RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVIII  n. 15  - Testo della Trasmissione di giovedì 15 gennaio 2004

 

Sommario

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Superare le tensioni e lottare compatti contro il terrorismo: così stamane il Papa nel discorso ai vertici delle Amministrazioni di Roma e Lazio.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

“No” dei vescovi americani ed europei al muro che divide la Cisgiordania. Al termine dell’incontro con gli ordinari di Terra Santa, i presuli invitano al dialogo, condannando il terrorismo antiisraeliano e le restrizioni che colpiscono i palestinesi: ce ne parla padre William Shomli

 

La strage della mamma-kamikaze, quando il sacrificio all’ideologia diventa disumano: ai nostri microfoni il cardinale Roberto Tucci

 

“L’uomo tornerà sulla Luna nel 2015 e nel 2025 proverà a raggiungere Marte e i confini del sistema solare”. Lo ha annunciato, ieri, il presidente statunitense, George Bush: il commento di padre Sabino Maffeo

 

Si apre domani nella città indiana di Bombay il quarto Forum sociale mondiale: con noi Daniele Frigeri

 

Conferita ieri pomeriggio, alla Lateranense, la Laurea in Utroque Iure al senatore Giulio Andreotti: intervista con il senatore a vita.

 

CHIESA E SOCIETA’:

Appello dei vescovi filippini ai candidati alle presidenziali perché si pronuncino contro la pena di morte

 

Amnesty International lancia l’allarme sul record di esecuzioni a Singapore

 

La Chiesa cattolica dell’Angola denuncia le violenze e i soprusi nella regione di Cabinda

 

Cristiani e musulmani, hanno marciato due giorni fa insieme, fino al confine indo–pakistano, per sostenere il desiderio di pace e di dialogo fra le due nazioni

 

La Repubblica centrafricana in preda alle violenze delle milizie armate

 

I narcotrafficanti colombiani minacciano la popolazione: la denuncia del vescovo di Cartago, mons. Luis Madrid Merlano

 

Convegno a Roma sul nuovo Concordato del 18 febbraio 1984

 

Da domani in Olanda l’incontro della Cisde, Cartello di 15 organizzazioni cattoliche che operano nel campo della solidarietà.

 

24 ORE NEL MONDO:

Israele impone la chiusura totale della Striscia di Gaza

 

Prodi in Turchia: prima visita di un presidente della Commissione europea dal 1963

 

Oscar Berger giura come nuovo presidente del Guatemala, dove la crisi economica è gravissima.

 

 

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

15 gennaio 2004

 

SUPERARE LE TENSIONI E LOTTARE COMPATTI CONTRO IL TERRORISMO:

COSI’ STAMANI IL PAPA NEL DISCORSO AI VERTICI

DELLE AMMINISTRAZIONI DI ROMA E LAZIO.

 IL PONTEFICE HA INOLTRE RIBADITO IL RUOLO FONDAMENTALE DELLA FAMIGLIA

 PER COSTRUIRE UNA VERA CIVILTA’ DELL’AMORE

- Servizio di Alessandro Gisotti -

 

Il richiamo alla coesione sociale per sconfiggere il terrorismo e il ruolo della famiglia per costruire una “Civiltà dell’amore” sono stati al centro del discorso pronunciato stamani dal Papa ai vertici delle amministrazioni di Roma e Lazio: il presidente della Regione, Francesco Storace, il presidente della provincia di Roma, Enrico Gasbarra, e il sindaco capitolino, Walter Veltroni, ricevuti in Vaticano per lo scambio di auguri d’inizio anno. Il servizio di Alessandro Gisotti:

 

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“E’ indispensabile l’apporto di ciascuno per costruire una società più giusta e fraterna”: è l’esortazione rivolta dal Papa agli amministratori di Roma e Lazio a cui ha ricordato che “occorre insieme superare le tensioni e i conflitti” ed “è necessario lottare compatti contro il terrorismo” che ha, purtroppo, interessato anche la città di Roma. Le difficoltà che segnano l’attuale situazione del mondo, ha constatato, si avvertono anche in questa nostra terra:

 

“I momenti non facili sono però quelli nei quali possono e devono più chiaramente emergere le energie positive di una popolazione e dei suoi rappresentanti”.

 

Bisogna costruire la “Civiltà dell’amore”, ha proseguito, a partire dalla famiglia, che, ha rammentato, come recita la Costituzione italiana è la “società naturale fondata sul matrimonio”.

 

“La famiglia rappresenta lo spazio umano, nel quale la persona, fin dall’inizio della sua esistenza, può sperimentare il calore dell’affetto e crescere in modo armonico”.

 

Proprio per questo, ha sottolineato, “vengono salutate con favore scelte politiche e amministrative idonee a sostenere il nucleo familiare”. Il Papa non ha mancato di ricordare i provvedimenti presi dalle amministrazioni locali per andare incontro alle famiglie con figli nei primi anni di vita. Volgendo poi l’attenzione all’educazione dei giovani, ha messo l’accento sul ruolo fondamentale della scuola. Un settore a cui la Chiesa contribuisce con i suoi istituti scolastici che svolgendo “un apprezzato ruolo sociale” hanno “diritto ad essere sostenuti”. Quindi, ha indicato gli altri settori della vita sociale che richiedono concreti interventi: dagli anziani che vivono soli ai minori in stato di abbandono, agli immigrati. “Penso – ha detto ancora – alla gioventù che guarda con fiducia verso l’avvenire e attende di essere educata alla giustizia, alla solidarietà e alla pace”. Per tutti loro, ha evidenziato, le parrocchie, le comunità religiose e le istituzioni cattoliche di volontariato continueranno, a Roma come nel Lazio, ad offrire il loro capillare contributo, “ponendo a disposizione ogni risorsa umana e spirituale”.

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La Regione Lazio, che ha un’estensione di 17 mila chilometri quadrati, conta circa 5 milioni e 100 mila abitanti ed è la terza regione italiana più popolosa dopo Lombardia e Campania. La città di Roma, la più popolosa d’Italia, ha una popolazione di 2,7 milioni di abitanti. La provincia romana, invece, conta 3,7 milioni di abitanti.

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

"Costruire insieme la 'Civiltà dell'Amore' in questa nostra amata Città": apre la prima pagina la toccante esortazione rivolta dal Santo Padre ai rappresentanti della Regione Lazio, del Comune di Roma e della Provincia di Roma, ricevuti stamane in udienza.   

Sempre in prima un articolo di Andrea Riccardi dal titolo "Una convinzione che è una grande speranza": il discorso di Giovanni Paolo II al Corpo Diplomatico.

 

Nelle vaticane, un articolo sulla testimonianza del beato Paolo Manna, "una vita spesa interamente per le missioni"; il 16 gennaio ricorre la memoria liturgica del sacerdote del Pime. 

Una pagina dedicata al cammino della Chiesa in Italia.

 

Nelle estere, Medio Oriente: le forze armate israeliane impongono la chiusura totale della Striscia di Gaza dopo l'attentato suicida che ha provocato cinque vittime presso il valico di Erez. 

Per la rubrica dell'"Atlante geopolitico", un articolo di Giuseppe Fiorentino dal titolo "India-Pakistan: dialogo sul Kashmir". 

 

Nella pagina culturale, un articolo di Roberto Morozzo Della Rocca su un saggio dedicato alla vita in Russia sotto Stalin. Il titolo dell'articolo è "Un regime sanguinario in cerca di consenso".

 

Nelle pagine italiane, in primo piano la vicenda Parmalat.

In rilievo il terrorismo. Al riguardo un articolo dal titolo "Un fenomeno eversivo che cova sotto la cenere"; l'arresto di due latitanti storici delle Br.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

15 gennaio 2004

 

“NO” DEI VESCOVI AMERICANI ED EUROPEI AL MURO

CHE DIVIDE LA CISGIORDANIA. AL TERMINE DELL’INCONTRO CON GLI ORDINARI DI TERRA SANTA, I PRESULI INVITANO AL DIALOGO,

CONDANNANDO IL TERRORISMO ANTIISRAELIANO

E LE RESTRIZIONI CHE COLPISCONO I PALESTINESI

- Intervista con padre William Shomli -

 

 “Non muri ma ponti”. Da Gerusalemme, i vescovi europei e americani che hanno concluso oggi il loro incontro con gli ordinari di Terra Santa hanno lanciato un nuovo appello al dialogo tra israeliani e palestinesi. I presuli hanno espresso la loro solidarietà con entrambe le popolazioni, condannando sia gli attacchi contro gli israeliani, sia la punizione collettiva contro i cittadini palestinesi. “Abbiamo notato con rammarico - si legge nella nota conclusiva dell’incontro - la mancanza di volontà politica, non solo nella regione ma anche nella comunità internazionale, di lavorare per una soluzione di pace”. I presuli deplorano anche le “difficoltà” che gli appartenenti alla Chiesa cattolica incontrano nell’ottenere i permessi di residenza, per studio o per lavoro, in Israele e nei Territori palestinesi. Tutti ostacoli, affermano, che impediscono alla Chiesa “di svolgere la propria missione al servizio della popolazione della Terra Santa” e tanto più deplorevoli se si considera l’Accordo fondamentale siglato dieci anni fa tra Israele e la Santa Sede. I vescovi concludono ponendo in risalto “il piccolo ma significativo aumento del numero dei pellegrini in Terra Santa”, considerato un “segno di speranza e di solidarietà” per i cristiani di quei luoghi.

 

In un distinto comunicato congiunto, reso noto stamani, i vescovi statunitensi ed europei avevano ulteriormente criticato la costruzione del muro di sicurezza israeliano in Cisgiordania, affermando che esso “divide le famiglie” palestinesi e le “isola dalla loro terra e dalle loro risorse”, arrivando “persino a separare le istituzioni religiose”. Ieri, inoltre, la crisi mediorientale era stata oggetto di due distinti incontri tra i vescovi e Yasser Arafat e, successivamente, con il presidente israeliano Moshe Katsav. Per commentarlo, Alessandro De Carolis ha raggiunto telefonicamente a Gerusalemme l’economo del patriarcato, padre William Shomli:

 

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R. – L’incontro con Arafat è stato molto sereno. L’incontro con il presidente Katsav si è svolto in un contesto un po’ più conflittuale. Il presidente israeliano ha parlato del terrorismo palestinese e il Patriarca Sabbah ha risposto che bisogna guardare anche all’altra faccia della realtà - l’occupazione dei Territori - che rappresenta la causa della violenza. Per risolvere un problema bisogna arrivare alle radici, ha affermato il Patriarca, ma Katsav non è stato contento della risposta. Si è trattato di un dialogo - un dialogo un po’ forte - tra due persone che hanno atteggiamenti e posizioni diverse sulla questione palestinese.

 

D. – Come hanno commentato i vescovi europei ed americani questo colloquio?

 

R. – Bene. Hanno tutti un atteggiamento molto oggettivo: riconoscono che c’è un problema di violenza e di terrorismo, ma anche un problema di occupazione. Vogliono un negoziato per uscire da questo empasse.

 

D. – Proprio ieri, è piombata la notizia del nuovo attentato kamikaze di Erez. Come è stata accolta dai vescovi?

 

R. – Si è avuta l’impressione che non vi può essere via d’uscita senza una reale soluzione globale di tutti i problemi. Non soltanto del terrorismo ma anche della giustizia in Terra Santa.

 

D. – Da un punto di vista generale, qual è il punto o i punti più rilevanti emersi dall’incontro di Gerusalemme?

 

R. – Anzitutto i vescovi hanno voluto dire alla comunità cristiana di Terra Santa che non è sola, perché la permanenza della comunità cristiana in Medio Oriente non è un fatto locale ma ecclesiale. In questo senso, si è parlato molto dei pellegrinaggi, perché i pellegrinaggi sono un elemento polivalente: danno sostegno morale alle nostre comunità; la presenza dei pellegrini rappresenta un segno di pace, mentre la loro assenza dà l’idea di un Paese in guerra, ed infine i pellegrinaggi forniscono un aiuto economico, attraverso l’indotto del turismo.

 

D. – Oltre all’incremento dei pellegrinaggi, sono state avanzate altre proposte di tipo concreto?

 

R. – Sì, i vescovi hanno detto tutti di voler tornare l’anno prossimo. Questa decisione rappresenta un fatto molto positivo. Inoltre, i vescovi hanno anche chiesto di non voler partecipare soltanto ad un meeting, ma di visitare le parrocchie, le scuole, per incontrare la comunità là dove vive. E questo ci colpisce veramente.

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LA STRAGE DELLA MAMMA-KAMIKAZE,

QUANDO IL SACRIFICIO ALL’IDEOLOGIA DIVENTA DISUMANO

- Intervista al cardinale Roberto Tucci -

 

L’ultima strage in Medio Oriente ha offerto uno spunto di riflessione al cardinale Roberto Tucci, che si è soffermato sulle altre problematiche della Terra Santa, prima tra tutte la difficile situazione dei cattolici in Medio Oriente e il loro rapporto con i musulmani. Ma il commento del porporato ha riguardato anche il tema del rapporto tra laicità e laicismo, sviluppato dal Papa nel suo Messaggio per la Giornata mondiale della pace. Nell’intervista di Luca Collodi, il cardinale Tucci parte dal drammatico attentato compiuto dalla giovane mamma-kamikaze:

 

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R. – L’attentato al valico di Erez mi fa pensare che ci sia dietro un’ideologia veramente antiumana, che riesce a penetrare nella mente di una giovane madre, con giovanissimi figli e la rende strumento di morte per altri civili innocenti - proprio lei che dovrebbe essere in favore della vita. Non vorrei con questo dire che l’Islam porti per forza a questo. Ma un Islam che arrivi a questo è qualcosa di estremamente disumano.

 

D. – Restando nell’area mediorientale, i cristiani stanno fuggendo dalla Terra Santa: anche questo è un elemento che ci deve far riflettere…

 

R. – Si tratta di una emorragia che dura da tempo. Non è determinata solamente dagli ultimi avvenimenti, anche se la situazione attuale ha spinto ancor più i cristiani a lasciare la Terra Santa.

 

D. – Ma cosa fa la Chiesa per evitare questo? Può fare qualcosa?

 

R. – Poco, può ben poco. Questa gente non riesce più a vivere o meglio a sopravvivere. Appena trovano maggiori possibilità di agganci col mondo occidentale, sono maggiormente spinti a cercare di farsi una vita altrove.

 

D. – Quindi è un problema economico?

 

R. – E’ un problema economico, certo, ma anche un problema sociale. E ciò perché certamente i cristiani in Terra Santa non sono ben visti. Un fenomeno che – anche se in minor quantità – sta verificandosi anche in Libano. Soprattutto i giovani, quelli cioè che hanno maggiori possibilità di cambiare la propria esistenza, cercano di andare via.

 

D. – E’ un problema legato all’avanzare dell’Islam oppure no?

 

R. – E’ un problema dovuto al fatto che l’Islam non sempre rispetta come veri cittadini coloro che non sono islamici e quindi, di fatto, il popolo cristiano in un Paese islamico si trova in condizione di inferiorità sociale.

 

D. – Torniamo ora all’incontro del Papa con il Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, avvenuto nei giorni scorsi. In quell’occasione, si è parlato molto di pace, del “no” alla guerra. Ma Giovanni Paolo II ha parlato anche dei rapporti tra cristiani e laici. L’Europa, in particolare, si sta riscoprendo sempre più “laica”?

 

R. – Secondo me, l’Europa sta scoprendo la “religione” del laicismo: vuole essere al di fuori delle religioni, sta creando un suo credo religioso, che poi, praticamente, va contro la religione come fatto sociale. Ciò è molto grave: il laicismo sta diventando sempre più apertamente quello che è sempre stato e cioè una ideologia e non un vero rispetto delle credenze e della libertà religiosa. Il laicismo di oggi tende sempre più a diventare una contro-fede, che pretende però di essere sempre più la fede di tutti.

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“L’UOMO TORNERÀ SULLA LUNA NEL 2015

E NEL 2025 PROVERÀ A RAGGIUNGERE MARTE

E I CONFINI DEL SISTEMA SOLARE”. LO HA ANNUNCIATO, IERI,

IL PRESIDENTE STATUNITENSE, GEORGE BUSH,

PRESENTANDO IL PROGRAMMA SPAZIALE AMERICANO

- Intervista con padre Sabino Maffeo -

 

Riparte la corsa degli Stati Uniti nello spazio. Nel quartier generale della Nasa, a Washington, Bush ha annunciato ieri un nuovo programma per “estendere la presenza dell’uomo attraverso il sistema solare”. Ce ne parla Andrea Sarubbi:

 

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Undici anni per tornare sulla Luna e crearvi una base permanente, una ventina per mettere piede sul pianeta rosso e conoscere da vicino la fascia degli asteroidi. L’America inizia una nuova fase, lasciandosi alle spalle i primi 40 anni di ricerca: lo confermano l’abbandono della Stazione orbitante ed il graduale pensionamento degli shuttle, partiti in 5 e rimasti in 3, dopo un centinaio di missioni. Dovevano essere l’avanguardia del futuro, ma l’esplosione in volo del Columbia – che il primo febbraio scorso provocò la morte dei 7 astronauti – ha aumentato in modo esponenziale il senso critico dell’opinione pubblica americana. Sarà per questo che ieri, quando il capo della Casa Bianca ha dichiarato l’obiettivo di voler “testare i sogni” dell’umanità, in pochi hanno provato le emozioni di 40 anni fa. Erano tempi diversi, quelli in cui John Fitzgerald Kennedy annunciava l’avvio dell’impresa sulla Luna, e c’è forse un nemico in meno – l’Unione Sovietica di allora – da battere. Ma non manca chi teme ugualmente una nuova sfida spaziale, stavolta magari con la Cina, che ha in programma nei prossimi mesi l’invio di 10 satelliti. Bush, da parte sua, tenta di rassicurare (“sarà un viaggio, non una corsa”) e spiega che il nuovo aereo spaziale, che dal 2014 prenderebbe il posto degli shuttle, avrà il compito di “sviluppare la conoscenza umana e di fare avanzare la tecnologia per il benessere di tutti”.

 

Il nuovo aereo spaziale, che dal 2014 prenderà il loro posto, avrà il compito ambizioso di “testare i confini dei nostri sogni”, come ha detto ieri il presidente ad una platea non troppo emozionata. Forse perché, rispetto al Kennedy che 43 anni fa annunciò l’impresa sulla Luna, oggi manca il risvolto politico della sfida con il nemico sovietico. O magari perché anche il desiderio di sviluppare la tecnologia è costretto a compiere un passo indietro di fronte al budget elevatissimo del progetto: mille miliardi di dollari all’anno, che probabilmente il Congresso non concederà mai. Bush lo sa bene, ma ogni sogno ha un prezzo. E con una campagna elettorale in corso, nessun prezzo è troppo alto.

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La sonda americana ‘Spirit’, sbarcata su Marte lo scorso 4 gennaio, si appresta intanto a muovere i primi passi sul pianeta rosso avviando una nuova fase nella storia delle esplorazioni spaziali. Gli scienziati della Nasa hanno infatti dato, stamani, l’ordine di muoversi al robot che è sceso dalla propria piattaforma di atterraggio. I primi tentativi di inviare sonde su Marte risalgono agli anni ’60 e si inseriscono nella complessa cornice della guerra fredda tra Stati Uniti ed Ex Urss. Ma sul significato dell’attuale missione sul pianeta rosso ascoltiamo, al microfono di Amedeo Lomonaco, padre Sabino Maffeo:

 

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R. – Il significato principale è quello di promuovere la ricerca sull’universo. L’uomo ha sempre bisogno di conoscere e soddisfa questo desiderio sfruttando tutti i mezzi ed i progressi della tecnica. Il pianeta Marte interessa in modo particolare perché presenta caratteristiche che possono aver reso possibile la vita. Ma è evidente che ci sono anche altre ragioni che spingono i governanti a realizzare queste missioni quali la ricerca di prestigio della propria nazione ed il desiderio di vincere la competizione scientifica tra Stati Uniti da una parte ed Europa dall’altra, ed in futuro Russia, Cina e Giappone…

 

D. – Quali conseguenze potrebbe avere l’esplorazione del pianeta rosso?

 

R. – Sicuramente ci saranno delle novità: verranno forniti dati sull’atmosfera e sulla presenza dell’acqua nel sottosuolo. Sembra certo che l’acqua ci sia stata e adesso la sfida è trovarne le tracce.

 

D. – Tra i pannelli solari del robot mobile sono stati montati numerosi strumenti per analizzare la polvere, le rocce e la superficie di Marte. Ma l’obiettivo più importante è di accertare se sul pianeta siano individuabili condizioni che possano aver favorito la vita. E’ questa un’ipotesi plausibile?

 

R. – Condizioni che possano aver favorito la vita già si conoscono: le temperature sulla superficie vanno da 80 sottozero a più 20. E se c’è stata l’acqua, anche questo può avere reso possibile la vita. Si tratta ora di sapere se ci sia stata o non ci sia stata vita. E a questo proposito, la ricerca principale è di capire se sul pianeta si possa trovare qualche batterio allo stato di fossile.

 

D. – Da un punto di vista teologico, quale significato assumerebbe l’esistenza di altri esseri viventi nell’universo?

 

R. – Da dove vengono, non c’è dubbio: sarebbero sempre stati creati da Dio. Il problema di come si inquadrino nella storia della salvezza è invece tutto da esaminare. Una volta scoperti, bisognerebbe parlare con loro, sentire qual è la loro storia, sapere se ci sia stata anche da loro una rivelazione, ma non c’è dubbio che sarebbero anche quelle creature di Dio. Nel Vangelo si dice che tutto fu fatto per mezzo di Lui, per mezzo del Verbo. Quindi Gesù Cristo è il riferimento per tutto l’universo ed anche eventuali esseri intelligenti esistenti in altri pianeti farebbero riferimento a Lui. Per specificare in cosa consiste questo rapporto, oltre quello della creazione - se c’è stata ad esempio anche una Redenzione - bisogna aspettare di entrare in contatto con loro. La teologia si occupa di fatti e non di ciò che è possibile.

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DOMANI A BOMBAY, IN INDIA, SI APRE IL QUARTO FORUM SOCIALE MONDIALE

- Intervista con padre Daniele Frigeri -

 

Dalla protesta alla proposta. È questo l’obiettivo del quarto Forum sociale mondiale, che si apre domani nella città indiana di Bombay. Le tre edizioni a Porto Alegre, in Brasile, hanno visto crescere il numero dei partecipanti fino a 120 mila: in gran parte membri della società civile, decisi a confrontarsi sui rischi della globalizzazione ed a cercare soluzioni alternative. Tra loro, anche una consistente rappresentanza cristiana. Andrea Sarubbi ha raggiunto telefonicamente a Bombay il padre gesuita Daniele Frigeri:

 

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R. – Il World Social Forum nasce come desiderio di rendere visibile quello che sta realmente accadendo, soprattutto sulle spalle di milioni di persone. Per alcuni è veramente una lotta, perché si tratta davvero di combattere contro una povertà veramente enorme. E qui a Bombay credo si abbia una buona idea di cosa voglia dire. Il Social Forum allora nasce proprio per far sentire la voce e l’esperienza di queste persone.

 

D. – Dal Brasile il World Social Forum si sposta per la prima volta quest’anno in Asia. Che peso può avere?

 

R. – Credo che l’esperienza di aver portato qui in India il Social Forum sia importante, soprattutto perché l’India sta vivendo e ha vissuto un grosso processo di sviluppo e di globalizzazione in sé, che ha ampliato enormemente quelle che erano già delle strutture sociali fortemente intaccate dalla povertà, come il sistema delle caste ecc. E la globalizzazione si è inserita in questo sistema, distruggendo un po’ quella che è l’identità di interi gruppi culturali. L’India, l’intera Asia, sono composte da diversi gruppi etnici culturali locali, che stanno subendo pesantemente l’impatto della globalizzazione in termini di migrazione interna, soprattutto verso le grosse città. E quindi perdita di identità, perdita di cultura, tutte situazioni che la globalizzazione ha portato con sé in questo Paese.

 

D. – Circa 100 mila, si dice, i partecipanti. Tra questi, più di un migliaio sono legati in qualche modo alla Compagnia di Gesù. Come mai?

 

R. – La partecipazione dei gesuiti al Social Forum rientra in quella che è una scelta precisa della Compagnia di essere presente prima di tutto a fianco dei poveri e far sentire la propria voce. I provinciali dell’Asia hanno approvato, e anzi sostenuto fortemente, questa iniziativa e da qui è partito un processo di coinvolgimento di tutte le attività sociali della Compagnia in Asia, che ha coinvolto più di 1300 persone, che stanno arrivando in questo momento.

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CONFERITA IERI POMERIGGIO, ALLA LATERANENSE,

LA LAUREA IN UTROQUE IURE AL SENATORE GIULIO ANDREOTTI

- Intervista con il senatore a vita -

 

In occasione dell’85.mo compleanno del senatore Giulio Andreotti, è stata conferita al politico italiano la Laurea in Utroque Iure nel corso di una cerimonia svoltasi, ieri pomeriggio, alla Pontificia Università Lateranense. Presenti, tra gli altri, il cardinale Camillo Ruini, l’ex presidente della Repubblica italiana, Francesco Cossiga ed il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta. Ma come ha accolto Giulio Andreotti questo importante riconoscimento? Ascoltiamo la sua risposta al microfono di Amedeo Lomonaco:

 

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R. – Con molta commozione e forse con un po’ di superbia, perché avevo cominciato – appena presa la licenza liceale – a fare gli studi contemporaneamente in due Università, alla Lateranense per il Diritto Canonico e all’Università dello Stato per la Giurisprudenza. Quindi provo una profonda emozione anche perché il Laterano era, nel momento difficilissimo dell’occupazione tedesca, uno tra i pochi luoghi di Roma dove la carità e il coraggio del Papa impedì a tanta gente di essere calpestata dall’occupazione.

 

D. –Quali sono, secondo lei, gli aspetti più significativi del pontificato di Giovanni Paolo II?

 

R. – Di essersi aperto al mondo e di aver fatto proprie le preoccupazioni di tanta gente sulla salvaguardia della pace.

 

D. – Quale eredità ha lasciato la storica visita del Santo Padre in Parlamento?

 

R. – Ha confermato il superamento di un lungo contrasto tra Stato e Chiesa, uno scoglio che per decenni non ha fatto incontrare la politica e l’azione della Chiesa in Italia. Il Papa ha spinto un po’ a volare alto nel concepire l’azione politica in Italia, tenendo conto della tradizione e dell’eredità profondamente cristiana del Paese.

 

D. – Come vede l’attuale situazione politica italiana?

 

R. – Con una certa preoccupazione, perché vedo uno schieramento molto antitetico. Manca quel terreno comune, quell’abitudine al dialogo, quel senso di confronto politico tra leader che si rispettano per finalità comuni. C’è un clima di esasperazione che contrasta con quella che dovrebbe essere la giusta cornice dell’azione politica.

 

D. – Quale ruolo ha avuto la fede nella sua vita?

 

R. – Determinante. A cominciare sin dall’inizio quando, appena nato, sono rimasto orfano. In famiglia eravamo tre figli affidati a mia madre e fondamentale è stato l’incontro con la parrocchia, una specie di seconda famiglia, e con un parroco, un uomo che mi ha dato degli indirizzi importanti per la mia vita. 

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CHIESA E SOCIETA’

15 gennaio 2004

 

LA COMMISSIONE EPISCOPALE FILIPPINA PER LE CARCERI HA CHIESTO AI CANDIDATI ALLE PRESIDENZIALI UN MAGGIORE IMPEGNO NEL COMBATTERE LA PENA DI MORTE, REINTRODOTTA DICEMBRE SCORSO, DOPO LA MORATORIA DEL 2000

 

MANILA. = I vescovi filippini hanno chiesto ufficialmente ai cinque candidati alle elezioni presidenziali del maggio prossimo di pronunciarsi contro la pena di morte. L’invito è stato raccolto solo dal senatore Raul Roco, un ex alunno di un istituto gestito dai benedettini. Nell’ambito delle iniziative volte a sensibilizzare l’opinione pubblica nei confronti delle esecuzioni capitali, due giorni fa è stata celebrata una messa presso il Chino Roces Bridge, offerta per due condannati a morte che verranno giustiziati il 30 gennaio. Nel paese asiatico, la pena capitale è stata reintrodotta nel 1993, ma le prime condanne eseguite risalgono al 1999 mentre le ultime al 2000 quando l’ex presidente Joseph Estrada, in occasione del Giubileo, ha imposto una moratoria. La decisione di sospendere le esecuzioni è stata prorogata dalla presidente, Gloria Arroyo, fino al dicembre scorso ma in seguito alle pressioni della comunità cinese-filippina, preoccupata dalla grave situazione di insicurezza e violenza che domina il paese, la moratoria è stata revocata. Le Filippine sono definite “la capitale asiatica del rapimento”; ogni 3 giorni una persona cade nelle mani di sequestratori e ad esserne oggetto sono soprattutto i cinesi, i più ricchi del Paese. Secondo gli ultimi dati, sono 25 i detenuti rei di rapimento che attendono nel braccio della morte, 4 i condannati per delitti legati alla droga. Secondo il gesuita, padre Silvino Borres, membro della Coalizione contro la pena di morte. il Paese asiatico si sta avviando verso una “cultura della morte”. Inoltre, secondo padre Silvino Borres, per migliorare il difficile clima sociale ed economico non si deve pensare alla pena capitale come l’unica soluzione possibile, ma si dovrebbe iniziare ad arginare la corruzione del governo. (Be.C.)

 

 

AMNESTY INTERNATIONAL LANCIA L’ALLARME

SUL RECORD DI ESECUZIONI A SINGAPORE: E’ LA PRIMA CITTA’ AL MONDO

CON IL PIU’ ALTO TASSO DI CONDANNE A MORTE, RISPETTO AL NUMERO DI ABITANTI

 

SINGAPORE.= “Una cifra sconvolgente”: così Margareth John, coordinatrice della sezione regionale di Amnesty International, ha commentato i dati del rapporto dell’organizzazione sulla pena di morte a Singapore. Secondo le cifre accertate, sono 408 i condannati a morte giustiziati tra il 1991 e il 2003. La città detiene così il triste primato con il più alto tasso di esecuzioni per densità di abitanti. I reati che spesso portano alla condanna capitale sono per la maggior parte legati al traffico di droga anche perché in materia, le leggi del piccolo Paese asiatico sono tra le più severe in tutto il mondo. Ad esempio, un maggiorenne trovato in possesso di oltre 15 grammi di eroina viene punito con l'esecuzione capitale per impiccagione. Amnesty denuncia, inoltre, che le forti misure restrittive non portano effetti di diminuzione dei reati. A sostegno di questa teoria, cita le statistiche elaborate dal Singapore Central Narcotics Bureau, secondo il quale 3.393 persone sono state arrestate per reati legati alla droga nel 2002 con un aumento del 16% del numero di tossicodipendenti rispetto al 2001. L’organizzazione impegnata nella difesa dei diritti umani ha chiesto più volte a Singapore di abolire la pena di morte. (Be.C.)

 

 

LA CHIESA CATTOLICA DELL’ANGOLA DENUNCIA LE VIOLENZE E I SOPRUSI IN CABINDA

- A cura di Benedetta Capelli -

 

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LUANDA.= Non accenna a diminuire la spirale di violenza iniziata nel 1975 in Cabinda, l’enclave settentrionale dell’Angola tra la Repubblica del Congo e l’ex Zaire, che ha provocato fino ad oggi almeno 30mila morti. Padre Raul Tati, vicario generale della diocesi di Cabinda, intervenendo a “Radio Ecclesia” ha denunciato le costanti violazioni di diritti umani da parte dei militari, che continuano a godere della più assoluta impunità.  Il padre ha sottolineato: “Da quando è cominciata questa guerra stiamo denunciando flagranti violazioni dei diritti umani e non c’è stato un solo caso in cui i responsabili siano stati incriminati”. I numerosi episodi di soprusi sono la dimostrazione che la guerra nella zona continua e padre Jorge Casimiro Congo, della parrocchia dell’Immaco-lata Concezione di Cabinda ha confermato che il governo angolano mette sotto silenzio la grave situazione in Cabinda. E’ una realtà preoccupante aggravata dall’emergenza economica in cui vive il Paese, stretto nella morsa della corruzione. Secondo un rapporto di Human Rights Watch, l’organizzazione internazionale di difesa dei diritti umani, nelle casse del Paese, tra il 1997 e il 2002, sono spariti più di 4 miliardi di dollari, provenienti dai redditi del petrolio. Se si calcola che l’85% delle entrate dello stato angolano provengono dall’oro nero, il danno è elevatissimo, anche tenendo conto che la somma sottratta rappresenta il 9% del prodotto interno lordo.  In un comunicato, la presidenza angolana smentisce seccamente il rapporto: “Il governo non può essere ritenuto responsabile per entrate stimate sulla base di fonti non attendibili – spiega – “nessuna istituzione finanziaria internazionale ha ancora accertato queste accuse”. Arvind Ganesan, di Human Rights Watch, nel sottolineare la gravità della sparizione ha ribadito come il buco rilevato sia l’equivalente degli investimenti del governo in materia di programmi sociali durante lo stesso periodo. (Be.C.)

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UNITI VERSO LA PACE. CRISTIANI E MUSULMANI HANNO MARCIATO INSIEME A KASUR,

IN PAKISTAN. UN TRENO PAKISTANO HA ATTRAVERSATO IL CONFINE CON L’INDIA

 

KASUR = Cristiani e musulmani hanno marciato due giorni fa insieme, fino al confine indo-pakistano per sostenere il desiderio di pace e di dialogo fra le due nazioni. La marcia ha avuto inizio a Kasur, a 55 km da Lahore in Pakistan. Centinaia erano i musulmani e una decina i partecipanti tra cattolici e protestan-ti. I rappresentanti religiosi, una volta giunti al confine, hanno piantato un albero nell’humus di pace e acceso una emblematica torcia a simbolo di rinascita. Il capo della moschea di Lahore, Maulana Abdul Khabeer Azad, ha detto: “L’islam è amore e pace. La comunità musulmana del Pakistan desidera sostenere il processo di pace del governo e le intenzione buone del popolo”. Intanto, il recente vertice tra il premier indiano, Atal Behari  Vajpayee, e il presidente del Pakistan, Pervez Musharaff, ha segnato l’inizio di un nuovo clima di collaborazione, soprattutto dopo la riapertura delle vie aree e ferroviarie. (F.C.)

 

 

LA REPUBBLICA CENTRAFRICANA IN PREDA ALLE VIOLENZE DELLE MILIZIE ARMATE. NELLA DICHIARAZIONE FINALE DELL’ASSEMBLEA PLENARIA DEI VESCOVI, A BANGUI,

I PRESULI DENUNCIANO IL PERSISTERE DEI SOPRUSI

 

BANGUI. = Da quasi un anno l’esercito della Repubblica Centrafricana compie violenze sui civili. La denuncia viene dai vescovi del Paese nella dichiarazione finale della loro assemblea plenaria, svoltasi dal 2 all’11 gennaio nella capitale Bangui. Le violenze sono iniziate con il colpo di Stato compiuto il 15 marzo 2003 dal generale François Bozizé, ma nel corso del tempo la situazione non è cambiata. La denuncia era giunta anche la scorsa settimana dal presidente della Conferenza episcopale, mons. Paulin Pomodimo. Preoccupato anche il Segretario della Nazioni Unite Kofi Annan, che lo scorso 8 gennaio ha espresso apprensione per l’escaltion di violenza nella Repubblica Centrafricana. (G.Z.)

 

 

I NARCOTRAFFICANTI COLOMBIANI MINACCIANO LA POPOLAZIONE.

IL VESCOVO DI CARTAGO, MONS. LUIS MADRID MERLANO,

DENUNCIA LE INTIMIDAZIONI ALLA COMUNITA’

 

BOGOTA’. = “Continuano a gettare volantini sulle nostre teste dai loro elicotteri e minacciano i municipi di Roldanillo, Zarzal, La Union e El Dovio”: con queste parole il vescovo di Cartago, mons. Luis Madrid Merlano, ha denunciato una serie di intimidazioni ricevute dalla sua comunità da parte dei gruppi di narcotrafficanti. Ormai è guerra aperta tra i diversi clan capeggiati dai “signori della droga” come Wilmer Varela e Diego Leon Montoya Henao. Nelle ultime settimane è aumentato il numero di omicidi. Secondo fonti del Quinto distretto di polizia che ha sede a Rondanillo sono dieci i decessi registrati e legati alla rivalità tra bande per il controllo della zona. Al fianco del vescovo di Cartago, le autorità locali hanno espresso tutta la loro preoccupazione nei confronti di questo conflitto civile. (D.D.)

 

 

CONVEGNO A ROMA SUL NUOVO CONCORDATO DEL 18 FEBBRAIO 1984,

NEL XX ANNIVERSARIO DELLA FIRMA. 

TRA I RELATORI I CARDINALI ACHILLE SILVESTRINI E ATTILO NICORA, L’ONOREVOLE GENNARO ACQUAVIVA, IL GIURISTA GIUSEPPE DALLA TORRE

- A cura di Stefano di Stefano Leszczynski -

 

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ROMA. = Venti anni fa nella sede di Villa Madama fu sottoscritto un nuovo patto tra Stato e Chiesa in Italia, che modificava profondamente l’accordo precedente, che aveva avuto il merito di chiudere nel 1929 la Questione romana. Il cardinale Casaroli e il presidente Craxi, i due protagonisti di quell’evento, sono entrambi scomparsi, ma l’eco di quella decisione, le conseguenze che essa ha recato nella società italiana, nel suo rapporto con la Chiesa cattolica e con le altre confessioni religiose sono tuttora oggetto di esame e confronto. “Senza spiritualità non c’è progresso reale, non c’è spinta per il cambiamento”: lo ha detto l’onorevole Gennaro Acquaviva, parlando della ragione politica che mosse negli anni ’70 il leader dei socialisti italiani a tragrettare il partito dall’opposizione all’art. 7 della Costituzione, verso una posizione filo-concordataria, e che ne fece il protagonista decisivo della chiusura di una lunga trattativa per il rinnovo del patto stra Stato e Chiesa. Nel convegno, organizzato dal Centro Studi “Gino Germani”, si rivive quell’evento, collocandolo nella sua dimensione storica, come ha sottolineato il cardinale Silvestrini, quella cioè di un accordo di libertà e di collaborazione per la promozione dell’uomo e il bene del Paese. ''La revisione del Concordato nel 1984- ha detto il porporato - fu merito di Craxi: e' giusto dargliene atto. Ma oggi va reso omaggio non solo alla memoria ma all'esempio che la classe politica di quegli anni dava al Paese, con la propria preparazione, consapevolezza e apertura alle esigenze della Chiesa''

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DA DOMANI IN OLANDA L’INCONTRO DELLA CIDSE, 

CARTELLO DI 15 ORGANIZZAZIONI CATTOLICHE

CHE OPERANO NEL CAMPO DELLA SOLIDARIETA’

 

AMSTERDAM. = Si svolge da domani fino a domenica prossima in Olanda, la riunione della Cidse, una sigla che sta per “Cooperazione internazionale per lo sviluppo e la solidarietà” e che comprende 15 organizzazioni cattoliche europee e nordamericane che operano nel campo del sostegno alle popolazioni più povere. All’incontro partecipa anche mons. Karel Kasteel, segretario del Pontificio Consiglio Cor Unum. L’appuntamento è in preparazione alla Quaresima: i rappresentanti della Cidse progetteranno un piano di solidarietà da mettere in atto nel periodo quaresimale cercando di coinvolgere i cattolici di tutti i continenti.

 

 

 

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24 ORE NEL MONDO

15 gennaio 2004

 

- A cura di Fausta Speranza -

   

L'esercito israeliano ha  imposto la chiusura totale della striscia di Gaza.  La decisione è stata annunciata dopo l’uccisione ieri di quattro israeliani al valico di Erez fra la striscia di Gaza e  Israele. L’esplosione, provocata da una kamikaze donna, era stata rivendicata da Hamas e dalle Brigate dei martiri di Al Aqsa, gruppo armato  derivante da Al Fataah.  Intanto, prosegue l’operazione di soldati israeliani per la cattura di terroristi palestinesi a Tulkarem e blindati sono entrati nelle ultime ore anche  a Jenin.

 

Decine di migliaia di persone hanno manifestato a Bassora, nel sud dell'Iraq, a sostegno della richiesta del massimo leader religioso sciita di elezioni dirette per scegliere un nuovo governo sovrano. L'Ayatollah Ali al Sistani e' contrario ai piani americani di  fare eleggere un'assemblea transitoria irachena da gruppi regionali piuttosto che con elezioni dirette. L'assemblea, secondo i piani USA, dovrebbe poi scegliere un governo ad interim che assumerebbe la  sovranità entro metà giugno. Intanto, il segretario generale dell'Onu, Kofi Annan, ha convocato, per lunedì prossimo a New York, i membri del Consiglio provvisorio di governo per una  riunione trilaterale con Usa e Onu, per discutere del futuro  delle Nazioni Unite nel Paese. La delegazione irachena sara'  guidata dal presidente provvisorio, Pachachi.

 

In Iran decine di deputati riformisti proseguono il sit-in al Parlamento per protestare contro il no a migliaia di candidature per le legislative del 20 febbraio.  ''Continueremo il sit-in fino all'accoglimento delle nostre richieste'', ha detto Mohammed Reza Khatami, fratello del presidente e capo del principale partito riformista, il Fronte della partecipazione, la cui candidatura e' stata respinta. I deputati ribadiscono la richiesta di ''elezioni libere, giuste e legali'', affermando, però, di intravedere ''i primi segnali positivi”. L'Ayatollah Khamenei ha ordinato ieri al Consiglio dei guardiani, l’organo conservatore di cui è guida suprema, di riesaminare con meno severità i dossier dei candidati riformisti respinti.

 

Da oggi Romano Prodi è impegnato in una visita in Turchia definita storica  perché si tratta della prima missione che un presidente della Commissione europea compie in terra turca dal 1963. Romano Prodi avrà colloqui  ad Ankara e Istanbul con l’obiettivo di analizzare lo stato della complicata marcia di avvicinamento della Turchia verso l’Unione europea. A fine anno si discuterà dell’apertura dei negoziati sul possibile ingresso della Turchia nell’Unione Europea.  In questo momento, che cosa tiene distante  Ankara dall’Europa? Giada Aquilino lo ha chiesto ad Antonio Ferrari, inviato speciale del Corriere della Sera:

 

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R. – Sulla realizzazione delle riforme, che sono state approvate dal Parlamento turco, c’è ancora attesa e anche alcune resistenze all’interno dell’Unione Europea, più legate alle caratteristiche religioso-culturali di questo Paese che non agli altri problemi di carattere politico e soprattutto economico. Il terzo elemento riguarda invece Cipro. E’ evidente che sarebbe importante una pressione della Turchia sulla componente turco-cipriota per fare in modo che anche quest’ultima possa seguire la Repubblica greco-cipriota al fine di avere una Cipro unita, al momento dell’entrata nell’Unione Europea il 1° maggio del 2004. La Turchia ha questa carta da giocare, che potrebbe portare ad una accelerazione per avere una data dell’inizio dei negoziati più vicina e per poi entrare nell’Unione a cavallo del 2010.

 

D. – Violazione dei diritti umani e pena di morte in Turchia sono alcuni dei punti su cui l’Europa, e non solo,  insiste. Cosa sta facendo Ankara al proposito?

 

R. – C’è stato un pronunciamento chiaro del Parlamento contro la pena di morte. In effetti la pena di morte non si esegue più in Turchia dal 1984. Per quanto riguarda invece i diritti umani, non si sta facendo nulla. Il problema riguarda in particolare i curdi, cioè la minoranza dei circa 9 milioni di cittadini turchi che vivono soprattutto nelle aree del sudest del Paese. I curdi, dopo aver lottato per l’autonomia, si sono convertiti ad una idea più minimalista e cioè al riconoscimento dei propri diritti culturali. Qualcosa è stato fatto ma è assolutamente insufficiente.

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Intanto, l'Europarlamento ha preso posizione, a Strasburgo, in favore della concessione del diritto di voto alle elezioni locali ed europee agli immigrati che risiedono legalmente nell'Unione. Con una risoluzione, adottata per iniziativa della commissione affari sociali,  si consente agli immigrati regolari  di beneficiare di “uno status che preveda diritti e doveri di natura economica, sociale e politica, incluso il diritto di voto alle elezioni municipali ed europee''.

 

Per quanto riguarda, invece, il piano delle relazioni dell’Europa con l’esterno, in particolare in tema di economia, l'Unione ha chiesto all'Organizzazione mondiale del commercio, Wto, il via libera per imporre sanzioni contro gli Usa in rapporto al cosiddetto “emendamento Bird''. Si tratta della norma approvata dagli Stati Uniti nel  2002 che concede un rimborso alle societa' statunitensi  coinvolte in casi di anti-dunping, cioè particolari casi di credito. Lo ha annunciato oggi la Commissione europea ricordando che gli Usa avevano tempo fino al 27 dicembre scorso per far rientrare l’emendamento nell'ambito delle normative previste dall’Organizzazione mondiale del commercio.

 

Sul caso Parmalat  si è pronunciato oggi il presidente dell’associazione delle banche italiane, Sella. Ha sottolineato  che gli istituti bancari sono stati ingannati attraverso un sistema di contabilita' ''totalmente creativa”, ma che “l'esposizione degli istituti italiani nei confronti del gruppo di Collecchio e'  inferiore a quello del gotha bancario estero”. E Sella ha poi detto di auspicare che “l'indagine parlamentare, in cui anche l'Abi sara' sentita, possa far emergere tutti gli aspetti che sono alla base di questo inganno” e che il Parlamento prenda le decisioni migliori per il futuro.  Da un altro punto di vista, è intervenuto il presidente della Confederazione italiana agricoltori Cia, per affermare che la categoria si aspetta che dal Consiglio dei ministri in programma domani scaturiscano “provvedimenti  adeguati” per rimborsare le imprese agricole produttrici di latte che vantano crediti nei confronti delle aziende del  gruppo Parmalat, in base alle promesse fatte dal governo prima di Natale.

 

L'avvocato conservatore Oscar Berger  giura oggi come nuovo presidente del Guatemala, un paese attanagliato da una gravissima crisi economica e diviso dalla discriminazione nei confronti della maggioranza indigena.   Berger, ex sindaco della capitale, è stato eletto con il sostegno del settore imprenditoriale, sconfiggendo  al ballottaggio, il 28 dicembre scorso, il candidato di centro-sinistra Alvaro Colom.   Berger e' il secondo presidente dopo gli accordi di pace tra il governo e la guerriglia marxista del 1996, che misero fine a 36 anni di sanguinosa guerra civile. Secondo dati delle Nazioni Unite, il 60 per cento dei 5,5 milioni di abitanti del Guatemala vive al di sotto della soglia di poverta',  mentre poche famiglie controllano l'economia privata e possiedono oltre l'80 per cento della terra. Berger ha chiarito di non poter risolvere subito tutti i problemi, per poi indicare alcune priorità. Le spiega Maurizio Salvi:

 

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Il nuovo presidente ha precisato di voler stimolare gli investimenti locali e stranieri, rafforzando le infrastrutture del Paese. Il nuovo capo dello Stato ha detto di voler lottare contro l’impunità e la corruzione e per recuperare la fiducia nelle istituzioni dello Stato. Per quanto riguarda la lotta alla povertà, che interessa il 50 per cento del Paese, Berger, che ha 57 anni, ha detto che lunedì avvierà un piano speciale per portare alimenti nelle zone più affette dalla carestia. L’asso nella manica del nuovo presidente è rappresentato dall’annuncio del premio Nobel per la pace Rigoberta Menchù che ha rivelato di voler collaborare con il nuovo governo, soprattutto per la realizzazione degli accordi di pace. Per la verità, il neo eletto presidente aveva proposto alla Menchù di assumere una responsabilità di governo, un invito che però l’esponente pacifista ha rinviato al mittente a causa dei molti impegni già contratti.

 

Maurizio Salvi, per la Radio Vaticana.

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Sale la tensione politica in Algeria in vista delle elezioni presidenziali di aprile prossimo. Si avvertono contraccolpi sul piano istituzionale che lasciano intravedere un instabile futuro politico. Il nostro servizio

 

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Le forze armate algerine non  resteranno ''neutrali'' nel caso che la stabilita' del paese  si trovi minacciata dai risultati dell’appuntamento elettorale. Lo ha dichiarato il capo di stato maggiore  dell'esercito, Mohamed Lamari. Ma rispondendo indirettamente a quei politici che hanno chiesto  l'intervento dell'esercito nella fase elettorale delle prossime presidenziali, segnata dal contrasto tra il presidente Bouteflika e l’ex premier Benflis, Lamari ha precisato che ''sono finiti  i tempi in cui i militari intervenivano nel gioco politico'' e che  “nessuno deve osare chiedere che il presidente  venga sostituito”.  Tre giorni fa, undici personalita' politiche, tra cui cinque  ex capi di governo e leader di partito, hanno espresso forti  riserve sul corretto svolgimento delle prossime elezioni  presidenziali, chiedendo le dimissioni del governo guidato da  Ahmed Ouyahia. Il partito diretto da Ouyahia, il Raggruppamento  nazionale democratico (Rnd), ha annunciato il suo sostegno alla  candidatura di Bouteflika. Mentre il Fronte di liberazione nazionale, l’ex partito unico che ora ha la maggioranza nel paese, ha designato  come proprio candidato ufficiale Ali Benflis. Il braccio di ferro tra Bouteflika e Benflis, entrambi espressione dello stesso partito ma ormai ai ferri corti, ha arroventato il clima  politico nel Paese.

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Rimpasto nella compagine governativa in Tunisia. Il presidente della Repubblica,  Ben Ali, ha  annunciato ieri sera, al termine di un incontro col primo  ministro Ghannouchi, nuove nomine nei settori dell’economia, del commercio, del turismo e artigianato e dello sport. Ben Ali ha anche nominato un nuovo  governatore della banca centrale tunisina.  

 

Segnali di disgelo tra Giappone e Corea del nord, ai ferri corti da oltre un anno per la crisi  nucleare e il problema delle persone rapite  dai servizi segreti di Pyongyang negli anni '70 e '80. Secondo la stampa giapponese,  la Corea del Nord ha  offerto di rimpatriare a Tokyo entro il prossimo 20 marzo i  figli dei cinque giapponesi che erano già tornati il 15 ottobre 2002, dopo 24  anni di permanenza forzata nel paese comunista. Gi adulti  erano  stati 'liberati' dopo lo storico vertice del 17 settembre 2002 a  Pyongyang tra il primo ministro giapponese Koizumi e  il leader nordcoreano Kim Jong Il, ma erano rientrati a  riabbracciare il loro paese di nascita e i genitori senza i  figli, sette in tutto, rimasti nella capitale nordcoreana. 

 

Un treno pakistano ha attraversato l’India oggi per la prima volta dopo due anni. Si tratta del segno più evidente del processo di riconciliazione in corso tra i due Paesi, sancito dai recenti colloqui tra il premier indiano, Vajpayee, e il presidente pakistano, Musharraf, in vista di un nuovo round di  negoziati di pace, previsto per il prossimo mese.

 

Il ministro della difesa russo, Ivanov, ha detto che l'eventuale creazione da parte degli Stati Uniti di basi nell'Europa dell'Est preoccuperebbe  Mosca e determinerebbe una ''appropriata reazione''. Ieri, il presidente dell'organizzazione non governativa U.S. Nato Committee, Jackson, aveva detto in Georgia che Washington sta negoziando con Polonia, Romania e Bulgaria per il  temporaneo dislocamento in quei paesi di unita' militari che dovrebbero essere usate in Afghanistan o in Iraq.  In ogni caso, Ivanov ha precisato che ancora nessuna decisione definitiva e' stata  presa sul trasferimento delle basi americane, incluse quelle dalla Germania alla Polonia.

 

 

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