RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVIII n. 362  - Testo della trasmissione lunedì 27  dicembre 2004

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

       Il mondo sotto shock per il cataclisma che ha sconvolto il Sud-Est asiatico, provocando più di 23 mila morti. Il Papa si raccoglie in preghiera per le vittime del maremoto ed è in contatto con i nunzi dei Paesi colpiti. Ai nostri microfoni i nunzi nello Sri Lanka e in Indonesia, il responsabile dell’area internazionale della Caritas italiana e il capo della Protezione civile italiana

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Inizia domani a Lisbona l’incontro europeo dei giovani di Taizé sul tema: un avvenire di pace.  Attesi in 40 mila. Intervista con fratel Marek

 

Maria nell’educazione di Gesù e del cristiano. Se ne parla al Convegno promosso dalla Pontificia facoltà di scienze dell’educazione “Auxilium”, da oggi a Roma. Ai nostri microfoni suor Marcella Farina.

 

CHIESA E SOCIETA’:

Assassinata la scorsa notte in Ciad una missionaria francese della Congregazione di Nostra Signora degli Apostoli

 

La Conferenza espiscopale spagnola ha pubblicato ieri un documento sul matrimonio in occasione della Giornata della famiglia e della vita

 

A conclusione dell’Anno internazionale del riso la FAO, alcune ONG e governi hanno avviato un piano per migliorare la qualità dei raccolti di riso e sensibilizzare i coltivatori

 

‘Concedere tempo libero ai lavoratori per aumentare il tasso demografico’ è la nuova strategia messa a punto dal Giappone per far fronte al calo delle nascite

 

Prende il via oggi ad Assisi il 59.mo Convegno Giovani organizzato dalla Cittadella

 

24 ORE NEL MONDO:

In Ucraina il capo dell’opposizione, Yushenko, è il nuovo presidente

 

In Iraq la minoranza cristiana ha sempre più paura e continua a lasciare il Paese: la testimonianza del superiore dei domenicani a Mossul.

 

 

 

 

 

                             IL PAPA E LA SANTA SEDE

27 dicembre 2004

 

 

IL MONDO SOTTO SHOCK PER IL CATACLISMA CHE HA SCONVOLTO

IL SUD-EST ASIATICO, PROVOCANDO PIU’ DI 23 MILA MORTI.

IL PAPA SI RACCOGLIE IN PREGHIERA PER LE VITTIME DEL MAREMOTO.

IN AZIONE LA MACCHINA DELLA SOLIDARIETA’ IMPEGNATA IN UNA CORSA

 CONTRO IL TEMPO PER SALVARE IL MAGGIOR NUMERO

 POSSIBILE DI VITE UMANE

 

-         Con noi mons. Mario Zenari, mons. Albert Malcolm Ranjith,

Guido Bertolaso e Paolo Beccegato -

 

         Ora dopo ora assume i contorni di una tragedia immane il cataclisma che ha devastato il Sud-Est asiatico provocando la morte di più di 23 mila persone. Un bilancio, purtroppo, destinato ad aggravarsi. Giovanni Paolo II è vicino alle popolazioni colpite dal maremoto. Il Papa, che stamani si è raccolto in preghiera per le vittime e le loro famiglie, segue costantemente l’evolversi della crisi umanitaria attraverso il contatto con i nunzi apostolici delle zone colpite. Per un aggiornamento sulla situazione, ci riferisce in studio Amedeo Lomonaco: 

 

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Circa 11 mila morti nello Sri Lanka, almeno 6600 in India, 4700 in Indonesia e più di 1000 in Thailandia. E’ il tragico bilancio, ancora provvisorio, del maremoto innescato dal terremoto, con epicentro al largo dell’isola di Sumatra, che ha investito anche le Maldive, il Myanmar e il Bangladesh. Vere e proprie barriere d’acqua hanno raggiunto persino le coste africane del Kenya e della Somalia; in quest’ultimo Paese sono rimasti uccisi 100 pescatori. Ma la situazione più grave è quella dello Sri Lanka dove oltre all’impressionante numero di vittime, sono più di 800 mila gli sfollati. E sempre nello Sri Lanka, per evitare il possibile diffondersi di epidemie, sono stati bruciati molti cadaveri. Tra le persone morte nel Sud-Est asiatico ci sono anche diversi turisti: tra questi, 11 italiani, 3 francesi e tre austriaci. Per i geologi la magnitudo del terremoto è di 9 gradi della scala Richter: si tratta del quinto terremoto più forte degli ultimi cento anni. Secondo un’ipotesi avanzata dagli scienziati, il sisma potrebbe essere stato provocato da una scossa avvenuta lo scorso 23 dicembre a Sud-Est della Tasmania. Il movimento tellurico di ieri, favorito dalla conformazione del fondo marino e dalla vastità dell’oceano indiano ad ovest dell’epicentro, ha originato onde che in queste condizioni possono raggiungere velocità di 800 chilometri all’ora. L’arrivo di questi muri d’acqua, chiamati tsunami, è stato drammatico: un inferno all’improvviso. La sconvolgente forza devastatrice del maremoto si è aggiunta, infatti, alla mancanza di previsioni che facessero presagire l’imminenza della catastrofe e alla miseria delle popolazioni colpite. Dopo la sciagura, si è subito messa in moto la macchina dei soccorsi: l’ONU ha attivato squadre specializzate in disastri; la Russia ha messo a disposizione due aerei cargo; il coordinamento europeo per gli aiuti in Thailandia e Sri Lanka è stato affidato all’Italia, alla Francia e alla Svezia; la Croce Rossa Internazionale ha lanciato un appello per raccogliere 6,5 milioni di dollari. Nella provincia indonesiana di Aceh l’esercito di Giakarta ha proposto, infine, una tregua ai ribelli indipendentisti chiedendo loro di collaborare alle operazioni di soccorso.

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         La regione più colpita dal disastro naturale è dunque lo Sri Lanka. Ecco la toccante testimonianza del nunzio apostolico, Mario Zenari, raggiunto telefonicamente nella capitale srilankese Colombo da Alessandro Gisotti:

 

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R. – Purtroppo, come sempre, sono colpite le persone più povere, tanti pescatori che avevano la loro casa lì, semplice, di legno, in riva all’Oceano e sono stati spazzati via. Ci sono anche testimonianze molto toccanti. Alcune comunità stavano celebrando l’Eucaristia. In una parrocchia stavano celebrando la Festa della prima Comunione dei bambini: è entrata l’acqua, ci sono state delle vittime. Ha colpito molto l’appello che ha fatto ieri il Santo Padre all’Angelus, questo appello alla solidarietà internazionale. Ecco, i vescovi, qua cercano di recarsi sul posto. Ho potuto visitare alcune parrocchie e sostenere alcuni parroci, alcuni di questi parroci erano feriti e li ho incoraggiati ad offrire l’assistenza. Molta di questa gente ha trovato un primo rifugio nelle chiese vicine oppure nei templi buddisti. Questa è una bella cosa da vedere, questa cooperazione interreligiosa.

 

D. – Che cosa sta facendo la Chiesa per portare sostegno alle popolazioni colpite?

 

R. – Siamo in contatto anche qui con la Caritas, ed è bello vedere che stanno arrivando anche delle offerte di aiuto dalla Caritas Internationalis, da varie Caritas del mondo. Ecco, è bello vedere anche quest’onda di solidarietà, non solo l’onda distruttrice, ma l’onda della solidarietà.

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In molti stanno, dunque, rispondendo all’accorato appello del Papa, all’Angelus di ieri, per una mobilitazione della comunità internazionale in favore delle popolazioni afflitte dal maremoto. La Chiesa è in prima linea su questo fronte. La presidenza della Conferenza episcopale italiana ha stanziato tre milioni di euro dai fondi derivanti dall’otto per mille, “per far fronte alle prime emergenze”. E di aiuti ce n’è davvero bisogno, come testimonia il nunzio apostolico in Indonesia, mons. Albert Malcolm Ranjith, raggiunto telefonicamente a Giakarta da Alessandro Gisotti: 

 

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R. - Tutte le case dei poveri, fatte male, sono andate in mare. In un’isola chiamata Nyas, popolata da molti cristiani e anche da una comunità di cattolici, la situazione è veramente grave. Il governo sta cercando di migliorare la situazione, di provvedere alle necessità urgenti per questa gente, per i sopravvissuti.

 

D. – C’è la paura di un nuovo sisma, di nuove onde?

 

R. – Sì. La gente cerca di fuggire verso zone montagnose del Paese e questo causa problemi pratici. Le strade sono tutte distrutte… le infrastrutture, elettricità e telefoni, non funzionano.

 

D. – Il Papa ha esortato all’Angelus una mobilitazione della Comunità internazionale. Che cosa sta facendo la Chiesa?

 

R. – Due diocesi stanno organizzando un piano di aiuti per questa gente. Prima di tutto c’è bisogno di provvedere alle necessità urgenti come le medicine. Stanno facendo questo piano per provvedervi con l’aiuto di alcune organizzazioni come  la Caritas Internationalis. Abbiamo anche fatto appello a Cor Unum. Il governo ha permesso alle ONG e anche alla Chiesa di essere attive in questa zona perché hanno bisogno di volontari per curare questa massa di gente che vive in quella zona.

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Una drammatica richiesta d’aiuto è stata levata da mons. Jospeh Pradhan, vescovo di Surat-Thani, una delle zone della Thailandia più colpite dal disastro. “Chiedo alla comunità internazionale di venire in nostro aiuto”, ha detto all’agenzia Misna il presule. “La gente – ha affermato – ha bisogno di tutti i beni di primo soccorso, ma soprattutto servono acqua e i sacchi di plastica per avvolgere i cadaveri”. Tra le prime organizzazioni umanitarie a muoversi, la Caritas Internationalis. Dal canto suo, la Caritas diocesana di Roma ha lanciato una raccolta di fondi per finanziare i primi aiuti alle popolazioni. I volontari sono particolarmente attivi in India, come ci riferisce Paolo Beccegato, responsabile per l’area internazionale di Caritas Italia, intervistato da Alessandro Gisotti:   

 

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R. - Si sta procedendo ad evacuare soprattutto le Coste del Tamil Nadu nello Stato del Sud-Est indiano. Evacuare verso l’interno le popolazioni per evitare che ulteriori ondate possano colpire altra popolazione.

 

D. – Cosa sta facendo Caritas attraverso la sua rete di solidarietà?

 

R. – Il vicedirettore di Caritas India è già sul posto a sostenere le Caritas diocesane coinvolte nel disastro, sia per capire fino a che punto è estesa la zona colpita e per fornire supporto a tutte le sedi locali che ne hanno bisogno. Per ora si stanno distribuendo farmaci, aiuti medici, cibo per la popolazione che ovviamente non ha più né acqua, né case, né beni primari, però sono aiuti ancora molto limitati perché, appunto, il rischio di successive ondate rende il tutto molto vulnerabile. Notizie di interventi ci arrivano anche dagli altri Paesi, in particolare dall’Indonesia, dalla Malesia: una mobilitazione generale per una delle più grosse catastrofi della storia.

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La catastrofe che ha investito il Sud-Est asiatico sta dunque mobilitando gli sforzi e la solidarietà di governi e organizzazioni umanitarie, che stanno predisponendo l'invio di aiuti e squadre di soccorso. La protezione civile italiana coordina gli interventi umanitari per l’Unione Europea soprattutto in Thailandia e nello Sri Lanka. Massimiliano Menichetti ha intervistato Guido Bertolaso, responsabile della Protezione civile italiana:

 

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R. - E’ una situazione assolutamente drammatica, come ho già avuto modo di dire da ieri mattina appena abbiamo avuto le prime notizie e le prime informazioni. Questa è una catastrofe assolutamente epocale. Credo che a memoria di uomo, noi, alla fine, tirando le somme, non ricorderemo nulla di talmente grave, di talmente vasto, di talmente devastante. Adesso pian piano vengono fuori tutte le notizie: situazioni di interi Paesi che, fino a poco fa, ovviamente, non si conoscevano, quindi sappiamo, purtroppo, che il numero delle vittime sarà molto superiore anche alle attuali stime. I danni sono immensi negli otto Paesi che sono più o meno in ginocchio per questa vicenda.

 

D. – Ecco, coordinate l’intervento umanitario per l’Unione Europea: qual è la vostra azione nell’immediato? Che cosa state facendo?

 

R. – Abbiamo mandato dei team in avanscoperta. Un team già sta operando in Sri Lanka, un altro alle Maldive, un terzo sta arrivando sull’isola di Puket con i velivoli dell’aeronautica militare. Ovviamente ci occupiamo soprattutto dei nostri connazionali, li facciamo rientrare in Italia tramite il ponte aereo, diamo le informazioni agli altri Paesi europei di quella che è la situazione sapendo benissimo che il nostro intervento è una goccia in un oceano.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

"C'è bisogno di pace, c'è bisogno di Te!" è il titolo cha apre la prima pagina in cui si sottolinea che la festa del Natale è stata sconvolta da un'immane tragedia, il maremoto che ha devastato il Sud-Est dell'Asia. Di fronte all'insopportabile dolore e alle devastazioni - si evidenzia in un articolo di riflessione - all'uomo non resta che aggrapparsi a Dio, per trovare in Lui un senso alla tragedia e la forza per andare avanti, per tornare a sperare nel futuro. Ma c'è bisogno - si rileva con forza - anche degli uomini, perché il futuro va ricostruito.

Il dolore e la preghiera del Santo Padre. 

Nelle estere, il dettagliato e approfondito ragguaglio sul tragico avvenimento.

 

Nelle vaticane, la Santa Messa della Notte di Natale celebrata dal Papa nella Basilica Vaticana.

Il Messaggio "Urbi et Orbi" di Giovanni Paolo II.

All'Angelus recitato nella festa della Santa Famiglia di Nazareth, il Papa ha esortato gli uomini di cultura e i responsabili politici a difendere l'istituto familiare fondato sul matrimonio.

La Celebrazione del Natale nelle diocesi italiane.

 

Nelle estere, In Iraq continua lo stillicidio delle violenze.

In Ciad assassinata una suora francese.

 

Nella pagina culturale, un articolo di Marco Testi dal titolo "Prezzolini dialoga con Paolo VI": una nuova edizione de "Il rischio di Dio".

 

Nelle pagine italiane, il dolore, l'orrore e la forte apprensione per gli sviluppi della catastrofe nell'Asia sudorientale. 

 

 

 

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                               OGGI IN PRIMO PIANO

27 dicembre 2004

 

 

 

QUARANTAMILA GIOVANI A LISBONA PER IL 27.MO INCONTRO

ORGANIZZATO DALLA COMUNITA’ DI TAIZÉ, DAL TITOLO “UN AVVENIRE DI PACE”

- Intervista con Fr. Marek -

 

C’è un “pellegrinaggio di fiducia” che da oltre 60 anni la Comunità Ecumeninca di Taizé compie nel mondo. Un pellegrinaggio fatto essenzialmente di preghiera che ogni anno trova modo di esprimersi in un grande raduno europeo. Quest’anno, il 27.mo Incontro di Taizé, dal titolo “Un avvenire di pace”, ha per teatro il Portogallo, in particolare due padiglioni della Fiera di Lisbona. Migliaia di giovani – in totale saranno circa 40 mila – stanno affluendo nella capitale portoghese per prendere parte ai cinque giorni del raduno che inizierà domani e si concluderà il primo gennaio prossimo. Le giornate hanno uno schema ormai consolidato: preghiera al mattino, con scambio di esperienze in piccoli gruppi e partecipazione ad iniziative cittadine ed ecclesiali di solidarietà. A mezzogiorno e alla sera, poi, il raduno generale al Parco delle esposizioni per i canti e le preghiere comuni in 20 lingue. Frère Roger - il fondatore della Comunità, che oggi conta un centinaio di fratelli - terrà una meditazione durante la preghiera serale.

 

Tra i numerosi messaggi inviati a Lisbona da personalità religiose e non, il segretario generale dell’Onu, Kofi Annan, scrive tra l’altro: “In quest’epoca d’incertezza circa il futuro del nostro mondo, un incontro come il vostro è per noi un incoraggiamento e un segno di speranza”. A Lisbona, Alessandro De Carolis ha contattato fratel Marek, che descrive il clima di festa che sta caratterizzando la vigilia del raduno:

 

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R. – Il clima di attesa per la venuta dei giovani che parteciperanno a questo incontro di Lisbona è caratterizzato soprattutto dalla straordinaria accoglienza da parte delle famiglie e delle parrocchie: nelle 200 parrocchie di Lisbona, i giovani hanno preparato anche questa accoglienza.

 

D. – In queste ore, stanno arrivando gruppi da dove, in particolare?

 

R. – Il 26 abbiamo accolto 1.500 giovani da tutta Europa, arrivati in anticipo per aiutarci nell’accoglienza di domani; è arrivato un folto gruppo di tedeschi, di romeni, di polacchi, ma anche di russi ... Per Taizé è una grande gioia che dopo gli anni di separazione, di allontanamento ora da 10-15 anni i giovani dell’Est possono partecipare come i giovani dell’Ovest a questi incontri. Saranno numerosi, qui, a Lisbona: molti i serbi, i croati, ucraini, lituani eccetera ...

 

D. – Possiamo dire in qualche modo che gli incontri della Comunità di Taizé hanno anticipato quella che poi sarebbe diventata l’Unione Europea e l’allargamento ad Est?

 

R. – E’ soprattutto il Vangelo che ispira questa ricerca della riconciliazione, dell’unità, della creazione di una famiglia umana non solo in Europa, ma ancora più ampia. Allora, è piuttosto un piccolo segno di quello che il Vangelo ispira e rende possibile.

 

D. – Che cosa vuol dire, per un membro della grande famiglia di Taizé, compiere un pellegrinaggio di fiducia sulla terra?

 

R. – E’ una chiamata, una sfida, soprattutto personale, perché la fiducia è possibile solo quando noi lasciamo che Cristo possa trasformare i nostri cuori attraverso il suo Vangelo, perché diventino meno paurosi. E qui, a Lisbona, penso che forse abbiamo un’occasione di incontrare persone che sono veramente colme di questa fiducia del Vangelo. Abbiamo già sperimentato, durante la preparazione, il coraggio delle persone ad aprire le loro case e non si può dire diversamente se non che essi hanno accolto questa chiamata del Vangelo alla fiducia.

 

D. – Le parole contenute nella Lettera scritta da frère Roger, in cui si afferma tra l’altro che “la vita non è soggetta alla fatalità del destino”, sembrano quasi una risposta positiva e incoraggiante alle ultime notizie in arrivo dal mondo: la violenza delle guerre o quella scatenata dalla natura, come in queste ultime ore nel Sud-Est asiatico ...

 

R. – Sì: le parole di frère Roger confermano che Dio non ha un progetto di disgrazia per l’umanità; ci sono queste situazioni misteriose, tanto difficili da spiegare ed a volte anche da accettare, e qui a Lisbona mediteremo sulle parole che troviamo nella profezia di Isaia: “Dio ha un progetto di pace, non di distruzione, per tutta l’umanità e per ogni uomo sulla terra”.

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MARIA NELL’EDUCAZIONE DI GESU’ E DEL CRISTIANO.

SE NE PARLA AL CONVEGNO PROMOSSO DALLA PONTIFICIA FACOLTA’

DI SCIENZE DELL’EDUCAZIONE “AUXILIUM”, DA OGGI A ROMA

- Intervista con suor Marcella Farina -

 

“‘Io ti darò la Maestra …’. Il coraggio di educare alla scuola di Maria”. E’ il titolo del convegno internazionale promosso dalla Pontificia Facoltà di Scienze dell’Educazione “Auxilium”, nel 50.mo della sua istituzione, iniziato questa mattina presso l’Istituto “Salesianum” di Roma. Tema dell’incontro, il ruolo di Maria nell’educazione di Gesù e del cristiano, ricordando le parole udite in sogno da don Bosco all’età di 9 anni: “Io ti darò la Maestra, sotto la cui disciplina puoi diventare sapiente e senza cui ogni sapienza diviene stoltezza”. Partecipano al convegno oltre 200 religiose, salesiane e di altre congregazioni, giunte da tutto il mondo. Al microfono di Roberta Moretti, suor Marcella Farina, teologa, delle Figlie di Maria Ausiliatrice:

 

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R. – Possono essere due le istanze profetiche che noi potremmo prendere oggi dal sogno di Don Bosco e dall’esperienza di Maria, come dono di Gesù all’umanità. La prima riguarda Maria come “Maestra”, non tanto per le parole che dice, quanto per la sua esistenza, perché, con il suo pellegrinaggio nella fede sempre come compagna generosa di Gesù, ci indica qual è il cammino della vita umana. E poi Maria che ci indica la meta: l’essere pienamente con Dio nella trasparenza dell’amore.

 

D. – Maria, come madre di Gesù, fu anche sua educatrice. Nei Vangeli quando emerge maggiormente questo aspetto?

 

R. – Non esiste un testo particolare in cui emerge come Maria educa Gesù. Ma senz’altro Gesù ha imparato da Maria. Ha imparato a parlare, ha imparato a camminare e, soprattutto, ha imparato da Maria il cammino della fede, l’esperienza dell’essere rivolto a Dio costantemente con tutta la sensibilità e la freschezza del suo cuore.

 

D. – Maria, educazione, giovani: qual è il filo che lega questo trinomio oggi, a 150 anni dalla proclamazione del Dogma dell’Immacolata Concezione?

 

R. – Maria con la sua purezza ci richiama la nostalgia delle origini  incontaminate e noi abbiamo bisogno di questa memoria ricca di significato per poter progettare il futuro e penso che i giovani, proprio incontrando Maria, possano programmare un futuro più profondo, più bello perché risalgono a queste origini.

 

D. – Come Figlie di Maria Ausiliatrice, quali sono le vostre aspettative per questo convegno?

 

R. – Sono quelle di rinnovare la nostra missione educativa che si ispira a Maria e, però, recuperare le ragioni fondanti di questa ispirazione mariana dell’educazione. Si tratta di far vedere come nel progetto di Dio la persona umana è fatta per essere conforme a Gesù Cristo. Ma essere cristiani significa anche essere mariani, perché Maria è Colei che più ha rappresentato Gesù in mezzo al mondo.

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QUARANTAMILA GIOVANI A LISBONA PER IL 27.MO INCONTRO

ORGANIZZATO DALLA COMUNITA’ DI TAIZÉ, DAL TITOLO “UN AVVENIRE DI PACE”

- Intervista con Fr. Marek -

 

C’è un “pellegrinaggio di fiducia” che da oltre 60 anni la Comunità Ecumeninca di Taizé compie nel mondo. Un pellegrinaggio fatto essenzialmente di preghiera che ogni anno trova modo di esprimersi in un grande raduno europeo. Quest’anno, il 27.mo Incontro di Taizé, dal titolo “Un avvenire di pace”, ha per teatro il Portogallo, in particolare due padiglioni della Fiera di Lisbona. Migliaia di giovani – in totale saranno circa 40 mila – stanno affluendo nella capitale portoghese per prendere parte ai cinque giorni del raduno che inizierà domani e si concluderà il primo gennaio prossimo. Le giornate hanno uno schema ormai consolidato: preghiera al mattino, con scambio di esperienze in piccoli gruppi e partecipazione ad iniziative cittadine ed ecclesiali di solidarietà. A mezzogiorno e alla sera, poi, il raduno generale al Parco delle esposizioni per i canti e le preghiere comuni in 20 lingue. Frère Roger - il fondatore della Comunità, che oggi conta un centinaio di fratelli - terrà una meditazione durante la preghiera serale.

 

Tra i numerosi messaggi inviati a Lisbona da personalità religiose e non, il segretario generale dell’Onu, Kofi Annan, scrive tra l’altro: “In quest’epoca d’incertezza circa il futuro del nostro mondo, un incontro come il vostro è per noi un incoraggiamento e un segno di speranza”. A Lisbona, Alessandro De Carolis ha contattato fratel Marek, che descrive il clima di festa che sta caratterizzando la vigilia del raduno:

 

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R. – Il clima di attesa per la venuta dei giovani che parteciperanno a questo incontro di Lisbona è caratterizzato soprattutto dalla straordinaria accoglienza da parte delle famiglie e delle parrocchie: nelle 200 parrocchie di Lisbona, i giovani hanno preparato anche questa accoglienza.

 

D. – In queste ore, stanno arrivando gruppi da dove, in particolare?

 

R. – Il 26 abbiamo accolto 1.500 giovani da tutta Europa, arrivati in anticipo per aiutarci nell’accoglienza di domani; è arrivato un folto gruppo di tedeschi, di romeni, di polacchi, ma anche di russi ... Per Taizé è una grande gioia che dopo gli anni di separazione, di allontanamento ora da 10-15 anni i giovani dell’Est possono partecipare come i giovani dell’Ovest a questi incontri. Saranno numerosi, qui, a Lisbona: molti i serbi, i croati, ucraini, lituani eccetera ...

 

D. – Possiamo dire in qualche modo che gli incontri della Comunità di Taizé hanno anticipato quella che poi sarebbe diventata l’Unione Europea e l’allargamento ad Est?

 

R. – E’ soprattutto il Vangelo che ispira questa ricerca della riconciliazione, dell’unità, della creazione di una famiglia umana non solo in Europa, ma ancora più ampia. Allora, è piuttosto un piccolo segno di quello che il Vangelo ispira e rende possibile.

 

D. – Che cosa vuol dire, per un membro della grande famiglia di Taizé, compiere un pellegrinaggio di fiducia sulla terra?

 

R. – E’ una chiamata, una sfida, soprattutto personale, perché la fiducia è possibile solo quando noi lasciamo che Cristo possa trasformare i nostri cuori attraverso il suo Vangelo, perché diventino meno paurosi. E qui, a Lisbona, penso che forse abbiamo un’occasione di incontrare persone che sono veramente colme di questa fiducia del Vangelo. Abbiamo già sperimentato, durante la preparazione, il coraggio delle persone ad aprire le loro case e non si può dire diversamente se non che essi hanno accolto questa chiamata del Vangelo alla fiducia.

 

D. – Le parole contenute nella Lettera scritta da frère Roger, in cui si afferma tra l’altro che “la vita non è soggetta alla fatalità del destino”, sembrano quasi una risposta positiva e incoraggiante alle ultime notizie in arrivo dal mondo: la violenza delle guerre o quella scatenata dalla natura, come in queste ultime ore nel Sud-Est asiatico ...

 

R. – Sì: le parole di frère Roger confermano che Dio non ha un progetto di disgrazia per l’umanità; ci sono queste situazioni misteriose, tanto difficili da spiegare ed a volte anche da accettare, e qui a Lisbona mediteremo sulle parole che troviamo nella profezia di Isaia: “Dio ha un progetto di pace, non di distruzione, per tutta l’umanità e per ogni uomo sulla terra”.

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MARIA NELL’EDUCAZIONE DI GESU’ E DEL CRISTIANO.

SE NE PARLA AL CONVEGNO PROMOSSO DALLA PONTIFICIA FACOLTA’

DI SCIENZE DELL’EDUCAZIONE “AUXILIUM”, DA OGGI A ROMA

- Intervista con suor Marcella Farina -

 

“‘Io ti darò la Maestra …’. Il coraggio di educare alla scuola di Maria”. E’ il titolo del convegno internazionale promosso dalla Pontificia Facoltà di Scienze dell’Educazione “Auxilium”, nel 50.mo della sua istituzione, iniziato questa mattina presso l’Istituto “Salesianum” di Roma. Tema dell’incontro, il ruolo di Maria nell’educazione di Gesù e del cristiano, ricordando le parole udite in sogno da don Bosco all’età di 9 anni: “Io ti darò la Maestra, sotto la cui disciplina puoi diventare sapiente e senza cui ogni sapienza diviene stoltezza”. Partecipano al convegno oltre 200 religiose, salesiane e di altre congregazioni, giunte da tutto il mondo. Al microfono di Roberta Moretti, suor Marcella Farina, teologa, delle Figlie di Maria Ausiliatrice:

 

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R. – Possono essere due le istanze profetiche che noi potremmo prendere oggi dal sogno di Don Bosco e dall’esperienza di Maria, come dono di Gesù all’umanità. La prima riguarda Maria come “Maestra”, non tanto per le parole che dice, quanto per la sua esistenza, perché, con il suo pellegrinaggio nella fede sempre come compagna generosa di Gesù, ci indica qual è il cammino della vita umana. E poi Maria che ci indica la meta: l’essere pienamente con Dio nella trasparenza dell’amore.

 

D. – Maria, come madre di Gesù, fu anche sua educatrice. Nei Vangeli quando emerge maggiormente questo aspetto?

 

R. – Non esiste un testo particolare in cui emerge come Maria educa Gesù. Ma senz’altro Gesù ha imparato da Maria. Ha imparato a parlare, ha imparato a camminare e, soprattutto, ha imparato da Maria il cammino della fede, l’esperienza dell’essere rivolto a Dio costantemente con tutta la sensibilità e la freschezza del suo cuore.

 

D. – Maria, educazione, giovani: qual è il filo che lega questo trinomio oggi, a 150 anni dalla proclamazione del Dogma dell’Immacolata Concezione?

 

R. – Maria con la sua purezza ci richiama la nostalgia delle origini  incontaminate e noi abbiamo bisogno di questa memoria ricca di significato per poter progettare il futuro e penso che i giovani, proprio incontrando Maria, possano programmare un futuro più profondo, più bello perché risalgono a queste origini.

 

D. – Come Figlie di Maria Ausiliatrice, quali sono le vostre aspettative per questo convegno?

 

R. – Sono quelle di rinnovare la nostra missione educativa che si ispira a Maria e, però, recuperare le ragioni fondanti di questa ispirazione mariana dell’educazione. Si tratta di far vedere come nel progetto di Dio la persona umana è fatta per essere conforme a Gesù Cristo. Ma essere cristiani significa anche essere mariani, perché Maria è Colei che più ha rappresentato Gesù in mezzo al mondo.

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CHIESA E SOCIETA’

27 dicembre 2004

 

 

ASSASSINATA LA SCORSA NOTTE IN CIAD UNA MISSIONARIA FRANCESE

DELLA CONGREGAZIONE DI NOSTRA SIGNORA DEGLI APOSTOLI. NELL’AGGUATO,

AD OPERA DI BANDITI DI STRADA, SONO RIMASTE FERITE ANCHE TRE CONSORELLE

- A cura di Roberta Moretti -

 

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N’DJAMENA. = Uccisa da banditi di strada la notte scorsa in Ciad, nei pressi della capitale N’Djamena, una missionaria francese di 58 anni, Christiane Philippon, della Congregazione di Nostra Signora degli Apostoli. La religiosa si stava recando nella località di Bousso a trovare una suora molto malata insieme ad altre tre consorelle, rimaste ferite nell’agguato. L’ambasciatore francese del Ciad, Jean-Pierre Bercot, ha dichiarato che l’omicidio è stato compiuto da “uomini incappucciati e armati di kalashnikov, che hanno mitragliato le religiose, sedute nella loro auto”. Suor Philippon, raggiunta da una pallottola al cuore, sarebbe morta sul colpo, mentre le tre consorelle, la francese Yvonne Boisseau, l’italiana Margherita Alberti e Monique Soubeiga, del Burkina Faso, sarebbero rimaste ferite alle braccia e alle gambe. Le circostanze dell’accaduto, tuttavia, non sono state ancora pienamente chiarite. Suor Philippon, che viveva nel Paese da 20 anni, era la superiora della Congregazione nella diocesi di Sahr. In Ciad, le Missionarie di Nostra Signora degli Apostoli sono impegnate nel servizio ai poveri con attività di prima evangelizzazione, promozione della donna in mini-progetti rurali, catechesi, accompagnamento dei malati di AIDS, accoglienza di bambine e ragazze provenienti dai villaggi in vista della scolarizzazione, comunicazione sociale attraverso i media. Proprio nei giorni scorsi, i vescovi del Ciad, nel loro messaggio di Natale, avevano denunciato la presenza nel Paese di “conflitti intercomunitari irrisolti”: “Le numerose ricchezze naturali – scrivevano – sono divenute causa di divisione e guerra, perché alcuni vogliono accaparrarsi tutto escludendo gli altri. Per questo, molti cittadini sono morti, vittime dei loro propri concittadini”.

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“IL MATRIMONIO COME UNIONE CONIUGALE E’ POSSIBILE SOLO TRA UOMO E DONNA”. COSI’ LA CONFERENZA ESPISCOPALE SPAGNOLA, IN OCCASIONE

DELLA GIORNATA DELLA FAMIGLIA E DELLA VITA 2004

- A cura di Rita Anaclerio -

 

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MADRID. = Sposo e sposa, padre e madre. Sono questi i pilastri per una “inclinazione all’amore fondata sulla differenza sessuale”. A ribadirlo, in un documento intitolato “L’Uomo e la Donna Lui li ha creati”, sono i vescovi della Conferenza episcopale spagnola, in occasione della Giornata della Famiglia e della Vita 2004, per diffondere la visione cattolica su una questione di estrema attualità: il matrimonio civile e le adozioni alle coppie omosessuali, che il governo di Zapatero ha approvato con un disegno di legge, destinato ad entrare in vigore con il nuovo anno. “L’unione degli sposi, il matrimonio – scrivono i vescovi spagnoli – riproduce la comunione amorosa tra Dio Padre, Figlio e Spirito Santo”. Dio ha creato l’uomo e la donna a sua immagine e l’istituzione del matrimonio, hanno spiegato i vescovi, “si basa sulla differenza sessuale, condizione essenziale per manifestare con la verità la comunione coniugale, sacramento e segno visibile e presente del mistero della nuova ed eterna alleanza tra Cristo, gli uomini e la Chiesa”. I presuli spiegano che tutti gli esseri umani, “indipendentemente dall’orientamento sessuale, sono creature e, per grazia ricevuta, figli di Dio ma – sottolineano – l’inclinazione omosessuale deve essere considerata come oggettivamente disordinata, dando vita ad un comportamento in se stesso perverso dal punto di vista morale”. Anche il capo della Chiesa spagnola, il cardinale Antonio Maria Rouco Varela, ha ribadito che non si devono “maltrattare, offendere né emarginare” gli omosessuali, ma che “non si può metterli allo stesso livello della famiglia”. In merito al tema dell’adozione da parte di coppie dello stesso sesso, i vescovi della Conferenza episcopale non negano che “una coppia omosessuale possa dare affetto e benessere ad un bimbo”, ma questa situazione “priva della relazione tra un padre e una madre, che sono rapporti identitari fondamentali”.

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meta’ della popolazione mondiale basa la propria alimentazione

sul riso, ma la produzione totale non basta.

A CONCLUSIONE DELL’ANNO INTERNAZIONALE DEL RISO LA Fao,

ALCUNE Ong e Governi hanno Avviato un piano per migliorare la qualità

dei raccolti e sensibilizzare i coltivatori

- A cura di Stefano Cavallo -

 

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ROMA. = Il riso è fonte di nutrimento per metà della popolazione mondiale. Permette la sopravvivenza di miliardi di persone e fornisce lavoro a centinaia di milioni di famiglie dei Paesi in via di sviluppo di Asia, Africa e America. Questi i dati annunciati recentemente dall’Organizzazione per l’alimentazione e l’agricoltura delle Nazioni Unite (FAO), che in collaborazione con Ong, governi e settori del privato, ha avviato una serie di iniziative per sostenere l’industria mondiale legata al riso. Dei circa 840 milioni di persone che soffrono la fame nel mondo, la metà vive in aree che dipendono dalla produzione di questo cereale, e con l’aumentare dell’indice demografico cresce ogni anno la domanda di produzione. Secondo quanto dichiarato dalla FAO nel consueto prospetto annuale sulla fame nel mondo, malgrado quest’anno si sia registrato un record nella produzione mondiale di cereali, le aree irrigate destinate alla coltivazione non bastano, ed un concreto aiuto potrebbe venire dall’introduzione di nuove tecniche per migliorare la produttività. Tuttavia, il riso non viene ancora considerato un alimento dall’elevato potere nutritivo: i processi di lavorazione, infatti, lo privano di grassi, fibre, ferro, proteine, vitamine e zinco. Attraverso colture selettive e modificazioni genetiche di alcune specie di riso, se ne potrebbe aumentare notevolmente la capacità nutritiva fino a livelli mai raggiunti prima. Ma, continua la FAO, è necessario uno sviluppo sostenibile e compatibile con l’ambiente: occorre che tra i contadini crescano consapevolezza ed educazione e che migliorino i metodi di coltivazione. (S.C.)

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concedere tempo libero ai lavoratori per aumentare il tasso demografico.

e’ la nuova strategia messa a punto dal giappone

per far fronte al calo delle nascite

 

Tokyo. = Per contrastare il crescente calo demografico, il governo nipponico ha deciso di concedere più tempo libero ai lavoratori. Con questa nuova strategia, il si tenterà di affrontare l’indice di nascite negativo, che minaccia società ed economia del Paese. Nell’ultimo anno, la media dei bambini nati per ogni donna è scesa dall’1,32 per cento del 2002 all’1,29 per cento, cifra molto inferiore al 2,08 per cento, tasso necessario per garantire il ricambio della popolazione. Il nuovo “Angel Plan”, il piano di incremento demografico, è il potenziamento di uno schema già adottato nel Paese, che prevede facilitazioni nell’assistenza dei figli e per le donne lavoratrici, oltre a ferie apposite per tutto il personale da dedicare ai figli. Allo scopo di favorire le nascite, diminuirà del 10 per cento il numero degli impiegati che lavorano più di 60 ore settimanali. Ai lavoratori, inoltre, sarà chiesto di usufruire almeno del 55 per cento delle ferie retribuite che spettano loro. Mentre questi provvedimenti richiedono solo un aumento di fondi, il modo in cui le persone si serviranno di questo tempo implica un radicale cambiamento della mentalità giapponese, che vede l’uomo passare molto tempo a lavoro e poco a casa, mentre la donna subisce pressioni da parte del datore di lavoro, che la incoraggia a licenziarsi dopo aver partorito. (S.C.)

 

 

“GENERAZIONE PRECARI. CREATIVITA’? POLITICA? CONTEMPLAZIONE?”

E’ IL TEMA CHE ACCOMPAGNA IL 59.ESIMO CONVEGNO GIOVANI DI ASSISI.

L’INCONTRO, ORGANIZZATO DALLA CITTADELLA IN COLLABORAZIONE

CON PAX CHRISTI, SI CHIUDERA’ IL PROSSIMO 31 DICEMBRE

 

ASSISI. = Prende il via oggi ad Assisi il 59.esimo Convegno Giovani, organizzato dalla Cittadella in collaborazione con Pax Christi, sul tema “Generazione precari. Creatività? Politica? Contemplazione?”. Il tradizionale appuntamento, che si concluderà il 31, mette a fuoco quest'anno un tema - quello della precarietà - attuale e trasversale, poiché non riguarda unicamente il problema del lavoro, ma caratterizza il momento di incertezza e di crisi sperimentato non di rado anche dagli adulti. A leggere l’odierna situazione di precarietà, analizzandone le radici, saranno il sociologo della conoscenza Franco Cassano e Marco Gallizioli, fenomenologo delle religioni. Sui temi del lavoro e degli interventi della politica volti a creare occupazione, si confronteranno il vescovo di Locri, mons. Giancarlo Bregantini, il sindaco di Terni Paolo Raffaelli e don Luigi Ciotti, fondatore del Gruppo Abele. Concluderà i lavori il francescano padre Ireneo Forgiarini, con una testimonianza sul mondo del disagio giovanile. (B.C.)

 

 

 

24 ORE NEL MONDO

27 dicembre 2004

 

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

Dopo un mese di forti contrasti, al limite della guerra civile, l’Ucraina ha scelto Viktor Yushenko come nuovo presidente della Repubblica. Nel ballottaggio di ieri – ripetizione di quello del 21 novembre, prima convalidato dalla Commissione elettorale e poi annullato dalla Corte suprema – il capo dell’opposizione si è affermato con oltre il 52 per cento dei consensi, contro il 43 ottenuto dal premier uscente, il filorusso Yanukovic. La cosiddetta “rivoluzione arancione” sembra dunque aver dato i suoi frutti, come conferma Pierantonio Lacqua, corrispondente dell’Ansa a Mosca, intervistato da Andrea Sarubbi:

 

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R. – Grazie al ballottaggio di ieri, si può dire che l’Ucraina è entrata davvero nel concerto delle democrazie europee. Ieri sera, dopo la vittoria, Yushenko ha detto significativamente: “Siamo stati indipendenti per 14 anni e adesso siamo anche liberi”. Intendeva dire liberi da un regime che ha sempre pilotato in un modo abbastanza autoritario e poco trasparente gli affari governativi. Tra l’altro, per l’Ucraina è una svolta veramente significativa, perché il Paese si mette alle spalle anche una gestione delle elezioni poco corretta.

 

D. – La domanda che si stanno facendo tutti: adesso è veramente finita questa lotta interna in Ucraina?

 

R. – Probabilmente è soltanto l’inizio, perché Yushenko ha fatto delle grandi promesse e ci sono delle grandi aspettative, soprattutto per quanto riguarda la lotta alla corruzione. Vedremo se ce la farà, perché ricordiamoci che il futuro capo dello Stato - anche se finora è stato il leader di questa opposizione democratica - è stato un personaggio molto importante anche nel regime del presidente uscente, Kuchma, che adesso contesta: è stato prima governatore della Banca Centrale, poi primo ministro. Nel suo entourage, per esempio, ci sono delle voci contrastanti, e bisognerà vedere se anche Yushenko avrà la leadership per imporsi nel suo stesso campo e portare avanti queste riforme.

 

D. – A parte l’esito finale - stavolta ha vinto Yushenko - rispetto all’altro voto il copione comunque è rimasto lo stesso: l’Ucraina è spaccata in due, con una parte che tende a Mosca e vota Yanukovic …

 

R. – Yushenko, negli ultimi giorni, ha già cercato di sdrammatizzare questa spaccatura, promettendo che avrà dei rapporti il più possibile fruttuosi anche con Mosca. Ovviamente, ci sono anche delle tendenze autonomiste - se non separatiste - e la soluzione sta anche nel migliorare l’economia, perché l’Ucraina, nell’ultimo anno e mezzo-due, ha avuto un boom economico di tutto rispetto che, in questi mesi convulsi, si è un po’ fermato.

 

D. – Quante possibilità ci sono ora che questa “rivoluzione arancione” faccia da modello anche per altre Repubbliche dell’area ex-sovietica?

 

R. – Nel campo di Yushenko esiste la volontà di esportare nelle altre Repubbliche dell’ex URSS questa rivoluzione arancione, cominciando dalla Bielorussia. Chiaramente, Putin sta vivendo un bruttissimo momento: a livello di politica estera è un grosso smacco.

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● Le elezioni di gennaio in Iraq potrebbero ritardare in alcune regioni, a causa delle carenze in termini di sicurezza. Lo ha reso noto il ministro degli Esteri iracheno, Hoshyar Zebari. Nel Paese del Golfo, infatti, la violenza resta all’ordine del giorno. Un’autobomba è esplosa questa mattina davanti l’ufficio di Baghdad del leader sciita Abdel Hazim Hakim, provocando 13 morti e 66 feriti. L’ufficio, che ospita la sede del Consiglio supremo della rivoluzione islamica in Iraq (SCIRI), ha subito, inoltre, gravi danni. Hakim, sopravvissuto all’attentato, ne ha attribuito la responsabilità ad elementi sunniti e persone legate al partito Baath, ma ha invitato i suoi elettori a non cedere alla violenza. La principale formazione sunnita, intanto, il Partito islamico iracheno, ha annunciato che non parteciperà alle elezioni del prossimo 30 gennaio. A Samarra, a nord della capitale, poi un soldato americano ha perso la vita nella deflagrazione di un ordigno. Particolarmente difficile in Iraq resta anche la situazione dei cristiani. In molti lasciano il Paese per la situazione di precarietà e di insicurezza e la minoranza cristiana, finora il 3 per cento della popolazione, si assottiglia sempre di più. Ascoltiamo, in proposito, la testimonianza di padre Michael Najib, superiore dei Domenicani a Mossul :

 

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CE QUI NOUS FAIT BEAUCOUP PLUS SOUFFRIR, POUR LA COMMUNAUTE ...

“Quello che fa soffrire particolarmente la comunità cristiana sono gli attacchi alle chiese ogni volta che gli americani entrano in una moschea. Immediatamente dopo, ecco il doppio attacco: per un attacco ad una singola moschea, vi sono due chiese bombardate, o fatte esplodere, o attaccate direttamente. Ma la comunità cristiana non ha alcun rapporto con i soldati americani.  E’ a causa del loro intervento che si sono verificati tutti i disordini a Mossul. Prima esisteva un’armonia straordinaria tra cattolici e musulmani: nessuno aveva mai toccato le nostre chiese, nessuno aveva mai attaccato i luoghi di preghiera musulmani o cristiani fino all’arrivo degli americani. E allora noi cristiani, che siamo una piccola minoranza, siamo diventati il capro espiatorio perché in qualche modo secondo alcuni rappresentiamo i soldati americani, e la gente non riesce a comprendere che noi non abbiamo nulla a che fare con loro!”.

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In Medio Oriente prosegue la liberazione, da parte del governo israeliano, di 159 prigionieri palestinesi. Il leader palestinese, Abu Mazen, ha accolto con favore il rilascio, ma ha invitato Israele alla liberazione di quei prigionieri che sono in carcere da molto più tempo. In particolare, ha invocato la liberazione di Marwan Barghuti, il leader di al Fatah in Cisgiordania condannato dal governo di Tel Aviv a cinque ergastoli. Fonti militari israeliane, intanto, hanno reso noto di aver ucciso un esponente delle Brigate al Aqsa nel campo profughi di Batala. L’uomo avrebbe cercato di travolgere nella fuga i militari con un automezzo.

 

Si sono chiusi tra le polemiche i seggi in Uzbekistan, dove ieri si è votato per rinnovare il Parlamento. L’opposizione – esclusa dalla consultazione, a cui hanno potuto partecipare solo partiti fedeli al presidente Karimov – ha definito il voto “una messa in scena”, un crimine contro gli elettori. Secondo l’OSCE le legislative non sono state democratiche.

 

E’ salito a 15 il numero delle persone morte nell’esplosione, provocata ieri pomeriggio dal gas di un immobile a Mulhouse, nell’est della Francia. Si tratta della più grave esplosione accaduta nel Paese transalpino negli ultimi 30 anni.   

 

 

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