RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n.
353 - Testo della trasmissione di Sabato 18 dicembre 2004
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
In vigore da oggi il nuovo Concordato tra la Santa Sede ed
il Portogallo
OGGI IN PRIMO PIANO:
Il
Vangelo di domani: il commento di padre Marko Ivan Rupnik
CHIESA E SOCIETA’:
Messaggio per il Natale dei vescovi del Nicaragua
XII Incontro dei Superiori generali del sudest
asiatico
Storico accordo in Israele tra laburisti e Likud per un governo di unità nazionale. Ma nella Striscia di Gaza è ancora violenza: nove palestinesi uccisi in un’operazione militare israeliana
Iraq: stranieri nel
mirino della guerriglia. Quattro Contractors
americani feriti da una bomba. Ennesimo sabotaggio di un oleodotto
Chiude i battenti con un
risultato importante il 10.mo Vertice dell’ONU sul clima, a Buenos Aires.
Identità di vedute tra Unione Europea e Stati Uniti sul dopo–Kyoto.
18
dicembre 2004
EDUCARE LE GIOVANI
GENERAZIONI AI VALORI MORALI E CIVILI:
L’AUSPICIO DEL PAPA AL PREMIER UNGHERESE, RICEVUTO
IN UDIENZA
- A cura di Alessandro De Carolis -
Formazione civile ed etica dei
giovani ungheresi per un Paese che ha imboccato la via maestra per l’Europa
comunitaria. Nel ricevere il primo ministro dell’Ungheria, Ferenc Gyurcsany, e
il suo seguito, Giovanni Paolo II ha dedicato una breve riflessione al
“significativo capitolo” imboccato dalla nazione dell’est con l’ingresso
nell’Unione Europea. In particolare, il Papa ha auspicato che le giovani
generazioni possano essere solidamente educate nelle “virtù morali e civili”,
assicurando in ciò lo specifico contributo della Chiesa cattolica e della sua
missione.
A questo riguardo, inoltre, il
Pontefice ha affermato di aver “molto apprezzato” la serie di recenti intese
stipulate tra la Santa Sede e l’Ungheria, riferendosi in particolare
all’Accordo sul finanziamento dei pubblici servizi e delle altre opere
religiose promosse in Ungheria dalla Chiesa cattolica. Questo accordo, ha
osservato Giovanni Paolo II, definisce in un’ottica giuridica “il ruolo della
Chiesa in un’importante area della società ungherese, con il dovuto rispetto
per i diritti umani riguardo la libertà religiosa e l’educazione”.
ALLARME
NELLE PAROLE DEL PAPA PER GLI ATTACCHI FORTI E RADICALI
ALLA FAMIGLIA COSTITUITA SUL MATRIMONIO,
FONDAMENTO
DELLA VITA SOCIALE CIVILE
Contro la famiglia “cuore della
vita cristiana” ma anche “fondamento della vita sociale e civile”, tanto più
preoccupa il sovvertimento in atto: così il Papa ricevendo stamane i
partecipanti - 150 - all’Assemblea del Forum delle Associazioni familiari, di cui
fanno parte 36 organismi e 20 comitati regionali, che
rappresentano, nei più diversi ambiti, milioni di famiglie italiane. Il
servizio di Roberta Gisotti
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“Gli attacchi al matrimonio e
alla famiglia si fanno ogni giorno più forti e radicali”: chiare e decise le
parole del Papa per affermare una volta di più che “nessun progresso civile può derivare dalla svalutazione
sociale del matrimonio e dalla perdita di rispetto per la dignità inviolabile
della vita umana”. “Ciò che viene presentato come progresso di civiltà o
conquista scientifica - ha detto - in molti casi è di fatto una sconfitta per
la dignità umana e per la società.” Una demolizione in atto della famiglia sul
piano “ideologico” e “normativo”, ha spiegato Giovanni Paolo II.
“Ridurre la famiglia ad
esperienza affettiva privata”; “confondere i diritti individuali con quelli del
nucleo familiare” fondato sul matrimonio; “equiparare le convivenze alle unioni
matrimoniali”; “accettare, e in alcuni casi favorire, l'aborto volontario”;
“snaturare i processi naturali” introducendo forme artificiali di procreazione”:
sono “solo alcuni degli ambiti in cui è evidente il sovvertimento in atto nella
società”, ha avvertito il Papa, sottolineando “l'intima portata
personale e al tempo stesso la valenza sociale, originaria e irrinunciabile”
dell'unione “tra l'uomo e la donna” nel matrimonio, che dà origine alla
comunità familiare. “Chi distrugge questo tessuto fondamentale dell'umana
convivenza – ha ammonito - causa una ferita profonda alla società e provoca
danni spesso irreparabili”.
Da qui l’appello a non
“cedere alle pressioni di una cultura”, che minaccia i fondamenti della vita e
della famiglia, e l’invito alla mobilitazione delle famiglie perché siano
protagoniste e assumano la responsabilità di trasformare la società.
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ALTRE UDIENZE E NOMINE
Giovanni Paolo II ha ricevuto
nel corso della mattinata il cardinale Giovanni Battista Re, prefetto della
Congregazione per i Vescovi.
Il Papa ha nominato il cardinale
Josip Bozanić, arcivescovo di Zagabria, come suo inviato speciale alle solenni celebrazioni che avranno luogo a
Zadar, in Croazia, il 15 gennaio 2005, nel 17.mo centenario del martirio di
Sant’Anastasia, patrona dell’Arcidiocesi di Zadar.
Il Pontefice ha nominato il
cardinale Joachim Meisner, arcivescovo di Colonia, come suo inviato speciale
alla solenne celebrazione nell’850.mo anniversario dell’arrivo in Finlandia di
Sant’Enrico vescovo e nel 50.mo anniversario della creazione della diocesi di
Helsinki. L’evento si svolgerà a Helsinki
il 27 febbraio 2005.
Giovanni
Paolo II ha nominato nunzio apostolico in Australia l’arcivescovo Ambrose B. De
Paoli, finora nunzio apostolico in Giappone.
Il Papa ha nominato per un
quinquennio membro della Congregazione per i Vescovi l’arcivescovo Luis Robles
Díaz, vicepresidente della Pontificia Commissione per l'America Latina.
In Italia, il Pontefice ha
nominato ausiliare dell'arcivescovo di Genova mons. Luigi Ernesto Palletti,
attualmente cancelliere generale dell'arcidiocesi genovese. Il neo presule, 48
anni, si è diplomato in pianoforte al Conservatorio Nicolò Paganini di Genova
ed è entrato all’età di 20 anni nel Seminario maggiore della città dove ha
compiuto gli studi teologici. Dopo l’ordinazione sacerdotale, ha svolto il
ministero parrocchiale ed ha insegnato religione. Ha svolto, tra l’altro, le
mansioni di membro del Consiglio presbiterale diocesano, di segretario del
Consiglio episcopale. Dal 1998 è canonico effettivo del Capitolo della
Cattedrale e dal 2001 direttore spirituale del Seminario arcivescovile ed è
membro del Consiglio di amministrazione di varie fondazioni, tra queste l'Opera
Pia “Albergo dei Fanciulli”.
In Polonia, Giovanni Paolo II ha
nominato ausiliare della diocesi di Kielce mons. Kazimierz Gurda, del clero
della medesima diocesi, rettore del Seminario diocesano di Kielce. Il 51.enne
nuovo vescovo si è formato nel Seminario maggiore di Kielce e dopo
l’ordinazione sacerdotale è stato vicario parrocchiale a Pińczów e a
Bieliny. Ha proseguito gli studi a Roma presso l’Agustinianum, dove ha
conseguito il Dottorato in Teologia con specializzazione in Patrologia.
Rientrato in patria, è stato, tra l’altro, docente di patrologia e di lingua
latina presso il Seminario diocesano e difensore del Vincolo presso il
Tribunale Diocesano.
CREAZIONE
DI DIOCESI
In Centroafrica, il Papa ha
eretto la diocesi di Alindao con territorio dismembrato dalla diocesi di
Bangassou, rendendola suffraganea della Sede metropolitana di Bangui, ed ha
nominato come primo vescovo della nuova diocesi padre Peter Marzinkowski, superiore
provinciale in Germania della Congregazione dello Spirito Santo. Il presule, 65
anni, ha studiato in patria e all'Università Gregoriana di Roma. E' entrato
nella Congregazione dello Spirito Santo ed è stato ordinato sacerdote nel 1966.
Nel 1968 fu inviato nella Repubblica Centroafricana, dove è stato, tra l’altro,
missionario e parroco a più riprese fino alla nomina di superiore generale del
suo Istituto in Germania. La nuova diocesi di Alindao ha una superficie di
oltre 18 mila Kmq. e conta 38 mila cattolici, con 5 parrocchie 15 sacerdoti, 12
religiose e 2 missionari laici.
DA OGGI IN VIGORE IL NUOVO CONCORDATO TRA LA SANTA
SEDE ED IL PORTOGALLO
- A cura di Roberta Gisotti -
In vigore da oggi - con lo
scambio degli Strumenti di ratifica, avvenuto stamane a Lisbona - il nuovo
Concordato fra la Santa Sede e la Repubblica portoghese, firmato in Vaticano il
18 maggio scorso, per regolare le materie di comune interesse tra la Chiesa e
lo Stato. Alla cerimonia hanno presenziato l’arcivescovo Giovanni Lajolo,
segretario per i Rapporti con gli Stati ed il ministro degli Affari esteri e
delle Comunità portoghesi, Antonio Victor Martins .
La nuova intesa aggiorna il Concordato del 7 maggio 1940, stabilendo la
posizione giuridica della Chiesa cattolica e delle sue istituzioni. Lo Stato
portoghese garantisce alla Chiesa il pubblico e libero esercizio delle sue
attività, in particolare per quanto riguarda il culto, il magistero e il ministero,
nonché la giurisdizione in materia ecclesiastica; riconosce inoltre la libertà
religiosa. Negli ambiti di coscienza, culto, riunione, associazione, espressione
pubblica, insegnamento e attività caritativa. “Un atto fondamentale” di
“portata storica” – ha sottolineato l’arcivescovo Lajolo – ricordando i “due
grandi principi” che ispirano il nuovo testo concordatario: quello “della libertà della
Chiesa” di “manifestarsi nella sua vera identità” e “quello della cooperazione,
che consente alla Chiesa, nel rispetto della competenza propria dello Stato, di
associarsi ad altre istituzioni pubbliche e private nel servizio della società,
per il bene dell’uomo”. “Tutte le nuove norme – ha aggiunto il presule – hanno
grande rilievo sociale, e tutte sono ugualmente vincolanti”, elaborate “tenendo
presenti” la “Costituzione portoghese del 1976 e le direttive del Concilio Vaticano
II”.
L’ESPERIENZA DEL CARDINALE CRESCENZIO SEPE
NEL LUNGO VIAGGIO TRA LE COMUNITA’ CATTOLICHE
DELL’ASIA
- Intervista con il porporato -
Ha da poco terminato il proprio
viaggio tra le comunità ecclesiali dell’Asia il cardinale Crescenzio Sepe,
prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei popoli. I Paesi
visitati sono stati Taiwan, Cambogia, Thailandia, Myanmar e Laos. Sui momenti salienti
del viaggio, il porporato è stato intervistato da Giovanni Peduto:
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R. – Sono stati certamente i
vari incontri che ho avuto con diversi componenti delle Chiese di questi Paesi,
a partire dai vescovi - incontrati sia singolarmente che insieme – con i quali
è stata fatta un’analisi della situazione della Chiese nei loro rispettivi Paesi
e nelle rispettive diocesi. Ho avuto poi un incontro con i missionari, i
religiosi e le religiose, e in molti casi anche con gruppi di laici impegnati
nell’apostolato. Oltre a questi incontri, ho avuto anche la possibilità di
incontrare il Patriarca buddhista della Cambogia e il Patriarca buddhista di
Taiwan. Questo ci ha permesso di avere degli scambi di vedute ed ha suscitato
tanta speranza da questa collaborazione e da questo dialogo veramente intenso e
fraterno. E poi ho avuto incontri anche con alcune autorità politiche.
D. – Come ha trovato le comunità
cattoliche in questi Paesi?
R. – In genere si tratta di
comunità minoritarie, molto piccole, le quali si sentono come un piccolo gruppo
inserito in un contesto che a volte sembra schiacciarle. Devo però dire che si
tratta di comunità che vivono con grande entusiasmo la loro fede: si sentono
impegnati, sentono di essere portatori del messaggio di Cristo, e testimoniano
in tanti modi il Vangelo e ne sono entusiasti. Sono un po’ - direi – come i
neofiti, i primi cristiani, che in un contesto particolare sentono di essere il
fermento della società e della Chiesa nei rispettivi Paesi.
D. – Cosa fa la Chiesa per
l’evangelizzazione dell’Asia e quali sono le principali difficoltà?
R. – Il problema principale è il
fatto di essere una Chiesa molto minoritaria in un contesto anche religioso.
C’è un’animazione molto viva anzitutto a livello di opere caritative, con alcuni
missionari che si dedicano alla cura dei malati di AIDS e alle scuole per
handicappati. Si evangelizza cioè attraverso una testimonianza molto concreta e
molto visibile. Naturalmente non mancano tante conversioni e questo proprio per
la testimonianza che offerta dai cristiani.
D. – Non mancano quindi motivi
di speranza?
R. – Certamente. Io credo che,
soprattutto in un clima politico che sta aprendosi sempre più alla libertà
religiosa e alla libertà in genere, possiamo pensare si stia costruendo - e alle
volte si è dovuto iniziare da zero – una Chiesa molto aperta al futuro e piena
di speranze.
D. – Qual è, in particolare, la
situazione dei cristiani a Taiwan?
R. – Anche lì si tratta di una
minoranza, ma di una minoranza molto vivace e molto dinamica. Sentono di essere
testimoni di un qualcosa e sentono inoltre - soprattutto in una società in
continua evoluzione economica come quella di Taiwan e con tutti i pericoli che
la ricchezza può portare - di essere stimati ed considerati da tutto il
contesto sociale. Basti pensare che nell’ordinazione sacerdotale che ho fatto a
Taipei erano più di 10 mila le persone che hanno partecipato. Alla chiusura del
Congresso eucaristico nazionale, erano presenti quasi 20 mila persone. La cosa
forse più bella e quella che maggiormente mi ha colpito è che durante questa
celebrazione eucaristica, al momento opportuno, c’è stato il battesimo di 438
adulti - la stragrande maggioranza giovani, ma anche papà e mamme di famiglia -
con qualche persona, pochissime per la verità, anziane. La stragrande
maggioranza, quindi, giovani catecumeni che hanno fatto un periodo di
preparazione e che erano entusiasti e contenti.
D. – Cosa ha portato nel cuore,
tornando da questo viaggio?
R. – Il fermento così vivo di
cristiani, impegnati con tutte le loro forze, a vivere personalmente la fede
cristiana e ad evangelizzare attraverso la testimonianza della propria vita. Ho
visto un entusiasmo per il Papa, un amore tale per il Papa. Ho visto la gioia,
che a volte era commozione, della gente che guardava, che toccava il rappresentante
del Papa, pensando ed inneggiando al Papa in un modo al quale forse noi non
siamo abituati, ma certamente molto commovente.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre
la prima pagina l'udienza di Giovanni Paolo II ai partecipanti all'Assemblea
del Forum delle Associazioni Familiari. Nell'occasione il Papa ha sottolineato
con forza che nessun progresso civile deriva dalla svalutazione sociale del
matrimonio e dalla perdita di rispetto per la dignità inviolabile della vita
umana.
Nelle
vaticane, nel discorso ai Primo Ministro di Ungheria, il Papa ha esortato
affinché uno spirito di cooperazione costruttiva continui a contraddistinguere
l'opera della Chiesa e dello Stato nel compito di realizzare fedelmente ciò che
è stato negoziato e concordato.
Nelle
estere, la notifica dello scambio degli Strumenti di ratifica del Concordato
tra la Santa Sede e la Repubblica Portoghese.
Medio
Oriente: ancora sangue nei tormentati Territori palestinesi.
Iraq:
gli Stati Uniti cancellano il debito di 4.1 miliardi di dollari.
La
pagina culturale è dedicata alle manifestazioni per il VII centenario della
nascita di Francesco Petrarca.
Nelle
pagine italiane, in primo piano la finanziaria.
Il
tema della camorra.
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18
dicembre 2004
LA TURCHIA PIU’ VICINA ALL’UNIONE EUROPEA
DOPO IL
VERTICE DI BRUXELLES. RAGGIUNTO
UN
COMPROMESSO SULLA SPINOSA QUESTIONE DI CIPRO
- Con noi, lo storico Giorgio Rumi e il
giornalista Antonio Ferrari -
Stamani, la Turchia si è svegliata più
europea. L’accordo, raggiunto ieri al vertice di Bruxelles, apre infatti la via
del negoziato per l’adesione di Ankara nell’Unione Europea, a partire dal 3
ottobre del 2005. Il compromesso siglato con l’Europa a 25 è stato preceduto da
una gestazione difficile. Né sono mancati i momenti in cui, sulla spinosa
questione di Cipro, è parso che l’impasse si tramutasse in fallimento. Al suo
ritorno in patria, il premier turco, Erdogan, è stato accolto da trionfatore.
In Europa, invece, pur riconoscendo l’importanza storica della giornata, non
mancano le voci, come quella del presidente francese Chirac, che tendono a
smorzare i toni trionfalistici. Per una riflessione sul significato di questa
nuova tappa dell’integrazione europea, Alessandro Gisotti ha intervistato lo
storico Giorgio Rumi, editorialista dell’Osservatore Romano:
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R. – Direi che si tratta di una
giornata positiva, perché segna l’apertura della porta dell’Europa alla
Turchia, ma senza fretta e in modo tale da poter alleviare i dubbi che ci sono.
D. – L’Europa che non ha
riconosciuto esplicitamente le proprie radici cristiane nella sua Carta
fondamentale, accoglierà – anche se dopo un lungo negoziato – un Paese
musulmano come la Turchia. Quali effetti può avere tale scelta sull’identità
del Vecchio continente?
R. – Penso che tutto sommato, e
nonostante le difficoltà, la Turchia possa e debba far parte dell’Europa. Mi
spiace solo che l’Europa non abbia voluto riconoscere la sua identità e questo
non è bene. Non lo è neanche per la Turchia, perché quando ci si incontra e si
dialoga questo deve avvenire tra diversi. E’ bene, quindi, che le reciproche
identità vengano riconosciute. Identità non vuole dire ostilità.
D. – L’apertura dell’Unione
Europea alla Turchia, peraltro caldeggiata dagli Stati Uniti, come si inserisce
nei rapporti tra Occidente e mondo islamico? Può essere un modello per cercare
il dialogo piuttosto che lo scontro fra le civiltà?
R. – E’ esattamente questo. E’
la prova che l’Europa non è razzista, non soffre di incomprensibili
atteggiamenti di superiorità e si apre ad una nazione che in parte è inserita
nella nostra storia e in parte no. Questo non è nulla di male. Dimostra agli
islamici che non esiste un preconcetto o un pregiudizio anti-islamico.
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La questione cipriota ha messo
seriamente a rischio l’esito del vertice di Bruxelles. Alla fine, il governo di
Ankara si è impegnato - tuttavia con una dichiarazione solamente orale - ad
estendere a Cipro il Protocollo dell’accordo doganale e commerciale. Il premier
turco Erdogan ha dichiarato, però, che l’estensione del Protocollo non è un
riconoscimento ufficiale della Repubblica di Cipro, la parte greca dell’isola,
divisa ormai da 30 anni. Dal canto suo, il leader turco cipriota, Denktash, ha
convocato nuove elezioni per il 20 febbraio prossimo. Sul compromesso raggiunto
a Bruxelles sullo status di Cipro, Paolo Ondarza ha intervistato Antonio
Ferrari, inviato speciale del Corriere della Sera:
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R. – Per la Turchia, riconoscere
la Repubblica di Cipro avrebbe provocato una serie di problemi. Quindi, si è
trovata questa formula diplomatica, che in qualche misura riesce a bypassare il
problema e quindi ha portato la Turchia verso un accordo che dovrà essere perfezionato,
definito.
D. – Comunque, seppure a livello
solo informale, il riconoscimento di Cipro c’è. Cipro però si dice non contenta
di questa dichiarazione solo orale...
R. – E’ chiaro che Cipro volesse
una dichiarazione naturalmente scritta. In questa vicenda ci sono dei
paradossi. L’ingresso di Cipro nell’Unione Europea era stato deciso quando la
Turchia non voleva sapere di un accordo con la parte greco-cipriota. Oggi la
situazione è radicalmente cambiata, perché quando si è svolto il referendum sul
piano presentato dal Segretario generale dell’Onu, Kofi Annan, la parte turca
ha detto di sì e la parte greca ha detto di no. Ma ormai era troppo tardi per
fare marcia indietro, oppure per rivedere i vari accordi che sono stati presi e
quindi la Repubblica greco-cipriota è entrata nell’Unione.
D. – Il raggiungimento
dell’accordo tra Unione Europea e Turchia e il riconoscimento, seppure solo
implicito di Cipro, lascia intravedere un futuro diverso per l’isola?
R.- Probabilmente ci avviamo
verso una possibile soluzione del problema dell’isola divisa. E’evidente che da
parte turca, a denti stretti, si è accettato questo compromesso anche perché
non ci sarebbe stato modo di fare altrettanto, e da parte dell’Unione Europea
si è tirato un sospiro di sollievo anche perché dire di no alla Turchia avrebbe
creato potuto creare un risentimento e anche bloccare quello che è un processo
democratico che in Turchia sta andando avanti.
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OGGI GIORNATA INTERNAZIONALE DEI MIGRANTI:
ATTENZIONE RIVOLTA AI
DIRITTI DEI LAVORATORI STRANIERI
- Intervista con Peter
Schatzer -
Per prevenire ed eliminare le migrazioni illegali o clandestine, lo
sfruttamento lavorativo e il traffico di manodopera, è necessario che gli Stati
ratifichino la Convenzione ONU sulla protezione dei diritti di tutti i
lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie. E’ l’invito del
segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, nel messaggio per
l’odierna Giornata internazionale dei migranti. La Convenzione, entrata in
vigore il 1° luglio del 2003 e attualmente sottoscritta da 27 Paesi, è l’unico
valido strumento per la tutela dei diritti dei lavoratori migranti, che nel
mondo raggiungono i 175 milioni. Al microfono di Roberta Moretti, il dott.
Peter Schatzer, capo missione in Italia dell’OIM, Organizzazione internazionale
per le migrazioni:
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R. – Nella lista dei Paesi che
ormai hanno ratificato la Convenzione, non c’è nessun membro dell’Unione
Europea, non c’è nessun Paese industrializzato. Neanche Stati Uniti, Canada,
Australia, Svizzera e Norvegia hanno aderito. L’Unione Europea, però, pian
piano sta costruendo una base di diritti comuni per i migranti e il che è notevole.
D. – Secondo lei, per quali
ragioni esiste questa chiusura? D’altronde nei Paesi dell’Unione Europea gran
parte della manodopera straniera viene utilizzata per coprire le carenze di
alcuni settori produttivi…
R. – Per due ragioni. Una è che
in generale, oggi, è molto difficile far accettare nuovi diritti. A parte le
questioni di sicurezza, di terrorismo, per tutto il resto è molto difficile
oggi trovare consensi a livello internazionale. La seconda ragione è
rappresentata dalla preoccupazione che questa Convenzione parla di tutti i
migranti, regolari ed irregolari. Pochi governi vogliono essere visti a codificare
diritti per migranti irregolari e spesso anche quando questi diritti de
facto esistono già.
D. – Quanto ha influito il
terrorismo nei processi di xenofobia, di rifiuto degli immigrati?
R. – Spesso viene usato come
scusa. Quelli che da sempre erano xenofobi pensano ora di avere una spiegazione
che giustifichi questo loro comportamento. E’ anche vero, poi, che tutte le
questioni di migrazioni oggi vengono considerate anzitutto sotto il profilo
della sicurezza. In questo senso, soprattutto gli eventi dell’11 settembre a
New York, ma anche quelli dell’11 marzo a Madrid hanno contribuito a creare
molti problemi per i milioni di migranti che non hanno nulla a che fare con il
terrorismo, con l’uso della forza contro i loro ospiti.
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STASERA, IL CONCERTO DI NATALE IN VATICANO
PER FINANZIARE LA COSTRUZIONE DI NUOVE CHIESE
NELLA PERIFERIA DI ROMA
- Servizio di Amedeo Lomonaco -
Sostenere la costruzione di
nuove Chiese, specialmente nelle zone di periferia della diocesi di Roma. E’
l’obiettivo indicato dal Papa nel discorso rivolto ieri agli artisti che si
esibiranno questa sera in Vaticano per il concerto di Natale. La manifestazione
è finalizzata alla raccolta di fondi per la costruzione di nuove chiese a Roma.
Tra i brani inseriti nel programma figura anche un’inedita versione di
“Magnificat”, scritto da mons. Marco Frisina su testo tratto dal Vangelo
secondo Luca. Nella conferenza stampa organizzata per presentare l’evento, è
stata annunciata, inoltre, una sorpresa dell’ultima ora: il cantautore romano
Antonello Venditti interpreterà “Addio mia bella addio”, un brano a scritto nel
1848 dal maestro C.A. Bosi. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
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Tutti gli interpreti si
esibiranno gratuitamente e i fondi raccolti saranno destinati alla costruzione
di chiese nella periferia romana. Sulla necessità di edificare nuove chiese
nella capitale, ascoltiamo mons. Ernesto Mandara, vescovo
ausiliare di Roma:
R. - Quello che conta è creare
una sensibilità su questo problema: alcuni quartieri non hanno una Chiesa. Sono
realtà e comunità numericamente molto consistenti. Speriamo di avviare quattro
cantieri l’anno, perché le parrocchie da costruire sono circa una ventina e
quindi nei prossimi cinque anni speriamo di poter far fronte alle esigenze.
Il programma musicale, che prevede
l’ormai consueta partecipazione di cantanti italiani e internazionali,
presenta, per gli artisti, delle novità rispetto alle edizioni passate. Sulle
peculiarità della manifestazione di quest’anno, ascoltiamo il maestro Renato
Serio, direttore dell’orchestra sinfonica siciliana che accompagnerà gli
artisti.
R. - I primi anni, la scelta di
un brano per un cantante era più vincolato alla tradizione del proprio Paese.
Oggi, invece, un cantante di un determinato Paese interpreta anche un pezzo di
un altro artista e di un’altra matrice culturale. L’importante, comunque, è che
traspaia questa voglia di cimentarsi in una esibizione nuova. Quando agli
artisti viene proposto di cantare brani ascoltati, magari, dalla mamma o dalla
nonna, generalmente accettano sempre volentieri. Anche perché sanno che poi
questi pezzi vengono collocati in una cornice importante.
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Domani 19 dicembre, IV Domenica
d’Avvento, la liturgia ci presenta il Vangelo dell’Emmanuele, il “Dio-con-noi”.
Giuseppe medita di licenziare in segreto Maria, incinta per opera dello Spirito
Santo. Ma gli appare in sogno un angelo del Signore che gli dice:
“Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua
sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo. Essa partorirà
un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli i
nfatti salverà il suo popolo dai suoi peccati”.
Su questo brano evangelico
ascoltiamo il commento del teologo gesuita padre Marko Ivan Rupnik:
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La settimana di Natale si apre
con il Vangelo della verginità della Madre di Dio: mistero, questo, divenuto
poi dogma della Chiesa. E’ uno dei punti più originali della nostra fede.
L’unione tra l’uomo e Dio è
possibile ed è reale. L’unione con Dio non può appartenere ad un mondo
inferiore all’uomo. E perciò avviene in un modo radicalmente nuovo, superiore,
integro, innalzando l’uomo alla vita divina. L’unione con Dio porta l’uomo ad
essere fecondo nell’amore di Dio, al modo di Dio. Per questo, sul fondamento
della maternità divina di Maria, comunque, ogni cristiano è chiamato a
diventare Madre di Dio, cioè rendere Dio visibile attraverso noi stessi.
Nella vita spirituale questo
dogma ci preserva anche dal moralismo, perché il passaggio dalla Parola di Dio
alla prassi vissuta avviene in collaborazione con lo Spirito Santo. E’ Lui
l’artefice principale di ogni opera dell’incarnazione.
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18
dicembre 2004
“SOLTANTO CRISTO, CON IL SUO AMORE, PUO’ TRASFORMARE
I CUORI E
SUSCITARE DESIDERI BUONI DI AMORE, COMPRENSIONE E
PACE”.
LO SOTTOLINEANO I VESCOVI DEL NICARAGUA, NEL LORO
MESSAGGIO PER NATALE
MANAGUA.
= “Sono proprio i tempi di crisi che invitano ad un incontro personale con il
Signore e ad una sincera conversione del cuore”. Questa, in sintesi,
l’esortazione espressa dalla Conferenza episcopale nicaraguese, nel suo
messaggio natalizio. Proprio in mezzo all’insicurezza e all’incertezza sociale,
infatti, scrivono i presuli, c’è una risposta per i cuori semplici che
ascoltano la voce che viene dall’alto. “Per mantenere la pace – si legge ancora
nel documento – è necessario nascere da Dio e allontanarsi dal mondo. Il
peccato, infatti, ha invaso tutti gli ambienti: la politica, la famiglia”. Il
male affligge l’uomo perché il suo cuore è occupato da invidie, risentimenti,
superbia, odio, maldicenza, cattive intenzioni, interessi propri. L’Emmanuele
non può essere accolto dove esistono le preoccupazioni del mondo e la seduzione
delle ricchezze. Occorre, quindi, “esaminare la propria coscienza –
sottolineano i vescovi nicaraguesi – riconoscere con responsabilità e sincerità
personale e collettiva il male che abbiamo commesso e il bene che non abbiamo
fatto o abbiamo smesso di fare, per cercare tutti insieme la strada giusta che
conduce a Gesù”. Il messaggio ricorda, infine, che “soltanto Cristo con il suo
amore può trasformare i cuori e suscitare desideri buoni di amore, comprensione
e pace, assieme al desiderio sincero di riconciliazione e di unità”. “Soltanto
Cristo – concludono i vescovi – illumina le intelligenze e muove le volontà di
tutti gli uomini per abbattere le barriere che dividono gli uni dagli altri”.
(B.C.)
I RELIGIOSI DEVONO
AFFRONTARE CON CORAGGIO LE SFIDE
DELLA GLOBALIZZAZIONE,
CHE HA INVESTITO IL CONTINENTE ASIATICO. E’ IL MONITO
DEL VESCOVO MALESE DI
MELAKA-JOHOR, NEL CORSO DEL XII INCONTRO
DEI SUPERIORI GENERALI DEL SUDEST ASIATICO
BANGKOK.
= “L’Asia moderna è risucchiata dal vortice della globalizzazione, che ha aspetti
positivi e negativi. Noi religiosi dobbiamo affrontarli con coraggio,
assimilando ciò che è buono, scartando il cattivo e trasformando quello che è
ambiguo”. Così mons. Paul Tan Chee Ing, vescovo di Melaka-Johor, in Malesia,
durante il XII Incontro dei Superiori generali del sudest asiatico (SEAMS), nei
giorni scorsi a Bangkok. L’Asia, secondo il presule, sta vivendo una “crisi
nella vita religiosa”, che può essere combattuta solo liberandosi dai beni
materiali e affrontando con coraggio le sfide della globalizzazione. Nel corso
del suo intervento, il gesuita, che guida l’Ufficio per la vita consacrata
della Federazione delle Conferenze episcopali asiatiche, ha sottolineato anche
che nel vasto continente alcune nuove forme di vita consacrata “non soffrono di
mancanza di vocazioni”, mentre gli ordini e le congregazioni religiose
tradizionali stanno sperimentando un periodo di difficoltà. Secondo il vescovo
di Melaka-Johor, riferisce l’agenzia Misna, la prima e principale ragione
risiede nella “risposta sbagliata e poco diligente” all’invito rivolto dal
Concilio Vaticano II ad ordini e congregazioni affinché “tornino al loro
originale carisma per poi trasferirlo nel mondo moderno leggendo i segni dei
tempi”. Accettando i principi del liberismo senza regole, rileva ancora il
presule, si finisce per vedersi indebolire, o perdere del tutto, la propria
identità. “L’individuo realmente libero – ha concluso mons. Paul Tan Chee Ing –
è colui che non ha niente. Un religioso, in questo senso, non è una persona
normale, ma è piuttosto un segno, un lievito e un profeta”. (B.C.)
“SPERO CHE SIA LA PACE
DEFINITIVA”: COSI’ IL VESCOVO SENEGALESE
DI ZIGUINCHOR,
COMMENTANDO L’ANNUNCIO DELLA FIRMA DELL’ACCORDO
DI PACE PER LA
CASAMANCE, DOPO OLTRE 20 ANNI DI GUERRA DI SECESSIONE,
CHE HA CAUSATO CENTINAIA
DI MORTI E MIGLIAIA DI PROFUGHI
ZIGUINCHOR.
= “Spero che l’accordo che dovrà essere firmato il 30 dicembre porti la pace
definitiva nella Casamance”. E’ l’auspicio espresso all’agenzia Fides da mons.
Maixent Coly, vescovo di Ziguinchor, capoluogo della Casamance, la regione
meridionale del Senegal segnata dal 1982 da un conflitto di secessione,
condotto dal Movimento delle Forze Democratiche della Casamance (MFDC). “Mi
faccio interprete dei sentimenti di tutta la popolazione che desidera la pace
da molto tempo – ha detto mons. Coly – e spero che la notizia trovi conferma
anche da parte del governo”. Il governo senegalese, infatti, non ha ancora
confermato la firma degli accordi di pace. Il 6 dicembre scorso, comunque, il
capo di Stato, Abdoulaye Wade, si è detto disponibile a recarsi in Casamance
per siglare l’intesa. Nel maggio 2003, il leader del MFDC, Augustin Diamacoune
Senghor, durante un incontro con il presidente Wade, ha annunciato che il suo
movimento rinunciava definitivamente alla richiesta d’indipendenza della
regione, aprendo la strada alle trattative di pace. “Già ora è in atto una
tregua e la situazione è calma – ha proseguito il presule – sono appena tornato
da una serie di visite nella regione e ho visto che si può circolare liberamente.
Sono tornati nella Casamance anche diversi turisti”. “Sono tanti – ha concluso
il vescovo di Ziguinchor – i segnali positivi che fanno sperare davvero nel
ritorno della pace”. La guerra per la secessione della Casamance è scoppiata
nel 1982 e ha provocato la morte di centinaia di persone e costretto alla fuga
migliaia di profughi. La regione è una delle più fertili del Senegal, dove
vivono diverse etnie e fedi religiose. Prima della guerra era il più importante
polo turistico senegalese. (B.C.)
OLTRE 100 MILA BAMBINI
DELL’INFANZIA MISSIONARIA ANNUNCERANNO
OGGI PER LE STRADE DELLA
SPAGNA LA GIOIA DEL NATALE E RINGRAZIERANNO,
A NOME DI TUTTI I
MISSIONARI, PER GLI AIUTI RICEVUTI
MADRID.
= Giornata di grande festa oggi in Spagna per i giovani missionari. Circa 100
mila bambini, infatti, usciranno per le strade delle città cantando e
distribuendo stelle adesive alle persone che incontreranno. Si tratta della
manifestazione di inizio della campagna nota come “Seminatori di Stelle”,
promossa dalla Pontificia Opera dell’Infanzia Missionaria, che culminerà il 23
gennaio 2005. Lo slogan che accompagna l’iniziativa è: “Apri i tuoi occhi alla
Missione”. L’Infanzia Missionaria invita bambini e bambine, tra i 9 ed i 14
anni, a vivere un Natale Missionario, seminando le stelle per le strade ed i
quartieri di paesi e città, come annunciatori della gioia e della speranza
natalizia, la nascita di Gesù, nel quale Dio manifesta il suo amore immenso
verso tutti gli uomini del mondo. Prima di uscire per le strade, nelle diverse
parrocchie e scuole, ci sarà un momento di preghiera, alla fine del quale verrà
loro detto: “Andate dunque, uscite per le strade e per le piazze. Gesù vi
benedice e vi manda. Portate la luce a tutti quelli che trovate. Dite a tutti:
‘Da parte di tutti i missionari, Buon Natale!’”. Nel 1977 furono due le cause
principali che diedero inizio a questa campagna, a Madrid. In primo luogo,
insegnare alle persone a dare qualcosa senza pretendere in cambio nulla: regalare
qualcosa, benché molto piccolo, porta un grande messaggio di salvezza, seguendo
l’esempio dei missionari che danno tutto senza sperare di ricevere niente. In
secondo luogo, l’iniziativa nacque per ringraziare le persone, a nome dei missionari,
del contributo raccolto nella campagna per la Giornata Missionaria Mondiale.
Gli obiettivi della campagna attuale sono diversi: fare dei bambini degli
annunciatori della gioia che ci porta il Natale in un mondo triste ed incupito;
insegnare ai bambini a ringraziare, a nome dei missionari, in un mondo che si ritiene
in possesso di tutti i diritti e si dimentica spesso di dire grazie;
risvegliare nei bambini il senso della gratuità, la capacità di dare qualcosa
senza aspettare niente in cambio. (B.C.)
UN ESEMPIO DI INTEGRITA’ MORALE E LIBERTA’ INTELLETTUALE
MERITA DI ESSERE RIPROPOSTO NELL’ATTUALE DIBATTITO
SUL RUOLO DEI CRISTIANI
NELLA VITA SOCIALE E POLITICA. QUESTI I TRATTI
CARATTERISTICI
DELLA FIGURA DI IGINO RIGHETTI, FONDATORE DEL
MOVIMENTO LAUREATI
DI AZIONE CATTOLICA, RICORDATO OGGI A ROMA A CENTO
ANNI DALLA NASCITA
- A cura di Ignazio Ingrao -
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ROMA. = “Se non fosse scomparso
a 35 anni sarebbe diventato certamente il successore di De Gasperi”. Così Paolo
Emilio Taviani, ricordava Igino Righetti, che fu presidente della FUCI (Federazione
Universitaria Cattolici Italiani) e fondatore dell’Editrice “Studium” e del
Movimento Laureati di Azione Cattolica, divenuto oggi MEIC, Movimento
Ecclesiale di Impegno Culturale. “Poesia e profondità si respiravano sempre in
questo candidato all’azione”: questa citazione di Paolo VI su Igino Righetti è
stata ricordata dal prof. Piergiorgio Graschi dell’Università di Urbino, in
occasione del convegno organizzato a Roma dal MEIC, in collaborazione con la
FUCI e l’Editrice “Studium”. Antifascista convinto, Righetti si fece particolarmente
apprezzare per il coraggio e la fermezza dimostrati negli anni più travagliati
dei rapporti tra fascismo ed Azione Cattolica e perciò fu chiamato,
all’indomani del Congresso della FUCI a Cagliari, nel ‘32, ad illustrare a Papa
Pio XI il progetto di costituzione di un movimento dei laureati cattolici, di
cui divenne primo presidente. “Il proposito di Righetti – ha spiegato Maria
Cristina Giuntella dell’Università di Perugia – era di fare della cultura non
uno strumento di conquista, ma di verifica. E ciò comportava un’apertura al
confronto con la modernità. In tale prospettiva la testimonianza e l’eredità di
Righetti rimangono attualissime e meritano di essere riscoperte mentre si
riaccende il dibattito sulla laicità”. “Inoltre – ha sottolineato il presidente
del MEIC, Renato Balduzzi – l’opera di Righetti è un richiamo a ribadire la
centralità della coscienza, nell’esercizio di quella che viene chiamata la
carità intellettuale”. Dobbiamo sentirci legati alla figura di Righetti, ha
concluso il presidente dell’Editrice “Studium”, Vincenzo Cappelletti. “A lui si
deve unire una rinnovata militanza intellettuale in un’epoca – come la nostra –
che ci vede circondati dalle verità incompiute e dai frammenti di verità”.
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MADRE MARY GARSON, FONDATRICE E SUPERIORA GENERALE
DELLE
SORELLE BENEDETTINE DI NOSTRA SIGNORA DELLA GRAZIE
E DELLA COMPASSIONE
DI BRIGHTON, E’ STATA INSIGNITA DELL’ONORIFICENZA
DI
MEMBRO DELL’ORDINE DELL’IMPERO BRITANNICO
LONDRA.
= Madre Mary Garson, fondatrice e superiora generale delle sorelle benedettine
di Nostra Signora delle Grazie e della Compassione di Brighton, ha ricevuto
l’onorificenza di “Membro dell’ordine dell’impero Britannico”, assegnata dal
governo di Londra. La congregazione, grazie a diverse case missionarie, opera
in India, Sri Lanka e Kenya. L’arcivescovo Pablo Puente, nunzio apostolico in
Gran Bretagna, lo scorso settembre, in occasione del 50.esimo anniversario
della fondazione della congregazione, aveva definito madre Garson e le sue
consorelle come “un miracolo vivente”. Nell’aprile 2002, madre Garson ha anche
ottenuto il premio della Chiesa cattolica britannica “Pro Ecclesia et Pontifice”.
(B.C.)
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18
dicembre 2004
- A cura
di Salvatore Sabatino -
E’ prevista per domani la
cerimonia formale della firma per la costituzione del nuovo governo israeliano
di Ariel Sharon, dopo l’accordo finalmente raggiunto ieri tra il Likud e i
Laburisti che permetterà l'ingresso del partito di Shimon Peres. Il nuovo
governo, che affida ai laburisti otto incarichi ministeriali, si lancia adesso
verso la realizzazione di due obiettivi ambiziosi: la realizzazione di un
ritiro da Gaza entro il 2005 e la stabilizzazione dell’economia sulla base di
un piano di austerity elaborato dal ministro delle finanze Benyamin Netanyahu.
Intanto, la Striscia di Gaza continua ad essere terreno di violenze. Oggi,
almeno dieci palestinesi, di cui sette militanti, sono stati uccisi negli scontri innescati da una
operazione militare lanciata all'alba
di ieri dall' esercito israeliano nel campo profughi di Khan Yunis, nel sud
della Striscia di Gaza. Ma come cambierà ora la politica israeliana
soprattutto nei confronti dei palestinesi? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a
Guido Olimpio, esperto di questioni mediorientali del Corriere della Sera:
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R. – Certamente, Sharon avrà un governo che gli potrà
consentire di andare avanti con il piano di disimpegno, ossia il ritiro
israeliano da Gaza. E dall’altra, rilanciare il negoziato con Abu Mazen, visto
che proprio lui quasi sicuramente sarà il nuovo presidente palestinese, il
prossimo gennaio. Quindi, si crea una rete politica su cui cominciare poi a
lavorare.
D. – Il governo di unità
nazionale si è reso necessario anche per problemi interni, soprattutto di tipo
economico. Saranno affrontati in modo diverso?
R. – Il problema economico è
fortissimo in Israele e si è aggravato con l’Intifada. Sono problemi diversi.
Da una parte c’è, ovviamente, l’economia che ha subito colpi pesanti e
dall’altra c’è l’eterno problema dei finanziamenti ai religiosi ortodossi. E’
chiaro che Sharon dovrà cercare di districarsi tra i due problemi ed è
possibile che Peres e i laburisti gli diano un supporto maggiore in questo. La
coalizione, un governo di unità nazionale, può favorire questo tipo di
operazione. Anche sul piano interno gli dà una rete di protezione, che prima
Sharon non aveva. Altrimenti, in alternativa, bisognerebbe andare alle elezioni
anticipate, cosa che Sharon ha pensato in un certo momento.
D. – Torna sulla scena politica
un personaggio, per così dire storico, come Shimon Peres. Questo favorirà di
più la concertazione a livello internazionale?
R. – Sicuramente Peres gode di
buona fama all’estero. Anche se non guiderà la diplomazia, sicuramente
influenzerà le scelte diplomatiche di Sharon. Secondo elemento, da non
sottovalutare, è il rapporto speciale, personale, che Peres ha con Sharon. Sono
avversari politici, ma si conoscono bene da molto tempo, e penso che possano
lavorare bene in maniera pragmatica, senza troppo idealismo. Penso che il pragmatismo
sia quello che serve in questa fase in Medio Oriente.
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Alta tensione anche in Iraq,
dove la giornata si è aperta con nuovi episodi di sangue. Una donna è stata uccisa e altre due sono
rimaste ferite a Kirkuk da tiri dei
soldati statunitensi. I militari hanno sparato al veicolo sul quale viaggiavano
e che non si era fermato ad un posto di blocco. A Beji, invece, nel triangolo
sunnita, la guerriglia è entrata in azione, ferendo 4 guardie private
statunitensi. Ma anche Baghdad non è stata risparmiata dalle violenze. Due
irachene che lavoravano in una base
americana e il loro autista sono stati uccisi da uomini armati nel quartiere
Dora. Due persone, invece, hanno perso
la vita in un attacco a colpi di mortaio contro un ufficio elettorale nella
provincia sunnita di Samarra a nord di Baghdad. Per la seconda settimana
consecutiva, infine, l'oleodotto che collega l'Iraq con la Turchia è stato
sabotato dai guerriglieri. Sospesa nuovamente l’esportazione di greggio.
L'esercito libanese ha confermato oggi che la Siria
ritirerà parte dei suoi circa 15.000 uomini ancora presenti in Libano da tre
postazioni a Beirut e nel nord del Paese. Solo stamattina l’Unione Europea, nel
documento finale del summit di Bruxelles, aveva chiesto nuovamente alla Siria
di rispettare la risoluzione 1559 dell’Onu, che prevede proprio il ritiro delle
truppe di Damasco dal Libano.
Il ministro bosniaco degli affari esteri, Mladen Ivanic,
ha annunciato oggi le sue dimissioni, due giorni dopo l'adozione di nuove
sanzioni da parte della Comunità internazionale contro i serbi bosniaci per
mancanza di cooperazione con il tribunale penale internazionale
Ultimatum di 24 ore concesso
dall’Unione Africana al governo sudanese per mettere fine ai combattimenti in
Darfur e ritirare le proprie truppe dalla regione. Il comunicato
dell’organizzazione panafricana evidenza, inoltre, come nelle ultime due
settimane siano affluite grosse quantità di armi e munizioni nel Darfur,
facendo pensare che il governo stia preparandosi a una vasta offensiva militare.
Immediata la risposta della delegazione sudanese presente ad Abuja, in Nigeria,
dove si stanno svolgendo i colloqui di pace: “La decisione – hanno dichiarato –
non è vincolante”.
In Costa d’Avorio, il Parlamento
di Abidjan ha approvato la riforma sulle modalità di elezione del presidente,
nel rispetto degli accordi di pace e delle richieste dei ribelli che
controllano il nord del Paese. La riforma permette a tutte le persone che hanno
almeno un genitore ivoriano di presentarsi alle elezioni presidenziali in Costa
d'Avorio e consentirà pertanto all'ex primo ministro Ouattara, di divenire il
rivale di Gbagbo alle consultazioni del
prossimo anno.
“L'Onu deve intervenire il più rapidamente possibile per
risolvere la nuova crisi tra la repubblica democratica del Congo ed il Ruanda,
e forzarli minacciandoli di sanzioni.” Così si è espressa oggi l’International
Crisis Group (ICG), organizzazione non governativa internazionale. Centro di
prevenzione e di risoluzione dei conflitti, l’ICG esorta anche il Consiglio di
sicurezza delle Nazioni Unite a "imporre delle sanzioni" alle parti
che non rispetterebbero i loro impegni, in particolare "una sospensione
degli aiuti umanitari e sull’embargo delle armi".
Accordo raggiunto alla
Conferenza sul clima in corso a Buenos Aires: Stati Uniti ed Unione Europea
hanno infatti trovato una posizione comune sul tema delle misure da adottare in
futuro per ridurre l'emissione di gas serra. Da Buenos Aires, Maurizio Salvi:
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Ci sono volute oltre 12 ore di
duro negoziato per porre fine alla decima Conferenza dell’ONU sul cambiamento
climatico, con il raggiungimento di un accordo minimo, che potrebbe subire
ancora modifiche in Assemblea e che avrà valore solo se le parti dimostreranno
tanta buona volontà. I due punti principali su cui si sono confrontati,
soprattutto Stati Uniti ed Unione Europea, riguardano l’avviamento di un programma
di lavoro per l’adattamento dei Paesi in via di sviluppo ai cambiamenti
climatici - che dovrà ricevere cospicui finanziamenti - e lo svolgimento, il
prossimo anno, di un seminario per esaminare i problemi più stringenti da
affrontare per contenere l’effetto serra e gli altri fenomeni legati al
riscaldamento del Pianeta. Ad un certo punto si è temuto anche un fallimento
totale della Conferenza di Buenos Aires, a causa della rigida posizione
dell’Arabia Saudita e di altri Paesi petroliferi ed in via di sviluppo, che si
sentono i grandi perdenti di ogni accordo sull’ambiente e si sono irrigiditi,
sostenendo che nel seminario del prossimo anno non si dovrà assolutamente
parlare di impegni per il futuro e, soprattutto, di quanto si dovrà fare, a
partire dal 2012 quando cioè l’accordo di Kyoto fra i Paesi industrializzati,
meno Stati Uniti ed Australia, sarà giunto alla sua fine.
Da Buenos Aires, Maurizio Salvi,
per la Radio Vaticana.
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Il Mercosur ha ricordato il suo decennale con un vertice
presidenziale svoltosi nella zona centrale del Brasile, in cui i capi di Stato
dei due principali Paesi del blocco, il brasiliano Luiz Lula Ignacio da Silva e
l'argentino Nestor Kirchner, non hanno nascosto l'attuale momento di tensione
tra Brasilia e Buenos Aires per motivi commerciali. Il summit è inoltre servito
a ratificare l’allargamento del blocco, con l’entrata di Colombia, Ecuador e Venezuela.
Il presidente della Colombia, Alvaro Uribe, ha comunicato
ieri di essere disposto ad autorizzare l'estradizione negli Stati Uniti di uno
dei capi delle Forze Armate rivoluzionarie della Colombia, se entro il 30
dicembre prossimo non avverrà il rilascio di 63 ostaggi in mano alla guerriglia
marxista. Tra loro, 59 sono colombiani, tre statunitensi ed uno tedesco.
L'ex dittatore argentino Jorge Rafael Videla è stato
ricoverato in un ospedale militare in seguito a un malore. Ne hanno dato
notizia fonti sanitarie. Videla, 79 anni, ha perso conoscenza lunedì scorso per
circa 5 minuti; ora è in condizioni stazionarie. L'ex generale ha guidato dal
1976 al 1981 uno dei più crudeli regimi militari dell'America Latina.
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