RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n. 49 - Testo della
Trasmissione di mercoledì 18 febbraio
2004
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
Il cardinale Kasper da
Mosca: no ad una deliberata strategia di proselitismo
OGGI IN PRIMO PIANO:
Oggi e domani, a Roma, la
27.ma Sessione annuale dell’esecutivo dell’Ifad
CHIESA E SOCIETA’:
Via libera dell’Olanda
alla nuova legge sull’immigrazione
Per la prima volta in
Mozambico è una donna il nuovo primo ministro.
L’epidemia di febbre dengue
continua a provocare vittime in Indonesia.
In
Iran 182 i morti per l’esplosione di un treno carico di materiale
combustibile
La Croce Rossa critica il muro che Israele sta costruendo
in Cisgiordania
Oggi
pomeriggio a Berlino il discusso vertice tra Francia, Germania e Gran Bretagna
18
febbraio 2004
DIO HA PREDESTINATO L’UOMO ALLA SALVEZZA SIN DAL TEMPO
DELL’ETERNITA’ DIVINA CHE PRECEDE LA CREAZIONE.
LO HA DETTO IL PAPA ALL’UDIENZA GENERALE IN AULA
PAOLO VI
- Servizio di Alessandro De Carolis -
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Dio desidera appassionatamente la nostra salvezza, alla
quale ci ha predestinati ancor prima dell’inizio del cosmo, attraverso il
sacrificio di Cristo. Una verità netta e luminosa, che si staglia all’interno
della Lettera agli Efesini. Giovanni Paolo II ha preso spunto dall’inno di
benedizione che apre il testo di Paolo per la prima di una serie di meditazioni
che occuperanno le prossime udienze generali. Nella sua catechesi del mercoledì
in Aula Paolo VI, davanti a circa 9 mila persone, il Papa ha introdotto il
cantico, definendolo un inno “splendido” e “solenne”: una sorta di “maestosa
costruzione” destinata a illustrare, fin dalle prime righe, il “prima” che
precede il tempo e la creazione. Ovvero, ha affermato, “l’eternità divina,
nella quale già prende vita un progetto che ci supera”, una “pre-destinazione”
appunto, che non è altro che il disegno d’amore, gratuito, di un destino di
salvezza e di gloria. In questo “progetto trascendente”, ha detto il Pontefice,
sono compresi gli estremi: la creazione e la redenzione, il cosmo e la storia
umana”. Nella “sua benevolenza”, ha ripetuto il Papa con le parole di San
Paolo, Dio aveva deciso di “ricapitolare
in Cristo” tutte le cose: di “riportare a un ordine e a un senso profondo tutte
le realtà, quelle celesti e quelle terrene”:
“La signoria di Cristo si estende, perciò, sia al cosmo
sia a quell’orizzonte più specifico che è la Chiesa (...) Questa sorta di Salmo
neotestamentario fissa l’attenzione soprattutto sulla storia della salvezza che
è espressione e segno vivo della ‘benevolenza’, del ‘beneplacito’ e dell’amore
divino”.
Il Papa ha proseguito la riflessione sul Cantico,
riproponendo il commento di un grande padre e maestro della Chiesa, san
Giovanni Crisostomo. Essere stati benedetti in Cristo, osserva l’antico vescovo
di Costantinopoli, significa aver ricevuto tutto. “Che cosa ti manca, infatti? – domanda ai suoi fedeli di
un tempo e a noi oggi - Sei diventato immortale, sei diventato libero, sei
diventato figlio, sei diventato giusto, sei diventato fratello, sei diventato
coerede, con lui regni, con lui sei glorificato”. E Dio ha
fatto tutto questo per noi - continua Giovanni Crisostomo – “secondo il
beneplacito della sua volontà”. Che cosa significa questo? Significa che Dio
appassionatamente desidera e ardentemente brama la nostra salvezza”. E per
quale motivo ci vuol tanto bene?, si chiede ancora. “Per sola bontà: la ‘grazia’,
infatti, è propria della bontà”.
Al momento conclusivo dei saluti - oltre a rivolgere un
pensiero alla delegazione dell’Università polacca di Opole, che ieri ha
consegnato al Papa una laurea honoris causa - Giovanni Paolo II ha
salutato, tra gli altri, il cardinale vicario Camillo Ruini e gli studenti
riuniti a Roma con lui per riflettere sul tema “Testimoni del Vangelo in
Università”, oltre ai rappresentanti dell’Unione cattolica artisti, ai quali il
Pontefice ha additato come modello il Beato Angelico, loro patrono.
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OGNI
CREDENTE E’ CHIAMATO AD ESSERE SANTO E A VIVERE IN MODO STRAORDINARIO IL
QUOTIDIANO: COSI’ IL PAPA AI VESCOVI AMICI DEI FOCOLARI
PRESENTI
CON CHIARA LUBICH ALL’UDIENZA GENERALE
Il
Papa, alla fine dell’udienza generale, ha salutato anche alcuni cardinali, tra
cui l’arcivescovo di Praga Miloslav Vlk, e i vescovi amici del “Movimento dei
Focolari” presenti nell’aula Paolo VI
con Chiara Lubich, che stanno partecipando
in questi giorni, presso il Centro Mariapoli di Castel Gandolfo, a un
convegno sulla santità. Per quest’occasione Giovanni Paolo II ha consegnato
loro un messaggio. Ce ne parla Sergio Centofanti.
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Ogni battezzato, ogni fedele è chiamato a essere santo. Il
Papa ribadisce quanto è stato espresso dal Concilio Vaticano II. Si tratta di
una “esigenza primaria da proporre a tutti i membri del Popolo di Dio”. “Solo
infatti una comunità cristiana splendente di santità – dice il Papa - può
compiere efficacemente la missione affidatale da Cristo, quella cioè di diffondere
il Vangelo sino agli estremi confini della terra”. “I battezzati sappiano
vivere con coerenza il Vangelo nella quotidianità: in famiglia, nell’attività
lavorativa, in ogni relazione e occupazione. E’ proprio nell’ordinario –
aggiunge Giovanni Paolo II - che si deve vivere lo straordinario, così che la
“misura” della vita tenda all’“alto”, cioè alla “piena maturità di Cristo”. La
Vergine Maria “sia il modello sublime” a cui sempre ispirarsi: “in Lei si compendia
la santità del Popolo di Dio, perché in Lei risplende nella massima umiltà la
perfezione della vocazione cristiana”.
Il Pontefice ricorda la lettera apostolica “Novo Millennio
Ineunte”, dove chiede a tutti i fedeli di non “accontentarsi di una vita
mediocre” che, per un cristiano, sarebbe “un controsenso”: occorre invece
essere testimoni radicali dell’amore di Dio. “Se mancherà la carità – scrive il
Papa – tutto sarà inutile”.
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NOMINE
Il Santo Padre ha nominato Vescovo di Zé Doca (Brasile)
padre Carlo Ellena, sacerdote fidei donum
dell’arcidiocesi di Torino, finora segretario esecutivo del Regionale Nordeste 5 della Conferenza episcopale
del Brasile. Mons. Ellena è nato a Valperga, arcidiocesi di Torino, il 28
marzo 1938. Ordinato sacerdote il 29
giugno 1962, è stato inviato in Brasile all’inizio del 1974, come sacerdote fidei donum dell’arcidiocesi di Torino,
al servizio della diocesi di Zé Doca.
Rientrato in Italia nel 1993 è stato parroco della parrocchia di San
Gioacchino a Torino. Tornato in Brasile nel 1997, a servizio della diocesi di
Ponta de Pedras, ha svolto la mansione di rettore del Seminario maggiore
diocesano. Dal 2001 è Segretario esecutivo del Regionale Nordeste 5 della Conferenza Episcopale del Brasile.
ENTRA
NEL CUORE DEI TEMI ECUMENICI LA VISITA DEL CARDINALE WALTER KASPER, PRESIDENTE
DEL PONTIFICIO CONSIGLIO PER L’UNITA’ DEI CRISTIANI, DA IERI A MOSCA, SU INVITO
DEI PRESULI CATTOLICI DELLA FEDERAZIONE RUSSA.
IL
RAPPRESENTANTE DELLA SANTA SEDE SI E’ DETTO CONTRARIO
AD UNA
STRATEGIA DELIBERATA DI PROSELITISMO
- Il
servizio di Roberta Gisotti -
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Sono
venuto “con la speranza di voltare pagina ed aprirne una nuova, una pagina
d’amicizia”: le prime parole del cardinale Walter Kasper, raccolte ieri dalla
stampa a Mosca, sono state dedicate al tema dell’ecumenismo e dei rapporti tra
la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa russa. Ed oggi una nuova apertura al
dialogo su uno dei punti, forse il più spinoso, di contrasto tra le due
confessioni il problema del proselitismo: “Nella misura in cui noi riconosciamo
la Chiesa ortodossa quale Chiesa vera ed i suoi sacramenti come autentici, non
si può avere – ha detto il porporato - una politica deliberata o una strategia
d’evangelizzazione dei cristiani ortodossi. Una visita molto attesa questa del
cardinale Kasper, che arriva a quattro anni da una precedente visita nella
capitale russa del presidente del Pontificio Consiglio per l’unità dei
Cristiani e dopo l’annullamento di un’altra visita lo scorso anno. Una tappa comunque
importante nel cammino di dialogo ecumenico. Il cardinale Kasper non ha
nascosto l’esistenza di problemi tutt’ora irrisolti: “esistono – ha detto –
molti ostacoli e pregiudizi, ma con la buona volontà e l’aiuto di Dio
riusciremo a superarli”.
E
veniamo al programma della visita. Oggi l’incontro con i vescovi cattolici
della Federazione russa, in un clima di grande gioia, come testimoniato
dall’arcivescovo metropolita di Mosca, Tadeusz Kondrusiewicz, che ha dichiarato
come questa visita sia per tutti i cattolici “un segno di speranza”, anche per
dare nuovo impulso ai rapporti con gli ortodossi. Il cardinale Kasper ha tenuto
stamane nella cattedrale cattolica di Mosca una conferenza dal titolo
“L’Ortodossia e la Chiesa cattolica”,
presenti un centinaio di persone, oltre ai presuli cattolici, il portavoce del Patriarcato
ortodosso padre Igor Vizhanov, che ha commentato “questo è un discorso
equilibrato”, riferendosi al problema del proselitismo, auspicando che “le
buone parole” del cardinale Kasper “siano seguite da atti concreti”.
Domani quindi il porporato sarà a colloquio
con il vescovo metropolita di Smolensk e Kaliningrad, Kirill, presidente del
Dipartimento delle relazioni ecclesiastiche estere del Patriarcato di Mosca.
“Un incontro di lavoro non ufficiale”, ha precisato ieri lo stesso padre
Vizhanov, che non ha né confermato né escluso del tutto la possibilità nei
prossimi giorni di un incontro - in un primo tempo previsto - anche con il
Patriarca di Mosca e di tutte le Russie, Alessio II, che al momento sarebbe
ammalato e fuori dalla capitale russa.
Da
registrare nei giorni scorsi le dure critiche rivolte dal Patriarcato di Mosca
alla Santa Sede circa l’eventuale istituzione in Ucraina occidentale di un Patriarcato
per la comunica greco-cattolica, provvedimento che ha incontrato la condanna di
tutte le Chiese ortodosse, ben 14 quelle interpellate, tra cui anche il parere
decisamente contrario del Patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I.
Si prevede allora che questo nuovo delicato e complesso tema sarà in primo
piano nei colloqui del cardinale Kasper a Mosca.
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20 ANNI FA LA FIRMA DELL’ACCORDO DI REVISIONE DEL CONCORDATO
TRA SANTA SEDE E STATO ITALIANO
- Intervista con l’ambasciatore
italiano presso la Santa Sede, Giuseppe Balboni Acqua -
Esattamente
20 anni, il 18 febbraio del 1984, fa
veniva firmato a Roma a Villa Madama l’Accordo di revisione del Concordato del
1929 tra Santa Sede e Stato italiano.
Il documento veniva sottoscritto dal cardinale segretario di Stato vaticano
Agostino Casaroli e dal presidente del Consiglio italiano Bettino Craxi. Questa
sera si svolgerà all’Ambasciata d’Italia presso la Santa Sede l’annuale ricevimento
celebrativo dell’evento. Sulle novità apportate dalla revisione del Concordato
Giovanni Peduto ha intervistato il neo ambasciatore italiano presso la Santa
Sede, Giuseppe Balboni Acqua.
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R. - Il Concordato ed il Trattato del Laterano del 1929
avevano la seguente premessa: “In nome della Santissima Trinità”. L’Accordo del
1984 ha invece un semplice proemio in cui si fa riferimento al processo di
trasformazione politica e sociale verificatosi in Italia negli ultimi decenni e
si ricordano le dichiarazioni del Concilio Ecumenico Vaticano II circa la
libertà religiosa ed i rapporti tra la Chiesa e la comunità politica, nonché la
nuova codificazione del diritto canonico promulgata nel 1983 che modifica
quella pio-benedettina del 1917. La religione cattolica cessa di essere la sola
religione dello Stato e cade quindi la caratterizzazione confessionale
dell’ordinamento statale. La Conferenza episcopale italiana che non era
interlocutore dello Stato all’epoca del precedente Concordato, acquista
personalità giuridica.La nomina dei titolari di Uffici ecclesiastici è
liberamente effettuata dall’Autorità ecclesiastica (non ci è più l’impegno di
prenotificazione al Governo per assicurarsi che non vi siano ragioni di
carattere politico da sollevare contro la nomina).L’apprendimento della
religione cattolica nelle scuole pubbliche è facoltativo. L’insegnamento della
religione cattolica perde ogni impostazione confessionalistica: non è più
“fondamento e coronamento dell’istruzione pubblica” come nel vecchio
Concordato, ma è semplicemente riconoscimento del valore della cultura
religiosa e dell’appartenenza dei principi del cattolicesimo al patrimonio
storico del popolo italiano. Nuovo sistema per il sostentamento del cero con
conseguente abolizione delle con conseguente abolizione delle congrue.
L’introduzione dell’8 per mille affida alla scelta dei fedeli la determinazione
del flusso finanziario da devolvere alle necessità del clero. Il matrimonio
canonico produce effetti civili ma la relativa norma non richiama più la sua
natura sacramentale. Viene introdotta la doppia giurisdizione in materia di
nullità del matrimoni concordatari (non è più automatica la “delibazione” della
sentenza). La collaborazione tra la Santa Sede e la Repubblica italiana, nel rispettivo
ordine, per la tutela del patrimonio storico ed artistico. Le disposizioni
finali dell’Accordo del 1984 stabiliscono che “se in avvenire sorgessero difficoltà
di interpretazione o di applicazione, la Santa Sede e la Repubblica italiana
affideranno la ricerca di un’amichevole soluzione ad una Commissione paritetica
da loro nominata”. L’introduzione dell’Accordo del 1984 dello strumento della
Commissione paritetica come congegno negoziale consente di superare eventuali
difficoltà senza traumi e senza rottura. Le norme dell’Accordo predetto hanno
cercato di adeguare alcuni dei tradizionali istituti delle relazioni tra Stato
e Chiesa cattolica al mutamento della situazione politico-sociale, in
considerazione anche della progressiva laicizzazione dei costumi, mantenendo
fermo il caposaldo dell’irrilevanza per lo Stato italiano sul piano
dell’uguaglianza e dei diritti fondamentali, della credenza religiosa degli individui.
D. – Come vede gli attuali rapporti tra Vaticano e Italia?
R. – Sono ottimi. Vorrei terminare questa intervista
citando alcune espressioni rivolte dal presidente della Repubblica a Giovanni
Paolo II in occasione della visita ufficiale in Vaticano nell’ottobre 1999. Il
presidente Ciampi si riferisce al suo intervento in Parlamento in occasione del
suo insediamento del maggio 1999, ricordando come lo sforzo europeo per la pace
debba vedere in prima fila noi italiani, “che abbiamo l’onore di convivere con
la Chiesa cattolica, suprema istituzione di pace, e con la Sua persona,
riferimento universale dei più alti valori umani”. Egli successivamente
aggiunse che “i rapporti fra la Santa Sede e l’Italia si sviluppano in modo
intenso e costruttivo. La Chiesa è portatrice di istanze e di attese che
permeano la società italiana, una società che ha come riferimento centrale la
famiglia e i suoi valori. Il senso della famiglia è profondamente radicato nel
popolo italiano; è elemento costitutivo della sua identità, patrimonio da
preservare gelosamente per il bene delle future generazioni. Ogni segno di
crisi di questo nucleo fondante, come quello delle culle vuote per difficoltà
economiche o per sfiducia nell’avvenire, preoccupa e sollecita appropriate
politiche di sostegno”. Ebbene, queste frasi io ho sottolineato in occasione
della presentazione delle mie lettere credenziali al Sommo Pontefice il 9 gennaio
2004.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre la prima pagina l'Iraq,
dove continua a scorrere sangue; un doppio attacco kamikaze, a
Sud di Baghdad, ha provocato più di dieci morti ed un centinaio di feriti.
Nelle vaticane, la catechesi e
la cronaca dell'udienza generale.
Nel cammino della Chiesa in
Asia, un articolo di Gianluca Biccini sui progetti promossi, in India,
dall'Associazione italiana "Amici di Raoul Follereau".
Nelle estere, Haiti: governo ed
opposizione favorevoli ad una forza internazionale per fermare le violenze.
Sudan: alla stretta finale i
colloqui di pace per il Sud.
Nella pagina culturale, un
articolo di Piero Amici sul "cammino spirituale" di Alfred Doblin,
l'autore di "Berlin, Alexanderplatz"
Nelle pagine italiane, un
articolo di Gaetano Vallini sull'accorato appello lanciato da un abitante di
Barletta - attraverso il nostro giornale - affinché vengano aiutate sua figlia
ed il suo nipotino affetti da sclerosi tuberosa.
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18
febbraio 2004
“TESTIMONI DEL VANGELO
IN UNIVERSITÀ”:
IL TEMA DELL’INCONTRO DI QUESTA
SERA ALLA LATERANENSE
TRA IL CARDINALE RUINI E GLI
UNIVERSITARI DI ROMA
“Testimoni
del Vangelo in Università”. Questo il tema dell’incontro del Cardinale Vicario,
Camillo Ruini, con gli universitari di Roma, che si svolgerà questa sera alle
19, alla Pontificia Università Lateranense. La serata inizia con un momento di
preghiera davanti all’Icona della Vergine di Loreto, seguito da testimonianze
di docenti, studenti e cappellani universitari. Mons. Lorenzo Leuzzi, direttore
dell’Ufficio diocesano per la pastorale universitaria, illustrerà i nuovi
percorsi d’impegno della pastorale del settore. Ce ne parla al microfono di
Dorotea Gambardella.
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R. – Il
rafforzamento delle cappellanie universitari e il rafforzamento dei laboratori
culturali in università e una maggiore collaborazione tra le parrocchie e le
cappellanie universitarie: sono i tre pilastri su cui ci stiamo muovendo per
raggiungere un maggior numero di studenti.
D. – In
che misura docenti e studenti possono rendersi testimoni del Vangelo in ambito
universitario?
R. –
Stiamo cercando che le cappellanie universitarie possano essere veramente un
luogo dove i giovani possono ascoltare la Parola, celebrare l’Eucaristia, avere
momenti per la direzione spirituale, programmare insieme iniziative di annuncio
nel mondo universitario. Il secondo livello, che coinvolge più direttamente gli
studenti e i docenti è la loro presenza in facoltà, per testimoniare che il
Vangelo è in grado di accogliere le sfide della cultura universitaria e
orientarle, queste sfide, che la cultura universitaria oggi vive in maniera anche
drammatica: pensiamo a tutti i problemi sollevati dalla ricerca tecnologica
sulla vita umana ...
D. –
Che cosa significa un’università permeata dal messaggio evangelico?
R. –
Credo che una università che voglia recuperare l’ispirazione cristiana, debba
interrogarsi sul senso del fare ricerca nel senso dello studio e anche e soprattutto
del servizio che l’università, oggi, è chiamata a rendere per la crescita della
società.
D. –
Quali sono le problematiche maggiori per gli universitari? Ci risponde Sabrina
Mazzocchi, studentessa dell’ateneo romano di Tor Vergata:
R. – Il
grosso male di oggi è non saper comunicare; non sapersi rapportare al mondo esterno:
ci copriamo dietro al fatto di essere impegnati all’università. Questo è un obiettivo
importante: riuscire a scardinare questi muri perché gli studenti possano
avvalersi di un aiuto che possa aprire le porte della vita a 360°, non solo in
un unico senso. E allora, questo è l’impegno che oggi cerchiamo da tutti quei
ragazzi che sono già sensibilizzati e che possono dare un aiuto concreto a
questo tipo di missionarietà universitaria.
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SOTTO
ACCUSA LE RELAZIONI COMMERCIALI INTERNAZIONALI
NELLA
PRIMA GIORNATA DELL’ASSEMBLEA ANNUALE DELL’IFAD,
INAUGURATA
STAMANE NEL PALAZZO DEI CONGRESSI A ROMA
Al via stamani al Palazzo dei Congressi di Roma la 27.ma
sessione annuale del consiglio esecutivo dell’Ifad, l’agenzia dell’Onu impegnata
nella lotta alla povertà rurale. Ad aprire la due giorni di lavori è stato il
presidente del Burkina Faso, Blaise Compaoré. L’incontro di quest’anno è
incentrato sul ruolo del commercio per lo sviluppo delle aree rurali. A seguirlo
per noi, c’è Alessandro Gisotti:
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“I mercati
devono lavorare per l’eliminazione della povertà e non contro i poveri”. E’
l’avvertimento del presidente dell’Ifad, Leonard Bage, che nell’Assemblea plenaria
ha sottolineato come al momento i sussidi e le politiche commerciali protezionistiche
stiano danneggiando i Paesi in via di sviluppo. E’ allora necessario affrontare
ed eliminare i vincoli politici e materiali, che operano contro l’attribuzione
di potere ai poveri che vivono nelle campagne.
In un discorso molto atteso, il presidente del Burkina
Faso, Blaise Compaoré, ha affermato che la scadente performance del settore
agricolo africano è in gran parte dovuta alle disuguaglianze che pervadono le
relazioni commerciali internazionali. In Burkina Faso, per esempio, nel corso
degli ultimi sette anni la produzione di cotone è aumentata dal 400 per cento e
tuttavia i produttori di cotone del Paese, come di ogni altra area dell’Africa
occidentale, lamentano una perdita di 150 milioni di dollari all’anno in
entrate dalle esportazioni, proprio a causa dei sussidii dei Paesi industrializzati
alle proprie agricolture. Compaoré non ha poi mancato di mettere l’accento sullo
straordinario ruolo che le donne possono svolgere nello sradicamento della
povertà del continente africano.
Dal canto suo il direttore generale della Fao, Jacques
Diouf, ha ribadito l’impegno della sua organizzazione a lavorare con l’Ifad per
combattere la fame nel mondo ed ha esortato la Comunità internazionale a fare
di più sul fronte della lotta alla povertà, altrimenti sarà impossibile
raggiungere gli obiettivi stabiliti al Vertice del Millennio. Parole, queste,
che hanno fatto eco a quelle del segretario generale dell’Onu, Kofi Annan, che
in un messaggio inviato per l’occasione ha sottolineato come gli agricoltori
dei Paesi poveri debbano essere messi in grado di usufruire dei vantaggi e
della liberalizzazione del commercio internazionale.
La due giorni di lavoro prosegue con una serie di tavole
rotonde che, tra oggi e domani, si concentreranno sul tema: “Commercio e
sviluppo rurale, sfide ed opportunità per i poveri delle campagne”.
Per la Radio Vaticana, dal Palazzo dei Congressi, in Roma,
Alessandro Gisotti.
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IL
GOVERNO DI HAITI CHIEDE L’APPOGGIO DELLA COMUNITA’
INTERNAZIONALE MENTRE SI ALZA LA TENSIONE E SI AGGRAVA L’EMERGENZA UMANITARIA
-
Intervista col vescovo Pierre Dumas -
Il governo di Haiti chiese l’appoggio della comunità
internazionale per far fronte alla rivolta armata, in atto da due settimane,
che ha già causato oltre 50 morti ed ha fatto precipitare l'isola
nell’emergenza umanitaria. La violenza si estende e gli insorti, che contestano
il presidente, Jean-Bertrand Aristide, conquistano sempre più terreno. Il governo
di Port-au-Prince ha assistito impotente alla presa da parte delle milizie
ribelli anche della città di Hinche, al
confine con la Repubblica Dominicana.
Il premier haitiano, Neptune, ha invocato la presenza di
una forza internazionale nell’isola, senza però fare diretto riferimento alla
proposta avanzata ieri dal ministro degli Esteri francese, Dominique de
Villepin, di inviare “una forza di pace” ad Haiti. De Villepin ha spiegato di
agire nell’ambito delle Nazioni Unite, che hanno già inviato una missione
umanitaria, e di voler promuovere un processo di dialogo. La proposta di Parigi
è stata accolta con favore da una fazione dell’opposizione politica interna, ma
è stata bocciata dagli Stati Uniti. Il segretario di Stato Usa, Powell, ha
detto che “non verrà accettata alcuna soluzione alla crisi che preveda l'uscita
di scena del presidente eletto”. Ma c’è ancora spazio per il dialogo ad Haiti?
Risponde il vescovo ausiliare di Port-au-Prince, mons. Pierre Dumas, al
microfono di Lucas Duran:
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R. – Finora io credo di sì. Se ognuno lascia i propri
interessi e vede il bene della nazione, penso che sia possibile aprire una
finestra per il dialogo e far tacere la voce delle armi.
D. – Un compromesso di questo tipo può prevedere il
mantenimento in carica del presidente Aristide?
R. – Io so che in questo momento il presidente è una
figura molto contestata e anche una figura che non riesce a pacificare la
nazione. E’ una figura che fa scatenare molte passioni.
D. – Quindi voi ripetete quanto già affermato. Voi vescovi
avete detto che per il bene di un popolo può anche essere necessario fare un
passo indietro: pensavate alla possibilità di dimissioni del presidente?
R. – Sì. Se il bene del mio popolo significa, ad un certo
punto, che devo ritirarmi, devo capirlo. Egli deve avere questa consapevolezza
e prendere la decisione giusta.
D. – Gli Stati Uniti si sono dichiarati pronti ad
organizzare un campo per rifugiati haitiani nella base di Guantanamo, a Cuba…
R. – Io penso che se sono consapevole che una catastrofe
mi minaccia, il mio dovere morale è di intervenire prima se posso impedirla e
non aspettare che 100 mila, 50 mila o 200 mila persone siano costrette a
fuggire. C’è un dovere morale da parte degli Stati Uniti, ma anche da parte di
chi può parlare con l’America per suggerire quello che si può fare oggi. Per
questo la preparazione di campi profughi per i prossimi mesi risponde ad una
logica che non regge.
D. – Cosa fa oggi la Chiesa e che cosa potrebbe fare?
R. – Oggi la Chiesa cerca in questa situazione di
conflitto di elevare un po’ il livello di coscienza della gente. La Chiesa
prima di tutto accompagna il popolo di Dio nella sua sofferenza, nel suo
Calvario, perché noi abbiamo fatto una scelta evangelica, anche se qualche
ecclesiastico si espone. Dio ci ha scelti come suoi ministri per dire la verità,
togliendo ogni paura. Dobbiamo testimoniare la fede, l’amore, la speranza.
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CARAVAGGIO,
GESUALDO E FRESCOBALDI:
A
QUESTE TRE GRANDI PERSONALITA’ DEL PRIMO SEICENTO
E’
DEDICATO IL CONCERTO IN PROGRAMMA STASERA
A ROMA NELLA CHIESA DI SAN LUIGI DEI FRANCESI
-
Intervista con mons. Marco Frisina -
“Caravaggio,
Gesualdo, Frescobaldi: la luce e l’ombra, il peccato e la grazia” è il titolo
del concerto che si terrà questa sera alle 20.30 nella Chiesa di San Luigi dei
Francesi. Mons. Marco Frisina commenterà i capolavori realizzati da Caravaggio
per la Cappella Contarelli e alcuni brani di Gesualdo da Venosa e Girolamo
Frescobaldi saranno eseguiti dal Coro Musicanova diretto da Fabrizio Barchi e
dall’organista Alessandro Albenga. Ma quali sono i criteri che hanno condotto
all’accostamento di queste personalità artistiche del primo Seicento? Maria Di
Maggio lo ha chiesto a mons. Marco Frisina, direttore dell’Ufficio Liturgico
del Vicariato.
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R. –
Anzitutto sono vicine temporalmente ma soprattutto sono vicine spiritualmente
ed emotivamente. Gesualdo da Venosa un musicista – diremmo - tra la tenebra e
la luce, che si avvicina molto a Caravaggio, sia come vita, una vita abbastanza
corrusca, avventurosa, e sia come stile, uno stile molto moderno, ardito nelle
armonie e nelle soluzioni, quasi ricercando la trasgressione musicale, così
come Caravaggio cercò quella stessa trasgressione nella pittura. Similmente anche
Frescobaldi, perché Frescobaldi realizza nella musica strumentale una ricerca
di colori, di armonie originali e nuove, tanto che mi è sembrato interessante,
anche per la vicinanza temporale, inserirlo in questo stesso concerto.
D. –
Personalità molto vicine all’uomo moderno?
R. –
Sì, molto moderno. Era questo un po’ il tema e fatto per capire un po’ meglio
il cuore dell’uomo moderno, con tutte le sue contraddizioni. Mi pare significativo
che questo avvenga all’inizio del Seicento con questi grandi artisti, con questi
grandi uomini che oggi ammiriamo ma che al loro tempo furono osteggiati,
criticati ed anche incompresi. E’ interessante vedere come la fede cristiana
fosse sempre presente, anche in queste vite così tormentate. L’ispirazione cristiana,
il punto di riferimento e il punto di vista cristiano era sempre molto vivo.
D. –
Cosa si vuole comunicare al pubblico?
R. –
Si vuole mostrare come attraverso l’arte l’uomo riesce sempre ad esprimere la
sua anima. E’ una sorta di invito a riscoprire l’anima e i valori dello
spirito, ovunque essi si trovano. In questo caso anche in queste vite
drammatiche, anche in queste situazioni così tragiche, in cui l’ombra e la
tenebra fanno contrasto con la luce e la grazia, come appare spesso proprio nei
dipinti del Caravaggio. Questa luce che irrompe violentemente, quasi
sorprendendo gli uomini nelle tenebre, ma portando un segno di luce e di
speranza. Ciò che Caravaggio cercava nella sua vita, ciò che anche Gesualdo
avrebbe voluto e che gli uomini di oggi credo che ancora vogliono e desiderano
lo sanno.
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18
febbraio 2004
POLEMICHE IN SPAGNA IN SEGUITO
ALLA DECISIONE DEL TRIBUNALE DI PAMPLONA
DI CONCEDERE AD UNA COPPIA DI
DONNE OMOSESSUALi LA PATRIA POTESTA’
DI DUE GEMELLINE. DURA PRESA DI
POSIZIONE
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE
SPAGNOLA: “NON SI RISPETTA IL DIRITTO IRRINUNCIABILE DI OGNI BAMBINO AD AVERE
UN PADRE ED UNA MADRE”
PAMPLONA.
= Sta provocando una vera e proprio ondata di polemica la decisione di un
Tribunale di Navarra di concedere ad una coppia di donne omosessuali la patria
potestà di due gemelline. Tutto è iniziato lunedì scorso, quando il Tribunale
di Pamplona ha accolto la richiesta di adozione presentata dalle due donne, una
delle quali è la madre biologica delle due bambine - concepite per
inseminazione artificiale - grazie ad una norma regionale del 2000 che
stabilisce l'uguaglianza giuridica delle coppie stabili, siano esse di fatto o
unite in matrimonio, eterosessuali o omosessuali. Immediata la reazione della
Chiesa cattolica spagnola: la Conferenza episcopale iberica ha condannato,
infatti, la sentenza, sostenendo che “non rispetta il diritto irrinunciabile di
ogni bambino ad avere un padre e una madre” ed aggiungendo che “la mancanza di
una figura materna o paterna porta sempre gravi difficoltà per lo sviluppo
della personalità”. Una posizione critica è stata assunta anche dal Governo di
Madrid, il cui sottosegretario alla Giustizia, Rafel Català, ha detto di
“rispettare” la sentenza del Tribunale navarro, sottolineando però che la legge
regionale che l'ha resa possibile è stata portata al Tribunale costituzionale.
Català ha inoltre auspicato che la norma sulla quale si è basata la decisione
venga cassata. Il governo centrale spagnolo ha portato la legge regionale
all’attenzione dell’Alta Corte perché sostiene che costituisca un’invasione di competenza
indebita, in quanto crea un diritto familiare diverso da quello cui sono
sottoposti tutti gli altri cittadini del Paese. La decisione è stata invece
salutata come “un passo storico” dalle organizzazioni di difesa dei diritti
degli omosessuali. Giudizi positivi sono arrivati anche dal Partito Socialista
e da Izquierda Unida, la coalizione che comprende i comunisti. (S.S.)
IL
GOVERNO OLANDESE DA’ IL VIA LIBERA ALLA NUOVA LEGGE
SULL’IMMIGRAZIONE.
DA
APRILE VERRANNO RIMPATRIATE 26MILA PERSONE.
IMMEDIATA
LA PROTESTA DEGLI IMMIGRATI
L’AJA.= Far rimpatriare circa 26 mila immigrati che
avevano chiesto l'asilo nei Paesi Bassi. Questo in sostanza prevede la proposta
del governo di centro-destra olandese, guidato da Jan Peter Balkenende. In tema
di immigrazione l'Olanda si conferma così uno degli Stati più severi
dell'Unione Europea. Preannunciato da settimane di contrasti politici e
polemiche, il via libera deciso dal Parlamento dell'Aja rappresenta una
vittoria del ministro per l'immigrazione e l'integrazione, la liberale Rita
Verdonk. La proposta dovrebbe entrare in vigore il prossimo primo aprile. A
partire da quella data, e per un periodo di tre anni, circa 26 mila immigrati -
molti dei quali vivono da tempo nei Paesi Bassi - saranno espulsi dal Paese.
Fra loro, solo 2.300 saranno regolarizzati nell'ambito di un'amnistia: si
tratta di casi che riguardano situazioni individuali molto gravi. I partiti
dell'opposizione si sono espressi a favore di un'amnistia più ampia e di altre
misure al fine di rendere meno drastica la proposta. Anche i due terzi degli
olandesi consultati in un sondaggio realizzato da un istituto demoscopico si
sono pronunciati a favore di una legge più aperta verso gli immigrati che
vivono nel Paese da più di cinque anni. Il Consiglio delle Chiese - che
raggruppa 18 autorità religiose diverse dell'Olanda - ha inoltre sottolineato
che molti degli immigrati che hanno chiesto l'asilo “vivono in condizioni
critiche, visto che si tratta di malati fisici e psichici, e di famiglie
separate, che rientrando nel Paese d’origine troveranno una situazione di
insicurezza”. Inevitabili le proteste, anche accese, da parte degli immigrati.
(S.S.)
DESIGNATO
IL NUOVO PRIMO MINISTRO IN MOZAMBICO. E’ LUISA DIOGO,
RESPONSABILE
DEL MINISTERO DELLE FINANZE DI MAPUTO.
PER LA
PRIMA VOLTA UNA DONNA A CAPO DELL’ESECUTIVO DEL PAESE AFRICANO
MAPUTO.=
Il Mozambico ha da ieri un nuovo primo ministro. Si tratta di Luisa Diogo
nominata dal presidente Joaquim Chissano. E’ la prima volta che una donna
diventa capo del governo nel Paese africano. Quarantasei anni, responsabile del
ministero delle Finanze del Paese africano, la Diogo ha preso il posto di
Pascoal Mocumbi, che ha rassegnato ufficialmente le dimissioni per dedicarsi
interamente alla ricerca scientifica. Il neo-premier conserverà l’incarico di
ministro delle Finanze fino alle prossime elezioni politiche previste per la
fine dell’anno. Nata nella provincia occidentale di Tete, Luisa Diogo aveva
solo 17 anni quando il suo Paese ottenne l’indipendenza dal Portogallo nel
1975; non ha partecipato, dunque, alla lotta armata indipendentista promossa
dal Frelimo, il Fronte di liberazione del Mozambico. Assunta presso il
ministero delle Finanze nel 1980, nel 1986 diventò capo Dipartimento e tra il
1989 e il 1992 fu direttore dell’Ufficio per il budget nazionale. Dal 1993 al
1994 fece parte dello staff della Banca mondiale in Mozambico. Dopo le elezioni
del 1994, accettò l’invito di Chissano a lasciare l’istituzione internazionale
per diventare vice ministro delle finanze. Dopo il voto del dicembre 1999, la
donna assunse la guida del dicastero finanziario. (S.S.)
IN INDIA NON SI FERMANO LE VIOLENZE: MOLTI
CRISTIANI CHE VIVONO NEI VILLAGGI VENGONO OBBLIGATI DA GRUPPI
DI FONDAMENTALISTI INDU
A
RINCONVERTIRSI ALL’INDUISMO
NEW DELHI. = Non si riesce ad interrompere la
spirale di violenza in India. In un villaggio,
nello stato di Orissa, ad est del Paese, gruppi di fondamentalisti indù,
obbligano i convertiti al Cristianesimo a sottoporsi alla tonsura: un rito che
consiste nel taglio di ciocche di capelli in cinque punti diversi della testa;
simboleggia da parte di chi lo subisce la riconversione all’induismo e la
rinunzia al mondo. Lo scorso 6 febbraio, sei donne, tra cui due ragazze di 15
anni, del villaggio di Kilipal, sono state trascinate fuori delle loro
abitazioni, picchiate e poi sottoposte allo stesso rito. Alcune di loro sono
state denudate per aver resistito alle aggressioni. Il clima è, dunque, quello
di terrore: diversi abitanti sono stati costretti a lasciare il villaggio,
altri invece si sono rifugiati nelle chiese temendo rappresaglie dopo le loro
resistenze. Alcuni degli aggressori sono gli stessi parenti indù delle vittime.
In realtà gli atti di violenza si perpetrano da anni; a questo proposito, John
Dayal, Segretario Generale dell’All Indian Christian Council (Aicc), ha inviato
una lettera ufficiale al Presidente della Commissione Nazionale per i Diritti
Umani. Nell’aprile 2000, le gerarchie
della Chiesa cattolica di Orissa, si sono opposte con una petizione ad una
direttiva di questo Stato, secondo cui un cittadino può convertirsi a un’altra
religione solo dopo aver ottenuto un permesso dal governo. (F.C)
L’EPIDEMIA
DI FEBBRE DENGUE CONTINUA A PROVOCARE VITTIME IN
INDONESIA.
GLI
ULTIMI DATI IFFICIALI DEL MINISTERO DELLA SANITA’ DI JAKARTA
PARLANO
DI 161 MORTI IN TUTTO IL PAESE
JAKARTA. = Sono 161 i morti in Indonesia causati da
un’epidemia di febbre dengue. Il dato è stato è stato diffuso oggi dal
Ministero della salute di Jakarta, che riporta i dati di tutte le 32 provincie.
Complessivamente le persone infettate dalla dengue, trasmessa dalla zanzara
aedes aegpty, sono 8135 in tutto il Paese orientale. Si tratta di più del
doppio dei casi registrati lo scorso anno nello steso periodo di tempo. Il ministro
della Salute Achmad Sujudi ha parlato di una catastrofe nazionale. Indagini
mediche sono in corso per accertare se l’eccezionale diffusione della malattia
dipenda anche da una nuova e più forte mutazione del virus. Le copiose piogge
di quest’anno potrebbero aver inoltre incoraggiato la proliferazione della
zanzara vettore della malattia, le cui larve crescono nelle pozze d’acqua. I
sintomi della dengue sono febbre, dolori muscolari e, nei casi più gravi,
emorragie interne. La malattia, per la quale non esiste vaccino, è endemica in
gran parte del sudest asiatico, in Africa, in America Centrale e Meridionale e
in Oceania. L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ricorda che ogni anno
quasi 100 milioni di persone vengono infettare dal virus, di cui circa il 5 per
cento con esito mortale.
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18
febbraio 2004
- A cura di Fausta Speranza -
In Iraq non si placano gli attacchi contro le forze della
coalizione. Bersaglio dell’ultimo attentato, avvenuto stamattina, una base
dell’esercito polacco un centinaio di chilometri a sud di Baghdad. Il servizio
di Andrea Sarubbi:
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Il copione di questa mattina ad Al Hilla è lo stesso del
12 novembre scorso a Nassiriya: due mezzi carichi di esplosivo che entrano a
tutta velocità in una base della coalizione. Almeno tredici i morti - oltre ai
due attentatori, undici civili iracheni –
ed oltre 100 i feriti, una sessantina dei quali militari: polacchi,
ungheresi e statunitensi. Ancora una volta, dunque, la guerriglia colpisce gli
alleati degli americani, ma non risparmia neppure i protagonisti del vecchio
regime: Hachem Rajeh Akao, tra i leader locali dell’ormai disciolto partito
Baath, è stato ucciso ieri sera a Kerbala, la città santa del sud, dove la
pacificazione è ancora lontana. Nonostante il parere contrario dell’Onu,
infatti, gli sciiti continuano a reclamare nuove elezioni, e per convincere il
Palazzo di vetro – che le escluderebbe prima del 30 giugno, data del previsto
trasferimento di poteri – hanno trovato un accordo con i curdi del nord: un
piano, cioè, che prevede il voto immediato in tutto il Paese, con l’eccezione
del triangolo sunnita. Con il passare del tempo, dunque, per la coalizione i
problemi rimangono quelli di sempre: le proteste per l’autogoverno, le continue
violenze e le polemiche sul mancato ritrovamento delle armi di distruzione di massa.
Anche a Sidney – annuncia oggi la stampa australiana – si sta preparando una
nuova inchiesta indipendente, che potrebbe mettere a rischio la poltrona del
premier, John Howard.
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Sciagura in Iran: almeno 200 persone sono morte e 350 sono
rimaste ferite per l’esplosione di alcuni vagoni ferroviari che trasportavano zolfo, petrolio e nafta.
L’incidente è avvenuto nella stazione di Khayyam, vicino alla città di Neyshabour,
nel nord-est del Paese. Giada Aquilino ha raggiunto telefonicamente il corrispondente
dell’Ansa a Teheran, Alberto Zanconato:
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R. –
Le versioni sono ancora molto contrastanti. L’agenzia Irna dice che
l’esplosione è avvenuta quando i vigili del fuoco stavano praticamente ultimando
la loro opera, spegnendo le fiamme dell’incendio scoppiato a bordo del
convoglio che trasportava zolfo e che era fermo in una stazione. L’onda d’urto,
poi, provocata dall’esplosione avrebbe a sua volta provocato qualche
particolare reazione, per cui si è messo anche in marcia, inspiegabilmente, un
convoglio da un’altra stazione vicina, che sarebbe piombato su quello in
fiamme, provocando un incendio ancora più grande. Mentre la televisione dice
che, in realtà, è stata proprio questa collisione tra i due convogli a provocare
l’esplosione.
D. – Si tratta quindi di un incidente o potrebbe essere
anche un attentato?
R. – Fino a quando non verrà chiarita la dinamica, i dubbi
restano. Tanto più perché di questo disastro non era stata data notizia da
nessun organo di informazione fino a nove ore dopo. Questo ovviamente non fa
che creare qualche sospetto.
D. – Siamo ormai alla vigilia delle legislative: in che
modo colpisce l’Iran questa nuova sciagura a due mesi dal terremo di Bam?
R. – Certo è che si tratta di una sciagura che ha un
impatto forte sull’opinione pubblica, anche se creare una connessione tra
questo fatto e le elezioni sembra ancora azzardato, almeno fin quando non sarà
chiarito che si è trattato di un incidente e nient’altro.
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La barriera di sicurezza che Israele sta costruendo in
Cisgiordania è “contraria alle leggi umanitarie internazionali”. Si pronuncia
così il Comitato internazionale della
Croce Rossa a Ginevra, spiegando che il muro in Cisgiordania devia dalla ‘Linea
verde’ e sconfina nei Territori occupati,provocando conseguenze umanitarie ed
economiche per migliaia di palestinesi. La Linea verde è la linea stabilita
dall’armistizio del ’49, e separa
Israele dalla Cisgiordania. E’ la prima volta che la Croce Rossa prende pubblicamente posizione, mentre, dietroesta
dell’Onu, dovrà pronunciarsi presto la Corte internazionale di Giustizia sulle
conseguenze giuridiche della
costruzione del muro. Il governo israeliano di Sharon sostiene che si tratta
solo di uno strumento di protezione necessario contro il terrorismo palestinese,
mentre i palestinesi lo definiscono uno strumento di apartheid.
Il vertice a tre, oggi pomeriggio a Berlino, fra il
cancelliere Schröder, il presidente francese Chirac e il premier britannico
Blair, accompagnati da uno stuolo di ministri, sottosegretari e funzionari, è
diretto nelle intenzioni dei promotori a spianare la strada su questioni che da
mesi impegnano i Quindici dell’Unione Europea e che assumono importanza
cruciale in vista dell’allarga-mento, il 1 maggio, a 25 Paesi. I tre grandi hanno rifiutato la definizione polemica
di “direttorio”, spiegando di voler cercare soluzioni, senza prendere
decisioni, per il rilancio dell’economia europea. Perplessità e disappunto è
stata espressa da diversi dei Paesi esclusi, compresa l’Italia che ha parlato
di un “pasticcio”. In controtendenza, la dichiarazione questa mattina del
premier del Lussemburgo, che l’ha definita una riunione utile. L’economia, e in
particolare l’industria, sembra essere il tema centrale, ma si parla anche di
ipotesi di riorganizzazione della Commissione e di difesa. Ma quali sono le
vere priorità di questo vertice? Lo chiediamo a Andrea Bonanni, esperto delle
questioni europee del quotidiano La Repubblica:
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R. – In realtà, i temi che saranno trattati sono molti.
C’è una politica industriale più sensibile alle questioni, ai problemi di
competitività dell’Europa, c’è la ristrutturazione della futura Commissione e
forse anche la discussione sul nome del futuro presidente della Commissione ...
Ci sono sicuramente questioni di politica estera e di politica di difesa da
discutere. Ma io credo che sostanzialmente la vera priorità sia il fatto che,
da una parte i franco-tedeschi e dall’altra gli inglesi, si sono resi conto di
avere un potere di interdizione l’uno nei confronti degli altri, tale per cui
senza un accordo preventivo non si riesce ad andare da nessuna parte. In questo
senso, obiettivamente, è possibile che questo vertice possa spianare la strada
per alcune delle decisioni che in Europa sono ormai bloccate da moltissimo
tempo, non ultima quella della questione delle riforme istituzionali.
D. – Da Berlino può venire una svolta nel rapporto tra
Stati Uniti ed Europa, come qualcuno si attende?
R. – Una svolta mi sembra francamente eccessiva, anche
perché è vero che i franco-tedeschi, attraverso il contatto e l’accordo con
Blair, sperano di riavvicinarsi agli Stati Uniti, ed è in programma anche una
visita del cancelliere Schröder negli Stati Uniti, prossimamente. Quindi,
senz’altro c’è un tentativo di ricucire la frattura irachena. Ma io la leggerei
piuttosto anche nell’altro senso: con una certa delusione dei britannici per
l’esperienza irachena, in cui si sono trovati schiacciati sulle posizioni degli
Stati Uniti e privi – se vogliamo – di una “sponda” europea. E’ un’esperienza
che Blair ha pagato a carissimo prezzo e che, secondo me, non vuole più ripetere.
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L’Eta ha deciso la “sospensione della lotta armata” dei suoi militanti nella regione di Catalogna,
un cessate il fuoco valido dallo scorso primo
gennaio, secondo il comunicato del gruppo armato del separatismo basco, diffuso stamani dalla televisione
pubblica basca Eitb e da altri mezzi di comunicazione. I primi frammenti noti
del comunicato dell’Eta confermano che la tregua sarà valida solo per la
Catalogna e che questa decisione “tiene
in conto” la nuova situazione politica catalana. In altre occasioni, il gruppo
armato ha proclamato tregue, ma sempre in tutta la Spagna.
Pakistan e India
hanno deciso di avere dei colloqui sul Kashmir a maggio-giugno: in agosto,
i risultati di tali incontri verranno esaminati dai ministri degli Esteri dei rispettivi Paesi. Lo ha detto oggi
il capo della diplomazia pakistana Riaz Khokhar. I primi negoziati si terranno
dopo le elezioni in India, previste per
il prossimo aprile. “La questione del Kashmir sarà certamente affrontata -
ha detto il presidente pachistano
Pervez Musharraf - e poi vedremo a
quale livello dovrà essere associata al dialogo”. Le delegazioni dei due Paesi
hanno esaminato e approvato, in questi ultimi tre giorni a Islamabad, un
calendario basato su una specie di
essenziale road map per risolvere tutti i problemi e i conflitti sul tappeto.
L’Unione europea ha deciso di rinnovare per dodici mesi, per il terzo anno consecutivo, le
sanzioni imposte contro lo Zimbabwe. La decisione - affermano fonti comunitarie
- verrà formalizzata domani nel corso della riunione dei ministri dell’Ue della Giustizia e Affari interni. Le
sanzioni europee contro il Paese africano, in vigore dal febbraio del 2002,
proibiscono il soggiorno nell’Ue e il blocco delle proprietà del presidente
Robert Mugabe, e di diverse decine di esponenti e dignitari del governo.
La Russia è pronta a cooperare con l’Osce, l’Ue e altre
organizzazioni internazionali in Cecenia. Lo ha ribadito ieri il ministro degli
Esteri, Ivanov, nell’incontro con il suo collega bulgaro, Passy. Ivanov aveva
fatto dichiarazioni dello stesso tenore già durante la visita a Mosca, nelle
scorse settimane, del ministro degli Esteri italiano, Frattini. Allora come
ieri, ha parlato espressamente di una soluzione politica e di gruppi di lavoro
impegnati a preparare documenti su “progetti concreti”. La disponibilità russa
viene espressa mentre sia Europa che Stati Uniti hanno elevato il tono delle
loro critiche nei confronti di Mosca per la situazione in Cecenia. Da parte
sua, il presidente ribelle ceceno, Maskhadov, proprio oggi rilancia l'offerta
di un negoziato di pace quale unica via per porre fine alla guerra e alla
violenza. Maskhadov, commentando l’uccisione, nei giorni scorsi, dell’ex presidente
ceceno, Yandarbiyev, suo collaboratore in Qatar, ha detto di “non avere dubbi”
sul fatto che sia stato ucciso dai servizi segreti russi. La polizia del Qatar
fa sapere di aver arrestato due uomini sospettati di essere coinvolti nell’uccisione
dell'ex presidente della Cecenia.
Il ministro degli Esteri sudcoreano con ottimismo annuncia risultati positivi
per il prossimo round di negoziati a sei, cioè tra le due Coree, Stati Uniti, Cina, Giappone e
Russia, sulla crisi nucleare, in
programma a Pechino dal 25 febbraio. Si dice certo che si arriverà a un
comunicato congiunto. Ma resta la posizione ufficiale di Pyongyang, che non ha
mai parlato finora di uno “smantellamento” dei suoi programmi nucleari ma solo
di un loro possibile congelamento in cambio di concessioni politiche ed
economiche. La doppia via delle pressioni economiche e del dialogo è quanto si
registra, intanto, nei rapporti unilaterali con il Giappone. Tra i due Paesi,
oltre alla crisi nucleare, resta aperta la questione dei civili giapponesi
rapiti dai servizi segreti di Pyongyang e quella delle altre armi di distruzione
di massa in possesso del Paese comunista, come missili balistici a lunga
gittata in grado di colpire qualsiasi punto dell’arcipelago nipponico.
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