RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVIII  n. 4 - Testo della Trasmissione di domenica 4 gennaio 2004

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Il mistero e il dono del Natale, che da il potere di diventare figli di Dio: la riflessione di Giovanni Paolo II nel primo Angelus domenicale dell’anno 2004

 

40 anni fa, Papa Paolo VI in Terra Santa: un viaggio storico.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Solenni funerali ieri in Irlanda, suo Paese natio, dell’arcivescovo Michael Courtney, nunzio apostolico in Burundi, assassinato il 29 dicembre scorso: con noi, mons. Bernard Bududira

 

L’impegno dell’Unicef per i bambini terremotati in Iran, nel resoconto di Roberto Salvan

 

Mezzo secolo di Tv in Italia: il punto sulla qualità, oggi: intervista con Aldo Grasso ed Ettore Bernabei

 

70 anni a servizio degli ammalati in pellegrinaggio a Lourdes: l’operosa attività dell’Oftal. Ai nostri microfoni, mons. Franco Degrandi.

 

CHIESA E SOCIETA’:

Aperto in Pakistan il 12.mo Vertice dell’Associazione per la cooperazione regionale nell’Asia del Sud, dedicato principalmente alla lotta al terrorismo

 

Rapporto di Crisiwatch, osservatorio indipendente sui conflitti nel mondo: 70 i Paesi a rischio di crisi e guerre

 

Il Comitato per la tutela dei giornalisti ha denunciato nel 2003 il più alto bilancio di vittime tra i reporter americani: 36 i morti, di cui 30 nel solo Iraq

 

In Etiopia crolla il tetto di un’antica chiesa cristiana scavata nella roccia: 15 le vittime accertate

 

Al via il restauro delle Mura Aureliane a Roma.

 

24 ORE NEL MONDO:

Prosegue la pietosa ricerca dei corpi delle vittime dell’incidente aereo di ieri in Egitto che ha fatto 148 morti, in massima parte turisti francesi

 

Ennesima giornata di violenza in Iraq: tre morti a Mossul. Intanto, è arrivato a sorpresa a Bassora il premier britannico Blair. E’ sempre allerta negli Stati Uniti per il rischio attentati

 

Tre milioni alle urne oggi in Georgia per le presidenziali, dopo l’era Shevarnadze: favorito nei sondaggi Saakashvili.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

4 gennaio 2004

 

IL MISTERO E IL DONO DI NATALE CHE DA IL POTERE DI DIVENTARE FIGLI DI DIO:

LA RIFLESSIONE DEL PAPA NEL PRIMO ANGELUS DOMENICALE DELL’ANNO

 

 

In una piazza San Pietro assolata e gremita di fedeli - tantissime famiglie e bambini in occasione delle festività natalizie - il Papa ha recitato il primo Angelus domenicale del nuovo anno 2004. E’ apparso in buona forma e si è rivolto ai fedeli invitandoli a meditare sul “Verbo eterno che per noi si è fatto piccolo bambino”. Il servizio è di Roberta Gisotti.

 

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“Due termini apparentemente incompatibili: ‘Verbo’ e ‘carne’”. Ad accostarli è l’evangelista Giovanni, perché “Si! Gesù è vero Dio e vero uomo. E’ l’unigenito figlio di Dio, che Giovanni e gli altri apostoli hanno ‘veduto’, ‘udito’, ‘toccato’”. Così ha commentato il Papa la liturgia odierna in questa prima domenica del nuovo anno, la seconda dopo Natale. Si tratta del Prologo del Vangelo di Giovanni, una pagina stupenda, l’ha definita il Santo Padre. “In principio –  scrive Giovanni – era il Verbo…”. Il termine greco è “logos”, ma nella mente dell’Apostolo – ha spiegato Giovanni Paolo II - il riferimento è alla ‘Sapienza’, che nell’Antico Testamento viene personificata come regolatrice del cosmo e della storia. ‘… e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio … Tutto è stato fatto per mezzo di lui’”. Poi “l’affermazione sorprendente: ‘Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi’”. “Proprio Giovanni – ha sottolineato il Papa – che fissa lo sguardo della fede sull’origine divina di Cristo, insiste con forza sulla realtà della sua Incarnazione”. “Nella sua umanità dimora tutta la pienezza della divinità”. Nel Bambino di Betlemme Dio ha dunque “rivelato pienamente il suo volto”:

 

“A quanti credono nel suo nome, Egli oggi come allora dà il ‘potere di diventare figli di Dio’ E’ questo il mistero e il dono del Natale!”

 

Infine, dopo la recita dell’Angelus, i saluti alle migliaia di fedeli riuniti in Piazza San Pietro, in particolare i fedeli della cittadina laziale Giulianello di Cori, che hanno dato vita al tradizionale corteo dei Re Magi, sfilando nei costumi tradizionali per via della Conciliazione.

 

“A tutti rinnovo gli auguri di buon anno nell’amore e nella pace di Cristo”.

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IL PRIMO VIAGGIO DI UN PAPA ALL’ESTERO,

L’ABRACCIO CON IL PATRIARCA ATENAGORA,

L’OMAGGIO AL MEMORIALE DELL’OLOCAUSTO.

40 ANNI FA PAOLO VI SI RECAVA IN TERRA SANTA: I RICORDI DI QUEL BREVE

MA INTENSO PELLEGRINAGGIO

VENGONO OGGI RIEVOCATI DALL’OSSERVATORE ROMANO

 

Esattamente 40 anni fa, Paolo VI si recava in Terra Santa. Era la prima volta che un Pontefice saliva su un aereo ed intraprendeva un viaggio che lo portava nella terra di Pietro e degli Apostoli. I ricordi di quella storica visita sono rievocati oggi da l’Osservatore Romano. “In quel pellegrinaggio rapidissimo (4-6 gennaio) – ricorda Alberto Magone – col carattere di semplicità, di pietà, di penitenza e di carità” vi furono gesti e parole che lo trasformarono in un avvenimento che, come disse il Papa, ‘può avere una grande importanza storica’”.

 

Il primo dei “gesti”  ricordati è l'incontro con il Patriarca  Atenagora, “segnato da quell’abbraccio che diceva che un’era nuova poteva e quindi doveva aprirsi, e caratterizzato da una delicatezza, certo non di galateo, tipica di Papa Montini, con quel suo volersi sedere accanto al Patriarca “su due identiche poltroncine di velluto rosso”. L'altro è “un segno forte di rispetto e di considerazione nei confronti del popolo dell'Antica Alleanza. Non potendo per la brevità del pellegrinaggio recarsi personalmente sul Monte Herzl per un omaggio al Memoriale dell'Olocausto, allora in costruzione, incaricò il cardinale Tisserant di rendere visita alla Grotta dei Martiri, dove sono ricordati i sei milioni di Ebrei sterminati dai nazisti. Un omaggio al dolore di un popolo e una condanna della violenza assunta a sistema, accompagnato però da una difesa della “memoria di quel grande Pontefice, Pio XII”, ingiustamente accusato in quei giorni anche sulla stampa israeliana, sulla scia del testo teatrale “Il Vicario” di Hochhuth.

 

Nel viaggio anche un’altra importante sosta – questa volta più intima e riservata – a Tabga, dove il Papa abbracciò e baciò la roccia dove Gesù conferì il primato a Pietro. Un silenzio totale: solo un momento di intensa preghiera ed un lungo segno di croce, dopo aver sfiorato l’acqua del lago con la mano.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

4 gennaio 2004

 

SOLENNI FUNERALI IERI IN IRLANDA, SUO PAESE D’ORIGINE, 

DELL’ ARCIVESCOVO MICHAEL COURTNEY. A PRESIEDERE IL RITO,

A NOME DEL SANTO PADRE, IL CARDINALE FRANCIS ARINZE.

ANCORA SENZA UN NOME GLI ASSASSINI DEL NUNZIO APOSTOLICO

- A cura di Roberta Gisotti -

 

 

In un clima di profonda commozione si sono svolti ieri in Irlanda suo Paese natio, i funerali dell’arcivescovo Michael Courtney, il nunzio apostolico in Burundi, assassinato lunedì 29 dicembre, a Minago. Il rito funebre, officiato nella chiesa di parrocchiale di Nenagh, nella diocesi di Killaloe, è stato presieduto a nome del Santo Padre dal cardinale Francis Arinze, che nel novembre del 2000 aveva conferito a mons. Courtney l’ordinazione episcopale proprio nella stessa chiesa dedicata alla Beata Vergine Maria del Rosario. Tra i concelebranti, il cardinale Desmond Connel, arcivescovo di Dublino e mons. Diarmuid Martin, arcivescovo coadiutore, il nunzio apostolico in Irlanda, arcivescovo Giuseppe Lazzarotto ed il presidente della Conferenza dei presuli irlandesi, mons. Sean Baptist Brady, oltre a numerosi altri vescovi del Paese. Presenti anche autorità civili,  tra cui il ministro degli Esteri del Burundi, Athanase Gahungu. 

 

“E’ tragico – ha commentato nella sua omelia il cardinale Arinze – che questo stesso testimone dell’amore di Cristo, questo ambasciatore del Papa che quotidianamente manifestava la sollecitudine del Successore di San Pietro per tutti i cittadini del Burundi, sia stato ucciso proprio dalle persone che serviva”. “Piango – ha aggiunto il porporato – per questo atroce atto di alcune persone tragicamente fuorviate in Burundi, persone  di violenza, alle quali non bisogna consentire di dare un’immagine negativa dell’intero popolo”.

 

A tale proposito i vescovi del Burundi hanno richiesto formalmente al  Governo di Bujumbura di aprire un’inchiesta per individuare ed assicurare alla Giustizia gli assassini dell’arcivescovo Michael Courtney. Intanto nel Paese africano sono circolate voci secondo le quali l’Esercito non sarebbe estraneo alla drammatica vicenda, ma non è di questo avviso mons. Bernard Bududira, vescovo di Bururi, che ha trascorso con il nunzio le ore precedenti al suo omicidio. Per il presule burundese non ci sono dubbi, i responsabili sarebbero i ribelli di etnia hutu del fronte per la liberazione nazionale (Fln). Ascoltiamolo al microfono di Bruce de Galzain:

 

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R. – AVEC LE NONCE, NOUS AVONS PASSEES 24 HEURES ...

Con il nunzio abbiamo trascorso 24 ore insieme nella parrocchia di Minago. Da domenica fino alle 14 del lunedì , anche a Minago non abbiamo udito spari. Le  inchieste sono state condotte dal curato, dai sacerdoti della parrocchia, dall’Esercito, dalla popolazione e dal procuratore, e tutti concordano: i soldati non sapevano nulla. Alla vigilia i militari avevano proposto al nunzio una scorta. Ma il nunzio ha rifiutato dicendo: rappresento il Papa, viaggerò da solo. Prima di partire dopo aver pranzato insieme ha indossato i suoi abiti, la sua croce pettorale, la sua papalina e ha detto: così se mi uccidono non si può dire che abbiano sbagliato persona. Certo non poteva sapere, forse un presentimento. L’Esercito non sapeva nulla, sapeva che i ribelli erano sulla montagne, che sulla strada non c’era nessuno.

 

D. - Lei pensa che l’Esercito abbia mancato ai suoi doveri?

 

R. – NON, PARCE QUE QUAND IL EST PARTI, ON ETAIT ...

No, perché quando il nunzio è partito eravamo insieme all’esercito. Non gli è stata data una scorta perché mons. Courtney l’aveva rifiutata, come ho detto prima. Non ci sono dubbi, questo omicidio è firmato dai ribelli, erano sulla montagna. Ed io dico: abbiamo di fronte un gruppo di terroristi, non un movimento di liberazione. La comunità internazionale deve aprire gli occhi.

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L’IMPEGNO DELL’UNICEF ACCANTO AI BAMBINI TERREMOTATI DELL’IRAN:

AIUTARLI NELL’IMMEDIATO ED OFFRIRE LORO UN FUTURO

- Intervista con Roberto Salvan -

 

 

Continua l’azione umanitaria in Iran. L’Unicef ha già inviato nella zona di Bam, la più colpita dal sisma dello scorso 26 dicembre, 4 aerei carichi di aiuti per soccorrere i 70 mila senza tetto, di cui 40 mila vivono nelle strade. L’agenzia delle Nazioni Unite ha inoltre già raccolto in Italia oltre 2 milioni di euro per finanziare la spedizione e domani nel Paese asiatico è previsto un incontro per coordinare i lavori tra le diverse ong presenti sul posto e l’Onu. Ma come è possibile, per i bambini, superare a livello psicologico questo trauma? E come si muove l’Unicef in tal senso? Benedetta Capelli ha girato la domanda a Roberto Salvan, direttore generale dell’Unicef Italia.

 

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R. – Si fanno delle interviste personali con ogni bambino, cercando di sapere da dove veniva, da quale zona della città, se c’è ancora qualcuno in vita della sua famiglia; si cerca di elaborare in qualche modo, di superare il trauma subito: molti di loro sono stati liberati dalle rovine o addirittura hanno vagato per giornate all’interno della città distrutta. Quindi, si tratta di intervistarli, di dare loro la possibilità di recuperare con calma la situazione che vivevano qualche giorno prima. Stiamo facendo questo censimento con diversi gruppi di psicologi in tutta l’area colpita.

 

D. – C’è un pericolo anche per la salute dei bambini?

 

R. – Certamente. Ora si stanno facendo delle campagne di vaccinazione per i rischi di infezione o, a causa del freddo, a malattie legate alla respirazione, quindi raffreddori e anche influenze che possono essere pericolose per i bambini che sono, purtroppo, anche in una grave situazione di denutrizione.

 

D. – Dunque, l’impegno dell’Unicef è anche un impegno a lungo termine?

 

R. – L’impegno a lungo termine è quello di ricreare, prima di tutto, nuovamente le scuole, cercare di proteggere quei bambini che sono rimasti senza famiglia ... quindi, rivedere il futuro, non pensare solo ed esclusivamente all’intervento della prima emergenza che è, sì, importante e fondamentale, ma già mettere le basi per quello che sarà e deve essere un futuro positivo per i bambini che hanno subito questo trauma. Quindi, noi pensiamo già a lavorare sulla scuola, dove purtroppo c’è il grande problema: molti insegnanti hanno perso la vita nel terremoto; cercheremo di ricreare quegli spazi a misura di bambino dove i bambini, nella prima emergenza, possono stare insieme, superare il trauma del terremoto, in qualche modo avviare da subito, immediatamente già il ritorno alla normalità. Ci vorrà un po’ di tempo: noi calcoliamo due-tre mesi. Non pensare, quindi, esclusivamente alla prima emergenza, ma porre già le basi per il loro futuro, per il futuro dei bambini.

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MEZZO SECOLO DI TV IN ITALIA:

IL PICCOLO SCHERMO VISTO DAI PROTAGONISTI E DAGLI ESPERTI

 

Si sono celebrati ieri i cinquant’anni dalle prime trasmissioni Tv in Italia. Ma quale giudizio dare sull’attuale qualità dell’offerta televisiva nel Belpaese? Sentiamo il servizio di Paolo Ondarza.

 

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(musica)

 

Chi come Buongiorno, Orsomando, Vianello è stato protagonista della Tv nascente 50 anni orsono, muove non poche critiche all’attuale programmazione del piccolo schermo.

 

R. - Un amico di famiglia che quando entra in casa certamente non usa parolacce davanti ai figli o i doppi sensi. Ecco, la televisione deve essere così.

 

R. – Questa grande volgarità che impera ormai dappertutto è una cosa che poi riscontriamo anche in tutte le altre espressioni della vita del Paese. Il più delle volte il mio televisore è spento.

 

R. – Meno aggressività quando ci sono le tavole rotonde, quando ci sono più persone a parlare.

 

Ma cosa ne pensano gli esperti? Luca Collodi ha intervistato Aldo Grasso, critico televisivo del Corriere della Sera.

 

R. – Non vorrei proprio nel 51.mo compleanno caricare come al solito la televisione di tutte le colpe. Viviamo in una società che è più aggressiva di una volta, che ha delle manifestazioni più volgari, questo indubbiamente. La televisione non fa altro che registrare. La televisione di colpe ne ha tante, però alle volte si carica di colpe per non caricare noi.

 

Che la Tv attuale non vada troppo condannata lo pensa anche Ettore Bernabei, presidente Rai per 14 anni e attuale presidente della Lux Vide.

 

R. – Io non credo che il passato sia migliore del presente, credo che il pubblico sia molto migliorato e che non ci sia stato un corrispondente adeguamento degli operatori della televisione. Il pubblico ha acquistato questa capacità di scegliere. Purtroppo guarda anche certi spettacoli deteriori, ma nell’uomo c’è anche l’istintività.

 

D. – Lei citava il reality show, che è un genere che però ha preso e sta prendendo sempre più piede con grande successo…

 

R. – E’ una brutta deformazione del grande teatro. E’ una turlupinatura del pubblico.

 

D. – In che cosa ha fatto scuola la televisione italiana in questi primi 50 anni?

 

R. – Nel riprodurre con gli sceneggiati i fatti della vita e dell’uomo, creatura di Dio.

 

D. – Ha un programma in mente tra i tanti?

 

R. – “Giovanni XXIII”, recentemente “Madre Teresa”, “Soraya”, “Leonardo” del regista Castellani, “l’Odissea” del regista Mario Rossi.

 

D. – Che cosa aspetta il futuro della televisione?

 

R. – Sempre un maggior rispetto dell’uomo come spettatore e non come consumatore.

 

D. – Lei è fiducioso al riguardo?

 

R. – Io sono fiducioso. Cominciano ad esserci delle buone università, un po’ meno in Italia, ma si sta cominciando anche qui, in modo che si possa arrivare ad avere degli operatori della televisione ben preparati, così come abbiamo dei buoni medici e dei buoni chirurghi, che possano dedicarsi ad una sfera ancor più delicata di quella del corpo umano, che è lo spirito umano.

 

E intanto la tivù italiana guarda al futuro, un futuro che con l’avvio dell’era digitale è già realtà.

 

(musica)

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DA 70 ANNI A SERVIZIO DEI MALATI IN PELLEGRINAGGIO A LOURDES:

L’OPEROSA ATTIVITA’ DELL’OFTAL

- Intervista con mons. Franco Degrandi -

 

 

Ha compiuto settant’anni di attività l’Oftal – Opera Federativa Trasporto Ammalati a Lourdes, l’associazione impegnata nell’assistenza ai disabili e ai malati in pellegrinaggio. Per celebrare questo anniversario le Edizioni Oftal pubblicano il libro “La santità è tutto”, che ripercorre la storia di mons. Alessandro Rastelli, il fondatore dell’associazione. Ma quali sono oggi i cardini dell’attività dell’Oftal? Maria Di Maggio lo ha chiesto a mons. Franco Degrandi, Presidente Generale dell’associazione.

 

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R. – Il primo cardine è la preghiera; il secondo è il servizio gratuito generoso, non soltanto nel pellegrinaggio, ma nella vita della Chiesa locale;  il terzo è l’accoglienza dei giovani, la disponibilità per i giovani, dando loro una esperienza, una capacità di introdursi nella vita, e nella vita carica di dolore, con un’apertura di cuore e con una disponibilità affettuosa che possa anche, e soprattutto, orientare le loro scelte e le loro disponibilità nella vita di oggi.

 

D. – Mons. Rastelli, il fondatore dell’Oftal, come testamento spirituale a tutti i suoi seguaci disse: “La santità è tutto”. Oggi, come si concretizza questo nell’attività dell’Oftal?

 

R. – Al piano formativo uniamo l’impegno forte della preghiera, perché senza la preghiera è difficile essere pronti ad accostare i malati e a poter dare, oltre ad un servizio gratuito volontario, il segno dell’amore di Cristo per loro.

 

D. – Vorrei che lei ci raccontasse un ricordo della sua attività all’interno dell’Oftal, a cui lei è particolarmente legato?

 

R. – Ricordo che nel 2000, nell’Anno Santo, abbiamo accolto in un pellegrinaggio di Torino un medico russo che era alle Molinette per perfezionarsi. Alcuni nostri medici lo hanno invitato a venire e lui mi ha detto subito che era completamente ateo. Io gli ho detto che era importante che lui facesse il suo servizio come medico. Ma quello che lo ha entusiasmato – continuiamo infatti a scriverci e credo che nel prossimo anno tornerà – è stata la gioia dei malati e la gioia del personale di servizio. Diceva: “Porterò nel mio cuore questa esperienza di gioia nel servizio e di gioia nella sofferenza, che non avrei mai pensato di incontrare nei miei cammini di servizio”.

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CHIESA E SOCIETA’

4 gennaio 2004

 

APERTO IN PAKISTAN IL DODICESIMO VERTICE SAARC,

ASSOCIAZIONE PER LA COOPERAZIONE REGIONALE NELL’ASIA DEL SUD,

DEDICATO PRINCIPALMENTE ALLA LOTTA AL TERRORISMO.

PER L’OCCASIONE TORNANO A PARLARE I GOVERNI DI ISLAMABAD E NEW DELHI,

DIVISI SULLA QUESTIONE KASHMIR

 

ISLAMABAD.= Si è aperto stamattina e durerà fino a martedì, il XII vertice Saarc dei sette paesi dell’Associazione dell’Asia meridionale per la cooperazione regionale. Sul tavolo di discussione la lotta al terrorismo internazionale, la creazione di una zona di libero scambio ed una carta sociale. In occasione di questo vertice, si sono incontrati il primo ministro indiano  Atal Behari Vajpayee e il suo omologo pachistano Zafarullah Jamali. Era dal 1999 che il governo di New Delhi non faceva visite ufficiali in Pakistan dati i rapporti molto tesi sulla questione Kashmir, che in più di un’occasione ha portato i due Paesi allo scontro aperto tanto da minacciare un conflitto armato. Inoltre negli ultimi due anni la tensione fra le due potenze nucleari è cresciuta particolarmente ed infatti risale al febbraio 1999 la più recente visita del capo del governo indiano a Latore, nell’est del Paese. Sebbene, prima della sua partenza dalla capitale indiana, Vajpayee avesse escluso colloqui bilaterali sul Kashmir, ieri si sono registrati i primi segnali distensivi. Durante un’intervista alla televisione pachistana, il primo ministro indiano si è detto disponibile a rivedere la questione Kashmir, che dal 1947 divide i due Paesi. Anche il presidente americano George W. Bush  ha espresso l’auspicio che il summit possa stemperare i rapporti tra New Delhi e Islamabad, in modo da favorire nuovi incontri e riaprire un dialogo interrotto da tempo. (Be.C.)

 

 

70 PAESI DEL MONDO A RISCHIO CRISI E GUERRE, E’ L’ALLARME LANCIATO

DAL BOLLETTINO MENSILE DI CRISIWATCH, OSSERVATORIO INDIPENDENTE

SUI CONFLITTI. PREOCCUPANO LE SITUAZIONI IN GEORGIA, HAITI, SUDAN E SERBIA

 

BRUXELLES.= Un monitoraggio delle zone più calde del mondo lancia l’allarme su 70 situazioni a rischio guerre. Secondo il bollettino mensile di Crisiwatch, un osservatorio indipendente sui conflitti nel mondo, presieduto dall’ex presidente finlandese Martti Ahtisaari, esistono situazioni di reale preoccupazione che potrebbero esplodere nel 2004. Il rischio guerra civile è elevato in molte zone dell’Afri-ca, come in Costa d’Avorio, una volta considerata il bastione della stabilità. In Sudan, la lotta intestina tra i ribelli dello “Spla”, Esercito di liberazione popolare, e il governo di Khartoum durata vent’anni,  sta per concludersi, ma si teme l’a-pertura di un nuovo fronte nella regione del Darfur. In America Latina, Haiti, guidata dal contestato presidente Aristide, è anch’essa nella lista dei Paesi a rischio. In Europa, è la Georgia a preoccupare maggiormente, mentre è pure peggiorata la situazione in Serbia dopo la vittoria, nelle elezioni del 28 dicembre scorso, del partito nazionalista di Vojislav  Seselj e della formazione dell’ex presidente Slobodan Milosevic. Nonostante la difficoltà nella composizione del governo, è possibile uno stop sulla via delle riforme. Secondo il bollettino, migliorano invece le situazioni in Burundi, nelle Isole Comore, in Guatemala e in Libia, dopo le aperture del leader Gheddafi che ha rinunciato ufficialmente alla costruzioni di armi di distruzione di massa. (Be.C.)

 

 

2003 NERO PER I GIORNALISTI AMERICANI, SONO 36 QUELLI RIMASTI UCCISI

DURANTE L’ANNO, 30 NEL SOLO PAESE IRACHENO. IL PIU’ ALTO BILANCIO DI VITTIME  DAL 1995.  A DENUNCIARLO, IL COMITATO PER LA TUTELA DEI GIORNALISTI

 

NEW YORK.= Quasi il doppio dei giornalisti americani, rispetto al 2002, sono stati uccisi mentre svolgevano il loro lavoro. Secondo le stime fornite dal Comitato per la tutela dei giornalisti (Cpj) che ha sede a New York, sul campo sono morti 36 reporter, 17 in più dell’anno precedente. A far salire vertiginosamente il numero dei decessi è stata la guerra in Iraq dove solo nel 2003 sono morti 30 cronisti statunitensi. E’ il più alto bilancio di vittime dello stesso Paese dal 1995 quando persero la vita in Algeria 24 giornalisti. Ann Cooper, direttore esecutivo del Comitato, ha confermato gli alti rischi nel Paese iracheno: “I corrispondenti ci hanno riferito che l’Iraq, anche nel dopoguerra, resta la destinazione più pericolosa”. Anche nel resto del mondo la situazione dei giornalisti è preoccupante, la maggioranza delle loro morti nel 2003 è stata legata al contenuto delle inchieste svolte. Nelle Filippine, 5 cronisti sono rimasti uccisi a seguito delle denunce di corruzione locale o per le osservazioni mosse ai pubblici funzionari. In Russia, l’editore di un quotidiano famoso, è stato accoltellato a morte dopo le critiche all’entourage del governo. (Be.C.)

 

 

IN ETIOPIA CROLLA IL TETTO DI UN’ANTICA CHIESA CRISTIANA

SCAVATA NELLA ROCCIA: QUINDICI LE VITTIME ACCERTATE

 

ADDIS ABBEBA:= Il crollo di un soffitto di un’antica chiesa, a 300 km da Addis Abbeba ha causato la morte di quindici fedeli ed è possibile che il bilancio della tragedia – che pure è accaduta lunedì scorso, ma è stata resa nota solo ieri – possa crescere per le difficoltà incontrate nelle operazioni di soccorso. L’incidente è avvenuto nella zona di Lalibela famosa per le sue undici chiese ortodosse scavate nei blocchi monolitici e dichiarata dall’Unesco “patrimonio mondiale dell’umanità”. Mentre i fedeli partecipavano al festival di San Gabriele, cui la chiesa è dedicata, improvvisamente il tetto è crollato. Il crollo è avvenuto nella chiesa di ‘Mewa Tsadkan Gabriel’, una delle tre più antiche volute dal re Lalibela. Questi luoghi di culto richiamano ogni anno milioni di visitatori sia per la loro particolarità architettonica che per la ricchezza di simboli e di oggetti di culto, appartenenti alla tradizione cristiana che risale al quarto secolo. (Be.C.)

 

 

AL VIA IL RESTAURO DELLE MURA AURELIANE A ROMA.

IL COMUNE HA STANZIATO 15,3 MILIONI DI EURO PREVISTI INTERVENTI

ANCHE SUGLI ACQUEDOTTI ROMANI

 

ROMA.= Cominceranno nel mese di gennaio gli interventi previsti dal Comune di Roma per riqualificare le Mura Romane, il più esteso monumento cittadino, ma anche gli acquedotti della capitale. Per l’assessore ai lavori pubblici, Giancarlo D’Alessandro, le mura “vanno a marcare il margine della città preindustriale che rappresenta un bordo da riqualificare”, così come gli acquedotti “che costituiscono un forte elemento d’identità dei quartieri semicentrali e della periferia romana”. Sulle mura verranno realizzati lavori di pulizia e restauro delle superfici ma anche opere di consolidamento di lesioni e collegamento dei paramenti distaccati. Sono previsti, inoltre,  interventi di ricostruzioni di parti crollate, la creazione di itinerari interni, a cui i visitatori potranno accedere, e di spazi da destinare a museo. In questo mese partirà il restauro di Porta Asinara nel quartiere Appio-Latino, nella zona sarà creato un percorso accessibile ai portatori di handicap che potranno visitare la torre adiacente alla porta. Sempre a gennaio si darà il via al restauro dell’acquedotto Alessandrino e dell’Arco di Sisto V. Prevista in primavera, l’opera di ricostruzione di un tratto lungo 40 metri delle Mura Gianicolensi, crollato nel 1980 all’altezza di Via Saffi. Per gli interventi, il Comune di Roma ha stanziato la cifra di 15, 3 milioni di euro. (Be.C.)

 

 

 

 

 

 

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24 ORE NEL MONDO

4 gennaio 2004

- A cura di Salvatore Sabatino -

 

E’ il giorno del dolore per la Francia, che piange i suoi 133 morti nella tragedia aerea avvenuta ieri a Sharm el Sheik, in Egitto. Proseguono incessanti le ricerche dei corpi, e nel frattempo spuntano nuovi particolari sugli ultimi istanti dell’aereo prima dell’impatto in mare:

 

“Un decollo impeccabile, una virata verso sinistra, come previsto. Poi qualcosa è successo e l'aereo ha cominciato a tremare. Il velivolo “ha  allora effettuato una virata non prevista verso destra e in quel momento ha avuto un problema. Diciassette secondi dopo si schiantava in mare”. Questi gli ultimi istanti del Boeing 737 della compagnia aerea Flash Airlines, finito nel Mar Rosso ieri subito dopo il decollo dall’aeroporto di Sharm el Sheik. A rivelare ulteriori particolari della tragedia è stato il ministro dell'aviazione civile del Cairo Ahmed Shafik sulla base dei dati forniti dalla torre di controllo dello scalo di Sharm el Sheikh. Nella notte navi della marina egiziana, elicotteri e aerei hanno continuato a cercare i corpi delle 148 vittime, fra cui 133 francesi. Compito certamente non facile, per la profondità del mare, ma anche per i pericoli legati alla massiccia presenza di squali.  Le autorità egiziane hanno comunicato che finora non è stato recuperato alcun cadavere riconoscibile, solo resti appartenenti ad una sessantina di persone.

 

Intanto la Boeing ha mandato un esperto in Egitto per collaborare alle indagini sul disastro, mentre spunta un particolare inquietante: l'Aviazione civile elvetica ha reso noto che la Flash  Airlines non era più autorizzata ad entrare nello spazio aereo svizzero dall'ottobre 2002, quando durante un controllo a sorpresa erano state rilevate “importanti mancanze”. Nel frattempo, la Francia piange i suoi morti e continuano ad arrivare da tutto il mondo messaggi di cordoglio per la tragedia. Oggi il cardinale arcivescovo di Parigi Jean-Marie Lustiger celebra a Notre Dame una messa in memoria delle vittime”.

 

Ennesima giornata di violenze in Iraq. Due iracheni sono stati uccisi ieri e un giordano è rimasto ferito nell'esplosione di una vettura utilizzata come taxi che li trasportava a Mossul nel nord del Paese. Gli inquirenti ritengono che l'esplosione sia stata provocata da un ordigno che si trovava a bordo del veicolo. Un passante iracheno è rimasto ucciso nel corso di una sparatoria tra soldati americani ed alcuni ribelli armati nella località di Hantouch, a nord di Baghdad.

  

E intanto è arrivato questa mattina in Iraq il premier britannico Tony Blair. Una visita a sorpresa a Bassora, nel sud del Paese, per incontrare le truppe britanniche dispiegate nell’area. “Il caos creato dal terrorismo e favorito dagli stati che vogliono sviluppare armi di distruzione di massa – ha detto Blair - è la minaccia da combattere anche perché questo può portare alla rottura dell'intero sistema politico ed economico mondiale”. Si tratta della seconda visita del premier britannico in Iraq dalla caduta del regime di Saddam Hussein.

 

Sempre alta l’allerta attentati negli Stati Uniti. La sede del Congresso, a Washington, è stata evacuata ieri per un falso allarme scattato in seguito la presenza di una possibile sostanza pericolosa. Questa mattina l’edificio è stato riaperto. Intanto è arrivato nella capitale statunitense il volo della British Airways proveniente da Londra, ed annullato per motivi di sicurezza per due giorni consecutivi. Era partito dallo scalo londinese di Heathrow con un ritardo di tre ore e mezzo, a causa dei severissimi controlli di sicurezza.

 

Sono circa tre milioni i cittadini georgiani chiamati oggi alle urne per scegliere il successore di Shevardnadze, l'uomo che per oltre dieci anni ha guidato l'ex Repubblica sovietica. Grande favorito è Mikhail Saakashvili, il 36enne avvocato leader del Movimento nazionale, a capo della “rivoluzione di velluto”, che ha defenestrato Shevardnadze il 23 novembre scorso, dopo giorni di protesta seguiti ai brogli nelle elezioni parlamentari di tre settimane prima. Ci riferisce Giuseppe D’Amato:

 

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L’unico dubbio della giornata è legato al tasso di affluenza che deve superare il 50 per cento più uno degli aventi diritto; si teme un forte astensionismo. Tra le tre autonomie, solo la Repubblica dell’Ajaria partecipa alle elezioni. Super-favorito della consultazione è Mikhail Saakashvili: i sondaggi lo danno all’80 per cento nelle preferenze dei georgiani. Avvocato, con un periodo di studio alla Columbia University, il candidato unico dell’opposizione è stato ministro della Giustizia ed è considerato un nazionalista moderato. L’ex presidente Shevardnadze si è già recato alle urne: “Anch’io ho votato per Saakashvili”, ha detto l’ex ministro degli Esteri di Gorbaciov. 600 osservatori internazionali sono presenti nel Paese caucasico e controllano la regolarità delle elezioni. Il 2 novembre scorso, le parlamentari furono viziate da gravissimi brogli, che dopo tre settimane di proteste portarono alle dimissioni di Shevardnadze. Oltre a Saakashvili sono quattro i candidati in lizza; uno si è ritirato poco prima dell’inizio del voto.

 

Per la Radio Vaticana, Giuseppe D’Amato.

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Infuriano le polemiche dopo le dichiarazioni del ministro israeliano Zahi Hanegbi, del Likud, riguardanti le alture del Golan, che “non torneranno mai più sotto controllo siriano”. Intanto il premier Ariel Sharon ed il ministro della difesa Shaul Mofaz hanno concordato questa mattina lo  sgombero “in tempi accelerati” di due avamposti illegali in Cisgiordania. Ce ne parla Graziano Motta:

 

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E’ un momento difficile per la coalizione di governo israeliana, sempre più divisa sulle scelte che il primo ministro Sharon è impegnato a compiere, e che vedono divisi non solo i Partiti che ne fanno parte, ma anche il principale partito, il Likud, di cui Sharon è leader. Egli ha aderito alla richiesta degli Stati Uniti, patrocinatori del processo di pace, innanzitutto di smantellare gli insediamenti illegali dei coloni ebrei in Cisgiordania, ovvero nel territorio abitato dai palestinesi. L’ultimo suo ordine riguarda quelli di Tal Benjamin, nella zona di Ofra, e di Hawat Maon, ma già è viva l’opposizione dei Partiti di estrema destra, forte la mobilitazione del movimento dei coloni e degli attivisti che intendono resistere all’operazione affidata ai militari. L’altro motivo di divisione all’interno del governo riguarda lo sviluppo dell’Altopiano del Golan, conquistato alla fine delle Guerra dei sei giorni nel 1967 e annesso allo Stato di Israele nel 1981; altopiano che ha un’enorme importanza strategica, dominando tutto il lago di Tiberiade e gran parte della Galilea e perché ricco di risorse idriche.

 

Per la Radio Vaticana, Graziano Motta.

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La Loya Jirga afghana, che riunisce i rappresentanti delle diverse fazioni politiche e tribali del Paese, ha raggiunto oggi un accordo sulla nuova Costituzione. Lo ha riferito il vice presidente della Grande Assemblea, Mirwais Yasini. L'intesa è arrivata dopo tre settimane di dibattito.

 

Dopo i segni di distensione dei giorni scorsi, torna il gelo tra Iran e Stati Uniti: il ministro dei servizi segreti di Teheran, Ali Yunessi ha escluso ieri una ''missione politica americana'' in Iran, dopo che Washington ha proposto l'invio di una delegazione, esclusivamente umanitaria, per discutere dei soccorsi alle popolazioni colpite dal terremoto del 26 dicembre scorso. ''Il governo americano – ha accusato il ministro – non ha mai accettato la realtà della Repubblica islamica, l'attuale governo in particolare ha sempre tentato di indebolire e rovesciare la Repubblica islamica ed ha classificato il nostro Paese tra le potenze dell'asse del male”.

 

La sonda americana Spirit è atterrata con successo sul pianeta Marte dopo un viaggio di sette mesi nello spazio. All'interno della sonda c'e' un veicolo-robot a sei ruote, munito di una serie di sofisticate macchine fotografiche in grado di inviare immagini spettacolari, panoramiche o da distanza ravvicinata, della superficie del pianeta. Numerosi anche gli strumenti per analizzare la polvere, le rocce e la superficie del Pianeta rosso. Tra i misteri da scoprire: l’esistenza o meno delle condizioni per sostenere una forma di vita. Spirit sarà raggiunta su Marte fra tre settimane dalla sonda gemella Opportunity, lanciata dalla Terra a un mese di distanza. Atterrerà sulla superficie opposta del pianeta.

 

 

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