RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVIII n. 59 - Testo della Trasmissione di sabato 28 febbraio 2004

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Il rispetto dei diritti fondamentali della persona, la difesa del matrimonio e della famiglia come fulcro delle relazioni umane e dei valori legati alla vita: sono i temi al centro del discorso del Papa al nuovo ambasciatore dell’Argentina, ricevuto per le lettere credenziali.

 

Oggi pomeriggio il Papa riceverà in Vaticano le comunità di 4 parrocchie di Roma. Sale così a 307, su 336, il numero delle comunità della capitale incontrate finora.
 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Presentati i rapporti, commissionati dai vescovi statunitensi, sui casi di molestie sessuali ai danni di minori da parte di sacerdoti americani.

 

Emergenza umanitaria e nuovi scontri tra ribelli e forze governative in Uganda: intervista con Pietro Galli.

 

Incontro, ieri, in Campidoglio per celebrare i trent’anni dal convegno dedicato a carità e giustizia nella diocesi di Roma: con noi mons. Guerino Di Tora e Giovanni Battista Sgritta.

 

“Perugino, il divin pittore” è il titolo della mostra, a Perugia, dedicata ad uno dei maggiori esponenti dell’arte italiana del Quattrocento: ai nostri microfoni Francesco Federico Mancini e Vittoria Garibaldi.
 

CHIESA E SOCIETA’:

Assassinata in Mozambico una suora brasiliana luterana.

 

La Chiesa in Asia deve adeguare i propri programmi pastorali alla luce degli effetti sociali della globalizzazione: così mons. Quevedo, presidente uscente della Conferenza episcopale filippina.

 

Sulla drammatica questione delle mine resta ancora molto da fare: lo ricorda l’Unicef nell’anniversario dell’entrata in vigore del trattato di Ottawa.

 

In Bangladesh il 77 per cento della popolazione non ha un’adeguata disponibilità di cibo.

 

Sempre tesa la situazione nella regione sudanese del Darfur.

 

24 ORE NEL MONDO:

 La smentita degli Usa sull’annuncio della cattura di Bin Laden.

 

Ad Haiti il presidente Aristide chiede ai sostenitori una mobilitazione pacifica

 

 Conclusi a Pechino i negoziati sul programma nucleare nordcoreano: un nuovo round di colloqui nel mese di giugno.

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

28 febbraio 2004

 

 

IL RISPETTO DEI DIRITTI FONDAMENTALI DELLA PERSONA,

LA DIFESA DEL MATRIMONIO E DELLA FAMIGLIA COME FULCRO DELLE RELAZIONI UMANE E DEI VALORI LEGATI ALLA VITA:

SONO I TEMI AL CENTRO DEL DISCORSO DEL PAPA AL NUOVO AMBASCIATORE DELL’ARGENTINA, RICEVUTO PER LE LETTERE CREDENZIALI

 

Il legislatore, e il legislatore cattolico in particolare, non può contribuire alla formulazione e all’approvazione di leggi che vanno contro i valori fondamentali della vita e della persona e non rispettano il valore del matrimonio come unione tra un uomo e una donna: lo ha ribadito questa mattina il Papa ricevendo per le lettere credenziali il nuovo ambasciatore dell’Argentina, signor Carlos Luis Custer. Giovanni Paolo II ha ricordato i buoni rapporti diplomatici tra la Santa Sede e l’Argentina per poi esprimere apprezzamento per la sensibilità dimostrata da questo Paese in tema di valori fondamentali. Il servizio di Fausta Speranza:

 

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“La Chiesa invita tutti a costruire una società basata sui valori fondamentali e irrinunciabili per un ordine nazionale e internazionale degno dell’essere umano”. Lo ripete il Papa ricordando che specialmente nei momenti difficili, quando per diversi motivi aumenta l’incertezza e crescono le necessità, è ancora più importante che la Chiesa si impegni nella sua missione: alimentare l’amore per il prossimo, promuovere la solidarietà  e il rigoroso rispetto dei diritti della persona che sono a fondamento della convivenza pacifica. Questo è stato l’impegno finora di tante persone e istituzioni cattoliche in Argentina. Ed è stato possibile grazie alla collaborazione con le autorità e alla fede del popolo argentino. Proprio quest’anno si ricorda l’inaugurazione del monumento a Cristo Redentore che – afferma il Papa - è l’espressione dei “valori evangelici che contribuiscono a costruire una società pacifica, solidale e riconciliata, nella quale sia sempre vivo l’impegno a migliorare le condizioni di vita di tutti i cittadini senza eccezione”. 

 

Poi il Papa ricorda che”l’altro pilastro della società è il matrimonio, quale unione di un uomo e di una donna, aperta alla vita”. E’ il fulcro delle relazioni umane ispirate all’amore e alla solidarietà ed ha un ambito specifico di autonomia che le legislazioni devono rispettare. Significa “garantire i diritti della famiglia e assicurarle un sostegno”. “In un momento in cui si tenta di ridurre il matrimonio a un mero contratto individuale – sottolinea Giovanni Paolo II -  il legislatore cattolico in particolare deve difendere i valori più alti legati alla vita e alla persona umana. E il Papa ricorda l’impegno concreto in favore del matrimonio e della famiglia assunto dall’Argentina in occasione di alcuni forum internazionali e incoraggia i suoi rappresentanti a proseguire su questa strada, perché si tratta di tematiche “fondamentali per il futuro dell’umanità”.

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OGGI POMERIGGIO IL PAPA RICEVERA’ IN VATICANO LE COMUNITA’

DI 4 PARROCCHIE DI ROMA. SALIRA’ COSI’ A 307, SU 336,

IL NUMERO DELLE COMUNITA’ PARROCCHIALI INCONTRATE FINORA

- Intervista con don Mario Sanfilippo -

                                                       

Oggi pomeriggio Giovanni Paolo II riceverà nel pomeriggio nell’Aula Paolo VI in Vaticano le comunità di Sant’Anselmo, di Santa Maria dell’Evangelizzazione, di San Carlo Borromeo e di San Giovanni Battista de la Salle, tutte nel settore sud della diocesi di Roma. Salirà dunque a 307 il numero delle parrocchie romane incontrate finora dal Papa. In tutto  sono 336. Ma vediamo come si sta preparando una delle 4 che verrà ricevuta domani dal Papa. Salvatore Sabatino ha intervistato don Mario Sanfilippo, parroco di Sant’Anselmo:

 

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R. – La preparazione è partita circa una decina di giorni fa, quando abbiamo saputo la cosa. Abbiamo informato la gente e attivato le persone che sono più vicine alla parrocchia. Siamo riusciti a organizzare una decina di pullman mentre diverse persone verranno con mezzi privati.

 

D. – Quali sono le aspettative della sua comunità parrocchiale, rispetto a questo incontro?

 

R. – La prima cosa è chiaramente l’aspettativa spirituale. Essendo tutte in zone nuove, le problematiche delle quattro parrocchie sono abbastanza simili.  Sono zone nuove con persone che vengono anche da parti diverse della città oppure, nel mio territorio in particolare, anche da altre regioni del Centrosud. C’è una sorta di disorientamento. E’ chiaro che l’incontro con il Santo Padre è una di quelle luci fondamentali che possono incoraggiare la ripresa di un rapporto con la Chiesa per molti che purtroppo sono disorientati. Infatti, a parte le persone che frequentano abitualmente, ho notato anche il desiderio di partecipare anche da parte di alcuni che magari vengono meno. In questa occasione hanno subito colto l’importanza di questo incontro con il Santo Padre.

 

D. – Ci può descrivere la realtà sociale in cui opera la sua parrocchia che è poi, come diceva lei, la stessa delle altre tre che verranno ricevute da Giovanni Paolo II?

 

R. – Più o meno, sì. L’ambiente è fondamentalmente formato da coppie in cui quasi sempre lavorano moglie e marito, di un ceto medio, con un buon livello culturale, complessivamente. Diciamo che il loro problema essenziale nel nostro territorio è quello delle strutture.

 

D. – Qual è, a tale proposito, il ruolo di una parrocchia oggi in una metropoli come Roma?

 

R. – Per me, la parrocchia ha ancora un ruolo molto, molto importante. Consideriamo che c’è una crisi di valori, oggi. La Chiesa ha la possibilità di sostenere, anche a livello umano, la formazione completa della persona. In fondo non è un mistero che anche e soprattutto nelle grosse metropoli la gente cerca qualcosa di diverso e noi possiamo offrire sempre la grande notizia del Cristo morto e risorto. E’ la notizia più grande, sempre fresca, nuova. Interessa  sempre la gente.

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Ricordiamo che, nel pomeriggio, la nostra emittente seguirà in radiocronaca diretta, a partire dalle 18.00, l’incontro del Papa con le parrocchie romane, con commento in italiano sui 585 kHz dell’onda media e sui 105 MHz della modulazione di frequenza.

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Apre la prima pagina il titolo "L'abbraccio del 'Parroco del mondo' alla sue dilette parrocchie di Roma": sabato pomeriggio, nell'Aula Paolo VI, Giovanni Paolo II celebra la Santa Messa per i fedeli di quattro parrocchie. Una riflessione di Giampaolo Mattei.  

 

Nelle vaticane, nel discorso al nuovo Ambasciatore presso la Santa Sede, il Papa ha espresso il suo "grazie" all'Argentina per l'impegno profuso in favore del matrimonio e della famiglia.

 

Nelle estere, Mozambico: assassinata una suora luterana che aveva denunciato un traffico d'organi.

Iraq: la Nato pronta ad intervenire su richiesta di un Governo legittimo.

 

Nella pagina culturale, un articolo di Marco Testi dal titolo "La forza luciferina di un ambiguo romanzo": ritorna "Appartamento ad Atene" di Glenway Wescott, sullo sfondo dell'occupazione nazista in Grecia.

Una monografica in ricordo dell'abate Carlo Egger, illustre latinista e fondatore della rivista "Latinitas": i contributi di Mauro Pisini e di Walter Lapini.

 

Nelle pagine italiane, Alitalia: i nuovi vertici decisi dal Governo.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

28 febbraio 2004

 

 

PRESENTATI, SU COMMISSIONE DEI VESCOVI STATUNITENSI, I RAPPORTI CHE FANNO

 IL PUNTO SUI CASI DI MOLESTIE SESSUALI AI DANNI DI MINORI DA PARTE DI SACERDOTI AMERICANI.

LA CHIESA LOCALE: SIAMO IMPEGNATI PERCHE’ CIO’ NON SI RIPETA

- Servizio di Alessandro De Carolis -

 

Un’indagine svolta su un arco di tempo di 42 anni, dal 1950 al 2002, per chiarire l’ampiezza del fenomeno degli abusi sessuali sui minori da parte del clero statunitense e per evidenziarne le cause. Il risultato è raccolto nei due rapporti,  uno di tipo statistico e l’altro di analisi, presentati ieri a New York dal National Review Board, il gruppo di controllo di laici insediato dalla Conferenza episcopale americana con il compito di far luce sul problema della pedofilia. Un problema che i vescovi degli Stati Uniti si sono detti determinati a risolvere perché non si ripeta. Il servizio di Alessandro De Carolis.

 

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A curare la raccolta dei dati che hanno permesso l’elaborazione dei due rapporti è stato il John Jay College di Pittsburgh, che ha ricevuto l’incarico dalla Commissione laica voluta dai vescovi americani, sulla base della Carta per la protezione dei bambini e dei giovani promulgata a Dallas nel giugno del 2002. Nel mezzo secolo preso in considerazione, sono emersi 10.667 casi di molestie sessuali da parte dei sacerdoti statunitensi, perpetrate - nell’80% dei casi - su minorenni maschi: in questo caso, rileva il rapporto statistico, oltre la metà degli abusi è stata consumata ai danni di adolescenti compresi in una fascia d’età tra gli 11 e i 14 anni. Lo studio si è basato sull’esame delle risposte fornite al John Jay College sia dalla quasi totalità (il 97%) delle 195 diocesi contattate, sia dalle 142 comunità religiose prese a campione per l’indagine, in rappresentanza dell’80% di tutti i sacerdoti del Paese. E’ emerso che, in totale, sui circa 110 mila sacerdoti impegnati nel ministero tra il ’50 e il 2002, 4.400 sono stati accusati di molestie, ovvero il 4%.

 

Il rapporto statistico ha posto anche in luce che, degli oltre diecimila casi denunciati, solo il 10% sono risultati infondati e il 20% mai indagati, perché o il sacerdote non era più in vita o perché, all’epoca della denuncia, aveva lasciato il sacerdozio. Nelle pagine dello studio, figura anche un calcolo dei costi legali e di risarcimento sostenuti dalle diocesi, che ammontano a 572 milioni di dollari. Una cifra che non include - si spiega - un più recente patteggiamento da 85 milioni di dollari, perché giunto dopo la chiusura della raccolta dei dati. Passando dai numeri alle cause, il rapporto indica, tra l’altro, nell’immaturità dello sviluppo affettivo dei candidati al sacerdozio una delle possibili cause del fenomeno: immaturità che sarebbe in certo modo il frutto di una carenza formativa da parte dei seminari, di fatto inidonei - si sostiene - a preparare ad una vita di celibato sacerdotale all’interno di una società dove il sesso è preponderante. Ma si pone in risalto anche un problema di corresponsabilità dovuto alla scarsa vigilanza o all’inerzia mostrate, nel periodo preso in considerazione, da parte dei vertici della Chiesa locale. Nell’indicare possibili rimedi, il rapporto raccomanda studi supplementari ed analisi del problema, una più accurata selezione dei giovani destinati al sacerdozio, una maggiore sensibilità ed efficacia rispetto ai casi di abuso, un più grande senso di responsabilità da parte dei vescovi e degli altri responsabili religiosi, una migliore interazione con le autorità civili ed una significativa attenzione da parte degli appartenenti alla Chiesa.

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Sulle reazioni da parte dei vescovi statunitensi che hanno accompagnato la pubblicazione dei rapporti, ci riferisce da New York, Paolo Mastrolilli:

 

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“Non abbiamo nulla da temere dalla verità o dal passato, se da essi impariamo”. Sono le parole con cui il vescovo di Belleville, Wilton Gregory, presidente della Conferenza episcopale americana, ha presentato ieri i due rapporti. Mons. Gregory ha detto che le vicende, documentate dai due studi, sono terribili ma ormai sono storia, perché la Chiesa è determinata ad impedire che si ripetano. Il presidente della Conferenza episcopale ha anche notato che la maggior parte degli episodi elencati è avvenuta diversi anni fa, prima di una serie di rimedi adottati dalla gerarchia locale ed ha aggiunto che quasi tutti i vescovi in servizio all’epoca non lo sono più oggi. Le vittime degli abusi hanno affermato che i due rapporti non devono servire solo a migliorare l’immagine della Chiesa. Mons. Gregory ha concordato con loro, dichiarando che piuttosto devono rappresentare uno stimolo per andare incontro alle persone che hanno subito le molestie ed aiutarle.

 

Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.

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EMERGENZA UMANITARIA E NUOVI SCONTRI TRA RIBELLI E FORZE GOVERNATIVE:

 E’ IL DRAMMATICO SCENARIO DELL’UGANDA, PAESE RECENTEMENTE COLPITO

DAL TRAGICO MASSACRO PERPETRATO NEL CAMPO PROFUGHI DI BARLONYO

- Intervista con Pietro Galli -

 

La situazione dell’Uganda continua ad essere drammatica. Le aree del Nord e dell’Est del Paese, martoriate da ripetuti attacchi condotti dai ribelli, sono state dichiarate dal Parlamento di Kampala “zone di emergenza umanitaria”. Sul terreno non si interrompe l’ondata di violenza: l’esercito ugandese ha infatti annunciato, ieri, di aver ucciso almeno trenta miliziani del sedicente Esercito di resistenza del signore che avrebbero partecipato, lo scorso fine settimana, al massacro di oltre 200 persone nel campo profughi di Barlonyo, nel distretto settentrionale di Lira. Ma come potrebbe cambiare la situazione dopo il provvedimento preso dall’Assemblea di Kampala? Giada Aquilino la ha chiesto a Pietro Galli, coordinatore dei progetti dell’Associazione volontari per il servizio internazionale, raggiunto telefonicamente a Kitgum:

 

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R. - Ancora non lo sappiamo, visto che il governo non sembra avere la stessa idea. Per governo intendo il presidente Museveni che è anche capo dell’Esercito. Potrebbe cambiare qualcosa con gli aiuti che possono arrivare dal governo, e quindi con i fondi per la sanità o per gli aiuti agricoli.

 

D. – Qual è la situazione nelle aree del Nord e dell’Est dell’Uganda, dopo il recente massacro nel campo profughi di Barlonyo?

 

R. – C’è sicuramente più paura. C’è sicuramente più tensione tra le tribù. L’attacco a Barlonyo è stato condotto nella zona dei Lango, che è una tribù diversa dagli Acholi. E, in seguito agli attacchi a Barlonyo, ci sono state delle tensioni forti tra Lango e Acholi.

 

D. – E’ una situazione, quindi, di crisi. Cosa serve alla popolazione civile?

 

R. – Più sicurezza. E’ inutile portare aiuti in un campo di sfollati, quando il campo può essere attaccato come è stato quello di Barlonyo. Se non c’è sicurezza, anche il fatto di stare in un campo cosiddetto protetto è inutile. Dobbiamo ricordarci che più di un milione e 200 mila persone vivono nei campi. Una volta che c’è la sicurezza, bisogna garantire un numero di servizi di base, che vanno dall’acqua, al cibo, ad avere un riparo, ad avere beni per cucinare, per tagliare la legna, per coltivare. Queste sono le cose che servono alla popolazione.

 

D. – Dall’estero arrivano aiuti?

 

R. – Sì. Gli aiuti arrivano ed anche in vaste quantità, rispetto agli anni precedenti. Solo l’intervento della comunità europea per i fondi di emergenza è passato da poco meno di un milione di euro, due anni fa, a 12 milioni di euro quest’anno. Il problema degli aiuti, in questo momento, è l’accesso: le strade sono spesso teatro di imboscate. Per noi portare gli aiuti nei campi, che spesso sono anche molto distanti dai centri urbani dove le Ong hanno i loro centri logistici, è un grande problema.

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UNO SGUARDO ALLA CITTA’ DI ROMA E AI SUOI BISOGNI: QUESTO E’ STATO

IL CONVEGNO ORGANIZZATO IERI DA S.EGIDIO, CARITAS ROMANA

 E FONDAZIONE DI LIEGRO, A TRENT’ANNI DAL CONVEGNO SU CARITA’ E GIUSTIZIA

CHE HA LASCIATO UN SEGNO NELLA VITA DELLA CAPITALE

- Intervista con mons. Guerino Di Tora e Giovanni Battista Sgritta -

 

Uno sguardo alla città di Roma è stato rivolto ieri dalla Comunità di S.Egidio, dalla Caritas romana e dalla Fondazione Internazionale Luigi Di Liegro, con l’incontro in Campidoglio organizzato per celebrare i trent’anni dal convegno “La responsabilità dei cristiani di fronte alle attese di carità e giustizia nella diocesi di Roma”. L’evento, che si svolse nella Basilica Laterana dal 12 al 15 febbraio del 1974, segnò una tappa fondamentale nella vita non solo religiosa ma anche culturale e politica della capitale. Vide raccolte tutte le realtà ecclesiali della diocesi e migliaia di cristiani romani. Ascoltiamo quale eredità ha lasciato nel servizio di Dorotea Gambardella:

 

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“Stimolare la responsabilità dei cristiani nella vita sociale e politica”. Era questO, nelle intenzioni dell’allora Vicario Generale del Papa, il cardinale Ugo Poletti, l’obiettivo del convegno “La responsabilità dei cristiani di fronte alle attese di carità e giustizia nella Diocesi di Roma”, ricordato come il convegno “sui mali di Roma”. Quattro giorni d’intenso dibattito, al quale parteciparono cinquemila persone, tra cui anche molti politici. Si svolsero nella Roma delle baracche, senza luce né acqua, delle borgate dimenticate, priva di strade e servizi, cresciuta a dismisura dopo la guerra con un’espansione urbanistica figlia di interessi e speculazioni. Ma perché il convegno del febbraio ’74 fu tanto importante da essere ricordato a distanza di trent’anni? Ci risponde mons. Guerino Di Tora, direttore della Caritas di Roma:

 

“E’ stato importante perché la diocesi di Roma si è impegnata in prima persona sulla scia del Concilio a voler guardare anche a quella che è la realtà sociale del territorio. E’ stata, quindi,  una presa di coscienza del fatto che il cristiano non si occupa solo di preghiera, ma ha una sua realtà attiva anche nella vita sociale, civile, comunitaria”.

 

“Quell’evento fu dunque una grande scossa alla vita religiosa, culturale e politica della capitale”, come ha sottolineato lo storico Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di S.Egidio, nel suo intervento. Da lì emerse una identità di chiesa locale, una “chiesa comunità che fosse  stimolo per una città più umana e comunitaria”, come era nell’idea del cardinale Poletti. Significativo, a tal proposito, fu lo stesso luogo dove si tenne il convegno: la Basilica Laterana. Essa appariva, per la prima volta, la sede della riunione dei cristiani di Roma e ciò ne evidenziò il significato di cattedrale. Inoltre, convinto che da quell’evento doveva nascere una nuova cultura sociale della città, don Luigi Di Liegro, due anni più tardi, avrebbe fondato la Caritas. Ascoltiamo in proposito una riflessione di Giovanni Battista Sgritta, ordinario di Sociologia all’ateneo romano La Sapienza:

 

“Il messaggio più forte, più formidabile che la Chiesa ha dato, specie attraverso l’opera di don Luigi Di Liegro con la Caritas, è stato quello che, rimboccandosi le maniche, “sporcandosi le mani”, come diceva lui, si riesce a dare l’esempio e ad ottenere dei risultati, che sono molto vicini alla carità evangelica”.

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“PERUGINO, IL DIVIN PITTORE” E’ IL TITOLO DELLA MOSTRA

DEDICATA A UNODEI MAGGIORI ESPONENTI DELL’ARTE ITALIANA DEL QUATTROCENTO.

E’ VISITABILE  NELLA CITTA’ DI PERUGIA FINO A LUGLIO PROSSIMO

MA NON E’ L’UNICA MANIFESTAZIONE

CHE LA REGIONE UMBRIA DEDICA AL PERUGINO

- Ai nostri microfoni Francesco Federico Mancini e Vittoria Garibaldi -

 

“Perugino, il divin pittore” è il titolo della mostra dedicata alla produzione artistica di Pietro Vannucci, detto il Perugino, e allestita presso la Galleria Nazionale dell’Umbria di Perugia fino al 18 luglio prossimo. L’esposizione rappresenta il fulcro delle manifestazioni in onore di uno dei maggiori esponenti dell’arte italiana del Quattrocento organizzate in tutta la regione. Il servizio di Maria Di Maggio:

 

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L’Umbria racconta l’esperienza umana ed artistica del Perugino attraverso un complesso ed ambizioso progetto espositivo. Sei mostre in contemporanea, più una rete di 12 itinerari nel territorio umbro, documentano nella sua completezza il genio artistico del Perugino ma anche il contesto storico sociale in cui egli visse ed operò e le ragioni ultime della sua originalità espressiva. Francesco Federico Mancini, curatore della mostra:

 

“Non c’è possibilità di studiare il Perugino se non in rapporto alla sua terra e quindi abbiamo voluto cogliere quest’occasione per dimostrare quale grande connessione ci fosse tra l’estetica peruginesca e le morbide, armoniose e delicate colline del paesaggio umbro. Il Perugino è molto noto non soltanto per le sue mirabili, armoniche e composte figure, ma anche per i suoi straordinari, estremanente lirici paesaggi. E i paesaggi che il Perugino dipinge a fondale delle sue opere ricordano molto da vicino gli sfondi paesistici che noi abbiamo la possibilità di vedere in Umbria”.

 

Tra gli aspetti più interessanti della mostra c’è la ricomposizione di alcune monumentali macchine d’altare e l’esposizione di numerose opere inedite del Perugino. Vittoria Garibaldi, curatrice della mostra:

 

“Tra tutte, ricorderei il polittico Albani-Torlonia. E’ un polittico mai uscito da Palazzo Torlonia, quindi questo è un evento eccezionale, per poterlo ammirare. All’interno della cornice, nella complessa architettura, sono raccolte una serie di scene, una serie di immagini: al centro la Natività e intorno l’Annunciazione e la Crocifissione con la Vergine San Giovanni e Maria Maddalena, e poi i famosi paesaggi del Perugino. In questo dipinto si concentra l’ideale creativo del Perugino, proprio perché questo è il momento in cui riesce a raggiungere il massimo equilibrio tra architettura, figura umana e paesaggio. Non c’è un elemento che prevale sugli altri: sono elementi che si integrano perfettamente l’uno con l’altro. Anche in questo caso, con capacità di raggiungere momenti di poesia altissima”.

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IL VANGELO DI DOMANI

 

 

Domani, 29 febbraio, prima domenica di Quaresima, il Vangelo ci presenta le tentazioni subite da Gesù, come racconta San Luca:

 

“Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano e fu condotto dallo Spirito nel deserto dove, per quaranta giorni, fu tentato dal diavolo”. “Dopo aver esaurito ogni specie di tentazione, il diavolo si allontanò da lui per ritornare al tempo fissato”.

 

Su queste parole ascoltiamo il commento del teologo gesuita, Marko Ivan Rupnik:

 

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Vladimir Soloviov esplicita tre livelli nelle tentazioni, come tre livelli della crescita spirituale. Primo livello: si è tentati di piegare al proprio egoismo il creato, le cose buone del mondo e così distruggere il mondo, cioè salvare se stessi accumulando le cose. Al secondo livello, la tentazione suggerisce che siccome sei già una persona spirituale, tu non sei più sotto la concupiscenza dei sensi, a te è permesso tutto perché sei superiore alle cose materiali e corporali e, dunque, tu vuoi tutto. Al terzo livello, la tentazione ti fa pensare che, siccome sei spirituale e conosci la verità e il bene puoi usare i mezzi potenti del mondo per affermare il bene e la verità.

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CHIESA E SOCIETA’

28 febbraio 2004

 

 

ASSASSINATA IN MOZAMBICO UNA SUORA BRASILIANA LUTERANA.

LE AUTORITA’ PARLANO DI UNA RAPINA,

SCARTANDO L’IPOTESI DI UN POSSIBILE LEGAME

CON LE DENUNCIE SUL TRAFFICO DI ORGANI,

MA LE INDAGINI SONO ANCORA IN CORSO

 

MAPUTO. = Ancora tutto da chiarire il movente dell’assassinio di Doraci Edinguer, la suora brasiliana luterana trovata morta ieri nella sua abitazione a Nampula, nel nord del Mozambico. Secondo le prime informazioni, infatti, la 53.enne sarebbe rimasta vittima di un tentativo di rapina. Sul corpo della religiosa, riferisce Nataniel Macamo, portavoce del ministero dell’Interno, sono state riscontrate “tracce di colpi, in particolare sulla testa”. Sembra ancora prematuro, dunque, tracciare un possibile legame tra il fatto di sangue e il traffico di organi denunciato nelle scorse settimane da alcune religiose cattoliche, dopo parecchi casi sospetti di scomparsa o di morte violenta. La procura generale del Mozambico, intanto, ha pubblicato un rapporto interno sulle accuse delle religiose di Nampula affermando, dopo due settimane di indagini sul posto, di non avere trovato “alcuna prova che corrobori le accuse relative al traffico di organi”. Critiche di superficialità sono state espresse dalla Lega mozambicana dei diritti dell’uomo e la chiesa cattolica del Mozambico. (B.C.)

 

 

LA CHIESA IN ASIA DEVE ADEGUARE I PROPRI PROGRAMMI PASTORALI ALLA LUCE DEGLI EFFETTI SOCIALI DELLA GLOBALIZZAZIONE:

COSI’ MONS. QUEVEDO, PRESIDENTE USCENTE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE FILIPPINA

 

MANILA. = “Gli effetti della globalizzazione sulla famiglia in Asia non possono non essere al centro dell’azione pastorale della Chiesa”. Lo ha sottolineato, in un’in-tervista, mons. Orlando Quevedo, presidente uscente della Conferenza episco-pale filippina, in vista della prossima plenaria della Federazione delle Conferenze episcopali dell’Asia (Fabc). L’assemblea, che si svolgerà dal 17 al 22 agosto in Corea del Sud, avrà per tema “La famiglia in Asia verso una cultura della vita”. La globalizzazione “ha portato nel continente molti progressi tecnologici e scientifici - ha detto mons. Quevedo - insieme con una maggiore consapevolezza della dignità e dei diritti fondamentali della persona umana, ma d’altra parte, essa ha avuto conseguenze sociali che hanno inciso negativamente sulla famiglia”. Sul piano economico, infatti, la globalizzazione ha penalizzato le fasce sociali più povere, accrescendo il fenomeno migratorio e, quindi, la frammentazione delle famiglie. Sul piano culturale, inoltre, le nuove tecnologie della comunicazione hanno favorito l’invasione di modelli materialisti occidentali. Le sfide, comunque - precisa mons. Quevedo - vengono anche dai modelli sociali tradizionali asiatici, che non sono tutti positivi e che, quindi, devono essere anch’essi “evangelizzati”. E’ il caso della struttura patriarcale, che mortifica la donna, o del castismo ancora presente. Per una pastorale familiare che voglia difendere in modo efficace i valori della vita - conclude il presule - la Chiesa in Asia deve “comprendere il contesto locale nella sua integralità” e adeguare i propri programmi pastorali alla nuova situazione sociale determinata dalla globalizzazione. (L.Z.)

 

 

SULLA DRAMMATICA QUESTIONE DELLE MINE RESTA ANCORA MOLTO DA FARE:

LO RICORDA L’UNICEF NELL’ANNIVERSARIO DELL’ENTRATA IN VIGORE DEL TRATTATO DI OTTAWA.

ANCORA FUORI DALL’INTESA, TRA GLI ALTRI, RUSSIA, CINA E STATI UNITI

 

BERLINO. = La Comunità internazionale deve esercitare una maggiore pressione politica nei confronti di quei Paesi che ancora non hanno ratificato il Trattato di Ottawa sulla messa al bando delle mine. Questo, in sintesi, l’appello lanciato ieri a Berlino, in Germania, dall’Unicef, nel quinto anniversario dell’entrata in vigore del Trattato. In tutto il mondo ogni anno restano uccise o ferite dall’esplosione di tali ordigni fra le 15 mila e le 20 mila persone e un terzo di queste sono bambini. L’adesione al Trattato di Ottawa non è stata ancora siglata da tre potenze come Russia, Cina e Stati Uniti che producono, usano ed esportano queste “armi leggere”. L’unica ‘apertura’ dell’America in tema di mine riguarda il progetto di eliminare entro il 2010 le mine “di vecchia generazione”, sostituendole con quelle che si auto-distruggono o diventano inerti, dopo un certo lasso di tempo. Washington, inoltre, ha annunciato che raddoppierà, portandola a 70 milioni di dollari, la cifra che spende ogni anno per localizzare e far brillare le mine. Alla cerimonia berlinese ha partecipato anche Christina Rau, moglie del presidente tedesco, Johannes Rau, e madrina dell’Unicef. La first lady tedesca era di ritorno da un viaggio in Cambogia, dove sono stimate in cinque o sei milioni le mine anti-persona ancora sepolte e in grado di uccidere. Sono almeno 60 milioni, secondo alcune fonti addirittura 100 milioni, le mine inesplose che attualmente infettano decine di Paesi, forse addirittura 60, dall’Angola alla Bosnia, dalla Cambogia alla Colombia. (B.C.)

 

 

IN BANGLADESH I TRE QUARTI DELLA POPOLAZIONE NON HA CIBO SUFFICIENTE:

E’ LA DRAMMATICA REALTA’ TRATTEGGIATA, IN UNO STUDIO, DALL’UFFICIO NAZIONALE DELLE STATISTICHE DI DHAKA

E DALL’ORGANIZZAZIONE ALIMENTARE MONDIALE

 

DHAKA. = In Bangladesh il 77 per cento della popolazione non ha un’adeguata disponibilità di cibo. E’ quanto rivela un documento presentato ieri dall’ufficio nazionale delle statistiche di Dhaka, congiuntamente con il Programma alimentare mondiale (Pam). Il 27 per cento dei 132 milioni di abitanti - si legge nello studio, presentato come “mappa della povertà” del Paese - è a rischio di malnutrizione. Le regioni maggiormente colpite dal problema sono il distretto nord-orientale di Sylhet, le isole, i territori sulla costa meridionale, le zona della colline di Chittagong e il sud-est. In questo contesto, tuttavia, si registrano segni positivi. Secondo quanto ha sottolineato il Pam, infatti, negli ultimi anni il Bangladesh è riuscito a migliorare la propria produzione agricola. Resta critico, invece, il problema della crescente sovrappopolazione, l’ostacolo maggiore per sconfiggere la povertà e la fame nel Paese. Il Bangladesh ha la metà dell’estensione territoriale dell’Italia ma più del doppio della popolazione, con un tasso di crescita demografica dell’1,47 per cento annuo. (B.C.)

 

 

SEMPRE TESA LA SITUAZIONE NELLA REGIONE SUDANESE DEL DARFUR.

ALTRI 10 MILA PROFUGHI HANNO RAGGIUNTO IL CONFINANTE CIAD

 

N’DJAMENA. = Una nuova ondata di profughi in fuga dalla regione occidentale sudanese del Darfur, teatro da oltre un anno di scontri tra ribelli e governo, ha raggiunto il confinante Ciad. Lo riferiscono fonti dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Acnur), precisando che si tratta di oltre 10 mila sudanesi, più di 25 mila secondo altre fonti. I nuovi arrivati si aggiungono agli oltre 100 mila profughi sudanesi che, secondo le stime dell’Onu, si trovano già da mesi nel territorio del Ciad. A partire dallo scorso febbraio, alcuni gruppi si sono sollevati in armi contro il governo islamico di Khartoum, accusato di non occuparsi del Darfur e di finanziarie milizie di predoni arabi, che da anni seminano morte e distruzione in questa regione. Oltre ai 110 mila profughi, i combattimenti tra governo e ribelli avrebbero provocato anche alcune migliaia di morti e quasi un milione di sfollati interni. Nonostante i proclami del presidente, Omar el Beshir, la situazione in tutta l’area resta fuori controllo. Cresce la paura, intanto, perché la recente accelerazione del conflitto in Darfur e la crisi umanitaria ad esso legata possono avere delle ripercussioni anche a Naivasha, in Kenya, dove sono in corso negoziati per mettere fine al più lungo conflitto africano, quello del Sud Sudan, durato oltre 20 anni e costato la vita a due milioni di persone. I colloqui tra Khartoum e i ribelli dell’Esercito popolare di liberazione del Sudan (Spla) si sono nuovamente arenati sul destino dello Stato petrolifero di Abyei. (B.C.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

28 febbraio 2004

 

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

La radio iraniana ha diffuso la notizia della cattura di Osama Bin Laden alla frontiera, nella regione tribale fra Pakistan e Afghanistan. Al momento la notizia, smentita da Pakistan e Stati Uniti, non è stata confermata da altre fonti. Ma quale significato avrebbe questa cattura? Risponde Alessandro Politi, analista strategico europeo specializzato nelle questioni di sicurezza internazionale:

 

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Conta da un punto di vista simbolico, perché ci fa vedere che il numero uno può essere catturato e, si spera, processato. E’ il modo più sicuro per distruggere il mito di un terrorista. Dal punto di vista operativo conta relativamente. Nel caso di Al Qaeda si può anche distruggere la casa madre, ma ormai i vari “negozi” terroristici continueranno per i fatti loro, fino a quando non verranno neutralizzati. E questo è un lavoro molto meno spettacolare, che richiederebbe molto più investimento, che invece non c’è.

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In Iraq si moltiplicano le tensioni e le proteste. Le autorità locali non sono giunte ieri ad un accordo sul quadro legislativo che dovrebbe reggere il Paese nel periodo di transizione. I turcomani hanno inscenato ieri una protesta a Baghdad, mentre gli sciiti radicali sono tornati a pretendere che la legge islamica sia considerata la principale fonte del diritto. Sono intanto rientrati ieri, in Italia, 144 carabinieri impiegati a Nassiriya nella missione ‘Antica Babilonia’.

 

Clima da “resa dei conti” ad Haiti. Nell’imminenza dell’ingresso dei ribelli del Fronte di Liberazione a Port Au Prince, la capitale sembra in preda al caos e ai saccheggi. Le “chimere”, come si fanno chiamare le forze fedeli al presidente Aristide, che agiscono senza controllo, hanno riconquistato Cayes, la terza città del Paese caraibico. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

 

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Il presidente haitiano, Jean-Bertrand Aristide, ha invitato i suoi sostenitori ad una mobilitazione pacifica, ribadendo che non intende dimettersi. In un intervento trasmesso la scorsa notte dalla televisione statale, Aristide non ha raccolto gli appelli lanciati da Stati Uniti, Francia e Canada affinché lasci il potere. “Partire – ha detto - è fuori discussione e le notizie sulle mie prossime dimissioni sono voci senza fondamento veicolate dai leader dell’opposizione per provocare la popolazione e causare disordini nel Paese”. Aristide ha quindi auspicato la ripresa delle attività commerciali, chiedendo “ai 46 mila dipendenti statali di essere presenti al loro posto di lavoro lunedì prossimo”. “Io stesso e i membri del governo – ha assicurato - saremo al nostro posto”. Nel condannare “gli atti di violenza ed i saccheggi”, il presidente haitiano ha infine chiesto ai suoi sostenitori di mobilitarsi pacificamente per “proteggere la democrazia”.

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Non c’è solo l’haitiano Aristide, tra i presidenti a rischio in America Latina. In Venezuela, infatti, proseguono nel sangue le manifestazioni contro Chávez, invitato dall’opposizione a dimettersi. Particolarmente violenti gli scontri di ieri a Caracas, dove era in corso il vertice del G-15, al quale aderiscono i principali Paesi in via di sviluppo tra cui Argentina, Brasile, India, Iran e Nigeria.

 

Non accenna a diminuire la tensione in Medio Oriente. Le Brigate dei Martiri di Al Aqsa hanno rivendicato stamani l’uccisione di due israeliani - un uomo e una donna - avvenuta ieri sera nei pressi di Hebron, in Cisgiordania. Strage evitata, invece, nella Striscia di Gaza. Un terrorista kamikaze della Jihad Islamica si è fatto esplodere senza coinvolgere i coloni dell’insediamento ebraico di Kfar Darom.

 

Si è chiuso, a Pechino, il secondo round di negoziati multilaterali a 6 per tentare di convincere la Corea del Nord a rinunciare ai piani di sviluppo nucleare. Gli Stati Uniti si sono detti “soddisfatti” perché tutti i Paesi partecipanti all’incontro hanno chiesto a Pyongyang un calendario per lo smantellamento del programma atomico. In ogni caso, la Corea del Nord ha ripetuto oggi di non avere un programma di sviluppo di armi nucleari basato sull'uranio arricchito, come affermano gli Stati Uniti. Il capo della delegazione nordcoreana ai colloqui di Pechino Kim Gye-gwan ha detto in una conferenza stampa che il suo paese ha ''solo uranio naturale''. Il servizio di Chiaretta Zucconi:

 

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Con una cerimonia iniziata tre ore e mezza dopo l’ora prevista, il ministro degli esteri cinese ha chiuso il secondo round di consultazioni a sei sulla crisi nucleare nord-coreana, annunciando che le due Coree, Usa, Cina, Russia, Giappone e Russia si incontreranno ancora alla fine di giugno a Pechino. I sei Paesi hanno anche rilasciato una dichiarazione congiunta, nella quale esprimono l’impegno a favore di una penisola coreana denuclearizzata e la volontà di improntare i propri rapporti ai principi della coesistenza pacifica. Il comunicato congiunto parla anche dell’istituzione di gruppi di lavoro, senza fornire ulteriori dettagli. “Brindiamo ai progressi che sono stati fatti a prescindere dalle difficoltà che incontreremo ancora”, ha detto il ministro degli esteri cinese, aggiungendo tuttavia che esistono ancora serie divergenze tra le parti. Durante questi negoziati, la Corea del Nord ha offerto di congelare il suo piano di sviluppo nucleare, esclusi quelli per uso pacifico, in cambio di forniture di energia da parte degli Usa e dell’abbandono americano della sua politica ostile. Un’offerta accettata da Russia, Cina e Corea del Sud, ma Tokyo e Washington sono stati irremovibili: niente aiuti energetici o assistenza economica fino a quando il regime comunista del Nord non avrà distrutto tutti i suoi programmi nucleari.

 

Per la Radio Vaticana, Chiaretta Zucconi.

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Allarme in Giappone per l’influenza dei polli: il virus è stato riscontrato in alcuni volatili di una macelleria di Kyoto. Il ministero dell’agricoltura, che due giorni fa aveva accertato con un primo test la presenza del virus, ha detto di temere che i gravi ritardi emersi nel sistema di denunce e controlli possano aver allargato il fronte dell’infezione.

 

Dolore e bandiere a mezz’asta in Macedonia per la tragica morte del presidente, Boris Trajkovski. Il Paese balcanico renderà l’ultimo omaggio al capo dello Stato martedì prossimo, quando si svolgeranno i funerali solenni. Intanto ieri sono stati ritrovati i corpi delle otto persone che viaggiavano insieme Trajkovski a bordo del velivolo schiantatosi giovedì scorso nel sud della Bosnia, ma sulla vicenda c’è ancora molto da chiarire.

 

Accesso all’acqua, agricoltura, difesa comune, soluzione dei conflitti interni: sono temi impegnativi, quelli all’esame dell’Unione africana, riunita da ieri in un vertice straordinario. Aprendo i lavori a Sirte – alla presenza del presidente della Commissione europea, Prodi – il leader libico Gheddafi ha invitato ieri gli Stati Uniti a mettere da parte la mentalità colonialista ed imitare l’Europa. Sentiamo Giulio Albanese:

 

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Il documento finale del Summit dovrebbe contenere il progetto di creare rapidamente un fondo africano per lo sviluppo dell’agricoltura. Per quanto concerne l’altro argomento in agenda, la sicurezza comune, la cui discussione è prevista per oggi, è probabile che venga presentato il progetto di creare una forza africana in grado di intervenire nei conflitti continentali. La maggior parte dei presenti si è detta contraria all’idea di creare un esercito unico africano, sostenuta dal padrone di casa, il presidente, Mohamar Gheddafi. E proprio lui, l’irriducibile, acceso, sostenitore del panafricanesimo, ha ricevuto l’elogio del presidente della Commissione Europea, l’italiano Romano Prodi, secondo cui l’apertura della Libia in materia di armi di distruzione di massa e i rinnovati rapporti con l’Occidente hanno reso il mondo migliore e messo solide basi per l’allacciamento di relazioni forti e strutturali tra il Paese nord africano e l’Unione Europea.

 

Per la Radio Vaticana, Giulio Albanese.

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Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite invierà in Costa d’Avorio una forza di oltre 6.000 caschi blu, per il mantenimento della pace. Il provvedimento è stato approvato ieri all’unanimità. Le truppe Onu, che resteranno per un anno a partire dal prossimo 4 aprile, sostituiranno la forza di pace africana.

 

La Corte Suprema della California deciderà entro il 5 marzo sulla legalità dei matrimoni omosessuali celebrati nelle ultime settimane a San Francisco. La richiesta di agire con urgenza e di ordinare alla contea di sospendere il rilascio di licenze di matrimonio a coppie gay è stata presentata dal ministro della Giustizia, Bill Lockyer, sollecitato dal governatore, Arnold Schwarzenegger. Richiesta, inoltre, la nullità delle unioni già sancite.

 

 

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