RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n. 22 - Testo della Trasmissione di giovedì 22
gennaio 2004
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI
IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Si è spento ieri Roberto Franchina, apprezzato autore di
programmi musicali per la Radio Vaticana.
La
Bce difende il Patto di stabilità
mentre si levano le critiche contro ipotesi di un’Europa a due velocità
Ancora
morti in Iraq: tra le vittime poliziotti iracheni, donne irachene e
soldati statunitensi
Sharon
smentisce ogni ipotesi di dimissioni per l’inchiesta di corruzione
22
gennaio 2004
IL PAPA RICEVE IN VATICANO IL PRESIDENTE DI MALTA,
GUIDO DE MARCO
Incontro oggi in Vaticano tra Giovanni Paolo II e il
presidente di Malta Guido De Marco, accompagnato dalla moglie e da un piccolo
seguito. Al centro del colloquio, durato una ventina di minuti, l’importanza
delle radici cristiane e dei valori familiari ancora forti nell’isola maltese.
Il servizio di Sergio Centofanti.
*********
Il Papa ha
ricordato il suo pellegrinaggio giubilare a Malta tre anni fa sulle orme di San
Paolo, un’occasione – ha detto – per apprezzare una volta di più l’ ''antica
eredita' cristiana'' del Paese e per incoraggiare i maltesi nel loro
impegno “a costruire una società degna della sua nobile tradizione culturale.”
“La forza di Malta - ha affermato il Papa - sono sempre
state le sue famiglie, che non solo hanno arricchito il tessuto sociale ma
hanno anche contribuito in modo significativo alla missione universale della
Chiesa, non ultimo attraverso la loro abbondante messe di vocazioni religiose e
sacerdotali”. “Possano le famiglie – ha concluso Giovanni Paolo II - trovare
sempre incoraggiamento e sostegno nella loro opera di educazione dei giovani
che sono il futuro di Malta”. Da parte sua il presidente De Marco ha affermato che i viaggi papali
hanno lasciato una forte impronta nei maltesi soprattutto per il messaggio di fede.
Malta è un arcipelago del Mediterraneo con circa 380 mila
abitanti, al 93% cattolici. Già colonia britannica, è indipendente dal 1964 e
il 1° maggio prossimo entrerà a far parte con altri 9 Paesi dell’Unione
Europea.
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E’ L’ARCIVESCOVO PAUL RICHARD GALLAGHER IL NUOVO
NUNZIO DEL BURUNDI.
PRENDE
IL POSTO DI MONS. MICHAEL COURTNEY, UCCISO IL 29 DICEMBRE SCORSO
- A
cura di Alessandro De Carolis -
La
Chiesa in Burundi ha il suo nuovo rappresentante della Santa Sede. Giovanni
Paolo II ha nominato come nunzio apostolico nello Stato africano, elevandolo
alla dignità di arcivescovo, il britannico Paul Richard Gallagher, 50 anni
domani, finora osservatore permanente presso il Consiglio d'Europa a Strasburgo.
Mons. Gallagher è il successore dell’arcivescovo irlandese Michael Courtney,
ucciso a colpi d’arma da fuoco da sconosciuti il 29 dicembre scorso, all’età di
58 anni. Mons. Courtney stava ritornando in auto a Bujumbura, capitale
burundese, dopo aver celebrato le esequie di un religioso nella località di
Bururi. Verso le 16, il mezzo sul quale viaggiava insieme ad altre persone è
stato bersagliato da raffiche di proiettili che hanno ferito a morte il
presule, rendendo vane le cure prestategli successivamente in una clinica. Per
alcuni giorni, il governo a guida Tutsi e i ribelli di etnia Hutu dell’Fnl
hanno più volte smentito ogni coinvolgimento nel tragico episodio, che resta a
tutt’oggi senza colpevoli.
Una
particolarità. Per il nuovo nunzio – che prima dell’attuale nomina aveva tra
l’altro prestato servizio in Tanzania, Uruguay e Filippine - quella in Burundi
rappresenta in realtà una seconda successione al presule scomparso. Entrambi
erano già stati interessati da un passaggio di consegne nel 2000, quando il
Papa aveva destinato mons. Courtney al Burundi dalla carica di osservatore permanente
della Santa Sede a Strasburgo, nominando quindi al suo posto mons. Gallagher.
LA SALA STAMPA DELLA SANTA SEDE SMENTISCE
COMMENTI AL FILM
THE PASSION OF THE CHRIST DA
PARTE DEL PAPA,
CHE HA
POTUTO VISIONARE L’OPERA IN ANTEPRIMA
-
Servizio di Alessandro De Carolis -
**********
Giovanni Paolo II ha assistito a
un’anteprima del film The Passion of the Christ, ma non ha commentato in
alcun modo la pellicola. E’ un comunicato del direttore della Sala stampa della
Santa Sede, Navarro Valls, a fare chiarezza delle indiscrezioni pubblicate
giorni fa dal quotidiano statunitense “Wall Street Journal” circa un presunto
commento del Papa sull’opera diretta e prodotta dal celebre attore e regista
australiano Mel Gibson. Dopo essersi consultato con il segretario personale del
Pontefice, l’arcivescovo Stanisław Dziwisz, Navarro Valls ha confermato
che Giovanni Paolo II “ha avuto l’opportunità di visionare il film” - definito
nel comunicato “una trasposizione cinematografica del fatto storico della
Passione di Gesù Cristo secondo il racconto evangelico” - senza però commentarlo
in alcun modo. “E’ abitudine del Santo Padre - afferma il direttore della Sala
stampa vaticana - non esprimere giudizi pubblici su opere artistiche, giudizi
che sono sempre aperti a diverse valutazioni di carattere estetico”.
Costato
25 milioni di dollari e interamente finanziato dalla “Icon”, la casa di
produzione di Gibson (che aveva scritto il copione
circa dieci anni fa insieme a Benjamin Fitzgerald), il film
ha già sollevato prima della sua uscita – programmata negli Stati Uniti per il
25 febbraio - le critiche della comunità ebraica americana, per l’immagine che
la pellicola offrirebbe delle autorità e del popolo ebraico dell’epoca. La
trama – con l’interpolazione di alcuni flashback – racconta le ultime 12
ore di vita di Gesù, dall’agonia nell’Orto degli ulivi alla crocifissione sul
Golgota. Molti degli esterni sono stati girati sullo sfondo rupestre dei Sassi
di Matera, mentre negli studi romani di Cinecittà sono state ricostruiti
l’antica Gerusalemme, il Tempio, il palazzo di Pilato e il cortile della
flagellazione. A circa un mese dal suo debutto americano, Gibson ha superato -
la notizia è di questi giorni - anche l’ultimo ostacolo legato alla
distribuzione del film. La scelta di girare tutte le scene in aramaico e
latino, giudicata alla stregua di una follia dagli addetti ai lavori, non ha
impedito al regista di ottenerne l’uscita su 2000 schermi, ad opera della Newmarket
Films. Un numero record se si considera che il kolossal Ritorno a Cold Mountain, pluricandicato ai
Golden Globe e dato per favorito agli Oscar, ha esordito in America su 2.100
schermi.
In Italia, “La Passione di Cristo” esordirà il prossimo 7 aprile,
distribuita dalla Eagle Pictures in 150 copie. Qualche parola ancora
sugli attori: James Caviezel interpreta Gesù, Maia Morgenstern è Maria. Folto
il gruppo degli attori italiani, tra i quali Monica Bellucci (Maria Maddalena),
Sergio Rubini (il ladrone buono), Claudia Gerini (la moglie di Pilato),
Rosalinda Celentano (Satana).
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IL CARDINALE KASPER SI RECHERA’ A MOSCA DAL 16 AL 20 FEBBRAIO PROSSIMI.
DURANTE IL SOGGIORNO,
INCONTRERA’ IL PATRIARCA ORTODOSSO RUSSO,
ALESSIO II
- A cura di Alessandro
De Carolis -
Un
viaggio a Mosca per incontrare la Chiesa cattolica locale e i vertici della
Chiesa ortodossa, guidata dal Patriarca Alessio II. Lo compirà, il prossimo 16
febbraio, il cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio consiglio per
la Promozione dell’unità dei cristiani, accogliendo l’invito della Conferenza
dei vescovi della Federazione Russa. La visita - “animata anche da sentimenti
di stima verso la Chiesa ortodossa russa”, come sottolinea un comunicato della
Sala stampa vaticana - si protrarrà fino al 20 febbraio e consentirà al
cardinale Kasper di intrattenersi a colloquio con il Patriarca di Mosca e di
tutte le Russie, Alessio II, oltre al metropolita di Smolensk e Kaliningrad,
Kirill, presidente del Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche estere del
Patriarcato di Mosca, “in vista del dialogo ecumenico tra le due Chiese”. Ad
accompagnare il presidente del Pontificio Consiglio per l’Unità dei cristiani,
saranno mons. Brian Farrell e dal rev. padre Jozef M. Maj, rispettivamente
segretario ed officiale del medesimo Dicastero.
V GIORNO DELLA SETTIMANA DI PREGHIERA PER L’UNITA’
DEI CRISTIANI
SUL
TEMA: “LA PACE DI DIO E LA PACE DEL MONDO”
-
Intervista con padre Giancarlo Bruni e con il vescovo Rino Fisichella -
“Vi do
la mia pace... non come la dà il mondo (Gv 14,27) - Pace e violenza: la pace di
Dio e la pace del mondo”. E’ il tema che accompagna il quinto giorno della
Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. L’urgenza di un concreto cammino
ecumenico, che proceda non solo sul confronto teologico o dottrinale,
rappresenta un segno di speranza e un modello per un mondo che anela alla vera
pace. Lo sottolinea padre Giancarlo Bruni, dell’ordine dei Servi di Maria,
insegnante di Ecumenismo alla facoltà teologica del ‘Marianum’ a Roma e al Seminario
di Scutari, in Albania. L’intervista di Fabio Colagrande.
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R. - Il fatto stesso di essere non pienamente uniti
rischia veramente di indebolire il messaggio di riconciliazione e di pace;
questo vale anche per l’Europa, alla ricerca della sua unità. Nonostante questa
condizione di non piena unità, tuttavia, le Chiese possono offrire all’Europa
qualcosa di molto importante: il camminare insieme, il parlarsi, il prendersi
cura le une delle altre e, infine, un esserci camminando verso una diversità
riconciliata. Questo segno è davvero un segno d’unità per l’Europa, unita ma
rispettosa delle diversità. Le Chiese che camminano verso l’unità sanno che
l’unità è nella differenza e queste differenze possono essere un segnale contro
il rischio delle omologazioni imposte dal più forte e contro il rischio delle
divisioni, che sono la ribellione del più debole.
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Al dialogo ecumenico, “contributo
decisivo perché l’umanità superi le ragioni delle divisioni e dei conflitti”,
ha rivolto il proprio pensiero anche Giovanni Paolo II, ieri nel corso
dell’udienza generale. La ricerca dell’unità tra i cristiani registra una
consistente espansione, ha sottolineato, “grazie ad opportune iniziative”. Pensando
a questi “segni positivi”, dunque, non bisogna scoraggiarsi per le “difficoltà
vecchie e nuove che s’incontrano”, ma affrontarle “con pazienza e comprensione”.
A questo proposito Fabio Colagrande ha raccolto il commento del vescovo Rino
Fisichella, presidente della Commissione diocesana per l’ecumenismo e il
dialogo e vescovo ausiliare di Roma.
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R. - Evidentemente permangono delle difficioltà, com’è
comune, com’è normale nella vita di tutti i giorni. Sono difficoltà di diverso
genere, più d’ordine teologico-dottrinale. Io penso, tuttavia, che il dialogo e
la conoscenza di questi anni ha portato i cristiani ad un rispetto reciproco e
ad una conoscenza molto più approfondita. Il segno di un cammino verso l’unità
passa necessariamente dalla stima, dal rispetto e inevitabilmente anche dalla
preghiera comune.
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LA
CHIESA PROCLAMA I LEBBROSI “IMMAGINE DI DIO”
ED ESPRIME TUTTO IL SUO RISPETTO E
STIMA PER OGNI ESSERE UMANO
CHE PORTA IL TORMENTO DELLE
INDELEBILI FERITE:
COSI’ IL CARDINALE LOZANO
BARRAGAN,
NEL MESSAGGIO PER LA 51.MA
GIORNATA MONDIALE DELLA LEBBRA
- Il
servizio di Barbara Castelli -
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La
Chiesa deve continuare a tendere una mano ai lebbrosi, suoi figli doppiamente
colpiti, “dalla malattia fisica e dai pregiudizi sociali che conducono ad una
umiliante emarginazione”. Lo ricorda il cardinale Javier Lozano Barragan,
presidente del Pontificio Consiglio per la pastorale della salute, nel suo
messaggio per la 51.ma Giornata Mondiale della Lebbra, domenica 25 gennaio 2004.
Ricordando
l’impegno di tanti eroici religiosi, religiose, sacerdoti e laici impegnati in
questo settore, il porporato ha tratteggiato i drammatici contorni numerici di
un morbo non ancora debellato. Secondo quanto riferiscono i dati 2003
dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, infatti, nell’anno appena trascorso
sono stati denunciati 620.000 nuovi casi, concentrati soprattutto in India; a
questi poi vanno aggiunti 2 - 3 milioni di persone che in conseguenza del morbo
di Hansen portano menomazioni permanenti sul proprio corpo. Molto è stato fatto
in questi ultimi anni, ma molto resta ancora da fare: da qui la necessità di un
impegno comune nella lotta alla lebbra.
E’
proprio in questo contesto che si inserisce anche l’operato della Chiesa.
Seguendo l’esempio di Giovanni Paolo II, sottolinea il cardinale Lozano
Barragan nel messaggio, la comunità ecclesiale deve incoraggiare e accompagnare
“la ricerca scientifica, indicando agli specialisti i contenuti valoriali da
rispettare, affinché non si perda di vista l’unità e la dignità della persona,
soprattutto nella sperimentazione”; “formare operatori capaci di seguire il
travaglio spirituale non soltanto dei malati ma anche dei professionisti
impegnati in prima persona”; e, infine, “convogliare le energie per offrire
nuovi servizi più adeguati ai bisogni reali della gente”.
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ALTRE
UDIENZE
Nel corso della mattinata il Papa ha ricevuto anche alcuni
vescovi francesi in visita ad Limina: mons. Emile Marcus, arcivescovo di
Toulouse, mons. Piere-Marie Carré, arcivescovo di Albi e mons. Maurice
Fréchard, arcivescovo di Auch. E sempre oggi sono stati ricevuti dal Papa il
cardinale Alfonso López Trujillo, presidente del Pontificio Consiglio per la
famiglia, mons. Karl Josef Romer e mons. Francesco Di Felice, rispettivamente
segretario e sotto-segretario del medesimo dicastero.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre la prima pagina la
situazione nel tormentato Iraq, segnato nelle ultime ore da nuovi attacchi
ed agguati, che hanno provocato numerose vittime.
Nelle vaticane, il saluto di
Giovanni Paolo II al presidente di Malta.
Due pagine dedicate al cammino
della Chiesa in Italia.
Nelle estere, in rilievo il
Forum di Davos, sottolineando che l'Unicef ha chiesto 85 milioni di dollari per
combattere la malnutrizione.
Nella pagina culturale, un
contributo di Irene Iarocci sull'epistolario di Francesco Saverio, in cui
spicca una cronaca vivace del mondo orientale nel Cinquecento.
Nelle pagine italiane, in primo
piano il tema della giustizia.
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22
gennaio 2004
L’ONU
LANCIA L’ALLARME PER LA REGIONE SUDANESE DEL DARFUR:
MIGLIAIA
DI CIVILI IN FUGA DALLA GUERRA
-
Intervista con Donatella Massai -
E’
dall’inizio dello scorso anno che nella desertica regione occidentale sudanese
del Darfur si sono intensificati i combattimenti tra truppe governative e
ribelli che accusano Khartoum di voler isolare la zona. Un conflitto che,
secondo gli esperti, potrebbe destabilizzare gravemente tutto il Sudan che cerca
faticosamente di uscire da decenni di guerra civile. E la situazione umanitaria
nel Darfur si aggrava sempre più: le Nazioni Unite e le agenzie sul posto
lanciano l’allarme. Servizio di Francesca Sabatinelli:
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Nel Darfur non si può più parlare soltanto di crisi
umanitaria quanto di vera e propria emergenza. Gli scontri in atto in questa
regione occidentale del Sudan, fanno sapere le agenzie dell’Onu e le
organizzazioni non governative presenti sul posto, stanno facendo crescere il
flusso dei civili che cercano di sfuggire ai combattimenti tra truppe
governative e i due movimenti ribelli attivi nell’area. Un milione sono gli
sfollati interni, 95 mila quelli che hanno cercato riparo nel confinante Ciad.
Decine di migliaia di uomini, donne e bambini che camminano per giorni e giorni
nel deserto. Arrivano nei campi stremati, senza nulla, dopo aver visto messi a
ferro e fuoco i loro villaggi. Nei due campi della città di Nyala, nel Darfur
stesso, si riesce a assicurare l’assistenza medica, soprattutto ai bambini gravemente
malnutriti, ma ora le autorità sudanesi stanno a forza trasferendo altrove gli
sfollati, in luoghi dove non si riesce a far fronte all’urgenza sanitaria. Nei
campi oltre il confine sudanese ad assicurare l’aiuto ai rifugiati sono alcune
equipe di Medici Senza Frontiere. Donatella Massai è la coordinatrice delle
operazioni in Ciad di Msf Belgio.
R. – In questo ultimo fine settimana si sono ricominciati
a sentire i bombardamenti dall’altra parte del confine e, di conseguenza, abbiamo
cominciato a ricevere molti feriti gravi. Molti altri, purtroppo, non hanno la
possibilità di raggiungere i nostri centri di salute. La situazione si sta ogni
giorno aggravando.
Dallo scorso aprile si sono iniziati a registrare in Ciad
i primi grandi arrivi di rifugiati ma è soprattutto a dicembre che il flusso si
è intensificato, a causa della rottura dei colloqui di pace tra il governo di
Khartoum e il gruppo ribelle Spla, Esercito di liberazione del Sudan, un
movimento di autodifesa creato dalla popolazione del Darfur per rispondere agli
attacchi di milizie islamiche. Ancora la Massai:
R. – I primi profughi
continuavano a poter portare i loro animali, i loro averi e quel poco che
comunque in queste regioni africane le persone possiedono. La seconda grossa
ondata di partenze è stata verso settembre, quando già le condizioni si
degradano. Essendo le tribù del Ciad più o meno della stessa etnia di quelle
del Sudan all’inizio c’è stata una grande ospitalità fra i due popoli. Ma alla
fine i mezzi erano talmente limitati che i ciadiani non hanno più potuto
aiutare i rifugiati. Quindi, la situazione si è deteriorata. L’ultima ondata è
stata a fine dicembre, quando 30 mila nuove persone sono praticamente arrivate
senza niente, famiglie completamente separate, in fuga a causa dei forti
combattimenti.
Secondo
alcuni analisti per risolvere la crisi in Darfur è necessaria una soluzione
politica basata sulla decentralizzazione dei poteri e su un’equa distribuzione
di risorse. Ciò a quale si oppone il governo che intende sconfiggere la
ribellione usando tutti i mezzi a sua disposizione.
R. – Il conflitto iniziale è un conflitto tra tribù
stanziali, dedite all’agricoltura, e le tribù nomadi con animali. Questo è
sempre stato il conflitto di base. A questo si è aggiunto un conflitto, non
solo etnico, ma anche di tipo politico e, probabilmente, un tentativo da parte
del governo di prendere il controllo, forse, di questa zona.
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DA OGGI NEI CINEMA IN ITALIA L’ULTIMO ATTO
DEL “SIGNORE DEGLI ANELLI”,
TRATTO
DALLA CELEBRE TRILOGIA DI TOLKIEN
-
Intervista con Andrea Mondoa -
E’ da
oggi nelle sale italiane il film “Il ritorno del re”, terza parte della trilogia
tratta dal celebre romanzo di Tolkien, “Il Signore degli anelli”. Una pellicola
che, come le due precedenti, si prepara ad un grande successo di pubblico,
anche in Italia. Del grande fascino esercitato dalla storia de “Il Signore
degli anelli”, Debora Donnini ha parlato con Andrea Mondoa, autore assieme a
Saverio Simonelli di due saggi su Tolkien.
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R. – C’è il fascino di ogni storia che è incentrata sul
libero arbitrio; sul fatto che l’uomo è posto sempre di fronte a delle scelte e
quindi anche di fronte a delle tentazioni. E di tutte, forse, il potere è la
tentazione più forte. Questa storia ci mostra che si può resistere alle
tentazioni e siccome questo è presentato con umiltà, perché gli hobbit sono uomini semplici, con molti problemi e
non sono potenti, diventa tutto credibile: il lettore si identifica e vive questa
esperienza sentendola molto vicina a sé. Ma qual è la virtù di Frodo e degli hobbit?
Che sono disponibili. Ma a che cosa sono disponibili? Questo lo si legge in
controluce continuamente nel romanzo: sono disponibili alla grazia; si prestano
ai disegni della Provvidenza, che non conoscono perfettamente ma ai quali si
affidano. In questo senso, la figura di Gandalf, il mago che suggerisce ma non
impone mai, è molto significativa.
D. – Questo può essere, appunto, uno degli elementi di
fascino di quest’opera per i giovani?
R. – Direi proprio di sì. Questo perché il giovane non è
solo colui che vuole affermare se stesso, ma colui che soffre perché, seguendo
il mito dell’autoaffermazione, certe volte si trova di fronte agli smacchi della
vita: la vita è dura, la vita non realizza tutti i nostri desideri. Questa
storia ci racconta allora che aprendosi a qualcosa di trascendente -
all’amicizia, che è il canale di questo mistero – perdendosi, paradossalmente
ritrova se stesso. L’apertura, il senso che l’uomo, la realtà non può essere
tutto quello che si vede e basta, ma che ci deve essere qualcosa di più, è uno
degli aspetti più interessanti di questa grande opera fantasy.
D. – E secondo lei, il film in qualche modo questo riesce
a trasmetterlo?
R. – Sì, il film riesce a trasmettere questi significati
profondi, che sono sottotraccia nel romanzo di Tolkien, nonostante ovviamente
prediliga più l’azione ed i momenti spettacolari. Il regista, Peter Jackson, ha
però colto questi significati e direi che in due o tre momenti li ha
esplicitati anche più di Tolkien.
D. – Interessante il rapporto che c’è fra Frodo e
Smeagol-Gollum ...
R. – Certamente il rapporto tra Gollum e Frodo è uno dei
temi fondamentali di tutta l’opera. E’ la prova che, al di là di quello che si
è detto con qualche critica un po’ frettolosa, il romanzo di Tolkien è
cristiano ed è profondamente antimanicheo. Non ci sono buoni e cattivi divisi
in maniera netta. Gollum è un hobbit, quindi appartiene ad una razza
pacifica, che cade però nella tentazione e si perde; talmente si perde che non
sa più il suo vecchio nome di Smeagol. La cosa bella è che Frodo, che avrebbe
tutte le ragioni per diffidare e per odiare Gollum, non lo punisce mai, non lo
uccide mai ma ne ha pietà. E questo perché in qualche modo si riconosce in
Gollum: tutte e due hanno portato l’anello; Frodo lo sta portando e quindi si
immedesima in qualche modo in lui e – tra virgolette – lo ama e lo perdona.
Questa sarà la molla – narrativamente parlando – che permette la soluzione
finale – positiva - di tutta la vicenda.
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22 gennaio 2004
NOVANTA
MILIONI DI BAMBINI IN TUTTO IL MONDO VIVONO PER STRADA
TRA MISERIA E VIOLENZE: E’ LA GRAVE DENUNCIA
DELL’AGENZIA FIDES
SULLA
SCORTA DI UN DOSSIER REALIZZATO DAI MISSIONARI COMBONIANI
- A
cura di Flaminia Caldani -
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CITTA’
DEL VATICANO.= Sono circa 90 milioni i bambini in tutto il mondo, che popolano
le strade, costretti a vivere nella miseria, sfruttati e umiliati. La
maggioranza dei governi dei Paesi interessati da questa piaga tende ad ignorare
il fenomeno. E’ il nuovo allarme infanzia lanciato ieri dall’agenzia vaticana
Fides. Ma a sollevare inizialmente la questione, sono stati i missionari
comboniani spagnoli, che hanno verificato sul campo l’ampiezza di questa terribile
realtà. I dati che emergono sono sconvolgenti: i bambini di strada sono 40
milioni in America Latina, 10 milioni in Africa. Numerosi anche in Asia, dove
solo in India sono più di 18 milioni, anche se non mancano casi in Europa, in
particolare in Romania. Secondo i missionari, questa è “una delle maggiori
tragedie, per non dire vergogne, della società moderna”. L’aspetto più
preoccupante, sottolineato dalla Fides, oltre al generale atteggiamento
d’indifferenza, è che molti governi, in Africa, in Asia come in America Latina,
tendono a perseguire i minorenni, che vivono per le strade, come delinquenti.
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I RICHIEDENTI ASILO IN
EUROPA SPESSO E VOLENTIERI COSTRETTI DAI GOVERNI
IN LUOGHI DI DETENZIONE
PER SCORAGGIARE L’IMMIGRAZIONE CLANDESTINA:
LO DENUNCIA L’UFFICIO
INTERNAZIONALE DEI GESUITI PER I RIFUGIATI
ROMA.=
Sempre più spesso i richiedenti asilo in Europa vengono posti in luoghi di
detenzione. La denuncia arriva dall’Ufficio internazionale dei Gesuiti per i
rifugiati (JRS), che sottolinea come tali pratiche costrittive avvengano in
spazi chiusi, dove non c’è libertà di movimento, oppure in spazi aperti, dove
si respira però un’atmosfera di prigionia. “I governi lo fanno perché vogliono
scoraggiare gli immigrati per motivi economici che usano il canale dell’asilo
ed anche perché vogliono apparire severi al loro elettorato”, ha dichiarato
John Dardis, direttore del JRS Europa. “Noi riteniamo che sia un modo ingiusto
di trattare le persone che richiedono asilo”, persone che possono essere
scappate per sfuggire alla tortura, alla minaccia di morte, ad abusi contro i
diritti umani. Quando vengono posti in detenzione, sono perseguitati una
seconda volta e questa volta al fine di mettere in atto una politica contro gli immigrati irregolari. Ancor peggio, quando
vengono detenuti in centri simili a prigioni, sono persino criminalizzati.
Anche le condizioni di detenzione preoccupano il JRS. Dopo una recente visita
ad un Centro, il JRS Europa ha espresso
le sue preoccupazioni: “Mi ha scioccato trovare 40 o 50 richiedenti asilo
trattenuti in uno spazio molto piccolo, autorizzati ad uscire per fare un po’
di movimento in un cortile chiuso e per un tempo molto limitato durante il
giorno”, ha riferito John Dardis. “Richiediamo con forza che i governi e i
politici, considerandolo un valore fondamentale, trovino il modo di proteggere
gli esseri umani e di stabilire un sistema di asilo più umano”. Il lavoro del
JRS in Germania, Austria, Belgio, Malta, Regno Unito - ma anche altrove - si
concentra sul supporto legale da fornire ai detenuti e sulle visite ai
rifugiati in stato di detenzione. (R.G.)
CRESCE L’ALLARME PER IL
“VIRUS H5N1” CHE IN ALCUNI PAESI ASIATICI
STA UCCIDENDO MILIONI DI VOLATILI. SECONDO
L’OMS E’ SEMPRE PIU’
ALTO IL RISCHIO DI
TRASMISSIONE ALL’UOMO
GINEVRA.=
L’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) ha lanciato l’allarme sull’aumento
del rischio di trasmissione dell’influenza aviaria all’uomo grazie ad una
mutazione del virus ora riscontrato in un quinto Paese, la Tailandia. Intanto,
il Giappone ha deciso di bloccare tutte le importazioni di pollame tailandese.
Bob Dietz, portavoce dell'Oms, ha affermato: “siamo sempre più preoccupati nel
vedere infezioni dovute al virus H5N1 manifestarsi negli allevamenti di nuovi
Paesi”. Per Dietz “è impossibile prevedere una data ma aumentano le possibilità
di un’evoluzione del virus e della sua trasmissione alla popolazione umana”. In
Vietnam il virus ha attaccato anche l’uomo, uccidendo cinque persone. Nello
stesso Vietnam ed in Corea del Sud, Giappone e Taiwan, milioni di volatili sono
morti a causa dell’influenza dei polli nelle ultime tre settimane. (A.G.)
RAFFORZARE LA
SOLIDARIETA’ TRA I FEDELI AL SERVIZIO DEL VANGELO E DEI BISOGNOSI: CON QUESTA
ESORTAZIONE SI E’ CONCLUSO IERI IN GUINEA BISSAU
IL QUINTO INCONTRO DEI PRESIDENTI DELLE
CONFERENZE EPISCOPALI
DELLE CHIESE DI LINGUA PORTOGHESE
BISSAU.= Promuovere un maggiore scambio nella
formazione dei futuri sacerdoti e avviare nuove iniziative di solidarietà tre
le Chiese di lingua portoghese: sono queste alcune delle proposte emerse nel
quinto incontro dei presidenti delle conferenze episcopali delle Chiese
lusofone (di lingua portoghese) conclusosi ieri a Bissau, capitale della Guinea
Bissau. Nell’incontro si è inoltre messo l’accento sulla valorizzazione dei
progetti di sostegno alle radio cattoliche, intese come strumenti essenziali
nella diffusione del Vangelo e, ancora, sull’educazione popolare e lo sviluppo
dei diritti umani. All’assise hanno preso parte 8 vescovi provenienti da Guinea
Bissau, Angola, Portogallo, Brasile e Capo Verde che hanno analizzato la
situazione sociale e pastorale nei propri Paesi. Tra le principali
preoccupazioni condivise dai vescovi ci sono la fame, la miseria e la
diffusione dell’Aids, ma anche la scarsa fiducia delle popolazioni nelle
istituzioni sociali, educative e politiche. “In conclusione – afferma nel
comunicato finale - nonostante le limitazioni”, resta nella mente di tutti “un
grande sentimento di speranza e un ardore missionario” capace di “trasformare
le difficoltà in opportunità”, con un “coinvolgimento sempre maggiore dei
cristiani delle varie Chiese”. Il prossimo incontro si terrà nel gennaio 2005
in Mozambico. (A.G.)
NON
FOCALIZZARE TUTTA L’ATTENZIONE SULL’IRAQ, MA IMPEGNARSI A LIVELLO GLOBALE PER
COMBATTERE FAME, POVERTA’ E AIDS: COSI’, IL SEGRETARIO GENERALE DELL’ONU, KOFI
ANNAN, CHE IERI A BADEN-BADEN
HA
RICEVUTO IL PREMIO 2003 DEI MEDIA TEDESCHI
BADEN-BADEN.= Nel 2004, l’attenzione del mondo non si
concentri esclusivamente sull’Iraq: è l’invito alla comunità internazionale
espresso dal segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, che ieri a
Baden-Baden - nella Germania sud orientale - ha ricevuto il premio dei media
tedeschi 2003. Nel discorso di ringraziamento, Annan ha messo in guardia contro
lo “scontro delle culture” e le azioni militari unilaterali in nome del diritto
all'autodifesa. La laudatio è stata tenuta dall'ex presidente americano
Bill Clinton, anch’egli insignito del prestigioso riconoscimento nel 1999. Il
segretario generale dell'Onu ha sottolineato la necessità di rafforzare la
lotta alla povertà e all'Aids passata in secondo piano con la guerra in Iraq.
“Senza la pace – ha detto ancora Annan – non ci sarà la sicurezza neanche per i
più privilegiati fra di noi, in un mondo diviso fra estremi di ricchezza e
povertà salute e malattia, sapere e ignoranza, libertà e oppressione”. (A.G.)
UNA VITA PER LA MUSICA:
SI E’ SPENTO ALL’ETA’ DI 52 ANNI, ROBERTO FRANCHINA, APPREZZATO AUTORE DI
PROGRAMMI MUSICALI PER LA RADIO VATICANA.
DOMANI MATTINA I
FUNERALI NELLA CHIESA DELL’OSPEDALE ROMANO SAN CAMILLO
- A cura di Marco
Guadagnini -
ROMA.=
Si è spento ieri a Roma, all’età di 52 anni, Roberto Franchina in seguito ad un
ictus cerebrale. Nato in Francia da un diplomatico italiano, Franchina era uno
dei più autorevoli autori di programmi musicali per la Radio Vaticana. Ha
formato la sua cultura musicale dapprima attraverso la chanson francese
ed il ricchissimo panorama jazzistico parigino, dilatando poi i suoi interessi
– oltre all’amatissimo jazz – al soul, al blues, alla musica leggera d’autore e
al folk. Stabilitosi in Italia, ha messo a frutto la sua esperienza alla Rai e
alla Radio Vaticana, dove tra l’altro ha contribuito alla realizzazione di un
ambizioso progetto di jam sessions dal vivo coi principali esponenti del
jazz italiano che si è tradotto in una serie di programmi radiofonici offerti
all’Unione Europea di Radiodiffusione e trasmessi in Europa, Australia e
Giappone. I funerali saranno celebrati domani, alle ore 11, presso la Chiesa
dell’Ospedale San Camillo de Lellis.
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22 gennaio 2004
- A cura di Fausta Speranza -
“Il Patto di stabilità è
cruciale e deve essere rispettato integralmente”. Lo raccomanda la Banca
centrale europea precisando l’importanza anche per la crescita e lamentando le
oscillazioni dell’euro degli ultimi
mesi. La Bce denuncia che tra il 1998
ed il 2003 Germania, Francia e Italia hanno accusato il “deterioramento di
bilancio più marcato”. Così la Bce interviene nella disputa tra il Consiglio
dei ministri delle finanze e la Commissione. L’Ecofin, a novembre scorso, aveva
assolto Francia e Germania sotto accusa per il deficit eccessivo, mentre
l’esecutivo comunitario, che chiedeva sanzioni, ha annunciato il ricorso
all’Alta Corte. Il nostro servizio:
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L’Italia, presidente di turno al momento della decisione
dell’Ecofin, ha difeso l’idea di flessibilità delle regole da applicare al
Patto. E il ministro Frattini, intervenuto proprio oggi al Senato sul passato
semestre, dice che il ricorso della Commissione non aiuta soprattutto
“nell'attuale quadro negoziale sulla Costituzione europea”. Torna il nodo della
Carta costituzionale, che doveva essere un successo dell’Italia ma Frattini
ripete che “sarebbe stato accordo di facciata”. La questione resta ingombrante
per l’attuale presidenza irlandese che ha promesso incontri serrati per una
qualche formula da presentare al prossimo Consiglio europeo a marzo. Ma
intanto, sembra prendere corpo l’ipotesi dell’Europa a due velocità, viste le manovre a tre fra Gran Bretagna, Francia
e Germania. Ieri hanno confermato l’incontro dei ministri degli esteri, anche
se solo dopo l’annuncio del Financial
Times, e il 18 febbraio hanno appuntamento i rispettivi premier. Frattini mette
in guardia da “un direttorio” di alcuni paesi, “un nucleo divisivo che
metterebbe in pericolo l'unità
europea”. Gli fa eco Giulio Andreotti: “E’ sbagliato il triopolio,
l’imminente riunione è un fatto grave che offende l’Irlanda”. E sulla costituzione
il senatore a vita raccomanda di non avere fretta lamentando la poca prudenza avuta quando fu siglato il trattato di Maastricht. Romano Prodi non ha mai sposato l’ipotesi di un motore
forte, però, il presidente della Commissione ha spesso riconosciuto che
l’Europa non può marciare al ritmo del binario più lento. Restano le esperienze
dell’euro, di Schengen e i primi passi in tema di difesa, ma restano anche tutte le incognite del prossimo tavolo
a 25.
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Guerriglieri a
bordo di un’auto hanno attaccato oggi un posto di controllo della polizia vicino alla città irachena di
Falluja uccidendo tre poliziotti e
ferendone cinque. Ieri quattro irachene
che lavoravano in una base americana a ovest
di Baghdad e due soldati americani erano stati uccisi in due diversi episodi di
violenza a ovest e a nord di Baghdad. Intanto, il presidente di turno del Governo Provvisorio iracheno, Adnan
Pachachi, si dice convinto che il futuro elettorale dell'Iraq è nelle mani
delle Nazioni Unite o quasi. Avrà un
fortissimo peso, dunque, la missione che l'Onu si appresterebbe a compiere nel
paese arabo per capire se le elezioni politiche possono essere indette in meno
di tre mesi. Kofi Annan ha chiarito che nel caso in cui le elezioni non
risultassero possibili, si studieranno
le alternative e i suggerimenti da dare per fare progredire il processo
elettorale.
“Non
sono sul punto di dimettermi”. Lo ha dichiarato stamani il premier israeliano,
Ariel Sharon, dopo l’incriminazione per corruzione dell’imprenditore David
Appel, accusato di aver tentato di corrompere, nel 1998, l’attuale primo
ministro dello Stato ebraico. Diversi esponenti dell’opposizione, tra i quali
Shimon Peres, hanno chiesto alla Knesset un voto di sfiducia contro Sharon e,
secondo un sondaggio pubblicato oggi dal quotidiano Maariv, la maggioranza
degli intervistati ritiene che il premier dovrà dimettersi se sarà dimostrato
che ha violato le leggi.
“Ci siamo posti la priorità di avere elezioni libere e
competitive”. E’ l’obiettivo espresso dal presidente della repubblica islamica
dell’Iran, Mohammad Khatami, nel corso della conferenza stampa tenutasi a
Davos, nell’ambito del Forum economico. Sulla possibilità che il Paese rinunci
alle proprie ambizioni nucleari, Khatami ha sottolineato come “il governo di
Teheran si sia sempre opposto alla costruzione di armi di distruzione di massa”
ma ha rivendicato il diritto di utilizzare,
al pari degli altri Paesi, le tecnologie moderne.
Quello di Khatami è stato il più lungo degli interventi
delle varie personalità convenute al 34.mo Forum economico mondiale di Davos.
Ma sulle tematiche in discussione, dalla località elvetica ascoltiamo il
servizio di Mario Martelli:
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Iraq ed Afghanistan, sulla base del tema di sicurezza e
prosperità del Forum, rimarranno in primo piano, con l’intervento del
presidente del Pakistan, Musharraf, ed in particolare con quello del
vicepresidente americano Dick Cheney. Quest’ultimo, secondo informazioni che
giungono dagli Stati Uniti, si preoccupa principalmente di ottenere dagli
europei una maggiore collaborazione per migliorare la situazione in Iraq, con
la speranza di trasformarlo in uno Stato prospero e democratico. Cheney dovrà
parlare anche dell’evoluzione della situazione dell’economia americana e, a
conclusione della sua visita in Svizzera, si recherà poi a Roma. L’assenza
della maggior parte delle personalità dell’America Latina lascia spazio a Davos
al presidente ecuadoriano Gutierrez, il quale si porta appresso le preoccupazioni per le manifestazioni dei
suoi contestatori in patria.
Tornando all’Iraq, è infine da rilevare l’annuncio del
mancato arrivo dell’amministratore americano Paul Bremer, trattenuto a New York
da impegni più importanti.
Da Ginevra, Mario Martelli, per la Radio Vaticana.
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In Italia, l'ex Imam della Moschea di Gallarate, in
Lombardia, il marocchino Mohamed el Mahfoudi, è stato condannato a un anno e
quattro mesi mentre il giudice ha assolto il tunisino Chabaane Trabelsi. Erano stati accusati di associazione per delinquere finalizzata
al fiancheggiamento del gruppo Salafita
di Predicazione e Combattimento, ritenuto vicino ad Al Qaeda.
Il governo indiano avvia colloqui di pace con i gruppi
ribelli della contesa regione del Kashmir. Oggi a New Delhi è fissato
l’incontro tra il vicepremier e una delegazione di cinque leader separatisti
kashmiri. Da New Delhi ci riferisce Maria
Grazia Coggiola:
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E’ difficile che l’incontro tra Advani, un falco del
governo indiano e l’ala moderata degli indipendentisti kashmiri possa portare
dei risultati concreti, ma almeno servirà a rompere il ghiaccio. E’ la prima
volta da quando è iniziata l’insurrezione, 14 anni fa, che il governo indiano
incontra rappresentanti del cartello dei diversi gruppi separatisti
attivi nella regione himalayana del Kashmir. L’incontro va inquadrato nel nuovo
clima di disgelo tra India e Pakistan, avviato qualche settimana fa, al summit
dei Paesi del sud dell’Asia e Islamabad. Mentre il governo indiano è cauto, i
separatisti kashmiri guidati da Maulana Basansari, nuovo presidente del
cartello sono abbastanza entusiasti e
sperano di avere in futuro un ruolo nel processo di pace. Tra le loro richieste
immediate c’è il rilascio di prigionieri politici, il ritorno dei militanti
kashmiri in esilio e il ritiro dell’esercito indiano da alcune aree ad uso
civile. Di sicuro non usciranno dall’incontro completamente a mani vuote, anche
perché dai risultati del colloquio dipende il coinvolgimento degli altri gruppi
separatisti che per ora non hanno accettato l’offerta del governo indiano. Lo
stesso cartello è spaccato in due e il Pakistan, ad esempio, riconosce solo l’ala più dura.
Da New Delhi, per la Radio Vaticana, Maria Grazia
Coggiola.
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Il presidente
dello Zimbabwe Mugabe ha accettato di intavolare colloqui formali con
l'opposizione di Harare. Lo ha comunicato oggi il presidente sudafricano Thabo
Mbeki a una conferenza stampa congiunta con il cancelliere tedesco Gerhard
Schröder, in visita in Sudafrica.
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