RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVII  n. 365 - Testo della Trasmissione di giovedì 1 gennaio 2004

 

Sommario

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

L’urgenza della pace, la testimonianza di mons. Courtney ucciso in Burundi, la forza del perdono oltre al valore della giustizia, l’impegno per un nuovo ordinamento internazionale. Tutto questo nelle parole del Papa nel primo giorno dell’anno, accompagnate dall’augurio al mondo intero di prosperità e di pace

 

Oggi la Chiesa celebra la solennità di Maria Madre di Dio: con noi padre Stefano De Fiores

 

Pace, famiglia, vocazioni al centro delle parole del Papa ieri al Te Deum di ringraziamento nella Basilica di San Pietro

 

Le radici cristiane dell’Europa e il dialogo ecumenico al centro del messaggio del Papa per l’avvio dell’Anno Santo a Santiago de Compostela.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

In 300 chiese di Amburgo si è svolta, la scorsa notte, la veglia di preghiera promossa dalla Comunità di Taizè: ce ne parla frère Marek

 

Dalla crisi irachena al dibattito sulla riforma del Consiglio di sicurezza: per le Nazioni Unite il 2003 è stato un anno lungo e difficile. Intervista con Maria Rita Saulle

 

Una esperienza concreta di educazione alla pace dal gruppo teatrale di giovani arabi ed ebrei  attivo nell’Alta Galilea: con noi Angelica Calò Livné.

 

CHIESA E SOCIETA’:

Marce e momenti di preghiera per la pace in oltre 200 città del mondo promosse oggi dalla Comunità di Sant’Egidio in occasione della Giornata mondiale per la pace

 

Il pensiero di pace di mons. Courtney, il nunzio apostolico ucciso tre giorni fa in Burundi, dovrebbe essere rilanciato dai media. Questo l’appello di mons. Pierre Christophe, nella messa funebre celebrata ieri

 

Genova e Lille nominate dall’Ue “Capitali europee della cultura 2004”

 

Il 2004 è stato proclamato dall’Onu “Anno internazionale del riso” e “Anno di commemorazione della lotta contro la schiavitù e della sua abolizione”

 

La pace nel nord dell’Uganda sia impegno di tutti: questo, in sintesi, il messaggio dei leaders religiosi letto ieri al termine della marcia della pace svoltasi nella città di Gulu

 

24 ORE NEL MONDO:

In Irak morto un civile iracheno nei pressi di Kirkuk

 

In Iran dalle macerie sono state tratte in salvo ieri 11 persone

 

Ricorre il bicentenario dell’indipendenza di Haiti in una situazione di precarietà sociale e  tensione politica.

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

1 gennaio 2004

 

 

L’URGENZA DI EDUCARE ALLA PACE, LA TESTIMONIANZA DI MONS. COURTNEY

UCCISO IN BURUNDI, LA FORZA DEL PERDONO OLTRE AL VALORE DELLA GIUSTIZIA, L’IMPEGNO PER UN NUOVO ORDINAMENTO INTERNAZIONALE.

TUTTO QUESTO NELLE PAROLE DEL PAPA ALL’OMELIA E ALL’ANGELUS,

ACCOMPAGNATE DALL’AUGURIO AL MONDO INTERO DI PROSPERITA’ E DI  PACE,

NELLA FESTA DI MARIA MADRE DI DIO, GIORNATA MONDIALE DELLA PACE

 

L’urgenza di educare alla pace, la testimonianza evangelica di mons. Courtney ucciso in Burundi nei giorni scorsi proprio mentre svolgeva la sua missione per il dialogo e la riconciliazione, il valore del perdono oltre a quello della giustizia e delle solidarietà, l’impegno per un nuovo ordinamento internazionale che metta a frutto l’esperienza dell’Onu. Di tutto questo ha parlato il Papa all’Omelia della Messa in San Pietro nella solennità di Maria Madre di Dio che la Chiesa celebra nella prima giornata  del nuovo anno, proclamata giornata mondiale della pace. Il servizio di Fausta Speranza.

 

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Che il 2004 sia “per  tutti un anno di prosperità e di pace”. E' l'augurio con cui Giovanni Paolo II ha aperto l'omelia della Messa. “Di fronte alle situazioni di ingiustizia e di violenza e al permanere di conflitti armati spesso dimenticati diventa indispensabile costruire insieme vie per la pace”: è quanto  ha affermato ricordando il cuore del messaggio per questa giornata: “un impegno sempre attuale: educare alla pace”. E Giovanni Paolo II ha voluto ricordare che tutto ciò si “riallaccia idealmente” al suo appello fatto all’inizio del Pontificato in cui ribadiva “l’urgenza e la necessità di formare le coscienze alla cultura della pace”. Ancora una volta è tornato a ribadire con convinzione e forza la necessità di difendere la pace.

 

“Poiché la pace è possibile - ho voluto ripetere -  essa è doverosa”.

 

E’ un valore evangelico fondamentale del quale si è fatto testimone particolare mons. Michael Aidan Courtney, il nunzio apostolico in Burundi tragicamente ucciso qualche giorno fa.

 

“... mentre svolgeva la propria missione a favore del dialogo e della riconciliazione. Auspichiamo che il suo esempio ed il suo sacrificio portino frutti di pace in Burundi e nel mondo”.

 

Come ogni anno – ha proseguito il Papa – nel tempo di Natale si torna idealmente a Betlemme, ma “la Terra in cui nacque Gesù continua, purtroppo, a vivere in condizioni drammatiche”. E “anche in altre parti del mondo non si spengono i focolai di violenza e i conflitti”.

 

“Occorre però perseverare senza cedere alla tentazione della sfiducia”.

 

E’ necessario uno sforzo di tutti: è questo l’invito “perché siano rispettati i diritti fondamentali delle persone attraverso una costante educazione alla legalità”. Ma anche per fare un salto – ha suggerito il Papa – dalla “logica semplice della giustizia a quella del perdono”. Perché “non c’è pace senza perdono”.  E il pensiero di Giovanni Paolo II è andato alle Nazioni Unite e alle prospettive da studiare per assicurare un ordinamento sempre più in grado di “dare ai problemi di oggi soluzioni adeguate”. L’obiettivo ultimo è la costruzione di quella “civiltà dell’amore” che potrà assicurare “una pace autentica e duratura”, perché – ha ricordato il Papa – “l’amore è la forma più alta e più nobile di rapporto degli esseri umani”.

 

E all’Angelus rivolgendo “al mondo intero” l’augurio che il Signore conceda “pace a tutti i popoli”, come recita l’antica benedizione biblica che risuona nella Liturgia di oggi, il Papa ha chiamato tutti ad assumersi le proprie responsabilità. “La pace – ha detto - è un dono di Dio ma anche un progetto alla cui realizzazione ciascuno deve dare il proprio contributo”. “Buon Anno a tutti” – ha augurato il Papa:

 

“A voi, qui presenti, e a tutti coloro che ci seguono attraverso la radio e la televisione il mio più cordiale augurio di prosperità e di pace”.

 

Un saluto particolare ha rivolto il Papa al presidente della Repubblica italiana, ricambiando gli auguri espressi ieri sera da Carlo Azeglio Ciampi. E, dopo essersi espresso nelle varie lingue, ha rivolto un pensiero alla marcia promossa dalla Comunità di Sant’Egidio, ai giovani dell’Opera Don Orione, alle famiglie del Movimento dell’Amore Familiare che in questa notte di Capodanno hanno vegliato pregando per la pace, ai membri di Millennium Christi. 

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OGGI LA CHIESA CELEBRA LA SOLENNITA’ DI MARIA MADRE DI DIO:

DEL PROFONDO SIGNIFICATO TEOLOGICO CI PARLA PADRE STEFANO DE FIORES

 

Oggi, 1° gennaio,  la Chiesa celebra la solennità di Maria Santissima Madre di Dio. Il dogma fu proclamato dal Concilio di Efeso del 431 che dichiarava solennemente Maria Madre del Verbo incarnato e non solo dell’uomo Gesù. La solennità di Maria Santissima Madre di Dio è la prima festa mariana comparsa nella Chiesa occidentale. Celebrata fin dal VI secolo in collegamento con le festività natalizie, nel 1968 venne associata da Paolo VI alla Giornata Mondiale della Pace di cui Maria è Regina. Ascoltiamo, nell’intervista di Maria Di Maggio, padre Stefano De Fiores, ordinario di mariologia presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma.

 

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R. – Maria Madre di Dio significa che veramente Dio si è fatto carne, è venuto ad abitare in mezzo a noi. Come dice Sant’Agostino, la maternità divina di Maria è il fondamento di tutta la salvezza. Se Maria fosse fittizia, non fosse vera –dice Agostino – sarebbero fittizie e non vere anche le cicatrici della Passione. Gesù non ci avrebbe salvato. Invece, per il fatto che Maria è veramente la Madre di Gesù, Gesù ha assunto la natura umana, ha assunto quel corpo che poi offre sull’altare della Croce per il bene dell’umanità. E l’umanità deve sentire un debito inestinguibile verso la Madre del Signore. Il carisma fondamentale del Cristianesimo dovrebbe essere proprio questo della maternità divina di Maria.

 

D. – Per noi, oggi, che cosa vuol dire, che cosa significa la maternità divina di Maria?

 

R. – Significa che Dio ha voluto avere una madre e cioè manifestare la paternità di Dio attraverso la tenerezza della madre. Abbiamo la Vergine della Tenerezza, un’icona russa molto conosciuta, che in pratica rivela nello sguardo e nell’affetto tra la Madre e il Figlio la tenerezza infinita di Dio per l’umanità.

 

D. – Oggi è anche la XXXVII Giornata mondiale della pace. Qual è il messaggio di pace di Maria?

 

D.- Certamente ci sono tanti legami, perché la Madre di Dio è la donna dell’Alleanza. L’Alleanza è un’alleanza di pace. Poi, è Madre di Gesù e Gesù, come dice la Scrittura, è la nostra pace. Quindi, si identifica con la pace. Non è solamente il Principe della pace, ma è la pace in persona. E allora che cosa dobbiamo fare noi? Dobbiamo essere educati, come dice il Papa, ad una cultura di pace. E questo vuol dire, innanzitutto, togliere dal nostro cuore ogni aggressività verso l’altro e, piuttosto, accettare l’altro in quanto altro. Questo è veramente il primo passo. Il secondo è costruire la pace. Dice Gesù: Beati gli operatori di pace, i costruttori di pace. Gesù viene a darci questa indicazione e questa urgenza: dobbiamo non solo essere operatori di pace, ma dobbiamo diventare, ognuno di noi, pace. E’ in questo senso che Maria è la nostra pace. In Maria abbiamo una icona di una persona pacificata completamente con Dio e con gli uomini, totalmente relativa  a Dio e agli uomini per il bene dell’umanità.

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PACE, FAMIGLIA, VOCAZIONI AL CENTRO DELLE PAROLE DEL PAPA IERI AL TE DEUM

DI RINGRAZIAMENTO NELLA BASILICA DI SAN PIETRO, GREMITA DI FEDELI

 

Nella Basilica di San Pietro gremita di fedeli, ieri nel tardo pomeriggio, è stato cantato il Te Deum di ringraziamento durante i primi Vespri della Solennità di Maria Madre di Dio presieduti dal Papa. Pace, famiglia e vocazioni sono stati al centro delle parole di Giovanni Paolo II, come ci riferisce Benedetta Capelli.

 

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(musica)

 

E’ stata una cerimonia intensa nella quale il Papa ha ricordato come, a conclusione dell’anno civile, la liturgia vespertina diventi ringraziamento e lode per tutti i doni del Signore da noi ricevuti, sempre superiori alle nostre infedeltà. Nell’omelia ha fatto cenno all’ideale incontro tra l’anno solare e quello liturgico al cui centro è Cristo.

 

“Cristo è il centro della storia del cosmo, è il nuovo sole apparso nel mondo sorgendo dall’alto, un sole che è tutto o niente verso il fine ultimo della storia”.

 

Rivolgendosi in particolare ai fedeli di Roma, ha sottolineato la presenza nella Basilica dell’Icona della Madonna del Divino Amore. Nella corona di Maria il Papa ha fatto incastonare cinque gemme per i cinque nuovi misteri della luce del Rosario. Alla Vergine ha affidato il compito di vigilare sulla diocesi romana, sui giovani e sulle nuove vocazioni. Ha sottolineato l’attualità dell’esortazione apostolica Familiaris Consortio del 1981, in cui scriveva: “L’avvenire dell’umanità passa attraverso la famiglia”.

 

“Affido alla Madre di Dio e a San Giuseppe suo sposo la mia preghiera a Gesù. Possa la famiglia rispondere sempre più pienamente al progetto che Dio ha per lei da sempre”.

 

Infine, si è rivolto alla Vergine Maria, Regina della pace, chiedendo di ottenere giorni di pace per la città di Roma, per l’Italia, per l’Europa e per il mondo intero.

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LE RADICI CRISTIANE DELL’EUROPA E IL DIALOGO ECUMENICO AL CENTRO

DEL MESSAGGIO DEL PAPA PER L’AVVIO DELL’ANNO SANTO

 A SANTIAGO DE COMPOSTELA

- Servizio di Paolo Ondarza -

 

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“Il pellegrinaggio giacobeo rimanda alle origini spirituali e culturali del Vecchio Continente: Chiesa ed Europa sono due realtà intimamente correlate  nella loro essenza e nel loro destino”. Sono le parole di Giovanni Paolo II nel messaggio in occasione dell’apertura oggi dell’Anno Santo Compostelano in Spagna. “Dobbiamo riaffermare che il Vangelo è ancora un riferimento fondamentale per l’intero Continente”, afferma il Papa rievocando le due occasioni in cui si è recato a Santiago de Compostela, nota anche come “capitale dell’Unione europea”.

 

Il Papa chiede che il tradizionale pellegrinaggio di Santiago “non perda mai la sua dimensione spirituale. Qualunque iniziativa volta a snaturare o adulterare il suo carattere prettamente religioso - afferma - sarebbe una mancanza di rispetto nei confronti delle sue antiche origini”. “Prima che un marciante, il pellegrino è un credente che attraverso questa potente esperienza di vita, con lo sguardo fisso all’intrepido apostolo Giacomo, desidera seguire fedelmente il Cristo”. E l’incontro col Risorto è proprio l’essenza del pellegrinaggio giacobeo: l’incontro con il perdono di Dio misericordioso attraverso cui il pellegrino è chiamato a rivestire “l’uomo nuovo”. E Giovanni Paolo II ricorda il caratteristico rito del Botafumeiro, un turibolo oscillante per tutta la navata della cattedrale di Compostela a simboleggiare l’universalità del perdono divino.

 

Il pellegrinaggio – sottolinea il Papa – costituisce “uno spazio e un tempo per il dialogo, la riconciliazione e la pace”; un impulso al dialogo ecumenico d’accordo con la vocazione universale della Chiesa. Riflettendo sul valore salvifico della fatica, caratteristica tipica del pellegrinaggio, il Papa invita la società europea ad una maggior attenzione per il fenomeno delle migrazioni. Infine, Giovanni Paolo II esprime l’augurio che la vitalità dell’evento giubilare, caratterizzato tra l’altro dalla riunione della Commissione Episcopale dell’Unione Europea e dall’Incontro Europeo dei Giovani, raggiunga fraternamente l’America e gli altri continenti.

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OGGI IN PRIMO PIANO

1 gennaio 2004

 

 

 

 

IN 300 CHIESE DI AMBURGO SI È SVOLTA, LA SCORSA NOTTE,

LA VEGLIA DI PREGHIERA PROMOSSA DALLA COMUNITÀ DI TAIZÈ

- Intervista con frère Marek -

 

Tra le varie iniziative promosse per la pace è bello registrare la veglia di preghiera organizzata ad Amburgo dalla Comunità di Taizè, dove è in corso fino a domani l’annuale incontro europeo. Ascoltiamo in proposito frère Marek al microfono di Amedeo Lomonaco:

 

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R. – Ieri sera si è svolta la preghiera per la pace e tutte le chiese di Amburgo si sono riempite di giovani. I giovani hanno pregato fino a mezzanotte per la pace nel mondo, anticipando in questo modo la Giornata mondiale della pace. Dopo questa veglia di preghiera, i giovani hanno festeggiato il 2004 con la ‘Festa delle Nazioni’. In ogni parrocchia, infatti, ci sono giovani di diverse nazionalità e questa festa è stata molto semplice ma gioiosa.

 

D. – Recentemente frère Roger, fondatore della Comunità di Taizè, ha lanciato un appello ai giovani: “Diventate portatori di pace con le vostre umili vite”. Qual è oggi la forza di questo appello nel terzo millennio?

 

R. – Il fatto che non solo i “grandi” di questo mondo costruiscono la pace. Frère Roger ha sottolineato molto, questa volta, che questo umile impegno è importante e che il senso di questi piccoli sforzi è nell’umile preghiera. Proprio ieri sera ha parlato del significato di una preghiera semplice e della bellezza di una preghiera comune.

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DALLA CRISI IRACHENA AL DIBATTITO SULLA RIFORMA DEL CONSIGLIO

DI SICUREZZA:  PER LE NAZIONI UNITE IL 2003 E’ STATO UN ANNO LUNGO E DIFFICILE

- Intervista con Maria Rita Saulle -

 

Nell’Omelia di oggi il Papa ha voluto sottolineare che si sente “la necessità di un nuovo ordinamento internazionale che metta a frutto l’esperienza e i risultati conseguiti in questi anni dalle Nazioni Unite”. Tutto in vista della costruzione della pace e il Papa ha indicato ancora una volta anche le vie da attraversare: soluzioni che assicurino “la dignità della persona umana”, “lo sviluppo integrale della società”, “la solidarietà tra Paesi ricchi e Paesi poveri”, “la condivisione delle risorse”. L’anno appena concluso per le Nazioni Unite è stato contrassegnato da momenti difficilissimi: primo fra tutti, il gravissimo attentato alla sede di Baghdad, il 19 agosto scorso. Proprio la crisi irachena, culminata in un conflitto non legittimato dall’Onu,  ha vissuto i suoi passaggi cruciali e drammatici al Palazzo di Vetro. E’ aperto, dunque, il dibattito sulla riforma del Consiglio di Sicurezza e, più in generale, della macchina organizzativa dell’Onu. Più volte lo ha ricordato anche lo  stesso segretario generale, Kofi Annan. Sulle prospettive di cambiamento, Alessandro Gisotti ha intervistato Maria Rita Saulle, professoressa di diritto internazionale all’Università di Roma la Sapienza:

 

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R. – Le Nazioni Unite si dovrebbero, innanzitutto, democratizzare un po’ di più, attraverso l’abolizione del diritto di veto e poi anche con l’inserimento dell’Unione Europea. Certamente, questo andrebbe a modificare l’assetto del Consiglio perché membri permanenti come la Francia e la Gran Bretagna dovrebbero essere sostituiti da questo seggio unitario. E’ molto difficile modificare lo Statuto. E’ difficile perché ci sono delle maggioranze che devono essere create, poi c’è la questione delle ripetizioni di voto, e via dicendo. Bisogna superare questo tipo di impasse, queste limitazioni e procedere sul piano politico, cioè ottenere la coesione massima degli Stati e arrivare alla riforma della Carta delle Nazioni Unite.

 

D. – Come nel caso della guerra in Kosovo, nel 1999, anche in Iraq l’intervento militare non è stato legittimato dal Consiglio di Sicurezza. Poi, però, Bush è tornato al Palazzo di Vetro per cercare un consenso multilaterale sulla ricostruzione post-bellica. Che lezione ne possiamo trarre?

 

R. – Innanzitutto, che c’è sempre bisogno di qualcosa di “superiore” per arrivare poi a ricostruire una pace cosiddetta “universale”. C’è stata un’emarginazione voluta, specialmente nella guerra contro l’Iraq, ma anche in quella del Kosovo. Si è trattato poi di vedere cosa fare e la soluzione che il presidente degli Stati Uniti si è immaginato è stata quella di ricorrere alle Nazioni Unite le quali hanno adesso un ruolo sostanzialmente umanitario che dovrebbe in fondo essere secondario nella dinamica e nelle competenze dell’Onu, perché il ruolo primario dell’Onu dovrebbe essere quello politico di mantenimento della pace e della sicurezza internazionale. Questo sta a dimostrare che c’è bisogno di qualcosa che sia al di fuori e al di sopra delle parti. Le Nazioni Unite allora hanno previsto una risoluzione che implica la creazione di un ordine in Iraq. L’Onu si è adeguato a queste richieste, applicando agli atti multilaterali una regola che vale per i Trattati, cioè quella del rebus sic stantibus, cioè  stando così le cose…

 

D. – Fin dalla sua nascita, l’Onu è in prima linea nella difesa e nella promozione dei diritti umani. Quali sono stati i risultati ottenuti su questo fronte, nell’ultimo anno?

 

R. – Abbiamo visto che le violazioni dei diritti umani ci sono un po’ dappertutto, non soltanto dove le popolazioni vengono oppresse da dittatori ma anche dove vengono catturati prigionieri. Le Nazioni Unite hanno avuto il grande merito di avere promosso e adottato la Dichiarazione universale dei diritti umani del ’48 e tutti gli strumenti internazionali successivi. Abbiamo abbastanza strumenti internazionali delle Nazioni Unite, non ultima la Convenzione dei migranti che è entrata in vigore quest’anno ma che era stata adottata dall’Onu nel 1990. Abbiamo una serie di strumenti che necessitano, però, di un’applicazione concreta.

 

D. – Quanto è importante l’istituzione di una Corte penale internazionale, per la difesa dei diritti umani?

 

R. – Indubbiamente, il fatto che esista una Corte indica un grande progresso nella mentalità, nella disponibilità degli Stati. Dovrebbe anche funzionare come deterrente, ma la Corte da sola non basta. D’altra parte, il progresso che è stato compiuto in questi decenni è dovuto ad un approccio che non è soltanto teorico, ma è un approccio culturale, per un cambiamento di mentalità in grado di diffondere e promuovere i diritti umani. Per poterli rivendicare, bisogna infatti conoscerli.

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ATTRAVERSO LA RAPPRESENTAZIONE TEATRALE, IN ISRAELE UN GRUPPO

DI GIOVANI ARABI ED EBREI SPERIMENTA L’INVITO DEL PAPA A EDUCARE

 E A EDUCARSI ALLA PACE. IL GRUPPO TEATRALE CHE VIVE NELL’ALTA GALILEA L’ESPERIENZA DIRETTA DEL DIALOGO SI CHIAMA “ARCOBALENO”

- Intervista con Angelica Calò Livné -

 

Nel suo messaggio per la giornata di oggi, il Papa ricorda l’importanza dell’educazione alla pace. Nella terra d’Israele troviamo un esempio proprio di questo tipo di impegno. Una donna, Angelica Calò Livné, ha creato una compagnia teatrale dove ragazzi arabi ed ebrei imparano il significato del dialogo  non in teoria ma attraverso l’esperienza vissuta e la sua ricostruzione nella finzione teatrale. Lo spettacolo che hanno messo in scena si chiama Bereshit, che significa “in principio”. Il servizio di Debora Donnini:

 

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Si potrebbe definire una vera e propria strategia di pace: si chiama “Teatro dell’arcobaleno”, perché l’arcobaleno rappresenta un insieme di diversità che crea una meraviglia. E questo è il sogno che si è avverato di Angelica Calò Livné, ebrea di origine italiana che vive assieme al marito ed ai quattro figli nel kibbutz Sasa, nell’Alta Galilea. Una zona difficile, dove i colpi degli hezbollah fanno tremare ma anche dove Angelica non ha perso la speranza di impegnarsi in prima persona per la pace.

 

Dopo avere insegnato in diverse scuole, da un anno ha creato questa compagnia con 25 ragazzi dai 14 ai 20 anni. Tra loro ci sono ebrei religiosi, arabi, cristiani, musulmani circassi e drusi, insieme per imparare la pace. Ma in che cosa consiste lo spettacolo che hanno portato quest’anno anche in Italia? Ce lo spiega la stessa Angelica:

 

R. – Abbiamo allestito questo spettacolo che racconta di due gruppi che  all’inizio sono tutti vestiti di bianco, poi scoprono di essere in realtà uno arancione e l’altro viola. Appena lo scoprono cominciano naturalmente e in maniera automatica a farsi guerra. E’ come se la differenza portasse la guerra. Però, attraverso lo spettacolo, che dura 25 minuti, scoprono come sia possibile arrivare al dialogo. Ognuno ha una maschera. Piano piano, due si staccano, si tolgono lentamente ognuno la sua maschera dopo essersi conosciuti, perché, quando ci si conosce, ci si può avvicinare, ci si può parlare, si può vivere insieme.

 

D. – I ragazzi, che per 10 giorni sono andati in giro per l’Italia portando il loro spettacolo, dovrebbero tornare a Milano fra il 29 marzo ed il 4 aprile. Sono ragazzi con esperienze e storie tanto diverse tra loro. Come hanno vissuto questo ‘costruire il dialogo’?

 

R. – Un esempio bellissimo: una delle mamme dei ragazzi, un’ebrea religiosa, mi ha telefonato dal Moshad qualche giorno fa, mi ha detto che il figlio le aveva fatto leggere il suo diario. Un altro ragazzo arabo di Fassouda gli aveva scritto: “Al mio piccolo fratello ebreo Michael con tanto affetto, Sharif”. Questa madre, in lacrime dall’emozione, mi ha chiamato per dirmi che questa era la cosa più bella che aveva letto.

 

Da una terra dove non c’è pace arriva dunque il messaggio del Teatro dell’Arcobaleno. Arriva dai giovani e da chi non ha smesso di sperare.

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CHIESA E SOCIETA’

1 gennaio 2004

 

 

MARCE E MOMENTI DI PREGHIERA PER LA PACE IN OLTRE 200 CITTA’ DEL MONDO

PROMOSSE OGGI DALLA COMUNITA’ DI SANT’EGIDIO IN OCCASIONE

 DELLA GIORNATA MONDIALE PER LA PACE

 

ROMA.= “Pace in tutte le terre”. Questo lo slogan dell'iniziativa che, per il secondo anno consecutivo, la Comunità di Sant'Egidio ha promosso, coinvolgendo oltre 200 città di 70 Paesi nei diversi continenti. A Roma, stamani, in occasione della Giornata mondiale per la Pace, è stata organizzata una marcia che ha visto la partecipazione di circa diecimila persone, che da Piazza della Chiesa Nuova hanno raggiunto Piazza San Pietro per assistere all’Angelus del Papa. All’evento, hanno partecipato ragazzi, adulti e anziani, desiderosi di “sostenere le parole del Pontefice e la sua sollecitudine per la pace nel mondo, ancora troppo diviso e segnato da guerre, ingiustizie, povertà e violenze”, ha spiegato Mario Marazziti, portavoce di Sant’Egidio. Molteplici le manifestazioni in programma in tutto il mondo: dalla marcia e firma dell’appello per la pace a Ouagadougou, in Burkina Faso, alla preghiera a Kumasi, in Ghana; dalla videoconferenza in Guinea Conakry alla marcia di Hong Kong in Cina, in un’ideale abbraccio per invocare la fine del terrorismo, per testimoniare con forza il rifiuto di una cultura di violenza che domini la vita dei popoli e per esprimere l'esistenza di una volontà di pace, non rassegnata all'inevitabilità della guerra. (D.G.)

 

 

IL PENSIERO DI PACE DI MONS. MICHAEL COURTNEY,

IL NUNZIO APOSTOLICO IN BURUNDI UCCISO TRE GIORNI FA, DOVREBBE ESSERE RILANCIATO DAI MEDIA. E’ L’APPELLO LANCIATO DI MONS. PIERRE CHRISTOPHE,

NELLA MESSA FUNEBRE CELEBRATA IERI

 

BUJUMBURA.= “La pace in Burundi deve passare necessariamente attraverso il rispetto degli accordi firmati tra le parti in conflitto”. Questo pensiero di mons. Michael Courtney, il nunzio apostolico ucciso tre giorni fa a qualche decina di chilometri da Bujumbura, è stato ricordato ieri da mons. Pierre Christophe, nunzio apostolico di Kampala e sostituto dello scomparso, che ha presieduto la Santa Messa funebre concelebrata dai vescovi burundesi. Il presule ha letto anche altri paragrafi del messaggio che il suo predecessore aveva preparato per oggi, “Giornata mondiale per la pace”, e che sono stati trovati tra i documenti del suo computer. Mons. Christophe ha, poi, chiesto che l’insegnamento di mons. Courtney venga rilanciato da tutti i mezzi di informazione. Intanto è stata confermata da una fonte dell’agenzia Misna la notizia dell’ultimatum lanciato dai ribelli delle Forze nazionali di liberazione (Fnl) a mons. Simon Ntamwana, presidente della Conferenza episcopale burundese, che due giorni fa aveva attribuito la responsabilità dell’assassinio proprio alle Fnl. Al presule è stato intimato di lasciare il Paese africano in tre giorni. (D.G.)

 

 

GENOVA E LILLE NOMINATE DALL’UE “CAPITALI EUROPEE DELLA CULTURA 2004”.

NUMEROSE LE MANIFESTAZIONI IN PROGRAMMA. DIVERSI I GEMELLAGGI.

TRA GLI EVENTI DI SPICCO, LE MOSTRE CHE LE DUE CITTA’ DEDICHERANNO A RUBENS

 

LILLE–GENOVA.= Stesso titolo, quello di capitale europea della cultura per il 2004, progetti simili se non coincidenti: la città francese di Lille, al confine con il Belgio, quest’anno, insieme a Genova, città italiana di tradizione marinara, sarà il punto di riferimento della cultura europea, con una programmazione che in alcuni casi prevede veri e propri gemellaggi. Tra questi, quello già avviato dalla Comunità di San Benedetto di don Andrea Gallo, che parteciperà alla Maison Folie di Roubaix. Anche l'Acquario di Genova ha in programma eventi con quello denominato Nausicaa di Boulogne-sur-mer. Iniziative comuni sono state preannunciate, infine, per le mostre che le due città dedicheranno a Rubens. Ricchissimo dunque il cartellone: 2.130 manifestazioni con artisti prestigiosi come il drammaturgo Peter Brook e i coreografi William Forsythe e Bill T. Jones. Oltre a Lille, altre 150 cittadine della regione accoglieranno i 15 milioni di visitatori attesi “per appropriarsi dell’arte” attraverso i molteplici eventi. Tra le manifestazioni itineranti, ci sono l’Orchestra nazionale di Lille diretta da Casadesus che si sposterà in una quindicina di città, e grandi opere, come “La porta dell’inferno” di Rodin, che saranno portate in vari centri urbani, che non sono dotati di un museo. La prima città ad essere nominata “capitale europea della cultura” è stata Atene, nel 1985. Poi, sono seguite, tra le altre, Parigi, Glasgow, Praga e Copenhagen. Le uniche città italiane che sino a ora hanno ricoperto questa carica sono Firenze, nel 1986, e Bologna, nel 2000. Nell’anno appena trascorso, il titolo era stato conferito a Graz, in Austria. (D.G.)

 

IL 2004 E’ STATO PROCLAMATO DALL’ONU “ANNO INTERNAZIONALE DEL RISO”

E “ANNO DI COMMEMORAZIONE DELLA LOTTA CONTRO LA SCHIAVITU’

 E DELLA SUA ABOLIZIONE”. E’ STATO, INOLTRE, DEDICATO DAL PARLAMENTO EUROPEO ALL’“EDUCAZIONE ATTRAVERSO LO SPORT”

 

NEW YORK-BRUXELLES.= E’ un anno dedicato al riso, al ricordo della lotta contro la schiavitù, allo sport come strumento educativo, quello appena iniziato. Il 2004 è stato, infatti, proclamato dall’Onu “Anno internazionale del riso”, su richiesta delle Filippine e di altri 43 Paesi. Scopo dell’iniziativa, nelle intenzioni delle Nazioni Unite, è incrementare la produzione del prodotto alimentare tipico dell’Oriente e sviluppare sistemi di produzione sostenibili e strumenti efficaci nella lotta alla fame nel mondo, che attualmente affligge circa 840 milioni di persone. Inoltre, su proposta dell’Unesco, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha dichiarato il 2004 “Anno di commemorazione della lotta contro la schiavitù e della sua abolizione”. Molteplici gli obiettivi sottesi all’iniziativa. Innanzitutto, sensibilizzare gli stati membri sulle conseguenze della schiavitù e far conoscere il processo storico e i personaggi protagonisti della lotta di liberazione. Quindi, celebrare il bicentenario della Rivoluzione di Haiti, che ha aperto la strada all’affrancamento dei popoli dei Caraibi e dell’America Latina. Infine, mobilitare la comunità internazionale e la società civile a favore di una cultura di pace. Ma, in vista delle prossime Olimpiadi di Atene, il 2004 è anche “L’Anno Europeo dell’educazione attraverso lo sport”. La decisione è stata presa dal Parlamento Ue per dare rilievo ai valori trasmessi dallo sport, come la funzione di aggregazione dell’attività sportiva, il ruolo a favore dell’inclusione di gruppi svantaggiati. (D.G.)

 

 

LA PACE NEL NORD DELL’UGANDA SIA IMPEGNO DI TUTTI: QUESTO, IN SINTESI,

IL MESSAGGIO DEI LEADER RELIGIOSI LETTO IERI AL TERMINE DELLA MARCIA

 DELLA PACE SVOLTASI NELLA CITTA’ DI GULU

 

GULU.= La pace nel nord Uganda, travagliato da 18 anni da una guerra che ha provocato oltre un milione e mezzo di profughi, dovrà essere l’impegno di tutti per il 2004. Questo, in sintesi, il messaggio letto ieri a Gulu, capoluogo dell’omonimo distretto settentrionale ugandese, al termine della marcia per la pace organizzata dal gruppo interreligioso Arlpi, Acholi religious leader's peace initiative, che ha visto la partecipazione di oltre 3.000 persone. “Rivolgiamo un forte appello a tutti – si legge nel testo – affinché lavorino per la pace: donne, bambini, giovani, politici, leader religiosi, imprenditori, sfollati, giornalisti, soldati, ribelli dell’Lra, l’Esercito di resistenza del signore, e comunità internazionale”. I leader religiosi dell’Arlpi - appartenenti alle quattro grandi confessioni nazionali (cattolica, anglicana, ortodossa e musulmana) – hanno anche ricordato gli eventi che hanno caratterizzato il 2003 nel nord Uganda. Dalla “crescita nel numero di persone sfollate, bambini rapiti e civili uccisi, all’auspicato ma non avvenuto primo incontro faccia a faccia tra i capi dell’Lra e la squadra presidenziale, nel marzo-aprile, dal breve cessate-il-fuoco alla successiva nuova ondata di violenza”. Il cartello interreligioso si è detto, poi, incoraggiato dal fatto che, nella seconda metà dell’anno, “il problema dell’Uganda ha finalmente cominciato ad attirare l’attenzione della comunità internazionale”. Il riferimento è in particolare alla “road map” preparata dall’Unione europea per l’Uganda settentrionale, che dovrà essere sottoposta al vaglio dell’Onu. L’Arlpi ha, inoltre, apprezzato la decisione delle Nazioni Unite di aumentare gli aiuti umanitari nel nord del Paese africano e di aprire nuovi uffici. (D.G.)

 

 

 

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24 ORE NEL MONDO

1 gennaio 2004

 

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

Non si interrompe la drammatica spirale di odio e violenze perpetrate in Iraq dove oggi, nei pressi di Kirkuk, un civile iracheno è morto per l’esplosione di una mina e ieri sera, a Baghdad, un’autobomba ha devastato un ristorante causando la morte di cinque persone.

 

Una buona notizia giunge dall’Iran. Nel drammatico cumulo di macerie della città di Bam, tragicamente colpita dal terremoto dello scorso 26 dicembre, sono state ritrovate, ieri, 11 persone sopravvissute al sisma. Gli Stati Uniti intanto hanno deciso di sospendere parzialmente le sanzioni finanziarie contro il governo di Teheran per facilitare l’invio di aiuti umanitari alle popolazioni colpite dal terremoto.

 

Negli Stati Uniti, Paese dove il livello di allarme anti-terrorismo è recentemente salito all’alto grado di “arancione”, un aereo della British Airways proveniente da Londra è stato bloccato e perquisito ieri, per motivi di sicurezza, all’aeroporto di Washington. Le persone a bordo del velivolo sono state trasportate al terminal dello scalo dopo circa tre ore.

 

Né il freddo, né il timore di attentati hanno dissuaso la gente dal brindare al nuovo anno in piazza. Negli Stati Uniti, i festeggiamenti sono avvenuti in un clima mitigato da misure di sicurezza eccezionali e a New York, nella suggestiva cornice di Times Square, oltre 750 mila persone hanno accolto il 2004. In Europa, le piazze più gremite sono state quelle di Parigi e Berlino. Sono stati circa mezzo milione i francesi che hanno affollato gli Champs Elisees e almeno 800 mila, a Berlino, le persone che hanno assistito ai fuochi artificiali alla Porta di Brandeburgo, nel cuore storico della capitale tedesca. In Brasile, oltre due milioni di persone si sono radunate sulla spiaggia di Copacabana per assistere ad un suggestivo spettacolo pirotecnico.

 

Nelle Filippine, le celebrazioni per il Capodanno sono state purtroppo segnate da gravi incidenti. L’episodio più grave è avvenuto in un mercato a Sud di Manila, dove un incendio, causato da un petardo, ha provocato la morte di almeno 18 persone. L’Indonesia è stata colpita da un grave attentato: nove persone sono rimaste uccise e 32 ferite per l’esplosione di una bomba durante un concerto organizzato per il Capodanno nella provincia di Aceh, nel Nord dell’isola di Sumatra.

 

In occasione dell’odierno bicentenario dell’indipendenza di Haiti, il Paese caraibico ha organizzato iniziative tese a promuovere i valori della rivoluzione haitiana che portò all’affermazione della prima Repubblica nera del mondo. Sulla situazione dell’isola, caratterizzata da un precario scenario economico, ci riferisce Maurizio Salvi:

 

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Dopo ripetute e cruente manifestazioni che da settembre hanno causato 41 morti, Haiti giunge alla celebrazione oggi del duecentesimo anniversario dell’indipendenza nelle peggiori condizioni possibili. Le speranze sorte con il ritorno al potere tre anni fa di Jean Bertrand Aristide sono svanite e il presidente sta incamminandosi con la sua famiglia a Lavalas verso un governo dai toni autoritari. Questo rischio è evocato sia dall’opposizione, raccolta nel “Gruppo dei 184”, sia dalla Conferenza episcopale cattolica, che cerca di esercitare una mediazione tra le parti. Come se non bastasse, la comunità internazionale, alle prese con terrorismo e crisi mediorientale, pare aver abbandonato il Paese alla sua sorte, al punto che le Nazioni Unite definiscono Haiti una emergenza silenziosa. La gente sull’isola vive in media con poco più di un euro al giorno, mentre un bambino su tre è denutrito e solo Somalia ed Afghanistan stanno peggio di Haiti dal punto di vista alimentare. Resasi indipendente dal colonialismo francese con una rivolta a cui parteciparono anche gli schiavi negri, Haiti si trasformò nel 1804 nella prima Repubblica negra americana ed è per questo che alla celebrazione dell’anniversario è presente anche il presidente sudafricano Tabo Mbeki, che per non correre rischi si è portato dietro centinaia di militari ed una nave da guerra da utilizzare come rifugio in caso di necessità.

 

Maurizio Salvi, per la Radio Vaticana.

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Apprezzamento del mondo politico italiano per il messaggio di fine anno del capo dello Stato, Carlo Azeglio Ciampi. Il presidente della Repubblica ha invitato gli italiani ad avere fiducia nel futuro del Paese ed anche in quello dell’Europa. E ha poi sottolineato i temi della pace e della lotta al terrorismo. Il servizio di Giampiero Guadagni:

 

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Identità nazionale e sogno europeo si sono intrecciati, ieri sera, nel messaggio di fine anno del capo dello Stato. Ma il primo commosso pensiero di Ciampi è andato alle 19 vittime di Nassirya e ai loro familiari. “Ho ancora nel cuore i loro sguardi, la loro dignità, la loro compostezza”, ha detto il presidente che ha espresso l’orgoglio degli italiani per i soldati e per i volontari civili che operano, nel mondo, per la pace. E in questo senso una sottolineatura particolare Ciampi l’ha dedicata al Papa per quello che sta facendo con “lucida visione e perseveranza davvero straordinaria”. Il presidente della Repubblica ha ribadito il ruolo fondamentale che nella lotta per sradicare il terrorismo devono avere le Nazioni Unite e l’Europa. E, a questo proposito, Ciampi ha invitato ad avere fiducia nel progetto di unità europea, imperniato sulla nuova Costituzione, che stenta però a decollare. “Ma il sogno – ha detto Ciampi – si realizzerà”. E proprio il processo di unificazione europea – ha aggiunto – arricchisce di nuovi stimoli l’identità nazionale. Per crescere in Italia e in Europa serve fiducia, così come serve fiducia per affrontare le crisi di alcune grandi imprese. Riferimento implicito, questo, al caso Parmalat. Infine, come nei suoi quattro precedenti messaggi di fine anno, Ciampi ha invitato alla concordia nazionale maggioranza e opposizione, nello sforzo di riformare le istituzioni e la Costituzione. Generali sono stati i consensi nel mondo politico alle parole del capo dello Stato sia nel centro-destra, sia nel centro-sinistra, con eccezioni da una parte e dall’altra. Per la Lega, Ciampi è stato troppo tiepido sulle riforme. Per Rifondazione Comunista sono stati ignorati il mondo della pace e le ragioni dei lavoratori in sciopero. Per il presidente della Camera, Casini, quello di Ciampi è stato un messaggio di alto contenuto istituzionale e ricco di grande umanità.

 

Per la Radio Vaticana, Giampiero Guadagni.

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Con una cerimonia ufficiale al Castello di Dublino, l’Irlanda ha assunto stamani la presidenza semestrale di turno del Consiglio dei ministri dell’Unione Europea.

 

Il presidente pachistano, Pervez Musharraf, ha ottenuto la fiducia nelle due camere del Parlamento assicurandosi oltre il 60 per cento dei voti.  Musharraf resterà in carica fino al 2007.

 

In Cina una forte esplosione in una fabbrica di fuochi d’artificio nell’Hunan ha provocato, ieri, 11 morti tra cui due ragazzi. Lo riferisce oggi un giornale locale, aggiungendo che si tratta del terzo incidente in due giorni verificatosi in relazione alla produzione di fuochi d’artificio.

 

La Corea del Nord vuole risolvere in modo pacifico, attraverso il dialogo, l’attuale crisi provocata dai suoi programmi nucleari, ma per il momento continua ad essere prioritario il rafforzamento militare. Lo affermano, in un editoriale congiunto in occasione del nuovo anno, i principali giornali del Paese controllati dal governo.

 

 

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