RADIOVATICANA
Anno XLVIII n. 6 - Testo della Trasmissione di martedì 6
gennaio 2004
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI
IN PRIMO PIANO:
Il significato dell’Epifania nel commento del teologo mons.
Gianfranco Ravasi
CHIESA E SOCIETA’:
In Pakistan, ucciso da
sconosciuti un sacerdote
Tradizionale
Epifania nel segno dell’ecumenismo a Brindisi, tra cattolici e ortodossi
Raccolta di giocattoli per i bambini poveri di
Napoli, promossa da un centro commerciale cittadino.
Forse
i talebani dietro la strage in Afghanistan: una bomba uccide 15 persone a
Kandahar, molti scolari tra le vittime
Due
tecnici francesi freddati in un agguato in Iraq
Sharon ribadisce al Likud di voler aprire a uno Stato palestinese, scettico Arafat.
6 gennaio 2004
IL
MONDO DEVE CAMMINARE NELLA LUCE DI CRISTO, PER INSTAURARE LA PACE
NELLA
VERITA’, NELLA GIUSTIZIA, NELLA LIBERTA’ E NELL’AMORE FRATERNO.
COSI’
IL PAPA NELL’ODIERNA FESTA DELL’EPIFANIA IN PIAZZA SAN PIETRO
- Servizio
di Barbara Castelli -
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Occorre
costruire “una più stretta collaborazione per istaurare la pace nella verità, nella
giustizia e nell’amore fraterno”. Ripetendo le parole pronunciate da Paolo VI
nel suo viaggio in Terra Santa 40 anni fa, Giovanni Paolo II ha salutato
stamani i numerosi pellegrini convenuti in Piazza San Pietro, nonostante il
freddo pungente, per la festa dell’Epifania del Signore. Nel secolare abbraccio
del colonnato berniniano e sotto un cielo soleggiato sono risuonate parole di
speranza. Rievocando la misteriosa “stella” che guidò i “Magi fino a
Gerusalemme e poi a Betlemme, dove adorarono il Bambino Gesù”, il Papa ha
richiamato “la ricca simbologia della luce, molto presente nel Natale”:
“Dio è luce e il Verbo fatto uomo è “luce del
mondo”, luce che guida il cammino delle genti: “Lumen gentium”.
Il popolo di Dio è, dunque, invitato a seguire questa
luce, a camminare sempre in questa luce, l’unica capace di diradare le tenebre
dell’odio e del rancore, sentimenti che ancora oggi insanguinano tante contrade
del mondo. Il pensiero del Pontefice è corso subito al conflitto
israelo-palestinese, a quelle terre che hanno “visto nascere il Principe della
Pace”. Rievocando lo storico pellegrinaggio compiuto in Terra Santa il 6
gennaio 1964 da Paolo VI, Giovanni Paolo II ha espresso a suo volta, ai
responsabili delle nazioni, l’appello alla pace pronunciato dal suo
predecessore. “La missione del cristianesimo in mezzo all’umanità è una missione
di amicizia, di comprensione, di incoraggiamento, di promozione, di elevazione:
una missione, cioè, di salvezza”.
“Noi guardiamo al mondo con immensa simpatia. Se il
mondo si sente estraneo al cristianesimo,
il cristianesimo non si sente estraneo al mondo”.
Invocando “l’intercessione di Maria Santissima, stella
dell’umanità pellegrinante nel tempo”, il Papa non ha mancato di rivolgere un
“augurio cordiale” e il “costante ricordo nella preghiera” alle Chiese
Orientali, che seguendo il calendario giuliano, celebrano in questi giorni il
santo Natale.
Il
clima di gioia di questa festività è stato, inoltre, scandito dal tradizionale
corteo storico-folkloristico “Viva la Befana”, dedicato quest’anno alle
tradizioni della città di Anagni e del suo territorio. Millecinquecento
figuranti, in costumi d’epoca e capeggiati dai tre Re Magi, hanno sfilato per
via della Conciliazione fino in Piazza San Pietro, tra lo stupore dei presenti
e la curiosità dei più piccini. Giunto alla sua XIX edizione, il corteo ha
rilanciato ancora una volta un messaggio di pace e fratellanza tra i popoli
della terra. Al termine dell’Angelus, dopo le parole in lingua italiana, il
Santo Padre si è rivolto ai suoi connazionali, salutando in particolare i due
cori infantili presenti nella Piazza, provenienti da Zywiec e Łodz. Esortando
i fedeli a “camminare sempre nella luce di Cristo”, Giovanni Paolo II si è poi
congedato dai fedeli con l’augurio di una “Buona festa dell’Epifania per tutti!”.
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NELLA GIORNATA MONDIALE DELL’INFANZIA
MISSIONARIA,
IL
PENSIERO DELLA CHIESA AI MILIONI DI BAMBINI
MINACCIATI
DA MISERIE E CONFLITTI
-
Servizio di Giovanni Peduto -
Nel giorno in cui, in coincidenza con l’Epifania, la
Pontificia Opera dell’In-fanzia Missionaria ripropone l’impegno missionario dei
bambini più fortunati che sentono di dover aiutare i loro coetanei in
condizioni di difficoltà, in questo giorno di festa e colori, vogliamo volgere
la nostra attenzione a quel popolo di milioni e milioni di piccoli che
patiscono disagi, nascosto nell’ombra della clandestinità, spaventato dalle
minacce dello sfruttamento, ferito nel cuore e nel corpo dalle guerre,
affamato, senza famiglia, così come emerge dalle pagine del dossier dell’agenzia Fides. Il servizio di Giovanni Peduto:
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E’ l’agenzia Fides, della Congregazione per
l’evangelizzazione dei popoli, a ragguagliarci che in 25 Paesi del mondo oltre
il 15% dei bambini muore prima di raggiungere i 5 anni di età. Conosciamo
queste cifre da tempo e da tempo non riusciamo a vederle ridotte, malgrado le
campagne di vaccinazione, la creazione di centri di cura e dispensari,
l’educazione sanitaria di base impartita alle madri. E non c’è niente di più
drammatico che pensare ad una creatura appena nata e già vittima di fame o
malattie, che rischia la morte per disidratazione, abbandono, o per altre
infezioni che si potrebbero evitare magari con qualche medicinale a basso
costo. Le cause principali di questa terribile “strage degli innocenti” sono:
la dissenteria, il morbillo, il tetano, la pertosse, la polmonite. E mentre
l’Aids pediatrico merita un discorso a parte, le cinque malattie che abbiamo
appena elencato sono curabili con farmaci di base poco dispendiosi. Ma quando
mancano le forme più elementari di igiene, prima che le medicine stesse, quali
speranze di salvezza si possono nutrire per il destino di tanti piccoli?
Rimane alta anche la mortalità neonatale in molti Paesi del Sud del mondo e
ogni anno si calcola che siano circa 20 milioni i bambini che muoiono poco dopo
la nascita per la denutrizione della madre durante la gravidanza.
Parlando ora dell’Aids, in particolare, proprio i bambini
e gli adolescenti sono le vittime più colpite da questa malattia: soltanto nel
2000 almeno 600 mila bambini al di sotto dei 14 anni hanno contratto il virus
dell'Hiv e nel 2002 oltre 4,3 milioni di persone sono morte di Aids, di cui 500
mila bambini (fonte Unicef). I piccoli malati sono circa un milione e mezzo,
mentre dieci milioni di adolescenti, almeno un terzo cioè di coloro che hanno
contratto il virus, hanno una età compresa tra i 15 e i 20 anni. Ogni giorno,
duemila minori di 15 anni diventano sieropositivi, e tra questi ci sono anche i
bambini che nascono già malati, contagiati dalla madre durante la gravidanza o l
momento del parto. La grande malata è l'Africa.
Le proiezioni statistiche lo avevano annunciato da tempo, ma ora il dramma
dell'Aids si è infiltrato nel cuore del continente africano, trovando nella
povertà e nella mancanza di strutture sanitarie il terreno ideale per mietere
un altissimo numero di vittime. Nessun altra regione al mondo è stata colpita
così duramente come i Paesi dell'Africa subsahariana, dove si trovano i tre
quarti della popolazione malata. Altissimo poi è il numero degli orfani dell'Aids
– circa 13 milioni – di cui più di dieci sotto i 14 anni e quasi tutti
africani.
E il problema della fame? Ottocento milioni di persone al
mondo sono cronicamente sottoalimentati e ogni sera circa 200 milioni di
bambini con meno di cinque anni vanno a dormire con i crampi della fame. Questo
numero aumenta durante i periodi di scarsità alimentare stagionale e in tempi
di carestia o di disordini sociali. Secondo alcune stime, la malnutrizione è un
fattore determinante per il decesso di 13 milioni di bambini sotto i cinque
anni, che muoiono ogni anno a causa di malattie e infezioni che potrebbero essere
prevenute come il morbillo, la dissenteria, la malaria o la polmonite.
Quanto
all’istruzione, è un diritto universale, eppure oggi nel mondo 121 milioni di
bambini sono privati del diritto di una istruzione di base perché nei loro
Paesi la scuola non è ancora obbligatoria, gratuita e accessibile a tutti. Sono
soprattutto le bambine a pagare il prezzo di una mancata istruzione, perché la
maggioranza delle esclusioni riguarda le femmine, ben 65 milioni, mentre i maschi
sono 56 milioni. La cifra, riportata dall'ultimo rapporto dell’Unicef sulla condizione
dell'infanzia nel mondo, è approssimativa per difetto a causa della difficoltà
di alcuni Paesi di calcolare la popolazione scolastica, perché non esistono
servizi anagrafici, per circostanze contingenti legate a guerre o perché si
tratta di bambini che vivono in stato di abbandono dalle famiglie.
Più di
300 mila minori di 18 anni, poi, sono impegnati nei conflitti che stanno
insanguinando il mondo. Migliaia e migliaia di piccoli armati hanno combattuto
e sono morti nell'ultimo decennio, sia nelle fila degli eserciti regolari che
tra le diverse bande di guerriglia. La maggioranza di loro ha tra i 15 e i 18
anni ma non mancano reclute di 10 anni e, in generale, si sta delineando una
certa tendenza all'abbassamento dell'età. Ancora una volta l'Africa detiene il
primo posto tra i continenti che vivono questo terribile problema: solo per
citare un caso, nell'aprile scorso a Maputo, il governo ha parlato di 120 mila
soldati con meno di 18 anni. Ma anche in Asia, America ed Europa non mancano
situazioni di ingaggio e addestramento di piccoli soldati. Ma non basta.
Ogni
anno nel mondo oltre un milione di bambini rimane vittima del traffico di
esseri umani. Il rapporto Unicef “Stop The Traffic” mette in luce il fenomeno delle
componenti criminali dello sfruttamento minorile che vede lo spostamento di
piccoli provenienti da Paesi in via di sviluppo (Africa centrale e occidentale
e sud-est asiatico) verso le aree del benessere dei Paesi occidentali. Sono gli
schiavi del Duemila e vengono sfruttati dall'industria del sesso, o come
manodopera a basso costo o come domestici. Ai più fortunati può toccare un'adozione,
ma non mancano i casi di piccoli che spariscono misteriosamente e vengono
uccisi per fornire organi da trapianto attraverso canali illegali.
Cosa ne
sarà di questo sterminato numero di cuccioli randagi? Riusciranno mai un giorno
ad avere fiducia negli adulti? Ma, soprattutto, riusciranno a diventare adulti?
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6 gennaio 2004
EPIFANIA,
FESTA DELLA LUCE E DEL DIALOGO
-
Intervista con mons. Gianfranco Ravasi -
“'Abbiamo visto la sua stella in Oriente e siamo venuti
per adorarlo’. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso
e mirra.” Così l’evangelista Matteo descrive ciò che accadde oltre duemila anni
fa e che la Chiesa ricorda nel giorno dell’Epifania, celebrazione del mistero
della rivelazione di Cristo nel mondo e nella storia. Mons. Gianfranco Ravasi,
biblista e teologo, spiega al microfono di Gabriella Ceraso il significato
teologico di questa solennità:
D. – I Magi come rappresentanti dei popoli della terra. Ma
qual è il significato simbolico dei loro doni?
R. – In realtà, possiamo dire che sono doni che
rappresentano quanto di più prezioso questi popoli offrono al Cristo che
scoprono. Gesù non è in una grotta, nel racconto di Matteo: è come in una sorta
di sala del trono, dove riceve l’adorazione dai sapienti del mondo.
D. – Dio che si fa riconoscere da tutti i popoli, anche
lontani, e pagani. Si può leggere in ciò anche un messaggio di amore verso i valori
presenti in tutte le culture e le religioni dell’umanità?
R. –
Certamente, c’è una lezione anche per noi. La comunità ecclesiale deve ricordare
prima di tutto che esistono dei grandi valori nell’interno della ricerca universale
sincera dei popoli, delle religioni, delle culture. Ed è una lezione non soltanto
di rispetto nei confronti degli altri popoli, ma di metterci anche noi in
cammino alla ricerca, di non illuderci di possedere completamente la verità,
perché la verità di Dio è infinita.
D. – Mons. Ravasi, l’Epifania è anche una festa popolare,
una festa del cuore. Qual è la percezione odierna di questa solennità?
R. –
La percezione io penso che sia, purtroppo, piuttosto esile. L’appello
dell’Epifania è per eccellenza un appello al confronto, al dialogo: cerchiamo
il più possibile di far sì che si scopra proprio quel grande messaggio di illuminazione
che nel cuore di questa celebrazione.
(musica)
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IL 7 GENNAIO, SOLENNITA’ DEL NATALE PER LE CHIESE ORIENTALI
CHE SEGUONO IL
CALENDARIO GIULIANO.
UN’ISTANTANEA DELLA
CHIESA E DELLA NAZIONE RUSSA
- Intervista con Fulvio
Scaglione -
Per un
periodo di festività che si conclude per il mondo cattolico, inizia domani un
periodo liturgico “forte” per le Chiese orientali che seguono il calendario
giuliano: per tutte loro, a partire dalla Chiesa russa, il 7 gennaio è il
giorno in cui si festeggia il Natale del Signore. Ma in quale atmosfera
religiosa e sociale la Chiesa ortodossa guidata dal Patriarca Alessio II si
accosta a questa solennità? Fausta Speranza lo ha chiesto a Fulvio Scaglione,
vicedirettore del settimanale Famiglia cristiana:
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R. – Io
credo che la Chiesa ortodossa che si appresta a festeggiare il Natale sia una
Chiesa che è entrata in una fase – a seconda dei punti di vista – di stasi o di
maggiore soddisfazione. E ciò, direi, a causa di due fenomeni: uno è che con il
tempo, quella invasione di sette - certamente anche sgradevole e per certi
versi anche pericolosa - si è constatato che più di tanto una penetrazione
religiosa in Russia non è possibile realizzare. Dall’altro lato, e direi in maniera
ancora più importante, c’è il fatto che il primo quadriennio presidenziale di
Putin – e siamo tutti sicuri che seguirà un secondo quadriennio – ha rinsaldato
quel ruolo per la Chiesa ortodossa russa di Chiesa di Stato o – per essere più
corretti – di Chiesa molto vicina, molto solidale con i fini e gli intenti
dello Stato, a cui la Chiesa ortodossa russa storicamente ha sempre ambito
Quindi, si può dire che la Chiesa ortodossa russa da questi due fattori ha
ricavato una maggiore tranquillità, in qualche modo una certa maggiore
serenità.
D. – Parliamo ora della situazione della Russia che vive
questo Natale…
R. – Il Paese, in generale, sta vivendo secondo me una
situazione piuttosto analoga a quella della Chiesa ortodossa, nel senso che
Putin e i partiti filo-putiniani hanno stravinto le elezioni politiche, e non
solo perché il cosiddetto ‘Partito del Cremlino’ detiene molte delle più
importanti leve della comunicazione di massa e quindi è stato capace di farsi
molta propaganda. Ma ha stravinto anche perché la grande maggioranza dei russi
riconosce a Putin almeno due meriti: quello di aver realizzato una certa
stabilizzazione della situazione e quello di aver un pochino risollevato
l’orgoglio nazionale con la sua politica che è un astuto mix di nazionalismo,
pragmatismo, liberismo economico... in una parola, di aver rinsaldato in parte
il morale della gente. Naturalmente, questo non vuol dire che la Russia sia
fuori dalle difficoltà economiche, tutt’altro. Né vuol dire che la Russia sia
tornata, sul piano internazionale, a certi fasti del passato.
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SI CELEBRA OGGI LA GIORNATA DEL MIGRANTE E DEL
RIFUGIATO,
SUL
TEMA “MIGRAZIONI IN VISIONE DI PACE”.
UN
BILANCIO PER L’ANNO 2003 SUGLI OBIETTIVI RAGGIUNTI E SULLE NUOVE SFIDE
-
Intervista con Laura Boldrini -
“Costruire condizioni concrete
di pace, per quanto concerne i migranti e i rifugiati, significa impegnarsi
seriamente a salvaguardare anzitutto il diritto a non emigrare, a vivere cioè
in pace e dignità nella propria Patria”. Lo ribadisce Giovanni Paolo II nel
messaggio per la Giornata
del Migrante e del Rifugiato del 2004, sul tema “Migrazioni in visione di
pace”. L’appuntamento che si celebra oggi vuole essere l’occasione per
sensibilizzare l’opinione pubblica sul “peregrinare sconsolato degli
sfollati” e sulla “fuga disperata dei rifugiati”. Per un bilancio su questa
realtà per l’anno 2003, Barbara Castelli ha raccolto il commento di Laura
Boldrini, portavoce dell’Acnur, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i
Rifugiati:
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R. – Per quanto riguarda i rifugiati, diciamo che questo è
stato un anno che ha avuto anche degli aspetti positivi, anzitutto il ritorno
dei rifugiati da Pakistan e Iran verso l’Afghanistan. Lo stesso processo è
stato avviato anche in Angola con ottimi risultati, e così anche nello Sri
Lanka. Aspetti positivi si sono intravisti anche nella parte politica: nella
Repubblica democratica del Congo è stato instaurato un governo di transizione,
e ci sono stati dei buoni risultati anche nei negoziati di pace in Sudan.
D. – Quali sono le zone ancora “calde” per quanto concerne
il dramma dei migranti e dei rifugiati?
R. – Direi ci sono diverse situazioni ancora di crisi, per
le quali è difficile intravedere la luce alla fine del tunnel. La Somalia è un
Paese lasciato al proprio destino da più di dieci anni, nel quale persiste una
totale instabilità politica e militare. La situazione in Burundi di certo non
va meglio: anche lì ci sono migliaia, centinaia di migliaia di rifugiati. Un
altro fronte irrisolto è quello della Cecenia, dove continuano ad essere
ammassate migliaia di persone ai confini...
D. – Nell’anno appena trascorso, l’Italia ha dovuto
fronteggiare diversi episodi di immigrazione clandestina, episodi che hanno
riportato in primo piano i vari aspetti del problema. Quali strade dovrebbero
imboccare le legislazioni nazionali e internazionali, in proposito?
R. – L’Europa fa bene a pensare con serietà a questo
argomento, ma non basta solamente investire denari e risorse nelle misure di
contrasto, nella protezione dei propri confini. Bisogna cercare di capire
perché la gente fugge, cosa induce queste persone a rischiare la propria vita,
che cosa genera disperazione in queste persone.
D. – Nel suo messaggio per la Giornata del migrante e del
rifugiato, il Papa richiama all’urgente necessità di costruire una pace
duratura. Cosa vuol dire, concretamente, costruire la pace in questi Paesi
prostrati dalle guerre e dalla povertà?
R. – Significa ricostruire il tessuto sociale, significa
far parlare nuovamente tra loro le varie componenti sociali o etniche,
abituarle al dialogo, allo scambio. Significa investire finanziariamente nei
progetti di integrazione, vale a dire investire risorse finanziarie, creare
lavoro, offrire alle persone la possibilità di guadagnarsi il pane senza dover
ricorrere alle armi, significa dare un’alternativa alla guerra, alla fuga.
Significa fare un lavoro serio, fare un lavoro in cui non si cerca solamente di
arginare, ma di risolvere il problema.
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SI INTITOLA “PAROLA DI KAROL” IL PRIMO PROGRAMMA
DI RAIUNO DEL 2004:
BREVE
STRISCIA QUOTIDIANA, IDEATA DA SUOR MYRIAM CASTELLI,
PER
RACCONTARE “IN PILLOLE” 25 ANNI DI MAGISTERO DEL PAPA
-
Intervista con l’autrice -
Dalle 6.20 di questa mattina i programmi di Raiuno si
aprono con l’immagine e l’insegnamento di Giovanni Paolo II. Si intitola
“Parola di Karol” il primo programma del 2004, inserito nel palinsesto della
prima rete della televisione pubblica italiana, che ha appena festeggiato i
suoi 50 anni di vita. L’ideatrice e la conduttrice della trasmissione è suor
Myriam Castelli, delle Figlie di San Paolo, da anni conduttrice di
“Cristianità”, programma irradiato da Rai International che permette agli
italiani all’estero di seguire in diretta mondovisione l’Angelus domenicale del
Papa. E al magistero del Pontefice, ai suoi tremila discorsi pronunciati in 25
anni, alle oltre 80 mila pagine pubblicate, spetta il compito di illuminare
ogni giorno un tema, un aspetto del suo insegnamento. La “striscia” quotidiana
del programma, della durata di sette minuti, è accompagnata dalle note del
maestro Stelvio Cipriani. Suor Myriam Castelli, intervistata da Alessandro De
Carolis, racconta in che modo siano state scelte le parole del Papa da proporre
al pubblico:
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R. – Abbiamo selezionato le parole che, secondo noi, hanno
costituito il leit-motiv di tutto il suo pontificato, tipo: la vita, la pace,
la fede, la famiglia, la sofferenza – e lui ha vissuto il Vangelo della
sofferenza, incarnato nella sua persona – sono i temi che solitamente il Papa
frequenta e che costituiscono il fondamento della vita cristiana.
D. – In che modo presentate questi temi durante la
trasmissione?
R. – In modo molto moderno; il programma è registrato in
uno studio virtuale, e il motivo è semplice: è che il Papa non può essere
collocato in nessuno studio del mondo – perché vola molto alto – e ripropone i
passaggi più significativi, relativamente al tema del giorno, e vengono
presentati in modo da proporre un quadro globale del tema. Certo, non si
esaurisce il Papa; però gli aspetti-chiave del tema che lui affronta vengono
riproposti in modo che in una pillola di sette minuti si sappia sostanzialmente
quali sono le idee-forza del cristianesimo relativamente a quel tema.
D. – Il titolo, “Parola di Karol”, fa risaltare
l’affidabilità di chi parla. E’ un modo immediato che avete studiato per
comunicare agli ascoltatori la certezza del magistero papale?
R. – Affidabilità perché è indubbio che questo pontefice,
in particolare, sia diventato il punto di riferimento morale di tutti, di tutte
le religioni, di tutta l’umanità. Anche chi non crede l’ha sempre seguito e
quindi ‘parola’ anche perché, oggi come oggi, specialmente con il dialogo
interreligioso, il Papa è diventato un elaboratore della cultura per tutti.
Quindi, la sua parola ha segnato la cultura del XX secolo e ovviamente anche
del terzo millennio.
D. – Da “Cristianità”, il programma che conduci da anni
ormai su Rai International, alla rete ammiraglia della televisione di Stato: è
un segno di apprezzamento per il servizio che è stato svolto?
R. – Credo proprio di sì. E’ un fatto che con
“Cristianità”, ma in particolare con questo, si vola molto alto. Io credo che
questo debba essere il cammino di tutti coloro che operano nel mondo della
comunicazione: attendere il momento giusto, non cercare né le glorie né le
apparenze ma soprattutto seguire la sostanza del messaggio cristiano e puntare
sui telespettatori che attendono da noi un messaggio pulito e non inquinato da
interessi personali.
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6
gennaio 2004
PENTIRSI
COME SEGNO DI GIOIA PER ESSERE REALMENTE CRISTIANI.
LO
AFFERMANO I VESCOVI DELLA CHIESA ORTODOSSA SERBA
NEL
MESSAGGIO AI FEDELI IN OCCASIONE DEL NATALE CHE SI CELEBRA DOMANI
- A
cura di Aldo Sinkovic -
BELGRADO. = I giovani tornano a pregare nelle chiese, “un
segno positivo di speranza” in un periodo altrimenti travagliato. E’ questo uno
degli aspetti messi in risalto dal messaggio indirizzato ai fedeli dai vescovi
del Santo Sinodo della Chiesa ortodossa serba, in occasione del Natale: una
solennità che le Chiese orientali di Russia, Serbia, Georgia, Repubblica Ceca e
Polonia celebrano domani, secondo la tradizione del calendario giuliano, mentre
quella greca, romena e bulgara, con il Patriarcato di Bisanzio, lo festeggiano
insieme ai cattolici dell’Occidente il 25 dicembre. “Lottare per il regno
celeste non significa – secondo i vescovi ortodossi serbi – poltrire sulla
terra e attendere sdraiati i tempi nuovi. Il regno di Dio si perde o si
guadagna proprio qui e ora sulla terra ed è giunto il tempo di riconoscere
davanti a Dio e davanti a noi stessi come il nostro modo di vivere non sia
degno del glorioso nome di cristiani. E proprio questo modo di vivere ha
contribuito alle crisi nelle quali ci siamo trovati. Il Signore ci ama e non ci
abbandona. Noi però tuttora non pensiamo abbastanza né a Dio né ai nostri
peccati. Non ci pentiamo”. Il pentimento “è gioia, e non semplice richiesta di
scusa. Non basta chiamarsi cristiani: bisogna esserlo”, affermano ancora i
vescovi, spiegando come con il vero pentimento si trova il giusto cammino verso
la meta finale. Nel messaggio, firmato dal patriarca Pavle, si sottolinea in
particolare il fatto che i giovani hanno ripreso a frequentare le chiese. “Loro
digiunano e pregano. Questo è un segno positivo di speranza in questi momenti
di tribolazione, cadute e prove. Loro capiranno in modo giusto il senso della
storia come il senso delle difficoltà vissute dal nostro popolo nel periodo di
pace, nel periodo della schiavitù e nel periodo di lotta giusta per la
libertà”, afferma il patriarca Pavle, che si è recato a Peć, in Kosovo, per celebrare il Natale
con la popolazione serba di questa zona.
L’EPIFANIA
NEL SEGNO DEL DIALOGO ECUMENICO:
A
BRINDISI FESTA COMUNE PER ORTODOSSI E CATTOLICI,
CON LA
CERIMONIA DEL RECUPERO DELLA CROCE IMMERSA NEL MARE
BRINDISI. = Segni tangibili di dialogo a Brindisi tra la
Chiesa d’Oriente e quella d’Occidente. Anche quest’anno, infatti, per la terza
volta consecutiva, gli ortodossi della comunità ellenica in Puglia e i cattolici
hanno celebrato insieme la cerimonia del giorno dell'Epifania, culminata con la
benedizione delle acque del porto e con il recupero della croce immersa nel
mare, secondo il rito greco. Alla Santa Liturgia, officiata questa mattina
presso la chiesa greco-ortodossa di San Nicola, ha fatto seguito la benedizione
dell’acqua, impartita dall’archimandrita di Costantinopoli, Giorgio Dellas, e
dal parroco, don Sergio Vergari. Subito dopo i fedeli hanno dato il via alla
processione, fino al porto, per la benedizione dell’acqua del mare da parte
dell’arcivescovo di Brindisi, Rocco Talucci, e del metropolita greco-ortodosso
d’Italia, sua eminenza Gennadios, e il recupero della croce. (B.C.)
UNA RACCOLTA DI GIOCATTOLI PER BAMBINI BISOGNOSI
DI NAPOLI,
PROMOSSA
DA UN CENTRO COMMERCIALE DELLA CITTA’ IN SEGNO DI SOLIDARIETA’
NAPOLI. = “La Befana della solidarietà”, è lo slogan che
ha accompagnato la singolare iniziativa organizzata dal Centro commerciale
Rione Alto, a Napoli. Per tre giorni, diversi volontari hanno presidiato alcuni
punti di raccolta, presso i quali i cittadini hanno portato giocattoli nuovi e
usati, che poi verranno donati ai bambini di famiglie disagiate oppure ospitati
dalle case di accoglienza. La prima consegna dei doni si è svolta questa mattina,
presso il teatro della chiesa di Santa Maria di Costantinopoli, a 40 bambini
bosniaci che, grazie all’opera della Croce Rossa, sono stati ospiti per le
feste di Natale di altrettante famiglie che risiedono nel quartiere Arenella.
“L’iniziativa - ha illustrato il presidente dei commercianti, Enzo Pane - ha
testimoniato ancora una volta il grande cuore che contraddistingue i cittadini
del rione Alto”. (B.C.)
PROSEGUONO LE INDAGINI SULL’OMICIDIO DEL
MISSIONARIO CLARETIANO IN CAMERUN. ARRESTATO UN PRESUNTO ASSASSINO,
MENTRE
LA POLIZIA E’ SULLE TRACCE DI UN SECONDO
YAOUNDE’.
= E’ finito in manette uno dei presunti assassini di padre Anton Probst, il
missionario clarettiano tedesco trovato morto in Camerun nella notte di Natale,
nella sua stanza a una sessantina di chilometri da Yaoundé. Il sospettato, un
28.nne le cui generalità non sono state rese note, è stato bloccato a circa 170
chilometri a sud di Yaoundé, dove si nascondeva. Era evaso dalla prigione di
Mbalmayo, non lontano dal luogo del delitto, dove stava scontando dodici mesi
di reclusione per un furto ai danni di una comunità religiosa compiuto ad
Akono. La polizia starebbe, inoltre, cercando un complice, che si è dato alla
fuga. Il corpo di padre Probst è stato trovato a terra con le mani e i piedi
legati e un bavaglio sulla bocca. Aveva appena finito di partecipare alla Messa
di Natale e presumibilmente si è imbattuto in alcuni rapinatori che stavano
frugando nella sua stanza. Gli aggressori lo avrebbero colpito violentemente
sulla testa, lasciandolo a terra esanime, prima di dileguarsi portando via
alcuni oggetti di scarso valore. I funerali di padre Probst si svolgeranno il 7
gennaio. Padre Probst era nato il 20 marzo 1935 a Messhofen, in Germania, ed
era stato ordinato sacerdote il 23 ottobre del 1967. Era arrivato ad Akono 11
ani fa, dopo aver trascorso 24 anni nella Repubblica democratica del Congo.
(B.C)
NUOVA FIAMMATA DI VIOLENZA IN PAKISTAN.
UN
GRUPPO DI PERSONE NON IDENTIFICATE
HA
BRUTALMENTE ASSASSINATO UN SACERDOTE
ISLAMABAD.
= Colpita la comunità cristiana in Pakistan. Un sacerdote è stato brutalmente
assassinato nella città di Khanewal, nel centro del Paese. Secondo quanto riferisce
stamani la stampa locale, un gruppo di persone non identificate ha aperto il
fuoco contro il religioso, presso la stazione ferroviaria locale. Negli ultimi
anni gli episodi di intolleranza verso le minoranze in Pakistan si sono moltiplicate.
Tre anni fa, ad esempio, in un attacco contro la chiesa in Bhawalpur, nella
provincia occidentale del Punjab, hanno perso la vita 16 persone. La comunità
cristiana nel Paese registra una presenza del 3 per cento, su una popolazione
complessiva di 145 milioni di abitanti. La maggioranza è invece, della comunità
musulmana, con il 97 per cento, di cui l’80 sunniti e il 20 sciiti. (B.C.)
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6
gennaio 2004
- A cura di Benedetta Capelli -
Due
attentati scuotono l’Afghanistan. Il bilancio delle vittime è di 15 morti e
numerosi feriti. Si teme che dietro le esplosioni, avvenute nella città di Kandahar,
nella zona meridionale del Paese, ci sia la mano dei talebani. La cronaca nel
servizio di Benedetta Capelli.
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Colpita
la città di Kandahar, da sempre
considerata la roccaforte dei talebani, e negli ultimi mesi teatro di molti
attentati. Stamattina nella città si sono registrate due esplosioni, ma quella che ha causato la morte di 15 persone, tra cui numerosi
bambini, è avvenuta forse a causa di un camion-bomba. Ancora incerta la
dinamica dei fatti. Secondo alcune fonti,
un passante avrebbe notato un ordigno nascosto sotto la bancarella di un
venditore ambulante ed ha dato l'allarme alla polizia, che accorsa sul luogo ha
isolato la zona. La deflagrazione è avvenuta alle 12.45 locali ed ha causato il
ferimento di un bambino. Una persona sospetta è stata subito arrestata. Mentre
la polizia compiva i primi rilevamenti, c’è stata una seconda esplosione pochi
minuti prima del passaggio del governatore Yusuf Pashtun. Secondo un comandante
militare della regione, tra le vittime ci sono molti alunni di una scuola
appena usciti dopo le lezioni. Nove persone sono morte nell'ospedale militare
americano nella base dell'aeroporto di Kandahar, altre tre in altre strutture
sanitarie della città e gli altri sul luogo della violenta esplosione che ha
scosso il quartiere di Manzalbatah. Già ieri, a Kandahar c’era stato un
attacco contro la missione dell'Unhcr, l'agenzia per i rifugiati delle Nazioni
Unite. Gli aggressori avevano aperto-il fuoco e lanciato una bomba a mano
contro gli uffici senza fare vittime. E’ possibile che dietro gli attentati di
oggi ci siano i talebani, che in questo modo intendono creare una nuova strategia del terrore.
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Gli
attentati seguono la ratifica della Costituzione da parte della Loya Jirga,
l’Assemblea che riunisce i rappresentati delle fazioni politiche e tribali del
Paese. Appena ieri, il segretario generale dell’Onu, Kofi Annan aveva definito
un risultato storico la nascita del nuovo statuto, raggiunto a grande
maggioranza, anche se non sono mancati contrasti prima di arrivarvi. Ma
sentiamo da Kabul Carlo Batòri, incaricato d’affari ad interim dell’Ambasciata
italiana nella capitale irachena, che ha seguito i lavori della Loya Jirga.
L’intervista è di Debora Donnini.
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R. – Ci sono state, ovviamente, nel corso del dibattito
delle prese di posizione molto aspre, però poi alla fine è prevalso l’obiettivo
comune di dotare l’Afghanistan di una nuova Costituzione che, come ha ricordato
il presidente, Karzai, è la Costituzione di tutti, e questo ritengo sia un
obiettivo molto importante, che rafforza e dà uno slancio ulteriore all’agenda
concordata nel corso degli Accordi di Bonn.
D. – La nuova Costituzione prevede il presidenzialismo:
quanto peserà il presidenzialismo – che da molto potere al presidente pashtun
Karzai – sul futuro di un Paese composto, di fatto, da molte etnìe?
R. – E’ vero che la Carta sancisce un regime che è
presidenziale; non farei una distinzione netta fra presidenzialismo e
parlamentarismo: è in realtà una combinazione – il futuro dirà se equilibrata –
di pesi e contrappesi che danno un ruolo ovviamente anche al Parlamento. E’
evidente che il presidente Karzai ha fatto valere, nel corso di questi giorni e
anche prima dell’inizio della Loya Jirga, le necessità che, considerata la
contingenza storica dell’Afghanistan in questo momento e l’inesistenza di
partiti politici sedimentata nella società politica afghana, il sistema di
presidenzialismo fosse preferibile ad un sistema parlamentare.
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Ancora sangue in Iraq: due francesi sono stati uccisi ieri
sera a Falluja, 50 km a ovest di Baghdad. Sarebbero due impiegati di società
private americane, che lavoravano al ripristino di infrastrutture pubbliche;
un'altra persona è rimasta ferita. Secondo una prima ricostruzione, i tre si
trovavano a bordo di un'automobile che faceva parte di un convoglio. A causa di
un guasto, la macchina si è fermata e in quel momento, da un'altra auto che
passava, è partita una raffica di mitra. Sempre nella capitale irachena sono
state avvertite in mattinata due forti esplosioni che hanno causato danni ad alcune
case, ma è ancora incerta l’origine delle deflagrazioni. Si temono
attentati contro i soldati americani,
dato che oggi ricorre l'anniversario della fondazione dell'esercito iracheno. A
Kirkuk, una mina è esplosa al passaggio di un’automobile causando la morte di
un civile e il ferimento di altre tre persone. Ieri la guerriglia irachena è
tornata a colpire obiettivi militari a
Nassyria, dove è presente il contingente italiano. Dall’America, c’è la conferma
che il messaggio di Osama Bin Laden, trasmesso dalla tv araba Al
Jazeera, ed inneggiante al terrorismo sia vera. Il servizio di Paolo Mastrolilli.
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La Cia ha determinato che la voce nell’ultimo messaggio di
Osama Bin Laden è autentica, proprio nel giorno in cui la guerriglia è tornata
a colpire le strutture che ospitano gli italiani a Nassiriya. Nella
registrazione trasmessa domenica dalla tv Al Jazeera, il capo di Al Qaeda
definiva Saddam un traditore ed incitava i musulmani a combattere contro
l’occupazione americana in Iraq. Ieri, la resistenza ha risposto all’appello,
sparando sette colpi di mortaio contro l’edificio dove si trova la sede
dell’amministrazione di Nassiriya, la città nel sud del Paese presidiata dal
contingente italiano. Gli ordigni però non sono esplosi e non ci sono state
vittime, anche se un civile dormiva vicino al punto dell’impatto. Le nuove minacce di Bin Laden, oltre a
riguardare l’Iraq, si sono saldate all’allarme arancione in vigore negli Stati
Uniti per il timore di attentati. Proprio ieri è entrato in vigore un nuovo
sistema di controllo negli aeroporti che però era programmato da tempo. La
normativa prevede che tutti i visitatori siano schedati prendendo impronte
digitali e fotografie. Questi dati poi vengono inviati all’archivio informatico
per verificare se siano sulle liste dei sospetti terroristi o dei criminali.
Gli italiani che vanno in America come turisti per meno di 90 giorni sono
invece esentati, insieme agli abitanti di altri 26 Paesi, che non devono avere
il visto per viaggi brevi. Del resto, la paura per nuovi dirottamenti resta
alta: infatti, ieri il volo della British Airways da Londra a Washington,
annullato due volte nei giorni scorsi, è stato ancora ritardato.
Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.
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Gli Stati Uniti ritengono insufficiente l’impegno preso
dal leader libico Gheddafi sulla rinuncia di produrre armi di distruzioni di
massa. Il presidente George W. Bush, in una nota scritta, precisa di aver
deciso di mantenere alto lo stato di emergenza nazionale contro la Libia.
Necessarie, per il presidente americano, azioni concrete che al momento non
sono arrivate.
Il discorso di ieri sera di Ariel Sharon al Likud ha già
provocato reazioni da parte palestinese. Secondo il presidente Yasser Arafat,
il leader israeliano non avrebbe intenzione di costruire la pace. Ma sentiamo qual è stato il contenuto
dell’intervento di Sharon nel servizio di Graziano Motta.
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Dinanzi a più di mille membri del Comitato centrale del
Likud, cioè dinanzi al massimo organismo di rappresentatività del suo partito,
Sharon ha affermato che se – come egli ormai ritiene – sarà impossibile
riattivare il dialogo di pace con i palestinesi, avendo dimostrato essi di non
essere in grado di porre fine al terrorismo e di smantellare quadri e
infrastrutture di gruppi della rivolta armata, procederà all’attuazione del
progetto di separazione unilaterale di Israele dall’entità palestinese. Un
progetto che contempla tra l’altro l’abbandono di un numero considerevole di
insediamenti di coloni ebrei nei territori palestinesi, secondo quei criteri di
sicurezza che hanno peraltro determinato l’erezione del muro – o barriera di
separazione – nel tracciato tanto contestato dai palestinesi e criticato dalla
comunità internazionale: il 23 febbraio sarà infatti esaminato dall’Alta Corte
dell’Aja.
Sharon aveva delineato questo progetto due settimane fa e Herzljia,
suscitando reazioni ostili non solo nei partiti di estrema destra, nazionalisti
e religiosi – che fanno parte della coalizione di governo da lui presieduta e
che continuano a coltivare il sogno del Grande Israele, di uno Stato ebraico,
cioè, dalle rive del Mediterraneo a quelle del fiume Giordano e intendono
mantenere in vita gli insediamenti dei coloni – ma anche, e per le stesse ragioni,
all’interno del suo partito, al quale adesso ha detto chiaramente che andrà
avanti comunque e realizzerà il progetto.
Il discorso di Sharon ha suscitato reazioni improntate
allo scetticismo nei partiti di opposizione israeliani e decisamente ostili tra
i palestinesi: Arafat lo considera un ultimatum e una minaccia alla pace.
Per la Radio Vaticana, Graziano Motta.
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Il 12.mo vertice Saarc, l’Associazione dei paesi dell'Asia
meridionale per la
cooperazione regionale, si è concluso ad Islamabad con il riavvicinamento tra
India e Pakistan. La normalizzazione dei rapporti tra i due Paesi è stato il
segnale più importante del vertice. Il presidente
pakistano, Pervez Musharraf, e il premier indiano, Atal Behari Vajpayee, si
incontreranno ancora a febbraio. Il vertice ha sancito inoltre un accordo commerciale tra India, Pakistan,
Bangladesh, Bhutan, Nepal, Sri Lanka e Maldive. Il patto prevede la creazione
di un'area di libero scambio che riduce ed elimina in qualche caso le tariffe doganali
a partire dal 2006. Per alcuni Paesi
più poveri, come Bangladesh o Nepal, è previsto il mantenimento di dazi più
alti.
Captato
un segnale che proviene dalle scatole nere dell’aereo precipitato sabato scorso
nelle acque del Mar Rosso. Grazie ad un robot
sottomarino, in grado di raggiungere anche notevoli profondità, i
tecnici francesi giunti sul luogo del disastro sono riusciti a catturare un
segnale, anche se ancora non sono state localizzate le scatole nere.
Ufficialmente
sono solo tre i casi accertati di Sindrome respiratoria acuta in Asia.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha affermato che la donna filippina ricoverata
in isolamento avrebbe poche probabilità di essere affetta da Sars. Attesi
domani i test definitivi sulla domestica rientrata di recente in patria da Hong
Kong. Il governo di Manila ha, in maniera precauzionale, messo
in quarantena trentaquattro persone venute a contatto con la donna.
Cinque
scosse di terremoto in Iran si sono registrate durante la scorsa notte e
stamattina. La più forte, con intensità pari a 4,8 gradi della scala Richter,
ha avuto come epicentro la città di
Izeh, nel sud del Paese, ad un migliaio di chilometri dalla città di
Bam, colpita da un violento sisma il 26 dicembre scorso. Intanto, nella zona
distrutta dal terremoto, la Russia ha
inviato 34 tonnellate
di medicinali, tende, coperte e termosifoni. Si tratta del secondo invio di
aiuti umanitari deciso dal governo di Mosca.
Vicenda
Parmalat. E’ iniziato alle 9, nella Procura di Parma, l’interro-gatorio di
Fausto Tonna, l'ex direttore finanziario del colosso agro-alimentare.
Anche ieri, l’uomo era stato ascoltato per 11 ore dai pm Antonella Ioffredi e Silvia Cavallai
che indagano sul crac dell’azienda dei Tanzi. Dalle indagini emergono “buchi”
finanziari di proporzioni enormi, tanto che gli azionisti americani della
Parmalat hanno avviato una procedura legale per ottenere un risarcimento
1,5 miliardi di dollari.
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