RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n. 15 - Testo della Trasmissione di giovedì 15
gennaio 2004
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI
IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Amnesty International lancia
l’allarme sul record di esecuzioni a Singapore
La Chiesa cattolica dell’Angola
denuncia le violenze e i soprusi nella regione di Cabinda
La Repubblica centrafricana in
preda alle violenze delle milizie armate
Convegno a Roma sul nuovo Concordato del 18 febbraio 1984
Israele
impone la chiusura totale della Striscia di Gaza
Prodi
in Turchia: prima visita di un presidente della Commissione europea dal 1963
Oscar
Berger giura come nuovo presidente del Guatemala, dove la crisi economica è
gravissima.
15 gennaio 2004
SUPERARE LE TENSIONI E LOTTARE
COMPATTI CONTRO IL TERRORISMO:
COSI’
STAMANI IL PAPA NEL DISCORSO AI VERTICI
DELLE
AMMINISTRAZIONI DI ROMA E LAZIO.
IL PONTEFICE HA INOLTRE RIBADITO IL RUOLO
FONDAMENTALE DELLA FAMIGLIA
PER COSTRUIRE UNA VERA CIVILTA’ DELL’AMORE
- Servizio di Alessandro Gisotti -
Il richiamo
alla coesione sociale per sconfiggere il terrorismo e il ruolo della famiglia
per costruire una “Civiltà dell’amore” sono stati al centro del discorso
pronunciato stamani dal Papa ai vertici delle amministrazioni di Roma e Lazio:
il presidente della Regione, Francesco Storace, il presidente della provincia
di Roma, Enrico Gasbarra, e il sindaco capitolino, Walter Veltroni, ricevuti in
Vaticano per lo scambio di auguri d’inizio anno. Il servizio di Alessandro
Gisotti:
*********
“E’
indispensabile l’apporto di ciascuno per costruire una società più giusta e
fraterna”: è l’esortazione rivolta dal Papa agli amministratori di Roma e Lazio
a cui ha ricordato che “occorre insieme superare le tensioni e i conflitti” ed
“è necessario lottare compatti contro il terrorismo” che ha, purtroppo,
interessato anche la città di Roma. Le difficoltà che segnano l’attuale
situazione del mondo, ha constatato, si avvertono anche in questa nostra terra:
“I
momenti non facili sono però quelli nei quali possono e devono più chiaramente
emergere le energie positive di una popolazione e dei suoi rappresentanti”.
Bisogna
costruire la “Civiltà dell’amore”, ha proseguito, a partire dalla famiglia,
che, ha rammentato, come recita la Costituzione italiana è la “società naturale
fondata sul matrimonio”.
“La
famiglia rappresenta lo spazio umano, nel quale la persona, fin dall’inizio
della sua esistenza, può sperimentare il calore dell’affetto e crescere in modo
armonico”.
Proprio
per questo, ha sottolineato, “vengono salutate con favore scelte politiche e
amministrative idonee a sostenere il nucleo familiare”. Il Papa non ha mancato
di ricordare i provvedimenti presi dalle amministrazioni locali per andare
incontro alle famiglie con figli nei primi anni di vita. Volgendo poi l’attenzione
all’educazione dei giovani, ha messo l’accento sul ruolo fondamentale della
scuola. Un settore a cui la Chiesa contribuisce con i suoi istituti scolastici
che svolgendo “un apprezzato ruolo sociale” hanno “diritto ad essere
sostenuti”. Quindi, ha indicato gli altri settori della vita sociale che
richiedono concreti interventi: dagli anziani che vivono soli ai minori in
stato di abbandono, agli immigrati. “Penso – ha detto ancora – alla gioventù
che guarda con fiducia verso l’avvenire e attende di essere educata alla
giustizia, alla solidarietà e alla pace”. Per tutti loro, ha evidenziato, le
parrocchie, le comunità religiose e le istituzioni cattoliche di volontariato
continueranno, a Roma come nel Lazio, ad offrire il loro capillare contributo,
“ponendo a disposizione ogni risorsa umana e spirituale”.
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La
Regione Lazio, che ha un’estensione di 17 mila chilometri quadrati, conta circa
5 milioni e 100 mila abitanti ed è la terza regione italiana più popolosa dopo
Lombardia e Campania. La città di Roma, la più popolosa d’Italia, ha una
popolazione di 2,7 milioni di abitanti. La provincia romana, invece, conta 3,7
milioni di abitanti.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
"Costruire insieme la 'Civiltà
dell'Amore' in questa nostra amata Città": apre la prima pagina la
toccante esortazione rivolta dal Santo Padre ai rappresentanti della
Regione Lazio, del Comune di Roma e della Provincia di Roma, ricevuti stamane
in udienza.
Sempre in prima un articolo di
Andrea Riccardi dal titolo "Una convinzione che è una grande
speranza": il discorso di Giovanni Paolo II al Corpo Diplomatico.
Nelle vaticane, un articolo
sulla testimonianza del beato Paolo Manna, "una vita spesa interamente per
le missioni"; il 16 gennaio ricorre la memoria liturgica del sacerdote del
Pime.
Una pagina dedicata al cammino
della Chiesa in Italia.
Nelle estere, Medio Oriente: le
forze armate israeliane impongono la chiusura totale della Striscia di Gaza
dopo l'attentato suicida che ha provocato cinque vittime presso il valico di
Erez.
Per la rubrica
dell'"Atlante geopolitico", un articolo di Giuseppe Fiorentino dal
titolo "India-Pakistan: dialogo sul Kashmir".
Nella pagina culturale,
un articolo di Roberto Morozzo Della Rocca su un saggio dedicato alla vita
in Russia sotto Stalin. Il titolo dell'articolo è "Un regime sanguinario
in cerca di consenso".
Nelle pagine italiane, in primo
piano la vicenda Parmalat.
In rilievo il terrorismo. Al
riguardo un articolo dal titolo "Un fenomeno eversivo che cova sotto la
cenere"; l'arresto di due latitanti storici delle Br.
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15
gennaio 2004
“NO” DEI VESCOVI AMERICANI ED
EUROPEI AL MURO
CHE DIVIDE LA CISGIORDANIA. AL TERMINE DELL’INCONTRO CON GLI ORDINARI
DI TERRA SANTA, I PRESULI INVITANO AL DIALOGO,
CONDANNANDO IL TERRORISMO ANTIISRAELIANO
E LE RESTRIZIONI CHE COLPISCONO I PALESTINESI
- Intervista con padre William Shomli -
“Non muri ma
ponti”. Da Gerusalemme, i vescovi europei e americani che hanno concluso oggi
il loro incontro con gli ordinari di Terra Santa hanno lanciato un nuovo
appello al dialogo tra israeliani e palestinesi. I presuli hanno espresso la
loro solidarietà con entrambe le popolazioni, condannando sia gli attacchi
contro gli israeliani, sia la punizione collettiva contro i cittadini
palestinesi. “Abbiamo notato con rammarico - si legge nella nota conclusiva
dell’incontro - la mancanza di volontà politica, non solo nella regione ma
anche nella comunità internazionale, di lavorare per una soluzione di pace”. I
presuli deplorano anche le “difficoltà” che gli appartenenti alla Chiesa
cattolica incontrano nell’ottenere i permessi di residenza, per studio o per
lavoro, in Israele e nei Territori palestinesi. Tutti ostacoli, affermano, che
impediscono alla Chiesa “di svolgere la propria missione al servizio della
popolazione della Terra Santa” e tanto più deplorevoli se si considera
l’Accordo fondamentale siglato dieci anni fa tra Israele e la Santa Sede. I
vescovi concludono ponendo in risalto “il piccolo ma significativo aumento del
numero dei pellegrini in Terra Santa”, considerato un “segno di speranza e di
solidarietà” per i cristiani di quei luoghi.
In un distinto comunicato congiunto, reso noto stamani, i
vescovi statunitensi ed europei avevano ulteriormente criticato la costruzione
del muro di sicurezza israeliano in Cisgiordania, affermando che esso “divide
le famiglie” palestinesi e le “isola dalla loro terra e dalle loro risorse”,
arrivando “persino a separare le istituzioni religiose”. Ieri, inoltre, la
crisi mediorientale era stata oggetto di due distinti incontri tra i vescovi e
Yasser Arafat e, successivamente, con il presidente israeliano Moshe Katsav.
Per commentarlo, Alessandro De Carolis ha raggiunto telefonicamente a
Gerusalemme l’economo del patriarcato, padre William Shomli:
**********
R. – L’incontro con Arafat è stato molto sereno.
L’incontro con il presidente Katsav si è svolto in un contesto un po’ più
conflittuale. Il presidente israeliano ha parlato del terrorismo palestinese e
il Patriarca Sabbah ha risposto che bisogna guardare anche all’altra faccia
della realtà - l’occupazione dei Territori - che rappresenta la causa della
violenza. Per risolvere un problema bisogna arrivare alle radici, ha affermato
il Patriarca, ma Katsav non è stato contento della risposta. Si è trattato di
un dialogo - un dialogo un po’ forte - tra due persone che hanno atteggiamenti
e posizioni diverse sulla questione palestinese.
D. – Come hanno commentato i vescovi europei ed americani
questo colloquio?
R. – Bene. Hanno tutti un atteggiamento molto oggettivo:
riconoscono che c’è un problema di violenza e di terrorismo, ma anche un
problema di occupazione. Vogliono un negoziato per uscire da questo empasse.
D. – Proprio ieri, è piombata la notizia del nuovo
attentato kamikaze di Erez. Come è stata accolta dai vescovi?
R. – Si è avuta l’impressione che non vi può essere via
d’uscita senza una reale soluzione globale di tutti i problemi. Non soltanto
del terrorismo ma anche della giustizia in Terra Santa.
D. – Da un punto di vista generale, qual è il punto o i
punti più rilevanti emersi dall’incontro di Gerusalemme?
R. – Anzitutto i vescovi hanno voluto dire alla comunità
cristiana di Terra Santa che non è sola, perché la permanenza della comunità
cristiana in Medio Oriente non è un fatto locale ma ecclesiale. In questo
senso, si è parlato molto dei pellegrinaggi, perché i pellegrinaggi sono un
elemento polivalente: danno sostegno morale alle nostre comunità; la presenza
dei pellegrini rappresenta un segno di pace, mentre la loro assenza dà l’idea
di un Paese in guerra, ed infine i pellegrinaggi forniscono un aiuto economico,
attraverso l’indotto del turismo.
D. – Oltre all’incremento dei pellegrinaggi, sono state
avanzate altre proposte di tipo concreto?
R. – Sì, i vescovi hanno detto tutti di voler tornare
l’anno prossimo. Questa decisione rappresenta un fatto molto positivo. Inoltre,
i vescovi hanno anche chiesto di non voler partecipare soltanto ad un meeting,
ma di visitare le parrocchie, le scuole, per incontrare la comunità là dove
vive. E questo ci colpisce veramente.
**********
LA STRAGE DELLA MAMMA-KAMIKAZE,
QUANDO IL SACRIFICIO ALL’IDEOLOGIA DIVENTA DISUMANO
- Intervista al cardinale Roberto Tucci -
L’ultima strage in Medio Oriente ha offerto uno spunto di
riflessione al cardinale Roberto Tucci, che si è soffermato sulle altre
problematiche della Terra Santa, prima tra tutte la difficile situazione dei
cattolici in Medio Oriente e il loro rapporto con i musulmani. Ma il commento
del porporato ha riguardato anche il tema del rapporto tra laicità e laicismo,
sviluppato dal Papa nel suo Messaggio per la Giornata mondiale della pace.
Nell’intervista di Luca Collodi, il cardinale Tucci parte dal drammatico
attentato compiuto dalla giovane mamma-kamikaze:
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R. – L’attentato al valico di Erez mi fa pensare che ci
sia dietro un’ideologia veramente antiumana, che riesce a penetrare nella mente
di una giovane madre, con giovanissimi figli e la rende strumento di morte per
altri civili innocenti - proprio lei che dovrebbe essere in favore della vita.
Non vorrei con questo dire che l’Islam porti per forza a questo. Ma un Islam
che arrivi a questo è qualcosa di estremamente disumano.
D. – Restando nell’area mediorientale, i cristiani stanno
fuggendo dalla Terra Santa: anche questo è un elemento che ci deve far
riflettere…
R. – Si tratta di una emorragia che dura da tempo. Non è
determinata solamente dagli ultimi avvenimenti, anche se la situazione attuale
ha spinto ancor più i cristiani a lasciare la Terra Santa.
D. – Ma cosa fa la Chiesa per evitare questo? Può fare
qualcosa?
R. – Poco, può ben poco. Questa gente non riesce più a
vivere o meglio a sopravvivere. Appena trovano maggiori possibilità di agganci
col mondo occidentale, sono maggiormente spinti a cercare di farsi una vita
altrove.
D. – Quindi è un problema economico?
R. – E’ un problema economico, certo, ma anche un problema
sociale. E ciò perché certamente i cristiani in Terra Santa non sono ben visti.
Un fenomeno che – anche se in minor quantità – sta verificandosi anche in
Libano. Soprattutto i giovani, quelli cioè che hanno maggiori possibilità di
cambiare la propria esistenza, cercano di andare via.
D. – E’ un problema legato all’avanzare dell’Islam oppure
no?
R. – E’
un problema dovuto al fatto che l’Islam non sempre rispetta come veri cittadini
coloro che non sono islamici e quindi, di fatto, il popolo cristiano in un
Paese islamico si trova in condizione di inferiorità sociale.
D. – Torniamo ora all’incontro del Papa con il Corpo
diplomatico accreditato presso la Santa Sede, avvenuto nei giorni scorsi. In quell’occasione,
si è parlato molto di pace, del “no” alla guerra. Ma Giovanni Paolo II ha
parlato anche dei rapporti tra cristiani e laici. L’Europa, in particolare, si
sta riscoprendo sempre più “laica”?
R. – Secondo me, l’Europa sta scoprendo la “religione” del
laicismo: vuole essere al di fuori delle religioni, sta creando un suo credo
religioso, che poi, praticamente, va contro la religione come fatto sociale.
Ciò è molto grave: il laicismo sta diventando sempre più apertamente quello che
è sempre stato e cioè una ideologia e non un vero rispetto delle credenze e
della libertà religiosa. Il laicismo di oggi tende sempre più a diventare una
contro-fede, che pretende però di essere sempre più la fede di tutti.
*********
“L’UOMO
TORNERÀ SULLA LUNA NEL 2015
E NEL
2025 PROVERÀ A RAGGIUNGERE MARTE
E I
CONFINI DEL SISTEMA SOLARE”. LO HA ANNUNCIATO, IERI,
IL
PRESIDENTE STATUNITENSE, GEORGE BUSH,
PRESENTANDO
IL PROGRAMMA SPAZIALE AMERICANO
-
Intervista con padre Sabino Maffeo -
Riparte la corsa degli Stati
Uniti nello spazio. Nel quartier generale della Nasa, a Washington, Bush ha
annunciato ieri un nuovo programma per “estendere la presenza dell’uomo
attraverso il sistema solare”. Ce ne parla Andrea Sarubbi:
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Undici anni per tornare sulla Luna e crearvi una
base permanente, una ventina per mettere piede sul pianeta rosso e conoscere da
vicino la fascia degli asteroidi. L’America inizia una nuova fase, lasciandosi
alle spalle i primi 40 anni di ricerca: lo confermano l’abbandono della
Stazione orbitante ed il graduale pensionamento degli shuttle, partiti in 5 e
rimasti in 3, dopo un centinaio di missioni. Dovevano essere l’avanguardia del
futuro, ma l’esplosione in volo del Columbia – che il primo febbraio scorso
provocò la morte dei 7 astronauti – ha aumentato in modo esponenziale il senso
critico dell’opinione pubblica americana. Sarà per questo che ieri, quando il capo della Casa Bianca
ha dichiarato l’obiettivo di voler “testare i sogni” dell’umanità, in pochi
hanno provato le emozioni di 40 anni fa. Erano tempi diversi, quelli in cui
John Fitzgerald Kennedy annunciava l’avvio dell’impresa sulla Luna, e c’è forse
un nemico in meno – l’Unione Sovietica di allora – da battere. Ma non manca chi
teme ugualmente una nuova sfida spaziale, stavolta magari con la Cina, che ha
in programma nei prossimi mesi l’invio di 10 satelliti. Bush,
da parte sua, tenta di rassicurare (“sarà un viaggio, non una corsa”) e spiega
che il nuovo aereo spaziale, che dal 2014 prenderebbe il posto degli shuttle,
avrà il compito di “sviluppare la conoscenza umana e di fare avanzare la
tecnologia per il benessere di tutti”.
Il nuovo aereo spaziale, che dal 2014 prenderà il
loro posto, avrà il compito ambizioso di “testare i confini dei nostri sogni”,
come ha detto ieri il presidente ad una platea non troppo emozionata. Forse
perché, rispetto al Kennedy che 43 anni fa annunciò l’impresa sulla Luna, oggi
manca il risvolto politico della sfida con il nemico sovietico. O magari perché
anche il desiderio di sviluppare la tecnologia è costretto a compiere un passo
indietro di fronte al budget elevatissimo del progetto: mille miliardi di
dollari all’anno, che probabilmente il Congresso non concederà mai. Bush lo sa
bene, ma ogni sogno ha un prezzo. E con una campagna elettorale in corso,
nessun prezzo è troppo alto.
**********
La
sonda americana ‘Spirit’, sbarcata su Marte lo scorso 4 gennaio, si appresta
intanto a muovere i primi passi sul pianeta rosso avviando una nuova fase nella
storia delle esplorazioni spaziali. Gli scienziati della Nasa hanno infatti
dato, stamani, l’ordine di muoversi al robot che è sceso dalla propria
piattaforma di atterraggio. I primi tentativi di inviare sonde su Marte
risalgono agli anni ’60 e si inseriscono nella complessa cornice della guerra
fredda tra Stati Uniti ed Ex Urss. Ma sul significato dell’attuale missione sul
pianeta rosso ascoltiamo, al microfono di Amedeo Lomonaco, padre Sabino Maffeo:
**********
R. – Il significato principale è quello di promuovere la
ricerca sull’universo. L’uomo ha sempre bisogno di conoscere e soddisfa questo
desiderio sfruttando tutti i mezzi ed i progressi della tecnica. Il pianeta
Marte interessa in modo particolare perché presenta caratteristiche che possono
aver reso possibile la vita. Ma è evidente che ci sono anche altre ragioni che
spingono i governanti a realizzare queste missioni quali la ricerca di
prestigio della propria nazione ed il desiderio di vincere la competizione
scientifica tra Stati Uniti da una parte ed Europa dall’altra, ed in futuro
Russia, Cina e Giappone…
D. – Quali conseguenze potrebbe avere l’esplorazione del
pianeta rosso?
R. – Sicuramente ci saranno delle novità: verranno forniti
dati sull’atmosfera e sulla presenza dell’acqua nel sottosuolo. Sembra certo
che l’acqua ci sia stata e adesso la sfida è trovarne le tracce.
D. – Tra i pannelli solari del robot mobile sono stati
montati numerosi strumenti per analizzare la polvere, le rocce e la superficie
di Marte. Ma l’obiettivo più importante è di accertare se sul pianeta siano
individuabili condizioni che possano aver favorito la vita. E’ questa
un’ipotesi plausibile?
R. – Condizioni che possano aver favorito la vita già si
conoscono: le temperature sulla superficie vanno da 80 sottozero a più 20. E se
c’è stata l’acqua, anche questo può avere reso possibile la vita. Si tratta ora
di sapere se ci sia stata o non ci sia stata vita. E a questo proposito, la
ricerca principale è di capire se sul pianeta si possa trovare qualche batterio
allo stato di fossile.
D. – Da un punto di vista teologico, quale significato
assumerebbe l’esistenza di altri esseri viventi nell’universo?
R. – Da dove vengono, non c’è dubbio: sarebbero sempre
stati creati da Dio. Il problema di come si inquadrino nella storia della
salvezza è invece tutto da esaminare. Una volta scoperti, bisognerebbe parlare
con loro, sentire qual è la loro storia, sapere se ci sia stata anche da loro
una rivelazione, ma non c’è dubbio che sarebbero anche quelle creature di Dio.
Nel Vangelo si dice che tutto fu fatto per mezzo di Lui, per mezzo del Verbo.
Quindi Gesù Cristo è il riferimento per tutto l’universo ed anche eventuali
esseri intelligenti esistenti in altri pianeti farebbero riferimento a Lui. Per
specificare in cosa consiste questo rapporto, oltre quello della creazione - se
c’è stata ad esempio anche una Redenzione - bisogna aspettare di entrare in
contatto con loro. La teologia si occupa di fatti e non di ciò che è possibile.
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DOMANI A BOMBAY, IN INDIA, SI APRE IL
QUARTO FORUM SOCIALE MONDIALE
- Intervista con padre Daniele Frigeri -
Dalla
protesta alla proposta. È questo l’obiettivo del quarto Forum sociale mondiale,
che si apre domani nella città indiana di Bombay. Le tre edizioni a Porto
Alegre, in Brasile, hanno visto crescere il numero dei partecipanti fino a 120
mila: in gran parte membri della società civile, decisi a confrontarsi sui
rischi della globalizzazione ed a cercare soluzioni alternative. Tra loro,
anche una consistente rappresentanza cristiana. Andrea Sarubbi ha raggiunto
telefonicamente a Bombay il padre gesuita Daniele Frigeri:
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R. – Il World Social Forum nasce come desiderio di rendere
visibile quello che sta realmente accadendo, soprattutto sulle spalle di
milioni di persone. Per alcuni è veramente una lotta, perché si tratta davvero
di combattere contro una povertà veramente enorme. E qui a Bombay credo si
abbia una buona idea di cosa voglia dire. Il Social Forum allora nasce proprio
per far sentire la voce e l’esperienza di queste persone.
D. – Dal Brasile il World Social Forum si sposta per la
prima volta quest’anno in Asia. Che peso può avere?
R. – Credo che l’esperienza di aver portato qui in India
il Social Forum sia importante, soprattutto perché l’India sta vivendo e ha vissuto
un grosso processo di sviluppo e di globalizzazione in sé, che ha ampliato
enormemente quelle che erano già delle strutture sociali fortemente intaccate
dalla povertà, come il sistema delle caste ecc. E la globalizzazione si è
inserita in questo sistema, distruggendo un po’ quella che è l’identità di
interi gruppi culturali. L’India, l’intera Asia, sono composte da diversi
gruppi etnici culturali locali, che stanno subendo pesantemente l’impatto della
globalizzazione in termini di migrazione interna, soprattutto verso le grosse
città. E quindi perdita di identità, perdita di cultura, tutte situazioni che
la globalizzazione ha portato con sé in questo Paese.
D. – Circa 100 mila, si dice, i partecipanti. Tra questi,
più di un migliaio sono legati in qualche modo alla Compagnia di Gesù. Come
mai?
R. – La partecipazione dei gesuiti al Social Forum rientra
in quella che è una scelta precisa della Compagnia di essere presente prima di
tutto a fianco dei poveri e far sentire la propria voce. I provinciali dell’Asia
hanno approvato, e anzi sostenuto fortemente, questa iniziativa e da qui è
partito un processo di coinvolgimento di tutte le attività sociali della
Compagnia in Asia, che ha coinvolto più di 1300 persone, che stanno arrivando
in questo momento.
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CONFERITA
IERI POMERIGGIO, ALLA LATERANENSE,
LA
LAUREA IN UTROQUE IURE AL SENATORE GIULIO ANDREOTTI
-
Intervista con il senatore a vita -
In
occasione dell’85.mo compleanno del senatore Giulio Andreotti, è stata
conferita al politico italiano la Laurea in Utroque Iure nel corso di una
cerimonia svoltasi, ieri pomeriggio, alla Pontificia Università Lateranense.
Presenti, tra gli altri, il cardinale Camillo Ruini, l’ex presidente della
Repubblica italiana, Francesco Cossiga ed il sottosegretario alla presidenza
del Consiglio, Gianni Letta. Ma come ha accolto Giulio Andreotti questo
importante riconoscimento? Ascoltiamo la sua risposta al microfono di Amedeo
Lomonaco:
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R. – Con molta commozione e forse con un po’ di superbia,
perché avevo cominciato – appena presa la licenza liceale – a fare gli studi
contemporaneamente in due Università, alla Lateranense per il Diritto Canonico
e all’Università dello Stato per la Giurisprudenza. Quindi provo una profonda
emozione anche perché il Laterano era, nel momento difficilissimo
dell’occupazione tedesca, uno tra i pochi luoghi di Roma dove la carità e il
coraggio del Papa impedì a tanta gente di essere calpestata dall’occupazione.
D. –Quali sono, secondo lei, gli aspetti più significativi
del pontificato di Giovanni Paolo II?
R. – Di essersi aperto al mondo e di aver fatto proprie le
preoccupazioni di tanta gente sulla salvaguardia della pace.
D. – Quale eredità ha lasciato la storica visita del Santo
Padre in Parlamento?
R. – Ha confermato il superamento di un lungo contrasto
tra Stato e Chiesa, uno scoglio che per decenni non ha fatto incontrare la
politica e l’azione della Chiesa in Italia. Il Papa ha spinto un po’ a volare
alto nel concepire l’azione politica in Italia, tenendo conto della tradizione
e dell’eredità profondamente cristiana del Paese.
D. – Come vede l’attuale situazione politica italiana?
R. – Con una certa preoccupazione, perché vedo uno
schieramento molto antitetico. Manca quel terreno comune, quell’abitudine al dialogo,
quel senso di confronto politico tra leader che si rispettano per finalità
comuni. C’è un clima di esasperazione che contrasta con quella che dovrebbe
essere la giusta cornice dell’azione politica.
D. – Quale ruolo ha avuto la fede nella sua vita?
R. – Determinante. A cominciare sin dall’inizio quando,
appena nato, sono rimasto orfano. In famiglia eravamo tre figli affidati a mia
madre e fondamentale è stato l’incontro con la parrocchia, una specie di
seconda famiglia, e con un parroco, un uomo che mi ha dato degli indirizzi
importanti per la mia vita.
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15
gennaio 2004
LA COMMISSIONE EPISCOPALE
FILIPPINA PER LE CARCERI HA CHIESTO AI CANDIDATI ALLE PRESIDENZIALI UN MAGGIORE
IMPEGNO NEL COMBATTERE LA PENA DI MORTE, REINTRODOTTA DICEMBRE SCORSO, DOPO LA
MORATORIA DEL 2000
MANILA. = I vescovi filippini hanno chiesto ufficialmente
ai cinque candidati alle elezioni presidenziali del maggio prossimo di pronunciarsi
contro la pena di morte. L’invito è stato raccolto solo dal senatore Raul Roco,
un ex alunno di un istituto gestito dai benedettini. Nell’ambito delle
iniziative volte a sensibilizzare l’opinione pubblica nei confronti delle
esecuzioni capitali, due giorni fa è stata celebrata una messa presso il Chino
Roces Bridge, offerta per due condannati a morte che verranno giustiziati il 30
gennaio. Nel paese asiatico, la pena capitale è stata reintrodotta nel 1993, ma
le prime condanne eseguite risalgono al 1999 mentre le ultime al 2000 quando
l’ex presidente Joseph Estrada, in occasione del Giubileo, ha imposto una
moratoria. La decisione di sospendere le esecuzioni è stata prorogata dalla
presidente, Gloria Arroyo, fino al dicembre scorso ma in seguito alle pressioni
della comunità cinese-filippina, preoccupata dalla grave situazione di
insicurezza e violenza che domina il paese, la moratoria è stata revocata. Le
Filippine sono definite “la capitale asiatica del rapimento”; ogni 3 giorni una
persona cade nelle mani di sequestratori e ad esserne oggetto sono soprattutto
i cinesi, i più ricchi del Paese. Secondo gli ultimi dati, sono 25 i detenuti
rei di rapimento che attendono nel braccio della morte, 4 i condannati per
delitti legati alla droga. Secondo il gesuita, padre Silvino Borres, membro
della Coalizione contro la pena di morte. il Paese asiatico si sta avviando
verso una “cultura della morte”. Inoltre, secondo padre Silvino Borres, per
migliorare il difficile clima sociale ed economico non si deve pensare alla
pena capitale come l’unica soluzione possibile, ma si dovrebbe iniziare ad
arginare la corruzione del governo. (Be.C.)
AMNESTY INTERNATIONAL LANCIA
L’ALLARME
SUL RECORD DI ESECUZIONI A
SINGAPORE: E’ LA PRIMA CITTA’ AL MONDO
CON IL PIU’ ALTO TASSO DI CONDANNE
A MORTE, RISPETTO AL NUMERO DI ABITANTI
SINGAPORE.=
“Una cifra sconvolgente”: così Margareth John, coordinatrice della sezione
regionale di Amnesty International, ha commentato i dati del rapporto
dell’organizzazione sulla pena di morte a Singapore. Secondo le cifre
accertate, sono 408 i condannati a morte giustiziati tra il 1991 e il 2003. La
città detiene così il triste primato con il più alto tasso di esecuzioni per
densità di abitanti. I reati che spesso portano alla condanna capitale sono per
la maggior parte legati al traffico di droga anche perché in materia, le leggi
del piccolo Paese asiatico sono tra le più severe in tutto il mondo. Ad
esempio, un maggiorenne trovato in possesso di oltre 15 grammi di eroina viene
punito con l'esecuzione capitale per impiccagione. Amnesty denuncia, inoltre,
che le forti misure restrittive non portano effetti di diminuzione dei reati. A
sostegno di questa teoria, cita le statistiche elaborate dal Singapore
Central Narcotics Bureau, secondo il quale 3.393 persone sono state
arrestate per reati legati alla droga nel 2002 con un aumento del 16% del
numero di tossicodipendenti rispetto al 2001. L’organizzazione impegnata nella
difesa dei diritti umani ha chiesto più volte a Singapore di abolire la pena di
morte. (Be.C.)
LA
CHIESA CATTOLICA DELL’ANGOLA DENUNCIA LE VIOLENZE E I SOPRUSI IN CABINDA
- A
cura di Benedetta Capelli -
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LUANDA.= Non accenna a diminuire la spirale di violenza
iniziata nel 1975 in Cabinda, l’enclave settentrionale dell’Angola tra
la Repubblica del Congo e l’ex Zaire, che ha provocato fino ad oggi almeno
30mila morti. Padre Raul Tati, vicario generale della diocesi di Cabinda,
intervenendo a “Radio Ecclesia” ha denunciato le costanti violazioni di diritti
umani da parte dei militari, che continuano a godere della più assoluta
impunità. Il padre ha sottolineato: “Da
quando è cominciata questa guerra stiamo denunciando flagranti violazioni dei
diritti umani e non c’è stato un solo caso in cui i responsabili siano stati
incriminati”. I numerosi episodi di soprusi sono la dimostrazione che la guerra
nella zona continua e padre Jorge Casimiro Congo, della parrocchia
dell’Immaco-lata Concezione di Cabinda ha confermato che il governo angolano
mette sotto silenzio la grave situazione in Cabinda. E’ una realtà preoccupante
aggravata dall’emergenza economica in cui vive il Paese, stretto nella morsa
della corruzione. Secondo un rapporto di Human Rights Watch,
l’organizzazione internazionale di difesa dei diritti umani, nelle casse del
Paese, tra il 1997 e il 2002, sono spariti più di 4 miliardi di dollari,
provenienti dai redditi del petrolio. Se si calcola che l’85% delle entrate
dello stato angolano provengono dall’oro nero, il danno è elevatissimo, anche
tenendo conto che la somma sottratta rappresenta il 9% del prodotto interno
lordo. In un comunicato, la presidenza
angolana smentisce seccamente il rapporto: “Il governo non può essere ritenuto
responsabile per entrate stimate sulla base di fonti non attendibili – spiega –
“nessuna istituzione finanziaria internazionale ha ancora accertato queste
accuse”. Arvind Ganesan, di Human Rights Watch, nel sottolineare la
gravità della sparizione ha ribadito come il buco rilevato sia l’equivalente
degli investimenti del governo in materia di programmi sociali durante lo
stesso periodo.
(Be.C.)
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UNITI VERSO LA PACE. CRISTIANI E MUSULMANI HANNO MARCIATO
INSIEME A KASUR,
IN PAKISTAN. UN TRENO PAKISTANO HA
ATTRAVERSATO IL CONFINE CON L’INDIA
KASUR = Cristiani e musulmani hanno marciato due giorni fa
insieme, fino al confine indo-pakistano per sostenere il desiderio di pace e di
dialogo fra le due nazioni. La marcia ha avuto inizio a Kasur, a 55 km da
Lahore in Pakistan. Centinaia erano i musulmani e una decina i partecipanti tra
cattolici e protestan-ti. I rappresentanti religiosi, una volta giunti al
confine, hanno piantato un albero nell’humus di pace e acceso una emblematica
torcia a simbolo di rinascita. Il capo della moschea di Lahore, Maulana Abdul
Khabeer Azad, ha detto: “L’islam è amore e pace. La comunità musulmana del
Pakistan desidera sostenere il processo di pace del governo e le intenzione
buone del popolo”. Intanto, il recente vertice tra il premier indiano, Atal
Behari Vajpayee, e il presidente del
Pakistan, Pervez Musharaff, ha segnato l’inizio di un nuovo clima di
collaborazione, soprattutto dopo la riapertura delle vie aree e ferroviarie.
(F.C.)
LA REPUBBLICA CENTRAFRICANA IN
PREDA ALLE VIOLENZE DELLE MILIZIE ARMATE. NELLA DICHIARAZIONE FINALE
DELL’ASSEMBLEA PLENARIA DEI VESCOVI, A BANGUI,
I PRESULI DENUNCIANO IL PERSISTERE
DEI SOPRUSI
BANGUI. = Da quasi un anno l’esercito della Repubblica
Centrafricana compie violenze sui civili. La denuncia viene dai vescovi del
Paese nella dichiarazione finale della loro assemblea plenaria, svoltasi dal 2
all’11 gennaio nella capitale Bangui. Le violenze sono iniziate con il colpo di
Stato compiuto il 15 marzo 2003 dal generale François Bozizé, ma nel corso del
tempo la situazione non è cambiata. La denuncia era giunta anche la scorsa
settimana dal presidente della Conferenza episcopale, mons. Paulin Pomodimo.
Preoccupato anche il Segretario della Nazioni Unite Kofi Annan, che lo scorso 8
gennaio ha espresso apprensione per l’escaltion di violenza nella
Repubblica Centrafricana. (G.Z.)
I NARCOTRAFFICANTI COLOMBIANI
MINACCIANO LA POPOLAZIONE.
IL VESCOVO DI CARTAGO, MONS. LUIS
MADRID MERLANO,
DENUNCIA LE INTIMIDAZIONI ALLA
COMUNITA’
BOGOTA’. = “Continuano a gettare volantini sulle nostre
teste dai loro elicotteri e minacciano i municipi di Roldanillo, Zarzal, La
Union e El Dovio”: con queste parole il vescovo di Cartago, mons. Luis Madrid
Merlano, ha denunciato una serie di intimidazioni ricevute dalla sua comunità
da parte dei gruppi di narcotrafficanti. Ormai è guerra aperta tra i diversi
clan capeggiati dai “signori della droga” come Wilmer Varela e Diego Leon
Montoya Henao. Nelle ultime settimane è aumentato il numero di omicidi. Secondo
fonti del Quinto distretto di polizia che ha sede a Rondanillo sono dieci i
decessi registrati e legati alla rivalità tra bande per il controllo della
zona. Al fianco del vescovo di Cartago, le autorità locali hanno espresso tutta
la loro preoccupazione nei confronti di questo conflitto civile. (D.D.)
CONVEGNO A ROMA SUL NUOVO CONCORDATO DEL 18
FEBBRAIO 1984,
NEL XX ANNIVERSARIO DELLA FIRMA.
TRA I RELATORI I CARDINALI ACHILLE SILVESTRINI E ATTILO NICORA,
L’ONOREVOLE GENNARO ACQUAVIVA, IL GIURISTA GIUSEPPE DALLA TORRE
- A
cura di Stefano di Stefano Leszczynski -
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ROMA. = Venti anni fa nella sede di Villa Madama fu
sottoscritto un nuovo patto tra Stato e Chiesa in Italia, che modificava
profondamente l’accordo precedente, che aveva avuto il merito di chiudere nel
1929 la Questione romana. Il cardinale Casaroli e il presidente Craxi, i due
protagonisti di quell’evento, sono entrambi scomparsi, ma l’eco di quella
decisione, le conseguenze che essa ha recato nella società italiana, nel suo
rapporto con la Chiesa cattolica e con le altre confessioni religiose sono
tuttora oggetto di esame e confronto. “Senza spiritualità non c’è progresso
reale, non c’è spinta per il cambiamento”: lo ha detto l’onorevole Gennaro
Acquaviva, parlando della ragione politica che mosse negli anni ’70 il leader
dei socialisti italiani a tragrettare il partito dall’opposizione all’art. 7
della Costituzione, verso una posizione filo-concordataria, e che ne fece il
protagonista decisivo della chiusura di una lunga trattativa per il rinnovo del
patto stra Stato e Chiesa. Nel convegno, organizzato dal Centro Studi “Gino
Germani”, si rivive quell’evento, collocandolo nella sua dimensione storica,
come ha sottolineato il cardinale Silvestrini, quella cioè di un accordo di
libertà e di collaborazione per la promozione dell’uomo e il bene del Paese.
''La revisione del Concordato nel 1984- ha detto il porporato - fu merito di
Craxi: e' giusto dargliene atto. Ma oggi va reso omaggio non solo alla memoria
ma all'esempio che la classe politica di quegli anni dava al Paese, con la propria
preparazione, consapevolezza e apertura alle esigenze della Chiesa''
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DA
DOMANI IN OLANDA L’INCONTRO DELLA CIDSE,
CARTELLO
DI 15 ORGANIZZAZIONI CATTOLICHE
CHE
OPERANO NEL CAMPO DELLA SOLIDARIETA’
AMSTERDAM.
= Si svolge da domani fino a domenica prossima in Olanda, la riunione della
Cidse, una sigla che sta per “Cooperazione internazionale per lo sviluppo e la
solidarietà” e che comprende 15 organizzazioni cattoliche europee e
nordamericane che operano nel campo del sostegno alle popolazioni più povere.
All’incontro partecipa anche mons. Karel Kasteel, segretario del Pontificio
Consiglio Cor Unum. L’appuntamento è in preparazione alla Quaresima: i
rappresentanti della Cidse progetteranno un piano di solidarietà da mettere in
atto nel periodo quaresimale cercando di coinvolgere i cattolici di tutti i
continenti.
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15
gennaio 2004
- A cura di Fausta Speranza -
L'esercito
israeliano ha imposto la chiusura
totale della striscia di Gaza. La
decisione è stata annunciata dopo l’uccisione ieri di quattro israeliani al
valico di Erez fra la striscia di Gaza e
Israele. L’esplosione, provocata da una kamikaze donna, era stata
rivendicata da Hamas e dalle Brigate dei martiri di Al Aqsa, gruppo armato derivante da Al Fataah. Intanto, prosegue l’operazione di soldati
israeliani per la cattura di terroristi palestinesi a Tulkarem e blindati sono
entrati nelle ultime ore anche a Jenin.
Decine di migliaia di persone
hanno manifestato a Bassora, nel sud dell'Iraq, a sostegno della richiesta del
massimo leader religioso sciita di elezioni dirette per scegliere un nuovo
governo sovrano. L'Ayatollah Ali al Sistani e' contrario ai piani americani
di fare eleggere un'assemblea
transitoria irachena da gruppi regionali piuttosto che con elezioni dirette.
L'assemblea, secondo i piani USA, dovrebbe poi scegliere un governo ad interim
che assumerebbe la sovranità entro metà
giugno. Intanto, il segretario generale dell'Onu, Kofi Annan, ha convocato, per
lunedì prossimo a New York, i membri del Consiglio provvisorio di governo per
una riunione trilaterale con Usa e Onu,
per discutere del futuro delle Nazioni
Unite nel Paese. La delegazione irachena sara'
guidata dal presidente provvisorio, Pachachi.
In Iran decine di deputati
riformisti proseguono il sit-in al Parlamento per protestare contro il no a
migliaia di candidature per le legislative del 20 febbraio. ''Continueremo il sit-in fino
all'accoglimento delle nostre richieste'', ha detto Mohammed Reza Khatami,
fratello del presidente e capo del principale partito riformista, il Fronte
della partecipazione, la cui candidatura e' stata respinta. I deputati
ribadiscono la richiesta di ''elezioni libere, giuste e legali'', affermando,
però, di intravedere ''i primi segnali positivi”. L'Ayatollah Khamenei ha
ordinato ieri al Consiglio dei guardiani, l’organo conservatore di cui è guida
suprema, di riesaminare con meno severità i dossier dei candidati riformisti
respinti.
Da oggi
Romano Prodi è impegnato in una visita in Turchia definita storica perché si tratta della prima missione che un
presidente della Commissione europea compie in terra turca dal 1963. Romano
Prodi avrà colloqui ad Ankara e
Istanbul con l’obiettivo di analizzare lo stato della complicata marcia di
avvicinamento della Turchia verso l’Unione europea. A fine anno si discuterà
dell’apertura dei negoziati sul possibile ingresso della Turchia nell’Unione
Europea. In questo momento, che cosa
tiene distante Ankara dall’Europa?
Giada Aquilino lo ha chiesto ad Antonio Ferrari, inviato speciale del Corriere
della Sera:
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R. – Sulla realizzazione delle riforme, che sono state
approvate dal Parlamento turco, c’è ancora attesa e anche alcune resistenze
all’interno dell’Unione Europea, più legate alle caratteristiche
religioso-culturali di questo Paese che non agli altri problemi di carattere
politico e soprattutto economico. Il terzo elemento riguarda invece Cipro. E’
evidente che sarebbe importante una pressione della Turchia sulla componente
turco-cipriota per fare in modo che anche quest’ultima possa seguire la
Repubblica greco-cipriota al fine di avere una Cipro unita, al momento
dell’entrata nell’Unione Europea il 1° maggio del 2004. La Turchia ha questa
carta da giocare, che potrebbe portare ad una accelerazione per avere una data
dell’inizio dei negoziati più vicina e per poi entrare nell’Unione a cavallo
del 2010.
D. – Violazione dei diritti umani e pena di morte in
Turchia sono alcuni dei punti su cui l’Europa, e non solo, insiste. Cosa sta facendo Ankara al
proposito?
R. – C’è stato un pronunciamento chiaro del Parlamento
contro la pena di morte. In effetti la pena di morte non si esegue più in
Turchia dal 1984. Per quanto riguarda invece i diritti umani, non si sta facendo
nulla. Il problema riguarda in particolare i curdi, cioè la minoranza dei circa
9 milioni di cittadini turchi che vivono soprattutto nelle aree del sudest del
Paese. I curdi, dopo aver lottato per l’autonomia, si sono convertiti ad una
idea più minimalista e cioè al riconoscimento dei propri diritti culturali.
Qualcosa è stato fatto ma è assolutamente insufficiente.
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Intanto, l'Europarlamento ha
preso posizione, a Strasburgo, in favore della concessione del diritto di voto
alle elezioni locali ed europee agli immigrati che risiedono legalmente
nell'Unione. Con una risoluzione, adottata per iniziativa della commissione
affari sociali, si consente agli
immigrati regolari di beneficiare di
“uno status che preveda diritti e doveri di natura economica, sociale e
politica, incluso il diritto di voto alle elezioni municipali ed europee''.
Per quanto riguarda, invece, il
piano delle relazioni dell’Europa con l’esterno, in particolare in tema di
economia, l'Unione ha chiesto all'Organizzazione mondiale del commercio, Wto,
il via libera per imporre sanzioni contro gli Usa in rapporto al cosiddetto
“emendamento Bird''. Si tratta della norma approvata dagli Stati Uniti nel 2002 che concede un rimborso alle societa'
statunitensi coinvolte in casi di
anti-dunping, cioè particolari casi di credito. Lo ha annunciato oggi la
Commissione europea ricordando che gli Usa avevano tempo fino al 27 dicembre
scorso per far rientrare l’emendamento nell'ambito delle normative previste
dall’Organizzazione mondiale del commercio.
Sul caso Parmalat si è pronunciato oggi il presidente
dell’associazione delle banche italiane, Sella. Ha sottolineato che gli istituti bancari sono stati
ingannati attraverso un sistema di contabilita' ''totalmente creativa”, ma che
“l'esposizione degli istituti italiani nei confronti del gruppo di Collecchio
e' inferiore a quello del gotha
bancario estero”. E Sella ha poi detto di auspicare che “l'indagine
parlamentare, in cui anche l'Abi sara' sentita, possa far emergere tutti gli aspetti
che sono alla base di questo inganno” e che il Parlamento prenda le decisioni
migliori per il futuro. Da un altro
punto di vista, è intervenuto il presidente della Confederazione italiana
agricoltori Cia, per affermare che la categoria si aspetta che dal Consiglio
dei ministri in programma domani scaturiscano “provvedimenti adeguati” per rimborsare le imprese agricole
produttrici di latte che vantano crediti nei confronti delle aziende del gruppo Parmalat, in base alle promesse fatte
dal governo prima di Natale.
L'avvocato conservatore Oscar
Berger giura oggi come nuovo presidente
del Guatemala, un paese attanagliato da una gravissima crisi economica e diviso
dalla discriminazione nei confronti della maggioranza indigena. Berger, ex sindaco della capitale, è stato
eletto con il sostegno del settore imprenditoriale, sconfiggendo al ballottaggio, il 28 dicembre scorso, il
candidato di centro-sinistra Alvaro Colom.
Berger e' il secondo presidente dopo gli accordi di pace tra il governo
e la guerriglia marxista del 1996, che misero fine a 36 anni di sanguinosa
guerra civile. Secondo dati delle Nazioni Unite, il 60 per cento dei 5,5
milioni di abitanti del Guatemala vive al di sotto della soglia di
poverta', mentre poche famiglie
controllano l'economia privata e possiedono oltre l'80 per cento della terra.
Berger ha chiarito di non poter risolvere subito tutti i problemi, per poi
indicare alcune priorità. Le spiega Maurizio Salvi:
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Il nuovo presidente ha precisato
di voler stimolare gli investimenti locali e stranieri, rafforzando le
infrastrutture del Paese. Il nuovo capo dello Stato ha detto di voler lottare
contro l’impunità e la corruzione e per recuperare la fiducia nelle istituzioni
dello Stato. Per quanto riguarda la lotta alla povertà, che interessa il 50 per
cento del Paese, Berger, che ha 57 anni, ha detto che lunedì avvierà un piano
speciale per portare alimenti nelle zone più affette dalla carestia. L’asso
nella manica del nuovo presidente è rappresentato dall’annuncio del premio
Nobel per la pace Rigoberta Menchù che ha rivelato di voler collaborare con il
nuovo governo, soprattutto per la realizzazione degli accordi di pace. Per la
verità, il neo eletto presidente aveva proposto alla Menchù di assumere una
responsabilità di governo, un invito che però l’esponente pacifista ha rinviato
al mittente a causa dei molti impegni già contratti.
Maurizio Salvi, per la Radio
Vaticana.
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Sale la tensione politica in
Algeria in vista delle elezioni presidenziali di aprile prossimo. Si avvertono
contraccolpi sul piano istituzionale che lasciano intravedere un instabile
futuro politico. Il nostro servizio
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Le forze armate algerine
non resteranno ''neutrali'' nel caso
che la stabilita' del paese si trovi
minacciata dai risultati dell’appuntamento elettorale. Lo ha dichiarato il capo
di stato maggiore dell'esercito,
Mohamed Lamari. Ma rispondendo indirettamente a quei politici che hanno chiesto l'intervento dell'esercito nella fase
elettorale delle prossime presidenziali, segnata dal contrasto tra il
presidente Bouteflika e l’ex premier Benflis, Lamari ha precisato che ''sono
finiti i tempi in cui i militari
intervenivano nel gioco politico'' e che
“nessuno deve osare chiedere che il presidente venga sostituito”. Tre
giorni fa, undici personalita' politiche, tra cui cinque ex capi di governo e leader di partito,
hanno espresso forti riserve sul
corretto svolgimento delle prossime elezioni
presidenziali, chiedendo le dimissioni del governo guidato da Ahmed Ouyahia. Il partito diretto da
Ouyahia, il Raggruppamento nazionale
democratico (Rnd), ha annunciato il suo sostegno alla candidatura di Bouteflika. Mentre il Fronte di liberazione
nazionale, l’ex partito unico che ora ha la maggioranza nel paese, ha designato come proprio candidato ufficiale Ali
Benflis. Il braccio di ferro tra Bouteflika e Benflis, entrambi espressione
dello stesso partito ma ormai ai ferri corti, ha arroventato il clima politico nel Paese.
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Rimpasto nella compagine
governativa in Tunisia. Il presidente della Repubblica, Ben Ali, ha
annunciato ieri sera, al termine di un incontro col primo ministro Ghannouchi, nuove nomine nei
settori dell’economia, del commercio, del turismo e artigianato e dello sport.
Ben Ali ha anche nominato un nuovo
governatore della banca centrale tunisina.
Segnali di disgelo tra Giappone
e Corea del nord, ai ferri corti da oltre un anno per la crisi nucleare e il problema delle persone
rapite dai servizi segreti di Pyongyang
negli anni '70 e '80. Secondo la stampa giapponese, la Corea del Nord ha
offerto di rimpatriare a Tokyo entro il prossimo 20 marzo i figli dei cinque giapponesi che erano già
tornati il 15 ottobre 2002, dopo 24
anni di permanenza forzata nel paese comunista. Gi adulti erano
stati 'liberati' dopo lo storico vertice del 17 settembre 2002 a Pyongyang tra il primo ministro giapponese
Koizumi e il leader nordcoreano Kim
Jong Il, ma erano rientrati a
riabbracciare il loro paese di nascita e i genitori senza i figli, sette in tutto, rimasti nella
capitale nordcoreana.
Un treno
pakistano ha attraversato l’India oggi per la prima volta dopo due anni. Si
tratta del segno più evidente del processo di riconciliazione in corso tra i
due Paesi, sancito dai recenti colloqui tra il premier indiano, Vajpayee, e il
presidente pakistano, Musharraf, in vista di un nuovo round di negoziati di pace, previsto per il prossimo
mese.
Il ministro della difesa russo, Ivanov,
ha detto che l'eventuale creazione da parte degli Stati Uniti di basi
nell'Europa dell'Est preoccuperebbe
Mosca e determinerebbe una ''appropriata reazione''. Ieri, il presidente
dell'organizzazione non governativa U.S.
Nato Committee, Jackson, aveva detto in Georgia che Washington sta
negoziando con Polonia, Romania e Bulgaria per il temporaneo dislocamento in quei paesi di unita' militari che
dovrebbero essere usate in Afghanistan o in Iraq. In ogni caso, Ivanov ha precisato che ancora nessuna decisione
definitiva e' stata presa sul
trasferimento delle basi americane, incluse quelle dalla Germania alla Polonia.
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