RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVIII  n. 12  - Testo della Trasmissione di lunedì 12 gennaio 2004

 

Sommario

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Il discorso del Papa al corpo diplomatico: la comunità internazionale aiuti gli iracheni a riprendere le redini del proprio Paese. Israeliani e palestinesi tornino a parlare di pace. Terrorismo e rappresaglie non portano da nessuna parte. Giovanni Paolo II guarda poi alla disperazione che affligge tanti popoli africani e all’Europa ribadisce l’importanza di riconoscere le proprie radici cristiane: la laicità – dice con forza – non è il laicismo

 

Le conclusioni della Plenaria della Congregazione per il Clero sugli organismi consultivi della Chiesa: intervista con il cardinale Darìo Castrillòn Hoyos .

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Nuovi gesti di distensione in Medio Oriente: Israele invita il presidente siriano Assad. Al via oggi a Betlemme l’incontro dei vescovi americani ed europei con gli ordinari cattolici di Terra Santa: con noi Antonio Ferrari e padre Ibrahim Faltas

 

Duro scontro politico in Iran: bocciati centinaia di candidati riformisti per le prossime elezioni. Protestano molti deputati. Monito dell’ayatollah Khamenei a non creare tensioni: il commento di Alberto Zanconato

 

Ieri alla “Domus  Galilaeae” sul Monte delle Beatitudini, in Terra Santa la dedicazione della nuova cappella del centro internazionale: ai nostri microfoni don Rino Rossi e Kiko Arguello

 

CHIESA E SOCIETA’:

Prosegue celermente la causa di beatificazione di padre Mario Vergara, e del catechista Isidoro brutalmente uccisi dai ribelli in Myanmar nel 1950.

 

Fallito l’accordo tra governo indonesiano e ribelli per il rilascio degli ostaggi.

 

Disastroso incendio nella notte in una baraccopoli alla periferia di Manila, nelle Filippine

 

Stato di massima allerta in Mozambico per l’ennesima epidemia di colera.

 

Fino all’8 Febbraio al Teatro Due di Roma: “La carezza di Dio, Rwanda 1994”.

 

Si sono svolti stamani a Roma i funerali della signora Letizia de Meo, madre del direttore generale della Radio Vaticana.

 

24 ORE NEL MONDO:

 

Emergenza povertà e preoccupazione per la stabilità democratica al centro del vertice dei Paesi del continente americano che si apre oggi a Monterrey in Messico

 

Accordo preliminare tra Stati Uniti e Cina sulla non proliferazione nucleare. E la Corea del Nord offre il congelamento dei propri reattori atomici in cambio di aiuti da Washington

 

Inaugurato tra le polemiche in Italia l’anno giudiziario: per il procuratore generale Favara la giustizia è ancora in crisi.

 

 

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

12 gennaio 2004

 

 

 

LA PACE IN MEDIO ORIENTE, LA STABILIZZAZIONE DEMOCRATICA DELL’IRAQ E, ANCORA, IL FUTURO DELL’AFRICA FERITA DALLA POVERTA’ E DAI CONFLITTI:

QUESTI I TEMI PRINCIPALI DEL DISCORSO DEL PAPA AL CORPO DIPLOMATICO.

GIOVANNI PAOLO II SI E’ ANCHE SOFFERMATO SULLE RADICI CRISTIANE DELL’EUROPA,

LA DISTINZIONE TRA LAICITA’ E LAICISMO E SUL RUOLO DELLE RELIGIONI

 COME STRUMENTO DI DIALOGO. IL PONTEFICE HA RICORDATO MONS. COURTNEY

 E VIEIRA DE MELLO, MARTIRI DELLA PACE

- Servizio di Alessandro Gisotti -

 

La guerra non risolve mai i conflitti tra i popoli: è la riflessione offerta stamani da Giovanni Paolo II ai membri del Corpo diplomatico presso la Santa Sede, ricevuti in Vaticano per il tradizionale scambio d’auguri d’inizio anno. Il Papa si è soffermato sulla difficile situazione in Iraq e Medio Oriente e ancora sul ruolo delle religioni per costruire un futuro di pace e della distinzione tra laicità e laicismo. Non ha poi mancato di ribadire la necessità per l’Europa di riconoscere il valore delle proprie radici cristiane. Il servizio di Alessandro Gisotti:

 

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Ces derniers mois, elle a été mise a mal par les événements qui se sont succédé au Moyen Orient…

 

E’ il Medio Oriente, regione di contrasti e guerre, ad essere in primo piano nei pensieri di Giovanni Paolo II che ad esso dedica la prima parte del discorso al corpo diplomatico. Tutti, ha sottolineato, conoscono i numerosi sforzi compiuti dalla Santa Sede per evitare il conflitto in Iraq. Oggi, però, è importante che la comunità internazionale “aiuti gli iracheni, sbarazzatisi del regime che li opprimeva” ad essere messi in condizione di “riprendere le redini del proprio Paese e determinare democraticamente un sistema economico e politico, conforme alle loro aspirazioni”, affinché l’Iraq torni ad essere una “parte credibile della comunità internazionale”.

 

La non-résolution du problème israelo-palestinien…

 

Ha così rivolto l’attenzione al conflitto israelo-palestinese, “fattore di destabilizzazione permanente per tutta la regione” e causa di “indicibili sofferenze per le popolazioni israeliane e palestinesi”. Mai smetterò di ripetere ai leader dei due popoli, ha detto, che “la via delle armi, il ricorso da una parte al terrorismo e dall’altra alle rappresaglie, e ancora l’umiliazione dell’avversario, la propaganda dell’odio non portano da nessuna parte”. La pace durevole non può ridursi “a un semplice equilibrio” tra le forze in campo. Solo il “rispetto delle reciproche aspirazioni e il ritorno al tavolo dei negoziati”, ha avvertito, possono condurre ad una reale soluzione della crisi. Il Papa non ha poi mancato di ricordare i tanti conflitti che insanguinano il continente africano, dove “agli effetti della violenza si sommano quelli della povertà” che getta interi popoli nella disperazione. Né ha tralasciato di mettere in guardia sul pericolo rappresentato dalla produzione e commercio delle armi.

 

Je voudrais rendre un hommage tout particulier a monseigneur Michael Courtney…

 

Il Pontefice ha reso omaggio al nunzio in Burundi, Micheal Courtney, ucciso il 29 dicembre vicino Bujumbura, nel servizio alla causa della pace e del dialogo. E con lui, ha voluto ricordare Sergio Vieira de Mello, rappresentante speciale dell’Onu in Iraq, morto in un tragico attentato a Baghdad. Sottolineando quindi l’urgenza di rendere più efficace il sistema di “sicurezza collettiva” delle Nazioni Unite, ha nuovamente condannato il terrorismo internazionale. Questo, ha affermato, “seminando paura, odio e fanatismo disonora tutte le cause che pretende di servire”. Per questo, ha aggiunto, non possiamo “accettare passivamente di vedere la pace tenuta in ostaggio dalla violenza”. D’altro canto, ha sottolineato come proprio la fede sia una forza per costruire la pace. Le comunità dei credenti, per le quali ogni persona ha ricevuto dal Creatore una dignità unica, sono allora mezzi per l’edificazione di un mondo pacificato. Dovunque la pace è in pericolo, ha rilevato, “ci sono dei cristiani che nelle parole e nei fatti attestano che la pace è possibile”.

 

Nous sommes témoins, ces derniers temps, dans certains pays d’Europe

 

 Quindi, ha parlato del ruolo della religione nella società, ha constatando con preoccupazione che, ultimamente, in certi Paesi dell’Europa, si registra “un’attitudine che potrebbe mettere in pericolo l’effettivo rispetto della libertà religiosa”. La difficoltà ad accettare la dimensione religiosa nello spazio pubblico, ha constatato, si è manifestata in maniera emblematica nel recente dibattito sulle radici cristiane dell’Europa. Alcuni, ha detto hanno “riletto la storia attraverso il prisma di ideologie riduttrici, dimenticando ciò che il cristianesimo ha dato alla cultura e alle istituzioni del continente: la dignità della persona umana, la libertà, il senso dell’universale, la scuola e l’università, le opere di solidarietà”. Pur non sottostimando le altre tradizioni religiose, non si può negare che “l’Europa si è affermata nel momento stesso che è stata evangelizzata”. Non solo, promuovendo la libertà e i diritti dell’uomo i cristiani hanno contribuito alla “trasformazione pacifica dei regimi autoritari e alla restaurazione della democrazia nell’Europa orientale”.

 

On invoque souvent le principe de la laicite…

 

 Sovente, ha affermato, si invoca il “principio della laicità”, che è in sé legittimo se è compreso come la distinzione tra la comunità politica e le religioni. “Ma distinzione non vuol dire ignoranza, la laicità non è il laicismo”. Un sano dialogo tra Stato e Chiese può infatti senza dubbio “favorire lo sviluppo integrale della persona umana e l’armonia della società”. Infine, il Pontefice ha ricordato il suo impegno ecumenico. Sono convinto, ha detto, che “se i cristiani superassero le loro divisioni, il mondo sarebbe più solidale”. Tutti insieme, ha concluso, possiamo contribuire efficacemente al rispetto della vita e alla salvaguardia dei diritti inviolabili dell’uomo.

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La Santa Sede intrattiene attualmente relazioni diplomatiche piene con 174 Stati. Le ultime relazioni diplomatiche sono state stabilite, nel corso del 2002, con la Repubblica di Timor Est e con lo Stato di Qatar. Inoltre, la Santa Sede ha relazioni diplomatiche anche con  l’Unione europea e il Sovrano Militare Ordine di Malta. Infine, ha relazioni di natura speciale con la Federazione Russa e con  l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina. La Santa Sede partecipa a differenti Organizzazioni e Organismi intergovernativi internazionali come la Fao e l’Unesco. Ancora, partecipa a differenti Organizzazioni e organismi intergovernativi regionali tra i quali l’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (Osce), la Lega Araba, l’Organizzazione degli Stati Americani e l’Organizzazione per l’Unità Africana.

 

 

LE CONCLUSIONI DELLA PLENARIA DELLA CONGREGAZIONE PER IL CLERO

SUGLI ORGANISMI CONSULTIVI DELLA CHIESA

- Intervista con il cardinale Darìo Castrillòn Hoyos -

 

Si è conclusa in questi giorni in Vaticano la plenaria della Congregazione per il Clero che ha incentrato i suoi lavori  sugli organismi consultivi della Chiesa, i consigli pastorali diocesani e parrocchiali, a 20 anni dalla loro nascita. Sabato scorso il Papa, ricevendo i membri del dicastero, aveva sottolineato la necessità di aggiornare questi organismi rilanciando la collaborazione tra sacerdoti e laici, ma nel rispetto delle diverse vocazioni e senza confondere la struttura della Chiesa con modelli politici semplicemente umani. Ma che bilancio fare del lavoro fin qui svolto dai consigli diocesani e parrocchiali ? Giovanni Peduto lo ha chiesto al cardinale Darìo Castrillòn Hoyos, prefetto della Congregazione per il Clero.

 

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R. – Gli organismi consultivi sono un’espressione della comunione ecclesiale. Sia-mo cioè uniti nella chiamata che Dio ha fatto a tutti; siamo uniti nel Battesimo, tutti i membri della Chiesa, dai vescovi ai sacerdoti, ai diaconi, ai religiosi e alle religiose, ai laici. Abbiamo la stessa chiamata. C’è un’eguaglianza basilare: chiamati ad essere figli di Dio. Quello che noi abbiamo notato è che questi organismi rappresentano una grande ricchezza per la partecipazione dei laici che aiutano i pastori a vedere la realtà umana, la realtà del mondo.

 

D. – I vari consigli pastorali diocesani e parrocchiali stanno dunque facendo maturare una maggiore unione tra sacerdoti e laici?

 

R. – Certamente sì e questo un po’ ovunque. Questo rappresenta una grande ricchezza perché si sa che non si tratta di un fatto sociologico, non si tratta di un fatto democratico ma si tratta di una cosa voluta dal Signore e con l’aiuto dello Spirito Santo, che ne è l’ispiratore. Abbiamo esperienza che spesso si parla a nome dello Spirito ma non poche volte anche a nome dello spirito cattivo ed è il Papa per la Chiesa universale ed i vescovi per la chiese locali a compiere questo discernimento. Ecco perché è diverso il modo di partecipare alla responsabilità di Chiesa. I fedeli lo fanno con la forza del Battesimo e della confermazione, perché anche in loro è presente lo Spirito Santo, però il carisma di governo per compiere questo discernimento – che cosa si può mantenere come vero per tutta la comunità e quindi governare per indirizzare tutta la comunità – è esclusivo compito del vescovo o del parroco nella parrocchia. E’ proprio in questo campo che si incontrano dei problemi, perché non mancano consigli che vorrebbero avere il potere di governo e quindi dominare sia la parrocchia, sia la Chiesa. Questo non è ovviamente accettato dalla Chiesa.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Apre la prima pagina il titolo: "Uno sguardo sul mondo alla luce di quattro convinzioni", in riferimento al discorso di Giovanni Paolo II al Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede durante l'udienza per la presentazione degli auguri per il nuovo anno.

"La pace sempre minacciata"; "La fede: una forza per costruire la pace"; "La religione nella società: presenza e dialogo"; "Come cristiani, tutti insieme, siamo responsabili della pace e dell'unità della famiglia umana.

 

Nelle vaticane, all'Angelus il Papa ha sottolineato che il Battesimo di Cristo rappresenta il primo "mistero di luce" per Maria e per tutta la Chiesa. 

Una pagina dedicata al conferimento di due ordinazioni episcopali da parte del Cardinale Angelo Sodano: nella Concattedrale di Mantova a Mons. Pecorari, Nunzio Apostolico in Rwanda, primo Rappresentante del Papa a ricevere l'ordinazione episcopale dopo l'uccisione dell'Arcivescovo Courtney; nella Basilica Vaticana a Mons. Liberati, Prelato di Pompei. I servizi dell'inviato Francesco Maria Valiante e di Gianluca Biccini.   

 

Nelle estere, Medio Oriente: "sì" condizionato di Sharon alla ripresa dei dialogo con la Siria.

Onu: aperte le celebrazioni dell'Anno internazionale per la lotta alla schiavitù.

 

Nella pagina culturale, per la rubrica "Oggi", una riflessione di Gaetano Vallini dal titolo "I ragazzi, i ragazzi devono essere protetti"; Napoli: due tragedie legate da un unico filo ripropongono l'emergenza della criminalità. 

 

Nella pagina della cronaca di Roma, il servizio sui funerali della mamma di Padre Pasquale Borgomeo, Direttore Generale della Radio Vaticana.

 

Nelle pagine italiane, in rilievo i disagi nel trasporto pubblico.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

12 gennaio 2004

 

 

GESTI DI DISTENSIONE IN MEDIO ORIENTE:

ISRAELE INVITA IL PRESIDENTE SIRIANO ASSAD

 

- Intervista con Antonio Ferrari -

 

Prove di dialogo tra Israele e Siria. Dopo le aperture mostrate nei giorni scorsi dal premier dello Stato ebraico, Sharon, questa mattina il presidente Katsav ha invitato a Gerusalemme il collega siriano, Al Assad, reduce da un importante viaggio in Turchia. Tiepida, per ora, la reazione di Damasco: secondo alcuni ministri e funzionari, l’offerta israeliana sarebbe “evasiva”. Ma le speranze di un riavvicinamento, dopo quattro anni di relazioni interrotte, non mancano, come conferma Antonio Ferrari, inviato speciale del Corriere della Sera ed analista di questioni mediorientali, nell’intervista di Andrea Sarubbi:

 

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R. – Nonostante le continue accuse reciproche, ci sono stati molti passi interessanti. Il primo è l’intervista rilasciata del presidente Assad al New York Times, in cui ha chiesto agli Stati Uniti un aiuto per poter riprendere i colloqui con Israele. Il secondo è il suo viaggio storico in Turchia. Ora, il fatto che il presidente israeliano faccia questa offerta – dopo le pressioni ricevute  dall’intelligence, dal ministero degli Esteri e da una parte delle Forze armate – sembra importante e forse potrà avere degli sviluppi fondamentali nella regione.

 

D. – Israele chiede alla Siria di non appoggiare i terroristi; la Siria – a sua volta – prende le distanze da Bin Laden. Dov’è il problema?

 

R. – Il problema è che la Siria considera Al-Qaeda e Bin Laden fra i peggiori pericoli per la stabilità mondiale, ma non considera terroristi coloro che si battono, anche all’interno di Israele, per raggiungere l’obiettivo della creazione del loro Stato. Si tratta di un ostacolo serio, e lo conferma il fatto che sia stato il primo ministro Sharon ad evidenziarlo. Da sempre, comunque, tra Israele e Siria c’è stato questo rapporto controverso, ma per fortuna le porte non si sono mai chiuse definitivamente. Certo, non stupisce che all’interno della Siria ci siano delle resistenze… Tra l’altro, si sa anche che a Damasco risiedono i portavoce di alcune organizzazioni – come Hamas o come la Jihad islamica. Ma i veri cervelli si troverebbero in altri Paesi, come ad esempio l’Iran.

 

D. – Vedi dei paralleli tra le attuali aperture delle Siria e quelle di Gheddafi nelle scorse settimane?

R. – Tra Libia e Siria ci sono delle differenze sostanziali: sono diversi i due Paesi e lo sono anche i due leader. Ma in ogni caso i segnali che arrivano da Gheddafi e dallo stesso Iran lasciano intendere che, forse, si sta muovendo qualcosa. Il fatto che a Sana’a, nello Yemen, sia in corso una conferenza in cui si parla di democrazia e di diritti dell’uomo ed alla quale partecipano tutti i rappresentanti dei governi arabi – compresa la Siria – può lasciar capire molte cose su ciò che forse, dopo mesi di buio, si sta muovendo in Medio Oriente.

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INIZIATO OGGI A BETLEMME L’INCONTRO DEI VESCOVI DI EUROPA E STATI UNITI

 CON GLI ORDINARI CATTOLICI DI TERRA SANTA

- Intervista con Padre Ibrahim Faltas -

 

La situazione in Medio Oriente è al centro dell’incontro, apertosi oggi a Betlemme sul tema “La Chiesa universale in solidarietà con la Chiesa di Terra Santa”, al quale partecipano i rappresentanti delle Conferenze episcopali di Europa e Stati Uniti e l’Assemblea degli ordinari cattolici di Terra Santa. In particolare la situazione del popolo palestinese, della comunità cristiana e i piani pastorali per la comunità locale saranno esaminati e discussi durante la Conferenza che si concluderà giovedì prossimo. Sul significato di questa iniziativa ascoltiamo, al microfono di Amedeo Lomonaco, il custode della basilica della Natività a Betlemme, padre Ibrahim Faltas:

 

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R. – E’ un segno di solidarietà per il popolo palestinese, soprattutto per i cristiani di Terra Santa. Da Betlemme, ad esempio, sono emigrate oltre due mila persone in questi ultimi tre anni. C’è bisogno, dunque, di solidarietà verso il popolo di Betlemme e per tutti i palestinesi, soprattutto i cristiani che stanno andando via.

 

D. – La Chiesa come può mettersi al servizio della comunità della Terra Santa?

 

R. – La Chiesa sta facendo del suo meglio per aiutare i cristiani presenti aiutando a costruire le case. Stiamo portando avanti due grandi progetti a Betlemme. Ma il problema più grosso adesso per i cristiani di Betlemme è che non trovano lavoro. Da tre anni è infatti bloccato il settore del turismo e potete immaginare la situazione economica della gente. Quello che ci preoccupa è che tanti cristiani stanno andando via. Non possiamo dire loro: “Dovete rimanere. Dovete restare qui”. Il vero problema è la situazione politica.

 

D. – Una delegazione di vescovi incontrerà il presidente palestinese Yasser Arafat a Ramallah. Quali frutti può dare secondo lei quetso incontro?

 

R. – Io penso che si debbano incontrare soprattutto le due parti e si devono convincere che l’unica soluzione possibile è il dialogo.

 

D. – Per quanto riguarda gli impegni a favore della Terra Santa, quali sono le attività concrete a favore di questa zona continuamente martoriata?

 

R. – La nostra missione è quella di educarci alla pace ed educare i nostri bambini alla pace. Abbiamo le scuole, abbiamo le parrocchie. La Chiesa sta facendo di tutto per l’educazione alla pace. Abbiamo portato, per esempio, diverse volte ragazzi palestinesi e ragazzi isareliani in Italia. Si sono incontrati ed hanno giocato e mangiato insieme. Questa, ad esempio, è un’iniziativa concreta che aiuta le due parti a intraprendere il cammino della pace.

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SCONTRO POLITICO IN IRAN

 DOPO LA CANCELLAZIONE DI CENTINAIA DI CANDIDATURE ALLE PROSSIME ELEZIONI

- Intervista con Alberto Zanconato -

 

Continua in Iran la protesta dei deputati riformisti, dopo che ieri  il Consiglio dei Guardiani, la corte costituzionale iraniana, controllata dagli ayatollah e dai conservatori, in vista delle elezioni legislative del 20 febbraio prossimo ha respinto numerose candidature. La decisione rischia dunque di creare un preoccupante scontro di poteri in un Paese che sta mostrando chiari segnali di dialogo con l’occidente. Il servizio di Giancarlo La Vella:

 

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Per molti osservatori si tratta di una sorta di bocciatura della attuale politica portata avanti dal governo del presidente, il moderato, Mohammad Khatami. Molti esponenti dell’esecutivo e del parlamento sono convinti che l’Iran non possa rimanere abbarbicato a posizioni di intransigenza verso l’occidente. Il Consiglio dei Guardiani, strenuo baluardo dei valori della rivoluzione islamica degli ayatollah, ha infatti cancellato nella sola Teheran circa 900 candidati su un totale di 1709; un dato che, rapportato a livello nazionale, porta il numero dei candidati bocciati ad alcune migliaia; tra essi chiaramente molti i moderati ed i deputati uscenti. Un atto che ha scatenato la protesta proprio della parte moderata. Per il secondo giorno consecutivo decine di deputati iraniani oggi hanno dato vita a un sit-in nel palazzo del Parlamento per protestare contro la decisione. Ottantatre parlamentari - riferisce l'agenzia Irna – hanno partecipato all’iniziativa. Tra loro, il vice presidente del Parlamento, Reza Khatami, fratello del presidente della Repubblica. Anche 27 governatori delle 28 province iraniane hanno espresso la loro contrarietà alla linea del Consiglio e hanno minacciato le dimissioni. Il capo dello Stato ha esortato tutti alla calma, pur dichiarandosi contrario alla decisione, assicurando che si potrà arrivare ad una revisione della pronuncia attraverso vie legali. L’alto rappresentante europeo per la sicurezza, Javier Solana, che si trova in visita a Teheran, ha auspicato che le prossime consultazioni iraniane possano svolgersi in un clima di correttezza.

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Ma quali conseguenze potrà avere per il futuro politico dell’Iran questo duro scontro tra i due poteri forti del Paese? Giancarlo La Vella lo ha chiesto ad Alberto Zanconato, responsabile della sede Ansa di Teheran:

 

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R. – Spaccature apparenti ce ne sono state già molte in questi sette anni: dalla prima elezione a presidente della Repubblica di Khatami all’inizio del processo di riforme. Ci sono stati anche momenti molto drammatici. Quindi si tratta di episodi ciclici, in questo processo di scontro, tra riformisti e conservatori. Quindi, al momento, tenendo conto delle parole del presidente Katami e del presidente del Parlamento, Karrubi che hanno chiamato in causa la stessa guida suprema, l’Ayatollah Khamenei - che è punto di riferimento dei conservatori - dicendo che anche da parte sua, probabilmente, c’è un atteggiamento negativo alquanto deciso, sembra che appunto le parti vogliano parlarsi e vogliano cercare di arrivare ad una sorta di compromesso.

 

D. – Quindi scongiurata una spaccatura, almeno in tempi brevi. Secondo te, che cosa c’è dietro la decisione del Consiglio dei Guardiani?

 

R. – Sicuramente c’è la convinzione che sia arrivato il momento di farla finita non con il movimento riformista in generale - cioè quello che si riconosce nel presidente Khatami che, tutto sommato, è un movimento riformista moderato - ma farla finita con gli elementi di punta, quelli più estremisti. Sono deputati che hanno fatto molto parlare di sé, che hanno attirato le ire dei conservatori. Parla di una necessità di riaprire il dialogo con gli Stati Uniti. Sono elementi che vogliono portare alle estreme conseguenze il processo di riforme. Vogliono che effettivamente nel Paese venga istituita una democrazia religiosa, come dice Khatami, o comunque una democrazia.

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IERI ALLA “DOMUS GALILAEAE” SUL MONTE DELLE BEATITUDINI IN TERRA SANTA, LA DEDICAZIONE DELLA NUOVA CAPPELLA DEL CENTRO INTERNAZIONALE

- Servizio di Roberto Piermarini -

 

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E’ stato celebrato ieri pomeriggio nel Centro Internazionale “Domus Galilaeae” sul Monte delle  Beatitudini a Tiberiade, in Israele, il rito di dedicazione della chiesa, presieduto  del Patriarca latino di Gerusalemme Mons. Michael Sabbah. Presenti il Nunzio apostolico in Israele, Mons. Pietro Sambi, , il Custode di Terra Santa P. Giovanni Battistelli, alcuni vescovi e superiori di comunità religiose di Terra Santa, professori delle Università bibliche di Gerusalemme e rappresentanti di movimenti ecclesiali. Con loro, gli iniziatori del Cammino Neocatecumenale Kiko Arguello, Carmen Hernandez e P. Mario Pezzi. Il rito infatti è avvenuto nel corso di un importante incontro internazionale di 250 itineranti del Cammino neocatecumenale provenienti dai 108 Paesi del mondo dove questa esperienza ecclesiale - nata in Spagna agli inizi degli anni ’60 - e oggi presente con 14 mila comunità. Sui momenti salienti della celebrazione di ieri il commento del direttore del Centro, don Rino Rossi:

 

“Secondo molti esegeti questo luogo del Monte delle Beatitudini è il luogo dal quale sono partiti gli Apostoli inviati da Gesù Cristo a tutti i confini della terra ad annunciare il Vangelo. Il Signore ci ha dato anche la grazia di avere molte reliquie di martiri e di santi di tante parti del mondo tra cui San Francesco d’Assisi, Sant’Antonio, Sant’Ignazio di Loyola ed era come se proprio in questo posto vi fosse un’eco di evangelizzazione degli Apostoli in tutto il mondo, che hanno prodotto frutti di santità. Questi frutti di santità erano presenti nelle reliquie di questi martiri santi. E poi una nota molto interessante di tutta la dedicazione è stata la presentazione da parte di Kiko Arguello dell’affresco che ha dipinto sul Giudizio Universale”.

 

Il dipinto dell’abside dipinto da Kiko Arguello l’estate scorsa, è un gigantesco affresco di 8 metri per 9 che raffigura, nella tradizione dell’iconografia orientale, il Giudizio Universale. Lo stesso Kiko Arguello ci spiega perché ha scelto questo soggetto:

 

“Proprio Gesù Cristo dice di andare in Galilea e dice anche: “ecco io sono con voi fino alla fine del mondo”. Quindi questo ha una relazione alla missione universale di tutte le genti con la seconda venuta di Cristo. Si è voluto in questa Chiesa, dall’alto del Monte delle Beatitudini, questo affresco del Giudizio Universale nel quale si vede in alto il Padre e la Gerusalemme Celeste; al centro Cristo, la Madonna, Giovanni Battista, Adamo ed Eva, e sotto ci sono anche l’Inferno e il Paradiso. Questo è rappresentato con colori rossi, moderni ed è stato ispirato ad un’icona del XV secolo, nel quale sono applicati però tutti i contenuti della pittura moderna come quella di Matisse. E’ importantissimo infatti trovare nuove formule estetiche per l’evangelizzazione”.

 

Ma cosa rappresenta il Centro Internazionale “Domus Galilaeae” per tutta la Chiesa universale e per quella di Terra Santa in particolare? Ci risponde ancora don Rino Rossi?

 

“Questo Centro, quando è partito, voleva essere prima di tutto un Centro per accogliere i fratelli del Cammino catecumenale che, quando terminano il percorso dell’iniziazione cristiana, fanno un pellegrinaggio qui in Terra Santa e quindi quando passano per la Galilea possono fermarsi in questo posto. Con il tempo si stanno, però, intravedendo altre possibilità, perché ci sono molte conferenze episcopali che ci stanno chiedendo disponibilità per incontri, per conferenze od anche per fare incontri internazionali a livello teologico e biblico – anche per questo è prevista la Biblioteca e soprattutto l’Aula Magna che avrà delle caratteristiche proprio per questa funzione e quindi anche con traduzione simultanea. Questo centro, senza prevederlo, sta inoltre suscitando grande interesse da parte degli ebrei. Ci sono moltissimi ebrei infatti che stanno venendo a visitarci, perché ci sono degli aspetti della costruzione che fanno riferimento alle nostre radici di cristiani e che si collocano nella tradizione ebraica. Questo centro vuole quindi essere un ponte con tutta la tradizione ebraica”.

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CHIESA E SOCIETA’

12 gennaio 2004

 

 

 

 

PROSEGUE CELERMENTE LA CAUSA DI BEATIFICAZIONE DI PADRE MARIO VERGARA, SACERDOTE ITALIANO DEL PIME, E DEL CATECHISTA ISIDORO,

BRUTALMENTE UCCISI DAI RIBELLI IN MYANMAR NEL 1950

 

MANDALAY. = Prossimi agli onori degli altari. Procede con passo spedito il percorso di studio e di approfondimento sulla vita di Isidoro, catechista del Myanmar, e del sacerdote italiano del Pime, padre Mario Vergara, entrambi uccisi nel 1950 dai guerriglieri perché accusati di connivenza con il governo centrale e di tenere viva l’eredità dell’antico governo coloniale. I due uomini, in realtà, si schierarono dalla parte degli oppressi e si attivarono per denunciare i soprusi messi in atto dai ribelli contro le comunità dei villaggi. Per questa condotta vennero trucidati e i loro corpi furono gettati nel fiume Salwen. “Si tratta del primo processo di beatificazione della Chiesa locale - ha detto il vescovo di Loikaw, mons. Sotero Phamo - i cattolici di Myanmar hanno bisogno di queste importanti testimonianze”. La causa è promossa direttamente dalla diocesi di Loikaw, località a 350 chilometri da Yangon, dove i due vennero uccisi. (D.D.)

 

 

FALLITO L’ACCORDO TRA GOVERNO INDONESIANO E RIBELLI

PER IL RILASCIO DEGLI OSTAGGI. ATTESO INTERVENTO DELLA CROCE ROSSA.

SUL TERRENO ANCORA VIOLENTI SCONTRI TRA ESERCITO E GUERRIGLIERI SEPARATISTI

 

JAKARTA. = Si è concluso, con esito negativo, il tentativo di accordo tra le autorità indonesiane e i ribelli del Movimento per Aceh Libera (Gam). I guerriglieri, infatti, non hanno accettato di incontrare la delegazione governativa giunta martedì scorso a Banda Aceh, capoluogo della provincia settentrionale dell’isola di Sumatra, dove da quasi otto mesi è in corso un’offensiva militare contro i ribelli secessionisti. Questi ultimi, tuttavia, si sono detti disposti a rilasciare alcuni ostaggi, che si aggirano intorno ad un centinaio di persone, ai rappresentanti del Comitato internazionale della Croce Rossa e della Croce rossa indonesiana. Sul terreno, intanto, la violenza non cessa di mietere vittime. Durante il fine settimana, 12 guerriglieri e un soldato sono rimasti uccisi; mentre due civili sono stati assassinati dai ribelli. È dal 1976 che la guerriglia separatista è attiva ad Aceh, ex sultanato passato sotto il dominio coloniale olandese e poi integrato nella nazione indonesiana. (F.C.)

 

 

 

DISASTROSO INCENDIO NELLE FILIPPINE.

LE FIAMME, PROBABILMENTE APPICCATE DA UNA CANDELA O UNA LAMPADA A GAS,

HANNO CAUSATO 22 MILA SENZA TETTO

 

MANILA. = Un violento incendio ha sconvolto nella notte una baraccopoli alla periferia di Manila, capitale delle Filippine. Le fiamme, appiccate probabilmente da una candela o da una lampada a gas, si sono facilmente propagate nell’agglomerato di povere abitazioni in legno e cartone, situato nel distretto di Tondo, distruggendone oltre 2500. Più di 4500 famiglie hanno così perso la propria casa ed ora oltre 22 mila persone sono senza tetto. Il disastro non ha fortunatamente provocato vittime. I vigili del fuoco hanno impiegato più di sette ore per domare le fiamme; mentre in scuole e palestre sono stati allestiti i primi centri di accoglienza per gli sfollati. La presidente delle Filippine, Gloria Macapagal Arroyo, si è recata subito sul posto per recare il suo sostegno morale alle vittime del disastro. (B.C.)

 

 

STATO DI MASSIMA ALLERTA IN MOZAMBICO PER L’ENNESIMA EPIDEMIA DI COLERA.

ALMENO 10 LE VITTIME; AVVIATA VACCINAZIONE DI MASSA

 

MAPUTO. = Il Mozambico nuovamente colpito da un’epidemia di colera, esplosa nella capitale Maputo alla fine di dicembre. Secondo quanto riferisce la stampa locale, sono almeno dieci le vittime: in città, otto persone sono morte e 260 sono state curate o ricoverate; mentre nella provincia meridionale di Gaza, sono stati registrati 84 casi e due decessi. Nonostante le province colpite dall’infezione siano soltanto tre, le autorità sanitarie del Mozambico hanno decretato lo stato di massima allerta in tutto il Paese africano, che conta 17 milioni di abitanti. Istruzioni sono state impartite alle strutture di tutti gli undici distretti sanitari provinciali, per garantire immediata risposta in caso di nuove epidemie. Il ministro della Salute, Francisco Songane, ha dichiarato che la sua preoccupazione principale è la fornitura di acqua potabile agli ospedali e ai centri sanitari. Nelle scorse settimane, grazie al sostegno dell’organizzazione francese Medici senza frontiere è stata avviata una vaccinazione di massa contro il colera, rivolta a cinquantamila adulti e bambini. (B.C.)

 

 

“LA CAREZZA DI DIO. RWANDA 1994”: E’ IL TITOLO DELLA PIECE TEATRALE

CHE PORTA IN SCENA IL GENOCIDIO NEL PICCOLO PAESE AFRICANO.

LO SPETTACOLO AL TEATRO DUE DI ROMA FINO ALL’8 FEBBRAIO

 

ROMA. = Il genocidio in Rwanda del 1994 è portato in scena con lo spettacolo teatrale “La carezza di Dio. Rwanda 1994”, a Roma da domani fino all’8 febbraio, presso il Teatro Due. Tratto dal libro di Daniele Scaglione, ex presidente della sezione italiana di Amnesty International, dal titolo “Istruzioni per un genocidio. Rwanda: cronache di un massacro evitabile” (Ega, Torino 2003), la pièce presenta un monologo del generale canadese Romeo Dallaire, che comandava i caschi blu delle Nazioni Unite in Rwanda. Quest’ultimo cercò invano di fermare l’escalation di violenza, che si sarebbe trasformata nel genocidio di centinaia di migliaia di persone. Al suo appello per inviare forze e uomini in grado di evitare i massacri su grande scala, non risposero né le Nazioni Unite, né il resto della comunità internazionale. Dopo l’inizio delle uccisioni su vasta scala, nell’aprile del 1994, il generale - interpretato da Paolo de Vita, che ha curato la versione teatrale insieme con Francesca Zanni - fu lasciato con poche centinaia di militari. Riuscì a salvare decine di migliaia di persone e fu testimone del più grave massacro dai tempi della Seconda Guerra Mondiale. In circa tre mesi, infatti, nel piccolo Paese africano, fu ucciso un numero ancora imprecisato di rwandesi, almeno mezzo milione secondo le fonti più prudenti, ottocentomila o un milione secondo altri. Lo spettacolo è patrocinato e promosso dalla sezione italiana di Amnesty. (B.C.)

 

 

SI SONO SVOLTI STAMANI A ROMA I FUNERALI DELLA SIGNORA LETIZIA DE MEO,

MADRE DEL DIRETTORE GENERALE DELLA RADIO VATICANA

 

ROMA. = In un’atmosfera commossa ma anche di grande serenità, si sono svolti questa mattina, nella chiesa di Santo Spirito in Sassia, a Roma, i funerali per la signora Letizia De Meo, madre del direttore generale della Radio Vaticana, padre Pasquale Borgomeo. L’anziana donna aveva oltre novant’anni. Il cardinale segretario di Stato, Angelo Sodano, ha inviato a nome del Pontefice un telegramma, esprimendo profondo cordoglio per la perdita e rivolgendo a padre Borgomeo e ai suoi familiari parole di conforto e di speranza cristiana. Nel corso dell’omelia, il direttore generale della Radio Vaticana ha ricordato i tratti essenziali della personalità della propria madre, esaltando quei valori umani, tra i quali la pace e l’unità, che la signora De Meo ha trasmesso con forza e determinazione a figli e nipoti. Tra i presenti nella chiesa di Santo Spirito in Sassia, numerosi esponenti del mondo civile ed ecclesiastico, dei mezzi di comunicazione e in particolare della Radio Vaticana.

 

 

 

 

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24 ORE NEL MONDO

12 gennaio 2004

 

 

- A cura di Fausta Speranza -

 

● La Corea del nord ha offerto di congelare i suoi reattori nucleari capaci di produrre plutonio a fini militari in cambio di un compenso da parte degli Stati Uniti. E’ quanto riporta l’agenzia ufficiale del Paese citando un  portavoce del ministero degli esteri nordcoreano. Più concreti i segnali che vengono da Cina e Stati Uniti  che hanno firmato un accordo preliminare destinato ad  accrescere la cooperazione tra i due Paesi proprio in tema di non  proliferazione nucleare ma anche di sicurezza e lotta contro il terrorismo.  Su come valutare l’intesa il nostro servizio:

 

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Una ''dichiarazione di intenti'' e' stata firmata dal segretario americano all'energia Spencer Abraham in visita a  Pechino e dal presidente dell'Autorità cinese per l'energia  atomica Zhang Huazhu. Nel comunicato dell’ambasciata americana a Pechino viene definito “un importante passo  verso l'accelerazione dello sforzo globale per ridurre i rischi dati dalla proliferazione delle armi di  distruzione di massa''.

 

         L'accordo - si precisa - definisce un processo di collaborazione tra i due paesi e con l'Agenzia internazionale  per l'energia atomica, Aiea, sul controllo delle esportazioni, la protezione contro i pericoli del nucleare, la protezione dei materiali e delle installazioni di fonti radioattive, la gestione dei casi di urgenza nucleare e la sicurezza delle fonti radioattive.

 

         C’è poi anche un altro appuntamento di rilievo nei rapporti tra Cina e Stati Uniti. I rapporti militari saranno, infatti, al centro delle discussioni che il generale Richard Myers, capo di stato maggiore delle forze armate americane, avrà in questi giorni a Pechino con i vertici militari cinesi. E’ il primo appuntamento significativo in materia dopo  la crisi provocata nell'aprile 2001 dalla collisione nei cieli del Mar cinese meridionale tra un caccia cinese e un aereo spia americano. Morì il pilota del caccia e Pechino costrinse il velivolo americano   ad atterrare sull'isola di Hainan e detenne per 11 giorni i 24  membri dell'equipaggio.  

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         ● Un dirigente del partito Baath di Saddam Hussein, considerato uno dei principali leader di cellule terroriste nel sud dell'Iraq, è stato arrestato da militari danesi e britannici, secondo quanto riportato dall'agenzia danese Ritzau. Sarebbe uno dei principali esponenti dei servizi d’informazione iracheni e uno dei responsabili della repressione seguita alla rivolta degli sciiti dopo la guerra del Golfo nel ‘91. Sul piano politico, il ministro degli esteri iracheno Zebari, ha annunciato che l'1 febbraio si terrà in Kuwait una riunione regionale sull'Iraq, con la  partecipazione del governo provvisorio. Zebari aveva boicottato la precedente riunione dei Paesi vicini, tenuta il 2 novembre a Damasco. Infine, per quanto riguarda le difficili condizioni della popolazione, un portavoce militare americano ha reso noto che sette iracheni che rubavano carburante da un oleodotto sono stati uccisi in uno scontro a fuoco con soldati americani ieri, a nordovest  di Baghdad.

 

● In Italia la giustizia ''e' innegabilmente ancora in crisi, soprattutto a causa della sua scarsa efficienza  e della durata eccessiva dei processi''. E’ quanto ha affermato il procuratore generale della Cassazione, Francesco  Favara, nella relazione di apertura dell'anno giudiziario, alla presenza del Presidente della Repubblica e delle più alte cariche dello Stato. Favara ha chiesto che la magistratura venga rispettata e il ministro della giustizia, Castelli, ha poi risposto chiedendo che  anche la magistratura rispetti  la politica''. Ma ad aprire le polemiche sono state subito le poltrone rimaste vuote dei rappresentanti dell'Avvocatura. Ascoltiamo perché nel servizio di Gianpiero Guadagni.

 

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Si apre all’insegna di proteste e tensioni un anno giudiziario che ancora una volta si preannuncia difficile. Vuote le poltrone al Senato dei rappresentanti dell’avvocatura che contestano il fatto che si dia esclusivamente la parola al procuratore generale, cioè al rappresentante dell’accusa. Una lesione – dicono – alla dignità di chi rappresenta la difesa. E domani i penalisti porteranno la loro protesta davanti al Parlamento europeo. Ma sul piede di guerra sono anche giudici e pm, per i quali la riforma dell’ordinamento giudiziario mette a rischio la loro stessa indipendenza. La giustizia è in crisi – ha detto il procuratore generale della Cassazione, Favara – soprattutto a causa della sua scarsa efficienza e della durata eccessiva dei processi civili e soprattutto penali. Sono complessivamente 8 milioni e mezzo le cause pendenti, mentre l’80 per cento dei delitti rimane impunito. Ma c’è anche il nodo dei rapporti con la politica. Oggi, alla cerimonia, erano assenti il premier Berlusconi e il vice premier Fini. Il procuratore generale della Cassazione ha chiesto di porre termine alle accuse e ai sospetti reciproci, ma ha chiesto anche rispetto per la Magistratura in nome del suo ruolo istituzionale e delle prerogative riconosciute dalla Costituzione. Favara ha poi lanciato l’allarme contro la criminalità economica, chiedendo più tutela per i creditori e per i piccoli risparmiatori. Le parole del procuratore generale fanno naturalmente riferimento ai recenti crac di Parmalat e Cirio. Ed è sempre alto l’allarme e il livello di guardia nei confronti del terrorismo eversivo, quello interno, rappresentato dalle Brigate Rosse, anche se è stato detto che ci sono risultati positivi per l’azione di contrasto svolta da magistrati e forze dell’ordine.  E poi c’è quello di matrice islamica che sussiste - sottolinea Favara - nonostante la sostanziale prevalenza di orientamenti moderati ed aperti al dialogo.

 

Per la Radio Vaticana, Giampiero Guadagni.

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     ● Un esame delle principali sfide economiche, politiche e sociali della regione: è l’obiettivo del vertice straordinario delle Americhe che si apre oggi a Monterrey, in Messico. L’incontro riunisce presidenti e primi ministri di 34 Paesi membri dell’Organizzazione degli Stati americani, Osa. Un’assenza di rilievo è quella di una delegazione cubana. L’avvenimento sarà anche occasione di un confronto diretto tra Bush ed il presidente brasiliano Lula Da Silva, figura emergente del continente americano. Amedeo Lomonaco:

 

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L’appuntamento coglie il subcontinente americano in una fase di ricomposizione politica, soprattutto per l’ambizione del presidente Lula da Silva di rilanciare il ruolo del Brasile come potenza regionale, in una posizione di forte autonomia, se non addirittura di antagonismo rispetto a Washington. Il vertice delle Americhe intende coinvolgere i nuovi leader dell’America latina nel progetto di un’area di libero scambio ed affrontare i gravissimi problemi economici e sociali. Due i punti di contrasto principali. Il primo riguarda gli Stati Uniti. L’amministrazione americana vorrebbe, infatti, che i Paesi con un elevato livello di corruzione venissero sospesi dall’Osa, mentre numerosi Stati latino-americani si oppongono ad una clausola del genere. La seconda questione riguarda la conferma di una scadenza precisa per l’attuazione dell’area di libero scambio americana, che Washington vorrebbe fissare a partire dalla fine dell’anno. Molti Stati latino-americani chiedono, invece, azioni prioritarie di lotta contro la povertà, che colpisce il 44 per cento della popolazione del Sud America. Migliaia di militanti di movimenti politici, sindacali, sociali e studenteschi hanno intanto manifestato ieri sera a Monterrey contro la presenza del presidente americano, George Bush, al Vertice. La protesta si è concentrata in particolare contro l’Accordo di libero commercio del Nord Atlantico, Nafta, di cui già fanno parte Stati Uniti, Canada e Messico.

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     ● In India la dirigenza del partito di maggioranza Bharatiya Janata Party, Bjp, ha votato a favore delle elezioni anticipate a dando delega al leader Atal Behari Vajpayee di decidere la data di svolgimento della competizione. La decisione del Bjp è giunta al termine di due giorni di dibattito del comitato esecutivo nazionale riunito da ieri nella  citta' di Hyderabad, nello stato di Andhra Pradesh. La scadenza naturale dell'attuale legislatura e' fissata al  settembre del 2004. Ma la data che viene indicata come probabile per la chiamata alle urne e'  quella di aprile prossimo.  Solo dopo lo  scioglimento  anticipato del parlamento la commissione  elettorale dovrebbe decidere la data esatta della consultazione.  La decisione  di anticipare le elezioni è maturata dopo la consultazione del mese scorso che ha visto il Bjp trionfare in tre stati su quattro. Il partito ha  rivendicato come meriti  la realizzazione  di importanti infrastrutture e le buone prestazioni  dell'economia indiana che nel 2003 ha conosciuto un tasso di  crescita del 7 per cento.

 

     ● Il primo ministro francese Jean-Pierre Raffarin si è detto oggi ''preoccupato'' dell'attuale tasso di cambio tra euro e dollaro e ha invitato le autorità europee a ''trovare parità più compatibili con le realtà economiche. “Chiedo alle voci autorizzate dell'Europa di ricordare che  l'instabilità dei cambi non è nell'interesse né degli Stati Uniti ne' dell'Europa'' ha aggiunto sottolineando che ''insieme vanno trovati rapidamente i mezzi per assicurare parità più compatibili con le realtà economiche''.

 

● I due giornalisti francesi, condannati la settimana scorsa a sei mesi di carcere in Pakistan per essere entrati senza visto a dicembre, sono stati rimessi oggi in libertà dopo che la pena detentiva e' stata trasformata in una multa. I sei mesi di prigione inflitti sabato a Marc Epstein e Jean-Paul Guilloteau, due giornalisti del settimanale francese 'L'Express'', sono stati annullati in appello dall'alta corte provinciale di Karachi. La multa di 100.000 rupie (1.350 euro) fissata sabato dal tribunale ordinario e' stata raddoppiata dal giudice dell'alta corte provinciale.  Non appena le multe saranno state pagate, i due uomini potranno recuperare i loro passaporti e lasciare il paese.

 

● Il processo per l'assassinio del ministro degli Esteri svedese Anna Lindh si aprirà dopodomani, mercoledì, contro il giovane Mijailo Mijailovic, che e' stato  formalmente accusato oggi di ''omicidio volontario''. L'imputazione, oltre che dalla confessione resa la settimana scorsa dall'imputato, e' sostenuta tra l’altro da test del Dna. Mijailovic, 25 anni, nato in Svezia da immigrati serbi e  dotato di una cultura superiore, colpì con numerose coltellate Anna Lindh, in un grande magazzino  di Stoccolma nel settembre scorso. Il processo dovrebbe concludersi il 19 gennaio, e se l'accusa di omicidio volontario sarà riconosciuta, il giovane rischia una condanna tra dieci anni di reclusione e l'ergastolo.    

 

●Quella di oggi è una giornata di lutto in Albania per ricordare le vittime del naufragio avvenuto venerdì notte al largo di Valona. Il numero dei morti accertati è salito a 21, mentre altri sette albanesi risultano ancora dispersi. E intanto prende corpo l’ipotesi che a naufragare possano essere stati due gommoni perché quello ritrovato, lungo meno di 12 metri, non poteva contenere 39 persone.

 

● Proseguono le proteste, ad Haiti, contro il presidente Aristide. Migliaia di persone hanno risposto ieri all’appello dell’opposizione, riversandosi nelle strade di Port-au-Prince per chiedere le dimissioni del capo dello Stato. Nessun incidente, ma la situazione nel Paese resta difficile.

 

● Arrestate a Lahore, nel Pakistan orientale, dieci persone collegate all'attentato suicida cui scampò, il 25 dicembre scorso, il presidente Pervez Musharraf. Come confermato da fonti di polizia locale, gli arresti sono avvenuti nel corso di un’operazione condotta ieri pomeriggio in due scuole religiose islamiche.

 

 

 

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