RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n. 14 - Testo della Trasmissione di mercoledì
14 gennaio 2004
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI
IN PRIMO PIANO:
Il dramma delle stragi in famiglia in Italia: intervista con
Vittorino Andreoli.
Proteggere i bambini dalla violenza in TV: convegno a Roma.
CHIESA E SOCIETA’:
Record di ordinazioni
sacerdotali nell’arcidiocesi di Hanoi, in Vietnam
Sempre accesa in Germania e Francia la polemica sul velo
islamico a scuola
Ennesimo
sbarco di clandestini sulle coste di Lampedusa
Medio
Oriente: donna Kamikaze si fa esplodere al valico di Eretz: 5 i morti
Catturati
al Cairo i due brigatisti Algranati e Falessi: esulta il ministro Pisanu: è una
vittoria dello Stato democratico
Concluso il vertice delle Americhe: sì al
mercato unico del continente.
14
gennaio 2004
IL
MISTERO DELLA PASSIONE DI CRISTO SCHIUDE ALL’UOMO LA VIA DELLA GIUSTIZIA,
DOPO AVERNE ANNIENTATO IL PECCATO. LA CATECHESI
DEL
PAPA ALL’UDIENZA GENERALE,
INCENTRATA
SULLA PRIMA LETTERA DI PIETRO
-
Servizio di Alessandro De Carolis -
**********
La Passione di Cristo, mistero che libera l’uomo dalle sue
miserie, dal suo uomo vecchio, e lo proietta in un orizzonte di giustizia e di
santità. A pochi giorni dalla rivelazione di Gesù tra le acque del Giordano, lo
sguardo di Giovanni Paolo II si spinge verso la Pasqua e al mistero di dolore e
di risurrezione che la prepara.
La catechesi dell’udienza generale di oggi - la nona
dedicata alla spiegazione dei secondi vespri, quelli della domenica sera - è
stata interamente dedicata dal Papa alla prima Lettera di Pietro, nella quale
il primo tra i discepoli si definisce “testimone delle sofferenze di Cristo”.
La nostra attenzione, ha osservato il Pontefice, deve soffermarsi su quel
profilo: quello di Gesù disegnato dalle pagine dell’inno di Pietro:
“Egli ci appare come il modello da contemplare e
imitare, il ‘programma’, come si dice nell’originale greco, da realizzare,
l’esempio da seguire senza esitazione, conformandoci alle sue scelte”.
Conformarsi alle
scelte di Gesù, ha proseguito il Papa, vuol dire incamminarsi sulle sue stesse
orme. Una strada non facile - ha notato - anzi “erta e faticosa” per la
presenza della Croce che Cristo invita a prendere sulle spalle. Ma con il suo
sacrificio estremo - vissuto, ha ricordato Giovanni Paolo II, “con un comportamento
esemplare ispirato a mitezza e dolcezza”, in un “silenzio paziente” - Gesù ha
annientato il peccato. Indicandoci, ancora una volta, la via da seguire:
“Per questa via anche noi, liberati dall’uomo vecchio, col suo male e la
sua miseria, possiamo ‘vivere per la giustizia’, cioè in santità (...), immergendoci
nel mistero della passione, morte e gloria di Cristo”.
“Il ricordo di questa verità - ha aggiunto il Pontefice in
polacco, salutando i suoi connazionali – ci accompagni sempre, affinché siamo
fedeli seguaci di Cristo nella giustizia e nell’amore pieno di dedizione”.
Al termine, un istante prima dei saluti in lingua italiana
– uno dei quali il Papa lo ha indirizzato all’Associazione “Amici di Raoul
Follereau” – Giovanni Paolo II ha avuto un sorriso e una risposta piena di
affetto nei riguardi dei pellegrini che gli dicevano a gran voce: “Ti vogliamo
bene!”:
“Ti vogliamo bene… Anch’io vi voglio bene!”
(applausi)
**********
L’ACCETTAZIONE
DELLA SOFFERENZA COME PARTECIPAZIONE ALLA CROCE DI CRISTO:
E’
QUELLO CHE HA VISSUTO ALESSANDRINA MARIA DA COSTA,
PROSSIMA
ALLA BEATIFICAZIONE
-
Intervista con padre Luigi Fedrizzi -
Fra le
prossime beatificazioni figura quella di una laica portoghese, Alessandrina
Maria da Costa, una cooperatrice salesiana vissuta agli inizi del 1900. Il 20
dicembre scorso è stato promulgato il decreto sul miracolo attribuito alla sua
intercessione. Una donna che ha accettato le grandi sofferenze della sua vita
abbracciando la croce di Cristo: paralizzata a soli 21 anni, ebbe singolari
esperienze mistiche e dal letto della sua stanza non cessò mai di annunciare e
testimoniare il Vangelo. Ci parla della sua vita il vice-postulatore della causa
di beatificazione, padre Luigi Fedrizzi, intervistato da Giovanni Peduto:
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R. – Pur essendo fin da giovane robusta e vivace, una contadina,
il Sabato Santo del 1918, a 14 anni, per salvare la sua purezza si gettò da una
finestra. In seguito a questo le vennero dei disturbi crescenti fino
all’immobilità che la inchiodò in un letto all’età di 21 anni, dove vi rimase fino
alla morte, all’età di 30 anni. Attraverso questa paralisi totale, Alessandrina
rivive la Passione di Cristo: prova tutti i tormenti, le sofferenze fisiche e
psichiche di Gesù; le tenebre, la notte paurosa, una tristezza infinita, il terrore,
fino a battere i denti. A questi dolori, provocati da una identificazione con
Cristo sofferente, sono da aggiungere anche gli altri patimenti – soprattutto
spirituali – gli attacchi diabolici, talvolta veniva sbattuta fuori dal letto e
per terra, le tentazioni contro la castità, i sentimenti di vuoto, di abbandono;
i dubbi ripetuti sulla realtà dei suoi fenomeni mistici, le dicerie della
gente, un senso di solitudine desolata; ed ancora dubbi sulla fede. Possiamo
poi precisare l’altro fenomeno straordinario: dal 1937, comincia ad avere
difficoltà per mangiare, fino a non poter più ingerire nulla salvo
l’Eucaristia. Questo digiuno da qualunque cibo e liquido dura per 13 anni e
sette mesi fino alla morte.
D. – Don Luigi, qual è il messaggio di Alessandrina da
Costa per l’uomo d’oggi?
R. – La caratteristica distintiva di questa beata è
proprio l’unione mistica con Cristo Crocifisso, fino ad indentificarsi con Lui,
e non solo per le sofferenze fisiche provate ma soprattutto per l’angosciante
sete di salvezza dell’umanità. In una visione ricevette proprio questo incarico
di scuotere il mondo sugli effetti del peccato, per una decisa conversione. In
conclusione direi che questa laica e cooperatrice salesiana ha vissuto proprio
in chiave mistica e dolorosa quello che è anche stato il motto di Don Bosco:
“dammi le anime e tieniti il resto”. Credo che questo sia un messaggio da
accogliere.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
"Il
Medio Oriente appare come una regione di contrasti e di guerre dove occorre
rilanciare il dialogo di pace": è quanto si sottolinea in apertura di
prima pagina; seguono un articolo sull'attacco suicida al valico di Erez, nella
Striscia di Gaza, ed un articolo sull'attentato a Baaquba in Iraq.
Nelle vaticane, la catechesi e
la cronaca dell'udienza generale.
Un articolo di padre Gino
Concetti dal titolo "Un anno dedicato a Santa Lucia, 'colonna della Chiesa
siracusana'"; l'anno è stato indetto dall'arcivescovo Giuseppe Costanzo.
Nelle estere, in rilievo il
Vertice straordinario delle Americhe, in Messico, che si è chiuso con un
appello contro la miseria e le ingiustizie.
Per la rubrica
dell'"Atlante geopolitico", un articolo di Gabriele Nicolò dal titolo
"Afghanistan: la Costituzione speranza di democrazia".
Nella pagina culturale, un
approfondito contributo di Claudio Bellinati dedicato al nuovo Museo della
Basilica di San Marco a Venezia.
Nelle pagine italiane, in primo
piano il Lodo Schifani: dopo la sentenza della Consulta si riapre lo scontro
sull'immunità.
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14
gennaio 2004
NELL’AMBITO
DELLA RIUNIONE DI MEMBRI DELLE CONFERENZE EPISCOPALI EUROPEE
E
AMERICANE CON GLI ORDINARI CATTOLICI DI TERRA SANTA,
PREVISTI OGGI GLI INCONTRI DI DUE DELEGAZIONI DI PRESULI
CON IL
PRESIDENTE PALESTINESE E CON IL CAPO DI STATO ISRAELIANO
-
Intervista con padre Giovanni Battistelli -
Prosegue a Gerusalemme la riunione di rappresentanti delle
Conferenze episcopali europee e americane con gli ordinari cattolici di Terra
Santa incentrata sul tema “La Chiesa universale in solidarietà con la Chiesa di
Terra Santa”. A Ramallah, i vescovi incontrano, oggi, il presidente
palestinese, Yasser Arafat, e a Gerusalemme il presidente israeliano, Moshe Katsav.
Oltre agli sforzi per promuovere la riconciliazione ed il dialogo in Medio Oriente,
la Conferenza - che si conclude domani - sta evidenziando anche le difficoltà
del popolo palestinese e della locale comunità cristiana. Ce lo conferma il
custode di Terra Santa, padre Giovanni Battistelli, al microfono di Amedeo
Lomonaco:
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R. – E’ stato analizzato
il difficile scenario nel quale vivono, non soltanto i cristiani, ma
tutti i palestinesi presenti nelle zone occupate. Sono state messe in evidenza
le difficoltà nel superare i posti di controllo, la mancanza di lavoro ed i
disagi che la gente vive anche a livello psicologico. Per quanto riguarda la
famiglia, è stato sottolineato l’alto numero di divorzi registrato nell’ultimo
periodo.
D. – In quali dimensioni di possono intravedere spiragli
di speranza per un solido e duraturo processo di pace in Medio Oriente?
R. – Per operare la pace, è necessario instaurare un
dialogo proficuo tra le parti. Attualmente il muro che divide lo Stato ebraico
dai Territori costituisce un fossato sempre più profondo e le difficoltà di dialogare
creano astio anche in coloro che hanno il desiderio di vivere pacificamente.
Quindi credo che non ci siano prospettive di pace in un immediato futuro.
D. – Si è parlato anche dell’attuale situazione della
Chiesa di Terra Santa. Cosa è emerso?
R. – Come cristiani che vivono tra queste due realtà -
quella musulmana e quella ebrea - è importante per noi ricevere un
riconoscimento. Penso che la nostra identità e la nostra forza dipendano molto
anche da queste conferenze. Tutti quanti hanno detto a parole – ma si vedeva
che parlavano anche con affetto e con il cuore – che il loro essere qui non era
semplicemente qualcosa di convenzionale. Erano venuti portando tutta la
preoccupazione della Chiesa e del mondo intero.
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IL DRAMMA DELLE STRAGI
IN FAMIGLIA IN ITALIA
-
Intervista con Vittorino Andreoli -
Le cronache italiane hanno registrato recentemente
numerosi casi di delitti compiuti in ambito famigliare. Si tratta di vere
stragi in cui generalmente uomini di mezz’età uccidono le mogli o le conviventi
e i figli o i genitori anziani e che spesso si concludono con il suicidio.
Questo tipo di delitti, rileva un rapporto dell’Eurispes, rappresenta un quarto
di tutti i delitti commessi in Italia. Ma che cosa c’è dietro a questi drammi e
perché sempre più spesso si uccide in famiglia, quasi che proprio nella
famiglia le persone lasciassero emergere il peggio di sé? Al microfono di
Adriana Masotti risponde lo psichiatra Vittorino Andreoli.
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R. – E’ vero, la famiglia non appare più come il luogo
dove ci si sente riparati e difesi. E’ il luogo, invece, dove noi perdiamo i
freni inibitori. E’ come se ci sentissimo in dovere qui di non mantenere più
nessun limite. Quindi, finiamo per vedere la casa come il ring in cui buttiamo
tutte le nostre frustrazioni. Questa è certamente una condizione che ci deve
far ripensare proprio all’atteggiamento che ciascuno all’interno della famiglia
deve mantenere. Non deve essere il luogo dove tutto è permesso e, fuori dalla
casa, il luogo dove mantenere la maschera perbenista.
D. – Una nota comune - poi certamente ogni caso è a sé - è
che a più omicidi segue il suicidio. Questo denota una grande disperazione
evidentemente?
R. – Naturalmente da quello che abbiamo detto
sull’atmosfera famigliare si inseriscono dei casi estremi quali sono quelli
della cronaca di questi giorni, cioè casi in cui bisogna considerare la
patologia. Qui la storia ci riporta sempre a quelle che sono le forme depressive,
le forme depressive più gravi, in cui tutto è vissuto così negativamente da pensare
che i famigliari soffrano quanto soffre quello che uccide. Quindi, avviene una distruzione. Si
distrugge tutto. Si vorrebbe distruggere il mondo.
D. – Qualche volta la depressione non è così evidente e
gli stessi famigliari non riescono a capirlo…
R. – E’ vero, però bisogna a questo punto considerare che
sovente si comunica poco. All’interno della famiglia non c’è tanto spazio per
tirare fuori anche questi aspetti che, se si sta attenti, si capisce che
c’erano.
D. – Ma dalla depressione si può guarire? O, comunque, si
può curare?
R. – Le depressioni possono essere curate. Quello che
bisogna fare però è capire le depressioni nello stadio iniziale. Ecco perché
bisogna spegnere il televisore, parlare di più, sentire i nostri sentimenti.
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PROTEGGERE I BAMBINI DALLA VIOLENZA IN TV: CONVEGNO A ROMA
Bisogna
prestare più attenzione alla violenza nascosta, trasmessa ai bambini dai mass
media. E’ l’allarme lanciato dal convegno promosso dal Comitato di applicazione
del codice di autoregolamentazione “Tv e minori”, a un anno dalla sua
istituzione. I particolari, in questo servizio di Ignazio Ingrao:
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Riflettiamo insieme sulla violenza in tv - ha affermato il
presidente del Comitato, Emilio Rossi - non solo quella fisica e verbale, ma
anche quella psicologica, acuta o cronicizzata, patente o latente. Una forma di
violenza nascosta, ha osservato Carlo Alfredo Moro, è quella legata
all’immagine stereotipata dell’infanzia, che viene offerta dai media. C’è il
bambino oggetto felice o appagato, e all’opposto quello maltrattato e
violentato. Ma il bambino reale, il bambino-persona, ha osservato il giurista,
resta il grande sconosciuto dei media.
E’ violenza, ha aggiunto la psicologa Maria Rita Parsi,
anche parlare dei bambini, senza mai dare loro spazio di parola e di
espressione autentica. L’antidoto a tutta questa violenza, ha suggerito
Francesco D’Agostino, presidente del Comitato nazionale di Bioetica, è la
comunicazione capace di diventare dialogo autentico e rispettoso tra le
persone. Perciò, il sociologo Mario Morcellini ha invitato educatori e
operatori della comunicazione a confrontarsi e lavorare insieme, per promuovere
nelle scuole la media education, cioè l’educazione all’uso dei media.
Per aiutare le famiglie, il neuropsichiatra Giovanni Bollea, ha proposto che
ogni programma televisivo sia accompagnato dall’indicazione della fascia d’età
consigliata, così da aiutare i genitori nella scelta. Ma tutto questo non basta
se non è accompagnato da una sempre maggiore responsabilizzazione anche degli
operatori.
A questo proposito
il ministro delle Comunicazioni, Maurizio Gasparri, ha invitato ad una maggiore
attenzione alla violenza trasmessa dai telegiornali, soprattutto da quelli che
vanno in onda durante le fasce protette. L’uso del mezzo deve essere
accompagnato da un’adeguata professionalità, ha raccomandato il ministro. La
moltiplicazione degli spazi e delle opportunità in televisione non deve
abbassare le garanzie di professionalità.
Per la Radio Vaticana, Ignazio Ingrao.
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14
gennaio 2004
ORDINATI
LO SCORSO 22 DICEMBRE AD HANOI 12 SACERDOTI
DEL
SEMINARIO MAGGIORE DI SAN GIUSEPPE
HANOI. = Record di ordinazioni
sacerdotali nell’arcidiocesi di Hanoi, in Vietnam. Il 22 dicembre l’arcivescovo
della capitale, il cardinale Paul Joseph Pham Dinh Tung, ha ordinato dodici
novelli sacerdoti nel Seminario Maggiore di San Giuseppe. Si tratta di una
cifra record che è motivo di “grande speranza per le parrocchie dell’arcidiocesi,
da anni prive di sacerdoti residenti, soprattutto nelle province di Ha Nam, Ha
Tay e Nam Dinh”, ha spiegato all’agenzia Ucan l’amministratore apostolico,
mons. Joseph Ngo Quang Kiet, che ha concelebrato la messa di ordinazione
insieme con il cardinale, l’ausiliare e 60 sacerdoti, alla presenza di 7mila
fedeli. I novelli presbiteri, ha ricordato nell’omelia il presule, daranno un
significativo aiuto ai parroci più anziani, alcuni dei quali hanno superato i
70 anni e riescono a stento a portare avanti la loro pesante mole di lavoro
pastorale. Ad Hanoi, infatti, ogni parroco assiste mediamente 9mila fedeli. Il
record di ordinazioni conferma il boom delle vocazioni alla vita sacerdotale
registrato in questi ultimi anni nell’arcidiocesi di Hanoi, come in diverse
altre diocesi vietnamite. Boom limitato tuttavia dalle restrizioni imposte
dalle autorità vietnamite. Quest’anno, spiega mons. Kiet, che dal 2003 dirige
il Seminario maggiore di San Giuseppe, avremmo voluto ammettere una novantina
di nuovi candidati, ma dobbiamo fare i conti con il governo, che sinora ha
autorizzato un massimo di 48 seminaristi ogni due anni. Secondo le ultime
statistiche, relative al 2003, l’arcidiocesi di Hanoi conta circa 304 mila
cattolici, distribuiti in 130 parrocchie, di cui 96 senza parroci residenti.
Con le nuove ordinazioni, il numero dei sacerdoti sale a 59, cui vanno aggiunti
213 religiosi, 46 seminaristi e 1.700 catechisti. (L.Z.)
SEMPRE ACCESA IN GERMANIA E FRANCIA LA POLEMICA SUL VELO ISLAMICO A
SCUOLA. VARATA UNA LEGGE CONTRO
IL FOULARD SUL CAPO IN
ALTRI DUE LAENDER TEDESCHI
BERLINO. = In Germania salgono a tre i Laender che hanno
formalmente approvato una legge sulla proibizione del velo islamico a scuola.
Dopo la Baviera, infatti, anche i governi regionali del Baden-Wuerttemberg (nel
sudovest del Paese) e della Bassa Sassonia (nel nordovest) hanno varato una
legge sul divieto, per le insegnanti musulmane, di indossare il foulard sul
capo nelle aule. La questione, quindi, si fa sempre più delicata, in un Paese
dove vivono oltre 3 milioni di musulmani. Monaco, Stoccarda e Hannover si sono
pronunciate dopo la decisione della Corte costituzionale del 24 settembre
scorso, che rimandava la scelta ai singoli governi regionali. Numerose
associazioni islamiche, intanto, hanno annunciato per sabato a Berlino una
grande manifestazione, denunciando la minaccia alla libertà di religione e la
difficile integrazione in questo senso per la comunità musulmana. La questione
del velo islamico nelle scuole infiamma la polemica anche in Francia. Tra le
contestazioni si registra l’intervento del primo ministro francese, Jean-Pierre
Raffarin, che ha indicato nella laicità “una forma di grammatica tra tutti i
francesi, un valore da aggiungere e quelli di libertà, uguaglianza, fraternità”.
Immediate le critiche suscitate nel mondo musulmano e anche nella Chiesa locale
che ha espresso la propria perplessità per il bando del velo islamico e altri
simboli religiosi da scuole e istituzioni governative. (B.C.)
SEMPRE
PIU’ DELICATA LA SITUAZIONE UMANITARIA IN SUDAN.
PROSEGUONO
I SANGUINOSI SCONTRI NELLA REGIONE OCCIDENTALE DEL DARFUR
TRA
RIBELLI E FORZE FEDELI A KHARTOUM
KHARTOUM. = E’ emergenza umanitaria al confine tra Ciad e
Sudan, dove il conflitto tra le forze fedeli al governo di Khartoum e il Sudan
Liberation Movement (Slm), in tre stati del Darfur, nell’ovest del Paese, ha
già provocato circa un milione di sfollati. L’allarme è lanciato dal Programma
alimentare mondiale (Pam), chiedendo undici milioni di dollari per coprire le esigenze
alimentari dei più vulnerabili. “La situazione umanitaria nella zona di
frontiera è diventata molto seria - ha sottolineato in una dichiarazione
Philippe Guyon Le Bouffy, rappresentante del Pam nella capitale del Ciad
N'Djamena - e cresce il bisogno di assistenza”. L'Alto commissariato per i
profughi delle Nazioni Unite (Unhcr), intanto, riferisce di bande che entrano
nei villaggi del Darfur per saccheggiare, uccidere e dare fuoco alle
abitazioni. Gran parte dei profughi sono donne e bambini, affamati e bisognosi
di cure. (B.C.)
ENNESIMO
SBARCO DI CLANDESTINI SULLE COSTE DI LAMPEDUSA.
135
NORDAFRICANI, STIPATI SU UN BARCONE DI 12 METRI,
TRATTI
IN SALVO QUESTA MATTINA DALLA GUARDIA COSTIERA
LAMPEDUSA. = Sciagura evitata nei pressi di Lampedusa. Centotrentacinque
immigrati, tutti uomini provenienti dal Maghreb, sono stati tratti in salvo
questa mattina dalla Guardia Costiera. I clandestini, di cui due accusavano un
principio di assideramento, erano a bordo di un barcone, lungo circa 12 metri,
in condizioni di totale sovraffollamento. L’imbarcazione, ha spiegato il
comandante della Capitaneria di porto di Lampedusa, Michele Miosi, proveniva da
ponente, cioè dalle coste tunisine e avrebbe percorso poco più di 60 miglia per
arrivare a Lampedusa, impiegando circa 10 ore. Gli extracomunitari sono stati
trasferiti nel centro di accoglienza, da dove stamani erano partiti per
Agrigento gli ultimi 9 ospiti rimasti. (B.C.)
STOP AD OGNI FORMA DI ANTISEMITISMO E ISLAMFOBIA.
E’ IL
MONITO DEL SEGRETARIO GENERALE DELL’ONU, KOFI ANNAN,
INTERVENENDO
AD UNA CERIMONIA COMMEMORATIVA DEL POETA ROBERT BURNS
NEW YORK. = Ennesima condanna del segretario generale
delle Nazioni Unite, Kofi Annan, contro ogni forma di “antisemitismo” e
“islamfobia”. Intervenendo ad una cerimonia in onore di Robert Burns, grande
poeta scozzese, Annan ha criticato ogni forma di odio e discriminazione. Dopo i
fatti dell’11 settembre 2001, infatti, ha sottolineato, si sono intensificati episodi di discriminazione,
che hanno portato ad una generalizzata diffidenza verso il popolo mussulmano.
Ogni forma di “antisemitismo” e “islamfobia” - ha dichiarato Annan,
rappresentano una sfida per il genere umano. “Un conto è criticare la politica
di Israele - ha detto Annan riferendosi alla crisi in Medio Oriente - un altro
è strumentalizzare queste critiche per compiere attacchi fisici o verbali
contro persone di religione ebraica o contro simboli della loro memoria e della
loro fede”. (F.C)
UN CONCORSO PER RICERCARE SPUNTI DI MEDITAZIONE E
PREGHIERA
DESTINATE AL WEB. E’ LA SINGOLARE INIZIATIVA LANCIATA
DALLA CHIESA EVANGELICA TEDESCA
E
DALLA CHIESA EVANGELICA RENANA
BERLINO. = La Chiesa evangelica tedesca (Ekd) e la
Chiesa evangelica renana (Ekir) hanno indetto un concorso che premierà il
miglior progetto di meditazione e preghiera via Internet. “I temi della fede
sono molto richiesti in Internet - ha dichiarato Tom O. Brok, responsabile del
settore Internet dell’Ekd - gli utilizzatori della rete, infatti, cercano
volutamente contenuti religiosi”. Fino al 31 maggio 2004, singoli o gruppi,
agenzie pubblicitarie o scolaresche, potranno così inviare i propri spunti di
riflessione, tenendo conto delle leggi di comunicazione via Internet. I lavori
di alcune agenzie, inoltre, sono presentati a titolo di esempio sul sito
evangelico www.webandacht.de, che raccoglie anche altre riflessioni per la
preghiera, salmi, cartoline virtuali e un forum. “Vogliamo che la Webandacht
(preghiera sul web) diventi un punto di riferimento nella rete”, ha spiegato
Ralf-Peter Reimann, responsabile Internet delll’Ekir. I vincitori del concorso
si aggiudicheranno premi in denaro (da 200 a 500 euro), oltre alla
pubblicazione nel sito del lavoro realizzato. (B.C.)
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15
gennaio 2004
- A cura di Fausta Speranza -
Sono cinque i morti e una decina i feriti per
l'attentato di questa mattina al valico di Erez, che mette in comunicazione la
striscia di Gaza con Israele. L’interlocutore, che con una telefonata anonima
ha rivendicato il gesto per conto delle
Brigate dei martiri di Al Aqsa e di Hamas, ha rivelato che kamikaze è stata una
donna 21 anni originaria di Gaza e madre di due figli. Ma perché ora questa
recrudescenza degli attacchi anti-israeliani, proprio quando il premier dello
Stato ebraico Sharon non ha escluso che i suoi militari possano in futuro
lasciare Gaza e i Territori? Giada Aquilino lo ha chiesto a Marcella Emiliani,
docente di Storia e Istituzioni dei Paesi del Mediterraneo all’Università di Bologna:
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R. – Si sta creando in tutta
l’area, non solo in Israele, un clima che porta ad un inizio di distensione.
Abbiamo visto come il presidente israeliano abbia fatto offerte di pace a
Bashar al-Assad, il siriano; abbiamo visto come Gheddafi abbia comunque
accettato di riallacciare le relazioni diplomatiche con Israele. C’è un clima
di distensione nell’area, creato dagli esiti della guerra in Iraq, che a questo
punto fa sentire i palestinesi estremisti sempre più isolati.
D. – Dopo mesi in cui gli
attentati di questo tipo erano nettamente diminuiti, perché colpire proprio il
valico di Erez?
R. – Io credo che sia ormai un
discorso che riguarda il controllo del territorio. Quello in cui i terroristi
possono colpire si restringe sempre più. Diciamo che colpiscono dove possono.
Certamente, come sempre è successo in passato, più si avvicinano momenti di
tensione e più gli attentati terroristici si moltiplicano.
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Intanto, è morto ieri sera a
Londra il pacifista britannico rimasto
in coma per nove mesi dopo che un soldato israeliano gli aveva sparato nella
Striscia di Gaza. Stava aiutando alcuni bambini di Rafah, in Palestina, a
mettersi in salvo. La radio israeliana conferma che il soldato è stato identificato
e che affronterà presto la Corte marziale di Israele.
Ha causato almeno due morti e 14
feriti l'autobomba esplosa questa mattina presto davanti ad una stazione di
polizia della città di Baquba, nell'Iraq centrale. Sempre all’alba, le forze
americane hanno arrestato, nei pressi di Samarra a nord della capitale
irachena, quattro parenti del super ricercato iracheno Izzat Ibrahim al-Douri, sospettato tra
l'altro di essere una delle menti dei
continui attacchi anti-coalizione. Nell’operazione sarebbero rimasti uccisi
otto iracheni.
Intanto, il ministro della
difesa Donald Rumsfeld ha definito “improbabile” ma “non impossibile” la
decisione di sottoporre l'ex presidente iracheno a processo in un tribunale
militare americano. Rumsfeld ha anche
detto che gli Stati Uniti si riservano il diritto di modificare la posizione
giuridica di Saddam, attualmente classificato come prigioniero di guerra
protetto dalla convenzione di Ginevra.
In Iran, il presidente Mohammad
Khatami, parlando in Parlamento, ha criticato le bocciature delle candidature
alle prossime elezioni politiche di febbraio di un'ottantina di attuali
deputati. Bocciatura dichiarata da parte del Consiglio dei Guardiani della
rivoluzione, organismo controllato dai conservatori e dagli ayatollah. Ma ha
anche chiesto ai deputati che protestano di interrompere i sit-in di fronte al
Parlamento dicendosi ottimista per una possibile mediazione. Intanto esponenti
delle scuole teologiche della città santa di Qom, hanno definito traditori i
deputati minacciando di “tagliare via le loro mani dalla 'casa del popolo'”.
Khatami, questa mattina ha anche chiarito di non prendere in seria
considerazione l’ipotesi di dimettersi. Ma qual è l’atteggiamento della
comunità internazionale di fronte alla crisi politica iraniana? Giancarlo La
Vella ne ha parlato con Alberto Zanconato dell’agenzia Ansa di Teheran:
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R. - E’ una crisi che viene
seguita anche perché si ha la sensazione che i nodi siano arrivati al pettine
per quanto riguarda il confronto tra potere politico “laico” e potere religioso.
Però, a Teheran, a differenza che all’estero,
c’è la sensazione che si tratti di un confronto confinato per ora all’interno
delle istituzioni, cioè che non coinvolge l’opinione pubblica più di tanto. Non
coinvolge la piazza, come invece era avvenuto negli anni passati per altre occasioni
di scontro, in cui c’erano state manifestazioni di studenti e di persone
comuni. Quindi, forse per l’esperienza di questi ultimi anni, in cui queste
manifestazioni sono state sempre represse, gli studenti soprattutto, ma anche
la gente comune stanno un po’ a guardare aspettando di vedere quello che
succederà. Ma non sembra ci sia una grandissima partecipazione popolare.
D. – Nella comunità
internazionale, non c’è paura che l’Iran diventi un altro polo di tensione
all’interno della più vasta area mediorientale?
R. – Non credo che ci sia questa
paura, anche perché in questo momento dal punto di vista internazionale, l’Iran
è in una situazione migliore di quanto lo fosse alcuni mesi fa. Si parla di
trattative, pur segrete e dietro le quinte, che stanno andando avanti con gli
Stati Uniti, riprese anche con maggiore vigore dopo il terremoto di Bam.
Quindi, gli Stati Uniti, ma anche gli europei, continuano le loro trattative
con il regime di Teheran e non sembrano preoccupati più di tanto.
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Gli
Stati Uniti con il presidente Bush hanno ottenuto quella che è stata definita
una vittoria diplomatica al Vertice delle Americhe, conclusosi a Monterrey, in
Messico. Nonostante l’opposizione di Brasile, Venezuela e Argentina, la
dichiarazione finale rispecchia a grandi linee i piani internazionali di
Washington. Ci spiega perché Maurizio Salvi:
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Nonostante accordi presi in
precedenza e la strenua opposizione di Brasile, Venezuela e Argentina, il
documento finale contiene una menzione all’Alca, l’area di libero commercio
delle Americhe che Washington vuole vedere avviata a partire dal 2005 tra
l’Alaska e la Terra del Fuoco. Il presidente George W. Bush ha partecipato al
Vertice con l’evidente obiettivo di stringere i Paesi latinoamericani attorno
ai due perni della sua politica estera: la lotta al terrorismo e il
rafforzamento del libero commercio. Entrambi i punti sono presenti nel
documento finale, mentre non lo è in termini categorici il tema della
corruzione. Il capo della Casa Bianca avrebbe voluto introdurre
nell’Organizzazione degli Stati americani una clausola della trasparenza, che
permettesse di espellere un Paese considerato corrotto. Infine, la
Dichiarazione pone grande enfasi sulla qualità dello sviluppo, la lotta
all’emarginazione sociale e la necessità di trovare una soluzione al problema
del debito estero che, come ha provato l’Argentina, può gettare nel caos un
intero Paese.
Maurizio Salvi per la Radio
Vaticana.
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In Italia sono in custodia della polizia di Roma, dopo essere stati fermati al Cairo, in
Egitto, altri due brigatisti, Rita
Algranati e Maurizio Falessi. La donna,
condannata all'ergastolo per il rapimento e l'assassinio di Aldo Moro e
latitante dal 1978, è considerata una figura di primo piano delle Brigate
rosse. Entrambi non si sono dichiarati prigionieri politici. Il ministro
dell’interno Pisanu ha definito l’arresto “una vittoria dello Stato democratico”.
Sempre in Italia, sul piano politico si registrano i botta
e risposta tra maggioranza e opposizione dopo il no della Consulta alla legge
blocca-processi. La Corte costituzionale ha infatti dichiarato ieri illegittimo
il cosiddetto lodo Schifani, il provvedimento con il quale si garantisce
l'immunità e si sospendono i processi in corso per le cinque più alte cariche
dello Stato: presidente della Repubblica, premier, presidenti di Camera e
Senato e presidente della Consulta. Secondo la Corte "viola gli articoli
costituzionali che riguardano il principio di uguaglianza e il diritto di
difesa, ma il testo completo della
sentenza verrà reso noto nei prossimi giorni. Il suo primo effetto, in
ogni caso è la ripresa del processo stralcio Sme a carico del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi.
Tra i commenti del giorno dopo della maggioranza emerge l’opinione che quella
della Consulta sia una sentenza “politica” e che il Lodo vada difeso, perché
legge giusta e coerente. Si distingue il capogruppo della Lega, Cè, che invita
la maggioranza a riflettere. Soddisfazione, invece, ha espresso il centro
sinistra sottolineando che la Corte costituzionale ha dimostrato libertà e
indipendenza.
Visita storica domani e dopodomani di Romano Prodi in
Turchia. E’ la prima volta che un presidente della Commissione Europea compie
una visita ufficiale in Turchia negli
ultimi 40 anni. Prodi si recherà ad Ankara e Istanbul per incontri ufficiali
con rappresentanti del governo e delle autorità turche. In una nota della
Commissione si legge che Prodi intende esprimere l’apprezzamento per i
cambiamenti già avviati dal governo turco per soddisfare i criteri di adesione
all’Unione, chiedendo di migliorare ancora tali riforme. Prodi ha anche
chiarito, però, di non aver preso e di non aver in programma di prendere
impegni precisi.
Il premier irlandese Bertie Ahern, nuovo presidente di
turno dell'Ue, ha ringraziato a
Strasburgo davanti all'Europarlamento la precedente presidenza italiana
per “il buon lavoro svolto”, per poi
indicare le linee guida del semestre in corso. Massima priorità – ha
ribadito – avrà la questione della Costituzione, sulla quale ha fallito il
vertice di Bruxelles di dicembre scorso. Il nodo irrisolto è stato quello del
sistema di voto. Il nostro servizio:
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Il premier di Dublino afferma che l'Irlanda “è determinata
a fare tutto il possibile per facilitare un accordo il più presto possibile”,
sottolineando di avere già avviato “un
processo di consultazione” intensivo per poi presentare una relazione in merito
al Consiglio europeo di marzo. Da parte sua, il presidente della Commissione,
Prodi, afferma che il 2004 “deve essere l'anno della nuova Costituzione
europea” e che la presidenza irlandese e quella successiva olandese
potranno contare sul totale sostegno
dell'esecutivo Ue. La Commissione “insiste perchè si proceda tutti assieme
verso una integrazione più forte e condivisa”- spiega Prodi - ma “se gli sforzi
in questa direzione dovessero ripetutamente fallire, non ci si potrebbe certo opporre
a una cooperazione più forte da parte di alcuni, cooperazione che dovrebbe poi
servire come punto di partenza per una Unione più vigorosa e coesa, utilizzando
a questo scopo il metodo che ha garantito il successo di 40 anni di
integrazione europea”. Resta da dire che il primo ministro irlandese ha
annunciato anche un’altra delle sfide prioritarie: migliorare la competitività.
E qui il riferimento è alla cosiddetta agenda di Lisbona, con l’obiettivo di
aumentare i posti di lavoro dando sviluppo all'economia. Infine, un annuncio
che fa sentire più concreto il prossimo allargamento: a fine febbraio si
conosceranno i nomi dei commissari dei dieci nuovi Paesi membri.
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Un aereo delle linee locali dell’Uzbekistan è precipitato
nei pressi della capitale, Tekent, mentre si accingeva ad atterrare. Molto
probabilmente si tratta di un incidente causato dalla fitta nebbia, che
impediva la visibilità nell’aeroporto. Tra le vittime anche un alto
rappresentante delle Nazioni Unite.
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37 PERSONNES, DONT UN
COLLABORATEUR DE L’ONU EN UZBEKISTAN,…
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37 persone, tra cui un collaboratore dell’Onu in
Uzbekistan, hanno trovato la morte nell’incidente aereo di un ‘Aviojet 40’,
apparecchio - sembra - di fabbricazione sovietica. Secondo le autorità uzbeke,
la colpa della catastrofe ricade sulla nebbia. Eppure, questo incidente non è
che l’ultimo di una lunga serie e pone ancora una volta la questione della
sicurezza dei trasporti aerei nell’ex-Unione Sovietica. Nel giugno 2002, un
velivolo si è schiantato al decollo sulla pista di Mosca, provocando 14 morti.
Mentre nel giugno 2001 un ‘Tupolev 154’ si è inabissato in Siberia con 143
persone a bordo. Certamente c’è stato un periodo nero nella prima metà degli
anni Novanta, dopo lo smembramento di una molteplicità di piccole compagnie
dell’Aeroflot che fino a quel momento deteneva il monopolio dei voli interni
sovietici. Ma, pur rimanendo il problema di fondo, la sicurezza degli apparecchi
nei trasporti aerei è notevolmente migliorata. C’è anche il fatto che, essendo
l’ex Unione Sovietica un territorio vastissimo, è evidente che molte tragedie
sicuramente sono imputabili al trasporto aereo.
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