RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVIII  n. 26  - Testo della Trasmissione di lunedì 26 gennaio 2004

 

Sommario

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Il Santo Padre ha ricevuto stamani in udienza il nunzio apostolico mons. Atonio Pennini, rappresentante della Santa Sede nella Federazione Russa, il neo vescovo Renato Boccardo ed un gruppo di vescovi francesi in visita “ad Limina”.

 

Con una solenne celebrazione ecumenica nella Basilica di san Paolo fuori le Mura a Roma, presieduta dal cardinale Walter Kasper conclusa ieri sera la settimana di preghiera.

  

Il cardinale Clemente Augusto von Galen, verso la beatificazione: come vescovo di Muüster rischiò la vita per essersi opposto al regime di Hitler. Ce ne parla il postulatore della causa di beatificazione, Andrea Ambrosi

 

La difesa dei poveri e degli oppressi negli attuali contesti di ingiustizie e conflitti diffusi nel mondo: l’impegno ribadito dal cardinale Martino, presidente del Pontificio Consiglio della giustizia e della pace.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Nasce in Africa la Corte per i diritti dell’uomo: soddisfatti i missionari, poiché si tratta di un passo avanti. Intervista con padre Claudio Marano -

 

Domani si celebra il giorno della memoria nell’anniversario dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz: la testimonianza di Settimio Di Porto, un ebreo scampato alla persecuzione nazista grazie all’aiuto dei monaci trappisti dell’Abbazia delle Tre Fontane a Roma

 

 

CHIESA E SOCIETA’:

Il patriarca ortodosso Bartolomeo I, in visita a Cuba, ha consacrato all’Avana la nuova cattedrale di San Nicola, alla presenza di Fidel Castro

 

Corsa contro il tempo dell’Acnur per salvare dalla guerra e dalla miseria centomila sfollati sudanesi della zona del Darfur

 

La metà degli abitanti della regione autonoma del Tibet vive sotto la soglia di povertà.

 

Il riscaldamento climatico, causato dagli aumenti di anidride carbonica avvenuti prima del 2000, sarà visibile non prima del 2020-2030

 

24 ORE NEL MONDO

Il segretario generale dell’ONU Kofi Annan a Stoccolma ricorda i tanti genocidi degli ultimi decenni: la comunità internazionale poteva impedirli, ma non lo ha fatto.

 

Uniti contro il terrorismo e le armi di distruzione di massa: così il vicepresidente americano Dick Cheney nel suo discorso di oggi al Senato italiano: domani l’incontro con il Papa

 

Il segretario di stato americano Powell in visita a Mosca: Stati Uniti e Russia devono collaborare per un ordine mondiale sicuro.

 

 

 

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

26 gennaio 2004

 

 

UDIENZE E NOMINA

 

Il Papa ha proseguito stamane le udienze ai vescovi francesi in visita “ad Limina Apostolorum” ed ha poi incontrato l’arcivescovo Antonio Mennini, nunzio apostolico, rappresentante della Santa Sede nella Federazione Russa ed il neo-vescovo Renato Boccardo, segretario del Pontificio Consiglio delle comunicazioni sociali, ordinato, sabato scorso nella Basilica Vaticana, dal cardinale Angelo Sodano, accompagnato oggi da un numeroso gruppo di familiari 

 

Il Santo Padre ha inoltre nominato vicario apostolico di Tierradentro, in Colombia, padre Edgar Hernando Tirado Mazo, già superiore generale dell’Istituto per le Missioni Estere di Yarumal, attualmente parroco della parrocchia San Bautista di Vitichi in Bolivia, assegnandogli la sede titolare vescovile di Zaba. 

 

 

CON UNA CELEBRAZIONE ECUMENICA PRESIEDUTA DAL CARDINALE KASPER, CONCLUSA IERI SERA NELLA BASILICA ROMANA DI SAN PAOLO FUORI LE MURA

LA SETTIMANA DI PREGHIERA PER L’UNITA’ DEI CRISTIANI

 

Continuare a pregare e a impegnarsi per l’unità dei discepoli di Cristo nonostante le difficoltà, senza mai scoraggiarsi. Questo l’appello del Papa ieri all’Angelus nell’ultimo giorno della settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. Un invito ripreso ieri sera dal cardinale Walter Kasper, che ha presieduto a nome del Papa una celebrazione ecumenica, a conclusione solenne della settimana,  nella Basilica di San Paolo fuori le Mura a Roma, a cui hanno partecipato i rappresentanti di varie Chiese e comunità cristiane. Il presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, ha commentato in particolare il tema della settimana di preghiera di quest’anno, ispirato  alle parole del Vangelo di Giovanni: “Io vi lascio la mia pace”. Il servizio  di Dorotea Gambardella.

 

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(musica)

 

Dinanzi a una moltitudine di fedeli, il cardinale Walter Kasper ha ricordato che “non possiamo ricomporre l’unità con le nostre sole forze. Per questo Gesù ci ha lasciato la sua pace”.

 

“Sulla croce Cristo ha fondato la pace e ha inchiodato l’odio e la violenza”.

 

Quindi, ha invocato la pace soprattutto per il Medio Oriente e ha ribadito che “pace non significa solo silenzio delle armi. È l’ordinamento voluto da Dio, è la pace tra le nazioni, all’interno di un popolo, nell’intimo di un cuore”. “Un cuore – ha sottolineato – che si riempie di vergogna perché la testimonianza delle Chiese nel corso della storia piuttosto che in favore della pace è stata di antagonismo”. Tuttavia proprio grazie allo “Spirito infuso da Cristo – ha detto - negli ultimi decenni abbiamo compiuto grandi progressi. Non ricorriamo più ad espressioni di odio e di derisione reciproci. Si è sviluppato un nuovo spirito di fratellanza”.

 

“Viviamo, lavoriamo e preghiamo insieme. Siamo diventati amici”.

 

Nonostante questi progressi, però – ha rilevato il cardinale Kasper – “non possiamo fingere che tutto sia perfetto” e non notare “gli accenni di stanchezza ecumenica e i tentativi di minare il cammino verso l’unità”. Quindi ha evidenziato che “non può esserci ecumenismo senza conversione”, una conversione che “deve iniziare innanzitutto in noi stessi”. Come più volte ripetuto dallo stesso Pontefice, infatti, “l’ecumenismo ci incoraggia ad esercitare autocritica, adempie anche alla funzione di un esame di coscienza e deve essere un’esortazione a chiedere perdono”. Il Porporato si è poi soffermato sul valore del dialogo:

 

“Il dialogo è il metodo stesso dell’ecumenismo”.

 

Mediante il dialogo possiamo arricchirci vicendevolmente, ma – ha ammonito – occorre umiltà e la capacità di riconoscere che anche noi abbiamo bisogno degli altri. Infine ha messo l’accento sull’importanza della spiritualità di comunione, che secondo l’insegnamento del Papa, significa “condividere i desideri e le sofferenze dell’altro e non puntare il dito contro le sue debolezze”.

 

(musica)

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IL CARDINALE VON GALEN VERSO LA BEATIFICAZIONE:

SI OPPOSE STRENUAMENTE AL REGIME NAZISTA

- Intervista con Andrea Ambrosi -

 

Fu profeta di speranza in tempi dolorosi per il popolo tedesco: parliamo del cardinale Clemente Augusto von Galen, vescovo di Münster, che si oppose con coraggio al regime nazista. Il 20 dicembre scorso è stato firmato alla presenza del Papa il decreto inerente al riconoscimento delle sue virtù eroiche. Il cardinale von Galen, nato nel 1878, morì nel 1946, un anno dopo la fine del regime di Hitler. Per il suo coraggio è stato chiamato “il Leone di Münster”. Ma ascoltiamo il postulatore della causa di beatificazione, l’avvocato Andrea Ambrosi, al microfono di Giovanni Peduto.

 

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R. – Clemente Augusto von Galen era singolarmente tollerante verso le offese perpetrate a danno della sua persona ma risultò, invece, fermissimo nella difesa dei diritti della Chiesa e dell’umanità. Tuonò con audacia contro le nefandezze dei nazisti, soprattutto con le famose tre omelie dell’estate 1941, rischiando per questo anche la propria vita.

 

D. – Un episodio significativo della vita di von Galen, ad esempio l’impegno a favore degli ebrei?

 

R. – Sì, apparivano particolarmente aberranti agli occhi del servo di Dio le inique sanzioni, anzi la feroce persecuzione contro gli ebrei: si occupava e preoccupava di loro, cercando di aiutarli come poteva. Molto avrebbe voluto fare, parlandone apertamente e con forza, ma sapeva bene come costoro non avrebbero tratto un vantaggio dal suo intervento. Probabilmente gli ebrei avrebbero, infatti, visto peggiorare la loro condizione, tanto è che gli stessi ebrei lo pregarono – per mezzo di persone amiche – di voler desistere da una presa di posizione aperta in loro favore. Ma ugualmente lui ne protesse più di uno, li fece rifugiare addirittura in Episcopio, salvandoli veramente da morte sicura.

 

D. – Cosa ha lasciato von Galen alla Chiesa tedesca?

 

R. – E’ da considerarsi uno dei più grandi vescovi mai esistiti nella nazione tedesca. Occupa un posto veramente insostituibile nella coscienza storica di tutta la Germania. In particolare è stato un protagonista contro l’ideologia razzista propria del regime nazionalsocialista. Un grande merito è stato quello di aver contribuito in modo sostanziale, nella regione di Munster, alla immunizzazione dei fedeli cristiani dall’infiltrazione subdola e sistematica del partito. La sua memoria, tuttora vivissima, continuerà a vivere nel cuore della gente della sua diocesi.

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LA DIFESA DEI POVERI E DEGLI OPPRESSI NEGLI ATTUALI CONTESTI

DI INGIUSTIZIE E CONFLITTI DIFFUSI NEL MONDO: L’IMPEGNO RIBADITO

DAL CARDINALE MARTINO, PRESIDENTE DEL PONTIFICIO CONSIGLIO

DELLA GIUSTIZIA E DELLA PACE

- A cura di Roberta Gisotti -

 

“Condividere con gli ultimi le sofferenze e l’emarginazione imposte ai più deboli dalla civiltà dei consumi e dall’opulenza di pochi”: un impegno di carità che si fa urgente nei nostri tempi, così come ha sottolineato ieri pomeriggio il cardinale Renato Martino, presidente del Pontifico Consiglio della giustizia e della pace, durante la celebrazione per la presa di possesso del suo titolo cardinalizio nella chiesa romana di San Francesco di Paola. Il grande Santo calabrese, coscienza critica e dolente nel secolo XV di un popolo impoverito, senza voce, senza storia e senza libertà; esempio mirabile – ha sottolineato il porporato – nella società odierna, lui che “non temette di elevare la sua voce, denunziando apertamente le malversazioni dei potenti”. Un punto di riferimento luminosissimo – ha aggiunto - per il mio nuovo percorso di principe della Chiesa. “Possano gli umili, i diseredati, i sofferenti – ha auspicato infine il cardinale Martino – trovare in noi e nella Chiesa quell’accoglienza, che spesso mendicano altrove” e che negli attuali contesti di ingiustizie, di guerre e conflitti siano “la conversione e l’amore i segni più eloquenti di rinnovamento della vita ecclesiale e di fecondità evangelica”.

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

 

Apre la prima pagina il titolo: "Anche io vi voglio bene, vi voglio molto bene": dalla finestra dello studio privato Giovanni Paolo II ricambia l'affettuoso abbraccio dei bambini e dei ragazzi dell'Azione Cattolica arrivati in Piazza San Pietro per l'annuale "carovana della pace".

Risalta poi il titolo "L'unità dei cristiani: ansia costante del mio Pontificato" (all'interno, una pagina dedicata alla conclusione della Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani).

Sempre in prima, in rilievo l'udienza al gruppo polacco del Centro di formazione culturale ed artistica: il Papa ha donato agli artisti un trittico del Bello. Riguardo all'avvenimento, una riflessione di Franco Patruno dal titolo "Come nel mattino della creazione". 

 

Nelle vaticane, l'omelia del cardinale Angelo Sodano nella Santa Messa per il conferimento dell'ordinazione episcopale a mons. Renato Boccardo, segretario del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali.

L'articolo dell'inviato Francesco Maria Valiante in occasione del solenne ingresso nella Prelatura di Pompei del vescovo Carlo Liberati.

 

Nelle estere, ancora episodi di violenza in Iraq.

Medio Oriente: scambio di prigionieri tra Israele ed Hezbollah.

 

Nella pagina culturale, un articolo di Carmine Di Biase sull'opera di Giacinto Spagnoletti dal titolo "Poesia italiana contemporanea".

 

Nelle pagine italiane, in primo piano i temi della giustizia e della Rai: cresce la tensione tra i poli e tra i poteri mentre emergono inquietudini all'interno del principale telegiornale.

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

26 gennaio 2004

 

 

RATIFICATO IL PROTOCOLLO ISTITUTIVO DELLA CORTE AFRICANA PER I DIRITTI DELL’UOMO. IL NUOVO TRIBUNALE, ANALOGO ALLA CORTE EUROPEA DI STRASBURGO,

E’ UNA EMANAZIONE DELL’UNIONE AFRICANA E VIGILERA’

SULL’APPLICAZIONE DELLA CARTA DEI DIRITTI APPROVATA NEL 1981

- A cura di Alessandro De Carolis –

 

Da ieri, anche l’Africa ha il suo tribunale continentale per la difesa delle libertà individuali. Il protocollo istitutivo della Corte africana per i diritti dell'uomo è entrato in vigore dopo le firme di ratifica di 15 dei 53 Stati che comprende l’Ua, l’Unione Africana, necessarie per conferire validità formale al nuovo strumento di tutela. Il modello è quello della Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo: il nuovo tribunale, secondo Alpha Oumar Konaré, presidente della commissione dell’Ua, “accrescerà l’impegno dell’Unione Africana nella realizzazione dei diritti umani e nei valori fondamentali della tolleranza, solidarietà, eguaglianza tra generi e questioni umanitarie nel continente”. Tra gli Stati che hanno aderito finora figurano Burundi, Uganda, Algeria, Rwanda, Costa d’Avorio, Togo, Burkina Faso, Gambia, Mali, Maurizio, Senegal, Sudafrica, Libia, Lesotho. Analogamente alla Corte di Strasburgo, per i cittadini europei, a quella di Addis Abeba (sede dell’Ua) si potranno rivolgere tutti gli africani nei casi e nelle controversie sull’interpretazione e l’applicazione della Carta dei diritti africana, approvato il 27 giugno 1981 ed entrata in vigore cinque anni dopo. Restano ancora da definire la sede della Corte e la nomina dei giudici, i quali verranno probabilmente scelti durante il prossimo vertice di luglio dell'Unione Africana, della quale la Corte è una emanazione.

 

         Nonostante le difficoltà a diventare operativa, la Corte Africana dei diritti umani e civili costituisce un significativo passo avanti, anche se il percorso per una affermazione piena dei diritti fondamentali della persona appare ancora lungo. Ma è davvero così? Giada Aquilino lo ha chiesto a padre Claudio Marano, missionario che opera a Bujumbura, in Burundi:

 

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R. – Sì, perché il problema dell’Africa è un problema che riguarda l’autorità e la politica; è un problema di capi. Ogni Stato ha un suo capo, culturalmente parlando, che può fare quello che vuole per gestire uno Stato. Riuscire a rompere questa catena significa riuscire ad entrare a far parte di una politica internazionale, caratterizzata dal fatto che tutti hanno gli stessi diritti e gli stessi doveri.  Mi sembra che questa Corte rientri proprio in questo ambito.

 

D. – La Corte è emanazione dell’Unione Africana, che ha già approvato una Carta dei diritti dell’uomo. Quanto viene rispettata oggi questa Carta?

 

R. – Penso che sia rimasta sulla carta, purtroppo. Ogni stato è caratterizzato da tutta una serie di guerre nascoste, da ribelli e non ribelli, da zone che sono più o meno ricche e che vogliono assolutamente l’indipendenza e quanto altro.

 

D. – Lei opera in Burundi, un Paese flagellato da dieci anni di guerra civile con 300 mila vittime. A cosa potrà servire la Corte Africana dei diritti umani e civili in questo Paese?

 

R. – Potrà continuare nel processo di apertura del Burundi agli altri Stati. Il Burundi, fin quando è stato un luogo dove nessuno poteva metterci il naso, se non con degli aiuti per permettere di far sopravvivere la gente e il Paese, ha continuato a vivere nell’ingiustizia; da quando Mandela è riuscito a far entrare nel Paese dei controllori a livello africano, è riuscito a far entrare nel Paese un esercito africano, in Burundi dei passi sono stati fatti in modo che la ricerca della pace e della giustizia diventi realmente effettiva.

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DOMANI SI RICORDA L’ORRORE DELLA SHOAH:

L’ESPERIENZA DI SETTIMIO DI PORTO,

SCAMPATO ALLE PERSECUZIONI NAZISTE

 

Ricorre domani in Italia e in vari paesi Europei, tra cui la Germania, il “Giorno della memoria”  nell’anniversario dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, il 27 gennaio 1945. Varie le cerimonie di commemorazione dello sterminio e delle persecuzioni del popolo ebraico e dei deportati militari e politici italiani nei campi nazisti. A Roma si svolgerà il Quarto Convivio Parlamentare Nazionale, dedicato quest’anno al tema “La Famiglia alla luce della Shoah”: interverranno il rabbino capo della comunità di Roma, Riccardo Di Segni, il rettore della Pontificia Università Lateranense, mons. Rino Fisichella ed il segretario generale dell’Alleanza Chiese Cristiane Evangeliche in Italia.

 

Per ricordare una pagina nera della nostra storia iniziata in Italia con l’emanazione nel 1938 delle leggi razziali, Paolo Ondarza ha raggiunto Settimio Di Porto, ebreo, che durante le persecuzioni naziste trovò rifugio presso i monaci trappisti dell’abbazia romana delle Tre Fontane. Sentiamo la sua testimonianza.

 

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R. – La mattina del 16 ottobre, mia madre era scesa presto per prendere le sigarette, che venivano date con la tessera. Ritornò a casa terrorizzata: aveva visto i camion che stavano facendo razzia di noi ebrei, setacciando di casa in casa. Noi scappammo via, chi da una parte, chi dall’altra. Non sapevo dove era mia madre, dove era mio padre e dove i miei fratelli. Poi, grazie a mio cognato che aveva delle conoscenze, andammo dai frati trappisti all’Eur e, dopo esserci radunati con i miei fratelli e mio cognato, siamo stati lì fino alla liberazione. Per riconoscenza, dopo la liberazione, abbiamo realizzato una Madonna in marmo che è tuttora sullo stipite dell’abbazia. Non abbiamo mai pensato lontanamente che stando lì dentro ci potesse capitare qualcosa.

 

D. – Quindi, in un momento storico tanto difficile e di diffusa diffidenza ha incontrato la fiducia…

 

R. – Esatto. Abbiamo trovato proprio la fiducia nella trappa.

 

D. – Alla fine vi siete ritrovati tutti?

 

R. – Sì, perché avevamo un qualche rapporto o meglio ero io che avevo qualche rapporto con l’esterno perché ero quello rischiava un po’ più degli altri ed uscivo: andavo dalla mia fidanzata, di religione cattolica, che poi ho sposato e girando per le strade mi informavo della sorte dei miei parenti.

 

D. – Immagino che tra le sue conoscenze ci sia anche qualcuno che non ce l’ha fatta a sopravvivere?

 

R. – Sì, mia zia – la sorella di mio padre.

 

D. – Cosa ha saputo di lei?

 

R. – Ho saputo da mia cugina, che ha avuto la fortuna di ritornare, che il padre e la madre sono andati nelle camere a gas, a Dachau. Lei ha avuto la fortuna di incontrare un austriaco che la aiutava e le dava qualcosa da mangiare: così è riuscita a sopportare e quindi a ritornare… ma purtroppo è ritornata sola.

 

D. – Quali erano le torture a cui fu sottoposta?

 

R. – Lei non lo ha mai detto. Ma quando è morta, sul suo cadavere abbiamo trovato i segni delle cicatrici alle gambe. I medici  ci hanno detto che erano i morsi dei cani,cioè  i doberman con cui i nazisti la torturarono.

 

D. – Signor Settimio, la Giornata della Memoria è un’occasione per ricordare una pagina nera, assurda della nostra storia…

 

R. – Sì e per non dimenticare vorrei dire soltanto questo: in tutta Europa si stanno riformando delle forme di antisemitismo: forse perché lo Stato di Israele è in guerra, ma la religione non c’entra niente con uno Stato libero ed indipendente. Vorrei fare soltanto l’appello che non si formino più queste forme di antisemitismo.

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CHIESA E SOCIETA’

26 gennaio 2004

 

 

 

IL PATRIARCA ORTODOSSO BARTOLOMEO I, IN VISITA A CUBA,

HA CONSACRATO ALL’AVANA LA NUOVA CATTEDRALE DI SAN NICOLA,

ALLA PRESENZA DI FIDEL CASTRO

- A cura di Maurizio Salvi -

 

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L’AVANA. = Durati quattro ore, la consacrazione della cattedrale di San Nicola e il successivo rito religioso, sono stati il momento centrale della visita del Patriarca ecumenico ortodosso Bartolomeo I di Costantinopoli, che è giunto all’Avana mercoledì scorso. Dopo aver ricevuto ieri mattina da Fidel Castro in persona le chiavi dell’edificio sacro, il Patriarca gli ha consegnato l’Ordine di Sant’Andrea, come benedizione e simbolo di giustizia e fermezza. In un discorso dai toni religiosi - ma nel quale non sono mancati spunti politici, come la condanna dell’embargo economico imposto dagli Stati Uniti a Cuba - Bartolomeo I ha detto che nell’isola è giunta la luce di Cristo. “E’ giunta - ha proseguito - per condividere la croce del Paese e del popolo, per offrire una mano di appoggio a chiunque sia afflitto o prostrato e per apprezzare i valori della cultura cubana”. Edificata nella città vecchia, vicino alla basilica cattolica di San Francesco, la cattedrale di San Nicola ha dimensioni ridotte, perché la comunità ortodossa dell’isola non supera i duemila membri. Riferendosi ai 153 metri quadrati dell’interno dell’edificio, l’historiador della capitale, Eusebio Leal, ha detto che si tratta di una cappella piccolissima, ma realizzata con tutti i canoni dell’architettura bizantina: un gioiello per la capitale. Due giorni fa, dopo un incontro fra il patriarca Bartolomeo e il cardinale primate, Jaime Ortega, la Conferenza episcopale cattolica aveva diffuso un comunicato in cui si sosteneva che la cattedrale ortodossa era un segno della presenza di Cristo nell’isola.

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CORSA CONTRO IL TEMPO DELL’ACNUR PER SALVARE DALLA GUERRA E DALLA MISERIA CENTOMILA SFOLLATI SUDANESI DELLA ZONA DEL DARFUR,

ZONA POVERISSIMA SOGGETTA A INONDAZIONI

 

DARFUR (SUDAN). = Ha i giorni contati l’assistenza umanitaria agli sfollati dal Darfur, la regione occidentale del Sudan sconvolta dalla guerra. A lanciare ieri l’allarme è stato Yvan Sturm, coordinatore dell’Alto commissariato dell’Onu per i

 

rifugiati (Acnur) ad Abeche, in Ciad. “La situazione sta peggiorando - ha affermato il funzionario - e la gente del posto che aiuta i rifugiati presto non sarà più in grado di farlo”. Secondo le Nazioni Unite – riferisce la Misna - sono ormai 100 mila i sudanesi che hanno superato il confine per sfuggire ai combattimenti in corso tra la falange ribelle del Darfur e l’esercito regolare sudanese. Gli operatori umanitari stanno cercando di superare le difficoltà logistiche, che rallentano l’approvvigionamento di acqua e cibo in una zona poverissima e senza infrastrutture. In questa fase, ha spiegato Sturm, gli sforzi sono concentrati nel trasferimento dei civili dalle zone di confine - dove sono accampati in condizioni disumane ed esposti al rischio di attacco da parte di bande armate - ai campi profughi gestiti dall’Onu e dalle organizzazioni umanitarie. L’Acnur vuole evitare che i rifugiati rimangano all’addiaccio in vista della stagione delle piogge, che tra pochi mesi trasformerà le zone aride e desertiche di Darfur in enormi paludi, dove le esondazioni dei corsi d’acqua interrompono le vie di comunicazione. Il conflitto nel Darfur è esploso all’inizio del 2003, quando l’Esercito di liberazione del Sudan (Sla-m) ha deciso di prendere le armi contro i militari governativi, accusando le autorità di Khartoum di non garantire sicurezza alle popolazione di questa regione. Nel Darfur sono attive bande di predoni arabi, che negli ultimi anni hanno provocato oltre duemila morti. L’emergenza umanitaria riguarda anche gli sfollati in territorio sudanese, che secondo stime dell’Onu sarebbero oltre 600 mila. (A.D.C.)

 

 

SOTTO LA SOGLIA DELLA POVERTÀ: E’ QUESTA LA CONDIZIONE IN CUI VIVE META’

DELLA POPOLAZIONE TIBETANA. LO RENDE NOTO UN COMUNICATO

DELL’AGENZIA DI STAMPA CINESE “XINHAU”

- A cura di Flaminia Caldani -

 

PECHINO. = La metà degli abitanti della regione autonoma del Tibet, vive sotto la soglia di povertà, con circa 160 dollari all’anno. E’ quanto si apprende dall’agenzia di stampa cinese “Xinhau”, che ha riportato le stime del Ministero dell’economia di Pechino. Secondo il governo cinese, dal 2002 ad oggi, gli investimenti di oltre 35 milioni di dollari hanno aiutato in parte a migliorare le condizioni della popolazione, in particolare quella urbana. Ma la forbice tra campagna e città resta ancora molto grande, poiché i contadini guadagnano quattro-cinque volte meno degli abitanti di città. Ancora marginale, in questa moderata crescita dell’economia locale, è la partecipazione della popolazione autoctona tibetana, dislocata nelle province sud orientali, nel cosiddetto “Grande Tibet”. In generale, sono aumentate le piccole attività legate al turismo, ma nonostante la crescita verificatasi nel 2002, il settore ha subito un notevole crollo a causa del virus della Sars. (F.C.)

 

 

L’ATTUALE EFFETTO SERRA SUL PIANETA PROVOCATO DALLE EMISSIONI DI GAS

DI 30 ANNI FA. LE EMISSIONI DI ANIDRIDE CARBONICA AVVENUTE PRIMA DEL 2000,

SARANNO VISIBILI TRA 20 ANNI. AD AFFERMARLO,

UNO STUDIO DELLA RIVISTA “CLIMATIC CHANGE”

 

DORDRECHT. = Il riscaldamento climatico causato dagli aumenti di anidride carbonica avvenuti prima del 2000 sarà visibile non prima del 2020-2030. Quelle

 

 

 

 

sotto i nostri occhi, sono le conseguenze sul clima dei gas serra immessi nell'atmosfera ed accumulati prima del 1970-80. Lo afferma uno studio pubblicato sul periodico internazionale di studi ambientali “Climatic change”, in cui si sostiene che l'influenza delle attività umane sul clima non è, come si crede, un fatto recente cominciato 150 anni fa con l’era industriale, ma ben ottomila anni fa, quando l’uomo iniziò a praticare l'agricoltura, i disboscamenti, la deforestazione, i cambiamenti di uso del suolo e la sempre maggiore innovazione tecnologica nelle pratiche agricole. Le conclusioni sintetizzate sulla rivista sono il frutto di recenti ricerche sul paleoclima (che si estendono fino a 420 mila anni fa), condotte in Antartide, che hanno portato a migliori e più dettagliate informazioni sui climi, ma anche sui gas di serra, dei secoli scorsi. Nello studio, si ricostruisce il passato e si spiega anche che la cosiddetta “piccola era glaciale” (sviluppatasi tra il XIII e il XiX secolo) è stata causata da un intenso incremento dei sinks forestali, cioè crescita abnorme della forestazione e riforestazione, dovuta al crollo dell'agricoltura, causato a sua volta dalle violente epidemie di peste e di riduzione della popolazione, che vi furono a quei tempi. L'influenza delle attività umane sul clima si è resa più visibile e riconoscibile in questi ultimi 150 anni, soltanto perché l'avvento dell'era industriale (iniziata attorno al 1850) ha accentuato le cause di impatto antropogenico sul clima. (A.D.C.)

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24 ORE NEL MONDO

26 gennaio 2004

 

- A cura di Fausta Speranza -

 

● Il segretario generale dell’Onu, Kofi Annan, ha dichiarato che deciderà oggi o domani sull’invio di una missione esplorativa in Iraq, per verificare la possibilità di organizzare in tempi brevi elezioni generali. Questa mattina il governo di Tokyo ha formalizzato la decisione di inviare 600 uomini per assicurare una migliore cornice di sicurezza al Paese arabo, mentre si veniva a sapere dell’attacco, avvenuto ieri ad ovest di Baghdad, ad un camion che trasportava materiale per l’esercito giapponese. Nell’agguato è rimasto ucciso l’autista giordano del mezzo.

 

● Le attuali emergenze internazionali e, dunque, la lotta al terrorismo e la crisi irachena sono al centro della visita del segretario di Stato americano, Powell, oggi a Mosca. Questa mattina ha incontrato il ministro degli esteri, Ivanov. Tra i temi in agenda anche il futuro della Georgia, dove ieri Powell ha assistito all’insediamento ufficiale del capo dello Stato, Saakashvili, che ha sostituito il dimissionario Shevardnadze. Per capire su questi temi quali siano i punti di vista comuni ma anche quali siano le divergenze tra Russia e Stati Uniti, Giancarlo La Vella ha intervistato Fulvio Scaglione, vicedirettore di Famiglia Cristiana, esperto dell’area ex sovietica:

 

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R. – Francamente, credo che le identità di vedute tra Russia e Stati Uniti siano poche, nonostante le apparenze. I due Paesi fanno un grande sforzo per mostrare di avere una volontà comune in alcune direzioni, per esempio nella lotta al terrorismo internazionale. Però, a me pare che proprio già su questo tema le divergenze siano notevoli. Lo si è visto sull’Iraq, ma anche sulla Georgia, che è al centro di questo viaggio di Powell. Non dimentichiamo che per i russi la Georgia era un Paese che probabilmente appoggiava o almeno non combatteva i terroristi ceceni, mentre per gli Stati Uniti la Georgia è un Paese minacciato dal terrorismo islamico.

 

D. – Il nuovo presidente georgiano, Saakashvili, ha strizzato l’occhio in un modo abbastanza chiaro ad un futuro avvicinamento a Bruxelles. Potrebbe nascere un contrasto a tre sul futuro della Georgia, tra Russia, Stati Uniti e Unione Europea?

 

R. – Credo che questa presa di posizione sia più che altro un tentativo di tirarsi fuori da questa polemica bipolare sul futuro della Georgia. Io credo che un eventuale aggancio della Georgia all’Unione Europea possa essere un bell’auspicio, ma nei fatti molto lontano e molto difficile.

 

D. – La comune esigenza di creare un ordine mondiale più sicuro non potrebbe celare l’intenzione di Mosca e Washington di dividere il mondo in nuove aree d’influenza?

 

R. – Io sono assolutamente convinto che le grandi potenze, e anche le medie potenze, facciano molto poco per “idealismo” ma piuttosto fanno tutto quel che possono per l’interesse nazionale. Certamente, la Russia ha in questo momento l’interesse a che l’influenza americana nel Caucaso si fermi: non dimentichiamo che gli Stati Uniti hanno 250-300 consiglieri militari in Georgia e questa presenza ha poi portato all’intensificazione di certi discorsi sugli oleodotti che dovrebbero poi appunto passare attraverso la Georgia e poi finire in Turchia. Questo progetto, chiaramente, sarebbe una sorta di cesura nell’influenza russa sul Caucaso. Io credo che sarà sostanzialmente una battaglia d’interessi.

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● La lotta al terrorismo è un tema chiave anche nella visita a Roma del vicepresidente degli Stati Uniti, Dick Cheney, la prima volta dalla fine della guerra in Iraq. Numerosi gli incontri in programma con le massime autorità italiane. Stamani, Cheney ha incontrato il presidente della Repubblica Ciampi, poi ha tenuto un discorso alla Biblioteca del Senato. Quindi, stasera sarà a Villa Madama per incontrare il premier Berlusconi e domani si recherà in Vaticano per un colloquio con il Papa. Ma del discorso di questa mattina ci riferisce Alessandro Gisotti, che lo ha seguito alla Biblioteca del Senato.

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(ITALIANS AND AMERICANS…)

 

“Italiani e americani conoscono bene il prezzo della libertà, per questo devono restare uniti contro la nuova minaccia del terrorismo”. Il vicepresidente americano, Dick Cheney, ha sottolineato il significato della partnership tra Roma e Washington, rafforzata dal tributo pagato dagli italiani a Nassirya. Con l’11 settembre, ha sottolineato il numero due della Casa Bianca,  il mondo ha potuto “intravedere, solo in parte, la grandezza della minaccia del terrorismo internazionale”, un pericolo nuovo che vuole abbattere i valori su cui si basano le società occidentali. Per questo, ha dichiarato, bisogna promuovere la democrazia anche nel Medio Oriente, perché il terrorismo non fiorisce dove c’è un sistema democratico. La Palestina ha dunque bisogno di democrazia, ha avvertito, ma anche Israele deve rafforzare l’impegno per vivere pacificamente accanto ai palestinesi.

 

(OUR CHOICE….)

 

La scelta oggi non è tra mondo unipolare o multipolare – ha dichiarato Cheney - ma è per un mondo giusto, democratico e libero. Sul fronte della proliferazione nucleare, il vice di Bush ha confermato la determinazione degli Stati Uniti nei confronti di Iran e Corea del Nord ed ha tenuto a segnalare il caso positivo della Libia. E se la ricerca delle armi di distruzione di massa in Iraq si rivela ancora vana - a otto mesi dalla fine del conflitto - Cheney si è detto tuttavia certo che “i terroristi stanno facendo tutto il possibile per acquisire armi chimiche e batteriologiche”. Dal canto suo, il presidente del Senato, Marcello Pera, ha messo l’accento sulla necessità di scongiurare la contrapposizione tra Europa e Stati Uniti nella necessaria lotta comune contro il terrorismo. “La nostra visione dell'Europa - ha affermato Pera - è quella di un unico continente stretto attorno ai valori di libertà, democrazia” alleato degli Stati Uniti.

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● Il ministro degli  esteri israeliano, Shalom, in vista della sua prossima  visita ufficiale a Amman, il 28 gennaio, ha affermato che Israele è disposto a liberare un numero imprecisato di detenuti giordani. Shalom ha precisato che la liberazione di detenuti giordani o egiziani è del tutto indipendente dall'accordo sullo scambio  di prigionieri tra Israele e i guerriglieri sciiti libanesi, Hezbollah, mediato dalla Germania. La visita di Shalom in Giordania coincide con  un momento in cui  le relazioni tra i due Paesi sono segnate da  contrasti politici. La Giordania è tra i più decisi avversari della decisione israeliana di costruire una barriera di  sicurezza in Cisgiordania.

  

● Il Consiglio dei guardiani, istituzione chiave dei conservatori in Iran, ha respinto ieri sera la modifica del codice elettorale adottata dal Parlamento riformatore nel tentativo di aggirare la bocciatura massiccia di candidati alle legislative. Secondo la stampa, il Consiglio dei guardiani della Costituzione ha ritenuto il progetto di legge contrario all'islam e ad alcuni articoli della Costituzione. La riforma elettorale approvata ieri dal Parlamento avrebbe costretto i conservatori ad ammettere le candidature dei loro  avversari politici alle legislative. Le rispettive posizioni dei riformatori e dei conservatori appaiono ancora più rigidamente contrapposte.

 

● I ministri degli Esteri dell'Unione europea sono tornati a parlare della Conferenza intergovernativa e della Costituzione europea, informalmente, durante il pranzo che si tiene nel corso del Consiglio Affari Generali. Nel pomeriggio, nella sessione dedicata alle relazioni esterne, si discuterà di Medioriente e Iran. C’è poi in agenda anche la questione dell'embargo alla vendita di armi alla Cina sollevata dal Consiglio europeo del dicembre  scorso.

 

  “Il caso Parmalat ci ha fatto  capire che la frode non conosce confini nazionali''. E’ quanto ha detto il presidente della Sec, la Consob americana, Donaldson, parlando questa mattina a Bruxelles, per poi aggiungere che la lezione da trarre è che c'è bisogno di una cooperazione tra gli Stati Uniti e tutte le autorità di regolamentazione del mondo. Intanto, sul caso dell’azienda italiana di Collecchio è emerso che al 30 settembre scorso l'indebitamento finanziario netto del  gruppo aveva raggiunto i 14,3 miliardi di euro.

 

● La minaccia, le responsabilità e la prevenzione dei genocidi. Sono questi i temi centrali della Conferenza internazionale dedicata al drammatico fenomeno degli omicidi di massa che si è aperta oggi a Stoccolma alla presenza dei sovrani di Svezia e del segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan. Sulle riflessioni emerse, il servizio di Amedeo Lomonaco:

 

 

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“Non esiste problema più importante, né obbligo a cui siamo maggiormente tenuti, della prevenzione dei genocidi”. Sono queste le parole con cui Kofi Annan ha ricordato a Stoccolma, aprendo i lavori della Conferenza internazionale, le omissioni e le responsabilità della comunità internazionale. L’obiettivo dell’iniziativa è quello di analizzare le strategie tese a sradicare un fenomeno che anche dopo la fine del nazismo si è ripetuto più volte negli ultimi decenni in diverse aree del mondo: dalla Cambogia alla regione africana dei Grandi Laghi, alla Bosnia. “Gli avvenimenti degli anni ’90, che hanno drammaticamente colpito l’ex Jugoslavia e il Rwanda – ha spiegato Annan – confermano la gravità del problema e sono particolarmente vergognosi”. “La comunità internazionale - ha aggiunto - aveva chiaramente i mezzi per impedire queste tragedie ma è mancata la volontà”. La Conferenza è l’ultima di un ciclo cominciato nel 2000 sul tema dell’olocausto per iniziativa della Svezia. Alla fine dei lavori, ai quali partecipano le delegazioni dei governi di 58 Paesi e diverse organizzazioni internazionali, è prevista l’adozione di un documento conclusivo che impegni gli Stati aderenti a coordinare la loro azione di vigilanza per prevenire i genocidi, punire i responsabili ed educare le nuove generazioni.

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● Sono sei, tra cui un bambino, le persone morte in Thailandia per la cosiddetta influenza dei polli. Altre due persone risultano contagiate. In Pakistan  sono stati individuati casi del virus nella città  portuale di Karachi, nel sud del Paese. In Vietnam la malattia ha già provocato la morte di sei persone. Il virus ha fatto la sua comparsa finora in Indonesia, Cambogia, Giappone, Corea del sud, Taiwan, Vietnam e, forse, anche nel Laos. 

 

● Non sembra, invece, proprio collegata a questa epidemia la misteriosa malattia che sta colpendo i Paesi del nord del Bangladesh. Nelle ultime 24 ore  ha ucciso tre persone portando a quindici le vittime attribuite ad essa. Le vittime, molte delle quali bambini, vivevano nel distretto di Rajbari, a circa 130 km da Dhaka.

 

● Il presidente cinese Hu Jintao è  partito per Parigi, prima tappa di un lungo viaggio che lo porterà anche in Egitto, Algeria e Gabon. Il leader cinese è accompagnato tra gli altri dalla moglie, e dal ministro degli esteri. Nel corso  della sua visita Hu, che è il primo presidente cinese a compiere una visita ufficiale in Francia, terrà un discorso davanti al Parlamento. Tra i problemi dei quali Hu discuterà con il presidente francese, Chirac, figurano ai primi posti la ricostruzione dell'Iraq e l'annullamento dell'embargo sulle vendite di armi alla Cina. L'embargo fu imposto dai Paesi dell'Unione Europea dopo il massacro di piazza Tiananmen del 1989, quando centinaia  di persone che manifestavano per la democrazia furono uccise  dall'esercito cinese.

 

● Joseph Kabila, presidente della Repubblica democratica del Congo, Rdc, non intende presentarsi alle elezioni presidenziali in programma nel paese nel 2005. In un'intervista al quotidiano belga 'Le soir', Kabila ha ricordato di essere un ufficiale delle forze armate congolesi e che i militari, in base allo statuto mai modificato, non possono candidarsi. Al potere dal gennaio del 2001, quando ha sostituito il padre Lauren-Desirè, assassinato, l'attuale presidente congolese ha ammesso che il processo per preparare la consultazione è in ritardo sottolineando che la stessa legge elettorale deve ancora essere votata dall'assemblea nazionale.

● L'amministrazione americana intratterrà colloqui con rappresentanti del governo libico sulla normalizzazione delle relazioni bilaterali, all'inizio del mese prossimo a Londra. E’ quanto scrive il Financial Times mentre a Tripoli, per la prima volta in 35 anni, si trova una delegazione del Congresso statunitense. Lo scorso 19 dicembre, il leader libico Gheddafi ha annunciato a sorpresa lo smantellamento delle armi nucleari di Tripoli e la collaborazione con la comunità internazionale.

 

Uno spiraglio di speranza per la crisi ad Haiti. Il presidente Aristide ha accettato ieri di incontrare l’opposizione, rispondendo agli sforzi di pace dei leaders dei Carabi. Secondo quanto ha riferito il primo ministro delle Bahamas, Perry Christie, il vertice potrebbe svolgersi quanto prima in Jamaica, mettendo fine alle proteste che in 4 mesi hanno causato la morte di 47 persone.

 

 

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