RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n. 21 - Testo della Trasmissione di mercoledì
21 gennaio 2004
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
GGI
IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
In Iran, ministri si dimettono e anche Khatami
minaccia di seguirli per l’esclusione dei candidati riformisti alle elezioni
Civili
iracheni, soldati americani e un turco feriti nel nord dell’Iraq
L’appello
di Bush alla nazione a “completare l’opera” contro il terrorismo.
21
gennaio 2004
LA PACE RASSERENANTE DONATA DA CRISTO PIU’ GRANDE
DI QUELLA INQUIETA COSTRUITA DALL’UOMO, SPESSO CON I MEZZI IMPROPRI DELLA
FORZA.
COSI’ IL PAPA ALL’UDIENZA GENERALE DEDICATA AI TEMI DEL DIALOGO
ECUMENICO,
NELLA SETTIMANA DI PREGHIERA PER L’UNITA’ DEI CRISTIANI
- Servizio di Alessandro De Carolis -
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Al mondo che “anela la pace”, Cristo offre la sua pace,
“che riconcilia gli animi, purifica i cuori, converte le menti”. Una pace ben
diversa da quella proposta dall’uomo, “basata sulla forza delle armate, sul
senso del potere”, che “genera angoscia e inquietudine”. E’ una
contrapposizione netta di valori, quella messa in luce questa mattina da
Giovanni Paolo II, durante l’udienza generale in Aula Paolo VI. Il Papa ha
parlato davanti a 4 mila fedeli e li ha esortati a riflettere sui temi della
riconciliazione - dei cuori quanto dei popoli - in questa speciale settimana
dedicata alla preghiera per l’unità dei cristiani. Una unità che il Pontefice
vede estendersi grazie ad un crescente impegno ecumenico in vari campi.
Prendendo spunto dalle parole di Gesù durante l’ultima
cena - “Vi lascio la mia pace” - il Papa ha messo in grande risalto l’unicità
del dono lasciato agli apostoli: non “una pace qualsiasi”, ma quella stessa che
scaturisce dal cuore di Cristo:
“Il mondo anela alla pace, ha bisogno di pace -
oggi come ieri - ma spesso la cerca con mezzi impropri, talora persino con il
ricorso alla forza o con l’equilibrio di potenze contrapposte”.
Una fonte di speranza capace di vincere “la paura e
l’incertezza” generate dal ricorso a quei “mezzi impropri”, Giovanni Paolo II
la individua nel cammino ecumenico, inteso in senso molto più ampio del solo
confronto teologico o dottrinale:
“Si avverte sempre più
l’esigenza di una profonda spiritualità di pace e di pacificazione, non
soltanto in quanti sono direttamente impegnati nel lavoro ecumenico, ma in
tutti i cristiani”.
Il tema della Settimana di preghiera di quest’anno è stato proposto dal
gruppo ecumenico di Aleppo, in Siria: una circostanza che ha riportato alla memoria
del Papa i giorni del suo viaggio a Damasco, nel 2001. Gli incontri di allora
con i due patriarchi ortodossi e con il patriarca greco-cattolico, ha affermato
il Pontefice, rappresentano “tuttora un segno di speranza per il cammino ecumenico.
In questo scenario di dialogo, è “incoraggiante”, ha proseguito Giovanni Paolo
II, il constatare come “la ricerca dell’unità si stia sempre più estendendo
grazie ad opportune iniziative”. Lo testimoniano, ha notato, “l’accrescersi
della carità fraterna” e il “progresso” nei dialoghi teologici. In virtù di
questi “segni positivi”, il Papa ha concluso invitando a “non scoraggiarsi
dinanzi alle difficoltà vecchie e nuove che si incontrano”, ma ad affrontarle
“con pazienza e comprensione, contando sempre sull’aiuto divino”:
“Dalla carità e dall’amore vicendevole sgorgano la pace e l’unità di
tutti i cristiani, che possono offrire un contributo decisivo perché l’umanità
superi le ragioni delle divisioni e dei conflitti”.
Dopo i rituali saluti nelle
varie lingue, l’udienza è stata conclusa da una preghiera dei fedeli di sapore
ecumenico, con intenzioni pronunciate in italiano, francese, inglese, spagnolo,
tedesco e polacco.
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Oggi, festa di Sant’Agnese, Giovanni Paolo II ha proceduto
durante l’udienza generale alla tradizionale benedizione di due agnelli,
presentati al Pontefice in due ceste di vimini decorate con velluto giallo e
fiori bianchi. La loro lana verrà utilizzata per la confezione dei Sacri
Pallii, che saranno benedetti dal Papa stesso il prossimo 29 giugno e imposti
ai nuovi arcivescovi metropoliti.
I Pallii sono delle bende di lana bianca larghe 4-6
centimetri, sulle quali spiccano sei croci di seta nera. Simboleggiano la
pecorella smarrita, cercata, salvata e posta sulle spalle del Buon Pastore, e
insieme l’Agnello crocifisso per la salvezza dell’umanità perduta. Insegna
liturgica d’onore e simbolo di speciale legame con la Sede Apostolica, il
pallio è stato dapprima un attributo esclusivo del Sommo Pontefice. Successivamente,
venne accordato dal Papa anche a quei vescovi che avessero ricevuto dalla Sede
Apostolica una speciale giurisdizione: Papa Simmaco lo concesse infatti nel 513
a Cesario, vescovo di Arles.
IV
GIORNO DELLA SETTIMANA DI PREGHIERA PER L’UNITA’ DEI CRISTIANI:
IL
PUNTO DEL DIALOGO TRA CATTOLICI E LUTERANI
-
Intervista con padre Matthias Türk -
Oggi è
il quarto giorno della settimana di
preghiera per l’unità dei cristiani: tema odierno è “Lo Spirito Santo vi insegnerà tutto e vi farà ricordare
tutto. La pace è frutto dello Spirito”. Oggi puntiamo lo sguardo sulle
relazioni tra cattolici e luterani. Alle Chiese luterane, sorte nella prima
metà del 1500, aderiscono circa 80 milioni di fedeli. I cattolici nel mondo
sono un miliardo e 100 milioni. Ma a che punto sono i rapporti tra le due confessioni?
Giovanni Peduto lo ha chiesto a padre Matthias Türk del Pontificio Consiglio
per la promozione dell’unità dei cristiani.
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R. – L’ecumenismo vive attualmente una situazione di unità
profonda, ma non ancora piena, anche con le Chiese luterane. All’ecumenismo
dell’amore e della verità che mantiene naturalmente la sua importanza centrale,
deve aggiungersi un ecumenismo della vita, e ciò significa che la comunione a
cui si è pervenuti attraverso i dialoghi dev’essere tradotta nella vita
concreta di ciascuno. Si tratta di arrivare ad una rinnovata spiritualità
ecumenica. Dopo la firma solenne della Dichiarazione congiunta sulla Dottrina
della Giustificazione, avvenuta ad Augsburg, in Germania, nel 1999, le
relazioni tra cattolici e luterani hanno continuato a svilupparsi. E’ dunque
vero che ormai non si può più parlare di inverno dell’ecumenismo, come si è
fatto in passato, al contrario: il movimento ecumenico è diventato più maturo,
più adulto e anche più sobrio.
D. – E per il futuro, cosa c’è in programma?
R. – Abbiamo il dialogo internazionale luterano-cattolico
e il tema di questo dialogo è senz’altro l’apostolicità della Chiesa, il
ministero ecclesiale e anche la questione della successione apostolica: questa
è una cosa importante prima – per esempio – di poter entrare nel campo della
vita dei sacramenti, dell’Eucaristia. La Commissione internazionale avrà luogo
quest’anno a Baltimora, negli Stati Uniti, e cercheremo di portare a termine un
testo finale sul tema dell’apostolicità del ministero ecclesiale, speriamo
completo entro il 2005.
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NOMINE
In Brasile, Giovanni Paolo II ha accettato la rinuncia al
governo pastorale della diocesi di Livramento de Nossa Senhora, presentata per
raggiunti limiti di età dal vescovo Hélio Paschoal, dei Padri Stimmatini. Al
suo posto, ha nominato il sacerdote Armando Bucciol, del clero italiano di
Vittorio Veneto, sacerdote fidei donum
in Brasile a servizio della diocesi di Caetité. Il nuovo presule, 58 anni, è di
origini trevigiane ed ha svolto gli studi nel seminario della sua diocesi al
tempo dell’allora vescovo Albino Luciani. Nella sua diocesi di origine è stato,
dopo l’ordinazione sacerdotale del ’71, direttore della “Caritas” e impegnato
nel recupero dei giovani tossicodipendenti. Nella diocesi brasiliana di
Caetité, è stato tra l’altro rettore del Seminario minore, Parroco di Candiba e
direttore della pastorale delle vocazioni.
L’ASSEMBLEA
DELLA ROACO A ROMA:
AL
CENTRO DEI LAVORI LA SITUAZIONE DELLA CHIESA IN IRAQ
-
Intervista con il dott. Karl Amman -
Prosegue
a Roma l’assemblea della “Roaco”, la Riunione delle Opere di Aiuto alle Chiese
Orientali, un organismo formato da
agenzie assistenziali di diversi Paesi. Al centro dell’incontro di
questi giorni la situazione della Chiesa in India e in Iraq. Sulla realtà della
Chiesa in Iraq Giovanni Peduto ha sentito il dott. Karl Amman della Caritas
tedesca.
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R. – La situazione della Chiesa è più o meno anche quella
della popolazione irachena in generale perché la Chiesa ed i membri della
Chiesa soffrono dell’insicurezza permanente in Iraq. La Chiesa è anche toccata
dagli sviluppi politici. Attualmente, si parla di elezioni dirette a breve
termine e molti non sono sicuri che questa possa essere veramente la soluzione
migliore nella situazione attuale.
D. – Quali sono le difficoltà, i bisogni più urgenti?
R. – Oltre alla sicurezza, i bisogni più urgenti sono di
natura economica. Una parte della gente – quelli che lavorano per il potere
provvisorio della coalizione – hanno ricevuto un aumento di stipendio, ma la
stragrande parte delle persone non ha avuto tale aumento, mentre i prezzi dei
viveri e dei generi di prima necessità, come la benzina, il diesel o il gas
sono aumentati, anzi, sono quasi raddoppiati. Questo, per la popolazione, è un
problema serio.
D. – Come sono i rapporti con la maggioranza musulmana?
R. – I rapporti in generale sono abbastanza buoni,
nonostante il fatto che ci siano stati tanti incidenti: omicidi, rapimenti
soprattutto di cristiani. Nel periodo di Natale, alcuni cristiani sono stati
aggrediti.
D. – Si teme l’aumento dell’integralismo islamico?
R. – In un certo senso, sì, perché non si riesce a
comprendere in quale direzione si muove l’Iraq. C’è la possibilità che vada al
potere un governo laico; oppure, dalle elezioni potrebbe scaturire una
maggioranza di voti musulmani e questo potrebbe favorire una legislatura
improntata alla ‘sharìa’ musulmana.
D. – Cosa chiede la Chiesa cattolica irachena alla
comunità internazionale?
R. – Chiede che la comunità internazionale faccia quello
che può per assicurare che lo sviluppo economico e politico dell’Iraq sia per
il bene di tutti i gruppi etnici e religiosi dell’Iraq.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
"I cristiani: autentici
operatori della pace di Cristo della quale il mondo ha bisogno": è il
titolo che apre la prima pagina, in cui si sottolinea che la Settimana di
Preghiera per l'Unità dei Cristiani è stata al centro della catechesi di
Giovanni Paolo II all'udienza generale.
All'interno, riguardo a questa
Settimana di preghiera, un articolo di John A. Radano dal titolo
"Relazioni Cattoliche-Battiste".
Sempre in prima, un articolo
sul discorso di Bush sullo stato dell'Unione; il Capo della Casa Bianca ha
ribadito il concetto di "difesa attiva" nella lotta contro il terrorismo
internazionale.
Nelle vaticane, una pagina
dal titolo "L'Unione dell'Apostolato Cattolico eretta ad associazione
pubblica internazionale di fedeli di diritto pontificio".
Una pagina dedicata alle
Lettere pastorali dei Vescovi italiani.
L'omelia del Card. Martino per
la festa di sant'Agnese al Capranica.
Nelle estere, riguardo all'Iraq
si sottolinea che sono allo studio tempi e modalità per convocare le elezioni
generali, mentre l'Unione Europea ribadisce l'importanza del ruolo delle
Nazioni Unite nel processo di ricostruzione.
Un articolo di Pierluigi
Natalia sulla "tragedia" dei bambini-soldato.
Nella pagina culturale, un
articolo di Marco Impagliazzo sulla pubblicazione degli Atti del Convegno
internazionale dedicato all'allargamento dell'Unione Europea (svoltosi -
nel marzo del 2003 - a Palazzo Montecitorio).
Nelle pagine italiane, in primo
piano il tema delle riforme.
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21
gennaio 2004
OGGI
LA CONCLUSIONE DEL FORUM SOCIALE DI BOMBAY
-
Intervista con Cecilia Brighi -
Si
avvia alla chiusura il World Social Forum di Bombay dove i temi dominanti sono
stati la contestazione politica al presidente statunitense Bush e la lotta alle
discriminazioni e alle ingiustizie
sociali. I no global si sono infatti accorti che soprattutto in Asia esiste una
miriade di movimenti sociali che lottano per le cause più disparate: dalla
casta degli intoccabili indiani ai rifugiati del Buthan, dai pacifisti
pakistani alle vittime di Bhopal. E ognuno con un’idea diversa su come
costruire “quell’altro mondo possibile”, in alternativa a quello che si
riunisce a Davos per il Forum economico mondiale. Stefano Leszczynski ha
chiesto a Cecilia Brighi, capo delegazione della Cisl al Social Forum indiano,
un bilancio dell’evento.
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R. – Buona parte delle organizzazioni non governative,
sindacali, dei movimenti che sono arrivati qui a Bombay hanno scoperto un pezzo
di mondo di cui non erano assolutamente a conoscenza, cioè il mondo degli
emarginati, il mondo dei poveri, il mondo dei discriminati che il mondo
asiatico, il mondo fatto di tanti Paesi senza democrazia, fatto di Paesi con
popoli senza diritti, con cittadini esclusi per motivi di casta, per motivi
religiosi, per motivi etnici... Questa credo che sia una grande scoperta per il
popolo di Porto Alegre, che era un popolo molto politicizzato, in parte anche
con un approccio molto ideologico...
D. – Anche per il mondo sindacale, quindi, è una presa di
coscienza molto forte…
R. – Soprattutto per noi, l’impatto con questo mondo così
complesso, così difficile, deve farci riflettere sul fatto che non dobbiamo
limitarci ad organizzare il lavoro dipendente o anche il lavoro flessibilizzato
che vediamo in Italia, ma che c’è un pezzo di mondo del lavoro che
assolutamente non siamo fino ad oggi riusciti a raggiungere o che non abbiamo
visto o capito. E credo che questa cosa abbia colpito un po’ tutti noi.
D. – Si chiude il World Social Forum di Bombay, si apre
invece un altro Forum, quello economico mondiale a Davos, in Svizzera. Quali le
riflessioni su questa coincidenza?
R. – Da Bombay esce con forza una richiesta pressante
innanzitutto perché i governi e le istituzioni si impegnino per la pace, ora.
Si è chiesto, sul tema dell’economia, che si ripensino profondamente le
dinamiche economiche mettendo il lavoro dignitoso al primo posto; cioè, di
rivedere profondamente questo mondo che ha come obiettivo principale il
profitto e la competizione, per riportare invece ad una nuova dimensione che è
quella della solidarietà e della cooperazione. Quindi, un’economia volta
all’equità.
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CONVEGNO IERI A ROMA
SULL’IMPEGNO DEI CRISTIANI IN POLITICA
- Intervista con Giulio Alfano e Luca Borgomeo -
Dal
crollo del muro di Berlino è in atto una fase di transizione in cui si registrano
cambiamenti tali, nella scienza e nella società, che possono rendere la politica
“amorale”. In tale contesto l’impegno dei cristiani in politica è fondamentale.
È quanto emerso dal convegno intitolato “L’impegno morale del cristiano in
politica”, svoltosi ieri nella sala della Sacrestia della Camera dei deputati,
a Roma e organizzato dall’”Associazione impegno cristiano e civile”. Il
servizio di Dorotea Gambardella.
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La centralità e il rispetto della persona umana: questa la
convinzione da cui deriva il valore della pace, il diritto alla vita e
all’istruzione su cui deve fondarsi una politica conforme ai dettami del
cristianesimo. Politica che, secondo i diversi relatori, può attuarsi solo
quando maggioranza e opposizione, pur differenziandosi sui programmi di
governo, giungeranno ad una comune identificazione nei principi costituzionali.
Ma, dunque, una politica permeata dei valori cristiani è un’utopia? Ci risponde
Giulio Alfano, docente di Etica politica alla Pontificia Università
Lateranense.
R. – Potrebbe essere un’utopia, però è una di quelle
utopie sollecitanti che rendono propositivo o che dovrebbero rendere
propositiva la proposta politica del cattolico. Quindi, attraverso la proposta
politica del cattolico c’è sempre un ancoraggio a quei valori, che fanno della
morale la base della sua politica.
D. – In che misura è possibile attuare concretamente i
principi morali del cattolicesimo?
R. – Soprattutto facendo riferimento alla propria
coscienza. Io dico sempre che non è esistito un “partito cattolico”, ma “dei
cattolici”, esattamente come oggi ci sono dei cattolici impegnati in politica a
livello personale, e quindi a livello di quel raziocinio e di coscienza, che
deve far decidere ognuno di noi individualmente e liberamente delle proprie
scelte.
D. – Secondo lei oggi, qual è il principale nemico della
dottrina sociale della Chiesa in politica?
R. – Il relativismo etico, che comporta una superiorità di
quelle realtà che dovrebbero essere ancelle della politica, come l’economia,
che invece vuole comandare, e come la scienza, che in assenza di una prevalenza
organizzativa, di un orientamento morale per la politica, tendono ad indicare
alla politica l’itinerario da scegliere.
Più volte nel
corso dell’incontro è stato ribadito il principio della laicità dello Stato,
principio che non implica una scissione con i valori cristiani, come ci spiega
il prof. Luca Borgomeo, presidente dell’Associazione italiana delle emittenti
radiotelevisive.
R. – La sintesi avviene a livello personale, nel senso che
chi fa politica è consapevole che la politica è laica e che quindi non può
imporre ad altri scelte che derivano da un’opzione religiosa. Questo non toglie
che chi è animato da un orientamento culturale e religioso sia indotto a
mutuare le scelte politiche alla luce di questi principi e di questi valori.
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21
gennaio 2004
DA
OGGI A DOMENICA PROSSIMA I LAVORI A DAVOS, IN SVIZZERA,
DEL 34.MO FORUM ECONOMICO MONDIALE SUL TEMA
“SICUREZZA E PROSPERITA’”
- A
cura di Mario Martelli -
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DAVOS. = Sotto la neve e alla presenza di più di 2000
responsabili di politica ed economia del mondo, ha cominciato i lavori a Davos
il 34.mo Forum economico mondiale. I problemi dell’Iraq e del suo avvenire,
occupano il primo posto tra i temi da affrontare, con la partecipazione del
vice-presidente americano Dick Cheney, di numerosi ministri del governo
provvisorio di Baghdad e dell’amministratore statunitense Paul Bremer. Tra le
altre presenze di rilievo, che includono una trentina di capi di Stato,
figurano quelle del pakistano Musharraf, dell’iraniano Kathami e del georgiano
Saakashvili. Quest’anno hanno deciso di boicottare l’incontro nella località
turistica dei Grigioni la maggior parte dei dirigenti latinoamericani, incluso
il presidente brasiliano Luís Ignacio Lula, che lo scorso anno aveva invitato
politici e finanziatori a contribuire alla sua lotta contro la povertà. Assenti
anche i presidenti argentino, messicano, cileno e peruviano mentre è invece
prevista la presenza dell’ecuadoriano Lucio Gutierrez. Debito e povertà hanno
indotto molti latinoamericani ad occuparsi più dei gravi problemi interni che
non a ricercare a Davos l’aiuto degli investitori stranieri, anche se il tema del
Forum di quest’anno – “Sicurezza e prosperità” – auspica nella seconda parola
il benessere per tutti. La presenza più numerosa nella stazione sciistica
elvetica risulta invece con evidenza quella dedicata alla sicurezza degli
ospiti: centinaia di poliziotti pattugliano le strade e sono stati mobilitati
più di 3 mila soldati e 1.500 militari dell’aeronautica militare, mentre lo
spazio aereo sopra le montagne grigionesi è stato vietato ai voli di aerei
civili. E fino alla conclusione di dibattiti, conferenze ed incontri bilaterali
a fine settimana, Davos è destinata a rimanere praticamente in stato d’assedio.
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DA OGGI STORICA VISITA A CUBA DEL
PATRIARCA ECUMENICO DI COSTANTINOPOLI, BARTOLOMEO I, SU INVITO DEL PRESIDENTE
FIDEL CASTRO.
GLI
ORTODOSSI NELL’ISOLA CARAIBICA SONO CIRCA DUEMILA
-
A cura di Maurizio Salvi -
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L’AVANA. = La visita rappresenta un evento eccezionale per
Cuba, perché il patriarca ecumenico Bartolomeo I di Costantinopoli è stato
invitato personalmente da Fidel Castro e perché resterà nell’Isola fino
all’inizio della prossima settimana. La ragione ufficiale del viaggio è legata
alla consacrazione della chiesa di San Nicola, la cui costruzione sulla piazza
di San Francisco, della città vecchia de L’Avana, è stata decisa personalmente
dal capo dello Stato cubano. Nella fitta agenda del patriarca è previsto già il
primo giorno un incontro con Castro, a cui consegnerà l’ordine del patriarcato
di Sant’Andrea. Durante la sua permanenza, inoltre, il patriarca avrà un colloquio
riservato con il primate cattolico cardinale Jaime Ortega. Infine, è previsto
che Sua Santità Bartolomeo I lanci un messaggio di pace e riconciliazione e
soprattutto di rispetto della dignità umana.
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L’INDUSTRIA DEL SESSO SI ESPANDE SEMPRE PIU’ SUI
NUOVI MEDIA
E GLI
STATI NON RIESCONO A CONTRASTARE L’INQUIETANTE FENOMENO.
PRESENTATO
UN DOSSIER ALL’EUROPARLAMENTO
-
Servizio di Roberta Gisotti -
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BRUXELLES.
= Gli europei spendono 450 milioni di dollari in un anno per viaggiare sul web
e ben il 70 per cento di questo enorme flusso di denaro, ovvero 315 milioni,
confluisce su siti pornografici. Il dato emerge da un rapporto presentato
dall’eurodeputata Marianne Eriksson, e di cui si è discusso in un incontro a
Bruxelles tra la relatrice ed alcuni esperti. 8 miliardi di dollari è il giro
d’affari mondiale annuo dell'industria del sesso, capace di fornire un'offerta
diversificata per una domanda in crescita. Si perché - ha spiegato la Eriksson
- “siamo di fronte un'industria potente, una delle più ricche al mondo, quotata
anche su numerose borse”; un’industria che “con un'offerta molto varia”,
“venduta attraverso un marketing aggressivo, ha determinato un aumento della
domanda”. Il rapporto mette in evidenza come Internet sia diventato uno spaccio
di immagini violente, perverse, col ricorso a bambini, animali e cadaveri.
Questa industria ben equipaggiata - ha aggiunto la Eriksson - può facilmente
eludere le leggi esistenti in materia di comunicazione. Moltissimi i canali di
diffusione: da Internet, ai media in generale che mercificano il corpo. Nel
Regno Unito ad esempio ben il 33% degli utenti di Internet accede a programmi
di pornografia: pedofilia, pratiche sado-maso, persino con animali, necrofilia.
C’è poi il problema del traffico donne destinate per il 90 per cento allo
sfruttamento sessuale: e depenalizzare questo reato in alcuni Paesi ha
aumentato ancora di più la tratta: nei Paesi Bassi l'industria sessuale
rappresentava il 5% dell'economia, nel 2000 dopo la depenalizzazione è salito
al 25%. Il fenomeno si estende inoltre a macchia d'olio, perché la tratta è
legata al problema delle migrazioni, quelle clandestine prima di tutto.
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DA
OGGI VISITA DI TRE GIORNI A TRIPOLI DEL DIRETTORE DELL’UFFICIO
DELLE
NAZIONI UNITE PER LA LOTTA ALLA DROGA E AL CRIMINE: SCOPO
DELLA MISSIONE STRINGERE ALLEANZA CON IL
GOVERNO LIBICO,
PER
COMBATTERE LA DIFFUSIONE DEGLI STUPEFACENTI NEL MONDO
VIENNA.
= La Libia ha promesso di partecipare alla lotta mondiale contro il traffico
illegale di stupefacenti, la criminalità ed il terrorismo e per questo il
direttore generale dell'organismo dell'Onu che si occupa di criminalità
internazionale, Antonio Maria Costa, è da oggi per tre giorni in visita ufficiale a Tripoli. “L'obiettivo
è di trovare il modo di allargare la nostra cooperazione con la Libia - ha
dichiarato Costa, direttore generale dell'Ufficio dell’Onu per la droga e il
crimine (Unodc) - che potrebbe avere un ruolo molto importante negli sforzi
internazionali contro varie forme di criminalità, sia in Nord Africa così come
nel mondo arabo”. Tripoli, oltre ad avere firmato tutte le convenzioni dell'Onu
contro gli stupefacenti, il 23 dicembre 2003 ha sottoscritto anche la nuova
Convenzione Onu contro la corruzione. L'Unodc, che ha sede a Vienna è impegnato
dal 2001 in Libia con progetti per 2,8
milioni di dollari tuttora in corso, completamente finanziati dalla
Libia. Uno dei risultati è stato finora l'addestramento di 85 agenti nella
lotta al traffico di stupefacenti. Un nuovo progetto in comune Unodc-Autorità
postali libiche, del valore di 1,4 milioni di dollari, servirà per rafforzare i
controlli nazionali postali in modo da combattere traffico illegale di
stupefacenti e riciclaggio di denaro sporco. (R.G.)
CINQUANTA
RAGAZZI, PROVENIENTI DA QUATTRO DIVERSI PAESI DELL’AFRICA, INTRAPRENDERANNO DAL 23 GENNAIO UNO
SPETTACOLO ITINERANTE IN OTTO CITTA’,
NELLA REGIONE DEI GRANDI LAGHI.
LO
SCOPO È DIFFONDERE UN MESSAGGIO DI PACE
BUTARE. = Cinquanta ragazzi provenienti da Burundi,
Repubblica democratica del Congo, Uganda e Rwanda daranno vita dal 23 gennaio
al 10 febbraio alla ‘Caravanamani’, parola swahili per ‘Carovana della pace’:
l’iniziativa, organizzata dall’associazione culturale-umanitaria ‘Tolerance’
della capitale ruandese Kigali, vuole diffondere un messaggio di pace
attraverso uno spettacolo itinerante che toccherà otto città nella regione dei
Grandi Laghi. “Da molti anni le popolazioni dei Grandi Laghi sono costrette a
patire numerose sofferenze” si legge in una nota di ‘Tolerance’ riferita
dall’Agenzia Misna. “Un tempo felici, queste persone sono state esposte a
genocidi, guerre, povertà e malattie. Le famiglie sono state decimate e
separate. Alcuni giovani della regione, che hanno subito nei loro cuori e nei
loro corpi tutte queste sofferenze si sono riuniti per portare un messaggio di
pace, speranza, riconciliazione, rispetto della dignità umana e tolleranza”.
Suonatori di tamburi provenienti da Ngozi, acrobati di Bukavu, una compagnia
teatrale femminile di di Mbarara e l’orchestra ‘Tolerance’, formata da un
gruppo di musicisti e ballerini provenienti da diversi Paesi, partiranno
venerdì da Butare, nel sud del Rwanda, per un viaggio che li porterà a Ngozi e
Bujumbura (Burundi), Bukavu e Goma (ex-Zaire), Kasese e Mbarara (Uganda) e
infine a Kigali. (F.C.)
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21
gennaio 2004
- A cura di Fausta Speranza -
In Iran, alcuni ministri e vice
presidenti hanno presentato le
dimissioni a causa dell'esclusione dalle liste elettorali di migliaia di candidati riformisti. Secondo il
vice presidente Alì Abtahi, i ministri
confermano le loro dimissioni e
lo stesso presidente Khatami è pronto a
lasciare l’incarico se il Consiglio dei guardiani della Costituzione non
annullerà il provvedimento con cui ha
escluso dalle liste elettorali numerosissimi candidati riformisti. Oltre 3.600
delle 8.157 candidature presentate per le elezioni legislative del 20 febbraio
sono state respinte. Torna la preoccupazione, dunque, dopo i segnali di disgelo
tra i deputati e l’organo ultraconservatore che fa capo all’ayatollah Khamenei.
Quest’ultimo infatti, aveva chiesto una revisione urgente dell’elenco dei
candidati esclusi. Ma
quali ripercussione può avere la decisione di Khatami nell’attuale difficile
clima politico? Giancarlo La Vella lo ha chiesto al giornalista iraniano Anmad
Rafat:
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R. – Non è la prima volta che il presidente minaccia di
dimettersi: non l’ha mai fatto; mentre più preoccupanti sono, per esempio, le
dimissioni di quasi tutti – il 97% - i governatori delle regioni iraniane,
perché ferma l’amministrazione e di fatto blocca le elezioni. A 29 giorni dalle
elezioni, rinominare i governatori che dirigono l’apparato elettorale, è un po’
difficile.
D. – Comunque, il gesto di Kathami indica che la
situazione tra riformisti e conservatori è ormai a un punto critico?
R. – E’ ad un punto critico anche perché i riformisti
hanno davanti due scelte: sottomettersi ancora una volta alla volontà di una
minoranza, che però controlla molti posti di potere, oppure cedere alle
pressioni dei loro sostenitori, soprattutto giovani e studenti, che chiedono un
cambio radicale cominciando dalla Costituzione.
D. – E secondo te, il Consiglio dei guardiani saprà
ritornare sui suoi passi?
R. – Dipende. Potrebbe anche riammettere due terzi di
questi, ma dipende questi due da chi rientra in questi due. Sono state
eliminate le figure più note del riformismo. Se nel riammettere i deputati
mancheranno queste figure-chiave, allora non ha senso questo passo indietro del
Consiglio dei guardiani. Se riammetterà le figure-chiave del movimento riformista,
allora si potrà rimandare lo scontro più in là!
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Sei iracheni, numerosi soldati
americani e un camionista turco sono rimasti feriti all'esplosione di un
ordigno su una strada di Mossul, nel nord dell'Iraq. Inoltre, la guerriglia ha
attaccato con un razzo un complesso all'interno della cosiddetta 'zona verde' a
Baghdad provocando qualche danno e un ferito leggero. Nelle manifestazioni, a
Baghdad e nelle città sante di Najaf e Karbala, di sciiti iracheni seguaci del
giovane e controverso imam radicale Moqtada
Sadr, oltre il no ai progetti federalistici dei curdi iracheni e ai
piani statunitensi per le elezioni, è emersa ieri anche la richiesta che venga
processato e messo a morte il deposto presidente Saddam Hussein, per i crimini
commessi dal suo regime contro il popolo dell'Iraq.
Intanto, Kofi Annan, segretario
generale delle Nazioni Unite, si appresta a inviare in Iraq una squadra di
esperti in tema di elezioni, dopo l'incontro a tre di lunedì fra Onu, Usa e
Consiglio del governo provvisorio iracheno. La squadra di esperti avrà il
compito di accertare se vi sono le condizioni per indire elezioni prima del 30
giugno, come chiedono gli sciiti. Il calendario del passaggio dei poteri delle
forze d'occupazione prevede, invece, una serie di assemblee locali per arrivare
a designare un governo iracheno vero e proprio. Ma c’è anche l’altra urgenza
della ricostruzione del Paese, di cui si è parlato al vertice dei Paesi occidentali
che si è svolto ieri in Kuwait. Ma è possibile, in questa situazione, ipotizzare
l’inizio della ricostruzione in tempi brevi? Nell’intervista di Giancarlo la
Vella ascoltiamo a Bassora Arduino Paniccia, docente di materie internazionali
all’Università di Trieste e, in questi giorni, in Iraq in qualità di consulente
dell’Onu:
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R. – Sì, la decisione è stata presa e credo che sia una
decisione dalla quale non si tornerà indietro. Naturalmente, questo non
significa che siano stati eliminati tutti i rischi, ma determina la volontà
della coalizione di iniziare il processo di ricostruzione del Paese.
D. – Intanto gli iracheni stanno protestando, perché
vogliono elezioni subito. E’ possibile realizzare una consultazione elettorale?
R. –
In questo momento, no. La situazione è molto differenziata all’interno del Paese.
Certamente nel Sud c’è stato un accordo tra sciiti ed inglesi. In questo momento,
la componente sciita è quindi più pronta ad andare verso elezioni dirette, in
pieno atteggiamento molto collaborativo, per evitare scontri, perché
l’obiettivo della componente sciita è arrivare alle elezioni possibilmente
sotto controllo dell’Onu. Tuttavia non è detto che le elezioni siano a)
possibili e b) rappresentino la vera e grande soluzione. Sarebbe quasi inconcepibile
per alcuni il fatto che la componente sciita vinca le elezioni e quindi prenda
il potere nei prossimi mesi. La soluzione è delicata e probabilmente anche per
questo gli americani stanno cominciando a pensare di passare il controllo delle
operazioni all’Onu.
D. – Avrebbe, comunque, un senso far svolgere delle
elezioni con un governo ancora nelle mani della coalizione?
R. – La coalizione ha assicurato che la loro scadenza è il
30 giugno. Bisognerà vedere se poi questo effettivamente accadrà. Il Paese non
è assolutamente ancora in grado di reggersi senza delle forze di appoggio.
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Nel tradizionale discorso, ieri
sera, sullo stato dell’Unione, il presidente americano George W. Bush ha
esortato l’America “a completare l’opera” nella guerra al terrorismo e nella
ripresa economica. Le parole di Bush, più che un’analisi delle condizioni del
Paese, sono sembrate un manifesto elettorale contro le critiche dei rivali
democratici alla Casa Bianca. Ascoltiamo quanto riferisce da New York Paolo
Mastrolilli:
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Il capo della Casa Bianca ha
difeso l’intervento contro Saddam, dicendo che rappresentava un pericolo con i
suoi programmi per il riarmo e che il mondo è più sicuro senza di lui al
potere. Ha ammesso che costruire il nuovo Iraq è difficile, ma ha aggiunto che
è giusto e che gli Stati Uniti non si sono mai tirati indietro rispetto a queste imprese. Quindi, ha promesso che i
terroristi verranno sconfitti ma ha invitato gli americani a non pensare che i
pericoli siano finiti solo perchè dopo l’11 settembre non sono più avvenuti
attentati sul suolo nazionale. Dopo l’inizio dedicato ai temi della sicurezza,
che secondo i sondaggi sono la forza di Bush, il presidente è passato alla
politica interna dove invece è meno forte. Ha detto che l’economia è in ripresa
grazie alle riduzioni fiscali, che ha chiesto al Congresso di rendere
permanenti, e che la disoccupazione ha cominciato a scendere. Ha promesso
iniziative nell’istruzione e nella sanità, per allargare il numero delle
persone assicurate. Quindi, ha ribadito che il matrimonio è l’unione tra un
uomo e una donna, lasciando intendere di essere pronto ad appoggiare un emendamento
costituzionale per negarlo agli omosessuali. Nella loro risposta, i democratici
hanno accusato Bush di travisare la realtà perché in Iraq si muore ancora e le
armi di distruzione di massa non sono state trovate e perché l’americano medio soffre gli effetti della recessione
e la perdita di quasi tre milioni di posti di lavoro. Tutti temi che torneranno
in una campagna elettorale che si annuncia incandescente.
Da New York, per la Radio
Vaticana, Paolo Mastrolilli.
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Reparti militari israeliani si
sono impegnati nella notte in un nuovo raid ai margini della città palestinese di Rafah, a sud di Gaza,
nell'intento di scoprire tunnel utilizzati
per il contrabbando dall'Egitto di armi
e munizioni destinate ai gruppi armati dell'intifada. Fonti palestinesi avevano
riferito ieri che ruspe militari israeliane hanno raso al suolo una trentina di
abitazioni di Rafah, lasciando 78 famiglie senza casa. Nella mattinata, colpi di mortaio sparati da
palestinesi hanno centrato alcune case nella colonia di Netzarim, presso Gaza,
provocando alcuni danni ma nessuna vittima. In Cisgiordania, i militari
israeliani hanno compiuto una decina di arresti di presunti attivisti
dell’intifada.
L’uomo d’affari israeliano
David Appel, noto finanziatore del
Likud, è stato incriminato per corruzione dell’attuale premier Sharon, avendo
ingaggiato nel 1999 fa suo figlio Ghilad retribuendolo con stipendi altissimi.
All’epoca dei fatti Sharon fungeva da ministro degli esteri. In relazione alla vicenda, una mozione di sfiducia al governo
è stata presentata in mattinata dal partito laburista. Secondo l’atto di
accusa, la vicenda ebbe inizio nel
giugno 1998 quando Appel mise a punto un
ambizioso progetto turistico da svilupparsi nella isola greca di Patroclos, a 40 chilometri da Atene. Per
realizzare il progetto si rivolse a due dirigenti del Likud: Ehud Olmert, allora sindaco di Gerusalemme, e
Ariel Sharon, allora ministro degli
esteri e oggi premier. Promise finanziamenti al loro partito se avessero facilitato
la trattativa con la controparte greca.
Un incontro tra il ministro
degli esteri dell’Autorità nazionale palestinese, Shaat, e il suo collega
russo, Ivanov, lancia un segnale dell’intenzione da parte della Russia di “adoperarsi
per riattivare il processo della road-map”, nella consapevolezza che “la
situazione in Medio Oriente ha raggiunto una fase di stallo”. Lo ha
sottolineato Ivanov spiegando che Mosca sta portando avanti “un dialogo attivo”
con gli altri membri del ‘quartetto’ internazionale, cioè Usa, Ue e Onu, e ha
in programma incontri con
rappresentanti di Francia, Italia, Germania, col segretario di Stato Usa e il
segretario generale dell’Onu. Shaat, da
parte sua, ha affermato di avere trovato “sostegno e attenzione da parte della
dirigenza russa e del popolo alla causa
dei palestinesi”.
Della ripresa di un colloquio di pace ha parlato
oggi anche il ministro degli esteri irlandese, Cowen, intervenuto davanti alla commissione
dell’Europar-lamento per illustrare il programma della presidenza dell’Ue in materia di politica estera. “Per
aiutare a rilanciare il moribondo processo di pace l’Unione europea ha un ruolo
unico da giocare in una fase in cui gli Stati Uniti sono ormai entrati
nell’anno delle elezioni”. E’ l'opinione di Cowen, che è stato in Medio Oriente
la scorsa settimana e che ha spiegato che se non è possibile mettere in atto la
prima fase del piano di pace predisposto da Onu, Stati Uniti, Ue e Russia,
allora si devono esaminare “i piccoli passi da fare per ridare spinta al progetto”.
Cowen ha parlato di “misure di fiducia che sarebbero reciproche”, annunciando
che si muoverà “in forma discreta ma determinata”.
La Commissione europea ha
ribadito che di fronte al caso Parmalat
non intende muoversi in maniera affrettata, aggiungendo che solo dopo
aver chiarito che cosa non ha funzionato si possono trarre le “conclusioni
politiche”. Ieri all’incontro dei ministri dell’economia e delle finanze a
Bruxelles si è discusso dell’attuale legislazione comunitaria in materia di
tutela del risparmio. Da parte sua il ministro italiano, Tremonti ha annunciato
che l’Italia presenterà al G7 una proposta per aumentare la trasparenza delle
società che hanno insediamenti all'estero, appunto nei cosiddetti paradisi
fiscali. Per quanto riguarda i risvolti dello scandalo Parmalat, è cominciata
la discussione al Tribunale del Riesame di Bologna dei ricorsi contro l’ordinanza di custodia cautelare presentati
dall’ex patron della Parmalat, Calisto Tanzi, dall’ex direttore finanziario,
Del Soldato, e dai due revisori della Grant Thornton. Tutti sono accusati di
associazione a delinquere, bancarotta
fraudolenta, false comunicazioni sociali e diversi reati societari. Intanto, il
segretario generale dell’associazione del consumatori, Adusbef, afferma
che il presidente di Capitalia, Cesare
Geronzi, non poteva non sapere della situazione finanziaria della Parmalat. Lo
ha fatto a margine della manifestazione di fronte alla Banca d'Italia.
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