RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n. 3 - Testo della
Trasmissione di sabato 3 gennaio 2004
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Alcune Ong israeliane si
mobilitano per chiedere alla Corte suprema nazionale di avviare inchieste
per ogni palestinese disarmato
ucciso
Al via un programma, voluto
dal governo brasiliano, per proteggere l’Amazzonia
Attentati dinamitardi in serie danneggiano l’oleodotto
transandino in Colombia
Ancora
caos nei cieli per l’allarme dagli usa di attacchi terroristici
Polemiche
tra il governo italiano e Romano Prodi sul semestre italiano di presidenza
europea appena terminato
Una
delegazione americana visiterà tra breve la centrale di Yongbyon, in Corea del
Nord.
3
gennaio 2004
CORDOGLIO
DEL PAPA PER LA TERRIBILE SCIAGURA AEREA IN EGITTO,
CHE HA
CAUSATO, NELLA NOTTE SCORSA, LA MORTE DI CIRCA 150 PERSONE,
IN
MASSIMA PARTE TURISTI FRANCESI
“Profonda partecipazione” e “vicinanza spirituale” nei
riguardi delle vittime “colpite dalla catastrofe aerea”. Sono questi i
sentimenti con i quali Giovanni Paolo II si è rivolto questa mattina in un
telegramma, a firma del cardinale segretario di Stato, Angelo Sodano dopo la
notizia del drammatico inabissamento del Boeing 737 avvenuto questa mattina nel
Mar Rosso. Il Papa ha raccomandato le vittime alla misericordia di Dio ed ha invocato
il sostegno divino per le famiglie dei defunti, “duramente toccate da questo
dramma”.
LE SFIDE POLITICHE ED ECONOMICHE
NEL MESSAGGIO DEL PAPA PER LA GIORNATA
PER LA PACE
“Educare alla pace
perché la pace è possibile e, dunque, doverosa”. E’ il cuore del messaggio del
Papa lanciato al mondo nell’omelia pronunciata il 1° gennaio, Giornata della
pace. In molti, a partire dal capo dello Stato italiano, Ciampi, si sono uniti
all’auspicio che gli Stati lavorino insieme per portare ad “un ordine internazionale
fondato sul rispetto della dignità umana”. E’ risuonato forte e significativo
l’appello a studiare modalità per dare più efficacia al ruolo dell’Onu ma anche
l’invito a rimuovere situazioni di ingiustizia, che rappresentano focolai di conflitti.
E poi, c’è un richiamo perfino
difficile da concepire: “non c’è pace senza perdono”. Come può la logica
evangelica del perdono essere applicata ai complicati meccanismi e processi di
politica e economia internazionali? Fausta Speranza lo ha chiesto al prof.
Riccardo Moro, presidente di “Sentinelle del mattino”, la rete di associazioni
cattoliche nata per tenere aperta la riflessione sui temi della pace e della
globalizzazione.
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R. – Io credo che perdono significhi prima di tutto
accoglienza. Quando il Papa ha detto con forza che non c’è pace senza
giustizia, che non c’è giustizia senza perdono, credo volesse sottolineare che
la giustizia è di fatto una relazione. Per
accendere una relazione reciproca abbiamo bisogno di essere disponibili
alla relazione, cioè ad un’accoglienza reciproca: questo è fondamentalmente il
perdono. E per poter perdonare, cioè accogliere gli altri anche con i loro
limiti, abbiamo bisogno di accogliere prima di tutto noi stessi con i nostri limiti.
Vale sul piano individuale delle relazioni familiari, di coppia, tra amici, ma
vale anche sul piano delle Nazioni, cioè a dire ogni Nazione, tanto più oggi in
tempi di globalizzazione, non riesce ad essere totalmente autonoma, non riesce
a garantire i diritti a tutti i propri membri, non riesce nemmeno a difendersi
dall’esterno. Allora, se noi vogliamo costruire relazioni di pace durature,
probabilmente abbiamo bisogno anche di costruire delle dinamiche istituzionali,
delle relazioni istituzionali che siano fondate su un’accoglienza reciproca. E
per questo ha senso il richiamo alle Nazioni Unite e quant’altro, un ambito in
cui prevalga non lo spirito della forza o della supremazia, ma un tavolo di
concertazione comune all’interno del quale vediamo come reciprocamente possiamo
essere utili e garantire per tutti i membri delle nostre comunità i diritti
fondamentali.
D. – Dunque, si può parlare di Stati e perdono. Ma anche
economia e perdono sono parole che
davvero si possono accordare?
R. – Certo, sembra francamente poco comune, però se
l’obiettivo vero è quello della tutela della vita dei membri della nostra
comunità, l’economia è una delle dimensioni importanti della vita della
comunità e noi dobbiamo lavorare per eliminare le dinamiche di ingiustizia. Le
ingiustizie nel mondo sono anche economiche. Conosciamo tutti lo squilibrio, la
disparità tra Nord e Sud del mondo. Se ci muoviamo in una logica in cui, per
esempio, immaginiamo dei meccanismi fiscali che garantiscano una distribuzione
più equa, noi riusciamo a creare meccanismi di giustizia. E’ chiaro che anche
in questo caso ci vuole una disponibilità reciproca, ci vuole accoglienza
reciproca. E, allora, perdono significa anche affrontare le relazioni non tanto
rivendicando, accusando, ma creando tavoli comuni per progettare, per camminare
insieme.
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UDIENZA, NOMINA ED EREZIONE DI
UNA NUOVA DIOCESI
Il Santo Padre ha ricevuto stamane l’arcivescovo Lorenzo
Baldisseri, nunzio apostolico in Brasile; l’arcivescovo Alain Paul Lebeaupin,
nunzio Apostolico in Ecuador; mons. Lucas Van Looy, vescovo eletto di Gent, in
Belgio; ed il cardinale Giovanni
Battista Re, prefetto della Congregazione per i Vescovi.
Il Papa ha inoltre nominato arcivescovo coadiutore
dell’arcidiocesi di Medan, in Indonesia, mons. Anicetus Sinaga, trasferendolo
dalla sede vescovile di Sibolga.
Giovanni Paolo II ha infine eretto la nuova diocesi di
Irapuato, in Messico, con territorio dismebrato dalll’arcidiocesi di Morelia e
dalla diocesi di León, rendendola suffraganea della Chiesa metropolitana di San
Luis Potosì ed ha nominato suo primo vescovo mons. José de Jesús Martínez
Zepeda, finora vescovo titolare di Naratcata ed ausiliare di México.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
“La
morte dell’arcivescovo Courtney seme di giustizia, di pace e di riconciliazione”
è il titolo di apertura della Prima Pagina in riferimento alla Santa Messa esequiale
celebrata a Nenagh, in Irlanda, dal card. Francis Arinze a nome del Santo
Padre. La cronaca dei funerali in un articolo del nostro inviato.
Un
articolo di Alberto Migone sul viaggio apostolico compiuto 40 anni fa in Terra
Santa da Paolo VI.
Per le
pagine estere, Iran: aumenta a 50.000 il numero delle vittime del terremoto cha
ha sconvolto il Sud-Est; il governo di Teheran respinge l’offerta di una
missione umanitaria statunitense. Sciagura aerea in Egitto: 148 morti; il cordoglio
del Santo Padre per le vittime in un telegramma a firma del cardinale Angelo
Sodano. Iraq: operazione antiguerriglia alla periferia di Baghdad.
Nelle
pagine vaticane, le celebrazioni della Giornata della Pace nelle diocesi italiane.
Nelle pagine estere, terrorismo:
annullati i voli della British Airways da Londra per Washington e Riad. Medio
Oriente: tre ragazzi uccisi da militari israeliani. Per la rubrica Atlante
geopolitico, “Nucleare: dialogo per superare le crisi” di Giuseppe M. Petrone.
Nella pagina culturale, la
recensione del volume “Giovanni Paolo II. Le vie della giustizia: itinerari per
il terzo millennio” a cura di alcuni giuristi italiani e una pagina monografica
di mons. Giuseppe Liberto sulla musica sacra.
Nelle
pagine italiane, in primo piano, il tema dell’economia.
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3
gennaio 2004
LA
SUPERVALUTAZIONE DELL’EURO PREOCCUPA LA BANCA CENTRALE EUROPEA, SOPRATTUTTO PER
I RIFLESSI SULL’INDUSTRIA DEL VECCHIO CONTINENTE
- Intervista con Fabrizio Onida -
L'euro ha proseguito la sua salita nei confronti del
dollaro arrivando a toccare per la fine del 2003 il record di oltre 1,26
centesimi di dollaro. Nel corso dell’anno appena trascorso la moneta unica
europea è cresciuta di oltre il 22% rispetto al biglietto verde. Una situazione
che comincia a preoccupare la Banca Centrale europea per gli effetti esercitati
sul commercio estero da una valuta troppo apprezzata, ma che non manca di avere
anche aspetti positivi. Il commento di Fabrizio Onida, docente di economia internazionale
alla Bocconi di Milano, intervistato da Stefano Leszczynski.
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R. –
L’apprezzamento dell’euro, in questo momento, significa che la concorrenza dei
Paesi dell’area del dollaro diventa più forte. Quindi, non solo l’industria
americana, ma anche le industrie asiatiche prevalentemente legate al dollaro
diventano più concorrenziali ed i nostri esportatori – quelli italiani e quelli
degli altri Paesi della Moneta unica – sentono il morso di questa situazione
che si ripercuote sui prezzi. A fronte di questo ci sono però dei vantaggi: il
primo vantaggio di un euro forte è naturalmente una minore ‘inflazione importata’:
ad esempio, quando il prezzo del petrolio sale da 28 a 30 dollari al barile, il
cambio dell’euro più che compensa questo aumento, quindi significa minore
aumento dei prezzi e – in ultima analisi – maggior potere d’acquisto per i consumatori.
D. – La Banca centrale europea ha comunque mostrato alcuni
segni di preoccupazione. Come si sta muovendo?
R. – La Banca centrale europea, giustamente, risente la
preoccupazione dell’industria europea in difficoltà per l’indebolimento del
dollaro. Un deprezzamento forse eccessivo in quanto altre monete – in
particolare quelle asiatiche – non contribuiscono all’indebolimento del
dollaro: il dollaro, infatti, si è deprezzato del 30 e passa per cento rispetto
all’euro, ma un po’ meno nei confronti dello yen giapponese e soprattutto non
si è deprezzato nei confronti delle monete – Cina in testa – che sono rimaste
agganciate al dollaro. Quindi, la Banca centrale europea esercita una certa
pressione affinché questi Paesi prendano in considerazione un apprezzamento
delle proprie valute. Questo scenario, se pure non nell’immediato, potrebbe
portare a una minore forza dell’euro nella misura in cui questi Paesi si
decidessero a rivalutare le proprie monete, anziché continuare ad accumulare
riserve in dollari come stanno facendo.
D. – Una diagnosi: quali i motivi di una moneta europea
così forte?
R. – Non è certamente il risultato di una manifestazione
di robustezza dell’economia europea che, per molti aspetti, invece, sappiamo
nascondere elementi di debolezza, di minore crescita della produttività e di
minore flessibilità rispetto all’industria americana.
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DOMANI,
ELEZIONI PRESIDENZIALI IN GEORGIA:
TRE
MILIONI GLI ELETTORI ATTESI ALLE URNE
- Intervista con Luigi Geninazzi -
Circa
tre milioni di elettori si recano domani alle urne in Georgia per eleggere il
nuovo presidente, dopo che l’ex capo di Stato Eduard Shevardnadze ha rassegnato
le dimissioni il 23 novembre scorso, a seguito di tre settimane di proteste di
piazza. Al voto politico del 2 novembre, infatti, Shevardnadze era stato
accusato dall’opposizione guidata da Mikhail Saakashvili di brogli e
irregolarità. Nelle elezioni di domani, indette dalla presidente ad interim
Nino Burdzhanadze, proprio Saakashvili - leader del Movimento Nazionale -
appare favoritissimo sugli altri 5 candidati. Ma cosa cambierebbe in Georgia se
davvero vincesse Saakashvili? Giada Aquilino lo ha chiesto a Luigi Geninazzi,
esperto dell’area ex sovietica del quotidiano Avvenire:
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R. – E’
favoritissimo Michail Saakashvili. Egli ha promesso, un po’ demagogicamente, di
raddoppiare stipendi, pensioni, di tassare i ricchi e soprattutto di colpire la
diffusa corruzione mandando tante gente in galera. E’ un programma che bisognerà
vedere se riuscirà a fare e soprattutto che cosa provocherà. Saakasvili è un
leader molto giovane, che ha studiato negli Stati Uniti, che conosce il mondo
ma che è fortemente nazionalista. Questo pone dei problemi perché il
nazionalismo, insieme al crimine e alla corruzione, è stato uno dei grandi mali
che ha portato la Georgia nel baratro negli ultimi 10 anni.
D. –
Saakashvili è appoggiato sia dagli Stati Uniti, sia dalla Russia. Si gioca una
lotta geo-politica per l’influenza nelle Repubbliche ex sovietiche in queste elezioni?
R. –
Certamente, perché la Georgia, anche con Shevardnadze ha privilegiato l’asse
con gli Stati Uniti e Saakashvili è decisamente su questa linea. La Russia di
Putin ha recuperato terreno prima di tutto avendo mandato il suo ministro degli
esteri Ivanov a impedire lo scoppio di una guerra civile. La Russia oggi può
dire che ha favorito la cosiddetta “rivoluzione delle rose” e può avere ancora
un ruolo da giocare in quella che ha sempre ritenuto il suo ‘cortile di casa’.
Bisogna vedere un po’ le mosse degli Stati Uniti. Certamente la dichiarazione
fatta da Rumsfeld, capo del Pentagono americano, quando è andato in visita a
fine dicembre a Tbilisi e ha detto che la Russia dovrebbe smantellare le sue
basi militari in Georgia, è un po’ una dichiarazione non dico di guerra, ma è
la riapertura di una offensiva nel Caucaso dalla guerra fredda, in cui Russia e Stati Uniti si
confrontano anche se per fortuna non con le armi dirette.
D. – In
Georgia rimane il problema dell’Ajaria, come l’Abkhazia o l’Ossezia meridionale
sempre più lontana da Tbilisi. Quale sarà la politica del nuovo presidente?
R. –
Questa regione è un nuovo ‘bubbone’ che si sta aprendo, non che l’Abkhazia e
l’Ossezia del sud, le due regioni confinanti con la Russia con desideri secessionistici
si siano calmate, però lì la Russia ha un po’ soffiato sul fuoco, un po’ ha
calmato il gioco che lei stessa aveva provocato. Qui invece c’è un leader
decisamente anti-Saakashvili, che vuole il separatismo. Vedremo se sarà
l’occasione perché riprenda il fuoco del separatismo e del nazionalismo o se
invece arriverà a più miti consigli.
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FEDE E CULTURA PER UN LUNGO VIAGGIO CHE
PARLA DI STORIA E DI PREGHIERA.
ATTESI
MILIONI DI PELLEGRINI IN GALIZIA,
PER IL
118.MO ANNO SANTO COMPOSTELANO
-
Intervista con mons. Jaime García -
Un pellegrinaggio sempre nuovo su strade antiche, che
attira ogni credente come “una chiamata alla speranza”. Tra i rintocchi a festa
del migliaio di campane dell’arcidiocesi di Santiago de Compostela, la sera del
31 dicembre 2003 il vescovo locale, Julian Barrio, ha solennemente aperto la
porta santa della cattedrale che da oltre dieci secoli è meta di pellegrinaggi
a piedi verso la tomba di San Giacomo apostolo. Dopo la Messa, concelebrata da
mons. Barrio insieme all’arcivescovo di Oviedo, Carlos Osoro Sierra, ai vescovi
galiziani e di altri Paesi, migliaia di fedeli hanno assistito verso le 19 al
rito d’apertura del grande portale in bronzo, che domina Piazza della Quintana.
Anche la mattina del primo gennaio 2004, lungo gran parte del Camino francese,
che dal Passo di Roncisvalle conduce a Santiago, uno scampanio a distesa ha
salutato il primo giorno del 118.mo Anno santo giacobeo. Al 31 dicembre, già
170 persone hanno vissuto l’esperienza del pellegrinaggio, ma saranno alla fine
milioni i pellegrini che ne avranno percorso le diverse rotte: otto itinerari
che dalla Francia, dal Portogallo e da altre direzioni confluiscono verso la
Galizia, per un totale di 1.100 km. di marcia e di preghiera. Ma quali sono le
motivazioni che spingono queste masse di fedeli a intraprendere il viaggio
verso Santiago? Risponde mons. Jaime García, delegato episcopale dei
pellegrinaggi della Cattedrale di Compostela, intervistato dal nostro
direttore, padre Ignacio Arregui:
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R. - NOSOTROS AQUI DISTINGUIMOS …
Nel calcolo dei numeri, noi distinguiamo i pellegrini che
fanno il pellegrinaggio a piedi, che è quello tipico, caratteristico di
Santiago, da quelli che partecipano a pellegrinaggi organizzati - ad esempio
dalle diocesi, dalle arciconfraternite, ecc. - da quelli ancora che vengono per
proprio conto. Per quanto riguarda i pellegrini che vengono a piedi, secondo
quanto reso noto dall’Ufficio dei pellegrini, che rilascia un attestato di
partecipazione intitolato “Compostela”, il loro numero nel 1999 è stato
esattamente di 154.613 unità. Per il 2003, non si conoscono ancora le cifre, ma
certamente saranno più alte rispetto al ‘99. Anche i pellegrinaggi organizzati
nel ’99 sono stati numerosi, complessivamente 5.526, con gruppi composti da
cento, mille e fino a 10 mila fedeli. I più numerosi sono stati quelli
italiani. Sui pellegrini che vengono per conto proprio, infine, non disponiamo
di dati.
D. – Anche qui in Italia, dove parecchi mezzi di comunicazione hanno
offerto servizi speciali sull’Anno santo compostelano, si nota un progressivo
incremento dell’interesse popolare nei riguardi del pellegrinaggio verso
Santiago. Come si spiega questa tendenza?
R. - EL FENOMENO ES MUY COMPLEJO…
Il fenomeno è molto complesso. Le ragioni sono
diverse. Nel 1885, Papa Leone XIII pubblicò, in occasione di un esame scientifico dei resti
dell’apostolo Giacomo, la Lettera Deus Omnipotens, nella quale invitava
i fedeli a recarsi in pellegrinaggio a Compostela. Da allora, i pellegrinaggi sono
divenuti sempre più numerosi. In epoca più recente, ricordiamo che Giovanni
Paolo II è giunto in pellegrinaggio a Compostela nel 1982 e nel 1989 per la
Giornata mondiale della gioventù. Anche questo è stato un fatto molto
importante, che ha dato ulteriore impulso ai pellegrinaggi. Un altro motivo è
la soddisfazione che i fedeli manifestano di ritorno da Santiago. Il loro
passaparola ha un ruolo molto importante nello spingere gli altri a partecipare
ai pellegrinaggi. Credo che la nostra società sia profondamente segnata
dall’idea cristiana del pellegrinaggio. Itinerari spirituali si trovano in ogni
parte dell’Europa e questo crea, in generale, un ambiente molto positivo. Ma possiamo
anche dire che oggi l’uomo continua ad avere un anelito religioso, che lo
spinge al cammino, al pellegrinaggio.
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MEZZO SECOLO DI
INTRATTENIMENTO ED INFORMAZIONE:
LA TV ITALIANA COMPIE 50 ANNI
- Servizio di Paolo Ondarza -
50 anni fa, il 3 gennaio 1954, la Televisione debuttava
nel mondo della comunicazione italiana, con il programma “Arrivi e
partenze” presentato da Mike Bongiorno.
Il servizio è di Paolo Ondarza.
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(intervallo Rai)
Sono le
11 di domenica 3 gennaio 1954: la Rai parte con le sue prime trasmissioni
ufficiali dai centri di Milano, Torino e Roma. Sono circa 15 mila gli apparecchi
tv diffusi nel centronord della penisola. Per il sud bisognerà attendere qualche
anno. La prima edizione del Telegiornale è interamente dedicata all’avvento di
questo nuovo potente mezzo di comunicazione. Massimo Rendina, primo direttore
del Tg dopo l’epoca sperimentale di Vittorio Veltroni.
R. – Per noi, il problema era proprio di portare l’immagine in
tempo reale di fronte al pubblico; la difficoltà era che bisognava sviluppare
la pellicola, a meno che non si fosse usciti in diretta, perché non c’era modo
di registrare!
D. – Il suo giudizio sull’informazione attuale ...
R. – Sono abbastanza critico, nel senso che tutto quello che
interessa la società industriale, la società dell’Occidente, assume un certo
valore rispetto a quello che invece è la realtà del mondo.
D. – 50 anni fa, quali erano i criteri che lei suggeriva ai suoi
giornalisti?
R. – Il grande rispetto per la persona umana.
Il
debutto del piccolo schermo fa seguito ai primi esperimenti avviati dall’Eiar
nel 1929. Il presidente Rai è Cristiano Ridomi. L’annuncio delle prime
trasmissioni da Roma ha la voce ed il volto di Nicoletta Orsomando, la cui testimonianza,
insieme a quella di Mike Bongiorno e Raimondo Vianello, è stata raccolta da
Antonella Palermo:
“Non ero molto emozionata perché televisori in Italia, a Roma poi
in particolare, ce n’erano pochissimi; la dizione doveva essere perfetta, il
modo di porgere doveva essere accattivante ma non certo intrigante ... Una cosa
abbastanza divertente che mi è capitata: noi, la sera, con la buona notte
facevamo anche l’annuncio di tutti i programmi del giorno successivo, e quindi
avevamo molti fogli in mano. Ad un bel momento, mi cade tutto e allora io, con
la massima semplicità, mi abbasso, prendo tutte le mie cose, ritorno su e dico:
‘Scusate, ma mi erano caduti i fogli, adesso vi dico quello che c’è domani’”.
“Arrivi
e Partenze” è il primo programma Rai in onda alle 14:30 e condotto da un
giovane americano, fino a quel momento inviato dagli Stati Uniti e che da
allora di strada ne farà tanta: il suo nome è Mike Bongiorno.
“Si decise di fare un grande programma per invogliare gli italiani
ad acquistare il televisore, ed io dissi: ‘Negli Stati Uniti c’è una
trasmissione che si chiama: la domanda da 64.000 dollari; potremmo fare una
trasmissione così!’. E Pugliese mi disse: ‘Ma, qui in Italia è una cosa
immorale regalare milioni!’. E io dissi: ‘Ma lo vada a vedere!’. Allora
Pugliese andò negli Stati Uniti e mi disse: ‘Hai ragione’. Decidemmo di
chiamarla ‘Lascia o raddoppia’. Partimmo con sì e no 40-50.000 televisori, e
quando decidemmo di sospendere eravamo già arrivati a 4-5 milioni di
televisori”.
Ma la
Tv del ’54 è anche Varietà: un, due, tre
è il titolo della fortunatissima trasmissione con Ugo Tognazzi e Raimondo
Vianello. Ecco come se la ricorda quest’ultimo…
“C’era il fatto di affrontare questa esperienza, ma senza drammi,
però, non capivamo l’importanza di questo mezzo. Nelle mie trasmissioni ero conosciuto
per essere un po’ cattivo, cioè per prendere in giro gli ospiti ... Il fatto è
che uno può e deve cercare di divertire senza essere volgare. La volgarità è
una strada più breve, più facile: puoi magari strappare una risata, ma alla
fine rimane la volgarità”.
50 anni
di fiction, show, sit comedies, sport e musica. Mezzo secolo che ha visto con
gli anni un’evoluzione da una Tv da
guardare ad una Tv sempre più ‘guardona’, quella dei reality show:
discussa, criticata, ma sempre più presente.
(musica)
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3
gennaio 2004
L’ASSEMBLEA
MONDIALE DELL’INDUISMO HA SMENTITO
DI
AVER COSTRETTO CON LA FORZA MILLE CRISTIANI
DELLO
STATO INDIANO DEL GUJARAT AD ABIURARE LA FEDE
DURANTE
LA SCORSA NOTTE DI NATALE
AHNMEDABAD (INDIA). = Le recenti feste natalizie non hanno portato
a nessuna “riconversione” forzata all’induismo dei cristiani dello Stato
indiano del Gujarat. La notizia, diffusa oggi dall’agenzia AsiaNews, riferisce
dell’annuncio, fortunatamente rimasto senza seguito, della riconversione di
mille cristiani all’induismo, che sarebbe dovuta avvenire durante la scorsa
notte di Natale. AsiaNews racconta anche della paura che serpeggia ad ogni
approssimarsi delle festività all’interno delle comunità cristiane locali:
paura nata in seguito alle violenze della notte di Natale del ’98, quando molti
militanti del Vhp (il Vishwa Hindu Parishad, l’Assemblea mondiale
dell’induismo) bastonarono fedeli cristiani, bruciarono Bibbie e distrussero
alcune chiese nel distretto di Dangs, a circa 1500 km a sud-est di Delhi. Il
raduno per la riconversione dei cristiani, organizzato dal Vhp, si sarebbe
dovuto svolgere nel Maharashtra, a Navapur, un villaggio tribale, ma le autorità
del Maharashtra non lo hanno permesso. Il segretario internazionale del Vhp,
Pravin Togadia, ha deciso allora di trasferire l’evento a Dalmatty, a 45
km da Ahwa, nel Gujarat, da dove ha lanciato accuse contro i missionari
cristiani, annunciando poi alla stampa che un migliaio di cristiani aveva
abiurato la propria fede per
l’induismo. Ma l’annuncio è stato prontamente smentito da T.V. Gaikwad, capo
della Chiesa del North India a Dangs. Il Gujarat ha una legge che impone fino a
3 anni di prigione e multe fino a 100 mila rupie (circa 2.200 dollari
Usa) per chiunque converte un altro con la forza o con mezzi fraudolenti. Se il
convertito è un minore, una donna, un tribale o un membro dei fuori casta, la
condanna sale a 4 anni. (A.D.C.)
ALCUNE ONG ISRAELIANE SI MOBILITANO PER CHIEDERE
ALLA
CORTE SUPREMA NAZIONALE DI AVVIARE INCHIESTE
PER
OGNI PALESTINESE DISARMATO UCCISO.
SAREBBERO
400 I MINORENNI PALESTINESI RIMASTI UCCISI
DALL’INIZIO
DELLA SECONDA INTIFADA
TEL
AVIV.= Indagare sugli omicidi perpetrati contro gli abitanti dei Territori palestinesi
inermi. E’ la richiesta che, secondo l’agenzia francese Afp, la “Btselem” - il
Centro di informazioni sui diritti umani nei Territori occupati - e
l’Associazione dei diritti civili hanno formalmente indirizzato all’Alta Corte
israeliana. La Polizia militare - è l’essenza della richiesta - dovrebbe
effettuare delle indagini nei riguardi di ogni palestinese disarmato ucciso. Da
parte delle Forze di sicurezza israeliane, intanto, è stato risposto che, nei
casi di inchieste già avviate, la procedura seguita non è sistematica, giacché
l’Intifada è da considerarsi “un conflitto armato”. Ora il governo di Ariel
Sharon, secondo la decisione della Corte, ha trenta giorni di tempo per
rispondere al ricorso presentato dalle due organizzazioni. Il Centro “Btselem”
ha fornito dati allarmanti sulla seconda Intifada: sarebbero 410 i palestinesi
minorenni uccisi, dal settembre 2000. Tra questi, 11 neonati, 90 bambini tra i
3 e i 12 anni e 304 giovani al di sotto dei 17 anni. Per il Centro di
informazioni sui diritti umani, nello stesso periodo sarebbero morte 90 donne
palestinesi di età superiore ai 20 anni. (B.C.)
AL VIA
UN PROGRAMMA, VOLUTO DAL GOVERNO BRASILIANO,
PER
PROTEGGERE L’AMAZZONIA. ENTRERA’ IN VIGORE NEI PRIMI MESI DEL 2004
ALLO
SCOPO DI FAR RIENTRARE L’ALLARME
SULLA
SITUAZIONE ECOLOGICA E SOCIALE DEL PIU’ GRANDE “POLMONE” DEL MONDO
SAN
PAOLO. = Salvare l’Amazzonia è un imperativo che il governo del Brasile deve assumere
al più presto. Secondo dati diffusi da molti enti e organizzazioni non
governative ambientali, la situazione è peggiorata sensibilmente. Più volte, in
passato, l’Amazzonia era stata oggetto di incuria amministrativa. Sotto la
legislatura di Fernando Henrique Cardoso, tra l’agosto 2001 e l’agosto 2002,
erano andati distrutti 25.500 chilometri quadrati di foresta, un tasso di
disboscamento elevatissimo, addirittura superiore al periodo del regime
militare quando si era cercato di ‘colonizzare’ l’Amazzonia. Il programma che
verrà adottato, prevede una diagnosi approfondita dei problemi endemici della
foresta amazzonica e l’adozione di nuove strategie d’intervento integrate tra
tutti i ministeri. L’obiettivo è di conciliare sviluppo economico, umano e
preservazione ambientale. Nel piano, primaria è l’attenzione verso le terre
abbandonate, sfruttate per un certo periodo dopo il disboscamento e poi
lasciate a sé stesse dopo la fine della produttività. Esempio lampante: il Mato
Grosso tra i 12 e i 15 milioni di ettari di terre abbandonate. “Uno spreco
tanto peggiore - si legge nella dichiarazione programmatica - se si considera
che mentre nuove aree sono disboscate senza sosta per l’espansione
dell’attività agricola, l’allevamento del bestiame e lo sfruttamento del
legname pregiato, gran parte delle aree già disboscate non è sfruttato in modo
adeguato”. Oltre a questi fattori, sotto accusa nel peggioramento delle
condizioni ambientali dell’Amazzonia: l’espansione delle colture di soia, i
cantieri stradali e i lavori pubblici, la nascita di nuove colonie e
l’occupazione illegale delle terre. (B.C.)
ATTENTATI
DINAMITARDI IN SERIE HANNO DANNEGGIATO L’OLEODOTTO TRANSANDINO IN COLOMBIA. LA
RESPONSABILITA’ DEGLI ATTACCHI, SECONDO LA POLIZIA LOCALE, SAREBBE DA
ATTRIBUIRE AI GUERRIGLIERI DELLE FARC.
SOSPESA
INTANTO LA FORNITURA DEL GREGGIO
BOGOTA’. = Sono quasi una
dozzina gli attentati portati nelle ultime 24 ore in Colombia contro
l'Oleodotto transandino di proprietà della Compagnia Ecopetrol. Lo riferiscono
fonti di Polizia locali, precisando che undici esplosioni - dietro le quali
secondo le Forze di sicurezza si troverebbero i guerriglieri delle Farc, le
Forze armate rivoluzionarie colombiane - si sono succedute oggi nella regione
meridionale del Putumayo e de La Balestra. In seguito agli attacchi, la Ecopetrol
ha deciso la sospensione del pompaggio del greggio ed ha inviato sul posto
alcune squadre tecniche che, scortate dall'esercito, hanno iniziato a riparare
l’oleodotto che trasporta 30 mila barili di petrolio al giorno. La polizia ritiene
che il sabotaggio, il primo dall'inizio dell'anno, sia opera del “Fronte 48”
delle Farc, già in passato coinvolto in operazioni simili ai danni di Ecopetrol
e di compagnie petrolifere statunitensi. Tra gennaio e novembre 2003, le Farc e
l'Esercito di liberazione nazionale (Eln), l'altro gruppo guerrigliero attivo
nel Paese latinoamericano, hanno compiuto 170 attacchi contro la rete degli
oleodotti colombiani. (A.D.C.)
UNO
STUDIO PUBBLICATO SULLA RIVISTA AMERICANA “THE LANCET” DOCUMENTA
CHE
NEL MONDO MEZZO MILIONE DI DONNE PERISCONO DI PARTO.
NELLA
MAGGIORANZA DEI CASI LE MORTI SONO DOVUTE
A
LESIONI FACILMENTE CURABILI
NEW YORK. = L’ultimo numero
della rivista americana “The Lancet”, che ospita una serie di studi sui
problemi di salute legati alla maternità, fornisce stime drammatiche sulle
morti per complicazioni legate alla gravidanza. Ogni anno, nel mondo mezzo
milione di donne muoiono per questi motivi, in particolare il 99% dei decessi
avviene nei Paesi in via di sviluppo. Il 25% delle donne muore a causa di
emorragie, il 15 % per infezioni, il 13% per gli aborti provocati, l’8% per la
difficoltà nell’espulsione del neonato. Tra gli studi più allarmanti, quello
sull’aborto, che secondo la rivista americana, provoca la morte di 67 mila
donne. Il dato interessante è che i decessi sono legati, almeno per il 43% ad interruzioni
di gravidanza illegali. Uno studio dell’Università di Londra denuncia la
sterilizzazione forzata di 250 mila donne in Perù, tra il 1996 e il 2000,
nell’ambito di un programma di pianificazione familiare. E’ “Medici senza
frontiere” a rilevare che sono le infezioni derivanti dalle lesioni interne,
provocate dal parto, ad elevare il numero delle morti. In molti casi se le
infezioni venissero diagnosticate per tempo, sarebbero semplici da curare. Inoltre la mortalità per emorragia
potrebbe essere ridotta somministrando un farmaco a basso costo come
l'ossitocina, che facilita il parto. Infine, il Center for Global Health and Economic
Development della Columbia University di New York richiama l'attenzione sulle
donne costrette ad emigrare dal proprio Paese - circa 35 milioni - la cui
salute riproduttiva viene spesso poco tutelata dai Paesi ospiti.
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3
gennaio 2004
- A cura di Dorotea Gambardella -
Un
aereo della compagnia egiziana Flash Air con 148 persone a bordo è precipitato
all'alba di questa mattina nel Mar Rosso a pochi minuti dal decollo. Il
velivolo, un Boeing 737, su cui viaggiavano 135 francesi e 13 egiziani, si è
inabissato a pochi chilometri da Sharm el Sheikh. Non vi sono superstiti.
Secondo fonti aeroportuali del Cairo, l'aereo era atteso a Parigi alle 9 ed era
partito da Venezia con a bordo un gruppo di turisti italiani, poi sbarcati
all'aeroporto della località balneare egiziana, dove aveva fatto scalo per
un'ora prima di ripartire per il Cairo. Un funzionario del Ministero dei
Trasporti egiziano, escludendo l’ipotesi di attentati, ha dichiarato che “il
Boeing ha avuto un incidente tecnico”. Aerei militari locali, supportati da piccole
imbarcazioni, hanno lanciato all'alba le operazioni di soccorso, ma finora non
sono stati rinvenuti che piccoli pezzi del velivolo, precipitato nello Stretto
di Tiran tra la penisola del Sinai e l'Arabia Saudita. Numerosi i messaggi di
cordoglio pervenuti al presidente egiziano, Hosni Mubarak. Quella di oggi è la
terza grande sciagura aerea che
colpisce l'Egitto negli ultimi anni. Nel maggio 2002 un Boeing 767 della Egypt
Air si era schiantato vicino all'aeroporto di Tunisi con 15 persone a bordo.
Mentre nell'ottobre di tre anni prima, un velivolo della stessa compagnia era
precipitato in mare al largo del Massachussets, provocando 138 vittime.
Si celebrano oggi a Nenagh, nel Sud dell’Irlanda, i
funerali di mons. Michael Courtney, il nunzio apostolico in Burundi ucciso
lunedì 29 dicembre. Secondo l’agenzia missionaria Misna, a quasi una settimana
di distanza dal tragico assassinio, nel
Paese africano, dove i cattolici sono il 65-70 per cento della popolazione, la
gente è ancora sotto shock. Stando alle affermazioni di un diplomatico di
Bujumbura, “l'impressione è che mons. Courtney sia stato abbandonato e senza
protezione, anche perché nei dintorni del luogo dove l'auto con le insegne del
Vaticano è stata colpita, abita molta gente, che ha visto e che sa. E che ora
si chiede perché nessuno sia intervenuto a prestare soccorso”. Intanto, il
prossimo 8 gennaio alle ore 17, il Cardinale Segretario di Stato, Angelo
Sodano, presiederà nella Basilica Vaticana una Santa Messa in suffragio
dell’Arcivescovo scomparso.
Allarme e caos nei cieli per la paura di nuovi attentati
terroristici: gli Stati Uniti sono sempre più difficili da raggiungere dagli
altri Continenti, per lo stato di allerta arancione in vigore negli Usa dal 21
dicembre. I dettagli nel servizio di Andrea Sarubbi:
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La paura di volare corre forte
nei cieli del mondo. Dagli Stati Uniti e dalla Gran Bretagna – principali
bersagli di eventuali attentati, secondo gli esperti – si è spostata anche in
Etiopia, convincendo la compagnia di bandiera ad imbarcare poliziotti armati
sui voli in partenza per l’America. Analoga decisione è stata presa dal governo
messicano, dopo la cancellazione di due voli da Città del Messico a Los
Angeles. Alla protesta delle compagnie aeree locali, che accusano Washington di
aver provocato loro ingenti perdite, risponde lo statunitense Esa Hutchinson,
del dipartimento di sicurezza interna:
“Noi dobbiamo prendere delle
decisioni pensando che su quel volo potrebbe esserci un membro della nostra
famiglia. Partendo dalle misure di sicurezza già in atto, cerchiamo di agire in
base al rischio esistente, coordinandoci con i governi degli altri Paesi. Ed
onestamente credo che le decisioni prese finora siano molto buone”.
Ma gli
sceriffi dei cieli non bastano per rassicurare il Pentagono, che negli ultimi
giorni ha chiamato in causa anche i propri caccia. Avrebbero scortato – dicono
informazioni frammentarie, non confermate ufficialmente – diversi voli di linea,
soprattutto tra gli Stati Uniti e la Francia. Il governo britannico, invece, ha
preferito non affrontare il rischio, lasciando a terra centinaia di passeggeri:
il volo pomeridiano per Washington è ormai fermo da due giorni, quello di oggi
per Riad non partirà. Un sospetto terrorista, ritiene Scotland Yard, sarebbe
pronto ad imbarcarsi per ripetere la tragica scena dell’11 settembre.
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“All'Europa è mancata l'Italia, come all'Italia è mancata
l'Europa”. È dura la critica del presidente della Commissione Europea, Romano
Prodi, che, dalle colonne di “Repubblica”, traccia un bilancio dell'anno
trascorso e punta il dito contro Palazzo Chigi. L’intervista ha suscitato le
aspre polemiche della Casa delle Libertà. Il servizio è di Luca Liverani:
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In un’intervista a Repubblica, il presidente della
Commissione europea indica nel presidente di turno appena scaduto, Silvio
Berlusconi, il primo responsabile del fallimentare bilancio europeista, e dopo
mesi di strette di mano ufficiali scoppia la polemica elettorale in vista delle
elezioni europee di giugno. Il candidato in pectore dell’Ulivo fa l’elenco
delle colpe di Berlusconi: crisi del patto di stabilità, divisione sulla missione
in Iraq, affondamento della Costituzione europea nel Vertice di Bruxelles. Ma
il professore dice la sua anche sull’euro: difende la moneta unica accusata dal
Polo di aver causato l’inflazione: in 10 Paesi su 12 non c’è stato aumento dei
prezzi. Immediata e durissima la replica del centrodestra: per il ministro
Buttiglione è un giudizio sbagliato e ingeneroso; per il coordinatore nazionale
di Forza Italia, Bondi, Prodi rappresenta la vecchia politica, ipocrita e
polverosa.
Per la Radio Vaticana, Luca Liverani.
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Riarmo atomico al centro della diplomazia internazionale e
governo di Pyongyang sempre più isolato. Giappone, Corea del Sud e Stati Uniti
chiederanno alla Corea del Nord di smantellare tutti i propri impianti
nucleari, nel corso dei prossimi incontri a sei, con la partecipazione
allargata a Cina e Russia, compresa la produzione di energia. Questo, almeno
fino a quando leader del Paese rimarrà Kim Jong Il, cui viene attribuita
l’intenzione di portare avanti programmi nucleari militari clandestini, se
disponesse di tecnologie adatte allo scopo. Per sopperire alle necessità
energetiche di Pyongyang, verrà offerta assistenza nella realizzazione di
centrali termoelettriche convenzionali. Intanto nei prossimi giorni una
delegazione americana ispezionerà la centrale di Yongbyon, in Corea del Nord. I
particolari nel servizio di Chiaretta Zucconi.
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La delegazione sarà guidata dall’ex direttore del
Laboratorio nazionale di Los Alamos, Hager, e comprenderà anche uno scienziato
dell’Università di Stanford ed esponenti del Congresso. Ma l’amministrazione di
Washington non sarà coinvolta nella visita, ha precisato oggi il Dipartimento
di Stato americano. La visita a Yongbyong, dove la Corea del Nord ha riattivato
lo scorso anno un reattore nucleare, giunge in un momento di grande stallo
degli sforzi diplomatici per la risoluzione pacifica della crisi nucleare, che
potrebbe aprire la strada alla ripresa dei colloqui multilaterali
internazionali sulla spinosa questione. Il primo round di consultazioni si è
tenuto a Pechino nell’agosto dello scorso anno ed ha visto coinvolto le Coree,
la Cina, gli Stati Uniti, la Russia e il Giappone.
Per la Radio Vaticana, Chiaretta Zucconi.
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Ancora sangue nei Territori. Tre ragazzi palestinesi sono
stati uccisi oggi nel corso di scontri con
l'esercito israeliano a Nablus, in Cisgiordania. Due giovani di 18 e 25
anni sono morti al loro arrivo in ospedale, dove erano stati trasferiti dopo
essere stati colpiti da soldati israeliani. Poco prima era stato ucciso un
adolescente palestinese di 15 anni, che
lanciava pietre contro i militari nella
città vecchia di Nablus. Rivendicato inoltre dalla Jihad Islamica, l'attacco
dinamitardo contro una jeep dell’esercito israeliano avvenuto ieri sera sempre
a Nablus.
Vicenda Parmalat. Dopo aver focalizzato ieri le indagini
sulle banche, i magistrati della procura di Milano stanno interrogando, per la
quarta volta, l’ex presidente del gruppo agro-alimentare, Calisto Tanzi. Tanzi
è nel carcere di san Vittore da sabato 27 dicembre ed è in attesa della decisione
del Gip milanese, Guido Piffer, sulla concessione degli arresti domiciliari
chiesti dai suoi difensori per motivi di salute. Intanto, sempre nell’ambito
dell’inchiesta sul gruppo di Collecchio, gli ufficiali della Polizia Tributaria
della Guardia di Finanza di Bologna stanno svolgendo delle perquisizioni nella
Banca Del Monte a Parma e nell'ufficio del presidente Franco Gorreri, che aveva
rivestito in passato diversi ruoli nella Parmalat.
Sono 35 mila i corpi delle vittime del terremoto del 26
dicembre, in Iran, recuperati finora sotto le macerie. Lo ha detto all'agenzia
governativa Irna il generale Hossein Fattahi, dei Pasdaran. I dispersi in tutto
sarebbero 50 mila.
Nella tarda mattinata il primo ministro indiano Atal
Behari Bajpayee è arrivato a Islamabad. Sul tavolo della diplomazia, la
questione dei confini del Kashmir lungo i quali si scontrano i guerriglieri
delle opposte fazioni. Si tratta della prima visita di un capo di governo indiano
in Pakistan dal 1999.
91 morti per il freddo in un weekend. Questo il tragico
bilancio dell’ultima ondata di gelo che ha investito il Bangladesh, secondo
quanto riferiscono i media locali. Gran parte delle vittime sono bambini e
anziani appartenenti alle classi più povere, che non hanno ricoveri né mezzi
per difendersi dal freddo, in particolare a latitudini dove le temperature
registrate, di poco superiori allo zero, sono inusuali.
Cinque vittime è il bilancio dell'esplosione avvenuta in
un supermercato di Florencio Varela, a 30 chilometri da Buenos Aires, in
Argentina. Ci sono inoltre cinque dispersi: quattro impiegati e una bambina di
due anni.
Durante gli scontri dei giorni scorsi con le forze armate
russe, il presidente ceceno Aslan Maskhadov è rimasto ferito nella regione di Nozhai-Iurt.
Lo riferisce l'agenzia ufficiale del governo indipendentista, precisando che Maskhadov
non corre pericolo di vita. Con il comandante militare dei ribelli Shamil
Basayev, il presidente della Cecenia è l'uomo più ricercato della Russia e
sulla sua testa è stata messa una
taglia.
Mentre si registra ancora il silenzio dalla sonda
britannica Bearle2, che avrebbe dovuto inviare i primi dati da Marte, è
previsto per questa notte l’arrivo di un robot americano, Spirit, sul pianeta
rosso. Forse sarà proprio Spirit, primo di una serie di moduli spaziali
realizzati dalla Nasa a consentire la creazione di un ponte di trasmissioni con
la terra.
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