.
GIUGNO,
MESE DEL SACRO CUORE DI GESU’,
PER
CAPIRE CHE DIO E’ RICCO DI MISERICORDIA
-
Intervista con padre Massimo Taggi -
Il mese
di giugno è tradizionalmente legato alla devozione al Sacro Cuore di Gesù. Si
tratta di una devozione diffusa in tutto il mondo da oltre 4 secoli: ma cosa
significa e cosa si intende per il “Sacro Cuore di Gesù”? Giovanni Peduto lo ha chiesto a padre Massimo Taggi della Compagnia di Gesù,
direttore nazionale per l’Italia dell’Apostolato della preghiera:
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R. – La devozione al Sacro Cuore, più che una devozione è
una spiritualità. Fondamentalmente significa questo: che Dio è amore, che Dio –
come ha detto il Santo Padre in una delle sue encicliche più belle – è ricco di
misericordia. Questo – mi pare – in un mondo così lacerato da odi e da
conflitti, è un messaggio attuale e anche estremamente costruttivo.
D. – Padre Taggi, quando è nata questa devozione?
R. – Molti pensano che la devozione al Sacro Cuore sia
nata nella seconda metà del Seicento
per opera di Santa Margherita Maria Alacocque. Ora è ben vero che questa grande
mistica ha dato un contributo
fondamentale alla diffusione della devozione al Sacro Cuore, insieme a San
Claudio de La Colombière. Però già Santa Caterina da Siena o i mistici
fiamminghi hanno parlato del Sacro Cuore, hanno avuto l’esperienza del Sacro
Cuore e l’hanno trasmessa con termini splendidi. In realtà la Chiesa ci insegna
che la radice della devozione alla spiritualità del Sacro Cuore è nel Vangelo
di Giovanni, nella scena in cui il soldato romano, dopo la crocifissione e la
morte di Gesù, quando Gesù era ancora in croce, gli dà un colpo di lancia e gli
squarcia il petto e questo apre una finestra sul Cuore del figlio di Dio
incarnato.
D. – Forse è improprio il termine, ma rende bene l’idea:
quale il profitto spirituale di questa devozione?
R. – Il primo
beneficio che ne possiamo avere è di farci una immagine più giusta di
Dio, di Gesù e della vita cristiana. Capire che Dio è amore vuol dire passare
da forme di timore sbagliate, perché c’è anche un timore di Dio molto sano,
quindi da una certa paura, da una certa distanza che non è certamente appropriata
e che non è quella che il Signore vuole da noi, per esempio un formalismo fatto
di pratiche religiose importanti, ma capite più come un pagare le tasse, un
lasciapassare per essere a posto, che
non è per niente l’atteggiamento migliore, passare invece ad un vero cammino di
fede e quindi di amicizia con Dio.
D. – La devozione al Sacro Cuore è legata anche
all’Apostolato della preghiera. Lei, padre Taggi, è il direttore nazionale per
l’Italia. Ce ne parli…
R. – La spiritualità del Sacro Cuore è proprio al centro
dell’Apostolato della preghiera. Lo è fin dagli inizi con il padre Ramiére, siamo
nella seconda metà del secolo XIX. L’Apostolato della preghiera ha come pratica
fondamentale l’offerta quotidiana della vita al Signore e la formula che noi
usiamo in Italia e che viene usata in tanti altri Paesi comincia proprio così:
“Cuore divino di Gesù, io ti offro la mia giornata. Viviamola insieme”. Quindi
chiediamo a Gesù di prenderci con Lui nell’offrire al Padre il mondo, la
storia, la vita, la bellezza, la gioia, la sofferenza, tutto.
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IL
CARDINAL MARTINO TRA I PROFUGHI NEL NORD UGANDA
-
Intervista con padre Giulio Albanese -
Le
speranze dell’Africa provengono dagli
stessi africani: è quanto ha detto il cardinale Renato Raffaele Martino
ieri a Kampala dove ha iniziato una visita di 5 giorni in Uganda. Il presidente
del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace ha ricordato comunque
anche la necessità di un sostegno disinteressato da parte della comunità internazionale
a questo continente, che - ha detto - “è oggetto di un amore preferenziale” del
Papa. Questa mattina il porporato, alla guida di una delegazione, è giunto a
Gulu, capoluogo del Nord Uganda. Di questa importante visita ci parla padre
Giulio Albanese, direttore dell’agenzia missionaria Misna, raggiunto
telefonicamente da Sergio Centofanti:
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R. –
Ad accogliere questa delegazione c’era davvero tantissima gente. Il corteo ha
raggiunto la cattedrale e lì il cardinale Martino ha rivolto un saluto ufficiale
alla Chiesa del Nord Uganda. La cattedrale di Gulu era davvero gremita di
fedeli. Il porporato ha ricordato che è in Uganda a nome del Santo Padre per
esprimere proprio la sollecitudine della Santa Sede nei confronti di questo
popolo e di tutti i gruppi etnici che soffrono a causa di questa guerra civile
che va avanti dalla fine degli anni ’80. Ha poi elogiato con parole molto
affettuose, mons. Odama, l’arcivescovo di Gulu, dicendo che è un vero eroe, un
paladino della pace. E poi ha citato un proverbio africano dicendo che “le
fiamme di un fuoco, di un roveto, non si possono estinguere con altre fiamme,
con un altro fuoco”. In sostanza, alla violenza non si può rispondere con le
armi, ma con la forza del Vangelo.
D. – Il cardinale ha incontrato anche i profughi…
R. – Sì, successivamente ha raggiunto il campo di Pagak,
uno dei campi dove purtroppo circa 2 settimane fa sono state uccise una
trentina ed oltre di persone. La verità è che la situazione degli sfollati nel
Nord Uganda è disperata ed il cardinale, naturalmente, ha manifestato tutta la
solidarietà della Santa Sede.
D. – Qual è attualmente la situazione in Nord Uganda?
R. – La situazione dal punto di vista umanitario è davvero
disperata, è gravissima. Qui l’80 per cento della popolazione è praticamente
sfollata. Le missioni sono diventate delle vere e proprie cittadelle della
solidarietà. Io attualmente mi trovo a Kitgum, ad un centinaio di km da Gulu,
dove è atteso domani il cardinale. Questa missione ieri sera è stata attaccata
dai ribelli. C’è stata una lunga sparatoria, raffiche di mitra, colpi di armi
pesanti. Certamente la situazione è sempre ad alto rischio, perché tutte le
zone rurali sono infestate di ribelli. Vorrei ricordare che i ribelli sono
praticamente bambini che sono stati sequestrati nei villaggi e costretti a
combattere con la forza. Nel Nord Uganda dal 1994, vale a dire da quando il
governo di Karthoum ha appoggiato il leader guerrigliero, Joseph Kony, sono
stati sequestrati nel Nord Uganda 25 mila bambini.
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RIFORMARE L’ONU SECONDO IL PRINCIPIO DI UN MAGGIORE EQUILIBRIO DI POTERI
TRA I PAESI, AFFIDANDOLE LA SOLUZIONE PER LE CRISI IN MEDIO
ORIENTE E IRAQ:
IL PENSIERO DEL CARDINALE TAURAN
AL TERMINE DELLA CONFERENZA DI DOHA
SUL DIALOGO ISLAMO-CRISTIANO
- Intervista con il porporato -
I
progressi del dialogo tra musulmani e cristiani e le possibili aperture
all’ebraismo, ma anche il dramma delle crisi che scuotono il Medio Oriente,
dalla Terra Santa all’Iraq. Sono i temi che il cardinale Jean-Louis Tauran,
archivista e bibliotecario di Santa Romana Chiesa, ha affrontato in un’ampia
conferenza stampa al termine della Conferenza sul dialogo islamo-cristiano, che
ha riunito nei giorni scorsi a Doha, in Qatar, alcune delle massime autorità
civili e religiose delle due culture. La riflessione del porporato parte da una
delle questioni più delicate per la Chiesa cattolica mediorientale: la crescente
diminuzione di fedeli, che preferiscono abbandonare un’area segnata da una
grave instabilità. Ascoltiamo:
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R. - Non si può negare che ci sia un’emorragia della
presenza cristiana in questa parte del mondo, anche perché ci sono delle
situazioni che durano da tanti anni e non si può pretendere che tutti siano
degli eroi. Lì, realmente, si vede una diminuzione della presenza cristiana,
dovuta a circostanze politiche. Ciò che vogliamo evitare è che in Terra Santa i
luoghi sacri diventino dei musei. Per noi sono delle realtà vive: ci sono i
Santuari e attorno una comunità cristiana che ha le sue scuole, i suoi ospedali,
il suo artigianato. E vogliamo anche che il Libano rimanga quel laboratorio che
è del dialogo islamo-cristiano, al cui interno i cristiani sono partner uguali,
che fanno di questo Libano un ponte tra Occidente ed Oriente.
D. – Si parla molto, di questi tempi, di riforma dell’Onu.
Come vede lei questo processo?
R. – Penso che mai come oggi gli attori della società
internazionale abbiano avuto in mano un patrimonio giuridico così completo e
affinato. Ciò che manca è la volontà politica di rispettare gli impegni
sottoscritti. La riforma dell’Onu, dunque, è necessaria. Soprattutto non
dovrebbero esserci grandi e piccoli Paesi, idea questa che il Papa ha sempre
sviluppato: nella famiglia delle nazioni tutti sono uguali. Ovviamente chi è
più potente ha la responsabilità più grande, ma al momento di decidere, la
decisione deve essere presa secondo il diritto e secondo la giustizia. E
d’altra parte, aggiungo, bisogna stare molto attenti a non distruggere l’Onu:
sarebbe catastrofico, non avendo nessun’altra struttura.
D. – Spostando il discorso
sull’Iraq, quale passo potrebbero compiere le Nazioni Unite per ristabilire una
situazione di maggiore giustizia?
R. – L’Onu è
l’unica organizzazione capace di accompagnare la transizione di un ritorno
dell’Iraq alla sua sovranità nazionale e permettere agli iracheni di prendere
le redini del loro Paese. Ma, per l’appunto, è l’insieme della comunità
internazionale a doverlo fare, non sono solo due o tre Paesi che possono
imporre un ordine internazionale. Basterebbe tornare al testo della Carta delle
Nazioni Unite. Lì ci sono tutti gli elementi per una soluzione.
D. – Anche per la crisi del Medio Oriente?
R. – Per me la crisi
israelo-palestinese è la madre di tutte le crisi. Quando questa crisi sarà
risolta tutti gli altri problemi troveranno la loro soluzione.
D. – Durante la Conferenza di
Doha, il primo ministro del Qatar ha auspicato che in futuro il dialogo tra
musulmani e cristiani includa anche gli ebrei. Lei come valuta questa apertura?
R. – Penso sia stata una
proposta molto coraggiosa, certamente per me molto valida. Ma ho già saputo che
le reazioni non sono state unanimi. Penso ovviamente che la cosa sarà forse
difficile da mettere in atto subito, ma un giorno o l’altro si farà perché è
nella logica delle cose: si tratta di tre religioni che sono chiamate dalla
storia a convivere, perché tutto nasce lì, in quella parte del mondo.
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L’IMPORTANZA
DEL SACERDOZIO MINISTERIALE NELLA CHIESA,
CHE
PERMETTE AL POPOLO DI DIO DI ESSERE CUSTODITO E GUIDATO
CON LA STESSO AMORE DI CRISTO:
LO HA
DETTO IL CARDINALE SZOKA,
CHE HA
CELEBRATO OGGI IL 50.MO DI SACERDOZIO
- Servizio
di Alessandro De Carolis -
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Il 50.mo di
sacerdozio come occasione per riscoprire i cardini teologici alla base di un ministero,
che ha la sua autenticità più profonda nella coscienza di servire il popolo di
Dio “in persona Christi”. Il cardinale Edmund Szoka, presidente della
Pontificia Commissione per lo Stato della Città del Vaticano, ha voluto
esprimere con questi pensieri la propria gratitudine per questo importante
traguardo, celebrato solennemente stamattina durante l’Eucaristia nella
Basilica di San Pietro. Il porporato statunitense, ordinato il 5 giugno del
1954 nella diocesi di Marquette, ha ripercorso le tappe della propria
esperienza pastorale, partita da una piccola località e dal servizio
parrocchiale, per arrivare nel ’71 alla nomina episcopale in una diocesi di
nuova creazione, Gaylord, e infine alla berretta cardinalizia nel 1988 e al
successivo ingresso in Curia due anni più tardi. “I quattordici anni dal mio
arrivo a Roma sono quasi volati”, ha detto all’omelia il cardinale Szoka, che
ha rivelato come – nell’impossibilità di risalire a uno stemma di famiglia
essendo la sua di umili origini – egli abbia inserito nello stemma episcopale
la frase di San Paolo ai Galati “Vivere nella fede”:
“Dai primi anni di seminario, la virtù della fede è stata
predominante nella mia vita. Lo so che San Paolo parla della superiorità della
carità, ma la fede è ancora più fondamentale. Se non crediamo, non possiamo
amare, non possiamo sperare, non possiamo accettare la Provvidenza di Dio”.
Il cardinale ha affermato di aver ristudiato a fondo in
questi ultimi tempi la teologia del sacerdozio ministeriale, attraverso la
ricca disponibilità di testi offerta dal magistero. Ed con toni piuttosto
severi ha rilevato tra l’altro come, dopo il Vaticano II, vi sia stata “tra
alcuni teologi la tendenza a pensare che loro abbiano più importanza e autorità
del Magistero della Chiesa.
“C’è stato un oscuramento del
significato reale del sacerdozio (…) a causa maggiormente delle distorsioni e
delle false interpretazioni operate da alcuni teologi, da altri che definirei
al massimo “teologi mancati” e perfino da alcuni parroci”.
A questa
tendenza si contrappone l’insegnamento di Giovanni Paolo II il quale, ha osservato
il porporato, “indirettamente ha posto fine ad alcune controversie dei secoli
passati”, e ribadendo più volte – come nell’Esortazione apostolica Pastores
dabo vobis – che i “presbiteri sono, nella Chiesa e per la Chiesa, una
ripresentazione sacramentale di Gesù Cristo Capo e Pastore”: ne proclamano la
Parola con autorevolezza, ripetono i gesti di perdono e di salvezza attraverso
i Sacramenti, ne esercitano l’amorevole sollecitudine verso ogni credente”.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre la prima pagina la situazione
in Arabia Saudita: orrore e sgomento per la strage degli ostaggi. Inquietanti
interrogativi sulla fuga dei terroristi.
Nelle vaticane, il Messaggio di
Giovanni Paolo II in occasione della tradizionale processione mariana, nei
Giardini Vaticani, a conclusione del mese di maggio.
Nelle estere, in rilievo
l'Iraq, che ha conosciuto, con due stragi, una nuova drammatica giornata di
sangue. Raggiunto un accordo sul nome del nuovo Presidente.
Nella pagina culturale, un
articolo di Franco Patruno in ricordo dello scultore Luciano Minguzzi.
Nelle pagine italiane, in primo
piano un articolo sul dolore dei familiari di Antonio Amato, barbaramente
ucciso dai terroristi in Arabia Saudita.
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1
giugno 2004
NUOVA
MISSIONE ONU PER LA PACE NEL PAESE AFRICANO,
DOPO
10 ANNI DI GUERRA CIVILE
-Intervista
con padre Claudio Marano -
Cambio
della guardia oggi in Burundi: la missione di pace dell’Unione africana, dispiegata
nel Paese dal marzo 2003, lascia il posto agli oltre 5mila militari
dell’Operazione delle Nazioni Unite per il Burundi (Onub). Con l’accordo di
pace di Arusha di 4 anni fa - tra il governo di Bujumbura e i principali
movimenti ribelli burundesi, tra cui le Forze per la difesa della democrazia
(Fdd) - si è posto fine ad un conflitto che ha provocato oltre 300 mila morti
in 10 anni. Ma in alcune zone è ancora attivo un altro movimento combattente,
la Forza di liberazione nazionale (Fln). Si può quindi dire che il Burundi è
davvero un Paese pacificato? Risponde padre Claudio Marano, missionario
saveriano a Bujumbura, intervistato da Giada Aquilino:
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R. - In effetti non si può dire, perché un gruppo di
ribelli - quello dell’Fln - non riesce ancora a mettersi attorno al tavolo
della pace. Nel Paese quindi proseguono gli attacchi, le sparizioni, i morti e
c’è ancora insicurezza.
D. - La missione Onu dovrà accompagnare la transizione:
non sono però ancora state preparate le elezioni per giungere a delle
istituzioni libere. Perché?
R. - Non c’è ancora una legge elettorale, né è cominciato
il censimento della popolazione o l’iscrizione alle elezioni. Ci sono molte
cose che ancora non hanno avuto inizio. Alcuni partiti politici e il governo
hanno quindi chiesto di far slittare le elezioni di un ulteriore anno. Ma altri
partiti politici e gli ex ribelli dell’Fdd si sono già detti contrari.
D. - In questo quadro, quali saranno i compiti della
missione Onu rispetto a quella panafricana, che ha appena terminato il suo
mandato?
R. - Anzitutto accompagnare il Paese alle elezioni e
preparare un nuovo esercito burundese. Inoltre, questa volta, gli uomini
dell’Onu hanno anche la possibilità di intervenire con le armi in caso di
attacchi.
D. - Trecento mila morti nella guerra civile: cosa rimane
di quei dieci anni di conflitto in Burundi?
R. - Rimane il dramma di un Paese che è ormai il terzo più
povero al mondo, secondo le statistiche Onu. Penso che - sia per la Chiesa
locale, sia per tutti gli uomini e le donne di buona volontà - il grande lavoro
sia quello di far uscire il Burundi da questa situazione. L’importante è che i
giovani non scappino in altri Paesi, perché se tutte le teste pensanti
continueranno ad andar via il Burundi si impoverirà ancora di più.
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DAL 2
LUGLIO LA 47.MA EDIZIONE DEL FESTIVAL DI SPOLETO
-
Intervista con Francis e Giancarlo Menotti -
La grande danza internazionale, con i DanceBrazil, il
Ballet Hispanico e l’étoile Maximiliano Guerra; due melodrammi di raro ascolto,
uno antico l’altro contemporaneo, e firme storiche del teatro italiano, da
Mario Missiroli a Carmelo Bene, per la 47esima edizione di Spoleto Festival,
dal 2 al 18 luglio. Ce ne parla A.V.:
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Un Festival di stelle sotto le stelle: il grande Teatro
Nuovo chiuso per restauri, e il trasloco forzato da Palazzo Campello, portano
all’aperto gli spettacoli. Così il direttore artistico Francis Menotti ricorre
alla creatività anche nella logistica:
“Gli artisti trovano sempre una soluzione e nonostante la
mancanza del Teatro Nuovo abbiamo due belle Opere liriche nel Teatro Caio
Melisso, due gioielli rari. Abbiamo fatto anche tanti concerti alla Rocca e in
piazza”.
Rara e curiosa è l’opera ’'Oreste' di un Haendel anziano,
mentre in Piazza Duomo musica e immagini si sposano per l’inaugurazione: scene
di Lele Luzzati e regia di luci di Valerio Festi sui 'Quadri di un'esposizione'
di Musorgskij.
Da qualche anno il Festival ha ripristinato la dizione
“Dei due mondi” ricordando il legame con l’America del patron ultranovantenne
Giancarlo Menotti, rinnovato dalla presenza della Juilliard Orchestra di New
York. Ma oggi il Festival sembra ripiegato su se stesso. Ancora Francis
Menotti:
R. - Il nostro è un Festival di un piccolo mondo. Tutti
noi possiamo stare insieme per fare un Festival, che celebri l’arte invece di
pensare alle cose terribili che abbiamo intorno in questo momento.
D. - Quale opera richiama i nostri
tempi?
R. – Specialmente “Der Kaiser for Atlantis”, perché il
creatore di quest’opera lirica è morto nel campo di concentramento di Auschwitz
nel 1944. E alla fine viene detto che nessuno mai vince la guerra, solo gli
stupidi vincono la guerra. Nella morte si trova solo la pace.
Anche
Menotti padre, fondatore del Festival nel 1958 condivide il contenuto
dell’opera del compositore Viktor Ullman su libretto di Petr Kine, con cui
condivise il lager e la morte. Ascoltiamolo:
“E’ un inno alla morte, quasi
gioioso. Il libretto dice che non dobbiamo avere paura della morte, perché la
morte è parte della vita. Noi dobbiamo morire per poter lasciar vivere gli
altri. La nostra morte è un gesto generoso verso la vita. Io non ho paura della
morte”.
Morire per andare oltre il
rinascere, come il ragazzino che esce dalla cornice della tela di Borrell,
scelta per il manifesto del Festival. Due grandi vecchi, Lele Luzzatti e
Giancarlo Menotti, che tornano alla loro infanzia.
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1
giugno 2004
LE OTTO CONFERENZE EPISCOPALI DEI
PAESI CHE HANNO PARTECIPATO
ALLA GIORNATA DEI CATTOLICI
MITTELEUROPEI, CULMINATA IN AUSTRIA
CON IL “PELLEGRINAGGIO DEI POPOLI” A MARIAZELL, SOTTOLINEANO LA NECESSITÀ
DI EDIFICARE L’EUROPA SULLE
FONDAMENTA DEL VANGELO
MARIAZELL.
= La casa comune dell’Europa deve essere costruita basandosi sul Vangelo. E’
quanto indicano le otto Conferenze episcopali dei Paesi che hanno partecipato
al Mekt, la Giornata dei cattolici mitteleuropei, culminata il 22 e 23 maggio
scorsi con il “pellegrinaggio dei popoli” in Austria, a Mariazell.
L’indicazione è contenuta in una lettera pastorale comune letta, domenica
scorsa, in tutte le chiese mitteleuropee. “Una nuova Europa non può essere
costruita senza o contro i cristiani, senza o contro Cristo”, affermano i
vescovi, sottolineando l’esigenza della cooperazione “testimoniata con il
Mekt”, il cui effetto - spiegano - è il rafforzamento della solidarietà della
società civile nei Paesi che hanno partecipato all’iniziativa. Dopo Mariazell
“questa collaborazione non può venir meno”, avvertono i presuli aggiungendo che
“il cammino iniziato deve proseguire”. I vescovi affermano, inoltre, di ben
conoscere i problemi ed i rischi dell’Europa di oggi. “Conosciamo però –
sottolineano – anche le opportunità per una maggiore cooperazione pacifica nel
nostro Continente”. Guardando a Gesù Cristo come alla “sorgente più profonda
della vicinanza al prossimo”, i vescovi ricordano, infine, come i cristiani non
siano solo “eredi dei santi”, ma anche “eredi dei peccatori che hanno spesso
offuscato il volto di Cristo e della Chiesa”; perciò, ammoniscono: “le ombre
nella storia della Chiesa debbono essere ricordate”: questa è una “condizione
per un futuro pacifico dell’Europa”. (A.L.)
APERTA OGGI A GINEVRA LA 92.MA CONFERENZA INTERNAZIONALE DELL’ORGANIZZAZIONE
INTERNAZIONALE DEL LAVORO
- A cura
di Mario Martelli -
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GINEVRA.=
Ministri del lavoro, rappresentanti dei lavoratori e dei datori di lavoro si
sono riuniti a Ginevra per la 92.ma Conferenza internazionale del lavoro. Al
centro delle discussioni degli oltre tremila delegati dei 177 Stati membri
dell’Organizzazione internazionale del lavoro, la definizione del ruolo delle
istituzioni tripartite per raggiungere una mondializzazione giusta ed equa per
tutti, i problemi della libertà di associazione e delle emigrazioni. Juan
Somavia, direttore generale dell’Istituzione ginevrina, ha aperto i lavori
sottolineando l’importanza dei temi in discussione e le preoccupazioni che
richiedono una risposta alla necessità di nuove politiche in materia di
globalizzazione. Non si potrà raggiungere una mondializzazione durevole - ha
detto Somavia - se non sarà formata sull’equità. L’ordine del giorno della
Conferenza include tutta una serie di problemi sulle condizioni di lavoro e
sullo sviluppo delle risorse umane, come quello delle emigrazioni. Come indica
un Rapporto dell’Organizzazione, un numero superiore agli 86 milioni di adulti
– dato, questo, in constante aumento – sono costretti a ricercare in altri
Paesi quello che il posto dove sono nati non può loro offrire. Si discuterà
anche del problema della disoccupazione, della situazione dei lavoratori
addetti alla pesca e di quella dei lavoratori nei territori arabi occupati. Ma
anche dei problemi della giustizia sociale, dei lavori forzati e dello
sfruttamento minorile, in vista della Giornata mondiale del lavoro infantile,
che ricorre il prossimo 11 giugno.
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CELEBRATE IN PAKISTAN
DALL’ARCIVESCOVO DI LAHORE, MONS. LAWRENCE SALDANHA, LE ESEQUIE DI UN GIOVANE CATTOLICO UCCISO IN CARCERE,
LUOGO DOVE ERA DETENUTO IN SEGUITO
ALL’ACCUSA DI BLASFEMIA
LAHORE.
= L’arcivescovo di Lahore e presidente della Conferenza episcopale del Pakistan,
mons. Lawrence Saldanha, ha celebrato sabato scorso le esequie di Samuel Masih,
un giovane cattolico ucciso in carcere da un secondino musulmano. Il giovane
era stato arrestato nell’agosto dell’anno scorso con l’accusa di blasfemia.
Mons. Saldanha ha condannato i responsabili della morte del giovane ed ha
chiesto al governo di garantire la vita e la sicurezza di coloro che appartengono
alle minoranze religiose. Il presule ha inoltre esortato i fedeli a non
accettare supinamente la legge, che condanna fino alla pena di morte “quanti
con parole o con scritti, gesti o rappresentazioni visibili, con insinuazioni
dirette o indirette, insultano il sacro nome di Maometto”. La Commissione
Giustizia e Pace pachistana ha anche reso noto che, dal 1987 ad oggi, almeno
148 musulmani, 208 ahmadi, 75 cristiani ed 8 indù sono stati accusati
ingiustamente di blasfemia.
IN
IRAN CANCELLATA LA CONDANNA A MORTE DEL PROFESSORE UNIVERSITARIO,
HASHEM
AGHAJARI. L’INTELLETTUALE IRANIANO, ACCUSATO DI BLASFEMIA
PER
AVER PRONUNCIATO UN DISCORSO INCENTRATO SULLA NECESSITÀ
DI
RIFORMARE L’ISLAM, SARÀ NUOVAMENTE PROCESSATO A TEHERAN
TEHERAN.
= In Iran la Corte Suprema ha cancellato la condanna a morte per blasfemia
dell’intellettuale Hashem Aghajari, che dovrà essere nuovamente processato a
Teheran. La sentenza di morte nei confronti di Aghajari, professore universitario
ed uno tra gli esponenti di punta del riformismo islamico, era stata emessa dal
Tribunale di Hamedan, in seguito ad un discorso che il docente ha pronunciato
in questa città nel 2002. In quell’occasione Aghajari, che insegna storia e
filosofia islamica in diverse Università di Teheran, aveva posto l’accento
sulla necessità di una riforma dell’Islam sul modello di quella protestante nel
Cristianesimo. Ma le sue parole sono state interpretate dai giudici religiosi
di Hamedan come un’eresia ed hanno portato alla condanna capitale. Dopo le
manifestazioni studentesche di protesta da parte di studenti, docenti ed esponenti
riformisti, l’ayatollah Ali Khamenei aveva imposto una revisione della
sentenza, alla quale hanno fatto seguito una prima sospensione, la conferma
della pena, il provvedimento di cancellazione e l’ultima decisione di
organizzare un nuovo processo a Teheran. Dopo queste ultime fasi dell’intricata
vicenda di Aghajari, che ha perso una gamba nella guerra combattuta tra Iran e
Iraq dal 1980 al 1988, sembra adesso poco probabile, per l’intellettuale
iraniano, l’ipotesi di una nuova condanna a morte. (A.L.)
“AMSTERDAM, CITTA’
DELL’EUCARISTIA”. E’ IL MOTTO DELLA PROCESSIONE CHE
SI TERRA’ IL PROSSIMO 13 GIUGNO, PER LA PRIMA VOLTA DAL 1578,
NELLE STRADE DELLA CAPITALE
OLANDESE IN RICORDO
DI UN PRODIGIO EUCARISTICO
AVVENUTO NEL 1345
AMSTERDAM.
= Il prossimo 13 giugno, per la prima volta dal 1578, avrà luogo nelle vie di
Amsterdam una processione con il sacramento dell’Eucaristia in occasione del Corpus
Domini. Lo ha annunciato il quotidiano olandese “Katholiek Nieuwsblad”. La
celebrazione sarà presieduta dal vescovo di Haarlem, mons. Joseph Maria Punt,
ed è stata promossa dalla chiesa di Nostra Signora, affidata ad alcuni
sacerdoti dell’Opus Dei. Uno dei presbiteri della parrocchia ha spiegato che
“dal 1578, anno in cui i governanti olandesi hanno abbracciato la causa della Riforma,
era proibita la processione del Miracolo”, in ricordo di un prodigio eucaristico
che ha avuto luogo nella città il 15 marzo 1345. “Dopo la modifica della legislazione
avvenuta nel 1989 – ha spiegato - sono state permesse manifestazioni religiose
in pubblico”. La processione, ha poi proseguito il sacerdote, non è una “provocazione”,
né un “segno di trionfalismo”, “ma una continuazione della tradizione eucaristica
di Amsterdam”. Il motto della processione, alla quale sono state invitate tutte
le parrocchie della città, sarà “Amsterdam, città dell’Eucaristia”. (A.L.)
RESTAURATA LA CATTEDRALE DI LIMA: DOPO QUATTRO MESI DI LAVORI,
LA COSTRUZIONE CINQUECENTESCA
RITROVA IL SUO ANTICO SPLENDORE
LIMA. =
Verrà riaperta ai fedeli il prossimo 17 giugno la suggestiva Cattedrale di
Lima, fondata dal “conquistador” del Perù, Francisco Pizarro, il 18 gennaio
1535 e riedificata con un più maestoso progetto nel 1598 dall’architetto
Francisco Becerra. Lo storico monumento, in gran parte ricostruito dopo il
terremoto del 1746 e modificato nel 1940, è ritornato allo splendore
originario, dopo quattro mesi di lavori, grazie al prezioso intervento di un’equipe
di esperti restauratori. In particolare, l’eliminazione di una patina dal coro,
ha riportato alla luce dettagli importanti degli apostoli, dei patriarchi e dei
dottori della Chiesa scolpiti sull’alzata di ogni posto. L’intervento ha
riguardato anche l’altare maggiore, il Sacrario e la parte centrale del
Presbiterio, dove sono state recuperate le parti in oro, seriamente danneggiate
da insetti e dall’umidità. Altri lavori hanno interessato i quadri, il pulpito
principale e la scultura del Cristo in avorio. Anche le cappelle hanno ritrovato
il loro verde originario, tra cui quella della Vergine dell’Evangelizzazione,
nella navata destra, dove è stata restaurata la pala in legno e oro e i
pavimenti del 17.mo secolo. Nella cattedrale è inumato il “conquistador”
Francisco Pizarro, del quale sono due le bare in legno che ne compongono la
salma: una per il corpo e un’altra, più piccola, per la testa. (R.M.)
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1 giugno 2004
- A cura di Fausta Speranza -
E’ Ghazi Yawar il nuovo
presidente dell'Iraq, scelto dal consiglio di governo provvisorio iracheno e
accettato dalla coalizione a guida americana. Decisi anche quattro dei nuovi
ministri, il consiglio di governo provvisorio è stato sciolto e il nuovo
governo iracheno ha assunto le sue funzioni.
La notizia è giunta insieme con quella di 25 persone morte in violente
esplosioni nella stessa zona verde di
Baghdad che ospita installazioni americane e le autorità riunite. Poco dopo,
nell’attacco suicida all'ingresso di una base militare Usa a Baiji, 200 km a
nord di Baghdad, hanno perso la vita 11
civili iracheni e altri 26 sono rimasti feriti. Ascoltiamo quanto riferisce
dalla capitale, Barbara Schiavulli:
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R. – La
situazione a Baghdad è abbastanza tesa, c’è molta confusione. Da cinque giorni
non c’è benzina, perchè non viene distribuita dagli americani. Quindi ci sono
persone furiose che fanno la fila ai benzinai. Intanto, continua la violenza,
sempre più intensa nella zona di Kufa e di Najaf. Oggi bisognava andare con la
Croce Rossa che portava dei medicinali proprio a Najaf, ma è stato sospeso il
viaggio per ragioni di sicurezza, perchè i combattimenti sono troppo intensi.
D. – Come state operando voi, come giornalisti e come
inviati, lì in Iraq?
R. – La situazione è abbastanza tesa anche per noi. Io
sono andata diverse volte a Najaf, ma soprattutto la strada è molto difficile.
Ci sono molti assalti. La settimana scorsa hanno ucciso due giapponesi. Si
tende a non farsi passare per italiani, perché parte della coalizione. Ci
presentiamo come giornalisti francesi, rischiando poi di essere scoperti.
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Il nuovo presidente iracheno
Ghazi Yawar, durante la conferenza stampa comune con l'inviato dell'Onu,
Brahimi, e il nuovo primo ministro, Allawi, ha lanciato un appello in favore
della restaurazione della ''completa sovranità'' degli iracheni sul loro Paese,
attraverso una nuova risoluzione delle Nazioni Unite attualmente in corso di
dibattito in Consiglio di sicurezza. A quest’ultimo sono stati affiancati due
vicepresidenti, uno sciita ed uno curdo. Yawar, primo presidente dopo la caduta
di Saddam Hussein, è un accorto uomo d'affari ed è a capo degli Shammar, una delle più grandi tribù del Paese che
conta tre milioni di persone, sia
sunnite che sciite. Della sua figura ci parla, nell’intervista di Giancarlo La
Vella, Younis Tawfik, giornalista e scrittore iracheno sunnita:
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R. – E’
uno sceicco di una tribù, possiamo dire la maggiore in Iraq, che si estende
dall’Arabia Saudita fino a Mosul, arriva poi fino in Siria e in Giordania, per
cui ha un consenso pan-arabo. La famiglia gode di grande rispetto e prestigio
in Iraq. E’ un ingegnere laureato in materie legate al petrolio e ha sempre
vissuto in Iraq sotto il regime. Lui e la sua famiglia, la sua tribù, avevano
già subito la persecuzione dalla parte del regime di Saddam Hussein.
D. – Lui è un sunnita, riuscirà a riscuotere il favore
anche da parte sciita?
R. – Sicuramente, anche perché gli iracheni si basano
soprattutto sul rapporto familiare, di clan e di tribù, per cui anche tra gli
sciiti ci sono arabi della stessa tribù di Al Yawar. E poi gli iracheni oggi
hanno bisogno di questo ritorno alle loro radici culturali. Yawar con queste
origini, con queste alleanze, può comunque mantenere saldo il tessuto sociale
iracheno e l’unità del Paese.
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E' salito a 19 il numero dei
morti dell'attentato dinamitardo compiuto ieri contro una moschea sciita di
Karachi, nel sud del Pakistan. Non si sa ancora se l'esplosione sia stata
provocata da un attentatore suicida. Il bilancio precedente era di ''almeno''
tredici morti e una trentina di feriti. La bomba è esplosa ieri all'interno
della moschea sciita affollata di fedeli durante la preghiera serale. Il luogo
di culto si trova non lontano dal quartiere dove il religioso sunnita, il mufti
Nizamuddin Shamzai, era stato assassinato il giorno precedente. I sunniti sono
la grande maggioranza nel Paese. L’omicidio aveva provocato violente proteste e
la tensione resta ancora molto alta.
Il petrolio ha raggiunto i 41,55
dollari al barile al mercato after hours di New York. Il prezzo è legato ai
timori per nuovi attacchi del terrorismo che potrebbero colpire gli impianti di
produzione. E, intanto, il rappresentante dell'Iran presso l'Opec,
l’organizzazione dei Paesi produttori di petrolio, fa sapere che nella riunione
in programma giovedì prossimo si potrebbe decidere non solo di aumentare le
quote di produzione di greggio per frenare i
prezzi, ma addirittura di sospenderle temporaneamente. Da parte sua, il
ministro del petrolio iraniano, Bijan Zanganeh, ha più volte assicurato che il
suo Paese non si oppone ad un aumento della produzione, come proposto
dall'Arabia Saudita, ritenendolo ''un segnale positivo'' per i mercati.
L’Europa giudica il rincaro del greggio “un rischio negativo”, ma per ora non è
causa di allarme”. L’affermazione è stata del portavoce del Commissario Ue agli
Affari Monetari ed Economici, Joaquin Almunia, a poche ore dall'inizio della
riunione sul tema dei ministri europei delle Finanze.
Il ministro degli esteri
israeliano Sylvan Shalom si recherà giovedì al Cairo per discutere con il
presidente egiziano Hosni Mubarak del piano di ritiro israeliano dalla striscia
di Gaza. Ieri ci si aspettava che il premier israeliano riferisse in Parlamento
del suo piano ma Sharon ha rimandato l’appuntamento.
India e
Pakistan avvieranno nuovi negoziati il 27 e 28 giugno, nell’ambito di un processo
di riconciliazione dopo oltre 50 anni di contrasti.Al centro dei negoziati la
questione della regione contesa del Kashmir, a maggioranza islamica, e gli
armamenti nucleari, di cui sono in possesso i due Paesi. La proposta delle date
dei colloqui è stata fatta dal nuovo governo indiano guidato dal partito del
Congresso, che ha vinto le recenti elezioni: e il governo pakistano ha
accettato.
La cittadina di Bulohawo, nella
Somalia meridionale, è stata teatro oggi di nuovi scontri fra gli uomini del
Fronte nazionale Somalo (Fns) e gli appartenenti a una fazione scissionista.
Secondo fonti locali, il bilancio è di 31 morti, compresi sei civili che si
sono trovati sotto il fuoco incrociato. L'area settentrionale di Mogadiscio è
stata sconvolta nell'ultima ventina di giorni dai peggiori combattimenti avvenuti
nella capitale somala negli ultimi
anni, che hanno causato oltre 100 morti
e la fuga di oltre un migliaio di nuclei familiari, con il
solito crudele scenario dei saccheggi di case e negozi. Le aree più coinvolte
dalle battaglie sono quelle di Karan, Abdulazzis e Shibis, oltre che del porto
naturale di El Maan, controllato da alcune milizie, l'unico realmente
funzionante nell'area della capitale somala dopo la chiusura di quello
ufficiale avvenuta nel '95.
''Senza rispetto non c'è
dialogo, nel Paese e in Parlamento, e il dialogo è l'essenza della democrazia'': è quanto afferma il presidente
Carlo Azeglio Ciampi in una dichiarazione in occasione della Festa nazionale
della Repubblica che l’Italia festeggia domani. ''Volevamo costruire, e abbiamo
costruito, un'Italia in pace anche con
se stessa, capace di darsi - aggiunge
Ciampi - una Costituzione che esalta la
concordia fra i cittadini, il rispetto
reciproco tra le forze politiche e tra le parti sociali, per il bene e il progresso di tutti. Questi sono ancora
oggi, più che mai vivi, i nostri ideali di libertà, di sicurezza, di pace''.
L'ex presidente haitiano Jean
Bertrand Aristide è giunto in Sudafrica, accolto dal presidente Thabo
Mbeki. Alla partenza, ieri, dalla
Giamaica, l'ex presidente ha detto: ''Il Sudafrica sarà il nostro domicilio
temporaneo, finchè non rientreremo ad Haiti''.
Aristide aveva lasciato Haiti il 29 febbraio scorso in seguito a una
sollevazione popolare e, dopo aver raggiunto la Repubblica centrafricana, si era recato in Giamaica. Ora in
Sudafrica riceve asilo politico. Il servizio di Lucas Duran:
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Mentre sull’isola di Hispaniola l’emergenza alluvioni
prosegue e i morti accertati sono 1372, per il contingente statunitense ad
Haiti è già tempo di addii. Giunti insieme con francesi, canadesi e cileni
all’indomani della caduta del presidente Jean Bertrand Aristide, il 29 febbraio
scorso, i circa 2000 soldati americani hanno cominciato un lento ritiro che
dovrebbe completarsi entro la fine del mese. A sostituirli sarà una forza
multinazionale di 8 mila uomini, sotto il controllo dell’Onu. Nei tre mesi di
permanenza le forze internazionali hanno dovuto fronteggiare episodi crescenti
di criminalità, oltre ai tentativi di far rientrare Aristide da parte delle forze
a lui fedeli, che attribuiscono la caduta del loro capo ad una decisione
illegittima franco-statunitense. Lo stesso Aristide, che proprio ieri ha raggiunto
insieme con la moglie le due figlie in Sudafrica, ospite del presidente Tabo
Mbeki, ha annunciato che tale destinazione è solo temporanea, in attesa
dell’auspicato rientro in patria. L’attuale premier di Haiti, Gerard La
Torture, deve confrontarsi con una situazione economico-sociale disastrosa, che
fa del Paese caraibico uno dei più poveri del mondo. Gli aiuti internazionali
destinati al rilancio dell’economia tardano ad arrivare e la popolazione è
stanca di aspettare. Anche per questo il disimpegno americano è giudicato da
non pochi osservatori come inopportuno, in una fase estremamente delicata nella
quale è evidente l’impossibilità da parte delle forze al governo di prendere in
mano la situazione del Paese, soprattutto per quanto riguarda l’ordine
pubblico. In coincidenza con l’inizio del ritiro americano, giunge da Madrid la
notizia di un probabile coinvolgimento spagnolo ad Haiti. Ad annunciarlo è il
neo primo ministro, Josè Luis Zapatero, che aspetta dal Parlamento il via
libera all’invio di 300 soldati iberici.
Per la Radio Vaticana, Lucas Duran.
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Un
alto funzionario della polizia afghana è stato ucciso nell'esplosione di una
bomba a Jajalabad, città dell'Afghanistan orientale. E’ rimasto ucciso
nell’attacco compiuto contro il quartier generale della polizia, che ha colpito
il suo ufficio.
L'uomo d'affari d'origine
georgiana Khaka Bendukidze, considerato uno dei più ricchi oligarchi del
neocapitalismo russo, è stato nominato oggi a sorpresa ministro dell'economia
della Georgia dal presidente Mikhail Saakhashvili. La decisione di
Saakhashvili, salito al vertice della piccola repubblica ex sovietica caucasica
nei mesi scorsi dopo la caduta di Eduard Shevardnadze sotto la spinta della
piazza, è stata annunciata stamani dal numero due della nuova amministrazione
di Tbilisi, il premier Zurab Zhvania.
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