RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n. 12 - Testo della Trasmissione di lunedì 12
gennaio 2004
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI
IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Fallito l’accordo tra governo indonesiano e ribelli per il
rilascio degli ostaggi.
Disastroso incendio nella notte in una baraccopoli alla
periferia di Manila, nelle Filippine
Stato di massima allerta in Mozambico per l’ennesima epidemia
di colera.
Fino all’8 Febbraio al Teatro Due di Roma: “La carezza di Dio,
Rwanda 1994”.
Emergenza
povertà e preoccupazione per la stabilità democratica al centro del vertice dei
Paesi del continente americano che si apre oggi a Monterrey in Messico
Accordo
preliminare tra Stati Uniti e Cina sulla non proliferazione nucleare. E la
Corea del Nord offre il congelamento dei propri reattori atomici in cambio di
aiuti da Washington
Inaugurato
tra le polemiche in Italia l’anno giudiziario: per il procuratore generale
Favara la giustizia è ancora in crisi.
12 gennaio 2004
LA
PACE IN MEDIO ORIENTE, LA STABILIZZAZIONE DEMOCRATICA DELL’IRAQ E, ANCORA, IL
FUTURO DELL’AFRICA FERITA DALLA POVERTA’ E DAI CONFLITTI:
QUESTI
I TEMI PRINCIPALI DEL DISCORSO DEL PAPA AL CORPO DIPLOMATICO.
GIOVANNI
PAOLO II SI E’ ANCHE SOFFERMATO SULLE RADICI CRISTIANE DELL’EUROPA,
LA
DISTINZIONE TRA LAICITA’ E LAICISMO E SUL RUOLO DELLE RELIGIONI
COME STRUMENTO DI DIALOGO. IL PONTEFICE HA
RICORDATO MONS. COURTNEY
E VIEIRA DE MELLO, MARTIRI DELLA PACE
-
Servizio di Alessandro Gisotti -
La guerra non risolve mai i conflitti tra i popoli: è la
riflessione offerta stamani da Giovanni Paolo II ai membri del Corpo diplomatico
presso la Santa Sede, ricevuti in Vaticano per il tradizionale scambio d’auguri
d’inizio anno. Il Papa si è soffermato sulla difficile situazione in Iraq e
Medio Oriente e ancora sul ruolo delle religioni per costruire un futuro di
pace e della distinzione tra laicità e laicismo. Non ha poi mancato di ribadire
la necessità per l’Europa di riconoscere il valore delle proprie radici
cristiane. Il servizio di Alessandro Gisotti:
*******
Ces
derniers mois, elle a été mise a mal par les événements qui se sont succédé au
Moyen Orient…
E’ il Medio Oriente, regione di
contrasti e guerre, ad essere in primo piano nei pensieri di Giovanni Paolo II
che ad esso dedica la prima parte del discorso al corpo diplomatico. Tutti, ha
sottolineato, conoscono i numerosi sforzi compiuti dalla Santa Sede per evitare
il conflitto in Iraq. Oggi, però, è importante che la comunità internazionale
“aiuti gli iracheni, sbarazzatisi del regime che li opprimeva” ad essere messi
in condizione di “riprendere le redini del proprio Paese e determinare
democraticamente un sistema economico e politico, conforme alle loro
aspirazioni”, affinché l’Iraq torni ad essere una “parte credibile della
comunità internazionale”.
La
non-résolution du problème israelo-palestinien…
Ha così rivolto l’attenzione al
conflitto israelo-palestinese, “fattore di destabilizzazione permanente per
tutta la regione” e causa di “indicibili sofferenze per le popolazioni
israeliane e palestinesi”. Mai smetterò di ripetere ai leader dei due popoli,
ha detto, che “la via delle armi, il ricorso da una parte al terrorismo e
dall’altra alle rappresaglie, e ancora l’umiliazione dell’avversario, la
propaganda dell’odio non portano da nessuna parte”. La pace durevole non può
ridursi “a un semplice equilibrio” tra le forze in campo. Solo il “rispetto
delle reciproche aspirazioni e il ritorno al tavolo dei negoziati”, ha
avvertito, possono condurre ad una reale soluzione della crisi. Il Papa non ha
poi mancato di ricordare i tanti conflitti che insanguinano il continente africano,
dove “agli effetti della violenza si sommano quelli della povertà” che getta
interi popoli nella disperazione. Né ha tralasciato di mettere in guardia sul
pericolo rappresentato dalla produzione e commercio delle armi.
Je
voudrais rendre un hommage tout particulier a monseigneur Michael Courtney…
Il Pontefice ha reso omaggio al
nunzio in Burundi, Micheal Courtney, ucciso il 29 dicembre vicino Bujumbura,
nel servizio alla causa della pace e del dialogo. E con lui, ha voluto
ricordare Sergio Vieira de Mello, rappresentante speciale dell’Onu in Iraq,
morto in un tragico attentato a Baghdad. Sottolineando quindi l’urgenza di
rendere più efficace il sistema di “sicurezza collettiva” delle Nazioni Unite,
ha nuovamente condannato il terrorismo internazionale. Questo, ha affermato,
“seminando paura, odio e fanatismo disonora tutte le cause che pretende di
servire”. Per questo, ha aggiunto, non possiamo “accettare passivamente di
vedere la pace tenuta in ostaggio dalla violenza”. D’altro canto, ha sottolineato
come proprio la fede sia una forza per costruire la pace. Le comunità dei credenti,
per le quali ogni persona ha ricevuto dal Creatore una dignità unica, sono allora
mezzi per l’edificazione di un mondo pacificato. Dovunque la pace è in pericolo,
ha rilevato, “ci sono dei cristiani che nelle parole e nei fatti attestano che
la pace è possibile”.
Nous
sommes témoins, ces derniers temps, dans certains pays d’Europe…
Quindi, ha parlato del ruolo della religione nella
società, ha constatando con preoccupazione che, ultimamente, in certi Paesi
dell’Europa, si registra “un’attitudine che potrebbe mettere in pericolo
l’effettivo rispetto della libertà religiosa”. La difficoltà ad accettare la
dimensione religiosa nello spazio pubblico, ha constatato, si è manifestata in
maniera emblematica nel recente dibattito sulle radici cristiane dell’Europa.
Alcuni, ha detto hanno “riletto la storia attraverso il prisma di ideologie
riduttrici, dimenticando ciò che il cristianesimo ha dato alla cultura e alle
istituzioni del continente: la dignità della persona umana, la libertà, il
senso dell’universale, la scuola e l’università, le opere di solidarietà”. Pur
non sottostimando le altre tradizioni religiose, non si può negare che
“l’Europa si è affermata nel momento stesso che è stata evangelizzata”. Non
solo, promuovendo la libertà e i diritti dell’uomo i cristiani hanno
contribuito alla “trasformazione pacifica dei regimi autoritari e alla
restaurazione della democrazia nell’Europa orientale”.
Sovente, ha affermato, si invoca il “principio della
laicità”, che è in sé legittimo se è compreso come la distinzione tra la
comunità politica e le religioni. “Ma distinzione non vuol dire ignoranza, la
laicità non è il laicismo”. Un sano dialogo tra Stato e Chiese può infatti
senza dubbio “favorire lo sviluppo integrale della persona umana e l’armonia
della società”. Infine, il Pontefice ha ricordato il suo impegno ecumenico.
Sono convinto, ha detto, che “se i cristiani superassero le loro divisioni, il
mondo sarebbe più solidale”. Tutti insieme, ha concluso, possiamo contribuire
efficacemente al rispetto della vita e alla salvaguardia dei diritti
inviolabili dell’uomo.
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La Santa Sede intrattiene
attualmente relazioni diplomatiche piene con 174 Stati. Le ultime relazioni
diplomatiche sono state stabilite, nel corso del 2002, con la Repubblica di
Timor Est e con lo Stato di Qatar. Inoltre, la Santa
Sede ha relazioni diplomatiche anche con l’Unione europea e il Sovrano Militare Ordine di Malta. Infine, ha relazioni di
natura speciale con la Federazione Russa e con l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina. La
Santa Sede partecipa a differenti Organizzazioni e Organismi intergovernativi
internazionali come la Fao e l’Unesco. Ancora, partecipa a differenti Organizzazioni e organismi intergovernativi
regionali tra i quali l’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa
(Osce), la
Lega Araba, l’Organizzazione degli Stati Americani e l’Organizzazione per
l’Unità Africana.
LE
CONCLUSIONI DELLA PLENARIA DELLA CONGREGAZIONE PER IL CLERO
SUGLI
ORGANISMI CONSULTIVI DELLA CHIESA
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Intervista con il cardinale Darìo Castrillòn Hoyos -
Si è conclusa in questi giorni in Vaticano la plenaria
della Congregazione per il Clero che ha incentrato i suoi lavori sugli organismi consultivi della Chiesa, i
consigli pastorali diocesani e parrocchiali, a 20 anni dalla loro nascita. Sabato
scorso il Papa, ricevendo i membri del dicastero, aveva sottolineato la necessità
di aggiornare questi organismi rilanciando la collaborazione tra sacerdoti e laici,
ma nel rispetto delle diverse vocazioni e senza confondere la struttura della
Chiesa con modelli politici semplicemente umani. Ma che bilancio fare del
lavoro fin qui svolto dai consigli diocesani e parrocchiali ? Giovanni Peduto
lo ha chiesto al cardinale Darìo Castrillòn Hoyos, prefetto della Congregazione
per il Clero.
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R. – Gli organismi
consultivi sono un’espressione della comunione ecclesiale. Sia-mo cioè uniti
nella chiamata che Dio ha fatto a tutti; siamo uniti nel Battesimo, tutti i
membri della Chiesa, dai vescovi ai sacerdoti, ai diaconi, ai religiosi e alle
religiose, ai laici. Abbiamo la stessa chiamata. C’è un’eguaglianza basilare:
chiamati ad essere figli di Dio. Quello che noi abbiamo notato è che questi
organismi rappresentano una grande ricchezza per la partecipazione dei laici
che aiutano i pastori a vedere la realtà umana, la realtà del mondo.
D. – I vari
consigli pastorali diocesani e parrocchiali stanno dunque facendo maturare una
maggiore unione tra sacerdoti e laici?
R. – Certamente sì
e questo un po’ ovunque. Questo rappresenta una grande ricchezza perché si sa
che non si tratta di un fatto sociologico, non si tratta di un fatto
democratico ma si tratta di una cosa voluta dal Signore e con l’aiuto dello
Spirito Santo, che ne è l’ispiratore. Abbiamo esperienza che spesso si parla a
nome dello Spirito ma non poche volte anche a nome dello spirito cattivo ed è
il Papa per la Chiesa universale ed i vescovi per la chiese locali a compiere
questo discernimento. Ecco perché è diverso il modo di partecipare alla
responsabilità di Chiesa. I fedeli lo fanno con la forza del Battesimo e della
confermazione, perché anche in loro è presente lo Spirito Santo, però il
carisma di governo per compiere questo discernimento – che cosa si può
mantenere come vero per tutta la comunità e quindi governare per indirizzare
tutta la comunità – è esclusivo compito del vescovo o del parroco nella
parrocchia. E’ proprio in questo campo che si incontrano dei problemi, perché
non mancano consigli che vorrebbero avere il potere di governo e quindi
dominare sia la parrocchia, sia la Chiesa. Questo non è ovviamente accettato
dalla Chiesa.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre la prima pagina il titolo:
"Uno sguardo sul mondo alla luce di quattro convinzioni", in
riferimento al discorso di Giovanni Paolo II al Corpo Diplomatico accreditato
presso la Santa Sede durante l'udienza per la presentazione degli auguri per il
nuovo anno.
"La pace sempre
minacciata"; "La fede: una forza per costruire la pace";
"La religione nella società: presenza e dialogo"; "Come
cristiani, tutti insieme, siamo responsabili della pace e dell'unità della
famiglia umana.
Nelle vaticane, all'Angelus il
Papa ha sottolineato che il Battesimo di Cristo rappresenta il primo
"mistero di luce" per Maria e per tutta la Chiesa.
Una pagina dedicata al
conferimento di due ordinazioni episcopali da parte del Cardinale Angelo
Sodano: nella Concattedrale di Mantova a Mons. Pecorari, Nunzio Apostolico in
Rwanda, primo Rappresentante del Papa a ricevere l'ordinazione episcopale dopo
l'uccisione dell'Arcivescovo Courtney; nella Basilica Vaticana a Mons.
Liberati, Prelato di Pompei. I servizi dell'inviato Francesco Maria Valiante e
di Gianluca Biccini.
Nelle estere, Medio Oriente:
"sì" condizionato di Sharon alla ripresa dei dialogo con la Siria.
Onu: aperte le celebrazioni
dell'Anno internazionale per la lotta alla schiavitù.
Nella pagina culturale, per la
rubrica "Oggi", una riflessione di Gaetano Vallini dal titolo "I
ragazzi, i ragazzi devono essere protetti"; Napoli: due tragedie legate da
un unico filo ripropongono l'emergenza della criminalità.
Nella pagina della cronaca di
Roma, il servizio sui funerali della mamma di Padre Pasquale Borgomeo,
Direttore Generale della Radio Vaticana.
Nelle pagine italiane, in
rilievo i disagi nel trasporto pubblico.
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12 gennaio 2004
GESTI
DI DISTENSIONE IN MEDIO ORIENTE:
ISRAELE
INVITA IL PRESIDENTE SIRIANO ASSAD
-
Intervista con Antonio Ferrari -
Prove di dialogo tra Israele e
Siria. Dopo le aperture mostrate nei giorni scorsi dal premier dello Stato
ebraico, Sharon, questa mattina il presidente Katsav ha invitato a Gerusalemme
il collega siriano, Al Assad, reduce da un importante viaggio in Turchia.
Tiepida, per ora, la reazione di Damasco: secondo alcuni ministri e funzionari,
l’offerta israeliana sarebbe “evasiva”. Ma le speranze di un riavvicinamento,
dopo quattro anni di relazioni interrotte, non mancano, come conferma Antonio
Ferrari, inviato speciale del Corriere della Sera ed analista di questioni
mediorientali, nell’intervista di Andrea Sarubbi:
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R. – Nonostante le
continue accuse reciproche, ci sono stati molti passi interessanti. Il primo è
l’intervista rilasciata del presidente Assad al New York Times, in cui
ha chiesto agli Stati Uniti un aiuto per poter riprendere i colloqui con
Israele. Il secondo è il suo viaggio storico in Turchia. Ora, il fatto che il
presidente israeliano faccia questa offerta – dopo le pressioni ricevute dall’intelligence, dal ministero
degli Esteri e da una parte delle Forze armate – sembra importante e forse
potrà avere degli sviluppi fondamentali nella regione.
D. – Israele chiede
alla Siria di non appoggiare i terroristi; la Siria – a sua volta – prende le
distanze da Bin Laden. Dov’è il problema?
R. – Il problema è che la Siria
considera Al-Qaeda e Bin Laden fra i peggiori pericoli per la stabilità
mondiale, ma non considera terroristi coloro che si battono, anche all’interno
di Israele, per raggiungere l’obiettivo della creazione del loro Stato. Si
tratta di un ostacolo serio, e lo conferma il fatto che sia stato il primo
ministro Sharon ad evidenziarlo. Da sempre, comunque, tra Israele e Siria c’è
stato questo rapporto controverso, ma per fortuna le porte non si sono mai
chiuse definitivamente. Certo, non stupisce che all’interno della Siria ci
siano delle resistenze… Tra l’altro, si sa anche che a Damasco risiedono i
portavoce di alcune organizzazioni – come Hamas o come la Jihad islamica. Ma i
veri cervelli si troverebbero in altri Paesi, come ad esempio l’Iran.
D. – Vedi dei paralleli tra le attuali aperture delle Siria e quelle di
Gheddafi nelle scorse settimane?
R. – Tra Libia e Siria ci sono delle differenze sostanziali: sono
diversi i due Paesi e lo sono anche i due leader. Ma in ogni caso i segnali che
arrivano da Gheddafi e dallo stesso Iran lasciano intendere che, forse, si sta
muovendo qualcosa. Il fatto che a Sana’a, nello Yemen, sia in corso una
conferenza in cui si parla di democrazia e di diritti dell’uomo ed alla quale
partecipano tutti i rappresentanti dei governi arabi – compresa la Siria – può
lasciar capire molte cose su ciò che forse, dopo mesi di buio, si sta muovendo
in Medio Oriente.
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INIZIATO
OGGI A BETLEMME L’INCONTRO DEI VESCOVI DI EUROPA E STATI UNITI
CON GLI ORDINARI CATTOLICI DI TERRA SANTA
-
Intervista con Padre Ibrahim Faltas -
La situazione in Medio Oriente è al centro dell’incontro,
apertosi oggi a Betlemme sul tema “La Chiesa universale in solidarietà con la
Chiesa di Terra Santa”, al quale partecipano i rappresentanti delle Conferenze
episcopali di Europa e Stati Uniti e l’Assemblea degli ordinari cattolici di
Terra Santa. In particolare la situazione del popolo palestinese, della
comunità cristiana e i piani pastorali per la comunità locale saranno esaminati
e discussi durante la Conferenza che si concluderà giovedì prossimo. Sul
significato di questa iniziativa ascoltiamo, al microfono di Amedeo Lomonaco,
il custode della basilica della Natività a Betlemme, padre Ibrahim Faltas:
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R. – E’ un segno di
solidarietà per il popolo palestinese, soprattutto per i cristiani di Terra
Santa. Da Betlemme, ad esempio, sono emigrate oltre due mila persone in questi
ultimi tre anni. C’è bisogno, dunque, di solidarietà verso il popolo di
Betlemme e per tutti i palestinesi, soprattutto i cristiani che stanno andando
via.
D. – La Chiesa come
può mettersi al servizio della comunità della Terra Santa?
R. – La Chiesa sta facendo del suo
meglio per aiutare i cristiani presenti aiutando a costruire le case. Stiamo
portando avanti due grandi progetti a Betlemme. Ma il problema più grosso
adesso per i cristiani di Betlemme è che non trovano lavoro. Da tre anni è
infatti bloccato il settore del turismo e potete immaginare la situazione economica
della gente. Quello che ci preoccupa è che tanti cristiani stanno andando via.
Non possiamo dire loro: “Dovete rimanere. Dovete restare qui”. Il vero problema
è la situazione politica.
D. – Una delegazione
di vescovi incontrerà il presidente palestinese Yasser Arafat a Ramallah. Quali
frutti può dare secondo lei quetso incontro?
R. – Io penso che si
debbano incontrare soprattutto le due parti e si devono convincere che l’unica
soluzione possibile è il dialogo.
D. – Per quanto
riguarda gli impegni a favore della Terra Santa, quali sono le attività
concrete a favore di questa zona continuamente martoriata?
R. – La nostra
missione è quella di educarci alla pace ed educare i nostri bambini alla pace.
Abbiamo le scuole, abbiamo le parrocchie. La Chiesa sta facendo di tutto per
l’educazione alla pace. Abbiamo portato, per esempio, diverse volte ragazzi
palestinesi e ragazzi isareliani in Italia. Si sono incontrati ed hanno giocato
e mangiato insieme. Questa, ad esempio, è un’iniziativa concreta che aiuta le
due parti a intraprendere il cammino della pace.
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SCONTRO
POLITICO IN IRAN
DOPO LA CANCELLAZIONE DI CENTINAIA DI
CANDIDATURE ALLE PROSSIME ELEZIONI
-
Intervista con Alberto Zanconato -
Continua
in Iran la protesta dei deputati riformisti, dopo che ieri il Consiglio dei Guardiani, la corte
costituzionale iraniana, controllata dagli ayatollah e dai conservatori, in
vista delle elezioni legislative del 20 febbraio prossimo ha respinto numerose
candidature. La decisione rischia dunque di creare un preoccupante scontro di
poteri in un Paese che sta mostrando chiari segnali di dialogo con l’occidente.
Il servizio di Giancarlo La Vella:
*********
Per molti osservatori si tratta di
una sorta di bocciatura della attuale politica portata avanti dal governo del
presidente, il moderato, Mohammad Khatami. Molti esponenti dell’esecutivo e del
parlamento sono convinti che l’Iran non possa rimanere abbarbicato a posizioni
di intransigenza verso l’occidente. Il Consiglio dei Guardiani, strenuo
baluardo dei valori della rivoluzione islamica degli ayatollah, ha infatti
cancellato nella sola Teheran circa 900 candidati su un totale di 1709; un dato
che, rapportato a livello nazionale, porta il numero dei candidati bocciati ad
alcune migliaia; tra essi chiaramente molti i moderati ed i deputati uscenti.
Un atto che ha scatenato la protesta proprio della parte moderata. Per il
secondo giorno consecutivo decine di deputati iraniani oggi hanno dato vita a
un sit-in nel palazzo del Parlamento per protestare contro la decisione.
Ottantatre parlamentari - riferisce l'agenzia Irna – hanno partecipato
all’iniziativa. Tra loro, il vice presidente del Parlamento, Reza Khatami,
fratello del presidente della Repubblica. Anche 27 governatori delle 28
province iraniane hanno espresso la loro contrarietà alla linea del Consiglio e
hanno minacciato le dimissioni. Il capo dello Stato ha esortato tutti alla
calma, pur dichiarandosi contrario alla decisione, assicurando che si potrà
arrivare ad una revisione della pronuncia attraverso vie legali. L’alto
rappresentante europeo per la sicurezza, Javier Solana, che si trova in visita
a Teheran, ha auspicato che le prossime consultazioni iraniane possano
svolgersi in un clima di correttezza.
*********
Ma quali conseguenze potrà avere
per il futuro politico dell’Iran questo duro scontro tra i due poteri forti del
Paese? Giancarlo La Vella lo ha chiesto ad Alberto Zanconato, responsabile
della sede Ansa di Teheran:
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R. – Spaccature
apparenti ce ne sono state già molte in questi sette anni: dalla prima elezione
a presidente della Repubblica di Khatami all’inizio del processo di riforme. Ci
sono stati anche momenti molto drammatici. Quindi si tratta di episodi ciclici,
in questo processo di scontro, tra riformisti e conservatori. Quindi, al
momento, tenendo conto delle parole del presidente Katami e del presidente del
Parlamento, Karrubi che hanno chiamato in causa la stessa guida suprema,
l’Ayatollah Khamenei - che è punto di riferimento dei conservatori - dicendo
che anche da parte sua, probabilmente, c’è un atteggiamento negativo alquanto deciso,
sembra che appunto le parti vogliano parlarsi e vogliano cercare di arrivare ad
una sorta di compromesso.
D. – Quindi
scongiurata una spaccatura, almeno in tempi brevi. Secondo te, che cosa c’è
dietro la decisione del Consiglio dei Guardiani?
R. – Sicuramente c’è
la convinzione che sia arrivato il momento di farla finita non con il movimento
riformista in generale - cioè quello che si riconosce nel presidente Khatami
che, tutto sommato, è un movimento riformista moderato - ma farla finita con
gli elementi di punta, quelli più estremisti. Sono deputati che hanno fatto
molto parlare di sé, che hanno attirato le ire dei conservatori. Parla di una
necessità di riaprire il dialogo con gli Stati Uniti. Sono elementi che
vogliono portare alle estreme conseguenze il processo di riforme. Vogliono che
effettivamente nel Paese venga istituita una democrazia religiosa, come dice
Khatami, o comunque una democrazia.
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IERI
ALLA “DOMUS GALILAEAE” SUL MONTE DELLE BEATITUDINI IN TERRA SANTA, LA DEDICAZIONE
DELLA NUOVA CAPPELLA DEL CENTRO INTERNAZIONALE
-
Servizio di Roberto Piermarini -
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E’ stato celebrato ieri pomeriggio nel Centro
Internazionale “Domus Galilaeae” sul Monte delle Beatitudini a Tiberiade, in Israele, il rito di dedicazione della
chiesa, presieduto del Patriarca latino
di Gerusalemme Mons. Michael Sabbah. Presenti il Nunzio apostolico in Israele,
Mons. Pietro Sambi, , il Custode di Terra Santa P. Giovanni Battistelli, alcuni
vescovi e superiori di comunità religiose di Terra Santa, professori delle
Università bibliche di Gerusalemme e rappresentanti di movimenti ecclesiali.
Con loro, gli iniziatori del Cammino Neocatecumenale Kiko Arguello, Carmen
Hernandez e P. Mario Pezzi. Il rito infatti è avvenuto nel corso di un
importante incontro internazionale di 250 itineranti del Cammino neocatecumenale
provenienti dai 108 Paesi del mondo dove questa esperienza ecclesiale - nata in
Spagna agli inizi degli anni ’60 - e oggi presente con 14 mila comunità. Sui
momenti salienti della celebrazione di ieri il commento del direttore del Centro,
don Rino Rossi:
“Secondo molti esegeti questo luogo del Monte delle
Beatitudini è il luogo dal quale sono partiti gli Apostoli inviati da Gesù
Cristo a tutti i confini della terra ad annunciare il Vangelo. Il Signore ci ha
dato anche la grazia di avere molte reliquie di martiri e di santi di tante
parti del mondo tra cui San Francesco d’Assisi, Sant’Antonio, Sant’Ignazio di
Loyola ed era come se proprio in questo posto vi fosse un’eco di
evangelizzazione degli Apostoli in tutto il mondo, che hanno prodotto frutti di
santità. Questi frutti di santità erano presenti nelle reliquie di questi
martiri santi. E poi una nota molto interessante di tutta la dedicazione è
stata la presentazione da parte di Kiko Arguello dell’affresco che ha dipinto
sul Giudizio Universale”.
Il dipinto dell’abside dipinto da
Kiko Arguello l’estate scorsa, è un gigantesco affresco di 8 metri per 9 che
raffigura, nella tradizione dell’iconografia orientale, il Giudizio Universale.
Lo stesso Kiko Arguello ci spiega perché ha scelto questo soggetto:
“Proprio Gesù Cristo dice di
andare in Galilea e dice anche: “ecco io sono con voi fino alla fine del
mondo”. Quindi questo ha una relazione alla missione universale di tutte le
genti con la seconda venuta di Cristo. Si è voluto in questa Chiesa, dall’alto
del Monte delle Beatitudini, questo affresco del Giudizio Universale nel quale
si vede in alto il Padre e la Gerusalemme Celeste; al centro Cristo, la Madonna,
Giovanni Battista, Adamo ed Eva, e sotto ci sono anche l’Inferno e il Paradiso.
Questo è rappresentato con colori rossi, moderni ed è stato ispirato ad
un’icona del XV secolo, nel quale sono applicati però tutti i contenuti della
pittura moderna come quella di Matisse. E’ importantissimo infatti trovare
nuove formule estetiche per l’evangelizzazione”.
Ma cosa rappresenta il Centro
Internazionale “Domus Galilaeae” per tutta la Chiesa universale e per quella di
Terra Santa in particolare? Ci risponde ancora don Rino Rossi?
“Questo Centro, quando è partito, voleva essere prima di
tutto un Centro per accogliere i fratelli del Cammino catecumenale che, quando
terminano il percorso dell’iniziazione cristiana, fanno un pellegrinaggio qui
in Terra Santa e quindi quando passano per la Galilea possono fermarsi in
questo posto. Con il tempo si stanno, però, intravedendo altre possibilità,
perché ci sono molte conferenze episcopali che ci stanno chiedendo
disponibilità per incontri, per conferenze od anche per fare incontri
internazionali a livello teologico e biblico – anche per questo è prevista la
Biblioteca e soprattutto l’Aula Magna che avrà delle caratteristiche proprio
per questa funzione e quindi anche con traduzione simultanea. Questo centro,
senza prevederlo, sta inoltre suscitando grande interesse da parte degli ebrei.
Ci sono moltissimi ebrei infatti che stanno venendo a visitarci, perché ci sono
degli aspetti della costruzione che fanno riferimento alle nostre radici di cristiani
e che si collocano nella tradizione ebraica. Questo centro vuole quindi essere
un ponte con tutta la tradizione ebraica”.
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12 gennaio 2004
PROSEGUE CELERMENTE LA CAUSA DI
BEATIFICAZIONE DI PADRE MARIO VERGARA, SACERDOTE ITALIANO DEL PIME, E DEL
CATECHISTA ISIDORO,
BRUTALMENTE UCCISI DAI RIBELLI IN MYANMAR NEL 1950
MANDALAY. = Prossimi agli
onori degli altari. Procede con passo spedito il percorso di studio e di
approfondimento sulla vita di Isidoro, catechista del Myanmar, e del sacerdote
italiano del Pime, padre Mario Vergara, entrambi uccisi nel 1950 dai
guerriglieri perché accusati di connivenza con il governo centrale e di tenere
viva l’eredità dell’antico governo coloniale. I due uomini, in realtà, si
schierarono dalla parte degli oppressi e si attivarono per denunciare i soprusi
messi in atto dai ribelli contro le comunità dei villaggi. Per questa condotta
vennero trucidati e i loro corpi furono gettati nel fiume Salwen. “Si tratta
del primo processo di beatificazione della Chiesa locale - ha detto il vescovo
di Loikaw, mons. Sotero Phamo - i cattolici di Myanmar hanno bisogno di queste
importanti testimonianze”. La causa è promossa direttamente dalla diocesi di
Loikaw, località a 350 chilometri da Yangon, dove i due vennero uccisi. (D.D.)
FALLITO L’ACCORDO TRA GOVERNO INDONESIANO E RIBELLI
PER IL RILASCIO DEGLI OSTAGGI. ATTESO INTERVENTO
DELLA CROCE ROSSA.
SUL TERRENO ANCORA VIOLENTI SCONTRI TRA ESERCITO E
GUERRIGLIERI SEPARATISTI
JAKARTA.
= Si è concluso, con esito negativo, il tentativo di accordo tra le autorità
indonesiane e i ribelli del Movimento per Aceh Libera (Gam). I guerriglieri,
infatti, non hanno accettato di incontrare la delegazione governativa giunta
martedì scorso a Banda Aceh, capoluogo della provincia settentrionale
dell’isola di Sumatra, dove da quasi otto mesi è in corso un’offensiva militare
contro i ribelli secessionisti. Questi ultimi, tuttavia, si sono detti disposti
a rilasciare alcuni ostaggi, che si aggirano intorno ad un centinaio di
persone, ai rappresentanti del Comitato internazionale della Croce Rossa e
della Croce rossa indonesiana. Sul terreno, intanto, la violenza non cessa di
mietere vittime. Durante il fine settimana, 12 guerriglieri e un soldato sono
rimasti uccisi; mentre due civili sono stati assassinati dai ribelli. È dal
1976 che la guerriglia separatista è attiva ad Aceh, ex sultanato passato sotto
il dominio coloniale olandese e poi integrato nella nazione indonesiana. (F.C.)
DISASTROSO INCENDIO NELLE
FILIPPINE.
LE
FIAMME, PROBABILMENTE APPICCATE DA UNA CANDELA O UNA LAMPADA A GAS,
HANNO
CAUSATO 22 MILA SENZA TETTO
MANILA.
= Un violento incendio ha sconvolto nella notte una baraccopoli alla periferia
di Manila, capitale delle Filippine. Le fiamme, appiccate probabilmente da una
candela o da una lampada a gas, si sono facilmente propagate nell’agglomerato
di povere abitazioni in legno e cartone, situato nel distretto di Tondo,
distruggendone oltre 2500. Più di 4500 famiglie hanno così perso la propria
casa ed ora oltre 22 mila persone sono senza tetto. Il disastro non ha
fortunatamente provocato vittime. I vigili del fuoco hanno impiegato più di
sette ore per domare le fiamme; mentre in scuole e palestre sono stati
allestiti i primi centri di accoglienza per gli sfollati. La presidente delle
Filippine, Gloria Macapagal Arroyo, si è recata subito sul posto per recare il
suo sostegno morale alle vittime del disastro. (B.C.)
STATO
DI MASSIMA ALLERTA IN MOZAMBICO PER L’ENNESIMA EPIDEMIA DI COLERA.
ALMENO
10 LE VITTIME; AVVIATA VACCINAZIONE DI MASSA
MAPUTO. = Il Mozambico nuovamente colpito da
un’epidemia di colera, esplosa nella capitale Maputo alla fine di dicembre.
Secondo quanto riferisce la stampa locale, sono almeno dieci le vittime: in
città, otto persone sono morte e 260 sono state curate o ricoverate; mentre
nella provincia meridionale di Gaza, sono stati registrati 84 casi e due
decessi. Nonostante le province colpite dall’infezione siano soltanto tre, le
autorità sanitarie del Mozambico hanno decretato lo stato di massima allerta in
tutto il Paese africano, che conta 17 milioni di abitanti. Istruzioni sono
state impartite alle strutture di tutti gli undici distretti sanitari
provinciali, per garantire immediata risposta in caso di nuove epidemie. Il
ministro della Salute, Francisco Songane, ha dichiarato che la sua
preoccupazione principale è la fornitura di acqua potabile agli ospedali e ai
centri sanitari. Nelle scorse settimane, grazie al sostegno dell’organizzazione
francese Medici senza frontiere è stata avviata una vaccinazione di massa
contro il colera, rivolta a cinquantamila adulti e bambini. (B.C.)
“LA
CAREZZA DI DIO. RWANDA 1994”: E’ IL TITOLO DELLA PIECE TEATRALE
CHE
PORTA IN SCENA IL GENOCIDIO NEL PICCOLO PAESE AFRICANO.
LO
SPETTACOLO AL TEATRO DUE DI ROMA FINO ALL’8 FEBBRAIO
ROMA. = Il genocidio in Rwanda
del 1994 è portato in scena con lo spettacolo teatrale “La carezza di Dio.
Rwanda 1994”, a Roma da domani fino all’8 febbraio, presso il Teatro Due.
Tratto dal libro di Daniele Scaglione, ex presidente della sezione italiana di
Amnesty International, dal titolo “Istruzioni per un genocidio. Rwanda:
cronache di un massacro evitabile” (Ega, Torino 2003), la pièce presenta un
monologo del generale canadese Romeo Dallaire, che comandava i caschi blu delle
Nazioni Unite in Rwanda. Quest’ultimo cercò invano di fermare l’escalation di
violenza, che si sarebbe trasformata nel genocidio di centinaia di migliaia di
persone. Al suo appello per inviare forze e uomini in grado di evitare i
massacri su grande scala, non risposero né le Nazioni Unite, né il resto della
comunità internazionale. Dopo l’inizio delle uccisioni su vasta scala,
nell’aprile del 1994, il generale - interpretato da Paolo de Vita, che ha
curato la versione teatrale insieme con Francesca Zanni - fu lasciato con poche
centinaia di militari. Riuscì a salvare decine di migliaia di persone e fu
testimone del più grave massacro dai tempi della Seconda Guerra Mondiale. In
circa tre mesi, infatti, nel piccolo Paese africano, fu ucciso un numero ancora
imprecisato di rwandesi, almeno mezzo milione secondo le fonti più prudenti,
ottocentomila o un milione secondo altri. Lo spettacolo è patrocinato e
promosso dalla sezione italiana di Amnesty. (B.C.)
SI
SONO SVOLTI STAMANI A ROMA I FUNERALI DELLA SIGNORA LETIZIA DE MEO,
MADRE
DEL DIRETTORE GENERALE DELLA RADIO VATICANA
ROMA. =
In un’atmosfera commossa ma anche di grande serenità, si sono svolti questa
mattina, nella chiesa di Santo Spirito in Sassia, a Roma, i funerali per la
signora Letizia De Meo, madre del direttore generale della Radio Vaticana,
padre Pasquale Borgomeo. L’anziana donna aveva oltre novant’anni. Il cardinale
segretario di Stato, Angelo Sodano, ha inviato a nome del Pontefice un
telegramma, esprimendo profondo cordoglio per la perdita e rivolgendo a padre
Borgomeo e ai suoi familiari parole di conforto e di speranza cristiana. Nel
corso dell’omelia, il direttore generale della Radio Vaticana ha ricordato i
tratti essenziali della personalità della propria madre, esaltando quei valori
umani, tra i quali la pace e l’unità, che la signora De Meo ha trasmesso con
forza e determinazione a figli e nipoti. Tra i presenti nella chiesa di Santo
Spirito in Sassia, numerosi esponenti del mondo civile ed ecclesiastico, dei
mezzi di comunicazione e in particolare della Radio Vaticana.
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12 gennaio 2004
- A cura di Fausta Speranza -
● La Corea del nord ha
offerto di congelare i suoi reattori nucleari capaci di produrre plutonio a
fini militari in cambio di un compenso da parte degli Stati Uniti. E’ quanto
riporta l’agenzia ufficiale del Paese citando un portavoce del ministero degli esteri nordcoreano. Più concreti i
segnali che vengono da Cina e Stati Uniti
che hanno firmato un accordo preliminare destinato ad accrescere la cooperazione tra i due Paesi
proprio in tema di non proliferazione
nucleare ma anche di sicurezza e lotta contro il terrorismo. Su come valutare l’intesa il
nostro servizio:
*********
Una
''dichiarazione di intenti'' e' stata firmata dal segretario americano
all'energia Spencer Abraham in visita a
Pechino e dal presidente dell'Autorità cinese per l'energia atomica Zhang Huazhu. Nel comunicato
dell’ambasciata americana a Pechino viene definito “un importante passo verso l'accelerazione dello sforzo globale
per ridurre i rischi dati dalla proliferazione delle armi di distruzione di massa''.
L'accordo - si
precisa - definisce un processo di collaborazione tra i due paesi e con
l'Agenzia internazionale per l'energia
atomica, Aiea, sul controllo delle esportazioni, la protezione contro i
pericoli del nucleare, la protezione dei materiali e delle installazioni di
fonti radioattive, la gestione dei casi di urgenza nucleare e la sicurezza
delle fonti radioattive.
C’è
poi anche un altro appuntamento di rilievo nei rapporti tra Cina e Stati Uniti.
I rapporti militari saranno, infatti, al centro delle discussioni che il
generale Richard Myers, capo di stato maggiore delle forze armate americane,
avrà in questi giorni a Pechino con i vertici militari cinesi. E’ il primo
appuntamento significativo in materia dopo
la crisi provocata nell'aprile 2001 dalla collisione nei cieli del Mar
cinese meridionale tra un caccia cinese e un aereo spia americano. Morì il
pilota del caccia e Pechino costrinse il velivolo americano ad atterrare sull'isola di Hainan e detenne
per 11 giorni i 24 membri
dell'equipaggio.
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● Un dirigente
del partito Baath di Saddam Hussein, considerato uno dei principali leader di
cellule terroriste nel sud dell'Iraq, è stato arrestato da militari danesi e
britannici, secondo quanto riportato dall'agenzia danese Ritzau. Sarebbe uno
dei principali esponenti dei servizi d’informazione iracheni e uno dei responsabili
della repressione seguita alla rivolta degli sciiti dopo la guerra del Golfo
nel ‘91. Sul piano politico, il ministro degli esteri iracheno Zebari, ha annunciato
che l'1 febbraio si terrà in Kuwait una riunione regionale sull'Iraq, con
la partecipazione del governo
provvisorio. Zebari aveva boicottato la precedente riunione dei Paesi vicini,
tenuta il 2 novembre a Damasco. Infine, per quanto riguarda le difficili
condizioni della popolazione, un portavoce militare americano ha reso noto che
sette iracheni che rubavano carburante da un oleodotto sono stati uccisi in uno
scontro a fuoco con soldati americani ieri, a nordovest di Baghdad.
●
In Italia la giustizia ''e' innegabilmente ancora in crisi, soprattutto a causa
della sua scarsa efficienza e della
durata eccessiva dei processi''. E’ quanto ha affermato il procuratore generale
della Cassazione, Francesco Favara,
nella relazione di apertura dell'anno giudiziario, alla presenza del Presidente
della Repubblica e delle più alte cariche dello Stato. Favara ha chiesto che la
magistratura venga rispettata e il ministro della giustizia, Castelli, ha poi
risposto chiedendo che anche la
magistratura rispetti la politica''. Ma
ad aprire le polemiche sono state subito le poltrone rimaste vuote dei
rappresentanti dell'Avvocatura. Ascoltiamo perché nel servizio di Gianpiero
Guadagni.
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Si apre all’insegna
di proteste e tensioni un anno giudiziario che ancora una volta si preannuncia
difficile. Vuote le poltrone al Senato dei rappresentanti dell’avvocatura che
contestano il fatto che si dia esclusivamente la parola al procuratore
generale, cioè al rappresentante dell’accusa. Una lesione – dicono – alla
dignità di chi rappresenta la difesa. E domani i penalisti porteranno la loro
protesta davanti al Parlamento europeo. Ma sul piede di guerra sono anche
giudici e pm, per i quali la riforma dell’ordinamento giudiziario mette a
rischio la loro stessa indipendenza. La giustizia è in crisi – ha detto il
procuratore generale della Cassazione, Favara – soprattutto a causa della sua
scarsa efficienza e della durata eccessiva dei processi civili e soprattutto
penali. Sono complessivamente 8 milioni e mezzo le cause pendenti, mentre l’80
per cento dei delitti rimane impunito. Ma c’è anche il nodo dei rapporti con la
politica. Oggi, alla cerimonia, erano assenti il premier Berlusconi e il vice
premier Fini. Il procuratore generale della Cassazione ha chiesto di porre
termine alle accuse e ai sospetti reciproci, ma ha chiesto anche rispetto per
la Magistratura in nome del suo ruolo istituzionale e delle prerogative
riconosciute dalla Costituzione. Favara ha poi lanciato l’allarme contro la
criminalità economica, chiedendo più tutela per i creditori e per i piccoli
risparmiatori. Le parole del procuratore generale fanno naturalmente riferimento
ai recenti crac di Parmalat e Cirio. Ed è sempre alto l’allarme e il livello di
guardia nei confronti del terrorismo eversivo, quello interno, rappresentato
dalle Brigate Rosse, anche se è stato detto che ci sono risultati positivi per
l’azione di contrasto svolta da magistrati e forze dell’ordine. E poi c’è quello di matrice islamica che
sussiste - sottolinea Favara - nonostante la sostanziale prevalenza di orientamenti
moderati ed aperti al dialogo.
Per la Radio Vaticana, Giampiero Guadagni.
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● Un esame delle principali sfide economiche, politiche
e sociali della regione: è l’obiettivo del vertice straordinario delle Americhe
che si apre oggi a Monterrey, in Messico. L’incontro riunisce presidenti e
primi ministri di 34 Paesi membri dell’Organizzazione degli Stati americani,
Osa. Un’assenza di rilievo è quella di una delegazione cubana. L’avvenimento
sarà anche occasione di un confronto diretto tra Bush ed il presidente
brasiliano Lula Da Silva, figura emergente del continente americano. Amedeo
Lomonaco:
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L’appuntamento coglie il
subcontinente americano in una fase di ricomposizione politica, soprattutto per
l’ambizione del presidente Lula da Silva di rilanciare il ruolo del Brasile
come potenza regionale, in una posizione di forte autonomia, se non addirittura
di antagonismo rispetto a Washington. Il vertice delle Americhe intende
coinvolgere i nuovi leader dell’America latina nel progetto di un’area di
libero scambio ed affrontare i gravissimi problemi economici e sociali. Due i
punti di contrasto principali. Il primo riguarda gli Stati Uniti.
L’amministrazione americana vorrebbe, infatti, che i Paesi con un elevato
livello di corruzione venissero sospesi dall’Osa, mentre numerosi Stati
latino-americani si oppongono ad una clausola del genere. La seconda questione
riguarda la conferma di una scadenza precisa per l’attuazione dell’area di
libero scambio americana, che Washington vorrebbe fissare a partire dalla fine
dell’anno. Molti Stati latino-americani chiedono, invece, azioni prioritarie di
lotta contro la povertà, che colpisce il 44 per cento della popolazione del Sud
America. Migliaia di militanti di movimenti politici, sindacali, sociali e
studenteschi hanno intanto manifestato ieri sera a Monterrey contro la presenza
del presidente americano, George Bush, al Vertice. La protesta si è concentrata
in particolare contro l’Accordo di libero commercio del Nord Atlantico, Nafta,
di cui già fanno parte Stati Uniti, Canada e Messico.
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● In India la dirigenza del partito di maggioranza
Bharatiya Janata Party, Bjp, ha votato a favore delle elezioni anticipate a
dando delega al leader Atal Behari Vajpayee di decidere la data di svolgimento
della competizione. La decisione del Bjp è giunta al termine di due giorni di
dibattito del comitato esecutivo nazionale riunito da ieri nella citta' di Hyderabad, nello stato di Andhra
Pradesh. La scadenza naturale dell'attuale legislatura e' fissata al settembre del 2004. Ma la data che viene
indicata come probabile per la chiamata alle urne e' quella di aprile prossimo.
Solo dopo lo scioglimento anticipato del parlamento la
commissione elettorale dovrebbe
decidere la data esatta della consultazione.
La decisione di anticipare le
elezioni è maturata dopo la consultazione del mese scorso che ha visto il Bjp
trionfare in tre stati su quattro. Il partito ha rivendicato come meriti
la realizzazione di importanti
infrastrutture e le buone prestazioni
dell'economia indiana che nel 2003 ha conosciuto un tasso di crescita del 7 per cento.
● Il primo ministro francese Jean-Pierre Raffarin si è
detto oggi ''preoccupato'' dell'attuale tasso di cambio tra euro e dollaro e ha
invitato le autorità europee a ''trovare parità più compatibili con le realtà
economiche. “Chiedo alle voci autorizzate dell'Europa di ricordare che l'instabilità dei cambi non è nell'interesse
né degli Stati Uniti ne' dell'Europa'' ha aggiunto sottolineando che ''insieme
vanno trovati rapidamente i mezzi per assicurare parità più compatibili con le
realtà economiche''.
●
I due giornalisti francesi, condannati la settimana scorsa a sei mesi di
carcere in Pakistan per essere entrati senza visto a dicembre, sono stati
rimessi oggi in libertà dopo che la pena detentiva e' stata trasformata in una
multa. I sei mesi di prigione inflitti sabato a Marc Epstein e Jean-Paul
Guilloteau, due giornalisti del settimanale francese 'L'Express'', sono stati
annullati in appello dall'alta corte provinciale di Karachi. La multa di
100.000 rupie (1.350 euro) fissata sabato dal tribunale ordinario e' stata
raddoppiata dal giudice dell'alta corte provinciale. Non appena le multe saranno state pagate, i due uomini potranno
recuperare i loro passaporti e lasciare il paese.
●
Il processo per l'assassinio del ministro degli Esteri svedese Anna Lindh si
aprirà dopodomani, mercoledì, contro il giovane Mijailo Mijailovic, che e'
stato formalmente accusato oggi di
''omicidio volontario''. L'imputazione, oltre che dalla confessione resa la
settimana scorsa dall'imputato, e' sostenuta tra l’altro da test del Dna.
Mijailovic, 25 anni, nato in Svezia da immigrati serbi e dotato di una cultura superiore, colpì con
numerose coltellate Anna Lindh, in un grande magazzino di Stoccolma nel settembre scorso. Il
processo dovrebbe concludersi il 19 gennaio, e se l'accusa di omicidio
volontario sarà riconosciuta, il giovane rischia una condanna tra dieci anni di
reclusione e l'ergastolo.
●Quella di oggi è una
giornata di lutto in Albania per ricordare le vittime del naufragio avvenuto
venerdì notte al largo di Valona. Il numero dei morti accertati è salito a 21,
mentre altri sette albanesi risultano ancora dispersi. E intanto prende corpo
l’ipotesi che a naufragare possano essere stati due gommoni perché quello
ritrovato, lungo meno di 12 metri, non poteva contenere 39 persone.
●
Proseguono le proteste, ad Haiti, contro il presidente Aristide. Migliaia di
persone hanno risposto ieri all’appello dell’opposizione, riversandosi nelle
strade di Port-au-Prince per chiedere le dimissioni del capo dello Stato.
Nessun incidente, ma la situazione nel Paese resta difficile.
●
Arrestate a Lahore, nel Pakistan orientale, dieci persone collegate all'attentato
suicida cui scampò, il 25 dicembre scorso, il presidente Pervez Musharraf. Come
confermato da fonti di polizia locale, gli arresti sono avvenuti nel corso di
un’operazione condotta ieri pomeriggio in due scuole religiose islamiche.
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