RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVIII  n. 21  - Testo della Trasmissione di mercoledì 21 gennaio 2004

 

Sommario                                            

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Il mondo desidera la pace ma spesso la cerca con mezzi impropri come il ricorso alla forza: ben diversa è la Pace di Cristo  Queste le parole del Papa oggi all’Udienza generale in Vaticano

 

Giovanni Paolo II leva la sua preghiera anche per l’unità dei cristiani: l’impegno ecumenico – ha detto – si sta sempre più estendendo. Intervista con padre Matthias Türk 

 

       L’assemblea della Roaco a Roma: al centro dei lavori la situazione della chiesa in Iraq. Ai nostri microfoni il dott. Karl Amman.

 

GGI IN PRIMO PIANO:

Oggi le conclusioni del Forum sociale di Bombay: si lavora al manifesto degli ultimi. Il commento di Cecilia Brighi

 

 Si è svolto ieri nella sala della Sacrestia della Camera dei deputati, a Roma, il Convegno intitolato “L’impegno morale del cristiano in politica”: la riflessione di Giulio Alfano e Luca Borgomeo.

 

CHIESA E SOCIETA’:

Da oggi a domenica prossima i lavori a Davos, in Svizzera, del 34.mo Forum economico mondiale sul tema “Partenariato per la sicurezza e la prosperità”

 

Da oggi storica visita a Cuba del patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I, su invito del presidente Fidel Castro.

 

L’industria del sesso si espande sempre più sui nuovi media e gli Stati non riescono a contrastare l’inquietante fenomeno: rapporto dell’Europarlamento.  

 

Da oggi visita di tre giorni a Tripoli del direttore dell’Ufficio delle Nazioni Unite per la lotta alla droga e al crimine

 

Cinquanta ragazzi, provenienti da alcune regioni dell’Africa, intraprenderanno uno spettacolo itinerante per diffondere un messaggio di pace

 

24 ORE NEL MONDO

In Iran, ministri si dimettono e anche Khatami minaccia di seguirli per l’esclusione dei candidati riformisti alle elezioni

 

 Civili iracheni, soldati americani e un turco feriti nel nord dell’Iraq

 

 L’appello di Bush alla nazione a “completare l’opera” contro il terrorismo. 

 

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

21 gennaio 2004

 

 

LA PACE RASSERENANTE DONATA DA CRISTO PIU’ GRANDE DI QUELLA INQUIETA COSTRUITA DALL’UOMO, SPESSO CON I MEZZI IMPROPRI DELLA FORZA.

COSI’ IL PAPA ALL’UDIENZA GENERALE DEDICATA AI TEMI DEL DIALOGO ECUMENICO,

NELLA SETTIMANA DI PREGHIERA PER L’UNITA’ DEI CRISTIANI

- Servizio di Alessandro De Carolis -

 

 

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Al mondo che “anela la pace”, Cristo offre la sua pace, “che riconcilia gli animi, purifica i cuori, converte le menti”. Una pace ben diversa da quella proposta dall’uomo, “basata sulla forza delle armate, sul senso del potere”, che “genera angoscia e inquietudine”. E’ una contrapposizione netta di valori, quella messa in luce questa mattina da Giovanni Paolo II, durante l’udienza generale in Aula Paolo VI. Il Papa ha parlato davanti a 4 mila fedeli e li ha esortati a riflettere sui temi della riconciliazione - dei cuori quanto dei popoli - in questa speciale settimana dedicata alla preghiera per l’unità dei cristiani. Una unità che il Pontefice vede estendersi grazie ad un crescente impegno ecumenico in vari campi.

 

Prendendo spunto dalle parole di Gesù durante l’ultima cena - “Vi lascio la mia pace” - il Papa ha messo in grande risalto l’unicità del dono lasciato agli apostoli: non “una pace qualsiasi”, ma quella stessa che scaturisce dal cuore di Cristo:

 

“Il mondo anela alla pace, ha bisogno di pace - oggi come ieri - ma spesso la cerca con mezzi impropri, talora persino con il ricorso alla forza o con l’equilibrio di potenze contrapposte”.

 

Una fonte di speranza capace di vincere “la paura e l’incertezza” generate dal ricorso a quei “mezzi impropri”, Giovanni Paolo II la individua nel cammino ecumenico, inteso in senso molto più ampio del solo confronto teologico o dottrinale:

 

“Si avverte sempre più l’esigenza di una profonda spiritualità di pace e di pacificazione, non soltanto in quanti sono direttamente impegnati nel lavoro ecumenico, ma in tutti i cristiani”.

 

Il tema della Settimana di preghiera di quest’anno è stato proposto dal gruppo ecumenico di Aleppo, in Siria: una circostanza che ha riportato alla memoria del Papa i giorni del suo viaggio a Damasco, nel 2001. Gli incontri di allora con i due patriarchi ortodossi e con il patriarca greco-cattolico, ha affermato il Pontefice, rappresentano “tuttora un segno di speranza per il cammino ecumenico. In questo scenario di dialogo, è “incoraggiante”, ha proseguito Giovanni Paolo II, il constatare come “la ricerca dell’unità si stia sempre più estendendo grazie ad opportune iniziative”. Lo testimoniano, ha notato, “l’accrescersi della carità fraterna” e il “progresso” nei dialoghi teologici. In virtù di questi “segni positivi”, il Papa ha concluso invitando a “non scoraggiarsi dinanzi alle difficoltà vecchie e nuove che si incontrano”, ma ad affrontarle “con pazienza e comprensione, contando sempre sull’aiuto divino”:

 

“Dalla carità e dall’amore vicendevole sgorgano la pace e l’unità di tutti i cristiani, che possono offrire un contributo decisivo perché l’umanità superi le ragioni delle divisioni e dei conflitti”.

 

Dopo i rituali saluti nelle varie lingue, l’udienza è stata conclusa da una preghiera dei fedeli di sapore ecumenico, con intenzioni pronunciate in italiano, francese, inglese, spagnolo, tedesco e polacco.

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Oggi, festa di Sant’Agnese, Giovanni Paolo II ha proceduto durante l’udienza generale alla tradizionale benedizione di due agnelli, presentati al Pontefice in due ceste di vimini decorate con velluto giallo e fiori bianchi. La loro lana verrà utilizzata per la confezione dei Sacri Pallii, che saranno benedetti dal Papa stesso il prossimo 29 giugno e imposti ai nuovi arcivescovi metropoliti.

 

I Pallii sono delle bende di lana bianca larghe 4-6 centimetri, sulle quali spiccano sei croci di seta nera. Simboleggiano la pecorella smarrita, cercata, salvata e posta sulle spalle del Buon Pastore, e insieme l’Agnello crocifisso per la salvezza dell’umanità perduta. Insegna liturgica d’onore e simbolo di speciale legame con la Sede Apostolica, il pallio è stato dapprima un attributo esclusivo del Sommo Pontefice. Successivamente, venne accordato dal Papa anche a quei vescovi che avessero ricevuto dalla Sede Apostolica una speciale giurisdizione: Papa Simmaco lo concesse infatti nel 513 a Cesario, vescovo di Arles.

 

 

IV GIORNO DELLA SETTIMANA DI PREGHIERA PER L’UNITA’ DEI CRISTIANI:

IL PUNTO DEL DIALOGO TRA CATTOLICI E LUTERANI

- Intervista con padre Matthias Türk -

 

Oggi è il quarto giorno  della settimana di preghiera per l’unità dei cristiani: tema odierno è “Lo Spirito  Santo vi insegnerà tutto e vi farà ricordare tutto. La pace è frutto dello Spirito”. Oggi puntiamo lo sguardo sulle relazioni tra cattolici e luterani. Alle Chiese luterane, sorte nella prima metà del 1500, aderiscono circa 80 milioni di fedeli. I cattolici nel mondo sono un miliardo e 100 milioni.  Ma  a che punto sono i rapporti tra le due confessioni? Giovanni Peduto lo ha chiesto a padre Matthias Türk del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani.

 

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R. – L’ecumenismo vive attualmente una situazione di unità profonda, ma non ancora piena, anche con le Chiese luterane. All’ecumenismo dell’amore e della verità che mantiene naturalmente la sua importanza centrale, deve aggiungersi un ecumenismo della vita, e ciò significa che la comunione a cui si è pervenuti attraverso i dialoghi dev’essere tradotta nella vita concreta di ciascuno. Si tratta di arrivare ad una rinnovata spiritualità ecumenica. Dopo la firma solenne della Dichiarazione congiunta sulla Dottrina della Giustificazione, avvenuta ad Augsburg, in Germania, nel 1999, le relazioni tra cattolici e luterani hanno continuato a svilupparsi. E’ dunque vero che ormai non si può più parlare di inverno dell’ecumenismo, come si è fatto in passato, al contrario: il movimento ecumenico è diventato più maturo, più adulto e anche più sobrio.

 

D. – E per il futuro, cosa c’è in programma?

 

R. – Abbiamo il dialogo internazionale luterano-cattolico e il tema di questo dialogo è senz’altro l’apostolicità della Chiesa, il ministero ecclesiale e anche la questione della successione apostolica: questa è una cosa importante prima – per esempio – di poter entrare nel campo della vita dei sacramenti, dell’Eucaristia. La Commissione internazionale avrà luogo quest’anno a Baltimora, negli Stati Uniti, e cercheremo di portare a termine un testo finale sul tema dell’apostolicità del ministero ecclesiale, speriamo completo entro il 2005.

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NOMINE

 

In Brasile, Giovanni Paolo II ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Livramento de Nossa Senhora, presentata per raggiunti limiti di età dal vescovo Hélio Paschoal, dei Padri Stimmatini. Al suo posto, ha nominato il sacerdote Armando Bucciol, del clero italiano di Vittorio Veneto, sacerdote fidei donum in Brasile a servizio della diocesi di Caetité. Il nuovo presule, 58 anni, è di origini trevigiane ed ha svolto gli studi nel seminario della sua diocesi al tempo dell’allora vescovo Albino Luciani. Nella sua diocesi di origine è stato, dopo l’ordinazione sacerdotale del ’71, direttore della “Caritas” e impegnato nel recupero dei giovani tossicodipendenti. Nella diocesi brasiliana di Caetité, è stato tra l’altro rettore del Seminario minore, Parroco di Candiba e direttore della pastorale delle vocazioni.

 

 

L’ASSEMBLEA DELLA ROACO A ROMA:

AL CENTRO DEI LAVORI LA SITUAZIONE DELLA CHIESA IN IRAQ

- Intervista con il dott. Karl Amman -

 

Prosegue a Roma l’assemblea della “Roaco”, la Riunione delle Opere di Aiuto alle Chiese Orientali, un organismo formato da  agenzie assistenziali di diversi Paesi. Al centro dell’incontro di questi giorni la situazione della Chiesa in India e in Iraq. Sulla realtà della Chiesa in Iraq Giovanni Peduto ha sentito il dott. Karl Amman della Caritas tedesca.

 

 

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R. – La situazione della Chiesa è più o meno anche quella della popolazione irachena in generale perché la Chiesa ed i membri della Chiesa soffrono dell’insicurezza permanente in Iraq. La Chiesa è anche toccata dagli sviluppi politici. Attualmente, si parla di elezioni dirette a breve termine e molti non sono sicuri che questa possa essere veramente la soluzione migliore nella situazione attuale.

 

D. – Quali sono le difficoltà, i bisogni più urgenti?

 

R. – Oltre alla sicurezza, i bisogni più urgenti sono di natura economica. Una parte della gente – quelli che lavorano per il potere provvisorio della coalizione – hanno ricevuto un aumento di stipendio, ma la stragrande parte delle persone non ha avuto tale aumento, mentre i prezzi dei viveri e dei generi di prima necessità, come la benzina, il diesel o il gas sono aumentati, anzi, sono quasi raddoppiati. Questo, per la popolazione, è un problema serio.

 

D. – Come sono i rapporti con la maggioranza musulmana?

 

R. – I rapporti in generale sono abbastanza buoni, nonostante il fatto che ci siano stati tanti incidenti: omicidi, rapimenti soprattutto di cristiani. Nel periodo di Natale, alcuni cristiani sono stati aggrediti.

 

D. – Si teme l’aumento dell’integralismo islamico?

 

R. – In un certo senso, sì, perché non si riesce a comprendere in quale direzione si muove l’Iraq. C’è la possibilità che vada al potere un governo laico; oppure, dalle elezioni potrebbe scaturire una maggioranza di voti musulmani e questo potrebbe favorire una legislatura improntata alla ‘sharìa’ musulmana.

 

D. – Cosa chiede la Chiesa cattolica irachena alla comunità internazionale?

 

R. – Chiede che la comunità internazionale faccia quello che può per assicurare che lo sviluppo economico e politico dell’Iraq sia per il bene di tutti i gruppi etnici e religiosi dell’Iraq.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

"I cristiani: autentici operatori della pace di Cristo della quale il mondo ha bisogno": è il titolo che apre la prima pagina, in cui si sottolinea che la Settimana di Preghiera per l'Unità dei Cristiani è stata al centro della catechesi di Giovanni Paolo II all'udienza generale.

All'interno, riguardo a questa Settimana di preghiera, un articolo di John A. Radano dal titolo "Relazioni Cattoliche-Battiste".

Sempre in prima, un articolo sul discorso di Bush sullo stato dell'Unione; il Capo della Casa Bianca ha ribadito il concetto di "difesa attiva" nella lotta contro il terrorismo internazionale.

 

Nelle vaticane, una pagina dal titolo "L'Unione dell'Apostolato Cattolico eretta ad associazione pubblica internazionale di fedeli di diritto pontificio". 

Una pagina dedicata alle Lettere pastorali dei Vescovi italiani.

L'omelia del Card. Martino per la festa di sant'Agnese al Capranica. 

Nelle estere, riguardo all'Iraq si sottolinea che sono allo studio tempi e modalità per convocare le elezioni generali, mentre l'Unione Europea ribadisce l'importanza del ruolo delle Nazioni Unite nel processo di ricostruzione.

Un articolo di Pierluigi Natalia sulla "tragedia" dei bambini-soldato.

 

Nella pagina culturale, un articolo di Marco Impagliazzo sulla pubblicazione degli Atti del Convegno internazionale dedicato all'allargamento dell'Unione Europea (svoltosi - nel marzo del 2003 - a Palazzo Montecitorio). 

 

Nelle pagine italiane, in primo piano il tema delle riforme.

 

 

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 OGGI IN PRIMO PIANO

21 gennaio 2004

 

 

OGGI LA CONCLUSIONE DEL FORUM SOCIALE DI BOMBAY

- Intervista con Cecilia Brighi -

 

 

Si avvia alla chiusura il World Social Forum di Bombay dove i temi dominanti sono stati la contestazione politica al presidente statunitense Bush e la lotta alle discriminazioni e alle  ingiustizie sociali. I no global si sono infatti accorti che soprattutto in Asia esiste una miriade di movimenti sociali che lottano per le cause più disparate: dalla casta degli intoccabili indiani ai rifugiati del Buthan, dai pacifisti pakistani alle vittime di Bhopal. E ognuno con un’idea diversa su come costruire “quell’altro mondo possibile”, in alternativa a quello che si riunisce a Davos per il Forum economico mondiale. Stefano Leszczynski ha chiesto a Cecilia Brighi, capo delegazione della Cisl al Social Forum indiano, un bilancio dell’evento.

 

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R. – Buona parte delle organizzazioni non governative, sindacali, dei movimenti che sono arrivati qui a Bombay hanno scoperto un pezzo di mondo di cui non erano assolutamente a conoscenza, cioè il mondo degli emarginati, il mondo dei poveri, il mondo dei discriminati che il mondo asiatico, il mondo fatto di tanti Paesi senza democrazia, fatto di Paesi con popoli senza diritti, con cittadini esclusi per motivi di casta, per motivi religiosi, per motivi etnici... Questa credo che sia una grande scoperta per il popolo di Porto Alegre, che era un popolo molto politicizzato, in parte anche con un approccio molto ideologico...

 

D. – Anche per il mondo sindacale, quindi, è una presa di coscienza molto forte…

 

R. – Soprattutto per noi, l’impatto con questo mondo così complesso, così difficile, deve farci riflettere sul fatto che non dobbiamo limitarci ad organizzare il lavoro dipendente o anche il lavoro flessibilizzato che vediamo in Italia, ma che c’è un pezzo di mondo del lavoro che assolutamente non siamo fino ad oggi riusciti a raggiungere o che non abbiamo visto o capito. E credo che questa cosa abbia colpito un po’ tutti noi.

 

D. – Si chiude il World Social Forum di Bombay, si apre invece un altro Forum, quello economico mondiale a Davos, in Svizzera. Quali le riflessioni su questa coincidenza?

 

R. – Da Bombay esce con forza una richiesta pressante innanzitutto perché i governi e le istituzioni si impegnino per la pace, ora. Si è chiesto, sul tema dell’economia, che si ripensino profondamente le dinamiche economiche mettendo il lavoro dignitoso al primo posto; cioè, di rivedere profondamente questo mondo che ha come obiettivo principale il profitto e la competizione, per riportare invece ad una nuova dimensione che è quella della solidarietà e della cooperazione. Quindi, un’economia volta all’equità.

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CONVEGNO IERI A ROMA SULL’IMPEGNO DEI CRISTIANI IN POLITICA

- Intervista con Giulio Alfano e Luca Borgomeo -

 

 

Dal crollo del muro di Berlino è in atto una fase di transizione in cui si registrano cambiamenti tali, nella scienza e nella società, che possono rendere la politica “amorale”. In tale contesto l’impegno dei cristiani in politica è fondamentale. È quanto emerso dal convegno intitolato “L’impegno morale del cristiano in politica”, svoltosi ieri nella sala della Sacrestia della Camera dei deputati, a Roma e organizzato dall’”Associazione impegno cristiano e civile”. Il servizio di Dorotea Gambardella.

 

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La centralità e il rispetto della persona umana: questa la convinzione da cui deriva il valore della pace, il diritto alla vita e all’istruzione su cui deve fondarsi una politica conforme ai dettami del cristianesimo. Politica che, secondo i diversi relatori, può attuarsi solo quando maggioranza e opposizione, pur differenziandosi sui programmi di governo, giungeranno ad una comune identificazione nei principi costituzionali. Ma, dunque, una politica permeata dei valori cristiani è un’utopia? Ci risponde Giulio Alfano, docente di Etica politica alla Pontificia Università Lateranense.

 

R. – Potrebbe essere un’utopia, però è una di quelle utopie sollecitanti che rendono propositivo o che dovrebbero rendere propositiva la proposta politica del cattolico. Quindi, attraverso la proposta politica del cattolico c’è sempre un ancoraggio a quei valori, che fanno della morale la base della sua politica.

 

D. – In che misura è possibile attuare concretamente i principi morali del cattolicesimo?

 

R. – Soprattutto facendo riferimento alla propria coscienza. Io dico sempre che non è esistito un “partito cattolico”, ma “dei cattolici”, esattamente come oggi ci sono dei cattolici impegnati in politica a livello personale, e quindi a livello di quel raziocinio e di coscienza, che deve far decidere ognuno di noi individualmente e liberamente delle proprie scelte.

 

D. – Secondo lei oggi, qual è il principale nemico della dottrina sociale della Chiesa in politica?

 

R. – Il relativismo etico, che comporta una superiorità di quelle realtà che dovrebbero essere ancelle della politica, come l’economia, che invece vuole comandare, e come la scienza, che in assenza di una prevalenza organizzativa, di un orientamento morale per la politica, tendono ad indicare alla politica l’itinerario da scegliere.

 

Più volte nel corso dell’incontro è stato ribadito il principio della laicità dello Stato, principio che non implica una scissione con i valori cristiani, come ci spiega il prof. Luca Borgomeo, presidente dell’Associazione italiana delle emittenti radiotelevisive. 

 

R. – La sintesi avviene a livello personale, nel senso che chi fa politica è consapevole che la politica è laica e che quindi non può imporre ad altri scelte che derivano da un’opzione religiosa. Questo non toglie che chi è animato da un orientamento culturale e religioso sia indotto a mutuare le scelte politiche alla luce di questi principi e di questi valori.

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CHIESA E SOCIETA’

21 gennaio 2004

 

                                                                                        

DA OGGI A DOMENICA PROSSIMA I LAVORI A DAVOS, IN SVIZZERA,

 DEL 34.MO FORUM ECONOMICO MONDIALE SUL TEMA “SICUREZZA E PROSPERITA’”

- A cura di Mario Martelli -

 

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DAVOS. = Sotto la neve e alla presenza di più di 2000 responsabili di politica ed economia del mondo, ha cominciato i lavori a Davos il 34.mo Forum economico mondiale. I problemi dell’Iraq e del suo avvenire, occupano il primo posto tra i temi da affrontare, con la partecipazione del vice-presidente americano Dick Cheney, di numerosi ministri del governo provvisorio di Baghdad e dell’amministratore statunitense Paul Bremer. Tra le altre presenze di rilievo, che includono una trentina di capi di Stato, figurano quelle del pakistano Musharraf, dell’iraniano Kathami e del georgiano Saakashvili. Quest’anno hanno deciso di boicottare l’incontro nella località turistica dei Grigioni la maggior parte dei dirigenti latinoamericani, incluso il presidente brasiliano Luís Ignacio Lula, che lo scorso anno aveva invitato politici e finanziatori a contribuire alla sua lotta contro la povertà. Assenti anche i presidenti argentino, messicano, cileno e peruviano mentre è invece prevista la presenza dell’ecuadoriano Lucio Gutierrez. Debito e povertà hanno indotto molti latinoamericani ad occuparsi più dei gravi problemi interni che non a ricercare a Davos l’aiuto degli investitori stranieri, anche se il tema del Forum di quest’anno – “Sicurezza e prosperità” – auspica nella seconda parola il benessere per tutti. La presenza più numerosa nella stazione sciistica elvetica risulta invece con evidenza quella dedicata alla sicurezza degli ospiti: centinaia di poliziotti pattugliano le strade e sono stati mobilitati più di 3 mila soldati e 1.500 militari dell’aeronautica militare, mentre lo spazio aereo sopra le montagne grigionesi è stato vietato ai voli di aerei civili. E fino alla conclusione di dibattiti, conferenze ed incontri bilaterali a fine settimana, Davos è destinata a rimanere praticamente in stato d’assedio.

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DA OGGI STORICA VISITA A CUBA DEL PATRIARCA ECUMENICO DI COSTANTINOPOLI, BARTOLOMEO I, SU INVITO DEL PRESIDENTE FIDEL CASTRO.

GLI ORTODOSSI NELL’ISOLA CARAIBICA SONO CIRCA DUEMILA

- A  cura di Maurizio Salvi -

 

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L’AVANA. = La visita rappresenta un evento eccezionale per Cuba, perché il patriarca ecumenico Bartolomeo I di Costantinopoli è stato invitato personalmente da Fidel Castro e perché resterà nell’Isola fino all’inizio della prossima settimana. La ragione ufficiale del viaggio è legata alla consacrazione della chiesa di San Nicola, la cui costruzione sulla piazza di San Francisco, della città vecchia de L’Avana, è stata decisa personalmente dal capo dello Stato cubano. Nella fitta agenda del patriarca è previsto già il primo giorno un incontro con Castro, a cui consegnerà l’ordine del patriarcato di Sant’Andrea. Durante la sua permanenza, inoltre, il patriarca avrà un colloquio riservato con il primate cattolico cardinale Jaime Ortega. Infine, è previsto che Sua Santità Bartolomeo I lanci un messaggio di pace e riconciliazione e soprattutto di rispetto della dignità umana.

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L’INDUSTRIA DEL SESSO SI ESPANDE SEMPRE PIU’ SUI NUOVI MEDIA

E GLI STATI NON RIESCONO A CONTRASTARE L’INQUIETANTE FENOMENO.

PRESENTATO UN DOSSIER  ALL’EUROPARLAMENTO

- Servizio di Roberta Gisotti -

 

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BRUXELLES. = Gli europei spendono 450 milioni di dollari in un anno per viaggiare sul web e ben il 70 per cento di questo enorme flusso di denaro, ovvero 315 milioni, confluisce su siti pornografici. Il dato emerge da un rapporto presentato dall’eurodeputata Marianne Eriksson, e di cui si è discusso in un incontro a Bruxelles tra la relatrice ed alcuni esperti. 8 miliardi di dollari è il giro d’affari mondiale annuo dell'industria del sesso, capace di fornire un'offerta diversificata per una domanda in crescita. Si perché - ha spiegato la Eriksson - “siamo di fronte un'industria potente, una delle più ricche al mondo, quotata anche su numerose borse”; un’industria che “con un'offerta molto varia”, “venduta attraverso un marketing aggressivo, ha determinato un aumento della domanda”. Il rapporto mette in evidenza come Internet sia diventato uno spaccio di immagini violente, perverse, col ricorso a bambini, animali e cadaveri. Questa industria ben equipaggiata - ha aggiunto la Eriksson - può facilmente eludere le leggi esistenti in materia di comunicazione. Moltissimi i canali di diffusione: da Internet, ai media in generale che mercificano il corpo. Nel Regno Unito ad esempio ben il 33% degli utenti di Internet accede a programmi di pornografia: pedofilia, pratiche sado-maso, persino con animali, necrofilia. C’è poi il problema del traffico donne destinate per il 90 per cento allo sfruttamento sessuale: e depenalizzare questo reato in alcuni Paesi ha aumentato ancora di più la tratta: nei Paesi Bassi l'industria sessuale rappresentava il 5% dell'economia, nel 2000 dopo la depenalizzazione è salito al 25%. Il fenomeno si estende inoltre a macchia d'olio, perché la tratta è legata al problema delle migrazioni, quelle clandestine prima di tutto.

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DA OGGI VISITA DI TRE GIORNI A TRIPOLI DEL DIRETTORE DELL’UFFICIO

DELLE NAZIONI UNITE PER LA LOTTA ALLA DROGA E AL CRIMINE: SCOPO

 DELLA MISSIONE STRINGERE ALLEANZA CON IL GOVERNO LIBICO,

PER COMBATTERE LA DIFFUSIONE DEGLI STUPEFACENTI NEL MONDO

 

VIENNA. = La Libia ha promesso di partecipare alla lotta mondiale contro il traffico illegale di stupefacenti, la criminalità ed il terrorismo e per questo il direttore generale dell'organismo dell'Onu che si occupa di criminalità internazionale, Antonio Maria Costa, è da oggi per tre giorni  in visita ufficiale a Tripoli. “L'obiettivo è di trovare il modo di allargare la nostra cooperazione con la Libia - ha dichiarato Costa, direttore generale dell'Ufficio dell’Onu per la droga e il crimine (Unodc) - che potrebbe avere un ruolo molto importante negli sforzi internazionali contro varie forme di criminalità, sia in Nord Africa così come nel mondo arabo”. Tripoli, oltre ad avere firmato tutte le convenzioni dell'Onu contro gli stupefacenti, il 23 dicembre 2003 ha sottoscritto anche la nuova Convenzione Onu contro la corruzione. L'Unodc, che ha sede a Vienna è impegnato dal 2001 in Libia con progetti per 2,8  milioni di dollari tuttora in corso, completamente finanziati dalla Libia. Uno dei risultati è stato finora l'addestramento di 85 agenti nella lotta al traffico di stupefacenti. Un nuovo progetto in comune Unodc-Autorità postali libiche, del valore di 1,4 milioni di dollari, servirà per rafforzare i controlli nazionali postali in modo da combattere traffico illegale di stupefacenti e riciclaggio di denaro sporco. (R.G.)

 

CINQUANTA RAGAZZI, PROVENIENTI DA QUATTRO DIVERSI PAESI DELL’AFRICA,  INTRAPRENDERANNO DAL 23 GENNAIO UNO SPETTACOLO ITINERANTE IN OTTO CITTA’,

 NELLA REGIONE DEI GRANDI LAGHI.

LO SCOPO È DIFFONDERE UN MESSAGGIO DI PACE

 

BUTARE. = Cinquanta ragazzi provenienti da Burundi, Repubblica democratica del Congo, Uganda e Rwanda daranno vita dal 23 gennaio al 10 febbraio alla ‘Caravanamani’, parola swahili per ‘Carovana della pace’: l’iniziativa, organizzata dall’associazione culturale-umanitaria ‘Tolerance’ della capitale ruandese Kigali, vuole diffondere un messaggio di pace attraverso uno spettacolo itinerante che toccherà otto città nella regione dei Grandi Laghi. “Da molti anni le popolazioni dei Grandi Laghi sono costrette a patire numerose sofferenze” si legge in una nota di ‘Tolerance’ riferita dall’Agenzia Misna. “Un tempo felici, queste persone sono state esposte a genocidi, guerre, povertà e malattie. Le famiglie sono state decimate e separate. Alcuni giovani della regione, che hanno subito nei loro cuori e nei loro corpi tutte queste sofferenze si sono riuniti per portare un messaggio di pace, speranza, riconciliazione, rispetto della dignità umana e tolleranza”. Suonatori di tamburi provenienti da Ngozi, acrobati di Bukavu, una compagnia teatrale femminile di di Mbarara e l’orchestra ‘Tolerance’, formata da un gruppo di musicisti e ballerini provenienti da diversi Paesi, partiranno venerdì da Butare, nel sud del Rwanda, per un viaggio che li porterà a Ngozi e Bujumbura (Burundi), Bukavu e Goma (ex-Zaire), Kasese e Mbarara (Uganda) e infine a Kigali. (F.C.)

 

 

 

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24 ORE NEL MONDO

21 gennaio 2004

 

- A cura di Fausta Speranza -

 

In Iran, alcuni ministri e vice presidenti hanno presentato  le dimissioni a causa dell'esclusione dalle liste elettorali di  migliaia di candidati riformisti. Secondo il vice presidente Alì Abtahi, i ministri  confermano  le loro dimissioni e lo stesso  presidente Khatami è pronto a lasciare l’incarico se il Consiglio dei guardiani della Costituzione non annullerà il  provvedimento con cui ha escluso dalle liste elettorali numerosissimi candidati riformisti. Oltre 3.600 delle 8.157 candidature presentate per le elezioni legislative del 20 febbraio sono state respinte. Torna la preoccupazione, dunque, dopo i segnali di disgelo tra i deputati e l’organo ultraconservatore che fa capo all’ayatollah Khamenei. Quest’ultimo infatti, aveva chiesto una revisione urgente dell’elenco dei candidati esclusi. Ma quali ripercussione può avere la decisione di Khatami nell’attuale difficile clima politico? Giancarlo La Vella lo ha chiesto al giornalista iraniano Anmad Rafat:

 

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R. – Non è la prima volta che il presidente minaccia di dimettersi: non l’ha mai fatto; mentre più preoccupanti sono, per esempio, le dimissioni di quasi tutti – il 97% - i governatori delle regioni iraniane, perché ferma l’amministrazione e di fatto blocca le elezioni. A 29 giorni dalle elezioni, rinominare i governatori che dirigono l’apparato elettorale, è un po’ difficile.

 

D. – Comunque, il gesto di Kathami indica che la situazione tra riformisti e conservatori è ormai a un punto critico?

 

R. – E’ ad un punto critico anche perché i riformisti hanno davanti due scelte: sottomettersi ancora una volta alla volontà di una minoranza, che però controlla molti posti di potere, oppure cedere alle pressioni dei loro sostenitori, soprattutto giovani e studenti, che chiedono un cambio radicale cominciando dalla Costituzione.

 

D. – E secondo te, il Consiglio dei guardiani saprà ritornare sui suoi passi?

 

R. – Dipende. Potrebbe anche riammettere due terzi di questi, ma dipende questi due da chi rientra in questi due. Sono state eliminate le figure più note del riformismo. Se nel riammettere i deputati mancheranno queste figure-chiave, allora non ha senso questo passo indietro del Consiglio dei guardiani. Se riammetterà le figure-chiave del movimento riformista, allora si potrà rimandare lo scontro più in là!

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Sei iracheni, numerosi soldati americani e un camionista turco sono rimasti feriti all'esplosione di un ordigno su una strada di Mossul, nel nord dell'Iraq. Inoltre, la guerriglia ha attaccato con un razzo un complesso all'interno della cosiddetta 'zona verde' a Baghdad provocando qualche danno e un ferito leggero. Nelle manifestazioni, a Baghdad e nelle città sante di Najaf e Karbala, di sciiti iracheni seguaci del giovane e controverso imam radicale Moqtada  Sadr, oltre il no ai progetti federalistici dei curdi iracheni e ai piani statunitensi per le elezioni, è emersa ieri anche la richiesta che venga processato e messo a morte il deposto presidente Saddam Hussein, per i crimini commessi dal suo regime contro il popolo dell'Iraq.

 

Intanto, Kofi Annan, segretario generale delle Nazioni Unite, si appresta a inviare in Iraq una squadra di esperti in tema di elezioni, dopo l'incontro a tre di lunedì fra Onu, Usa e Consiglio del governo provvisorio iracheno. La squadra di esperti avrà il compito di accertare se vi sono le condizioni per indire elezioni prima del 30 giugno, come chiedono gli sciiti. Il calendario del passaggio dei poteri delle forze d'occupazione prevede, invece, una serie di assemblee locali per arrivare a designare un governo iracheno vero e proprio. Ma c’è anche l’altra urgenza della ricostruzione del Paese, di cui si è parlato al vertice dei Paesi occidentali che si è svolto ieri in Kuwait. Ma è possibile, in questa situazione, ipotizzare l’inizio della ricostruzione in tempi brevi? Nell’intervista di Giancarlo la Vella ascoltiamo a Bassora Arduino Paniccia, docente di materie internazionali all’Università di Trieste e, in questi giorni, in Iraq in qualità di consulente dell’Onu:

 

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R. – Sì, la decisione è stata presa e credo che sia una decisione dalla quale non si tornerà indietro. Naturalmente, questo non significa che siano stati eliminati tutti i rischi, ma determina la volontà della coalizione di iniziare il processo di ricostruzione del Paese.

 

D. – Intanto gli iracheni stanno protestando, perché vogliono elezioni subito. E’ possibile realizzare una consultazione elettorale?

 

R. – In questo momento, no. La situazione è molto differenziata all’interno del Paese. Certamente nel Sud c’è stato un accordo tra sciiti ed inglesi. In questo momento, la componente sciita è quindi più pronta ad andare verso elezioni dirette, in pieno atteggiamento molto collaborativo, per evitare scontri, perché l’obiettivo della componente sciita è arrivare alle elezioni possibilmente sotto controllo dell’Onu. Tuttavia non è detto che le elezioni siano a) possibili e b) rappresentino la vera e grande soluzione. Sarebbe quasi inconcepibile per alcuni il fatto che la componente sciita vinca le elezioni e quindi prenda il potere nei prossimi mesi. La soluzione è delicata e probabilmente anche per questo gli americani stanno cominciando a pensare di passare il controllo delle operazioni all’Onu.

 

D. – Avrebbe, comunque, un senso far svolgere delle elezioni con un governo ancora nelle mani della coalizione?

 

R. – La coalizione ha assicurato che la loro scadenza è il 30 giugno. Bisognerà vedere se poi questo effettivamente accadrà. Il Paese non è assolutamente ancora in grado di reggersi senza delle forze di appoggio.

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Nel tradizionale discorso, ieri sera, sullo stato dell’Unione, il presidente americano George W. Bush ha esortato l’America “a completare l’opera” nella guerra al terrorismo e nella ripresa economica. Le parole di Bush, più che un’analisi delle condizioni del Paese, sono sembrate un manifesto elettorale contro le critiche dei rivali democratici alla Casa Bianca. Ascoltiamo quanto riferisce da New York Paolo Mastrolilli:

 

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Il capo della Casa Bianca ha difeso l’intervento contro Saddam, dicendo che rappresentava un pericolo con i suoi programmi per il riarmo e che il mondo è più sicuro senza di lui al potere. Ha ammesso che costruire il nuovo Iraq è difficile, ma ha aggiunto che è giusto e che gli Stati Uniti non si sono mai tirati indietro rispetto a  queste imprese. Quindi, ha promesso che i terroristi verranno sconfitti ma ha invitato gli americani a non pensare che i pericoli siano finiti solo perchè dopo l’11 settembre non sono più avvenuti attentati sul suolo nazionale. Dopo l’inizio dedicato ai temi della sicurezza, che secondo i sondaggi sono la forza di Bush, il presidente è passato alla politica interna dove invece è meno forte. Ha detto che l’economia è in ripresa grazie alle riduzioni fiscali, che ha chiesto al Congresso di rendere permanenti, e che la disoccupazione ha cominciato a scendere. Ha promesso iniziative nell’istruzione e nella sanità, per allargare il numero delle persone assicurate. Quindi, ha ribadito che il matrimonio è l’unione tra un uomo e una donna, lasciando intendere di essere pronto ad appoggiare un emendamento costituzionale per negarlo agli omosessuali. Nella loro risposta, i democratici hanno accusato Bush di travisare la realtà perché in Iraq si muore ancora e le armi di distruzione di massa non sono state trovate e perché  l’americano medio soffre gli effetti della recessione e la perdita di quasi tre milioni di posti di lavoro. Tutti temi che torneranno in una campagna elettorale che si annuncia incandescente.

 

Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.

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Reparti militari israeliani si sono impegnati nella notte in un nuovo raid ai margini della  città palestinese di Rafah, a sud di Gaza, nell'intento di  scoprire tunnel utilizzati per il contrabbando dall'Egitto di  armi e munizioni destinate ai gruppi armati dell'intifada. Fonti palestinesi avevano riferito ieri che ruspe militari israeliane hanno raso al suolo una trentina di abitazioni di Rafah, lasciando 78 famiglie senza casa.  Nella mattinata, colpi di mortaio sparati da palestinesi hanno centrato alcune case nella colonia di Netzarim, presso Gaza, provocando alcuni danni ma nessuna vittima. In Cisgiordania, i militari israeliani hanno compiuto una decina di arresti di presunti attivisti dell’intifada.

 

L’uomo d’affari israeliano David  Appel, noto finanziatore del Likud, è stato incriminato per corruzione dell’attuale premier Sharon, avendo ingaggiato nel 1999 fa suo figlio Ghilad retribuendolo con stipendi altissimi. All’epoca dei fatti Sharon fungeva da ministro degli  esteri. In relazione alla vicenda, una mozione di sfiducia al governo è stata presentata in mattinata dal partito laburista. Secondo l’atto di accusa, la  vicenda ebbe inizio nel giugno 1998 quando Appel mise a punto un  ambizioso progetto turistico da svilupparsi nella isola greca di  Patroclos, a 40 chilometri da Atene. Per realizzare il progetto si rivolse a due dirigenti  del Likud: Ehud Olmert, allora sindaco di Gerusalemme, e Ariel  Sharon, allora ministro degli esteri e oggi premier. Promise finanziamenti al loro partito se avessero facilitato la trattativa con la controparte greca. 

 

Un incontro tra il ministro degli esteri dell’Autorità nazionale palestinese, Shaat, e il suo collega russo, Ivanov, lancia un segnale dell’intenzione da parte della Russia di “adoperarsi per riattivare il processo della road-map”, nella consapevolezza che “la situazione in Medio Oriente ha raggiunto una fase di stallo”. Lo ha sottolineato Ivanov spiegando che Mosca sta portando avanti “un dialogo attivo” con gli altri membri del ‘quartetto’ internazionale, cioè Usa, Ue e Onu, e ha in programma  incontri con rappresentanti di Francia, Italia, Germania, col segretario di Stato Usa e il segretario  generale dell’Onu. Shaat, da parte sua, ha affermato di avere trovato “sostegno e attenzione da parte della dirigenza russa e del popolo alla  causa dei palestinesi”.

 

Della ripresa di un colloquio di pace ha parlato oggi anche il ministro degli esteri irlandese, Cowen, intervenuto davanti alla commissione dell’Europar-lamento per illustrare il programma  della presidenza dell’Ue in materia di politica estera. “Per aiutare a rilanciare il moribondo processo di pace l’Unione europea ha un ruolo unico da giocare in una fase in cui gli Stati Uniti sono ormai entrati nell’anno delle elezioni”. E’ l'opinione di Cowen, che è stato in Medio Oriente la scorsa settimana e che ha spiegato che se non è possibile mettere in atto la prima fase del piano di pace predisposto da Onu, Stati Uniti, Ue e Russia, allora si devono esaminare “i piccoli passi da fare per ridare spinta al progetto”. Cowen ha parlato di “misure di fiducia che sarebbero reciproche”, annunciando che si muoverà “in forma discreta ma determinata”.

 

La Commissione europea ha ribadito che di fronte al caso Parmalat  non intende muoversi in maniera affrettata, aggiungendo che solo dopo aver chiarito che cosa non ha funzionato si possono trarre le “conclusioni politiche”. Ieri all’incontro dei ministri dell’economia e delle finanze a Bruxelles si è discusso dell’attuale legislazione comunitaria in materia di tutela del risparmio. Da parte sua il ministro italiano, Tremonti ha annunciato che l’Italia presenterà al G7 una proposta per aumentare la trasparenza delle società che hanno insediamenti all'estero, appunto nei cosiddetti paradisi fiscali. Per quanto riguarda i risvolti dello scandalo Parmalat, è cominciata la discussione al Tribunale del Riesame di Bologna  dei ricorsi contro l’ordinanza di custodia cautelare presentati dall’ex patron della Parmalat, Calisto Tanzi, dall’ex direttore finanziario, Del Soldato, e dai due revisori della Grant Thornton. Tutti sono accusati di associazione a delinquere,  bancarotta fraudolenta, false comunicazioni sociali e diversi reati societari. Intanto, il segretario generale dell’associazione del consumatori, Adusbef, afferma che  il presidente di Capitalia, Cesare Geronzi, non poteva non sapere della situazione finanziaria della Parmalat. Lo ha fatto a margine della manifestazione di fronte  alla Banca d'Italia.

 

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