RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n. 53 - Testo della
Trasmissione di domenica 22 febbraio
2004
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
In un telegramma, la ferma deplorazione del Papa per
l’attentato a Gerusalemme
OGGI
IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Al via domani a Dublino una
Conferenza internazionale sulla lotta all’Aids
A Gerusalemme, un
sanguinoso attentato kamikaze causa la morte di almeno sette persone
Stallo
politico ad Haiti: il presidente Aristide ha accettato il piano di pace, mentre
l’opposizione non vuole tendere la mano al capo di Stato
Massacro
in Uganda: almeno 173 profughi sono stati uccisi ieri sera da ribelli del
sedicente Esercito del Signore
Si
accende la violenza in Iran, dopo i primi risultati delle elezioni parlamentari
di venerdì.
22
febbraio 2004
COMPITO DEL VESCOVO DI ROMA E’ GUIDARE LA CHIESA
ALL’UNITA’ DELLA FEDE: COSI’ IL PAPA ALL’ANGELUS DI STAMANI, NEL QUALE HA SOTTOLINEATO
COME IL PERIODO QUARESIMALE SIA UN TEMPO PRIVILEGIATO PER LA CONVERSIONE A
CRISTO
- Servizio di Alessandro Gisotti -
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L’odierna festa liturgica della Cattedra di San Pietro
pone in luce il “singolare ministero, affidato dal Signore al Capo degli
Apostoli di confermare e guidare la Chiesa nell’unità della fede”. Giovanni
Paolo II lo ha sottolineato all’Angelus domenicale indicando come questo sia
proprio il “servizio peculiare che il Vescovo di Roma, è chiamato a rendere
all’intero popolo cristiano”. Missione indispensabile, ha affermato il
Pontefice, che “non poggia su prerogative umane, ma su Cristo stesso quale
pietra angolare della Comunità ecclesiale”. Quindi ha levato una viva
esortazione:
“Preghiamo
affinché la Chiesa, nella varietà delle culture, delle lingue e delle tradizioni,
sia unanime nel credere e nel professare le verità di fede e di morale trasmesse
dagli Apostoli”.
“Per
prendere coscienza della Chiesa come mistero di unità”, ha avvertito, dobbiamo
dunque “fissare lo sguardo su Cristo”. Proprio l’itinerario quaresimale,
diverrà così “un’occasione propizia per esaminare con sincerità e verità se
stessi, per rimettere ordine nella propria vita e nelle relazioni con gli altri
e con Dio”.
La
Quaresima, che mercoledì prossimo inizieremo con l’austero e significativo rito
dell’imposizione delle ceneri, costituisce un tempo privilegiato per intensificare
questo impegno di conversione a Cristo.
L’invito della liturgia a convertirsi e
credere al Vangelo, ha aggiunto, “ci accompagnerà durante le prossime settimane
sino alle celebrazioni pasquali”. Ha così invocato la Vergine Madre affinché ci
renda “docili all’ascolto della parola di Dio” che ci “spinge alla conversione
personale alla fraterna riconciliazione”. Dopo l’Angelus, di fronte a diecimila
fedeli che hanno sfidato il cattivo tempo, il Papa ha salutato in latino
professori e studenti del Pontificio istituto di alta latinità. “A voi - ha
detto - ed a tutti i compagni dell’Università salesiana, voglio confermare la benevolenza e la gratitudine
della Sede Apostolica per la diligenza, la costanza ed il vostro lavoro nel
proseguire nella veneranda maestà della lingua romana”.
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FERMA
DEPLORAZIONE DEL PAPA PER IL BRUTALE ATTENTATO DI STAMANI
A
GERUSALEMME. IN UN TELEGRAMMA, IL PONTEFICE ESORTA A NON
LASCIARSI
TRASCINARE DALLA DINAMICA DELLA VIOLENZA
Giovanni
Paolo II esprime “ferma deplorazione” per il “brutale attentato” avvenuto
questa mattina su un autobus a Gerusalemme, che ha provocato la morte di almeno
sette persone. In un telegramma, a firma del cardinale segretario di Stato,
Angelo Sodano, indirizzato al delegato apostolico a Gerusalemme, mons. Pietro
Sambi, il Pontefice – che assicura la sua spirituale vicinanza ai parenti delle
vittime - esorta le autorità e i cittadini colpiti a “non lasciarsi trascinare
nella dinamica della violenza ma ad intensificare l'impegno per affrettare
l’ora tanto desiderata della pace”.
“OGGI DIVENTO UN DEBITORE DEL MIO SEMINARIO
ROMANO”: COSI’
IL PAPA IERI IN AULA PAOLO VI ALL’INCONTRO
CON LA COMUNITA’
DEI
SEMINARISTI DELLA DIOCESI DI ROMA
-
Intervista con mons. Marco Frisina -
In
occasione della festa della Madonna della Fiducia, si è svolto ieri nell’Aula
Paolo VI in Vaticano, il consueto incontro annuale del Papa con la comunità del
Seminario Romano Maggiore e con i rappresentanti degli altri quattro seminari
della Diocesi di Roma. Giovanni Paolo II, parlando a braccio, ha espresso la
sua profonda gratitudine per l’esecuzione da parte del coro e dell’orchestra
diocesani dell’Oratorio ispirato alla sua opera poetica dal titolo “Trittico
romano”. Il servizio è di Dorotea Gambardella.
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(musica)
“Oggi
divento un debitore del mio Seminario Romano”.
Con
queste parole ripetute per ben sei volte, il Papa ha ringraziato mons. Marco
Frisina, per la trasposizione in musica del “Trittico romano”, il libro di meditazioni
scritto dallo stesso Giovanni Paolo II e pubblicato nel 2003. “Debitor
factus sum. Mi sento
un debitore. Non per la prima volta”, ha detto il Pontefice ricordando che
molti hanno scritto del suo Trittico Romano: dal professore Giovanni Reale,
specialista in Platone, al cardinale Ratzinger, dal premio Nobel polacco Czeslaw
Milosz al poeta Marek Skwarnicki. Ma qual è il significato dell’Oratorio
ispirato all’opera del Papa? Maria Di Maggio lo ha chiesto allo stesso
compositore e direttore dell’Ufficio Liturgico del Vicariato, mons. Frisina:
“L’Oratorio mette in musica queste meditazioni, mette in
musica soprattutto la grandezza dell’uomo, che fatto ad immagine di Dio, è
chiamato da Dio a stupirsi e a meravigliarsi, dice il Papa; guardando la
creazione è chiamato anche a fare della propria vita una vera sequela della verità,
della bellezza. La parte finale, lì dove Dio dice ad Abramo: “Ecco tu non hai
esitato a dare tuo figlio, io darò mio figlio per la salvezza del mondo”. Nel finale dell’Oratorio io ho inserito una
sorta di litania, in cui Dio indica ad Abramo la sua discendenza infinita, la
discendenza dell’uomo “che ha avuto fede, al di là di ogni speranza”, dice il
Papa. Mi sembrava bello fare un omaggio a Giovanni Paolo II, anche perché nel
personaggio di Abramo mi è sembrato anche che si potesse leggere la personalità
dello stesso Papa, che in questi 25 anni di Pontificato ha saputo essere padre
e punto di riferimento per tantissima gente e non solo i credenti o i
cristiani. Anche i non cristiani hanno visto in lui un punto di riferimento e
un padre, così come con Abramo”.
All’incontro
di ieri erano presenti il Cardinale Vicario Camillo Ruini, i vescovi ausiliari,
i rettori, i superiori, ma soprattutto gli studenti del Seminario Romano
Maggiore e i rappresentanti degli altri quattro seminari della Diocesi di Roma:
il Capranica, il Minore, quello degli Oblati del Divino Amore e il Redemptoris
Mater. A un seminarista di quest’ultimo, abbiamo chiesto che cosa l’ha spinto
ad intraprendere la strada del sacerdozio:
“La
cosa che mi ha spinto è stato un profondo senso di insensatezza della mia vita.
Mi svegliavo la mattina, andavo a lavorare e sentivo che dentro di me c’era
qualcosa che non andava. Allora ho chiesto al Signore che mi facesse vedere
qual era la cosa che mi rendeva veramente me stesso. Da quel momento il Signore
mi ha aperto delle strade che mi hanno fatto scoprire come quello che io
desideravo veramente fosse stare sempre con Lui”
(musica)
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SI
E’ CONCLUSA NELLA TARDA MATTINATA DI OGGI IN VATICANO
LA X ASSEMBLEA GENERALE DELLA
PONTIFICIA ACCADEMIA PRO VITA
- Intervista con mons. Elio
Sgreccia -
Con una discussione generale sui temi dibattuti in questi giorni: la
dignità della procreazione umana e le tecnologie riproduttive, con i loro
aspetti antropologici ed etici, si sono conclusi nella tarda mattinata di oggi,
nell’aula nuova del Sinodo in Vaticano, i lavori della X Assemblea generale
della Pontificia Accademia pro Vita, iniziata con una solenne commemorazione,
giovedì scorso, del primo presidente dell’Accademia, il noto e compianto
scienziato francese Jérôme Lejeune. All’attuale vice presidente, il vescovo
Elio Sgreccia, Giovanni Peduto ha chiesto una prima impressione sui lavori:
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R. – L’impressione generalmente riscontrata nei
partecipanti, oltre che in me stesso, è ottima. C’è stata anche la celebrazione
del decennio di fondazione, la rievocazione delle origini, del prof. Lejeune,
che ha messo una carica di entusiasmo. Ma a parte questo, i contenuti
scientifici nelle due giornate successive in cui si è parlato di procreazione artificiale,
sono stati di grande rilievo per le relazioni e di grande chiarificazione nelle
discussioni, che sono state ampie e hanno occupato molto tempo; e credo che sia
un contributo per tutti i partecipanti, anche quando ritorneranno nei loro
Paesi.
D. – Crede che la società odierna possa accogliere il
messaggio della Chiesa sulla vita?
R. – Io credo che tuttora siamo in una fase in cui questo
messaggio è ostico in certe sfere del mondo, specialmente in Europa e in genere
nei Paesi di forte laicizzazione. Però ci sono segnali di ripensamento nel
mondo. Basti dire per esempio che in Europa quasi tutti i Paesi, meno due, avevano
legalizzato l’aborto, adesso invece uno lo ha cancellato, dopo averlo
sperimentato ed accettato per anni: la Polonia. Nei Paesi dell’Est si stanno rivedendo
le leggi del regime che erano molto liberali, nonostante il regime illiberale
che regnava. Ed anche sulla fecondazione artificiale cominciano ad emergere
delle voci per cui è una pratica che non dà i frutti sperati, anche per quelli
che vedono le cose da un punto di vista utilitarista. Poi si intravede che si
sta innescando una deriva di incontrollabilità della ereditarietà, delle conseguenze
sui figli e una bomba esplosiva anche all’interno della famiglia, per gli
effetti che si vanno constatando nelle donne che ricevono la procreazione
artificiale all’interno della coppia. La nostra constatazione è che la Chiesa
non si deve pentire di quello che ha detto e che il Papa ieri ha egregiamente
ribadito. Esiste un solo modo per la procreazione, un modo nobilissimo ed
eccelso, quello per cui lo sposo diventa padre attraverso la sposa e attraverso
l’atto coniugale con la sposa; e la sposa diventa madre attraverso l’unione
coniugale con lo sposo. Questo è il disegno del Creatore, ma questo è anche la
struttura stessa della sessualità umana.
D. – Aborto, fecondazione artificiale, clonazione: quale
mondo l’umanità sta creando?
R. – Il mondo dell’artifizio, ma di un artifizio che
rischia di non essere più controllabile da chi lo ha inventato. E’ questa la
caratteristica della tecnologia di oggi, a partire dalla bomba atomica. Colui
che fa l’invenzione, che mette in atto un meccanismo tecnologicamente così
forte ed esplosivo, poi non è in grado di pilotarlo, né lui, né coloro ai quali
egli lo consegna. Come è difficile oggi pilotare la riconversione delle bombe
atomiche, così è difficile pilotare il rientro da bombe biologiche come quelle
che lei ha detto, cioè l’aborto generalizzato, la clonazione, la procreazione
artificiale... Sono tutti meccanismi che messi in atto è difficile governare. E
c’è un solo modo per salvare l’umanità futura, quello di mettere uno stop
laddove non c’è la conformità alla dignità dell’uomo.
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DOMANI
A MOSCA, PREVISTO INCONTRO TRA IL CARDINALE WALTER
KASPER
E IL PATRIARCA DI MOSCA, ALESSIO II
- A
cura di Alessandro Gisotti -
E’ previsto per domani a Mosca l’atteso incontro tra il
cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per la
promozione dell’unità dei cristiani e il Patriarca di Mosca e di tutte le
Russie, Alessio II, che proprio lunedì festeggia il suo 75.mo compleanno. Il
cardinale Kasper si trova a Mosca da martedì scorso, su invito dei vescovi
cattolici della Federazione russa. Il presidente del dicastero vaticano - oggi
in visita alla cattedrale ortodossa di Cristo Salvatore - ha incontrato nei
giorni scorsi il capo del dipartimento per le relazioni ecclesiastiche estere
del Patriarcato di Mosca, il metropolita di Smolensk e Kaliningrad,
Kirill. Al termine del colloquio è stata decisa la costituzione di una
commissione mista di rappresentanti cattolici e del Patriarcato di Mosca.
Intanto, in un’intervista rilasciata ad un quotidiano italiano, il
Patriarca di Mosca ha affermato di ritenere “necessaria e possibile la soluzione
dei problemi esistenti” tra Chiesa cattolica e Chiesa ortodossa. Alessio II ha
inoltre affermato di non aver mai interrotto la sua volontà di “un dialogo
costruttivo con il Vaticano” aggiungendo di aver “conservato buone relazioni
con alcune diocesi, monasteri e parrocchie della Chiesa cattolica”.
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22
febbraio 2004
DIRITTO DI DIFESA O DECISIONE ILLECITA?
IL
MURO ISRAELIANO IN CISGIORDANIA ALL’ESAME
DELLA
CORTE INTERNAZIONALE DI GIUSTIZIA
-
Intervista con la prof.ssa Maria Rita Saulle -
Il dibattito sul muro di separazione dai Territori
palestinesi, che il governo israeliano definisce “barriera di sicurezza”, torna
al centro dell’attenzione mondiale. Ne dibatterà, da domani, la Corte
internazionale di giustizia, chiamata dalle Nazioni Unite ad esprimere un
parere consultivo. Lo Stato ebraico ha deciso di non partecipare alle udienze,
mentre nei Territori palestinesi è in programma, domani, una giornata di
mobilitazione popolare. Intanto, le forze israeliane hanno cominciato questa
mattina a smantellare una piccola sezione di otto chilometri del controverso
muro. Dal canto suo, il ministro degli Esteri israeliano Shalom ha dichiarato
che l'attentato suicida di stamani giustifica la costruzione da parte di
Israele del muro di sicurezza. Sui motivi che hanno portato l’argomento
all’esame dei giudici dell’Aja, sentiamo Maria Rita Saulle, docente di
Relazioni internazionali all’Università “La Sapienza” di Roma, intervistata da
Andrea Sarubbi:
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R. – Politicamente il problema si spiega da solo, perché
evidentemente il muro, come dice il Papa, non accomuna ma divide.
Giuridicamente, possiamo citare l’art. 65 dello Statuto della Corte
internazionale di Giustizia e l’art. 96 della Carta delle Nazioni Unite:
entrambi prevedono che l’Assemblea generale dell’Onu si rivolga alla Corte
internazionale di Giustizia per chiedere dei pareri consultivi. Ciò è accaduto
il 10 dicembre del 2003. E questo perché il muro è stato costruito non già in
territorio del tutto israeliano, ma in una zona che corrispondeva al territorio
occupato dai palestinesi e che era previsto come palestinese anche nella Road
Map.
D. – Cosa ci si può aspettare dalla sentenza della Corte?
R. – La Corte potrà dire se, anzitutto, il muro deve
essere abbattuto, oppure se va arretrato, visto che Israele gode di poteri di
sovranità territoriale soltanto nel proprio territorio. Di riflesso, quella dei
giudici è anche una valutazione con un peso politico, sebbene la Corte
internazionale di Giustizia debba esprimersi sulla base dello stretto diritto.
Ma politicamente il discorso è delicato e trascende la competenza della Corte:
la Corte è un organo giuridico, mentre il Consiglio di sicurezza delle Nazioni
Unite è un organo politico.
D. – Può pesare, secondo Lei, sulla legittimità della
decisione il fatto che Israele abbia deciso di boicottare queste udienze
all’Aja?
R. – No: la Corte è sovrana sul piano internazionale. Ma
resta da vedere se ci sarà l’attuazione del suo parere consultivo. Supponiamo
che la Corte dica che il muro è illecito, prendendo spunto da altri muri che
ben conosciamo nella storia: a questo punto, Israele dovrà attenersi. Ma se non
si attiene che cosa succede?
D. – Ricordiamo, prof.ssa Saulle, lo strappo dell’anno
scorso fra gli Stati Uniti e la Corte Penale Internazionale; oggi, di nuovo,
Israele contro i giudici. Quale futuro vede per il diritto internazionale?
R. – Secondo me, il diritto internazionale deve essere
riportato alle sue origini. Bene o male, attenendosi alle regole, qualcosa si è
fatto nel corso del dopoguerra e tutto sommato anche quando c’erano i due
blocchi alcune regole venivano rispettate. In questo momento, ci troviamo in
una fase veramente caotica: c’è il rischio di distruggere tutto per andare
sempre peggio e magari creare una monarchia in campo mondiale. La democrazia,
sia a livello degli Stati che a livello internazionale, è invece fatta da
pluralismi.
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L’ITALIA
APPROVI RAPIDAMENTE UNA LEGGE ORGANICA SUL DIRITTO D’ASILO:
E’ LA
VIVA ESORTAZIONE DELL’ACNUR,
L’ALTO
COMMISSARIATO DELL’ONU PER I RIFUGIATI
-
Intervista con Laura Boldrini, portavoce dell’Acnur -
L’Alto
Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Acnur) auspica una pronta
approvazione da parte dell’Italia di una legge organica in materia di diritto
d’asilo e fa notare che il “Bel Paese” è l’unico in tutta l’Unione europea a non
possedere una normativa in favore dei rifugiati. Una situazione questa che è
causa di gravi disagi per tutti coloro che sono costretti a fuggire dal proprio
Paese per cercare asilo e protezione sul territorio italiano, costretti spesso
a vivere in condizioni indegne e disumane. Il servizio è di Stefano
Leszczynski.
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A
giugno del 2002 risultavano in Italia circa 8 mila richiedenti asilo a fronte
dei 110 mila della Gran Bretagna. Il dato – sottolinea Laura Boldrini, portavoce
dell’Acnur – dimostra che l’Italia non si trova di fronte un’invasione e che la
soluzione dei problemi relativi al diritto d’asilo è questione di volontà
politica. I richiedenti asilo in attesa di essere riconosciuti rifugiati non
possono infatti lavorare e di conseguenza non possono provvedere ai propri
bisogni fondamentali. Allo stesso modo non possono però accedere ai contributi
di assistenza – 17 Euro al giorno per 45 giorni - che in assenza del
regolamento attuativo della legge sull’immigrazione non vengono erogati. Nascono
allora luoghi come quelli che a Roma presso la Stazione Tiburtina sono
conosciuti con il nome altisonante di Hotel Africa e Hotel Khartoum: capannoni
di proprietà delle Ferrovie dello Stato dove in condizioni miserevoli si
trovano costretti a sopravvivere tra le 400 e le 500 persone. Eritrei,
Sudanesi, Etiopi, qualche maghrebino e un centinaio di Rom romeni, espulsi
all’epoca della caduta del dittatore Ceausescu. Tutti hanno chiesto asilo,
pochissimi quelli che hanno ottenuto l’agognato riconoscimento di rifugiato, la
stragrande parte di essi attende, in un limbo dove non esistono diritti, né
assistenza. La testimonianza di un giovane richiedente asilo sudanese:
“Sono qui in Italia da quasi 10 mesi. Sto ancora
aspettando la data per l’intervista. Abito in una casa abbandonata e ho
richiesto al Comune di Roma un posto dove dormire. Loro mi hanno detto che ci
sono tante persone che aspettano e quindi devo tornare fra tre mesi”.
In tutta Italia però il Piano Nazionale Asilo, gestito da
una rete di circa 100 Comuni dispone solamente di 1200 posti. Sulle condizioni
di vita di questa gente sentiamo il commento di Laura Boldrini dell’Alto
Commissariato per i rifugiati.
“Queste persone hanno bisogno di una migliore assistenza e
questa è una responsabilità di tutte le autorità, dello Stato, e di chi
gestisce sul territorio le accoglienze per i richiedenti asilo. Questo dimostra
ancora una volta che in Italia c’è bisogno di una legge organica sull’asilo che
metta a disposizione più risorse per offrire un’accoglienza dignitosa a chi
chiede protezione a questo Paese”.
Le
lunghissime procedure per ottenere lo status di rifugiato in Italia durano
oltre 10 mesi, periodo in cui si pone il problema della sopravvivenza. Non
tutti riescono ad ottenere l’asilo, i rifugiati infatti sono persone
perseguitate nei loro Paesi. E gli Stati d’Europa in generale non sono generosi
nel concedere lo status di rifugiato, come dimostrano i 26 mila dinieghi e
conseguenti espulsioni ordinate dal governo olandese. Ancora Laura Boldrini:
“Quello che è avvenuto in Olanda riguarda richiedenti
asilo che non hanno ottenuto lo status di rifugiato. Per quanto riguarda poi la
tendenza europea, sicuramente è una tendenza preoccupante, sicuramente è una
tendenza ad abbassare gli standard di protezione. E questo è preoccupante,
perché se l’Europa, che è la culla del Diritto internazionale del rifugiato,
abbassa gli standard, non ci dobbiamo meravigliare poi che altri Paesi fuori
dell’Unione Europea lo facciano”.
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ASSIEME
A DON LUIGI ORIONE, PRESTO SANTO, TRE MARTIRI ORIONINI
SI
AVVIANO AGLI ONORI DEGLI ALTARI
-
Interviste con il cardinale José Saraiva Martins e padre Flavio Peloso -
In una folta conferenza stampa, svoltasi nella tarda
mattinata di ieri presso la sede della nostra emittente, la Famiglia Orionina
ha voluto illustrare con un documentario le figure di tre suoi martiri
avviati all’onore degli altari, seguaci del fondatore, don Luigi Orione, che il
16 maggio prossimo sarà proclamato Santo. Ha seguito l’incontro Giovanni
Peduto:
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Sono gli spagnoli, padre Ricardo Gil Barcelón, e il
giovane Antonio Arrué Peiró, uccisi durante la persecuzione religiosa in Spagna
nel 1936, nonché il beato polacco Francesco Drzewiecki, martirizzato dai
nazisti a Dachau. Alla conferenza stampa di presentazione c’era il cardinale
prefetto della Congregazione per le Cause dei santi, José Saraiva Martins ...
D. – Due contesti così diversi: cosa unisce questi
martiri?
R. – Il primo punto che li unisce è il fatto che essi sono
stati barbaramente uccisi, in tempi di inumane persecuzioni, non per motivi
politici, o di qualsiasi altro ordine, ma per motivi strettamente religiosi,
cioè per la loro irremovibile fedeltà a Cristo e al suo Vangelo. Essi sono
martiri di Cristo, della fede e non di una ideologia politica o sociale. Un
altro punto che unisce questi martiri orionini, è quello dell’audacia, del
coraggio nell’affrontare la morte per amore di Cristo. Un coraggio
straordinario, umanamente incomprensibile, che può provenire solo dall’azione
dello Spirito, che è essenzialmente Spirito di amore e di fortezza.
D. – Qual è il messaggio di questi martiri per l’Europa?
R. – E’ un messaggio estremamente importante e della più
scottante attualità. Il fenomeno dei martiri, dice il Papa, offre una singolare
chiave le lettura della svolta epocale che stiamo vivendo in Europa. Si tratta
di scoprire il legame profondo tra la storia di ieri e quella di oggi, tra la
testimonianza evangelica offerta coraggiosamente nei primi secoli dell’era
cristiana da tantissimi uomini e donne e la testimonianza che, anche nei giorni
nostri, non pochi credenti in Cristo continuano ad offrire al mondo, per
riaffermare il primato del Vangelo e della carità.
D. – Ed ora ci rivolgiamo al postulatore delle cause dei
Martiri orionini, padre Flavio Peloso: chi erano padre Ricardo Gil Barcelón e
Antonio Arrué Peiró?
R. – Padre Ricardo Gil Barcelón nacque a Manzanera in
Spagna, nel 1873. La sua vita fu molto avventurosa, per scelta e per le vicende
accadutegli. Fu soldato, musico, uomo molto colto, pellegrino, personalità
vivacissima ed inquieta. Nel 1910 incontrò don Orione a Roma e ne divenne seguace
fedele, incrollabilmente saldo nella fiducia della Divina Provvidenza. Fu per
vari anni in Italia, poi don Orione lo inviò in Spagna ad aprire un’opera di
carità. Padre Ricardo, a Valencia, aprì un ostello per i poveri. Durante la
persecuzione religiosa venne arrestato ed invitato a rinnegare la sua fede in
cambio della vita. Morì gridando: “Viva Cristo Re!”. Era il 3 agosto 1936.
Accanto a lui c’era un giovane aspirante della Congregazione, Antonio Arrué
Peiró, nativo di Calatayud, in Spagna, di 28 anni. Era il braccio destro di
padre Ricardo nel soccorrere i poveri. Al vedere il Padre cadere sotto la
raffica dei fucili, Antonio gli balzò accanto per sorreggerlo; una guardia gli
fracassò il cranio con il calcio del fucile e l’uccise. Di entrambi è concluso
il processo di beatificazione. Speriamo di vederli presto beati: martiri della
carità e della fede.
D. – Chi era Francesco Drzewiecki?
R. – Lo scenario di vita è la Polonia, ove don Francesco
nacque, nel 1908, a Zduny. Entrò adolescente nella Congregazione del beato don
Luigi Orione. Dopo gli studi liceali e filosofici, nel 1931 andò in Italia, a
Tortona, per il noviziato e la teologia. Crebbe accanto al beato e prossimo
santo, don Orione. Ritornato in Polonia nel dicembre del 1937, don Francesco si
occupò di una parrocchia e del Piccolo Cottolengo di Wloclawek. Qui lo
sorpresero i noti e tremendi eventi bellici, scatenatisi a partire dall’invasione
tedesca del primo settembre 1939. L’occupazione nazista si trasformò ben presto
anche in persecuzione religiosa. Il 7 novembre di quel 1939, don Francesco fu
arrestato e cominciò una lunga via crucis di umiliazioni e sofferenze:
Wloclawek, Lad, Szczyglin, Sachsenhausen e infine Dachau. Dopo due anni di
stenti e di lavori forzati, fu eliminato con i gas il 13 settembre 1942. Aveva
solo 34 anni e 6 di sacerdozio.
D. – Un episodio significativo della vita di Drzewiecki
...
R. – Al lager era strettamente vietato farsi vedere
pregare. Ma don Francesco continuò a sentirsi e a fare il prete. Un testimone
ha ricordato di essere stato con don Drzewiecki a lavorare nelle piantagioni.
Ebbene, mentre erano piegati sul campo di lavoro, a togliere erbaccia o fare
altro, tenevano davanti, a turno, la scatoletta dell’Eucaristia e facevano
adorazione. L’Eucaristia dava loro forza, dignità e speranza in quel luogo di
sopraffazione e abbrutimento.
Assieme al cardinale Saraiva Martins e a padre Peloso,
alla conferenza stampa, attentamente seguita da un folto pubblico, erano anche
presenti Silvia Correale, postulatrice ed esperta dei Martiri spagnoli; Jacek
Moskwa, giornalista del Rzeczpospolita di Varsavia; e Sante Altizo, regista
della Nova T, che hanno poi risposto alle domande dei partecipanti.
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22
febbraio 2004
LA VALORIZZAZIONE DELLA DOTTRINA
SOCIALE DELLA CHIESA IN AFRICA:
E’ IL TEMA AL CENTRO DELLA VISITA
DEL CARDINALE
RENATO RAFFAELE MARTINO IN KENYA.
IL PORPORATO SARA’
NEL PAESE AFRICANO FINO AL 27
FEBBRAIO
NAIROBI. = A dieci anni dalla
sua fondazione, l’Istituto di servizio sociale dell’università cattolica
dell’Africa Orientale a Nairobi, in Kenya, riceve la visita del presidente del
Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, cardinale Renato Raffaele
Martino. Il porporato inaugurerà il 23 febbraio prossimo il Congresso
commemorativo, sul tema: “Problemi contemporanei per uno sviluppo integrale e
sostenibile”. L’Istituto forma sacerdoti, religiosi e laici alla comprensione
della dottrina sociale della Chiesa, in vista di un impegno concreto nella
società africana. Il cardinale Martino, che si tratterrà in Kenya fino al 27
febbraio, avrà, inoltre, incontri con le autorità dei due Programmi delle
Nazioni Unite presenti a Nairobi, quello per l’ambiente (Unep) e quello per gli
insediamenti urbani (Un-Habitat), nonché con le Commissioni Giustizia e Pace
del Kenya e con alcune autorità di governo. La visita del presidente del
Pontificio Consiglio, incentrata sulla valorizzazione della dottrina sociale
cristiana in Africa, avviene nell’imminenza della pubblicazione da parte del
Dicastero vaticano dell’annunciato compendio della stessa dottrina sociale. Il
documento riassumerà per la prima volta i principi fondamentali
dell’insegnamento ecclesiale al riguardo, alla luce delle storiche encicliche
papali in questo campo, dalla ‘Rerum Novarum’ di Leone XIII, alla ‘Sollicitudo
Rei Socialis’, alla ‘Centesimus Annus’ di Giovanni Paolo II. (B.C.)
PIU’ IMPEGNO DEI MASS MEDIA NELLA
PROMOZIONE DI VALORI SANI.
E’ L’INVITO DELLA SEZIONE INDIANA
DI “SIGNIS”, L’ORGANIZZAZIONE
MONDIALE CATTOLICA PER IL CINEMA
E LA RADIO-TELEVISIONE
NEW
DELHI. = Oltre cento professionisti del mondo dell’informazione si sono riuniti
nella capitale indiana per discutere degli effetti della comunicazione sociale
sul mondo dell’infanzia. L’incontro è stato organizzato dalla sezione indiana
di “Signis”, l’organizzazione mondiale cattolica per il cinema e la
radio-televisione, che ha lanciato un allarme sull’immagine distorta della
vita, trasmessa dai mass-media. A sottolineare questa preoccupazione,
l’intervento di mons. Vincent Concessao, arcivescovo di Delhi, che all’apertura
del seminario ha sottolineato l’importanza di promuovere valori sani, evitare
pregiudizi e non lasciare spazio al permissivismo morale. Inoltre, ha ricordato
le conclusioni della recente plenaria di Trichur, in cui i vescovi hanno
riconosciuto l’incidenza dei mezzi di comunicazione sociale nella missione
della Chiesa. Da queste premesse, è nato l’invito di mons. Concessao ai
produttori televisivi affinché diano più attenzione ai bambini emarginati e si
facciano promotori di una cultura della comunicazione, che favorisca la pace e
l’armonia nel Paese. Durante il seminario, anche gli altri relatori hanno
sottolineato le conseguenze di possibili danni arrecati da una forte
sovraesposizione televisiva dei bambini, in particolare gli effetti sul loro
sviluppo fisico, intellettuale e sulla loro socializzazione. (B.C.)
SI SVOLGERA’, DAL 29 AL 31 MARZO,
A CITTA’ DEL MESSICO IL “TERZO
CONGRESSO MONDIALE DELLE FAMIGLIE”. IN PRIMO PIANO IL RAPPORTO TRA IL
NUCLEO FAMILIARE E LO SVILUPPO UMANO
CITTA’
DEL MESSICO. = Promuovere l’integrazione tra uomini e donne partendo da una
prospettiva familiare e formare un’alleanza mondiale. Questo è l’obiettivo
dichiarato del Terzo Congresso Mondiale della Famiglia, che partirà il prossimo
29 marzo e che cade nel decimo anniversario dell’anno internazionale della
famiglia. Il tema di quest’edizione è “la famiglia naturale e il futuro delle
nazioni”, un argomento su cui si incentreranno gli interventi di molti
relatori, tra cui il cardinale Alfonso Lopez Trujillo, presidente del
Pontificio consiglio per la famiglia e il cardinale Renato Martino, presidente
del Pontificio consiglio “Giustizia e Pace”. L’agenzia Fides riferisce che
parteciperanno al congresso 300 associazioni impegnate nella promozione della
solidarietà nella società e nel sostegno ai valori della famiglia. Si calcola
che saranno 2.500 i leader provenienti da 70 nazioni diverse che interverranno
a Città del Messico. Si tenterà di dare una risposta a diversi interrogativi in
particolare quali sono le conseguenze dell’indebolimento del nucleo familiare e
cos’è lo sviluppo umano incentrato sulla famiglia. Il programma del convegno
prevede l’approfondimento di tali questioni. Per la prima giornata di lavori,
il dibattito sarà sul tema “Famiglia e
sviluppo umano”, il giorno successivo verrà esaminata la questione delle
famiglie in rapporto all’economia, infine nella giornata conclusiva si toccherà
il tema “Famiglia, governo e ambito internazionale”. (B.C.)
“LA DEMOCRAZIA IN QUESTIONE.
POLITICA, CULTURA E RELIGIONE”: E’ IL TITOLO
DEL CONVEGNO CHE SI APRE MERCOLEDI A MILANO, PROMOSSO
DALLA FACOLTA’ TEOLOGICA
DELL’ITALIA SETTENTRIONALE
MILANO.
= La democrazia non solo come forma di potere politico ma come ideale civile
associato al rispetto della persona, alla tolleranza e alla laicità. Con questo
obiettivo, si aprirà mercoledì prossimo, nella sala convegni della facoltà
teologica dell’Italia settentrionale di Milano, un convegno sul tema: “La democrazia in questione. Politica, cultura e religione” . A dare il via ai lavori la
relazione del prof. Pierangelo Sequeri, vice preside e docente di Teologia
fondamentale. Previsti diversi interventi tra cui quello di mons. Gianni
Ambrosio, assistente ecclesiastico generale dell’università Cattolica del Sacro
Cuore di Milano su “Democrazia e ritorno della religione”. Il tema della
religione sarà analizzato anche dal prof. Marco Cangiotti, docente di filosofia
politica. La finalità del convegno è di definire la democrazia come valore
della civiltà occidentale, dato che spesso è stata indicata come il tratto
differenziale della nuova società. (B.C.)
TESTATO UN FARMACO PER L’EPATITE C
SULLE SCIMMIE, CHE SECONDO
ALCUNI STUDIOSI OLANDESI POTREBBE AIUTARE
A COMBATTERE LA SARS
ROTTERDAM.=
Si apre uno spiraglio per una possibile cura alla Sars, il coronavirus che ha
causato molti morti soprattutto in Asia. Secondo una pubblicazione sulla
rivista Nature Medicine, alcuni ricercatori olandesi, in collaborazione
con l’Università di Hong Kong, hanno studiato il modo in cui la sindrome
respiratoria acuta intacca i polmoni. Sui macachi infettati con il virus, la
somministrazione del farmaco, particolarmente indicato nella cura dell’epatite
C, ha provocato notevoli miglioramenti. Si è osservata una riduzione della
replicazione virale, l’escrezione del coronavirus dai polmoni. Il farmaco si è
dimostrato efficace, anche se in maniera minore, sui soggetti già infettati.
Secondo gli scienziati, sarebbe utile continuare su questa sperimentazione e
magari applicarla all’uomo. Il rimedio potrebbe essere utilizzato sia a scopo
terapeutico che profilattico, specie per chi è in contatto con i malati di
Sars. (B.C.)
INIZIA DOMANI A DUBLINO UNA
CONFERENZA INTERNAZIONALE
SULLA LOTTA ALL’AIDS IN EUROPA ED
ASIA
DUBLINO.=
L’Irlanda, presidente di turno dell’Unione Europea, ospiterà da domani
un’importante conferenza internazionale che ha l’obiettivo di fare il punto
sulla lotta all’Aids, una malattia che nell’arco di 20 anni si è diffusa in
tutto il mondo, diventando così una delle prime cause di mortalità. Sono circa
40 milioni le persone che convivono con il virus dell’HIV e 2,1 milioni di
queste vivono in Europa e in Asia Centrale. La conferenza che ha per titolo
“Abbatti le barriere- un’alleanza per la lotta contro l’Aids in Europa e in
Asia Centrale”, svilupperà in particolare alcuni temi. Dalla presa di coscienza
della diffusione della malattia al miglioramento delle condizioni di vita di
chi è afflitto da questo male o chi è sieropositivo. Aprirà la conferenza il
primo ministro irlandese Berthie Ahern alla presenza del presidente del
Portogallo Jorge Sampaio, del capo del governo rumeno Adrian Nastase,
dell’arcivescovo sudafricano Desmond Tutu e dei rappresentanti
dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Assicurata anche la presenza di
Carol Bellamy, a capo dell’Unicef. Secondo un rapporto delle Nazioni Unite,
l’Europa dell’Est e alcune regioni dell’Asia Centrale hanno registrato un
particolare incremento dei casi. Su 28 paesi, le stime indicano un aumento
delle persone infettate: sono infatti tra 1, 2 e 1,8 quelle contagiate nel 2003
rispetto al 2001. L’epidemia più preoccupante riguarda la Russia, l’Ucraina, la
Bielorussia e la Moldavia. Caso emblematico l’Estonia che su una popolazione di
1,4 milioni di persone ne registra il contagio di 2.750. (B.C.)
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22
febbraio 2004
- A cura di Barbara Castelli -
In primo piano il Medio Oriente, scosso stamani da un
nuovo sanguinoso attentato. Un kamikaze si è fatto esplodere a Gerusalemme su
un autobus della linea 14, mentre la strada era affollata e il traffico
intenso, causando la morte di almeno 7 persone e il ferimento di altre 60.
L’Autorità nazionale palestinese ha subito condannato l’attentato suicida,
rivendicato dalle Brigate dei martiri di al-Aqsa, gruppo armato legato ad al
Fatah. Il servizio di Graziano Motta.
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Proveniente da un villaggio presso Betlemme, il terrorista
palestinese Mohammed Dahl si è fatto saltare in aria, poco prima delle 8.30
locali, su un autobus affollato della linea 14, che collega il centro della
città al quartiere periferico di Eincarem, che è meta, fra l’altro, di
pellegrini cristiani perché vi sorgono il Santuario Mariano della Visitazione e
quello della Nascita di San Giovanni Battista. La deflagrazione è avvenuta al
centro dell’automezzo e i passeggeri sono stati investiti anche dalle
ferraglie, che erano frammiste all’esplosivo per ampliarne gli effetti omicidi.
La rivendicazione della strage è stata fatta dalle Brigate dei martiri di al-Aqsa,
che sono emanazione di al Fatah, il partito di Arafat e di Abu Ala, anche se
entrambi hanno condannato l’accaduto. “Non ha servito gli interessi palestinesi
- hanno detto - essendo il pretesto che Israele adduce per continuare a
costruire il muro della separazione razziale”, quello che, invece, lo Stato
ebraico considera una barriera di sicurezza volta ad impedire ai palestinesi di
venire a compiere facilmente attentati contro la popolazione civile. L’ultimo attentato
analogo a questo era avvenuto il 29 gennaio scorso, sempre a Gerusalemme, in un
quartiere del centro, causando 11 morti e decine di feriti.
Per Radio Vaticana, Graziano Motta.
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Ancora grave lo stallo politico ad Haiti. Il presidente,
Jean Bertrand Aristide, ha annunciato ieri di accettare il piano di pace messo
a punto dai mediatori della delegazione ministeriale internazionale.
L’opposizione, tuttavia, non vuole venire incontro al capo di Stato. Nel Paese,
intanto, crescono i timori per il clima di violenza. Il Dipartimento di Stato
americano ha deciso di ritirare tutto il personale diplomatico non essenziale.
Barbara Schiavulli.
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Resta solo un giorno per l’opposizione politica di Haiti
per decidere se accettare il piano di pace proposto dalla delegazione diplomatica
internazionale. Dalle prime indiscrezioni sembra che il ‘no’ sia già sul tavolo
degli americani. Ieri sera il segretario di Stato statunitense, Colin Powell,
ha parlato per 40 minuti con André Apaid, il leader dell’opposizione, per
convincerlo a dare il suo consenso o almeno per cercare di prendere tempo. Il
documento prevede un nuovo primo ministro, un governo dove sono rappresentate
tutte le parti e Aristide in carica fino alla fine del suo mandato. Ma è
proprio su questo punto che si fermano le trattative. L’opposizione non ha
intenzione di negoziare se il capo di Stato non dà le dimissioni. Nel nord del
Paese, intanto, i ribelli continuano la loro avanzata. Cape Etienne resta
sempre difficile da espugnare, ma c’è già chi prevede che entro la fine della
prossima settimana possano marciare verso la capitale. Una prospettiva
spettrale per uno Stato che ormai si dirige verso il caos, se qualcuno non sarà
disposto a cedere per il bene del Paese.
Barbara Schiavulli, da Port-au-Prince, per Radio Vaticana.
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I militanti di Al Qaeda sono “chiaramente coinvolti e
attivi” nelle attività terroristiche in Iraq. Così oggi il ministro americano
della Difesa, Donald Rumsfeld, durante il suo viaggio verso il Kuwait. In Iraq,
intanto, la tensione resta alta. Un ausiliario della polizia è stato ucciso
ieri in un attacco vicino a Kirkuk, mentre a Baghdad un religioso sunnita è
rimasto vittima del fuoco di alcuni uomini armati. Elezioni democratiche ancora
lontane dunque per il Paese del Golfo. Il capo dell’Autorità civile provvisoria
statunitense in Iraq, Paul Bremer, ha annunciato ieri che per “ragioni
tecniche” non sarà possibile organizzare una tornata elettorale prima di 15
mesi.
Nuova fiammata di violenza in Uganda. Almeno 173 profughi
sono stati brutalmente uccisi ieri sera da ribelli del sedicente Esercito del
Signore (Lra). Lo riferisce l’agenzia Misna, precisando che il massacro è stato
condotto nel campo ‘Barlonyo’, a 25 chilometri da Lira, nel nord del Paese. Il
bilancio potrebbe drammaticamente salire. Nell’azione, infatti, sono rimaste
ferite una settantina di persone.
Possibile svolta nella caccia a Osama Bin Laden. Le forze
speciali americane e britanniche, infatti, avrebbero localizzato il leader di
Al Qaeda in una zona montagnosa nel nord del Pakistan, a ridosso del confine
con l’Afghanistan. A diffondere la notizia il giornale britannico ‘Sunday
Express’, citando i servizi segreti americani. A nord delle città di Khanozai e
Qetta, ci sarebbe anche il mullah Omar, ex leader dei taleban afghani. Proprio
questa mattina, nel sud dell’Afghanistan, un elicottero civile è stato
abbattuto da colpi di arma da fuoco. Nell’attentato, condotto dai guerriglieri
talebani, ha perso la vita un pilota inglese, mentre altre 3 persone sono
rimaste ferite.
I conservatori largamente in testa nelle elezioni
parlamentari di venerdì in Iran. Nell’attesa dei risultati ufficiali, attesi
per la giornata di oggi, si registrano diversi scontri nel sud-ovest del Paese.
Il servizio di Barbara Castelli.
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Vittoria dei conservatori con una partecipazione popolare
limitata. Questo, in sintesi, il quadro della situazione in Iran, in attesa dei
risultati ufficiali delle elezioni parlamentari di venerdì. L’aspetto più
preoccupante di questa giornata, tuttavia, sono gli incidenti scoppiati in
diverse città nel sud-ovest del Paese, dopo l’annuncio dei primi risultati. Gli
scontri più violenti, che hanno già causato la morte di almeno quattro persone,
si registrano nella città di Firuzabad, circa 75 chilometri a sud di Shiraz.
“E’ il popolo iraniano che esce vincitore da queste elezioni - ha detto ieri la
Guida suprema, l’ayatollah Ali Khamenei - gli americani, i sionisti e i nemici
dell’Iran sono i perdenti”. Di segno decisamente opposto i commenti dei
riformisti, svantaggiati nella tornata elettorale dopo la bocciatura, da parte
del Consiglio dei Guardiani, delle candidature di numerosi loro esponenti. “Una
minoranza è diventata maggioranza in Parlamento”, ha dichiarato Mostafa Tajzadeh,
dirigente del Fronte islamico per la partecipazione; mentre il portavoce del
ministero degli Esteri, Hamid Reza Asefi, ha ribadito che “la politica di
distensione e di espansione dei rapporti con gli altri Paesi del presidente
Mohammad Khatami non cambierà”. Nell’attesa dei risultati ufficiali, intanto,
il ministero dell’Interno ha reso noto che la partecipazione alle elezioni si
attesta al 50,5 per cento degli aventi diritto.
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Aggredito in Zimbabwe il leader dell’opposizione, Morgan
Tsvangirai. Il capo del Movimento per un cambiamento democratico è stato
attaccato ieri sera mentre si trovava nella sua auto, diretto a Buhera. Il
leader dell’opposizione è sotto processo per tradimento e tentativo di omicidio
nei confronti del presidente, Robert Mugabe. Quest’ultimo, intanto, da ieri
80.enne, ha rinunciato stamani ad assistere ad un funerale di Stato per dolori
al petto.
Il Comitato internazionale della Croce rossa ha fatto
visita ieri a Saddam Hussein, che gli americani tengono come ‘prigioniero di
guerra’ in una località sconosciuta dell’Iraq. La visita, condotta da due
delegati dell’ente umanitario, è durata due ore, il tempo sufficiente per
accertarsi delle condizioni del recluso e per esaminare il suo “stato psichico
e morale”. L’ex rais, approfittando del diritto che gli garantisce l’articolo
70 della Convenzione di Ginevra, ha consegnato alla delegazione del Cicr una
‘cartolina’ per i suoi familiari. Ma perché è così significativa questa visita?
Emer Mc Carthy lo ha chiesto ad Antonella Notari, del Comitato Internazionale
della Croce Rossa (Cicr):
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R. - Non è tanto per noi che è stato importante visitare
Saddam. Mi sembra sia stato importante soprattutto per i media, perché hanno
coperto questa storia in maniera molto sproporzionata rispetto al resto del
lavoro che facciamo. Noi abbiamo visitato in Iraq, da marzo dell’anno scorso,
più di 10 mila persone detenute dalle forze della coalizione. Continuiamo
questo lavoro e facciamo regolarmente delle visite a queste persone. Scambiamo
dei messaggi tra loro e le loro famiglie, cerchiamo di verificare come sono
trattati e in che condizioni sono detenuti, e se necessario facciamo delle
raccomandazioni alle autorità detentrici.
D. - Il Cicr in Iraq non è più presente come prima, in
questa fase difficilissima del dopo guerra. Come vede lei il futuro della Cicr
in Iraq? Potrete tornare un’altra volta ed avere una presenza più numerosa, per
aiutare in questi momenti difficili di violenza?
R. - Questa è la nostra speranza. E’ stata una grossa
delusione essere stati attaccati direttamente a Baghdad, dopo quasi 20 anni di
lavoro in questo Paese e in quella città. Comunque, oggi la presenza del
Comitato Internazionale della Croce Rossa è molto limitata. Cerchiamo di
intervenire, per quello che possiamo, nelle prigioni e anche nelle situazioni
di estrema urgenza. Speriamo un giorno di poter ritornare, per occuparci soprattutto
delle famiglie, delle persone scomparse in questi ultimi anni, in questi ultimi
decenni, nelle varie guerre in Iraq, che ci sembra un grosso problema umanitario.
La ricostruzione del Paese, comunque, deve essere fatta oggi dai governi della
forza di occupazione e domani da un governo iracheno, si spera con l’aiuto della
comunità internazionale.
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“Andrò avanti, quali che siano i problemi e le pressioni”.
Con queste parole ieri il premier britannico, Tony Blair, ha confermato
l’intenzione di candidarsi per un terzo mandato governativo. “Il momento è duro
- ha dichiarato al giornale ‘News of the worlds’ - ma io sono una persona più
dura rispetto a sei o sette anni fa”. Le elezioni politiche in Gran Bretagna
sono previste a metà del 2006, ma è possibile che lo stesso Blair decida di anticiparle
all’anno prossimo.
Colpita due volte oggi in Italia la criminalità
organizzata. La Polizia di Stato ha arrestato a Reggio Calabria il boss della
‘Ndrangheta, Orazio De Stefano, mentre i carabinieri del Ros hanno bloccato a
Bari Palese il presunto capo della ‘Sacra Corona Unita’, Corrado Cucurachi. Il
primo, 45 anni, era considerato uno dei 5 latitanti più pericolosi d’Italia,
mentre il secondo è accusato di associazione di stampo mafioso e traffico
internazionale di droga.
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