RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n. 27 - Testo della Trasmissione di martedì 27
gennaio 2004
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI
IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Stroncato da un malore, a Kinshasa, il 74.enne vescovo di
Kindu, mons. Paul Mambe Mukanga
Esplosione a Baghdad mentre l’Onu conferma il rientro in Iraq
Prosegue nel New Hampshire il processo elettorale per designare il candidato democratico che sfiderà Bush
Tra oggi e domani appuntamenti cruciali per il futuro politico del governo britannico di Tony Blair.
27
gennaio 2004
L’AMERICA
LAVORI AL RAFFORZAMENTO DELLA COOPERAZIONE INTERNAZIONALE
PER LA PACE NEL MONDO: COSI’ IL PAPA AL VICEPRESIDENTE DEGLI STATI UNITI,
DICK
CHENEY, RICEVUTO STAMANI IN VATICANO
- Servizio
di Alessandro Gisotti -
La
cooperazione internazionale sia strumento primario per la promozione della pace
nel mondo. Il Papa lo ha ribadito stamani nell’incontro con il vicepresidente
degli Stati Uniti, Dick Cheney. Il numero due dell’amministrazione di
Washington è stato ricevuto in Vaticano assieme alla consorte e ad un folto
seguito. Il servizio di Alessandro Gisotti:
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“Il
popolo americano ha sempre tenuto in gran conto i valori fondamentali della
libertà, della giustizia e dell’eguaglianza”: è quanto sottolineato da Giovanni
Paolo II nell’udienza a Dick Cheney avvertendo che “in un mondo segnato da
conflitti, ingiustizie e divisioni, la famiglia umana ha proprio bisogno di
questi valori nella ricerca dell’unità, della pace e del rispetto per la
dignità di ognuno”. Incoraggio voi e il vostro popolo – ha proseguito il Papa –
a lavorare, nel vostro Paese come all’estero, per la crescita della
cooperazione internazionale e della solidarietà al servizio della pace che è la
più profonda aspirazione dell’umanità”. Masui temi centrali dell’incontro in
Vaticano, ascoltiamo il Direttore della Sala Stampa della Santa Sede, dott.
Joaquín Navarro-Valls:
R. – Prima c’è stato l’incontro
con il Santo Padre, poi il vicepresidente americano è stato a colloquio con il
cardinale segretario di Stato. In tutti e due i colloqui i temi sono stati
naturalmente il Medio Oriente, con particolare riferimento alla Terra Santa, e
la situazione attuale e futura in Iraq. Il Papa ha fatto anche riferimento ad
una serie di problemi morali e religiosi, che riguardano la vita degli Stati:
la difesa e la promozione della vita e della famiglia. Si apprezza la posizione
dell’amministrazione americana su questi temi.
D. – Direttore, in quale clima
si è svolto l’incontro?
R. – E’ stato un incontro
cordiale, nel quale il Papa ha ricevuto anche la consorte e la figlia del
vicepresidente americano. C’è stato poi lo scambio di doni. Direi che è stato
un incontro cordiale.
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IL
DIALOGO TRA RAGIONE E FEDE E’ FONDAMENTALE PER UNA CONOSCENZA
CHE
TENGA CONTO DELLA DIMENSIONE ETICA DELLA PERSONA:
COSI’ IL PAPA A MONS. ZYGMUNT KAMINSKI,
ARCIVESCOVO DI SZCZECIN-KAMIEN,
CITTA’
POLACCA CHE PRESTO COMPRENDERA’
NELL’UNIVERSITA’
LA FACOLTA’ DI TEOLOGIA
“E’ necessario un dialogo tra ragione e fede se i frutti
delle ricerche scientifiche in diverse discipline devono servire per il pieno
sviluppo dell’uomo”. Lo ha sottolineato il Papa incontrando mons. Zygmunt
Kaminski, arcivescovo di Szczecin-Kamien, in Polonia, e una delegazione del Senato accademico
dell’Università di Szczecin. Giovanni Paolo II ha espresso il suo rallegramento
per l’occasione particolare di questa visita: l’Ateneo raccoglierà tra le sue
mura la Facoltà di teologia che finora ha svolto indipendentemente l’attività
scientifica ed educativa. Il servizio di Fausta Speranza:
*********
“Poiché non si può dividere la ragione dall’anima, così
non si può pienamente trasmettere la scienza
non tenendo conto delle necessità dell’animo umano che è aperto
all’infinito”. Con questa riflessione il Papa ha sottolineato che “lo sviluppo
delle scienze comporta tante questioni etiche”. Da qui il bisogno di risolverle
“con il rispetto dell’autonomia delle scienze, ma anche nello spirito della
verità”. “Non può non dare buoni frutti” – ha spiegato Giovanni Paolo II -
l’impegno per un “confronto dei concetti” che non dimentichi la “dignità dei
fini cui tende la scienza e dei mezzi con i quali opera”.
Con la ricchezza di queste considerazioni, il Papa ha
espresso l’auspicio che, grazie all’iniziativa dell’Università di Szczecin, i
giovani della città e di tutta la regione nord-ovest della Polonia, avranno
maggiori possibilità di acquisire la scienza filosofica e teologica. E Giovanni
Paolo II ha parlato di “conoscenza
della verità sull’uomo, sulla dignità dell’animo umano, sul valore della vita”
, ma anche di “grandiosità dei
risultati scientifici in tutte le discipline”, ribadendo che tutto questo serve
per il dovuto approfondimento del sapere trasmesso. Ma ha anche ricordato che
il sapere è in funzione dello sviluppo delle persone, di quanti “vorranno
attingere dalla fonte della scienza e della saggezza”.
*********
IMPEGNARSI
IN MODO CONVINTO NELLA LOTTA CONTRO LA FAME:
COSI’
IL PAPA AL DIRETTORE ESECUTIVO
DEL
PROGRAMMA ALIMENTARE MONDIALE DELL’ONU,
JAMES
T. MORRIS, RICEVUTO STAMANI IN VATICANO
- A
cura di Alessandro Gisotti -
Giovanni
Paolo II ha espresso stamani il suo vivo apprezzamento per quanto il Pam, il
Programma Alimentare Mondiale dell’Onu, sta facendo in favore di quanti
soffrono la fame nel mondo. L’occasione è stata l’udienza con il direttore
esecutivo dell’agenzia delle Nazioni Unite, James T. Morris. Di fronte alla
“complessità della nostra era” - ha sottolineato il Papa - serve il comune
impegno delle organizzazioni internazionali per affrontare adeguatamente i
“bisogni nutrizionali di milioni di uomini, donne e bambini”. E’ un compito
“non facile” , ha riconosciuto il Santo Padre. Tuttavia, si è detto convinto
che con l’aiuto di tante persone di buona volontà, il Pam “continuerà ad essere
uno strumento di solidarietà e di assistenza nella battaglia in corso contro la
fame”.
ALTRE UDIENZE E NOMINE
Nel
corso della mattinata, Giovanni Paolo II ha ricevuto l’ambasciatore di
Argentina, Vicente Espeche Gil, e la consorte, in visita di congedo.
Il Papa Santo ha nominato osservatore permanente della
Santa Sede presso il Consiglio d’Europa a Strasburgo mons. Vito Rallo,
consigliere di Nunziatura. Originario di Trapani, dove è nato 51 anni fa, mons.
Rallo è entrato nel Servizio diplomatico della Santa Sede nel 1988. Dopo una
prima destinazione nella Nunziatura apostolica in Corea, in qualità di addetto,
ha poi prestato servizio nelle Nunziature apostoliche di Senegal, Messico, Canada,
Libano e Spagna.
In
Nigeria, il Pontefice ha nominato nunzio apostolico l’arcivescovo Renzo
Fratini, finora nunzio apostolico in Indonesia e in Timor Orientale.
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OGGI SU
“L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre la prima pagina l'Iraq, nuovamente segnato
dalla violenza; intanto il Segretario generale dell'Onu si è detto favorevole
all'invio di una missione incaricata di valutare tempi e modalità delle
elezioni generali.
Nelle vaticane, il discorso del Papa alla
Delegazione del Senato accademico dell'Università di
Szczecin (Polonia).
In riferimento alla conclusa Settimana di
preghiera per l'unità dei cristiani, un articolo di John A. Radano dal titolo
"Relazioni con l'Alleanza Mondiale delle Chiese Riformate".
Nelle estere, Medio Oriente: iniziativa della Lega
Araba contro il "muro" israeliano.
Nella pagina culturale, un elzeviro di Luigi Maria
Personé dal titolo "E' davvero un progresso cancellare le
tradizioni?"
Per l'"Osservatore
libri", un articolo di Giulio Colombi sull'opera - a cura di Ugo Trombi -
dal titolo "Inni preghiera cantici. Poesia latino cristiana dal IV al XIII
secolo".
Nelle pagine italiane, in primo
piano le iniziative promosse per celebrare la Giornata della Memoria.
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27
gennaio 2004
TANTE
E DIVERSE LE INIZIATIVE NELLA GIORNATA DELLA MEMORIA: IL
DRAMMA DELLA SHOAH RIVISSUTO IN TUTT’ITALIA E IN UNA SOLENNE CERIMONIA PERCHE’,
COME
HA RACCOMANDATO IL CAPO DI STATO CIAMPI, “NON SI RIPETA PIU’”
-
Intervista con Liliana Segre -
Dibattiti, incontri con i sopravvissuti, filmati e mostre
per non dimenticare. Così oggi il dramma della Shoah, lo sterminio di sei
milioni di ebrei deportati dai nazisti, viene ricordato in tutt’Italia nel
Giorno della Memoria. All’Auditorium-Parco
della Musica di Roma si è svolta l’iniziativa promossa dal Senato alla presenza
del capo di Stato, Carlo Azeglio Ciampi. Il servizio di Giampiero Guadagni:
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Era il
27 gennaio 1945 quando le truppe sovietiche entrarono per la prima volta nel
lager polacco di Auschwitz, abbandonato dai nazisti in ritirata. E questa data,
27 gennaio, è stata scelta come Giornata della memoria che l’Italia ha istituito
per legge nel 2000. All’Auditorium di Roma l’apertura delle celebrazioni.
“Occorre ricordare, perché l’orrore non si ripeta più”, afferma il capo dello
Stato, Ciampi, “e perché ogni manifestazione di antisemitismo, di razzismo in
tutte le sue forme, venga condannata e messa al bando. Ricordiamo i colpevoli,
l’ideologia razzista di Hitler, e ricordiamo – aggiunge Ciampi – i giusti,
coloro che agirono secondo coscienza e spirito di umanità”. E davanti ai
rappresentanti della comunità ebraica di Roma, il presidente del Senato, Pera,
ha sottolineato come la Shoah sia stata un fenomeno unico, in quanto
sistematica eliminazione di un popolo.
E
sempre a Roma, questa mattina, dalla Stazione Tiburtina è partito un treno allestito
con carri merci analoghi a quelli che trasportarono gli ebrei. Il treno
toccherà le tappe italiane dello sterminio. E stasera allo Stadio Olimpico
verrà disputata la “partita della memoria”, un incontro di calcio tra squadre
composte da personaggi del mondo della cultura, dello spettacolo e dello sport.
L’incasso della gara sarà devoluto alla realizzazione di un museo della Shoah
nella capitale. In tutta Italia sono centinaia le iniziative in programma: tra
queste ricordiamo la mostra di Milano dedicata ai bambini vittime del nazismo.
Per la Radio Vaticana, Giampiero Guadagni.
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Liliana Segre, che oggi ha 74
anni, all’età di quattordici, nel gennaio del 1944 veniva deportata ad Auschwitz.
Ci offre la sua testimonianza nell’intervista di Fabio Colagrande:
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R. – Per chi è stato ad Auschwitz, non c’è un
giorno della memoria: sono tutti giorni della memoria, perché Auschwitz
ti resta dentro. Non ti resta solo per il numero tatuato sulla pelle, ma per un
tatuaggio profondo, un tatuaggio dell’anima. Con i miei 14 anni, non sapevo
neanche geograficamente dove mi trovassi, non l’avevo capito fino in fondo ...
D. – Signora Segre, lei ha deciso di testimoniare la sua
esperienza. Qual è, secondo lei, lo scopo più importante di questa
testimonianza?
R. – Guardi, io ho taciuto per tantissimi anni. Quest’anno
compirò 74 anni e fino ai miei 70 non sono riuscita a parlare di questo
argomento, se non rarissime volte e mai in pubblico. Poi, dopo un lungo
travaglio psicologico, dopo averci pensato tanto, ho capito che non potevo più
tacere: era già troppo tardi. E le motivazioni, ovviamente, sono tantissime:
sono la mia coscienza, il desiderio che sei milioni di morti non siano morti
nell’oblio generale ... Ma ci terrei a dire questo: noi testimoni diretti, noi
sopravvissuti – ancora pochi al mondo –
diamo voce anche ai testimoni estremi, quelli che, avendo varcato quella
soglia della camera a gas non hanno potuto testimoniare. Sono loro i veri
testimoni.
D. – Signora Segre, con la memoria di quei giorni,
nonostante tutto, ha mantenuto la fiducia, la speranza nell’umanità?
R. – Ho avuto la fortuna di avere, dopo quell’esperienza,
delle gioie nella vita: affetti, amore, un matrimonio riuscito, figli e nipoti,
un grande attaccamento alla vita. La somma di questi lati positivi della vita
cerco sempre di trasmetterli. Al di là
del fatto che sia diventato il titolo di un film, sono convinta che sia
vero: la vita è bella!
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PRESENTATO
QUESTA MATTINA, PRESSO LA SEDE DELLA NOSTRA EMITTENTE,
IL
DOCUMENTO FINALE DEL CONSIGLIO EPISCOPALE PERMANENTE
-
Intervista con mons. Giuseppe Betori -
La
delicata situazione in Terra Santa, lo spettro del terrorismo internazionale,
il futuro dell’Unione Europea, nonché le lacerazioni politiche che in Italia
impediscono un vero dialogo tra maggioranza e opposizione. Questi i temi al
centro del comunicato finale del Consiglio Permanente della Conferenza
Episcopale Italiana, svoltosi a Roma tra il 19 e il 21 gennaio. Il documento è
stato presentato questa mattina presso la Sala Marconi della Radio Vaticana dal
segretario della Cei, mons. Giuseppe Betori. Per noi c’era Barbara Castelli.
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In
Medio Oriente devono riprendere i negoziati, così “da giungere alla legittimazione
e al rispetto reciproci”. In Iraq si deve porre fine “alle azioni terroristiche
e alle violenze che seminano morte, generano odio e rendono precaria la vita di
tutta la popolazione” e la comunità internazionale deve permettere “al popolo
iracheno di autodeterminarsi con un sistema politico ed economico conforme alle
sue aspirazioni”. Con queste parole, nel documento finale del Consiglio
Permanente, la Conferenza Episcopale Italiana si pronuncia sui temi più attuali
del panorama internazionale. Nel documento, sintetico ma accurato, la Cei non
manca di esprimere la propria soddisfazione per quei segni di speranza che si sono
registrati negli ultimi mesi: in Iran, Libia e Corea del Cord, ad esempio, che
hanno abbandonato la strategia del riarmo, in particolare di quello nucleare.
Afghanistan, Sudan, India e Pakistan sembrano aver imboccato la via della democrazia
e del dialogo. Al centro delle riflessioni dei vescovi anche i “tanti
conflitti, troppo spesso dimenticati, in terra africana” e “i milioni di
bambini che nel mondo vivono in condizioni miserevoli a causa della fame,
dell’abbandono, delle malattie non curate, dello sfruttamento lavorativo, degli
abusi e del reclutamento nei conflitti armati”.
Auspicando
un fattivo cammino verso l’unità dell’Unione Europea, “senza rimanere prigionieri
delle sole logiche dell’economia e dei rapporti di forza tra i diversi stati”,
la Cei non ha mancato di esprimere le proprie considerazioni sulla situazione
politica in Italia. “La persistente conflittualità tra alcuni poteri
istituzionali, come Governo e Magistratura - sottolineano i vescovi - e le
rivendicazioni di diverse categorie sociali evidenziano l’urgenza di una
maggiore collaborazione e di un effettivo impegno per il bene comune, nel rispetto delle norme e
evitando al Paese perniciose lacerazioni”. Nel corso delle conferenza per la
presentazione del documento, mons. Giuseppe Betori, segretario della Cei, si è
anche pronunciato sul caso Parmalat:
“La riflessione dei vescovi si è fermata sulla
constatazione, su come l’etica oggi venga considerata normalmente un sovrappiù
rispetto all’agire in campo economico. E’ chiaro che all’interno di questo
discorso occorre prendere atto che l’agire economico oggi è legato a modalità
del tutto nuove. Lo scenario globalizzato chiede di essere affrontato sia con
maggiore senso etico, sia con una riorganizzazione dei sistemi di controllo. E’
ovvio, però, che questa riorganizzazione debba nascere dalla valorizzazione dei
diversi ruoli e delle diverse funzioni”.
Argomento
centrale dei lavori di questa sessione invernale del Consiglio Episcopale Permanente
è stato anche la scelta del tema principale per la prossima Assemblea. I vescovi
hanno concordato che a maggio si dovrà giungere all’elaborazione di alcuni orientamenti
che possano essere “di effettivo aiuto per le parrocchie e per il grande impegno
della nuova evangelizzazione”. “La missione del credente, nel contesto
culturale e sociale odierno - concludono i vescovi nel documento - si attua in
modo particolare attraverso la via privilegiata della testimonianza e
dell’annuncio evangelico e attraverso l’incontro personale con la comunità
cristiana”.
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MAI
PIU’ MINORI NEI CONFLITTI. LA COALIZIONE “STOP
ALL’USO
DEI BAMBINI SOLDATO” CHIEDE UN INTERVENTO
DECISO DELL’ONU
PER PORRE FINE A QUESTA PIAGA
-
Intervista con Davide Cavazza -
Il dramma dei conflitti aperti nel mondo deve richiamare
l’attenzione della comunità internazionale
che rischia di essere solo concentrata sulla situazione in Iraq e sull’emergenza
terrorismo. E’ il richiamo che il segretario generale dell’Onu, Kofi Annan, ha
rivolto nel suo discorso in occasione del Forum Economico Mondiale in Svizzera,
nei giorni scorsi. E se si guarda alle guerre in atto, si scopre che in almeno
18 dei Paesi in conflitto ad imbracciare le armi sono minori.
La denuncia è dell’Unicef e della coalizione
internazionale nata per lottare contro il fenomeno: “Stop ai bambini soldato”.
Giancarlo La Vella ha intervistato il segretario generale della sezione italiana,
Davide Cavazza, che conferma che il fenomeno è in aumento:
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R. – Sono centinaia di migliaia i bambini che vengono
impiegati nelle guerre del mondo. Secondo i nostri dati, sono almeno 300 mila,
forse anche 500 mila i minori di 18 anni che in Asia, in Africa e in America
Latina ancora sono costretti a imbracciare le armi e a combattere.
D. – Perché gruppi armati senza scrupolo preferiscono
arruolare i minorenni per fare la guerra?
R. – Perché è più facile costringerli con la forza,
trasformarli in piccoli soldati. Dopo averli rapiti dalle loro case, drogati,
violentati, vengono costretti a combattere. Inoltre, è più facile inculcare
nozioni e obbligarli a gesti terribili: ad esempio, a bambini di 7-8 anni,
viene fatto bere latte misto a polvere da sparo e vengono fatti praticare riti
orrendi, per eliminare del tutto il concetto di buono e cattivo. Quindi,
purtroppo, questi bambini indifesi si trovano nella condizione di poter
commettere delle vere e proprie atrocità, perché sono costretti a farlo con la
forza.
D. – La vostra iniziativa che cosa vuole ottenere?
R. – Noi vogliamo che nessun minore di 18 anni prenda
parte a guerre e possa mai imbracciare delle armi. Ci proponiamo di chiedere al
Consiglio di sicurezza dell’Onu che istituisca una lista, regolarmente
aggiornata, di tutte le parti coinvolte nei conflitti armati, allo scopo di
fornire entro breve tempo informazioni per porre fine all’arruolamento di
minori in tutti i Paesi, verificando che gruppi armati e governi attuino, poi,
questi programmi. Altro punto molto importante è porre fine al flusso di armi,
in particolare le armi leggere che sono dirette specialmente a coloro che
arruolano e utilizzano i bambini soldato. Sono molto semplici da utilizzare e,
per questo, vengono messe in mano anche a fanciulli di 7 o 8 anni.
D. – Che cosa vi aspettate faccia l’Onu per questa
emergenza?
R. – Ci aspettiamo che il Palazzo di Vetro adotti non più
soltanto delle risoluzioni ma che aumenti lo sforzo per chiamare sia i gruppi
armati di opposizione, sia i governi stessi a rendere conto del proprio
operato. E’ necessario e urgente che il Consiglio di Sicurezza agisca per
fermare il flusso di armi e per applicare sanzioni mirate.
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ALLARME
INFLUENZA AVIARIA: L’ORGANIZZAZIONE MONDIALE DELLA SANITÀ,
LA FAO
E L’OIE CHIEDONO LA COLLABORAZIONE INTERNAZIONALE
PER
SCONGIURARE EPIDEMIE NELL’UOMO
-
Intervista con il dott. Donato Greco -
L’influenza
dei polli, che si sta tragicamente diffondendo in molti Paesi asiatici, costituisce
una minaccia ‘mondiale’ per la salute umana ed una catastrofe per la produzione
agricola. In un appello congiunto, l’Organizzazione mondiale della sanità,
l’Organizzazione dell'Onu per l’alimentazione e l’agricoltura e l'Ufficio
internazionale per le malattie epizootiche, chiedono un'assistenza e una
mobilitazione internazionali per far fronte all’emergenza. In Thailandia,
intanto, è stata confermata la seconda vittima per l’influenza aviaria e in Vietnam
la situazione appare ancora più complessa, come conferma Maurizio Pascucci:
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Più di 700 soldati saranno impegnati per abbattere un
numero imprecisato di polli in Thailandia. Il governo di Bangkok ha ammesso di
aver ricevuto informazioni sulla possibilità di un’epidemia due settimane fa.
Ma il primo ministro thailandese, Thaksin Shinawatra,
ha negato di essere rimasto inerme cedendo alle pressioni della locale
industria del pollame.
I THINK
THAT …
“Ritengo che ogni Paese si debba far carico della
sicurezza della propria gente. Ieri non ho negato nulla, ma stiamo ancora
attendendo i risultati degli esami di laboratorio”.
Simile la situazione in Indonesia, dove, a settembre,
erano stati individuati alcuni casi della micidiale H5M1. Il ministro
dell’agricoltura di Jakarta, Bungaran Saragi, ha però negato di aver ignorato
l’allarme dato allora da un gruppo di veterinari.
IT
WAS NOT …
“Non è stato un tentativo di
insabbiamento. C’era disaccordo tra gli esperti. Non è un virus letale per gli
uomini. Non so se lo è nel resto dell’Asia, ma non in Indonesia”.
Maurizio Pascucci, per la Radio
Vaticana.
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Ma è
realmente trasmissibile, allo stato attuale, la malattia all’uomo? Massimiliano
Menichetti lo ha chiesto al dott. Donato Greco, direttore del laboratorio di Epidemiologia
dell’Istituto superiore di sanità:
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R. –
Non è ancora dimostrata la trasmissione di questi virus da uomo a uomo. Adesso
abbiamo solo casi, purtroppo numerosi e alcuni fatali, di contagio dai polli a
chi manipola questi polli. Quindi, non possiamo ancora parlare di un rischio
umano concreto. Parliamo di un preallarme.
D. – Direttore, la paura nasce dal timore che il virus
mutando possa trasferirsi all’uomo e quindi diffondersi con gran facilità…
R. – Si sa che il virus dell’influenza è uno tra i più
mutevoli fra quelli che conosciamo. Il fatto che dobbiamo vaccinarci tutti gli
anni ne è testimonianza: il virus cambia tutti gli anni. E che il virus si
combini con il virus dell’influenza dei polli o delle anatre e dei maiali è
un’altra cosa già nota da molti anni. Quindi, il rischio esiste, ma non abbiamo
ancora un virus capace di trasmettersi da uomo a uomo. In questo momento questa
possibilità è relativamente remota.
D. – Molti Paesi hanno chiuso le frontiere delle
importazioni delle carni dalle aree a rischio. Ma è una risposta sufficiente?
R. – Di fatto, la prima risposta è soltanto la
sorveglianza. In Italia c’è una rete basata su mille medici che tutte le
settimane ci forniscono via Internet dei dati sull’influenza. Anche a livello
mondiale c’è una rete di laboratori che fa il monitoraggio dei virus
influenzali isolati. La prevenzione in Oriente si basa molto sull’abbattimento
degli animali infetti. Quindi, in qualche modo le barriere possibili sono state
già innalzate. Queste misure, ripeto, non garantiscono in maniera totale perché
i virus hanno una loro capacità molto forte di sfuggire alle barriere.
D. – Quindi, non c’è un vero e proprio allarme ma una
grande allerta?
R. – No, non c’è un allarme influenza aviaria, perché lo
stesso Oms ci conferma che non c’è una trasmissione interumana per il momento.
Non c’è un nuovo virus adattato all’uomo. Purtroppo, questo non è impossibile
che avvenga. Quindi, grande allerta. Stiamo seguendo questo fenomeno.
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27
gennaio 2004
STRONCATO
DA UN MALORE, A KINSHASA,
IL
74.ENNE VESCOVO DI KINDU, MONS. PAUL MAMBE MUKANGA.
ERA IL
VICEPRESIDENTE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DEL CONGO EX ZAIRE
KINSHASA.= Si è spento ieri sera a
Kinshasa, nella Repubblica Democratica del Congo, il 74.enne vescovo di Kindu,
mons. Paul Mambe Mukanga, vicepresidente della Cenco, la Conferenza episcopale
nazionale del Congo. Secondo le prime informazioni, il presule era giunto nei
giorni scorsi nella capitale nell'ambito della preparazione alla prossima
Commissione permanente della Cenco, in programma a febbraio. Nella serata di
ieri, mons. Mikanga è stato colto da malore ed è stato trasportato in ospedale,
ma i sanitari non hanno potuto far altro che constatarne il decesso,
probabilmente dovuto ad un infarto. Nato a Shopo, nella diocesi di
Tshumbe, il 13 aprile 1929, mons. Mambe Mukanga “ieri, durante la cena,
appariva in salute e scherzava volentieri”, ha spiegato alla Misna padre
Kahanga. Verso le 21:30, ora locale, il vescovo ha accusato un improvviso
malessere, “ed è deceduto durante il trasporto alla clinica universitaria di
Kinshasa, situata nelle vicinanze del suo alloggio”. Ordinato il 28 dicembre
1957, monsignor Mambe Mukamba era stato consacrato vescovo il 24 giugno 1979 e
assegnato alla diocesi di Kindu, “dove aveva operato a favore della
riconciliazione tra i Mayi-Mayi, i miliziani nazionalisti congolesi, e la
popolazione civile”, ha aggiunto padre Kahanga. Le spoglie di monsignor Mambe
Mukamba riposano ora nella camera mortuaria della clinica universitaria dove oggi
si terrà una veglia funebre. Il feretro verrà quindi trasferito a Kindu dove il
presule sarà sepolto. (A.D.C.)
AL
TERMINE DELLA LORO 88.MA ASSEMBLEA PLENARIA,
I
VESCOVI FILIPPINI INVITANO I CITTADINI ALLA TRASPARENZA POLITICA,
IN
VISTA DELLE ELEZIONI LEGISLATIVE E PRESIDENZIALI
TAGAYTAY.= Il ruolo
dei vescovi, “maestri servitori”, e lo scenario politico in vista della
prossima tornata elettorale nazionale. Su questi due temi principali si è
svolta l’88.ma Assemblea plenaria degli 80 vescovi filippini, conclusasi ieri
dopo tre giorni nella località di Tagaytay, nelle Filippine. I lavori sono
stati incentrati sull’ultima Esortazione apostolica del Papa, “Pastores
Gregis”, sintetizzata dal vescovo di Imus, mons. Luis Antonio. Il presidente
della Conferenza episcopale filippina, l’arcivescovo Fernando Capalla, ha
parlato della fratellanza tra i vescovi, mentre il cardinale Ricardo Vidal ha
approfondito l’ambito della vita spirituale dei presuli. Durante l’assemblea,
riferisce l’agenzia Asianews, varie commissioni episcopali hanno prodotto delle
relazioni su particolari progetti di evangelizzazione. Tra gli altri, grande
attenzione è stata prestata dai vescovi filippini alla legge pro-aborto in
discussione al Senato e alla fine della moratoria riguardante la pena capitale.
Ma lo spazio maggiore è stato dedicato alle prossime elezioni nazionali e
presidenziali, in programma a maggio. In una nota pastorale, pubblicata ieri, i
presuli hanno denunciato il “clima di confusione, cinismo e mancanza di
credibilità” del periodo pre-elettorale, “dominato - scrivono - da
clientelismo, corruzione, personalismi, e non da princípi, piattaforme
politiche, partecipazione genuina e popolare”. Di fronte a un tale scenario, i
vescovi delle Filippine hanno invitato i loro connazionali a sostenere il
processo costituzionale ed il diritto, facendo politica senza essere
partigiani. “Incoraggiamo gli insegnanti, i giovani, le forze militari e di
polizia e chiunque è coinvolto nelle elezioni – è l’appello conclusivo - ad
esercitare il proprio ruolo in modo retto. In una Chiesa dei poveri, il povero
deve guidare la trasformazione della società e comprendere che tale
trasformazione richiede capi al servizio della gente e non dispensatori di
favori”. (A.D.C.)
LE
POLITICHE EUROPEE SUI FLUSSI MIGRATORI SIANO ISPIRATE AL RISPETTO
DEI DIRITTI FONDAMENTALI
DELLA PERSONA:
LO CHIEDONO I MISSIONARI SCALABRINIANI IN UN
APPELLO
ALLE
ISTITUZIONI COMUNITARIE
MILANO.= Interventi effettivi
per lo sviluppo dei Paesi di maggior pressione migratoria; introduzione da
parte di tutti i Paesi dell’Unione Europea di quote annuali d’ingresso
regolare; ratifica dei singoli Stati membri o della stessa Ue della Convenzione
Onu per la tutela dei diritti dei lavoratori migranti e delle loro ,niani
europei - operanti in Italia, Svizzera, Germania, Francia, Belgio, Lussemburgo,
Portogallo, Inghilterra e Sudafrica – hanno rivolto alle istituzioni
comunitarie, alla luce del loro secolare servizio verso ogni forma di
migrazione. Al termine di una recente assemblea tenuta a Triuggio,
nell’hinterland milanese, i missionari hanno divulgato un comunicato nel quale
riscontrano “il progressivo deteriorarsi delle politiche migratorie in ambito
di Unione Europea”. Spesso sono politiche “tendenzialmente ispirate a
un’immagine dell’immigrato come poten-ziale disturbo e pericolo” per i Paesi
benestanti. Ma gli Scalabriniani criticano anche le “misure prevalentemente
restrittive e repressive” nei riguardi degli immigrati, testimoniate
dall’istituzione della recente Agenzia europea per il controllo dei flussi
migratori, dalle espulsioni di massa dei clandestini, concordate anche fra più
Paesi dell’Unione, dalla “sproporzionata limitazione dei ricongiungimenti
familiari”. Inoltre, i religiosi stigmatizzano il “persistente e insinuante sospetto
che la richiesta di asilo o di protezione umanitaria sia un camuffato tentativo
di ingresso nell’area europea”. Temiamo – concludono che nella volontà di regolare la materia, l’accordo tra gli Stati
dell’Ue “si ponga a livelli così bassi da violare diritti fondamentali della
persona”. Per scongiurare un simile scenario, i missionari fanno appello alle
istituzioni, “in particolare al Parlamento europeo, perché diano chiari
segnali, in direzione opposta”. (A.D.C.)
SECONDO UNA RICERCA DELL’ UNICEF
CONDOTTA IN 80 NAZIONI,
LA
CARENZA DI MINERALI E VITAMINE NELLA DIETA ALIMENTARE STA DANNEGGIANDO
LA
SALUTE DI MOLTE POPOLAZIONI. UN MILIONE DI GIOVANI MUORE OGNI ANNO
PER
MANCANZA DI VITAMINA A
ROMA.= La mancanza di vitamine e
di minerali nell’alimentazione sta compromettendo la salute di un terzo della
popolazione mondiale, provocando un regresso dello sviluppo economico di quasi
tutti i Paesi dell’emisfero meridionale. E’ quanto emerge da una ricerca che
l’Unicef ha presentato al recente World Economic Forum di Davos. Nel
rapporto dell’organismo Onu per l’infanzia, vengono messi in rilievo gli
effetti della carenza di cibo e degli alimenti troppo poveri di vitamine e
minerali. La mancanza di questi elementi, viene ricordato dall’Unicef,
compromette le funzioni dell’organismo, causando carenze alla nascita e
consegnando quasi 2 milioni di persone ad una esistenza al di sotto del proprio
potenziale fisico e mentale. Dalla ricerca, realizzata in 80 nazioni, emerge un
quadro generale rilevante: la mancanza di ferro incide sullo sviluppo mentale
dei bambini, diminuendo il loro quoziente d’intelligenza, ma influenza anche la
produttività degli adulti. La carenza di vitamina A, invece, compromette il
sistema immunitario dei bambini al di sotto dei cinque anni nei Paesi in via di
sviluppo, portando alla morte di un milione di giovani ogni anno. Ma secondo un
progetto dell’Unicef, intere popolazioni potrebbero essere protette con una
serie di iniziative poco costose: dall’aggiunta di minerali e vitamine nei cibi
utilizzati, all’utilizzo di integratori su gruppi considerati a rischio,
soprattutto donne e bambini. Inoltre, una spesa di 85 milioni di dollari
consentirebbe di ridurre del 10% il deficit delle economie dei Paesi in via di
sviluppo colpiti dall’alto tasso di mortalità. Un costo che, a persona,
equivale appena a quattro centesimi. (F.C.)
RAPITI
E COSTRETTI A LAVORARE O AVVIATI ALLA PROSTITUZIONE:
E’ IL
DESTINO DEI 2.400, TRA BAMBINI E BAMBINE, SCOMPARSI IN
BANGLADESH
TRA IL
2000 E IL 2003. LO RIVELA LO STUDIO DI UNA ONG LOCALE
DAKHA.= Tra il gennaio del 2000 e il giugno 2003,
sono scomparsi in Bangladesh 2.400 bambini e bambine, mille dei quali portati
via dal Paese. Lo ha dichiarato l’organizzazione non governativa “Centro studi
sulle donne e i bambini”, che ha presentato ieri a Dhaka, capitale del
Bangladesh, un rapporto sui minori scomparsi. Secondo il Centro, si sarebbero
perse le tracce di 1209 ragazzini e 1196 bambine: tra questi, 510 maschietti e
457 ragazzini sarebbero stati portati all’estero. La maggior parte dei minori
scomparsi, che ha meno di dieci anni, sarebbe destinata ai Paesi della regione
del Golfo Persico e costretta a lavorare. Le ragazzine, solitamente tra gli 11
e i 16 anni, sono in gran parte vittime del racket della prostituzione. Il direttore
del Centro studi, Ishrat Samin, avverte che non è possibile fornire un bilancio
completo del traffico di minori. Uno studio delle Nazioni Unite, condotto nel
2002, indicava in circa 30 mila casi, in grande maggioranza bambine, la stima
dei minori rapiti in Bangladesh. (A.D.C.)
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27
gennaio 2004
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A cura di Amedeo Lomonaco -
Prosegue nel New Hampshire, la
prima colonia americana a proclamare l’indipendenza dall’Inghilterra, il
processo elettorale che porterà, il prossimo 2 novembre, il candidato
democratico alle elezioni per la presidenza degli Stati Uniti. L’ex generale
Wesley Clark cerca il recupero sul favorito, il senatore John Kerry, che si è
aggiudicato le elezioni nell’Iowa. Il calendario delle assemblee di partito e
delle primarie, i due meccanismi con cui i democratici dei singoli Stati
designano i loro delegati, prevede in Arizona la prossima consultazione
elettorale. Sulle votazioni del New Hampshire, che con poco più di un milione
di abitanti è uno dei più piccoli Stati americani, ci riferisce Paolo
Mastrolilli:
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I primi voti sono già stati depositati nell’urna, in un
piccolo villaggio nel Nord del New Hampshire, che si chiama Dixil Notch. Ma per
conoscere i risultati della sfida iniziale tra i democratici bisognerà
aspettare la notte. Gli ultimi sondaggi dicono che il confronto si è riaperto.
Il senatore del Massachussetts, John Kerry, resta il favorito, ma secondo le prime
rilevazioni il suo vantaggio sull’ex governatore del Vermont, Howard Dean, si è
ridotto a soli tre punti di percentuale. In queste condizioni, considerando le
sorprese già fatte in passato dagli elettori indipendenti del New Hampshire,
qualunque cosa potrebbe succedere. L’altro senatore della Carolina, John
Edward, sembra impegnato in un testa a testa con il generale Clark per
conquistare il terzo posto e poi puntare sulle prossime primarie negli Stati
del sud, mentre l’ex candidato alla vice presidenza, Joe Liebarmann, resta più
indietro. Howard Dean rincuorato dalla rimonta degli ultimi giorni, dopo la
sconfitta in Iowa, è andato all’attacco di Kerry puntando sull’argomento che ha
lanciato la sua campagna elettorale, cioè l’opposizione alla guerra in Iraq, e
ha accusato il governatore di aver sbagliato linea perché si è opposto al
conflitto del ’91, mentre ha appoggiato quello dell’anno scorso. Parlando con
la Radio Vaticana, al termine di un comizio, Dean ha detto che l’attacco a
Baghdad ha fatto perdere agli Stati Uniti la leadership morale e internazionale
e lui cercherebbe di ricostruire subito il rapporto con gli alleati, visitando
l’Europa. Kerry ha tentato di mantenersi fuori dalla mischia, e pur dicendo che
le posizioni di Dean lo espongono ad una facile sconfitta da parte dei
repubblicani, ha concentrato i suoi attacchi contro il presidente Bush.
Da
Manchester, nel New Hampshire, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.
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Con l’obiettivo di accelerare il processo democratico in
Iraq, l’Onu si dichiara favorevole all’invio, nel Paese arabo, di una missione
tecnica per valutare - se le condizioni di sicurezza lo permetteranno - la
possibilità di indire elezioni generali entro la metà del 2004. Lo ha affermato
stamani il segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, che si trova a
Parigi per un colloquio con il presidente francese, Jacques Chiraq.
Il voto sulla riforma dei
finanziamenti universitari e il rapporto sulla morte dello scienziato inglese,
David Kelly. Sono questi i prossimi, delicati tasselli del complesso mosaico
politico britannico. Il nostro servizio:
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Il governo di Tony Blair
rischia, stasera, di essere battuto nel voto ai Comuni sul progetto di legge
per l’Università. Il premier britannico continua infatti ad incontrare serie
difficoltà nel convincere i parlamentari laburisti sulla necessità di aumentare
le tasse universitarie fino a 4.200 euro l’anno. Il vicepremier, John Prescott,
ha rivolto stamani un appello ai membri del partito del primo ministro che
minacciano di votare contro il nuovo progetto di finanziamento universitario,
ma la sconfitta appare molto probabile. Ed il governo di Blair potrebbe essere
offuscato anche da altre ombre. La commissione del giudice Lord Hutton
illustrerà domani le conclusioni dell’inchiesta sul presunto suicidio del
consulente governativo, David Kelly. Radio e televisioni trasmetteranno in
diretta l’avvenimento che si presenta come un momento mediatico ad alta
tensione. Le prime copie del rapporto saranno consegnate al governo, alla rete
televisiva Bbc e alla famiglia Kelly.
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Il Parlamento serbo scaturito dalle legislative del 28
dicembre si è riunito stamani per eleggere un nuovo presidente. Al momento però
non c’è accordo fra i partiti sulle candidature. Lo schieramento dell’ex
presidente jugoslavo Kostunica, secondo dopo i radicali alle elezioni di
dicembre, è con i suoi 53 seggi l’arbitro delle future coalizioni.
Si riaccende la violenza in Afghanistan. Un attentato
kamikaze, questa mattina a Kabul, ha causato la morte di un soldato canadese e
il ferimento di altri due. Il presidente, Hamid Karzai, intanto, ha firmato
ieri la nuova costituzione, approvata lo scorso 4 gennaio dalla Loya Jirga, la
Grande assemblea tribale. Il testo
spiana la strada alle elezioni democratiche, le prime dopo la caduta del regime
taleban, previste per giugno.
Il presidente iraniano Khatami ha
respinto le dimissioni presentate da un gruppo di ministri ed alti funzionari
del governo, che volevano così protestare contro la bocciatura di massa di
candidati progressisti alle prossime legislative del 20 febbraio. Intanto, il
Parlamento iraniano, a maggioranza progressista, ha deciso di rinunciare al
progetto di riforma urgente del codice elettorale, che doveva essere un mezzo
per forzare il Consiglio dei Guardiani a rivedere l'esclusione di migliaia di
candidati.
Almeno 13 morti ed oltre 40
persone ferite. E’ questo il drammatico bilancio causato, la scorsa notte, dal
crollo di un palazzo di dodici piani al Cairo. Il tragico episodio è avvenuto
mentre i vigili del fuoco erano impegnati a domare le fiamme divampate nel
sottosuolo dell’edificio.
Primi giorni di vita per la Corte
africana per i diritti dell'uomo. Il protocollo istitutivo del tribunale,
emanazione dell’Unione africana, è stato ratificato da 15 dei 53 Stati che compongono
l’Unione stessa. Il modello è quello della Corte europea dei diritti dell’uomo
di Strasburgo, che vigila sulla tutela dei valori fondamentali di tolleranza,
solidarietà ed eguaglianza.
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