RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n. 8 - Testo della Trasmissione di giovedì 8
gennaio 2004
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI
IN PRIMO PIANO:
Domani si celebra il centenario
della nascita di Giorgio La Pira: con noi Pietro Scoppola.
CHIESA E SOCIETA’:
Un milione di animali e piante a
rischio di estinzione per i cambiamenti climatici
La croce e l’icona mariana, simboli della
giornata mondiale della gioventù, da oggi a Londra
Allarme del Fmi sul debito estero Usa
Uomo estratto vivo dalle macerie in Iran a 13
giorni dal terremoto.
8 gennaio 2004
MESSAGGIO DEL PAPA PER LE PERSONE PORTATRICI DI
HANDICAP:
DEVONO AVERE GLI STESSI DIRITTI DEI SANI. UNA
SOCIETA’ BASATA
SULLA DISCRIMINAZIONE IN BASE ALL’EFFICIENZA NON
SAREBBE DEGNA DELL’UOMO
“Il mondo dei diritti
non può essere appannaggio solo dei sani”: non sarebbe una società degna
dell’uomo. E’ quanto ha detto Giovanni Paolo II in un messaggio inviato ai
partecipanti al simposio internazionale, organizzato a Roma dalla Congregazione per la Dottrina della Fede,
sul tema “Dignità e diritti della persona con handicap mentale”. Il
servizio di Sergio Centofanti.
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La persona portatrice di handicap
– ribadisce il Papa – “è un soggetto pienamente umano, con i diritti sacri e
inalienabili propri di ogni creatura umana”: per questo la qualità di vita
all’interno di una comunità si misura in buona parte dall’impegno
nell’assistenza ai più deboli.
“Il mondo dei diritti non può
essere appannaggio solo dei sani”. “Una società che desse spazio solo per i membri
pienamente funzionali, del tutto autonomi e indipendenti non sarebbe una
società degna dell’uomo. La discriminazione in base all’efficienza non è meno
deprecabile di quella compiuta in base alla razza o al sesso o alla religione”.
“Al riconoscimento dei diritti –
afferma Giovanni Paolo II – deve pertanto seguire un impegno sincero di tutti
per creare condizioni concrete di vita, strutture di sostegno, tutele
giuridiche capaci di rispondere ai bisogni e alle dinamiche di crescita della
persona handicappata e di coloro che condividono la sua situazione, a partire
dai suoi familiari ... anche se ciò comporta un maggior carico economico e
sociale”.
Il Papa parla anche
dell’importanza delle dimensioni
affettive e sessuali della persona portatrice di handicap, “un aspetto spesso rimosso o affrontato in
modo superficiale e riduttivo o
addirittura ideologico”.
“Il presupposto per l’educazione
affettivo-sessuale della persona handicappata sta nella persuasione che essa
abbia un bisogno di affetto per lo meno pari a quello di chiunque altro.
Anch’essa ha bisogno di amare e di essere amata, ha bisogno di tenerezza, di
vicinanza, di intimità”.
Le esperienze compiute in alcune
comunità cristiane – scrive il Pontefice - hanno dimostrato che una vita
comunitaria intensa e stimolante, un sostegno educativo continuo e discreto…
“riescono spesso a riequilibrare affettivamente il soggetto con handicap
mentale e a condurlo a vivere relazioni interpersonali ricche, feconde e
appaganti”. Quindi il Papa aggiunge:
“Senza
dubbio le persone disabili, svelando la radicale fragilità della condizione
umana, sono una espressione del dramma del dolore e, in questo nostro mondo,
assetato di edonismo e ammaliato dalla bellezza effimera e fallace, le loro
difficoltà sono spesso percepite come uno scandalo e una provocazione e i loro
problemi come un fardello da rimuovere o da risolvere sbrigativamente. Esse, invece,
sono icone viventi del Figlio crocifisso”.
Rivelano
infatti – leggiamo ancora nel messaggio – “la bellezza misteriosa di Colui che
per noi si è svuotato e si è fatto obbediente sino alla morte. Ci mostrano che
la consistenza ultima dell’essere umano, al di là di ogni apparenza, è posta in
Gesù Cristo. Perciò, a buon diritto, è stato detto che le persone handicappate
sono testimoni privilegiate di umanità. Possono insegnare a tutti che cosa è
l’amore che salva e possono diventare annunciatrici di un mondo nuovo, non più
dominato dalla forza, dalla violenza e dall’aggressività, ma dall’amore, dalla
solidarietà, dall’accoglienza, un mondo nuovo trasfigurato dalla luce di
Cristo, il Figlio di Dio per noi uomini incarnato, crocifisso e risorto”.
“Dio sta sempre dalla
parte dei piccoli, dei poveri, dei sofferenti e degli emarginati. Facendosi
uomo e nascendo nella povertà di una stalla, il Figlio di Dio ha proclamato in
se stesso la beatitudine degli afflitti . Dopo il Calvario, la Croce,
abbracciata con amore, diventa la via della vita e insegna a ciascuno che, se
sappiamo percorrere con fiducioso abbandono la via faticosa e ardua del dolore
umano, fiorirà per noi e per i nostri fratelli la gioia del Cristo Vivente che
sorpassa ogni desiderio ed ogni attesa”.
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IL FUTURO DELL’UNIONE EUROPEA AL CENTRO
DELL’INCONTRO
IN VATICANO
TRA IL PAPA E IL NUOVO PREMIER CROATO, IVO SANADER
-
Servizio di Alessandro Gisotti -
Giovanni
Paolo II ha ricevuto stamani in udienza il premier croato, Ivo Sanader con la
consorte e un seguito di dieci persone. Il governo di Zagabria è impegnato in
un processo di riforme mirate all’ingresso nell’Unione Europea. Il servizio di
Alessandro Gisotti:
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Si è
svolto in un clima cordiale il colloquio di stamani tra il Papa e il premier di
Croazia, Ivo Sanader da poche settimane alla guida del Paese. Il parlamento di
Zagabria ha, infatti, dato la fiducia al governo di Sanader il 23 dicembre
scorso, segnando il ritorno al potere dopo quattro anni della rinnovata Comunità democratica croata, formazione
politica di centro destra. Al termine dell’udienza, il premier ha offerto in
dono la prima copia della versione croata di “Trittico romano” e la copia di
una preziosa icona della cattedrale di Zagabria. Il Pontefice ha ricambiato con
le medaglie del pontificato e alcuni rosari. Prima di congedarsi, Sanader ha
pubblicamente ringraziato il Papa per tutto quello che ha fatto in favore del
suo Paese e “per il sostegno dato ora che la Croazia si sta muovendo verso
l'Unione Europea”.
Proprio
visitando la Croazia, nel giugno scorso, il Pontefice ha raggiunto il traguardo
storico dei 100 viaggi internazionali. Un momento di grande significato per il
popolo croato, che ha conosciuto negli anni ’90 gli orrori della guerra. La
Croazia che ha un’estensione di circa un quinto il territorio italiano conta
4,6 milioni di abitanti. I cattolici rappresentano l’80 per cento della
popolazione, gli ortodossi il 15 per cento, i musulmani poco più dell’1 per
cento. La Chiesa croata è suddivisa in 15 circoscrizioni ecclesiastiche, mentre
sono oltre 1500 le parrocchie.
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Ma con quali emozioni il premier Sanader ha vissuto
l’incontro di stamani in Vaticano? Ascoltiamo questa sua testimonianza, al
microfono di Aldo Sinkovic:
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Emozione e gratitudine non solo per la visita pastorale in
giugno, ma anche per tutto quello che il Santo Padre ha fatto per la Croazia;
anche per l’appoggio che ci da in questo momento, sulla nostra via nell’Unione
Europea; anche per il fatto che abbiamo il nuovo cardinale Bozanić. Nel nostro
programma c’è l’impegno a curare le ferite, sostenere tutti i rifugiati, sia
croati, sia serbi, creare le condizioni per un nuovo inizio. Per il futuro, il
mio governo ha firmato un accordo con i rappresentanti delle minoranze nel
Parlamento croato: questo è solo un segno di quello che vogliamo fare!
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NESSUNA IDEOLOGIA INTERROMPA IL DIALOGO
TRA FEDE E RAGIONE:
COSI’, GIOVANNI PAOLO II NELL’INCONTRO CON UNA DELEGAZIONE
DI 13 UNIVERSITA’ POLACCHE, IN OCCASIONE DEL 50.MO ANNIVERSARIO
DELL’ABILITAZIONE DI KAROL WOJTYLA
ALLA CATTEDRA DELLA FACOLTA’ DI TEOLOGIA DELL’UNIVERSITA’ JAGHELLONICA
- Servizio di Alessandro Gisotti -
Possa durare sempre il “dialogo vivificante” tra fede e
ragione, un dialogo che nessuna delle “odierne ideologie” riuscirà ad
interrompere. E’ la riflessione offerta dal Papa stamani ad una delegazione di
13 università della Bassa Slesia guidata dal cardinale Henryk Roman
Gulbinowicz. L’incontro è avvenuto in occasione del 50.mo anniversario
dell’esame di abilitazione alla cattedra di libera docenza di Karol Wojtyla
avvenuta il 3 dicembre del 1953 a Cracovia. Il cardinale Gulbinowicz ha
consegnato al Pontefice il “Lauro Aureo Accademico”, riconoscimento del mondo
accademico polacco. Il Papa ha ricordato come poco dopo la sua abilitazione
alla facoltà di Teologia dell’Università Jaghellonica, questa fu soppressa
dalle autorità comuniste nel “tentativo di contrapporre ragione e fede”.
Tuttavia, ha detto, “non mi ha mai abbandonato la convinzione che quei
tentativi non avrebbero raggiunto in definitiva lo scopo”. Ha così ricordato i
tanti personali incontri con gli uomini di scienza, che “testimoniavano il
profondo desiderio di dialogo e di comune ricerca della verità”.
Non ha poi mancato di sottolineare il legame sempre più
stretto in Polonia tra la Chiesa e il mondo delle scienze. Sembra, ha
constatato, che “sia già dietro le spalle quel periodo in cui, per ragioni
ideologiche, si tentò di dividere, anzi in un certo modo di contrapporre queste
due fonti della crescita spirituale dell’uomo e della società”. Ha così
riecheggiato le celebre immagine della Fides et Ratio: “La fede e la
ragione sono come le due ali con le quali lo spirito umano s’innalza verso la
contemplazione della verità”.
OGGI POMERIGGIO IN BASILICA VATICANA,
LA
SOLENNE CELEBRAZIONE EUCARISTICA IN SUFFRAGIO DEL NUNZIO IN BURUNDI,
MICHAEL
COURTNEY, UCCISO LO SCORSO 29 DICEMBRE A BUJUMBURA.
LA RIFLESSIONE DEL CARDINALE FRANCIS ARINZE
Si svolgerà stasera, alle ore 17, all’Altare della
Cattedra della Basilica Vaticana la concelebrazione eucaristica in suffragio
dell’arcivescovo Michael Courtney, il nunzio apostolico in Burundi, ucciso il
29 dicembre scorso in un agguato vicino a Bujumbura. Il rito solenne verrà
presieduto dal cardinale segretario di Stato Angelo Sodano. L’uccisione di
mons. Courtney ha scosso profondamente la Chiesa e la comunità burundese.
Sull’estremo tributo al Vangelo del nunzio in Burundi e degli altri 28
cattolici uccisi lo scorso anno, Giovanni Peduto ha raccolto la riflessione del
cardinale Francis Arinze, prefetto della Congregazione per il culto divino e la
disciplina dei sacramenti:
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R. –
Bisogna pensare che questa è la prima volta nella storia che un nunzio del Santo
Padre viene ucciso deliberatamente. E’ molto triste e tragico. Non possiamo non
cercare di analizzare la situazione, anche se non è facile. Certamente oggi c’è
una crescita della violenza a livello mondiale. Va notato come il Santo Padre
spesso parli dell’amore e di come la soluzione dei problemi non sia la
violenza, non sia la guerra, non sia la ragione della forza, ma la forza della
ragione. Questo nunzio, uomo di pace, che predicava ogni giorno la premura del
Santo Padre per la giustizia e la pace tra i diversi popoli di quel Paese, quel
giorno era andato proprio a celebrare la Messa per la morte di un sacerdote.
Era conosciuto come costruttore di ponti. Quindi, è stato ucciso per i valori
del Vangelo.
D. – Eminenza, queste vittime della violenza non si
annoverano solo tra le file della Chiesa cattolica…
R. – Purtroppo no, perché la violenza non rispetta
frontiere. Pensi a coloro che promuovono i kamikaze, i quali poi vanno a farsi
esplodere nei mercati o dentro un ristorante. Da qui si può vedere che la
violenza non rispetta nessuno. Pensi ai rappresentanti delle Nazioni Unite che
sono stati uccisi in Iraq. Gli araldi del Vangelo sanno di non essere gli unici
a soffrire dell’odio che scatena la violenza. Il Vangelo è la risposta. Solo
rispettando la vita degli altri e aprendoci alla negoziazione si può arrivare
ad un futuro degno dell’uomo, ad un futuro che potremo offrire a Dio. La nostra
preghiera è che la morte dell’apprezzatissimo nunzio Courtney sia un presagio
di grazia per il popolo del Burundi, nel resto dell’Africa e ovunque ci siano
persone che di fronte alla tentazione della violenza non resistono.
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ALTRE UDIENZE E NOMINE
Nel corso della mattinata, il Papa
ha ricevuto in successive udienze l’arcivescovo tedesco di Paderborn, Hans-Josef Becker,
l’ambasciatore di Cina, Raymond R. M. Tai, in visita di congedo e mons. Josef
Clemens, vescovo di Segerme, segretario del Pontificio Consiglio per i Laici,
con i familiari.
Il Santo Padre ha accettato oggi la
rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi di Ancona-Osimo presentata da monsignor
Franco Festorazzi, per raggiunti limiti
di età e contemporaneamente ha nominato arcivescovo metropolita della stessa
sede mons. Edoardo Menichelli, finora arcivescovo di Chieti-Vasto. Mons.
Menichelli è nato 64 anni fa a Serripola di San Severino Marche in provincia di
Macerata. Ordinato sacerdote nel 1965 ha lavorato dal 1968 fino al 1991 come
officiale presso il Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica. Dal 1992 al
1994 ha collaborato presso la Congregazione per le Chiese Orientali come addetto
di Segreteria. Nel 1994 era stato nominato dal Santo Padre arcivescovo di Chiesti-Vasto.
In
Martinica, il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale
dell’arcidiocesi di Saint Pierre e Fort-de-France, presentata da mons. Maurice
Marie-Sainte, per sopraggiunti limiti di età ed ha nominato
suo successore il reverendo Michel Méranville,
parroco della Cattedrale di Fort-de France. Nato il 4 febbraio
1936 a Vauclin, in Martinica, il presule ha studiato alla Pontificia Università
Urbaniana, conseguendo il baccellierato in Filosofia e la licenza in Teologia.
E’ stato ordinato sacerdote a Roma nel 1959.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre la prima pagina il titolo “Il
dialogo vivificante tra fede e ragione durerà e nessuna delle odierne ideologie
riuscirà a interromperlo”: l’udienza per i rettori e i professori delle
Università e degli atenei di Wroclaw e di Opole in occasione del 50 della
discussione di Karol Woityla per l’abilitazione alla cattedra di libera docenza,
e consegna del Lauro Aureo Accademico.
Sempre in prima un articolo di
Andrea Riccardi dal titolo: “La geopolitica dello spirito” di Giorgio La Pira;
cento anni fa la nascita del Servo di Dio.
Nelle vaticane, una pagina
dedicata al 25.mo di ordinazione episcopale del Cardinale Franciszek Macharski,
arcivescovo di Cracovia.
Nelle estere, in rilievo la
notizia che a Bam, in Iran, dopo 13 giorni dal terrificante sisma un uomo è
stato estratto vivo dalle macerie.
In Sudan firmata la cruciale
intesa sulla divisione dei proventi petroliferi: spianata la strada per porre
fine al ventennale conflitto nel Sud.
Nella pagina culturale, un articolo
di Agnese Pellegrini sul romanzo di Gore Vidal intitolato “Giuliano”.
Nelle pagine italiane, in primo
piano la vicenda Parmalat.
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8 gennaio 2004
SPERANZE
IN SUDAN DOPO LO STORICO ACCORDO
SULLA
SPARTIZIONE DELLE RISORSE PETROLIFERE.
LA
PACIFICAZIONE TRA GOVERNO E RIBELLI APPARE PIÙ VICINA
-
Servizio di Giada Aquilino -
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Pace ormai ''certa ed irreversibile'' per il Sudan: così i
leader del governo di Khartoum e i ribelli dell’Esercito di liberazione
popolare (Spla) hanno commentato l'intesa sui proventi petroliferi del Sudan,
siglata ieri a Naivasha, in Kenya. Con l’accordo - in base al quale le parti
hanno concordato che i guadagni sulle vendite dei circa 300mila barili di
greggio estratti giornalmente in Sudan saranno distribuiti a metà tra il nord
islamico e il sud animista e cristiano - si spiana la strada per una pacificazione, dopo
una guerra civile durata oltre 20 anni e iniziata nel 1983 in coincidenza con
l’introduzione della legge islamica. Il bilancio parla di circa due milioni di
morti e 4 milioni tra profughi e sfollati.
Di una pace imminente se ne sono detti certi il primo
vicepresidente ed uomo forte del governo di Khartoum, Osman Mohamed Taha, ed il
leader dei secessionisti del sud, John Garang. Secondo quanto stabilito, l’intesa
si applicherà per sei anni, durante i quali il sud Sudan beneficerà di
autonomia amministrativa che entrerà in vigore soltanto quando si raggiungerà
un accordo globale sulla pace. Per il momento però restano diverse questioni da
sciogliere: lo status futuro di tre aree contese nel nord (Abyei, Blue Nile e
Montagne Nuba), da sempre militarmente e politicamente schierate coi
secessionisti del sud, la distribuzione degli incarichi nel futuro governo di
unità nazionale, che potrebbe portare all’autodeterminazione del Sud dopo il
periodo di transizione, e l’applicazione della 'sharia' anche al di fuori delle
aree del nord, controllate dal governo di Khartoum.
Soddisfazione per l’intesa è
stata espressa dagli Stati Uniti, che con Italia, Gran Bretagna e Norvegia si
sono fatti promotori della mediazione. Ma come è stata accolta la notizia
dell’accordo tra la popolazione civile sudanese? Lo abbiamo chiesto ad un missionario salesiano che
opera ad El Obeid, nel centro del Sudan, e che per motivi di sicurezza ha
scelto l’anonimato:
R. – L’intesa è una cosa voluta dai vertici. Lo Spla è
stanco di combattere e il governo punta alle risorse petrolifere del sud. E’ come
se le due parti fossero state forzate alla pace. In più, per il presidente
statunitense Bush - mediatore nella pacificazione - si avvicinano le elezioni:
aspira quindi ad un suo successo in Africa. Questi sono i veri motivi. Per la
gente naturalmente è una cosa buona e positiva. Ma se sia una situazione
duratura non si sa, perché i problemi scottanti non sono ancora stati messi sul
tavolo: primo, se ci sarà un solo Sudan o due Sudan indipendenti; secondo, nel
caso ci fosse un solo Sudan, se sarà ammessa la legge islamica o invece no.
D. – Per il sud si è stabilita la via di un referendum, in
vista di una indipendenza tra sei anni. Che cosa potrebbe cambiare per il sud
che è ricco di petrolio, ma che è stato già ampiamente sfruttato?
R. – Innanzitutto, non ci sarebbe più la guerra. Inoltre,
se ci fossero delle strutture sociali, molti vorrebbero tornare. Ma per poter
rientrare in Patria, la gente scappata dal sud vorrebbe innanzitutto le scuole
per i bambini - che non ci sono - e poi delle istituzioni, degli ospedali. Non
c’è più niente nel sud. E’ terra bruciata. Ora la Chiesa - le Chiese, anche
quella protestante – può fare più del governo: le scuole, un dispensario medico
in ogni paese…
D. – Qual è allora l’auspicio della Chiesa?
R. – Cominciare dall’educazione e dalla salute pubblica.
Quando si parla di scuole non si intende necessariamente la costruzione degli
edifici, ma di iniziare un processo, magari facendo lezione anche sotto gli
alberi. Io sono stato nei campi dei rifugiati e le scuole erano tutte sotto un
albero, ci si sedeva sulle pietre. L’importante è cominciare ad istruire. E’ un
compito che dovrebbe spettare al governo, ma il governo non lo fa
adeguatamente. L’istruzione primaria del governo è poi basata sull’islamismo.
Esiste solo una storia: la storia di Maometto. I nostri bambini cristiani,
invece, hanno bisogno di stare in scuole cristiane, che non sono così
esclusiviste.
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BRASILE:
SI TEME PER LA VITA DEI TRE MISSIONARI DELLA CONSOLATA
RAPITI
NELLO STATO DI RORAIMA.
RILASCIATO
I 9 RAGAZZI SEQUESTRATI CON LORO
In Brasile sono stati liberati i nove studenti rapiti ieri
nello Stato di Roraima. Ancora nelle mani dei rapitori invece i tre missionari
della Consolata catturati insieme con i giovani. Cresce la protesta dei
fazendeiros ma anche di alcuni indigeni del luogo. Sulle ultime novità Benedetta
Capelli.
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I negoziati per il rilascio sono al momento falliti. I tre
religiosi della Consolata, il brasiliano Ronildo Franca, il colombiano Cesar
Avellaneda e lo spagnolo Charlos Martinez rimangono nelle mani dei
sequestratori, che ieri li avevano prevelati insieme a 9 alunni dalla missione
di Surumu, nello stato brasiliano di Roraima: i ragazzi sono stati rilasciati.
Sono ormai 48 ore che i tre sono tenuti nel piccolo villaggio di Contao,
all’interno del territorio di Raposa Serra do sol, destinato dal governo Lula a
diventare riserva indigena. Su questa decisione si sono scatenate molte rimostranze
e il rapimento dei missionari rientra nella strategia di protesta dei
fazendeiros, i latifondisti coltivatori di riso che osteggiano il provvedimento
e che li priverebbe di molte terre da riconsegnare agli indigeni. Alcuni di
questi però si schierano contro questa decisione. Ieri c’è stata una mobilitazione
generale di molti latifondisti, alcune strade di accesso alla capitale del Roraima
sono state bloccate. La tensione dunque non si placa e c’è il pericolo che gli
indigeni delle comunità circostanti cerchino di liberare i missionari
scontrandosi violentemente con i rapitori. Ma sulla situazione ascoltiamo Padre
Edson Damian, vicario generale della diocesi di Roraima.
“Noi temiamo per la vita dei missionari, perché gli animi
si stanno agitando: è stato infatti confermato che il presidente firmerà la
legge che farà di questa zona un’area indigena. Bisogna sapere che gli indios
che hanno rapito i religiosi sono pagati dai latifondisti, che hanno proprio
qui le loro coltivazioni di riso. La stragrande maggioranza degli indios è con
la Chiesa perché la Chiesa sostiene i loro diritti. La Chiesa di Roraima è
ormai perseguitata da molto tempo”.
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DOMANI
RICORRE IL CENTENARIO DELLA NASCITA DI GIORGIO LA PIRA
-
Intervista con Pietro Scoppola -
Con un convegno a Messina, si aprono oggi le celebrazioni
per il centenario della nascita di Giorgio la Pira, che ricorre domani. Tante
le manifestazioni previste anche a Firenze, dove La Pira, fu sindaco per tre
volte. Membro dell’assemblea costituente, deputato, al centro della vita di La
Pira si trova un profondo impegno per la pace. La sua causa di beatificazione è
nella fase diocesana. Ma cosa rappresentò la fede per Giorgio La Pira. Ci
risponde, al microfono di Debora Donnini, lo storico Pietro Scoppola.
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R. – Direi tutto, perché non si comprende nulla della sua
vita, del suo impegno politico, del suo ruolo di sindaco, del suo lavoro per la
pace, senza la fede. La fede per lui era un mondo che gli era vicino, gli era
intorno: gli Angeli, i Santi, la Madonna, Gesù, il Signore. Lui si muoveva in
questo mondo con una sicurezza e con una gioia, che è il carattere più forte e
che più colpisce del personaggio.
D. – Nella storia d’Italia, secondo lei, che cosa ha
rappresentato Giorgio La Pira come personalità politica?
R. – Sottolineare questa pregnanza della fede nella sua
vita non significa isolarlo in uno spazio riservato solo ai credenti, perché
viceversa è uomo del dialogo, è l’uomo che anticipa tutto lo sforzo, che oggi
si va facendo, di rapporto tra le diverse religioni. Pensiamo agli incontri
annuali promossi dalla Comunità di Sant’Egidio per la pace. La Pira in qualche
modo ha anticipato tutto questo. Quindi, la fede per lui non è un elemento di
chiusura, ma un elemento di apertura verso gli altri, verso i diversi, verso le
diverse religioni, verso chi non crede. Il suo lavoro alla Costituente è
animato da questa stessa ispirazione. E’ un uomo di grande fede, ma non è un
integralista, un fondamentalista che si chiude nella sua fede come elemento di
identità per escludere il diverso. La fede è un elemento per aprirsi all’altro,
per aprirsi alla realtà del mondo.
D. – La Pira come uomo politico, o meglio come sindaco di
Firenze, si schierò a difesa dei disoccupati anche in un modo molto forte. Poi
lavorò per il dialogo tra le religioni. E poi per la libertà religiosa: addirittura
esortò i dirigenti sovietici a liberarsi dei “rami secchi” dell’ateismo di
Stato…
R. – Sono i momenti più significativi della sua opera come
sindaco, nella convinzione, che era molto forte in lui, che ogni città avesse
un compito da svolgere. Quindi, Firenze città aperta all’universalismo.
Infatti, Firenze è il luogo di incontro tra uomini di diversa fede. Dice,
quindi, esplicitamente che il comunismo si vince con la pace, si vince con il
dialogo. Tentò attraverso il dialogo di mettere in crisi la rigidità, la
chiusura di questo terribile mondo comunista, che negava al suo interno
qualunque spazio di libertà. Ma lui era convinto che il comunismo si dovesse
vincere non con le armi. E siamo negli anni della guerra fredda - non
dimentichiamo il contesto - siamo negli anni in cui si sfiora il rischio della
guerra atomica e la guerra atomica significa fine dell’umanità. La Pira è
l’uomo che porta questa coscienza e il suo impegno per la pace, fra l’altro, si
lega alla valorizzazione dell’Onu, alla valorizzazione di un ordinamento
internazionale. Adesso siamo in un momento in cui, in qualche modo, si
appannano queste grandi intuizioni e vediamo oggi il rinascere di guerre
locali, il clima di tensione, questo diritto all’intervento preventivo. La Pira
diventa un punto di riferimento ideale molto forte e in questo senso ha una
grande attualità.
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8 gennaio 2004
MINACCE DI MORTE AI VESCOVI DEL SENEGAL DOPO LA DENUNCIA DEI PRESULI
SUL DEGRADO DELLA VITA SOCIO-POLITICA DEL
LORO PAESE
- A cura di Lisa Zengarini -
DAKAR.
= I vescovi del Senegal hanno ricevuto minacce di morte per avere denunciato lo
scorso novembre il degrado del clima socio-politico nel Paese. Le minacce,
prese sul serio dalle organizzazioni per i diritti umani, sono contenute in una
lettera indirizzata a mons. Théodore Adrien Sarr, arcivescovo di Dakar e presidente
della Conferenza episcopale senegalese, che riunisce i vescovi di Senegal,
Mauritania, Guinea-Bissau e Capoverde. La missiva è stata spedita dalla
capitale il 9 dicembre da un sedicente “Gruppo di giovani di acciaio”, che
afferma di avere il sostegno del presidente Abdoulaye Wade. Salito al potere
nell’aprile 2000 dopo 26 anni all’opposizione, Wade è diventato oggetto di
crescenti critiche per il suo modo di dirigere il Paese. Tra i critici anche i
vescovi che il 29 novembre, al termine di una riunione, avevano denunciato il
numero crescente di crimini rimasti impuniti ed espresso preoccupazione per le
minacce alla democrazia e per la progressiva degenerazione del clima politico e
sociale in Senegal. Alla dichiarazione dei presuli Wade aveva risposto con una
lettera a mons. Sarr in cui aveva definito ingiuste le critiche che
presentavano il Senegal “come un Paese apocalittico in un mare tranquillo”. In
questi ultimi mesi diversi oppositori al governo del presidente Wade hanno
subito minacce e aggressioni
PRIMO
GIORNO OGGI A GINEVRA DEL FORUM INTERNAZIONALE
SU SALUTE,
NUTRIZIONE E POPOLAZIONE, IN BASE ALLE RACCOMANDAZIONI
DELL’ONU SULLO SVILUPPO DEL MILLENNIO
- A
cura di Mario Martelli -
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GINEVRA. = Lotta contro la fame, riduzione di due terzi
della mortalità infantile e di tre quarti della mortalità delle partorienti,
lotta contro l’Aids, la malaria ed altre malattie infettive, migliorare
l’accesso all’acqua potabile ed ai medicinali essenziali. Sono questi fra i
principali obiettivi fissati al Vertice delle Nazioni Unite per il nuovo
millennio del 2000 e sono degli obiettivi ambiziosi per sradicare la povertà
nel mondo, verso i quali si dovrebbero registrare importanti progressi entro il
2015. Sanità e alimentazione sono alla base delle azioni da compiere. E per
discutere e pianificare ed esaminare i progressi finora effettuati, Organizzazione
Mondiale della Sanità e Banca Mondiale hanno indetto in questi giorni a Ginevra
un Forum, con la partecipazione di ministri, alti funzionari responsabili delle
finanza, della pianificazione e della salute nei Paesi in via di sviluppo e
dirigenti di istituzioni internazionali. Si deve in particolare valutare ed
organizzare l’armonizzazione della mobilitazione delle risorse e l’impiego e il
rafforzamento delle risorse umane nel settore della sanità, oltre a migliorare
la valutazione delle necessità per i singoli Paesi.
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UN MILIONE DI ANIMALI E PIANTE A RISCHIO DI
ESTINZIONE
PER I CAMBIAMENTI CLIMATICI:
UNA GRAVE MINACCIA PER IL XXI SECOLO,
CHE RICHIEDE MAGGIORE ATTENZIONE DALLA COMUNITA’ INTERNAZIONALE
- A cura di Roberta Gisotti -
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LONDRA. = Non è certo il primo
allarme sulla biodiversità, ovvero sui rischi di estinzione di animali e piante
minacciate da squilibri negli ecosistemi, che regolano la vita del nostro
Pianeta. Non per questo non dobbiamo preoccuparci una volta di più e tentare seriamente
di porvi riparo. Questa volta ad allertare la comunità internazionale è la
prestigiosa rivista di scienza “Nature”, che pubblica i risultati del più vasto
studio in materia condotto attraverso il computer e che riporta previsioni fino
al 2050. L’autore, Chris Thomas dell’Università britannica di Leeds, ha preso
in esame sei territori in diverse regioni del mondo, pari al 20 per cento della
superficie terrestre: ebbene oltre un quarto delle specie animali e vegetali –
secondo lo studio - potrebbe scomparire dalla faccia della Terra a causa dei
cambianti climatici. Se questi fossero lievi il rischio di estinzione
toccherebbe il 18 per cento di piante e fauna, se fossero di media entità il
rischio salirebbe al 24 per cento e se fossero mutamenti bruschi fino al 35 per
cento. Secondo il prof. Thomas il surriscaldamento del Pianeta potrebbe privarci
entro la metà del secolo di oltre un milione di specie viventi. Cosa fare? Il
prof Thomas e non solo lui, ma anche tutti gli ambientalisti, raccomandano in
primo luogo di ridurre i cosiddetti gas serra, a partire dall’anidride
carbonica e di adottare tecnologie alternative, quindi di realizzare piani
estesi di conservazione del territorio in modo da offrire ad animali e piante
habitat di rifugio in cui riparare. Tra i commenti a caldo sullo studio quello
di Gianfranco Bologna direttore scientifico del Wwf in Italia: “Sulla
responsabilità umana di questa grande minaccia globale alla vita della Terra –
ha detto – la stragrande maggioranza della comunità scientifica è ormai
concorde ma forse non tutti siamo abbastanza attenti e partecipi della relazione
tra l’impatto sulla biodiversità e la nostra vita.”
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LA CROCE E L’ICONA
MARIANA, SIMBOLI DELLA GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTU’, DA OGGI A LONDRA,
DOVE INIZIA IL PELLEGRINAGGIO NELLE DIOCESI
DELL’INGHILTERRA E DEL GALLES, CUI PARTECIPERANNO
OLTRE 10 MILA GIOVANI
LONDRA.
= Giungono oggi a Londra la Croce e l’Icona mariana, simboli della Giornata
mondiale della gioventù (Gmg), all’inizio di un pellegrinaggio attraverso le
diocesi dell’Inghilterra e del Galles, cui parteciperanno - nelle previsioni
degli organizzatori - oltre 10 mila giovani. I due simboli della gioventù
cristiana hanno già viaggiato nell’arco di 20 anni in 24 Paesi, percorrendo
almeno 50 mila chilometri, via terra, mare e cielo. Il primo appuntamento di
preghiera e testimonianza intorno alla Croce e all’Icona, nell’itinerario
attraverso le diocesi inglesi, è fissato per sabato prossimo 10 gennaio con una
processione nel centro della capitale britannica, dalla cattedrale di Southwark
a quella di Westminster, alla quale sono attesi circa 2.000 giovani; altri incontri
avranno carattere ecumenico a testimonianza dell’esigenza dell’unità tra i cristiani
fortemente avvertita dai giovani stessi. A fine gennaio i due emblemi dei
raduni internazionali dei giovani con il Santo Padre saranno portati nelle
diocesi, comunità e scuole scozzesi, prima di riprendere il pellegrinaggio in
altri Paesi e regioni europee in preparazione alla Gmg di Colonia, nell’agosto
2005. (M.V e R. G.)
L’ITALIA
È IL PRIMO PAESE IN EUROPA AD INTRODURRE
IL
VACCINO CONTRO LA VARICELLA, CHE COLPISCE
OGNI ANNO 400 MILA BAMBINI
E 100
MILA ADULTI TRA LA POPOLAZIONE ITALIANA. SECONDO ALCUNI ESPERTI,
ENTRO
IL 2008 LA VARICELLA POTREBBE SCOMPARIRE
ROMA. = Arriva in Europa il vaccino per la
varicella, ed il primo Paese ad introdurlo è l’Italia dove la malattia colpisce
ogni anno 400 mila bambini e 100 mila adulti. Introdotto nel 96’, negli Stati
Uniti il vaccino è stato già somministrato in sette anni a 40 milioni di
bambini, riducendo del 90% la frequenza della malattia. Se partisse una
vaccinazione di massa, dicono alcuni esperti, la varicella potrebbe scomparire dall’Italia entro il 2008. Il
vaccino, registrato nel 2001 per la prima volta in Europa dal Ministero della
Salute italiano è arrivato dallo scorso autunno in tutte le farmacie e nelle
Asl. Il Ministero raccomanda per ora il vaccino dopo il dodicesimo anno di età.
Secondo un modello matematico messo a punto dall’Istituto superiore di Sanità,
basterebbe immunizzare l’80 per cento dei neonati e il 50 per cento dei
dodicenni per debellare o quasi il virus dal Paese. Sulle vaccinazioni
raccomandate, ma non obbligatorie , le Regioni posso emanare indicazioni
autonome. La maggior parte di esse comincerà nel 2004 con la vaccinazione a 12
anni che tutela gli adolescenti, allo scopo di evitare le complicazione
dell’età più adulta. La varicella, legata quasi sempre al periodo
dell’adolescenza, nell’immaginario collettivo rimanda ad un ricordo che fa
sorridere, misto a dolore e a quel
sottile piacere, finalmente giustificati, di poter marinare la scuola. Purtroppo questa malattia infettiva nel
migliore dei casi è un ricordo, ma nei peggiori provoca gravi conseguenze
neurologiche ed infettive. Ecco perché il
Ministero italiano e le Regioni si stanno muovendo verso un concetto di
prevenzione globale con l’auspicio che l’Europa venga dichiarata al più presto
libera dalla varicella.
(F.C.)
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8
gennaio 2004
- A cura di Fausta Speranza -
Gli otto occupanti di un
elicottero militare americano sono morti in un atterraggio forzato. E’ quanto
ha fatto sapere poco fa l'esercito Usa, aggiungendo che l'atterraggio forzato è
avvenuto vicino a Falluja, a ovest di Baghdad. Ieri sera dopo il tramonto, un
soldato statunitense è morto e altri 34 militari sono rimasti feriti nell’attacco
sferrato a colpi di mortaio da guerriglieri iracheni contro la base americana
di Seizt, ad ovest di Baghdad. Senza vittime fortunatamente l’attacco che
questa mattina ha distrutto un mezzo delle forze americane a Baghdad, mentre si
dirigeva verso il museo archeologico. Intanto, dall'Iraq sono stati ritirati
quattrocento tecnici di una squadra americana specializzati nella ricerca di
armi di distruzione di massa, un segnale che potrebbe indicare che Washington
non si aspetta più di trovare armi proibite. E’ quanto si legge oggi sul New
York Times. Tuttavia un'altra squadra sempre alla ricerca di armi chimiche e
biologiche è ancora sul posto nel Paese. Si tratta di parte dei 1.400 tecnici
del Gruppo di ispezione incaricati di effettuare ricerche dalla caduta di
Saddam Hussein.
Negli Stati Uniti si parla molto
della riforma della politica d'immigrazione varata oggi dal presidente George
W. Bush. In un discorso pronunciato nella East Room della Casa Bianca, quella
delle occasioni solenni, Bush ha presentato, nelle sue grandi linee, una
proposta per regolarizzare la posizione di milioni di clandestini in grado di
dimostrare di essere in possesso di un lavoro. Ha detto che la riforma doveva
essere presentata nel 2001 ma che il grave attentato dell’11 settembre ha provocato
ritardi. Il visto a tempo determinato, con una validità di tre anni, sarà
rinnovabile per un numero di volte che deve ancora essere stabilito dal
Congresso, insieme ad altri dettagli tecnici del piano. L'obiettivo della
riforma è di mettere fine all'economia sommersa. Oltre al visto, infatti, i
lavoratori stranieri godranno degli
stessi diritti e delle stesse protezioni garantite agli americani: i datori di
lavoro dovranno applicare la paga minima prevista dalla legge e versare i contributi
alla previdenza sociale.
Allarme del Fondo Monetario
Internazionale sul bilancio degli Stati Uniti. Il deficit macroscopico, 500
miliardi di dollari nell'anno fiscale, potrebbe generare dei rischi elevati per
l’economia globale, mettendo a rischio investimenti e la conseguente ripresa
economica. Benedetta Capelli ha chiesto un commento sul documento del Fondo
monetario internazionale al prof. Mario Deaglio, docente di Economia Internazionale presso la Facoltà di Economia
dell'Università di Torino.
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R. – Se qualcosa può stupire è che sia arrivato così
tardi. E’ chiaro che questa situazione statunitense finisce per ripercuotersi
molto duramente su alcune fasce di Paesi, come il nostro e in genere tutta
l’Unione Europea, che si trovano ad avere, in modo anomalo, prezzi alti rispetto ai concorrenti.
D. – A cosa è dovuto, secondo lei, il brusco calo del
valore del dollaro?
R. – A fattori strutturali che sono presenti da molto
tempo ed alla volontà politica degli Stati Uniti di “far scoppiare il bubbone”.
Intendo dire che incassando qualche perdita dal punto di vista della potenza
economica sull’estero, hanno però anche fatto perdere qualcosa a tutti quelli
che in questi anni hanno investito in dollari.
D. – La crescente importanza della Cina come “creditore”
degli Stati Uniti, che ha scalzato in questo modo il Giappone, quali
conseguenze geoeconomiche può portare?
R. – La Cina è diventata nel giro di 3 anni un grandissimo
Paese dal punto di vista dell’economia. Oggi è la terza potenza economica
mondiale dopo Usa e Ue. Sta crescendo ad un ritmo terrificante. Non si è mai
visto niente di simile nella storia. Ha dei buchi molto forti nella finanza
delle proprie banche. Ha bisogno di continuare questa espansione a ritmi
simili, almeno per altri 5-10 anni. Sta nascendo in Asia, dunque, una potenza
che potrebbe fare da concorrente agli Stati Uniti per il dominio del mondo.
D. – Questo ci dovrebbe preoccupare?
R. – Dipende da come tutto questo si realizza e quali sono
i nostri principii. Se noi veramente pensiamo che il mondo debba diventare in
qualche modo più ugualitario, il fatto che 1 miliardo e 300 milioni di persone
stiano sensibilmente meglio dovrebbe rallegrarci. Se noi, invece, pensiamo che
i Paesi oltre ad avere un alto tenore di vita dovrebbero avere anche alti
principii, allora potremmo anche preoccuparci perché i principii dei cinesi non
ci sono molto chiari.
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Nel sud
dell’Iran, colpito dal terremoto 13 giorni fa, un uomo di 57 anni è stato
estratto vivo dalle macerie. Trovato privo di coscienza, le sue condizioni
sembrano molto gravi. Sul fronte politico, intanto, il ministro degli esteri
iraniano, Kamal Kharrazi, ha detto che Teheran è disposta a riprendere il
dialogo con gli Stati Uniti se i colloqui sono basati sul rispetto reciproco.
Kharrazi ha aggiunto che i recenti negoziati iraniani con Paesi europei sul suo
programma nucleare, culminati con il sì di Teheran a ispezioni a sorpresa dei
suoi impianti, sono un esempio per Washington di come problemi rilevanti
possano essere risolti. “L'Iran è pronto a negoziare con tutti i Paesi e l'America non è un'eccezione”, ha detto
Kharrazi alla televisione. Le dichiarazioni giungono dopo che funzionari statunitensi
nei giorni scorsi hanno parlato di disponibilità a riprendere un dialogo su
temi specifici e dopo l'invio di aiuti umanitari americani ai terremotati di
Bam.
Ancora a proposito di Iran, si
deve riferire anche delle concrete prospettive di dialogo con l’Egitto. Il
ministro degli esteri egiziano, Ahmed Maher, ha detto, infatti, che il
ripristino delle relazioni con l'Iran è un fatto normale e un annuncio in tal
senso potrebbe arrivare molto presto. Da parte sua, il vicepresidente iraniano,
Mohammad Ali Abtahi, ha riconosciuto che il ripristino dei rapporti dopo una
chiusura di quasi 25 anni è ora nella fase finale di “protocollo”. Il
riallaccio delle relazioni tra Cairo e Teheran porrebbe fine alla disputa
ancora aperta tra l'Egitto e gli altri Paesi musulmani sull'accordo di pace che
gli egiziani siglarono con Israele nel 1979.
Nell’interessante vento di contatti e colloqui che sta
attraversando una vasta zona del Medio Oriente, si deve riferire anche
dell’apertura, in realtà espressa in modo condizionato nei confronti della
Libia dal ministro degli esteri israeliano, Silvan Shalom. La prima condizione
è che Tripoli rinunci ad ogni complicità col terrorismo e distrugga eventuali
armi di distruzione di massa. Ieri un giornale arabo ha scritto che incontri
tra esponenti israeliani e libici sono avvenuti a Parigi, a dicembre, e a
Vienna, giorni fa. Ma Tripoli ha smentito che fra la Libia e lo Stato ebraico
sia in corso una attivita' diplomatica di sorta.
“Non ne sappiamo nulla”. Così fonti vicine agli
inquirenti di Parma hanno commentato le indiscrezioni raccolte da un
telegiornale Mediaset sul presunto ritrovamento del tesoro di Calisto Tanzi,
dopo il crac dell’azienda italiana Parmalat.
Anche la stessa Bank of America, presso la quale sarebbe depositato il
conto con il “tesoro” dell’ex patron della Parmalat, ha detto di non avere
alcun commento da fare. Sui risvolti anche di carattere politico della vicenda,
vi proponiamo il nostro servizio:
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“Lasciamo lavorare il
legislatore”. Così il presidente dell’Autorità garante per la concorrenza e il
mercato, Giuseppe Tesauro, ha risposto ai cronisti che gli chiedevano
dell'ipotesi che all'Authority da lui guidata vengano affidati poteri di
controllo Antitrust sui mercati creditizi. Ha poi affermato di “lavorare già
bene con la Banca d’Italia”. Il ruolo di vigilanza svolto da quest’ultima nella
faccenda Parmalat è oggetto di critiche da parte di membri della maggioranza.
Intanto, giunge notizia che potrebbero iniziare da martedì prossimo, con il
ministro dell'Economia Giulio Tremonti, le audizioni per l'indagine conoscitiva
congiunta di Camera e Senato sui rapporti tra il sistema delle imprese ed i
mercati finanziari. Lo hanno proposto i
presidenti delle commissioni Finanze e Attività produttive di Montecitorio, La
Malfa e Tabacci, al termine della seduta congiunta delle commissioni, che hanno
formalmente deliberato all'unanimità l'avvio dell'indagine. Un’indagine che
nasce in seguito anche al crack dell’azienda Cirio che ha preceduto quello
della Parmalat. Per quanto riguarda Calisto Tanzi, oggi il gip di Milano ha respinto la richiesta di
arresti domiciliari, riservandosi di decidere una seconda volta dopo i
risultati della perizia medica. Sul fronte delle indagini, resta da dire che,
questa mattina, uomini del Nucleo Regionale della Guardia di finanza di
Bologna hanno svolto perquisizioni a
Parmatour, l’azienda turistica sempre legata a Tanzi, mentre acquisizioni di
documenti sono state fatte presso la Banca del Monte di Parma. I tasselli del
mosaico, dunque, sono ancora in via di ritrovamento.
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Sempre in Italia, in relazione
agli episodi terroristici e, dunque, anche con uno sguardo all’Europa, ha
parlato oggi, il ministro dell'interno all'audizione in Commissione Affari
Costituzionali alla Camera. Ha sottolineato che gli anarco-insurrezionalisti
hanno superato “il ‘vecchio cliché spontaneista’ per operare in maniera mirata,
con vere e proprie campagne cadenzate nel tempo”, aggiungendo che è evidente
che le istituzioni europee e i loro esponenti entrano a far parte dei bersagli
di quella che ha definito “una guerra sociale contro Stato e Capitale”. Per il
ministro potrebbero essere utili specifiche innovazioni legislative, senza
incidere sui diritti fondamentali dei cittadini. Pisanu ha sottolineato,
inoltre, che per Prodi non c'è stata nessuna sottovalutazione e che fin dal 27
ottobre era stata rafforzata la
protezione al presidente della commissione Ue.
La Russia considera
“irrealistica” la richiesta georgiana per la chiusura entro tre anni delle basi
militari russe nel Paese. Lo ha detto oggi una portavoce del ministero della
difesa al termine dei colloqui a Mosca fra il capo della diplomazia georgiana,
Dzhaparidze, e il primo vicecapo di stato maggiore russo, generale Baluyevski.
La visita di Dzhaparidze nella capitale russa viene definita “privata” ma,
secondo gli osservatori, deve servire a discutere le più spinose questioni
bilaterali per rendere possibile una prossima visita del neo presidente Mikhail
Saakashvili. Saakashvili conta di visitare la Russia dopo la cerimonia di
insediamento prevista per il 25 gennaio.
Ad Haiti
è di nuovo rivolta sociale. Dopo gli scontri delle ultime settimane, ieri
migliaia di manifestanti sono scesi nuovamente in piazza a Port-au Prince
contro il presidente Aristide, accusato di corruzione e autoritarismo.
Inevitabili gli scontri con militanti filogovernativi che non hanno esitato a
sparare colpi d’arma da fuoco e a lanciare sassi e bottiglie. Almeno due
persone sono morte e una trentina sono rimaste ferite.
Nello Yemen tre turisti ed il comandante di
una barca, tutti italiani, sono dispersi da ieri nelle acque dell'arcipelago
delle isole Zubair, al largo della costa di Hodaida, oltre 200 chilometri ad
ovest di Sana'a. Ricerche dei dispersi, che si trovavano in vacanza sul Mar
Rosso, sono in corso con un elicottero ed una unità navale della marina yemenita,
su richiesta dell'ambasciata d'Italia a Sana'a. Sui nomi per ora viene
mantenuto il massimo riserbo, in attesa che siano informate le famiglie.
Il primo turno delle elezioni
presidenziali in Slovacchia si svolgerà il 3 aprile 2004, secondo quanto ha
reso noto oggi a Bratislava il presidente del Parlamento slovacco, Pavol
Hrusovsky. L’eventuale ballottaggio avverrà il 17 aprile. Entro il 31 gennaio
devono essere presentati i candidati ufficiali alla carica di presidente della
Repubblica, che viene eletto direttamente, a suffragio universale. Tra i
candidati finora noti ci sono il ministro degli esteri, Eduard Kukan, l'ex presidente del parlamento,
Gasparovic. Anche l'ex premier Vladimir Meciar sta riflettendo sulla
possibilità di candidarsi e lo stesso vale per il presidente uscente, Rudolf
Schuster.
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