RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVIII n. 353 - Testo della trasmissione di Sabato 18 dicembre 2004

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Educare le giovani generazioni ai valori morali e civili: l’auspicio del Papa al premier ungherese, ricevuto in udienza

 

Allarme nelle parole del Papa per gli attacchi forti e radicali alla famiglia costituita sul matrimonio, fondamento della vita sociale

           

In vigore da oggi il nuovo Concordato tra la Santa Sede ed il Portogallo

 

L’esperienza del cardinale Crescenzio Sepe dopo il lungo viaggio tra le comunità cattoliche dell’Asia: intervista con il porporato

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

La Turchia più vicina all’Unione Europea, dopo il vertice di Bruxelles. Raggiunto un compromesso sulla spinosa questione di Cipro: ai nostri microfoni Giorgio Rumi ed Antonio Ferrari

 

Oggi, Giornata internazionale dei migranti: attenzione rivolta ai diritti dei lavoratori stranieri. Ce ne parla Peter Schatzer

 

Il concerto di Natale, stasera in Vaticano, per finanziare la costruzione di nuove chiese nella periferia romana: con noi mons. Ernesto Mandara e Renato Serio

 

Il Vangelo di domani: il commento di padre Marko Ivan Rupnik

 

CHIESA E SOCIETA’:

Messaggio per il Natale dei vescovi del Nicaragua

 

XII Incontro dei Superiori generali del sudest asiatico

 

“Spero che sia la pace definitiva”: così il vescovo senegalese di Ziguinchor, commentando l’annuncio della firma dell’accordo di pace per la Casamance

 

Oltre 100 mila bambini dell’Infanzia Missionaria annunceranno oggi per le strade della Spagna la gioia del Natale e ringrazieranno, a nome di tutti i missionari, per gli aiuti ricevuti

 

Ricordato oggi a Roma, a cento anni dalla nascita, Igino Righetti, fondatore del Movimento laureati di azione cattolica

 

Madre Mary Garson, fondatrice e superiora generale delle Sorelle benedettine di Nostra Signora delle Grazie e della Compassione di Brighton, insignita dell’onorificenza di Membro dell’Ordine dell’Impero Britannico

 

24 ORE NEL MONDO:

Storico accordo in Israele tra laburisti e Likud per un governo di unità nazionale. Ma nella Striscia di Gaza è ancora violenza: nove palestinesi uccisi in un’operazione militare israeliana

 

Iraq: stranieri nel mirino della guerriglia. Quattro Contractors americani feriti da una bomba. Ennesimo sabotaggio di un oleodotto

 

Chiude i battenti con un risultato importante il 10.mo Vertice dell’ONU sul clima, a Buenos Aires. Identità di vedute tra Unione Europea e Stati Uniti sul dopo–Kyoto.

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

18 dicembre 2004

 

 

EDUCARE LE GIOVANI GENERAZIONI AI VALORI MORALI E CIVILI:

L’AUSPICIO DEL PAPA AL PREMIER UNGHERESE, RICEVUTO IN UDIENZA

- A cura di Alessandro De Carolis -

 

Formazione civile ed etica dei giovani ungheresi per un Paese che ha imboccato la via maestra per l’Europa comunitaria. Nel ricevere il primo ministro dell’Ungheria, Ferenc Gyurcsany, e il suo seguito, Giovanni Paolo II ha dedicato una breve riflessione al “significativo capitolo” imboccato dalla nazione dell’est con l’ingresso nell’Unione Europea. In particolare, il Papa ha auspicato che le giovani generazioni possano essere solidamente educate nelle “virtù morali e civili”, assicurando in ciò lo specifico contributo della Chiesa cattolica e della sua missione.

 

A questo riguardo, inoltre, il Pontefice ha affermato di aver “molto apprezzato” la serie di recenti intese stipulate tra la Santa Sede e l’Ungheria, riferendosi in particolare all’Accordo sul finanziamento dei pubblici servizi e delle altre opere religiose promosse in Ungheria dalla Chiesa cattolica. Questo accordo, ha osservato Giovanni Paolo II, definisce in un’ottica giuridica “il ruolo della Chiesa in un’importante area della società ungherese, con il dovuto rispetto per i diritti umani riguardo la libertà religiosa e l’educazione”.

 

 

ALLARME NELLE PAROLE DEL PAPA PER GLI ATTACCHI FORTI E RADICALI

 ALLA FAMIGLIA COSTITUITA SUL MATRIMONIO,

FONDAMENTO DELLA VITA SOCIALE CIVILE

 

Contro la famiglia “cuore della vita cristiana” ma anche “fondamento della vita sociale e civile”, tanto più preoccupa il sovvertimento in atto: così il Papa ricevendo stamane i partecipanti - 150 - all’Assemblea del Forum delle Associazioni familiari, di cui fanno parte 36 organismi e 20 comitati regionali, che rappresentano, nei più diversi ambiti, milioni di famiglie italiane. Il servizio di Roberta Gisotti

 

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“Gli attacchi al matrimonio e alla famiglia si fanno ogni giorno più forti e radicali”: chiare e decise le parole del Papa per affermare una volta di più che  nessun progresso civile può derivare dalla svalutazione sociale del matrimonio e dalla perdita di rispetto per la dignità inviolabile della vita umana”. “Ciò che viene presentato come progresso di civiltà o conquista scientifica - ha detto - in molti casi è di fatto una sconfitta per la dignità umana e per la società.” Una demolizione in atto della famiglia sul piano “ideologico” e “normativo”, ha spiegato Giovanni Paolo II.

 

Ridurre la famiglia ad esperienza affettiva privata”; “confondere i diritti individuali con quelli del nucleo familiare” fondato sul matrimonio; “equiparare le convivenze alle unioni matrimoniali”; “accettare, e in alcuni casi favorire, l'aborto volontario”; “snaturare i processi naturali” introducendo forme artificiali di procreazione”: sono “solo alcuni degli ambiti in cui è evidente il sovvertimento in atto nella società”, ha avvertito il Papa, sottolineando “l'intima portata personale e al tempo stesso la valenza sociale, originaria e irrinunciabile” dell'unione “tra l'uomo e la donna” nel matrimonio, che dà origine alla comunità familiare. “Chi distrugge questo tessuto fondamentale dell'umana convivenza – ha ammonito - causa una ferita profonda alla società e provoca danni spesso irreparabili”.

 

Da qui l’appello a non “cedere alle pressioni di una cultura”, che minaccia i fondamenti della vita e della famiglia, e l’invito alla mobilitazione delle famiglie perché siano protagoniste e assumano la responsabilità di trasformare la società.

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ALTRE UDIENZE E NOMINE

 

Giovanni Paolo II ha ricevuto nel corso della mattinata il cardinale Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione per i Vescovi.

 

Il Papa ha nominato il cardinale Josip Bozanić, arcivescovo di Zagabria, come suo inviato speciale alle solenni celebrazioni che avranno luogo a Zadar, in Croazia, il 15 gennaio 2005, nel 17.mo centenario del martirio di Sant’Anastasia, patrona dell’Arcidiocesi di Zadar.

 

Il Pontefice ha nominato il cardinale Joachim Meisner, arcivescovo di Colonia, come suo inviato speciale alla solenne celebrazione nell’850.mo anniversario dell’arrivo in Finlandia di Sant’Enrico vescovo e nel 50.mo anniversario della creazione della diocesi di Helsinki. L’evento si svolgerà a Helsinki il 27 febbraio 2005.

 

Giovanni Paolo II ha nominato nunzio apostolico in Australia l’arcivescovo Ambrose B. De Paoli, finora nunzio apostolico in Giappone.

 

Il Papa ha nominato per un quinquennio membro della Congregazione per i Vescovi l’arcivescovo Luis Robles Díaz, vicepresidente della Pontificia Commissione per l'America Latina.

 

In Italia, il Pontefice ha nominato ausiliare dell'arcivescovo di Genova mons. Luigi Ernesto Palletti, attualmente cancelliere generale dell'arcidiocesi genovese. Il neo presule, 48 anni, si è diplomato in pianoforte al Conservatorio Nicolò Paganini di Genova ed è entrato all’età di 20 anni nel Seminario maggiore della città dove ha compiuto gli studi teologici. Dopo l’ordinazione sacerdotale, ha svolto il ministero parrocchiale ed ha insegnato religione. Ha svolto, tra l’altro, le mansioni di membro del Consiglio presbiterale diocesano, di segretario del Consiglio episcopale. Dal 1998 è canonico effettivo del Capitolo della Cattedrale e dal 2001 direttore spirituale del Seminario arcivescovile ed è membro del Consiglio di amministrazione di varie fondazioni, tra queste l'Opera Pia “Albergo dei Fanciulli”.

 

In Polonia, Giovanni Paolo II ha nominato ausiliare della diocesi di Kielce mons. Kazimierz Gurda, del clero della medesima diocesi, rettore del Seminario diocesano di Kielce. Il 51.enne nuovo vescovo si è formato nel Seminario maggiore di Kielce e dopo l’ordinazione sacerdotale è stato vicario parrocchiale a Pińczów e a Bieliny. Ha proseguito gli studi a Roma presso l’Agustinianum, dove ha conseguito il Dottorato in Teologia con specializzazione in Patrologia. Rientrato in patria, è stato, tra l’altro, docente di patrologia e di lingua latina presso il Seminario diocesano e difensore del Vincolo presso il Tribunale Diocesano.

 

 

                                             CREAZIONE DI DIOCESI                   

 

In Centroafrica, il Papa ha eretto la diocesi di Alindao con territorio dismembrato dalla diocesi di Bangassou, rendendola suffraganea della Sede metropolitana di Bangui, ed ha nominato come primo vescovo della nuova diocesi padre Peter Marzinkowski, superiore provinciale in Germania della Congregazione dello Spirito Santo. Il presule, 65 anni, ha studiato in patria e all'Università Gregoriana di Roma. E' entrato nella Congregazione dello Spirito Santo ed è stato ordinato sacerdote nel 1966. Nel 1968 fu inviato nella Repubblica Centroafricana, dove è stato, tra l’altro, missionario e parroco a più riprese fino alla nomina di superiore generale del suo Istituto in Germania. La nuova diocesi di Alindao ha una superficie di oltre 18 mila Kmq. e conta 38 mila cattolici, con 5 parrocchie 15 sacerdoti, 12 religiose e 2 missionari laici.

 

 

DA OGGI IN VIGORE IL NUOVO CONCORDATO TRA LA SANTA SEDE ED IL PORTOGALLO

- A cura di Roberta Gisotti -

 

In vigore da oggi - con lo scambio degli Strumenti di ratifica, avvenuto stamane a Lisbona - il nuovo Concordato fra la Santa Sede e la Repubblica portoghese, firmato in Vaticano il 18 maggio scorso, per regolare le materie di comune interesse tra la Chiesa e lo Stato. Alla cerimonia hanno presenziato l’arcivescovo Giovanni Lajolo, segretario per i Rapporti con gli Stati ed il ministro degli Affari esteri e delle Comunità portoghesi, Antonio Victor Martins .

 

La nuova intesa aggiorna il Concordato del 7 maggio 1940, stabilendo la posizione giuridica della Chiesa cattolica e delle sue istituzioni. Lo Stato portoghese garantisce alla Chiesa il pubblico e libero esercizio delle sue attività, in particolare per quanto riguarda il culto, il magistero e il ministero, nonché la giurisdizione in materia ecclesiastica; riconosce inoltre la libertà religiosa. Negli ambiti di coscienza, culto, riunione, associazione, espressione pubblica, insegnamento e attività caritativa. “Un atto fondamentale” di “portata storica” – ha sottolineato l’arcivescovo Lajolo – ricordando i “due grandi principi” che ispirano il nuovo testo concordatario: quello “della libertà della Chiesa” di “manifestarsi nella sua vera identità” e “quello della cooperazione, che consente alla Chiesa, nel rispetto della competenza propria dello Stato, di associarsi ad altre istituzioni pubbliche e private nel servizio della società, per il bene dell’uomo”. “Tutte le nuove norme – ha aggiunto il presule – hanno grande rilievo sociale, e tutte sono ugualmente vincolanti”, elaborate “tenendo presenti” la “Costituzione portoghese del 1976 e le direttive del Concilio Vaticano II”.

 

 

L’ESPERIENZA DEL CARDINALE CRESCENZIO SEPE

NEL LUNGO VIAGGIO TRA LE COMUNITA’ CATTOLICHE DELL’ASIA

- Intervista con il porporato -

 

Ha da poco terminato il proprio viaggio tra le comunità ecclesiali dell’Asia il cardinale Crescenzio Sepe, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei popoli. I Paesi visitati sono stati Taiwan, Cambogia, Thailandia, Myanmar e Laos. Sui momenti salienti del viaggio, il porporato è stato intervistato da Giovanni Peduto:

 

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R. – Sono stati certamente i vari incontri che ho avuto con diversi componenti delle Chiese di questi Paesi, a partire dai vescovi - incontrati sia singolarmente che insieme – con i quali è stata fatta un’analisi della situazione della Chiese nei loro rispettivi Paesi e nelle rispettive diocesi. Ho avuto poi un incontro con i missionari, i religiosi e le religiose, e in molti casi anche con gruppi di laici impegnati nell’apostolato. Oltre a questi incontri, ho avuto anche la possibilità di incontrare il Patriarca buddhista della Cambogia e il Patriarca buddhista di Taiwan. Questo ci ha permesso di avere degli scambi di vedute ed ha suscitato tanta speranza da questa collaborazione e da questo dialogo veramente intenso e fraterno. E poi ho avuto incontri anche con alcune autorità politiche.

 

D. – Come ha trovato le comunità cattoliche in questi Paesi?

 

R. – In genere si tratta di comunità minoritarie, molto piccole, le quali si sentono come un piccolo gruppo inserito in un contesto che a volte sembra schiacciarle. Devo però dire che si tratta di comunità che vivono con grande entusiasmo la loro fede: si sentono impegnati, sentono di essere portatori del messaggio di Cristo, e testimoniano in tanti modi il Vangelo e ne sono entusiasti. Sono un po’ - direi – come i neofiti, i primi cristiani, che in un contesto particolare sentono di essere il fermento della società e della Chiesa nei rispettivi Paesi.

 

D. – Cosa fa la Chiesa per l’evangelizzazione dell’Asia e quali sono le principali difficoltà?

 

R. – Il problema principale è il fatto di essere una Chiesa molto minoritaria in un contesto anche religioso. C’è un’animazione molto viva anzitutto a livello di opere caritative, con alcuni missionari che si dedicano alla cura dei malati di AIDS e alle scuole per handicappati. Si evangelizza cioè attraverso una testimonianza molto concreta e molto visibile. Naturalmente non mancano tante conversioni e questo proprio per la testimonianza che offerta dai cristiani.

 

D. – Non mancano quindi motivi di speranza?

 

R. – Certamente. Io credo che, soprattutto in un clima politico che sta aprendosi sempre più alla libertà religiosa e alla libertà in genere, possiamo pensare si stia costruendo - e alle volte si è dovuto iniziare da zero – una Chiesa molto aperta al futuro e piena di speranze.

 

D. – Qual è, in particolare, la situazione dei cristiani a Taiwan?

 

R. – Anche lì si tratta di una minoranza, ma di una minoranza molto vivace e molto dinamica. Sentono di essere testimoni di un qualcosa e sentono inoltre - soprattutto in una società in continua evoluzione economica come quella di Taiwan e con tutti i pericoli che la ricchezza può portare - di essere stimati ed considerati da tutto il contesto sociale. Basti pensare che nell’ordinazione sacerdotale che ho fatto a Taipei erano più di 10 mila le persone che hanno partecipato. Alla chiusura del Congresso eucaristico nazionale, erano presenti quasi 20 mila persone. La cosa forse più bella e quella che maggiormente mi ha colpito è che durante questa celebrazione eucaristica, al momento opportuno, c’è stato il battesimo di 438 adulti - la stragrande maggioranza giovani, ma anche papà e mamme di famiglia - con qualche persona, pochissime per la verità, anziane. La stragrande maggioranza, quindi, giovani catecumeni che hanno fatto un periodo di preparazione e che erano entusiasti e contenti.

 

D. – Cosa ha portato nel cuore, tornando da questo viaggio?

 

R. – Il fermento così vivo di cristiani, impegnati con tutte le loro forze, a vivere personalmente la fede cristiana e ad evangelizzare attraverso la testimonianza della propria vita. Ho visto un entusiasmo per il Papa, un amore tale per il Papa. Ho visto la gioia, che a volte era commozione, della gente che guardava, che toccava il rappresentante del Papa, pensando ed inneggiando al Papa in un modo al quale forse noi non siamo abituati, ma certamente molto commovente.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Apre la prima pagina l'udienza di Giovanni Paolo II ai partecipanti all'Assemblea del Forum delle Associazioni Familiari. Nell'occasione il Papa ha sottolineato con forza che nessun progresso civile deriva dalla svalutazione sociale del matrimonio e dalla perdita di rispetto per la dignità inviolabile della vita umana.

 

Nelle vaticane, nel discorso ai Primo Ministro di Ungheria, il Papa ha esortato affinché uno spirito di cooperazione costruttiva continui a contraddistinguere l'opera della Chiesa e dello Stato nel compito di realizzare fedelmente ciò che è stato negoziato e concordato.

 

Nelle estere, la notifica dello scambio degli Strumenti di ratifica del Concordato tra la Santa Sede e la Repubblica Portoghese.

Medio Oriente: ancora sangue nei tormentati Territori palestinesi.

Iraq: gli Stati Uniti cancellano il debito di 4.1 miliardi di dollari.

 

La pagina culturale è dedicata alle manifestazioni per il VII centenario della nascita di Francesco Petrarca.

 

Nelle pagine italiane, in primo piano la finanziaria.

Il tema della camorra.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

18 dicembre 2004

 

 

LA TURCHIA PIU’ VICINA ALL’UNIONE EUROPEA

 DOPO IL VERTICE DI BRUXELLES. RAGGIUNTO

 UN COMPROMESSO SULLA SPINOSA QUESTIONE DI CIPRO

- Con noi, lo storico Giorgio Rumi e il giornalista Antonio Ferrari -

 

         Stamani, la Turchia si è svegliata più europea. L’accordo, raggiunto ieri al vertice di Bruxelles, apre infatti la via del negoziato per l’adesione di Ankara nell’Unione Europea, a partire dal 3 ottobre del 2005. Il compromesso siglato con l’Europa a 25 è stato preceduto da una gestazione difficile. Né sono mancati i momenti in cui, sulla spinosa questione di Cipro, è parso che l’impasse si tramutasse in fallimento. Al suo ritorno in patria, il premier turco, Erdogan, è stato accolto da trionfatore. In Europa, invece, pur riconoscendo l’importanza storica della giornata, non mancano le voci, come quella del presidente francese Chirac, che tendono a smorzare i toni trionfalistici. Per una riflessione sul significato di questa nuova tappa dell’integrazione europea, Alessandro Gisotti ha intervistato lo storico Giorgio Rumi, editorialista dell’Osservatore Romano:

 

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R. – Direi che si tratta di una giornata positiva, perché segna l’apertura della porta dell’Europa alla Turchia, ma senza fretta e in modo tale da poter alleviare i dubbi che ci sono.

 

D. – L’Europa che non ha riconosciuto esplicitamente le proprie radici cristiane nella sua Carta fondamentale, accoglierà – anche se dopo un lungo negoziato – un Paese musulmano come la Turchia. Quali effetti può avere tale scelta sull’identità del Vecchio continente?

 

R. – Penso che tutto sommato, e nonostante le difficoltà, la Turchia possa e debba far parte dell’Europa. Mi spiace solo che l’Europa non abbia voluto riconoscere la sua identità e questo non è bene. Non lo è neanche per la Turchia, perché quando ci si incontra e si dialoga questo deve avvenire tra diversi. E’ bene, quindi, che le reciproche identità vengano riconosciute. Identità non vuole dire ostilità.

 

D. – L’apertura dell’Unione Europea alla Turchia, peraltro caldeggiata dagli Stati Uniti, come si inserisce nei rapporti tra Occidente e mondo islamico? Può essere un modello per cercare il dialogo piuttosto che lo scontro fra le civiltà?

 

R. – E’ esattamente questo. E’ la prova che l’Europa non è razzista, non soffre di incomprensibili atteggiamenti di superiorità e si apre ad una nazione che in parte è inserita nella nostra storia e in parte no. Questo non è nulla di male. Dimostra agli islamici che non esiste un preconcetto o un pregiudizio anti-islamico.

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         La questione cipriota ha messo seriamente a rischio l’esito del vertice di Bruxelles. Alla fine, il governo di Ankara si è impegnato - tuttavia con una dichiarazione solamente orale - ad estendere a Cipro il Protocollo dell’accordo doganale e commerciale. Il premier turco Erdogan ha dichiarato, però, che l’estensione del Protocollo non è un riconoscimento ufficiale della Repubblica di Cipro, la parte greca dell’isola, divisa ormai da 30 anni. Dal canto suo, il leader turco cipriota, Denktash, ha convocato nuove elezioni per il 20 febbraio prossimo. Sul compromesso raggiunto a Bruxelles sullo status di Cipro, Paolo Ondarza ha intervistato Antonio Ferrari, inviato speciale del Corriere della Sera:

 

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R. – Per la Turchia, riconoscere la Repubblica di Cipro avrebbe provocato una serie di problemi. Quindi, si è trovata questa formula diplomatica, che in qualche misura riesce a bypassare il problema e quindi ha portato la Turchia verso un accordo che dovrà essere perfezionato, definito.

 

D. – Comunque, seppure a livello solo informale, il riconoscimento di Cipro c’è. Cipro però si dice non contenta di questa dichiarazione solo orale...

 

R. – E’ chiaro che Cipro volesse una dichiarazione naturalmente scritta. In questa vicenda ci sono dei paradossi. L’ingresso di Cipro nell’Unione Europea era stato deciso quando la Turchia non voleva sapere di un accordo con la parte greco-cipriota. Oggi la situazione è radicalmente cambiata, perché quando si è svolto il referendum sul piano presentato dal Segretario generale dell’Onu, Kofi Annan, la parte turca ha detto di sì e la parte greca ha detto di no. Ma ormai era troppo tardi per fare marcia indietro, oppure per rivedere i vari accordi che sono stati presi e quindi la Repubblica greco-cipriota è entrata nell’Unione.

 

D. – Il raggiungimento dell’accordo tra Unione Europea e Turchia e il riconoscimento, seppure solo implicito di Cipro, lascia intravedere un futuro diverso per l’isola?

 

R.- Probabilmente ci avviamo verso una possibile soluzione del problema dell’isola divisa. E’evidente che da parte turca, a denti stretti, si è accettato questo compromesso anche perché non ci sarebbe stato modo di fare altrettanto, e da parte dell’Unione Europea si è tirato un sospiro di sollievo anche perché dire di no alla Turchia avrebbe creato potuto creare un risentimento e anche bloccare quello che è un processo democratico che in Turchia sta andando avanti.

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OGGI GIORNATA INTERNAZIONALE DEI MIGRANTI:

ATTENZIONE RIVOLTA AI DIRITTI DEI LAVORATORI STRANIERI

- Intervista con Peter Schatzer -

 

Per prevenire ed eliminare le migrazioni illegali o clandestine, lo sfruttamento lavorativo e il traffico di manodopera, è necessario che gli Stati ratifichino la Convenzione ONU sulla protezione dei diritti di tutti i lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie. E’ l’invito del segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, nel messaggio per l’odierna Giornata internazionale dei migranti. La Convenzione, entrata in vigore il 1° luglio del 2003 e attualmente sottoscritta da 27 Paesi, è l’unico valido strumento per la tutela dei diritti dei lavoratori migranti, che nel mondo raggiungono i 175 milioni. Al microfono di Roberta Moretti, il dott. Peter Schatzer, capo missione in Italia dell’OIM, Organizzazione internazionale per le migrazioni:

 

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R. – Nella lista dei Paesi che ormai hanno ratificato la Convenzione, non c’è nessun membro dell’Unione Europea, non c’è nessun Paese industrializzato. Neanche Stati Uniti, Canada, Australia, Svizzera e Norvegia hanno aderito. L’Unione Europea, però, pian piano sta costruendo una base di diritti comuni per i migranti e il che è notevole.

 

D. – Secondo lei, per quali ragioni esiste questa chiusura? D’altronde nei Paesi dell’Unione Europea gran parte della manodopera straniera viene utilizzata per coprire le carenze di alcuni settori produttivi…

 

R. – Per due ragioni. Una è che in generale, oggi, è molto difficile far accettare nuovi diritti. A parte le questioni di sicurezza, di terrorismo, per tutto il resto è molto difficile oggi trovare consensi a livello internazionale. La seconda ragione è rappresentata dalla preoccupazione che questa Convenzione parla di tutti i migranti, regolari ed irregolari. Pochi governi vogliono essere visti a codificare diritti per migranti irregolari e spesso anche quando questi diritti de facto esistono già.

 

D. – Quanto ha influito il terrorismo nei processi di xenofobia, di rifiuto degli immigrati?

 

R. – Spesso viene usato come scusa. Quelli che da sempre erano xenofobi pensano ora di avere una spiegazione che giustifichi questo loro comportamento. E’ anche vero, poi, che tutte le questioni di migrazioni oggi vengono considerate anzitutto sotto il profilo della sicurezza. In questo senso, soprattutto gli eventi dell’11 settembre a New York, ma anche quelli dell’11 marzo a Madrid hanno contribuito a creare molti problemi per i milioni di migranti che non hanno nulla a che fare con il terrorismo, con l’uso della forza contro i loro ospiti.

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STASERA, IL CONCERTO DI NATALE IN VATICANO

PER FINANZIARE LA COSTRUZIONE DI NUOVE CHIESE NELLA PERIFERIA DI ROMA

- Servizio di Amedeo Lomonaco -

 

Sostenere la costruzione di nuove Chiese, specialmente nelle zone di periferia della diocesi di Roma. E’ l’obiettivo indicato dal Papa nel discorso rivolto ieri agli artisti che si esibiranno questa sera in Vaticano per il concerto di Natale. La manifestazione è finalizzata alla raccolta di fondi per la costruzione di nuove chiese a Roma. Tra i brani inseriti nel programma figura anche un’inedita versione di “Magnificat”, scritto da mons. Marco Frisina su testo tratto dal Vangelo secondo Luca. Nella conferenza stampa organizzata per presentare l’evento, è stata annunciata, inoltre, una sorpresa dell’ultima ora: il cantautore romano Antonello Venditti interpreterà “Addio mia bella addio”, un brano a scritto nel 1848 dal maestro C.A. Bosi. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

 

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Tutti gli interpreti si esibiranno gratuitamente e i fondi raccolti saranno destinati alla costruzione di chiese nella periferia romana. Sulla necessità di edificare nuove chiese nella capitale, ascoltiamo mons. Ernesto Mandara, vescovo ausiliare di Roma:

 

R. - Quello che conta è creare una sensibilità su questo problema: alcuni quartieri non hanno una Chiesa. Sono realtà e comunità numericamente molto consistenti. Speriamo di avviare quattro cantieri l’anno, perché le parrocchie da costruire sono circa una ventina e quindi nei prossimi cinque anni speriamo di poter far fronte alle esigenze.

 

Il programma musicale, che prevede l’ormai consueta partecipazione di cantanti italiani e internazionali, presenta, per gli artisti, delle novità rispetto alle edizioni passate. Sulle peculiarità della manifestazione di quest’anno, ascoltiamo il maestro Renato Serio, direttore dell’orchestra sinfonica siciliana che accompagnerà gli artisti.

 

R. - I primi anni, la scelta di un brano per un cantante era più vincolato alla tradizione del proprio Paese. Oggi, invece, un cantante di un determinato Paese interpreta anche un pezzo di un altro artista e di un’altra matrice culturale. L’importante, comunque, è che traspaia questa voglia di cimentarsi in una esibizione nuova. Quando agli artisti viene proposto di cantare brani ascoltati, magari, dalla mamma o dalla nonna, generalmente accettano sempre volentieri. Anche perché sanno che poi questi pezzi vengono collocati in una cornice importante.

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IL VANGELO DI DOMANI

 

 

Domani 19 dicembre, IV Domenica d’Avvento, la liturgia ci presenta il Vangelo dell’Emmanuele, il “Dio-con-noi”. Giuseppe medita di licenziare in segreto Maria, incinta per opera dello Spirito Santo. Ma gli appare in sogno un angelo del Signore che gli dice:

 

“Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo. Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli i

nfatti salverà il suo popolo dai suoi peccati”. 

 

Su questo brano evangelico ascoltiamo il commento del teologo gesuita padre Marko Ivan Rupnik:

 

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La settimana di Natale si apre con il Vangelo della verginità della Madre di Dio: mistero, questo, divenuto poi dogma della Chiesa. E’ uno dei punti più originali della nostra fede.

 

L’unione tra l’uomo e Dio è possibile ed è reale. L’unione con Dio non può appartenere ad un mondo inferiore all’uomo. E perciò avviene in un modo radicalmente nuovo, superiore, integro, innalzando l’uomo alla vita divina. L’unione con Dio porta l’uomo ad essere fecondo nell’amore di Dio, al modo di Dio. Per questo, sul fondamento della maternità divina di Maria, comunque, ogni cristiano è chiamato a diventare Madre di Dio, cioè rendere Dio visibile attraverso noi stessi.

 

Nella vita spirituale questo dogma ci preserva anche dal moralismo, perché il passaggio dalla Parola di Dio alla prassi vissuta avviene in collaborazione con lo Spirito Santo. E’ Lui l’artefice principale di ogni opera dell’incarnazione.

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CHIESA E SOCIETA’

18 dicembre 2004

 

 

“SOLTANTO CRISTO, CON IL SUO AMORE, PUO’ TRASFORMARE I CUORI E

SUSCITARE DESIDERI BUONI DI AMORE, COMPRENSIONE E PACE”.

LO SOTTOLINEANO I VESCOVI DEL NICARAGUA, NEL LORO MESSAGGIO PER NATALE

 

MANAGUA. = “Sono proprio i tempi di crisi che invitano ad un incontro personale con il Signore e ad una sincera conversione del cuore”. Questa, in sintesi, l’esortazione espressa dalla Conferenza episcopale nicaraguese, nel suo messaggio natalizio. Proprio in mezzo all’insicurezza e all’incertezza sociale, infatti, scrivono i presuli, c’è una risposta per i cuori semplici che ascoltano la voce che viene dall’alto. “Per mantenere la pace – si legge ancora nel documento – è necessario nascere da Dio e allontanarsi dal mondo. Il peccato, infatti, ha invaso tutti gli ambienti: la politica, la famiglia”. Il male affligge l’uomo perché il suo cuore è occupato da invidie, risentimenti, superbia, odio, maldicenza, cattive intenzioni, interessi propri. L’Emmanuele non può essere accolto dove esistono le preoccupazioni del mondo e la seduzione delle ricchezze. Occorre, quindi, “esaminare la propria coscienza – sottolineano i vescovi nicaraguesi – riconoscere con responsabilità e sincerità personale e collettiva il male che abbiamo commesso e il bene che non abbiamo fatto o abbiamo smesso di fare, per cercare tutti insieme la strada giusta che conduce a Gesù”. Il messaggio ricorda, infine, che “soltanto Cristo con il suo amore può trasformare i cuori e suscitare desideri buoni di amore, comprensione e pace, assieme al desiderio sincero di riconciliazione e di unità”. “Soltanto Cristo – concludono i vescovi – illumina le intelligenze e muove le volontà di tutti gli uomini per abbattere le barriere che dividono gli uni dagli altri”. (B.C.)

 

 

I RELIGIOSI DEVONO AFFRONTARE CON CORAGGIO LE SFIDE

DELLA GLOBALIZZAZIONE, CHE HA INVESTITO IL CONTINENTE ASIATICO. E’ IL MONITO

DEL VESCOVO MALESE DI MELAKA-JOHOR, NEL CORSO DEL XII INCONTRO

DEI SUPERIORI GENERALI DEL SUDEST ASIATICO

 

BANGKOK. = “L’Asia moderna è risucchiata dal vortice della globalizzazione, che ha aspetti positivi e negativi. Noi religiosi dobbiamo affrontarli con coraggio, assimilando ciò che è buono, scartando il cattivo e trasformando quello che è ambiguo”. Così mons. Paul Tan Chee Ing, vescovo di Melaka-Johor, in Malesia, durante il XII Incontro dei Superiori generali del sudest asiatico (SEAMS), nei giorni scorsi a Bangkok. L’Asia, secondo il presule, sta vivendo una “crisi nella vita religiosa”, che può essere combattuta solo liberandosi dai beni materiali e affrontando con coraggio le sfide della globalizzazione. Nel corso del suo intervento, il gesuita, che guida l’Ufficio per la vita consacrata della Federazione delle Conferenze episcopali asiatiche, ha sottolineato anche che nel vasto continente alcune nuove forme di vita consacrata “non soffrono di mancanza di vocazioni”, mentre gli ordini e le congregazioni religiose tradizionali stanno sperimentando un periodo di difficoltà. Secondo il vescovo di Melaka-Johor, riferisce l’agenzia Misna, la prima e principale ragione risiede nella “risposta sbagliata e poco diligente” all’invito rivolto dal Concilio Vaticano II ad ordini e congregazioni affinché “tornino al loro originale carisma per poi trasferirlo nel mondo moderno leggendo i segni dei tempi”. Accettando i principi del liberismo senza regole, rileva ancora il presule, si finisce per vedersi indebolire, o perdere del tutto, la propria identità. “L’individuo realmente libero – ha concluso mons. Paul Tan Chee Ing – è colui che non ha niente. Un religioso, in questo senso, non è una persona normale, ma è piuttosto un segno, un lievito e un profeta”. (B.C.)

 

 

“SPERO CHE SIA LA PACE DEFINITIVA”: COSI’ IL VESCOVO SENEGALESE

DI ZIGUINCHOR, COMMENTANDO L’ANNUNCIO DELLA FIRMA DELL’ACCORDO

DI PACE PER LA CASAMANCE, DOPO OLTRE 20 ANNI DI GUERRA DI SECESSIONE,

CHE HA CAUSATO CENTINAIA DI MORTI E MIGLIAIA DI PROFUGHI

 

ZIGUINCHOR. = “Spero che l’accordo che dovrà essere firmato il 30 dicembre porti la pace definitiva nella Casamance”. E’ l’auspicio espresso all’agenzia Fides da mons. Maixent Coly, vescovo di Ziguinchor, capoluogo della Casamance, la regione meridionale del Senegal segnata dal 1982 da un conflitto di secessione, condotto dal Movimento delle Forze Democratiche della Casamance (MFDC). “Mi faccio interprete dei sentimenti di tutta la popolazione che desidera la pace da molto tempo – ha detto mons. Coly – e spero che la notizia trovi conferma anche da parte del governo”. Il governo senegalese, infatti, non ha ancora confermato la firma degli accordi di pace. Il 6 dicembre scorso, comunque, il capo di Stato, Abdoulaye Wade, si è detto disponibile a recarsi in Casamance per siglare l’intesa. Nel maggio 2003, il leader del MFDC, Augustin Diamacoune Senghor, durante un incontro con il presidente Wade, ha annunciato che il suo movimento rinunciava definitivamente alla richiesta d’indipendenza della regione, aprendo la strada alle trattative di pace. “Già ora è in atto una tregua e la situazione è calma – ha proseguito il presule – sono appena tornato da una serie di visite nella regione e ho visto che si può circolare liberamente. Sono tornati nella Casamance anche diversi turisti”. “Sono tanti – ha concluso il vescovo di Ziguinchor – i segnali positivi che fanno sperare davvero nel ritorno della pace”. La guerra per la secessione della Casamance è scoppiata nel 1982 e ha provocato la morte di centinaia di persone e costretto alla fuga migliaia di profughi. La regione è una delle più fertili del Senegal, dove vivono diverse etnie e fedi religiose. Prima della guerra era il più importante polo turistico senegalese. (B.C.)

 

 

OLTRE 100 MILA BAMBINI DELL’INFANZIA MISSIONARIA ANNUNCERANNO

OGGI PER LE STRADE DELLA SPAGNA LA GIOIA DEL NATALE E RINGRAZIERANNO,

A NOME DI TUTTI I MISSIONARI, PER GLI AIUTI RICEVUTI

 

MADRID. = Giornata di grande festa oggi in Spagna per i giovani missionari. Circa 100 mila bambini, infatti, usciranno per le strade delle città cantando e distribuendo stelle adesive alle persone che incontreranno. Si tratta della manifestazione di inizio della campagna nota come “Seminatori di Stelle”, promossa dalla Pontificia Opera dell’Infanzia Missionaria, che culminerà il 23 gennaio 2005. Lo slogan che accompagna l’iniziativa è: “Apri i tuoi occhi alla Missione”. L’Infanzia Missionaria invita bambini e bambine, tra i 9 ed i 14 anni, a vivere un Natale Missionario, seminando le stelle per le strade ed i quartieri di paesi e città, come annunciatori della gioia e della speranza natalizia, la nascita di Gesù, nel quale Dio manifesta il suo amore immenso verso tutti gli uomini del mondo. Prima di uscire per le strade, nelle diverse parrocchie e scuole, ci sarà un momento di preghiera, alla fine del quale verrà loro detto: “Andate dunque, uscite per le strade e per le piazze. Gesù vi benedice e vi manda. Portate la luce a tutti quelli che trovate. Dite a tutti: ‘Da parte di tutti i missionari, Buon Natale!’”. Nel 1977 furono due le cause principali che diedero inizio a questa campagna, a Madrid. In primo luogo, insegnare alle persone a dare qualcosa senza pretendere in cambio nulla: regalare qualcosa, benché molto piccolo, porta un grande messaggio di salvezza, seguendo l’esempio dei missionari che danno tutto senza sperare di ricevere niente. In secondo luogo, l’iniziativa nacque per ringraziare le persone, a nome dei missionari, del contributo raccolto nella campagna per la Giornata Missionaria Mondiale. Gli obiettivi della campagna attuale sono diversi: fare dei bambini degli annunciatori della gioia che ci porta il Natale in un mondo triste ed incupito; insegnare ai bambini a ringraziare, a nome dei missionari, in un mondo che si ritiene in possesso di tutti i diritti e si dimentica spesso di dire grazie; risvegliare nei bambini il senso della gratuità, la capacità di dare qualcosa senza aspettare niente in cambio. (B.C.)

 

 

UN ESEMPIO DI INTEGRITA’ MORALE E LIBERTA’ INTELLETTUALE

MERITA DI ESSERE RIPROPOSTO NELL’ATTUALE DIBATTITO SUL RUOLO DEI CRISTIANI

NELLA VITA SOCIALE E POLITICA. QUESTI I TRATTI CARATTERISTICI

DELLA FIGURA DI IGINO RIGHETTI, FONDATORE DEL MOVIMENTO LAUREATI

DI AZIONE CATTOLICA, RICORDATO OGGI A ROMA A CENTO ANNI DALLA NASCITA

- A cura di Ignazio Ingrao -

 

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ROMA. = “Se non fosse scomparso a 35 anni sarebbe diventato certamente il successore di De Gasperi”. Così Paolo Emilio Taviani, ricordava Igino Righetti, che fu presidente della FUCI (Federazione Universitaria Cattolici Italiani) e fondatore dell’Editrice “Studium” e del Movimento Laureati di Azione Cattolica, divenuto oggi MEIC, Movimento Ecclesiale di Impegno Culturale. “Poesia e profondità si respiravano sempre in questo candidato all’azione”: questa citazione di Paolo VI su Igino Righetti è stata ricordata dal prof. Piergiorgio Graschi dell’Università di Urbino, in occasione del convegno organizzato a Roma dal MEIC, in collaborazione con la FUCI e l’Editrice “Studium”. Antifascista convinto, Righetti si fece particolarmente apprezzare per il coraggio e la fermezza dimostrati negli anni più travagliati dei rapporti tra fascismo ed Azione Cattolica e perciò fu chiamato, all’indomani del Congresso della FUCI a Cagliari, nel ‘32, ad illustrare a Papa Pio XI il progetto di costituzione di un movimento dei laureati cattolici, di cui divenne primo presidente. “Il proposito di Righetti – ha spiegato Maria Cristina Giuntella dell’Università di Perugia – era di fare della cultura non uno strumento di conquista, ma di verifica. E ciò comportava un’apertura al confronto con la modernità. In tale prospettiva la testimonianza e l’eredità di Righetti rimangono attualissime e meritano di essere riscoperte mentre si riaccende il dibattito sulla laicità”. “Inoltre – ha sottolineato il presidente del MEIC, Renato Balduzzi – l’opera di Righetti è un richiamo a ribadire la centralità della coscienza, nell’esercizio di quella che viene chiamata la carità intellettuale”. Dobbiamo sentirci legati alla figura di Righetti, ha concluso il presidente dell’Editrice “Studium”, Vincenzo Cappelletti. “A lui si deve unire una rinnovata militanza intellettuale in un’epoca – come la nostra – che ci vede circondati dalle verità incompiute e dai frammenti di verità”.

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MADRE MARY GARSON, FONDATRICE E SUPERIORA GENERALE DELLE

SORELLE BENEDETTINE DI NOSTRA SIGNORA DELLA GRAZIE E DELLA COMPASSIONE

DI BRIGHTON, E’ STATA INSIGNITA DELL’ONORIFICENZA DI

MEMBRO DELL’ORDINE DELL’IMPERO BRITANNICO

 

LONDRA. = Madre Mary Garson, fondatrice e superiora generale delle sorelle benedettine di Nostra Signora delle Grazie e della Compassione di Brighton, ha ricevuto l’onorificenza di “Membro dell’ordine dell’impero Britannico”, assegnata dal governo di Londra. La congregazione, grazie a diverse case missionarie, opera in India, Sri Lanka e Kenya. L’arcivescovo Pablo Puente, nunzio apostolico in Gran Bretagna, lo scorso settembre, in occasione del 50.esimo anniversario della fondazione della congregazione, aveva definito madre Garson e le sue consorelle come “un miracolo vivente”. Nell’aprile 2002, madre Garson ha anche ottenuto il premio della Chiesa cattolica britannica “Pro Ecclesia et Pontifice”. (B.C.)

 

 

 

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24 ORE NEL MONDO

18 dicembre 2004

 

 

- A cura di Salvatore Sabatino -

 

E’ prevista per domani la cerimonia formale della firma per la costituzione del nuovo governo israeliano di Ariel Sharon, dopo l’accordo finalmente raggiunto ieri tra il Likud e i Laburisti che permetterà l'ingresso del partito di Shimon Peres. Il nuovo governo, che affida ai laburisti otto incarichi ministeriali, si lancia adesso verso la realizzazione di due obiettivi ambiziosi: la realizzazione di un ritiro da Gaza entro il 2005 e la stabilizzazione dell’economia sulla base di un piano di austerity elaborato dal ministro delle finanze Benyamin Netanyahu. Intanto, la Striscia di Gaza continua ad essere terreno di violenze. Oggi, almeno dieci palestinesi, di cui sette militanti, sono stati  uccisi negli scontri innescati da una operazione militare  lanciata all'alba di ieri dall' esercito israeliano nel campo profughi di Khan Yunis, nel sud della Striscia di Gaza. Ma come cambierà ora la politica israeliana soprattutto nei confronti dei palestinesi? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Guido Olimpio, esperto di questioni mediorientali del Corriere della Sera:

 

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R. – Certamente, Sharon avrà un governo che gli potrà consentire di andare avanti con il piano di disimpegno, ossia il ritiro israeliano da Gaza. E dall’altra, rilanciare il negoziato con Abu Mazen, visto che proprio lui quasi sicuramente sarà il nuovo presidente palestinese, il prossimo gennaio. Quindi, si crea una rete politica su cui cominciare poi a lavorare.

 

D. – Il governo di unità nazionale si è reso necessario anche per problemi interni, soprattutto di tipo economico. Saranno affrontati in modo diverso?

 

R. – Il problema economico è fortissimo in Israele e si è aggravato con l’Intifada. Sono problemi diversi. Da una parte c’è, ovviamente, l’economia che ha subito colpi pesanti e dall’altra c’è l’eterno problema dei finanziamenti ai religiosi ortodossi. E’ chiaro che Sharon dovrà cercare di districarsi tra i due problemi ed è possibile che Peres e i laburisti gli diano un supporto maggiore in questo. La coalizione, un governo di unità nazionale, può favorire questo tipo di operazione. Anche sul piano interno gli dà una rete di protezione, che prima Sharon non aveva. Altrimenti, in alternativa, bisognerebbe andare alle elezioni anticipate, cosa che Sharon ha pensato in un certo momento.

 

D. – Torna sulla scena politica un personaggio, per così dire storico, come Shimon Peres. Questo favorirà di più la concertazione a livello internazionale?

 

R. – Sicuramente Peres gode di buona fama all’estero. Anche se non guiderà la diplomazia, sicuramente influenzerà le scelte diplomatiche di Sharon. Secondo elemento, da non sottovalutare, è il rapporto speciale, personale, che Peres ha con Sharon. Sono avversari politici, ma si conoscono bene da molto tempo, e penso che possano lavorare bene in maniera pragmatica, senza troppo idealismo. Penso che il pragmatismo sia quello che serve in questa fase in Medio Oriente.

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Alta tensione anche in Iraq, dove la giornata si è aperta con nuovi episodi di sangue. Una  donna è stata uccisa e altre due sono rimaste ferite a Kirkuk da  tiri dei soldati statunitensi. I militari hanno sparato al veicolo sul quale viaggiavano e che non si era fermato ad un posto di blocco. A Beji, invece, nel triangolo sunnita, la guerriglia è entrata in azione, ferendo 4 guardie private statunitensi. Ma anche Baghdad non è stata risparmiata dalle violenze. Due irachene che lavoravano in  una base americana e il loro autista sono stati uccisi da uomini armati nel quartiere Dora. Due persone, invece,  hanno perso la vita in un attacco a colpi di mortaio contro un ufficio elettorale nella provincia sunnita di Samarra a nord di Baghdad. Per la seconda settimana consecutiva, infine, l'oleodotto che collega l'Iraq con la Turchia è stato sabotato dai guerriglieri. Sospesa nuovamente l’esportazione di greggio.

 

L'esercito libanese ha confermato oggi che la Siria ritirerà parte dei suoi circa 15.000 uomini ancora presenti in Libano da tre postazioni a Beirut e nel nord del Paese. Solo stamattina l’Unione Europea, nel documento finale del summit di Bruxelles, aveva chiesto nuovamente alla Siria di rispettare la risoluzione 1559 dell’Onu, che prevede proprio il ritiro delle truppe di Damasco dal Libano.

 

Il ministro bosniaco degli affari esteri, Mladen Ivanic, ha annunciato oggi le sue dimissioni, due giorni dopo l'adozione di nuove sanzioni da parte della Comunità internazionale contro i serbi bosniaci per mancanza di cooperazione con il tribunale penale internazionale

 

Ultimatum di 24 ore concesso dall’Unione Africana al governo sudanese per mettere fine ai combattimenti in Darfur e ritirare le proprie truppe dalla regione. Il comunicato dell’organizzazione panafricana evidenza, inoltre, come nelle ultime due settimane siano affluite grosse quantità di armi e munizioni nel Darfur, facendo pensare che il governo stia preparandosi a una vasta offensiva militare. Immediata la risposta della delegazione sudanese presente ad Abuja, in Nigeria, dove si stanno svolgendo i colloqui di pace: “La decisione – hanno dichiarato – non è vincolante”.

 

In Costa d’Avorio, il Parlamento di Abidjan ha approvato la riforma sulle modalità di elezione del presidente, nel rispetto degli accordi di pace e delle richieste dei ribelli che controllano il nord del Paese. La riforma permette a tutte le persone che hanno almeno un genitore ivoriano di presentarsi alle elezioni presidenziali in Costa d'Avorio e consentirà pertanto all'ex primo ministro Ouattara, di divenire il rivale di Gbagbo alle consultazioni del  prossimo anno.

 

“L'Onu deve intervenire il più rapidamente possibile per risolvere la nuova crisi tra la repubblica democratica del Congo ed il Ruanda, e forzarli minacciandoli di sanzioni.” Così si è espressa oggi l’International Crisis Group (ICG), organizzazione non governativa internazionale. Centro di prevenzione e di risoluzione dei conflitti, l’ICG esorta anche il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite a "imporre delle sanzioni" alle parti che non rispetterebbero i loro impegni, in particolare "una sospensione degli aiuti umanitari e sull’embargo delle armi".

 

Accordo raggiunto alla Conferenza sul clima in corso a Buenos Aires: Stati Uniti ed Unione Europea hanno infatti trovato una posizione comune sul tema delle misure da adottare in futuro per ridurre l'emissione di gas serra. Da Buenos Aires, Maurizio Salvi:

 

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Ci sono volute oltre 12 ore di duro negoziato per porre fine alla decima Conferenza dell’ONU sul cambiamento climatico, con il raggiungimento di un accordo minimo, che potrebbe subire ancora modifiche in Assemblea e che avrà valore solo se le parti dimostreranno tanta buona volontà. I due punti principali su cui si sono confrontati, soprattutto Stati Uniti ed Unione Europea, riguardano l’avviamento di un programma di lavoro per l’adattamento dei Paesi in via di sviluppo ai cambiamenti climatici - che dovrà ricevere cospicui finanziamenti - e lo svolgimento, il prossimo anno, di un seminario per esaminare i problemi più stringenti da affrontare per contenere l’effetto serra e gli altri fenomeni legati al riscaldamento del Pianeta. Ad un certo punto si è temuto anche un fallimento totale della Conferenza di Buenos Aires, a causa della rigida posizione dell’Arabia Saudita e di altri Paesi petroliferi ed in via di sviluppo, che si sentono i grandi perdenti di ogni accordo sull’ambiente e si sono irrigiditi, sostenendo che nel seminario del prossimo anno non si dovrà assolutamente parlare di impegni per il futuro e, soprattutto, di quanto si dovrà fare, a partire dal 2012 quando cioè l’accordo di Kyoto fra i Paesi industrializzati, meno Stati Uniti ed Australia, sarà giunto alla sua fine.

 

Da Buenos Aires, Maurizio Salvi, per la Radio Vaticana.

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Il Mercosur ha ricordato il suo decennale con un vertice presidenziale svoltosi nella zona centrale del Brasile, in cui i capi di Stato dei due principali Paesi del blocco, il brasiliano Luiz Lula Ignacio da Silva e l'argentino Nestor Kirchner, non hanno nascosto l'attuale momento di tensione tra Brasilia e Buenos Aires per motivi commerciali. Il summit è inoltre servito a ratificare l’allargamento del blocco, con l’entrata di Colombia, Ecuador e Venezuela.

 

Il presidente della Colombia, Alvaro Uribe, ha comunicato ieri di essere disposto ad autorizzare l'estradizione negli Stati Uniti di uno dei capi delle Forze Armate rivoluzionarie della Colombia, se entro il 30 dicembre prossimo non avverrà il rilascio di 63 ostaggi in mano alla guerriglia marxista. Tra loro, 59 sono colombiani, tre statunitensi ed uno tedesco.

 

L'ex dittatore argentino Jorge Rafael Videla è stato ricoverato in un ospedale militare in seguito a un malore. Ne hanno dato notizia fonti sanitarie. Videla, 79 anni, ha perso conoscenza lunedì scorso per circa 5 minuti; ora è in condizioni stazionarie. L'ex generale ha guidato dal 1976 al 1981 uno dei più crudeli regimi militari dell'America Latina.

 

 

 

 

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