RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n. 115 - Testo della trasmissione di sabato 24 aprile
2004
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Avviato dalla Chiesa cattolica
nigeriana un progetto di apostolato nelle carceri
Da giovedì 22 aprile il Nepal
è il 147.mo Paese membro dell’Organizzazione mondiale del commercio
Oggi, a Roma, l’inaugurazione della “Libreria
degli Scalzi”.
Critiche alle
dichiarazioni di Sharon su Arafat, che ribadisce di non avere paure
Conclusa ieri a Ginevra
la 60.ma sessione della Commissione Onu per i diritti umani
Oltre 150 morti, più di
1.300 feriti: la conferma da parte del governo nordcoreano della tragedia
ferroviaria.
24 aprile 2004
AVERE NEL CUORE LA LUCE DI CRISTO,
CHE AIUTA A COMPRENDERE LA VOLONTA’ DI DIO E A VIVERE UNA ESISTENZA
BELLA:
COSI’ IL PAPA AI GIOVANI FRANCESI DI ROUEN IN PELLEGRINAGGIO A ROMA
- A cura di Alessandro De Carolis -
Aprire con fiducia il cuore a Cristo parla al cuore dei
giovani e indica loro il modo di vivere “un’esistenza bella”. Con un saluto
breve e affettuoso, Giovanni Paolo II si è rivolto con queste parole agli oltre
200, tra giovani e accompagnatori, provenienti dalla diocesi francese di Rouen
e ricevuti in udienza questa mattina in occasione del loro pellegrinaggio a
Roma.
Fate di questo vostro momento un tempo di arricchimento
spirituale, è stata l’esortazione del Papa, che si è rivolto in particolare a
coloro che lunedì prossimo riceveranno la Cresima. “Non abbiate paura di aprire
il vostro cuore e di lasciare che Cristo vi parli”, ha aggiunto. Potete
“discernere la volontà del Signore, che vuole aiutarvi a condurre un’esistenza
bella. La vostra vita interiore avrà un soffio nuovo”. Nel salutare e benedire
i giovani, il Pontefice li ha anche invitati ad imparare “a prendere
regolarmente il tempo per la preghiera e la meditazione del Vangelo”.
NOMINATA UNA RELIGIOSA SALESIANA, SUOR
ENRICA ROSANNA,
SOTTOSEGRETARIO DELLA
CONGREGAZIONE
PER GLI ISTITUTI DI VITA
CONSACRATA
- Intervista con la religiosa -
Il Papa ha nominato oggi sottosegretario della
Congregazione per gli istituti di Vita Consacrata suor Enrica Rosanna,
salesiana, della Pontificia Facoltà di Scienze dell'educazione 'Auxilium' delle
Figlie di Maria Ausiliatrice. Ce ne parla Sergio Centofanti.
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E' la prima volta che una donna sale ai vertici di un
dicastero vaticano con poteri giurisdizionali. Suor Enrica Rosanna, nata a
Busto Arsizio in provincia di Varese sessantasei anni fa, già preside per anni
dell’Auxilium, è una sociologa della religione e una studiosa di scienze
pedagogiche. Apprezzata per la sua competenza è stata tra gli esperti di vari
Sinodi e ha fatto parte dal 1996 della Commissione dei saggi istituita
dall’allora ministro della Pubblica Istruzione Luigi Berlinguer.
Altre donne sono state chiamate in passato, anche
recentemente, ad incarichi di Curia, ma non al livello della religiosa
salesiana. Il 6 marzo scorso due
teologhe sono entrate a far parte della Commissione Teologica Internazionale, guidata
dal cardinale Joseph Ratzinger, e il 9 marzo il Papa ha nominato la professoressa
statunitense Mary Ann Glendon presidente della Pontificia Accademia delle
Scienze Sociali.
Ma ascoltiamo la stessa suor Enrica Rosanna come ha
accolto questa nomina?
R. – L’ho accolta con fede, nella certezza che se mi è
stato fatto un atto di fiducia da parte del Santo Padre e da parte della
Chiesa, il Signore mi darà la forza, il coraggio ed anche l’entusiasmo per
rispondere.
D. – Lei è la prima donna ad essere nominata ad un tale
incarico. Come si sente?
R. – Mi sento, sinceramente, un po’ smarrita. Sento, però,
il sostegno della preghiera e il sostegno di tutti i religiosi e in particolare
delle mie con-sorelle.
D. – Il Papa nella sua Enciclica Mulieris Dignitatem
ha detto che la sensibilità della donna salverà l’umanità. Come intende questo
messaggio?
R. – Le donne salveranno l’umanità e questo perché sono
capaci di compassione, perché sanno apprezzare la bellezza, perché sono capaci
di sacrificio, perché sono capaci di andare laddove c’è bisogno e sono capaci
di vedere oltre la vita ordinaria per andare laddove manca la vita e mancano le
cose. Io credo che le donne, proprio perché sono le madri della vita, possano
portare alla nostra società di morte un soffio di vita, una concretezza di
vita. Mi auguro che anche io, attraverso la mia missione, possa portare questo
soffio di vita laddove manca.
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UDIENZE
E NOMINE
Giovanni Paolo II ha ricevuto nel corso della mattinata,
in successive udienze, l’ambasciatore di Spagna, Carlos Abella y Ramallo, in
visita di congedo, il vescovo Velasio De Paolis, segretario del Supremo
Tribunale della Segnatura Apostolica, e mons. Jósef Michalik, arcivescovo di
Przemyśl, in Polonia.
Nella Repubblica Ceca, il Papa ha
nominato vescovo il sacerdote Jan Kočiš, protosincello dell’Esarcato
Apostolico per i cattolici di rito bizantino residenti nella Repubblica Ceca.
DOMANI, LA BEATIFICAZIONE DI SUOR LAURA
MONTOYA Y UPEGUI’,
APOSTOLA DEGLI INDIOS DELL’AMERICA LATINA
- Intervista con padre Romualdo Rodrigo -
Una vita spesa con e per gli indios dell’America Latina,
tra le tribù più sperdute della foresta o nascoste tra le montagne. E’ stata
questa l’esperienza missionaria di suor Laura Montoya y Upeguì, una dei sei
nuovi Beati che domani il Papa eleverà agli onori degli altari. Suor Laura,
colombiana, nasce verso la fine dell’Ottocento. Dopo un’infanzia difficile,
decide di consacrarsi a Dio, ma il suo carattere estroverso e irrequieto ne
sconsigliano l’ingresso nella clausura di un convento carmelitano per il quale
aveva espresso predilezione. Ed è in quella fase della sua vita che Laura
Montoya y Upeguì sente parlare delle migliaia di indigeni che popolano le Ande
e le regioni dell’Amazzonia. Con quattro compagne e sua madre, parte per le
montagne di Medellìn: è la prima pietra di quell’“Opera degli indigeni” che
suor Laura porterà avanti fino alla morte - sopraggiunta nel 1949 - dopo aver
fondato le Missionarie di Maria Immacolata e di Santa Caterina da Siena. Oggi
le circa mille religiose dell’Istituto, sparse in 19 Paesi, continuano l’opera
di diffusione del carisma, del quale parla il postulatore della Causa di beatificazione,
padre Romualdo Rodrigo, al microfono di Giovanni Peduto:
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R. – Il carisma della nuova Beata era estendere il Regno
di Cristo, soprattutto agli indigeni. Il suo motto, che lasciò in eredità alle
figlie, era “Farsi indigena con gli indigeni per guadagnare tutti a Cristo”.
Lavorò con tutte le sue forze affinché gli indios prendessero coscienza di
essere figli di Dio, cittadini con tutti i diritti e doveri degli altri
cittadini, e fece pressioni sul governo e sulla Chiesa affinché accettassero
gli indigeni come parte integrante della società e del Popolo di Dio.
D. - C’è qualche aspetto particolare della vita di suor
Laura?
R. – Scrive lei stessa, nella sua autobiografia, che
durante una visione vide una schiera di belve e di serpenti che impedivano
l’evangelizzazione degli indigeni. Nella visione, suor Laura vide Dio stabilire
un patto con i serpenti: le religiose Laurite – come sono chiamate - non
avrebbero ucciso mai i serpenti e i rettili avrebbero rispettato le religiose.
La Madre Laura approvò tale patto e mai alcuna religiosa è stata attaccata dai
serpenti, che sono numerosi nelle selve dove lavorano.
D. - Qual è attualmente l’estensione dell’Istituto?
R. - Oggi le Laurite sono in tutto il mondo, soprattutto
in America Latina e nell’Africa. Vanno là dove vi sono degli indigeni: scalano
le montagne, penetrano nelle foreste più difficili. E quando trovano gli
indigeni, seguono il consiglio di San Paolo, che – come detto - fu anche il
motto della fondatrice: “Farsi indigena con gli indigeni per guadagnarli tutti
a Cristo”.
D. – Cosa ripete oggi agli uomini il messaggio della beata
Laura?
R. – La beata Laura invia un messaggio forte al mondo:
portare Cristo a tutte le culture con spirito di servizio, con amore,
riconoscendo sempre la dignità delle persone, anche dei più poveri, degli
emarginati, degli indigeni.
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Con la solenne cerimonia di
domani, ecco il computo aggiornato delle canonizzazioni e delle beatificazioni,
aggiornato al 25 aprile 2004: Santi 477, Beati 1337. Ricordiamo che la nostra
emittente seguirà in radiocronaca diretta la celebrazione di beatificazione in
Piazza San Pietro, a partire dalle 9.50, con commenti in italiano, spagnolo e
portoghese.
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Apre la prima pagina l'annuncio
della proclamazione, domani, di sei nuovi Beati, All'evento è dedicato un inserto
speciale.
Nelle vaticane, nel discorso ai
giovani di Rouen in pellegrinaggio a Roma, il Papa ha affidato tale
consegna: "Cari giovani, non abbiate paura di consentire a Cristo di
parlarvi".
Due pagine sul tema "La
lenta e costante crescita della Chiesa Cattolica nel mondo".
Nelle estere, in evidenza
l'Iraq con un articolo dal titolo "Il coraggio del dialogo per rispondere
ad azioni sempre più disumane".
Nella pagina culturale, in
occasione dei novant'anni di Don Divo Barsotti i contributi di Andrea Fagioli e
di Pietro Borzomati.
Un articolo di Maria Maggi dal
titolo "Tullio Filtri: un secolo di lavoro tenace e di fervida
fantasia": il giornalista, nostro collaboratore, compie cento anni.
Nelle pagine italiane, in primo
piano la crisi irachena.
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24 aprile 2004
A BAGHDAD UCCISI ALMENO QUATTORDICI IRACHENI E
CINQUE
SOLDATI AMERICANI. ALTRE VITTIME ANCHE A TIKRIT E A KERBALA.
AI
NOSTRI MICROFONI IL CARDINALE RAFFAELE MARTINO HA DICHIARATO
CHE È
IMPRUDENTE LASCIARE IL CAMPO
PERCHÉ
SIGNIFICHEREBBE ABBANDONARE L’IRAQ ALLA GUERRA CIVILE
- Intervista con il porporato Martino -
Continuano gli episodi di
violenza in Iraq, dove nelle città di Baghdad, Tikrit e Kerbala si registrano
oggi diverse vittime tra i soldati della coalizione, i civili e i combattenti
iracheni. Sulla difficile situazione nel Paese arabo ci riferisce Amedeo
Lomonaco:
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Almeno
quattordici iracheni sono morti per un’esplosione avvenuta in un affollato
mercato di Sadr City, quartiere di Baghdad dove poco prima un civile è stato ucciso
e tre sorelle sono rimaste gravemente ustionate dopo che i soldati americani
hanno aperto il fuoco. Nella capitale irachena, inoltre, cinque soldati
statunitensi sono rimasti uccisi e sei feriti nel corso di un agguato contro
una base militare della coalizione presso Taji. Un ennesimo attacco kamikaze ha
provocato, a Tikrit, la morte di quattro poliziotti iracheni nei pressi di una
base militare statunitense. E a Kerbala – per la quale l’imam al-Sadr ha
minacciato, ieri, di ricorrere ad operazioni suicide se la città sciita sarà
attaccata dalla coalizione - cinque miliziani, impegnati nella preparazione di
un agguato, sono stati uccisi da una pattuglia polacca.
Da un
comunicato diffuso oggi dalla coalizione si è anche appreso che un marine
americano è morto due giorni fa in seguito alle ferite riportate in scontri
nella regione di Falluja. E proprio nella città del triangolo sunnita, dove
ieri hanno fatto il loro ingresso la Croce Rossa italiana e la Mezzaluna Rossa,
i soldati statunitensi hanno intanto ricevuto l’ordine di non far rientrare le
famiglie che vogliono tornare nelle loro case. In questo difficile scenario,
recentemente caratterizzato dal progressivo sfaldamento della coalizione dopo
la decisione di Spagna, Honduras e Repubblica Dominicana di ritirare le loro
truppe, si deve registrare che la Norvegia ha confermato la propria decisione
di richiamare il suo contingente il prossimo primo luglio. L’Albania,
attualmente presente nel Paese arabo con settantuno soldati nella zona di
Mossul, è inoltre pronta ad inviare altri militari e vorrebbe che questi
fossero affiancati ai soldati italiani. E sulla presenza della coalizione in
Iraq il cardinale Renato Raffaele Martino, presidente del Pontificio Consiglio
Giustizia e Pace, ha dichiarato che non sarebbe opportuno, in questo momento,
che le truppe italiane lascino il Paese. Ascoltiamo il porporato in questa intervista
realizzata da Cecile Boutlet:
R. – In questo momento, è imprudente lasciare il campo
perché significherebbe abbandonare l’Iraq alla guerra civile, e non è saggio
mettere fretta all’Onu, stabilendo fin d’ora che non riuscirà ad assumere la
responsabilità della situazione irachena entro la data del 30 giugno. Bisogna
darle il tempo, e noi sappiamo che la formulazione di risoluzioni – per la mia
esperienza personale di 16 anni all’Onu – richiede molta pazienza e grande
capacità di negoziato.
D. – Lei è ottimista sulla liberazione degli ostaggi
italiani?
R. – Io in genere sono sempre ottimista. La paura e il
pessimismo non aiutano mai, bisogna sempre aver fiducia. Continuiamo a pregare.
D. – Pensa che sia cambiata la posizione della Chiesa
sulle vicende in Iraq?
R. – La posizione della Chiesa è sempre stata chiarissima
ed è stata più volte ribadita dal Papa, dal cardinal Sodano, dal cardinal
Tauran e da me stesso. Prima della guerra, Giovanni Paolo II ha scongiurato di
non imbattersi in un’avventura senza ritorno che si sarebbe rivelata una
sconfitta dell’umanità. I fatti, purtroppo, gli hanno dato ragione. Durante la
guerra il Papa ha auspicato ed agito affinché il conflitto finisse al più
presto e, successivamente, ha auspicato che si passasse quanto prima alla
democratizzazione e alla ricostruzione. Tale è stata, e lo è ancora, la
posizione della Santa Sede. Prima della guerra, il Papa auspicava l’intervento
dell’Onu ma non gli hanno dato ascolto; adesso tutti pensano che senza le
Nazioni Unite non ci possa essere un Iraq democratico e libero dove gli
iracheni siano artefici del loro futuro. Speriamo che questa volta ascoltino il
suggerimento del Santo Padre.
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IL PIANO DELL’ONU ALL’ESAME DI CIPRO:
OGGI
IL REFERENDUM SULLA RIUNIFICAZIONE
-
Intervista con, Antonio Ferrari -
Basterebbe
un sì nel referendum di oggi per sancire la riunificazione dell’isola di Cipro
ed il suo ingresso nell’Unione Europea. I seggi si sono aperti alle sei, ora
italiana, ma le previsioni non lasciano molto spazio all’ottimismo: nelle due
comunità, greca e turca, è infatti in crescita la percentuale di “no” al piano
di riunificazione proposto dall’Onu. Ce lo conferma, da Nicosia, Antonio
Ferrari, inviato speciale del Corriere della Sera, nell’intervista di Andrea
Sarubbi:
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R. –
C’è stata una accelerazione in negativo nelle ultime settimane e negli ultimi
giorni. Il fatto che la Russia abbia detto di no e che il maggior partito cipriota
abbia detto di no lascia capire che il margine per capovolgere la situazione
sia ridotto al minimo.
D. –
Quali sono gli aspetti del piano Onu che non piacciono alle due comunità,
quella turca e quella greca?
R. –
Denktash vuole un riconoscimento statuale immediato della realtà turco-cipriota
e rifiuta l’ingresso nella parte turco-cipriota di un gran numero di
greco-ciprioti che vogliono tornare in possesso delle loro proprietà. C’è poi
il problema della sicurezza, che è diverso per l’una e per l’altra parte. I
turco-ciprioti si sentono garantiti dalla presenza di militari turchi; il piano
prevede invece lo spiegamento di una forza dell’Onu per garantire la sua
esecuzione nelle due parti dell’isola. Per i greco-ciprioti è evidente che si
tratta dell’esatto contrario… Inoltre, questi ultimi non vogliono essere i soli
a pagare il prezzo della riunificazione: ricordiamo che la parte greco-cipriota
è molto ricca ed il livello di vita è quattro-cinque volte superiore a quello
dei turco-ciprioti.
D. –
Cosa accadrà a Cipro se questo referendum – come pare – dirà “no” al piano di
Annan?
R. –
Andremo a vedere una situazione ancor più instabile di quanto non si presenti
oggi, perché la parte greco-cipriota entrerà comunque nell’Unione, mentre
quella turco-cipriota no. I greco-ciprioti, però, assumono anche un altissimo
rischio: nell’ipotesi di un loro “no” e di un “sì” della comunità turca, è
chiaro che i turco-ciprioti ed anche il loro sponsor principale – la Turchia –
acquisterebbero un’immagine positiva agli occhi della comunità internazionale.
Ciò potrebbe anche convincere altri Paesi a riconoscere la piccola ed
autoproclamata Repubblica del Nord che, finora, è riconosciuta soltanto dalla
Turchia.
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NEI CINEMA ITALIANI IL FILM “MAGHI E VIAGGIATORI”
GIRATO
NEL PICCOLO REGNO DEL BHUTAN
Da ieri nelle sale
cinematografiche Maghi e viaggiatori, delicato film, girato interamente
nel Regno del Buthan, interpretato da attori non professionisti e diretto
da Khyentse Norbu, uno dei più importanti lama della tradizione buddista
tibetana (da ricordare il suo delizioso precedente lungometraggio, La coppa, del 1999). Questo film
esprime nei dialoghi, nei silenzi e nelle metafore i messaggi di compassione,
amore e saggezza che sono al cuore dell’insegnamento buddista, innescando nello
spettatore un prepotente desiderio di serenità, equilibrio e pace interiore. Ce
ne parla Luca Pellegrini.
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(musica)
“Tanto tanto tempo fa, ma neanche poi troppo tempo fa, in
un ridente villaggio del Buthan viveva un contadino che aveva due fratelli …”
Tutte le favole iniziano così.
Quelle di ieri e quelle di oggi. Ed ogni fiaba, dietro magie ed avventure,
nasconde sempre qualche cosa di molto vero e di molto utile. Siamo nel piccolo,
incontaminato Regno del Bhutan, il cui sovrano per la prima volta ha concesso
alla macchina da presa di girare per il cinema, nelle sue vallate, una bella
storia di maghi e di viaggiatori. Sulla strada verso Thimphu, ove si tiene
un’annuale, famosissima festa religiosa buddista, si incontrano: Dondup, un
funzionario governativo che tenta di raggiungere il Paese dei sogni, un
venditore di mele, un saggio monaco, un padre, esperto fabbricante di carta di
riso, con la giovane figlia. Aspettano un mezzo di trasporto, ma i tempi della
vita, nell’incontaminato Paese himalayano, non sono devastati dalla fretta
occidentale. Ci si rassegna ad aspettare un autobus che passa oggi o forse domani.
Così, nel frattempo, il saggio monaco intuisce il disagio esistenziale di
Dondup ed inizia a raccontargli una storia per metterlo in guardia: “…quando ti
svegli, la realtà potrebbe non essere così piacevole”. E la favola inizia: due
fratelli, uno pigro e frivolo che studia magia, uno scaltro e saggio che
vorrebbe studiarla. Il loro destino spiega quanto le passioni conturbano la
tranquillità dell’animo, possono gettare nel pericolo, spronano alla ricerca di
vane speranze che troppo spesso tradiscono e deludono. E’ nel cuore dell’uomo
che la verità alberga mentre la felicità può essere molto più vicina di quanto
non crediamo.
(musica)
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Domani 25 aprile, III domenica di Pasqua, la
liturgia ci presenta il Vangelo dell’apparizione di Cristo risorto ai discepoli
sulla riva del Mare di Tiberiade.
Gli apostoli quella notte non presero nulla
durante la pesca, ma sulla parola del Signore, pur senza riconoscerlo subito,
gettarono di nuovo le reti, pescando una grande quantità di pesci. Giovanni
allora esclama: “E’ il Signore!” E Pietro si gettò dalla barca in mare per incontrare
Gesù.
Su questo brano evangelico il commento del
teologo gesuita padre Marko Ivan Rupnik:
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Troviamo i discepoli che, dopo gli avvenimenti della
Pasqua, devono in qualche modo riprendere la vita, il lavoro. Pietro era
pescatore, perciò riprende la pesca. Vanno insieme a pescare, ma non prendono
nulla. Poi viene Cristo: ancora da sconosciuto, interviene nel loro lavoro.
Cristo, dopo la Risurrezione, cammina con noi, nella
nostra vita, anche quella del tutto quotidiana. Quando scoprono che è proprio
lui, presente là, nel loro lavoro, Pietro si getta nell’acqua per raggiungerlo,
scena che ricorda quella nella quale Pietro cammina sulle acque. Non è nella
nostra natura umana, camminare sull’acqua, ma in forza della relazione con
Cristo, in forza della sua chiamata possiamo farlo.
Questo vuol dire che la relazione con Cristo ci libera da
tanti determinismi e perciò ci può unire in comunità: diversi, ma insieme con
Cristo in mezzo a noi.
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24 aprile 2004
UN’ESORTAZIONE A PRATICARE L’ONESTA’ IN UN CONTESTO SOCIOPOLITICO
DI
PIENA CRISI. QUESTO IL CONTENUTO DELLA NOTA PASTORALE
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ECUADOREGNA,
DAL
TITOLO “VIVERE IN DEMOCRAZIA IN UNA SOCIETA’ GIUSTA E FRATERNA”
QUITO. = “E’ necessario dare
segni di speranza, impegnarci direttamente per costruire un Paese che sogniamo.
Questo deve essere un dovere di tutti”. Esordisce così la nota pastorale della
Conferenza episcopale ecuadoregna, dal titolo “Vivere in democrazia in una società
giusta e fraterna”. Nel documento, i presuli chiedono ai connazionali di
“recuperare la saggezza” in un contesto di piena crisi politica e sociale. “Una
nazione che vive nell’instabilità democratica non ha alcun futuro”, si legge
nello scritto. “L’incoerenza degli elettori e degli eletti, il cieco ostruzionismo
di certe opposizioni, il dilagare degli scandali e della corruzione e le
pressioni dei gruppi di potere che pensano solo ai propri interessi configurano
una realtà del tutto aliena alla autentica democrazia”. Di fronte a tale
scenario, i vescovi chiedono “cultura e pratica dell’onestà” nella gestione
della cosa pubblica. “Il miglior servizio che il presidente di uno stato può
rendere alla comunità è quello di avvalersi di collaboratori onesti e capaci”,
continua la nota. Infine, un appello ai fedeli ispirato al Duc in altum
(dalle parole di Gesù “Prendete il largo”) di Giovanni Paolo II: “Diamo alla
nostra patria risposte concrete, positive e creative. Nella diversità delle
culture, cerchiamo di mettere insieme quei presupposti che rendono un Paese
‘luogo da vivere’ e scrivono una storia da ricordare con orgoglio”. (D.D.)
FERVONO I
PREPARATIVI NELL’ARCIDIOCESI CROATA DI SPLIT
E DI MAKARSKA PER I FESTEGGIAMENTI DEL
1700.MO ANNO DELLA SUA ISTITUZIONE.
IL 7 MAGGIO LA CELEBRAZIONE CONCLUSIVA
NELLA CATTEDRALE DI SAN DOMNIO
SPLIT. = Aperti con
una novena dall’arcidiocesi di Split e Makarska, in Croazia, i preparativi per
i festeggiamenti dei 17 secoli della istituzione di una delle più antiche diocesi
del mondo. La celebrazione conclusiva avrà luogo il 7 maggio, giorno del
patrono, San Domnio. Alla S. Messa, presieduta dal delegato pontificio, il
cardinale Jan Pieter Schotte, segretario generale del Sinodo dei Vescovi,
parteciperanno 5 porporati e 25 presuli, molti esponenti politici e numerosi
fedeli provenienti da tutte le aree del Paese balcanico e dall’estero. Le
celebrazioni inizieranno il 28 aprile nella cattedrale di San Domnio, con la
celebrazione eucaristica, officiata dal vescovo di Mostar-Duvno, Ratko Peric.
Previste anche manifestazioni culturali, concerti, mostre. Il 6 maggio,
inoltre, saranno esposte al pubblico le reliquie di San Domnio, custodite nella
cattedrale eretta nell’antico mausoleo dell’Imperatore Diocleziano, costruito
tra il terzo e il quarto secolo. “Qui la storia non stava zitta”, ha detto il
Papa, pellegrino per due volte in terra croata, il 4 ottobre 1998, rendendo
vivo e palpitante il volto di un Paese che con le sue pietre racconta una
grande storia di fede. “La storia continua a non stare zitta – ha detto nei
giorni scorsi mons. Marin Barisic, che oggi siede sulla cattedra di San Domnio
- Ciò è testimoniato anche dalla massiccia partecipazione dei fedeli alla
preparazione dei festeggiamenti”. (D.G.)
AVVIATO DALLA
CHIESA CATTOLICA NIGERIANA UN PROGETTO DI APOSTOLATO
NELLE CARCERI. CELEBRAZIONI
EUCARISTICHE, COLLOQUI, SEMINARI,
CORSI DI EDUCAZIONE RELIGIOSA PER
NON ABBANDONARE I DETENUTI A SE STESSI
LAGOS.
= Un progetto di apostolato nelle prigioni della Nigeria è stato avviato dalla
Chiesa cattolica locale. Lo riferisce don Felix Femi Ajakaye, responsabile per
le Comunicazioni sociali nel Segretariato cattolico. “L’apostolato nelle
prigioni – spiega il sacerdote - comprende visite da parte di volontari nelle
carceri dove si cerca di creare un clima di amicizia e di comprensione tra i
reclusi e tra questi e le guardie”. Non solo, vengono organizzati anche
colloqui, incontri e seminari, sia all’interno, sia all’esterno dei
penitenziari. “I nostri sacerdoti celebrano le Messe nelle prigioni – aggiunge
don Femi Ajakaye - e offrono educazione religiosa ai detenuti”. Obiettivo di
questa iniziativa apostolica: dimostrare che il carcere non è un luogo isolato
dove i reclusi sono trascurati e abbandonati al loro destino, bensì “un luogo
di correzione e di orientamento per coloro che hanno sbagliato”. In base a tali
principi, l’Associazione Cattolica degli Artisti e dello Spettacolo (Caen), che
comprende musicisti, attori, personaggi della televisione e produttori, sta
raccogliendo fondi per produrre un film dedicato alla vita nelle prigioni nigeriane.
Parte della pellicola sarà girata all’interno degli stessi penitenziari.
(D.G.)
DA GIOVEDI’ 22 APRILE, IL NEPAL E’ IL 147.MO PAESE MEMBRO
DELL’ORGANIZZAZIONE MONDIALE DEL COMMERCIO.
E’ LA
PRIMA NAZIONE, TRA QUELLE MENO SVILUPPATE, AD ADERIRVI DAL 1995
GINEVRA. = Il Nepal è, da giovedì scorso, il 147.mo membro
dell’Organizzazione mondiale del Commercio (Wto), la prima tra le nazioni meno
sviluppate, ad aderirvi dal 1995. Il Paese himalayano aveva presentato il 24
marzo scorso la sua accettazione dei termini e delle condizioni per l’adesione
al Wto e, in base alle regole dell’organismo che ha sede a Ginevra, ne è
diventato automaticamente membro un mese più tardi. Sin
dal 1996, il Nepal è insanguinato dalla cosiddetta “guerra del popolo”, per
iniziativa del Partito comunista nepalese (maoista), e scatenata
dall’esasperazione della popolazione per il degrado e l’indigenza che attanagliano
il Paese. I guerriglieri, che sono riusciti a penetrare in quasi tutta la
nazione, si sono prefissi lo scopo di sradicare il feudalesimo e la monarchia
costituzionale, la corruzione e la sperequazione che hanno portato sette
nepalesi su dieci ad essere disoccupati e a vivere di espedienti. Circa sei
milioni di nepalesi, ossia il 28 per cento della popolazione, sono
tossicodipendenti, depressi o affetti da disturbi mentali. Quasi la metà degli
abitanti vive al di sotto della soglia di povertà: in Nepal, sono molte le
famiglie costrette a lavorare per appena un dollaro al giorno. L’aspettativa di
vita in media è di 58 anni. (D.G.)
OGGI, A ROMA, L’INAUGURAZIONE DELLA “LIBRERIA
DEGLI SCALZI”.
OBIETTIVO
DELL’INIZIATIVA, LA PRIMA DEL GENERE DEI PADRI CARMELITANI,
DIVENIRE
UN PUNTO DI RIFERIMENTO PER QUANTI CONOSCONO
IL
CARISMA DELL’ORDINE FONDATO DA SANTA TERESA D’AVILA
ROMA. =
Viene inaugurata oggi a Roma, in Piazza San Giovanni in Laterano, la “Libreria
degli Scalzi”, la prima iniziativa del genere dei Padri Carmelitani Scalzi
d’Italia. “Noi cominciamo ora e cercate di cominciare sempre andando di bene in
meglio”, queste parole di Santa Teresa d’Avila, la fondatrice dell’ordine, ben esprimono
lo spirito e la finalità della nuova libreria, che si propone di essere un
punto di diffusione dello spirito missionario dei carmelitani e di divenire un
riferimento per quanti conoscono e vivono il loro carisma. L’ordine dei frati
carmelitani scalzi fu istituito il 28 novembre del 1568, a Duruelo, in Spagna, secondo
le norme e le indicazioni di Teresa: ossia spirito di mortificazione e di
ritiro, perenne comunione orante con Dio, sforzi per rendere sempre più feconda
l’azione apostolica. Nella “Libreria degli Scalzi” sono in vendita testi
carmelitani anche in lingua originale, audiovisivi, paramenti sacri, abbigliamento
liturgico ed oggetti religiosi. (D.G.)
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24 aprile 2004
- A cura di Fausta Speranza -
La comunità internazionale
guarda con preoccupazione alle ultime prese di posizione del premier israeliano.
Sharon ha affermato ieri di ritenersi libero da ogni suo passato impegno con il
presidente Bush. L’impegno era di non colpire o espellere dai Territori il
leader dell’Autorità nazionale palestinese, Yasser Arafat. I particolari nel
servizio di Dorotea Gambardella:
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“Non temo le minacce di Ariel Sharon. Sono destinato a
morire da martire e sono un credente”. Così il presidente palestinese Arafat ha
commentato le dichiarazioni del capo dello Stato israeliano. In un’intervista
alla televisione, trasmessa ieri sera, Sharon aveva annunciato quanto già detto
al presidente statunitense Bush, durante la visita alla Casa Bianca della
scorsa settimana, e cioè che l’impegno assunto tre anni fa di non colpire Arafat
non è più attuale. Immediata la reazione di Washington. Un severo monito ad
Israele affinché non metta a repentaglio l’incolumità del leader palestinese ed
eviti attacchi mirati è stato rivolto in nottata dai maggiori dirigenti
statunitensi, dal segretario di Stato,
Colin Powell, al Consigliere per la sicurezza nazionale, Condoleezza Rice. E un
appello urgente alle Nazioni Unite affinché proteggano il Rais è stato lanciato
stamani da Abu Ala. Secondo il premier palestinese, è la politica sbilanciata
in favore di Israele di George Bush la “causa diretta” delle minacce di Sharon.
Critiche a Sharon e preoccupazione per la situazione sono state espresse,
infine, anche dal ministro degli Esteri francese, Michel Barnier. Sul terreno
non si placa la violenza: tre palestinesi, militanti delle Brigate dei martiri
di al-Aqsa, sono rimasti uccisi in uno scontro a fuoco a Jenin, nella
Cisgiordania settentrionale.
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Il ministro dell'intelligence
iraniano ha smentito che due tecnici nucleari del Paese siano stati arrestati
perchè sospettati di avere fornito informazioni segrete all'estero, come aveva
scritto una rivista conservatrice. Diverse squadre di ispettori dell'Agenzia
internazionale per l'energia atomica, Aiea, hanno effettuato missioni in Iran
nelle ultime settimane in vista della prossima riunione del Consiglio dei
governatori della stessa agenzia, in giugno a Vienna, che dovrebbe esprimere un
giudizio conclusivo sul programma nucleare della Repubblica islamica.
Nell'ultima sessione, all'inizio di marzo, il Consiglio aveva approvato una
risoluzione in cui criticava il fatto che Teheran non avesse comunicato alcuni
aspetti del proprio programma, nonostante si fosse impegnata a fare piena luce
in proposito fin dall'autunno scorso
Commenti all’insegna della
delusione per le conclusioni ieri a Ginevra della 60esima sessione della
Commissione dell’Onu per i diritti umani. La riunione, che rappresenta un
appuntamento annuale, ha riunito i delegati di 53 Paesi e di organizzazioni non
governative per un totale di 3000 persone. Con quali risultati, lo spiega da
Ginevra Mario Martelli:
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Delusione da parte degli
organismi per la difesa dei Diritti Umani, che rimproverano il silenzio su
problemi importanti nel campo internazionale, come quello dell’Iraq. Si è
parlato, invece, della tragica situazione a Darfur, la provincia occidentale
del Sudan, dove la guerra civile miete migliaia di vittime e ha costretto un
milione di persone alla fuga. Due delegazioni sono state autorizzate a recarsi
nella regione per vedere di coordinare l’afflusso di soccorsi.
Alla Sessione si è poi assistito
ad un intenso lavoro diplomatico, specialmente da parte dei governi dell’Unione
Europea e degli Stati Uniti, affinchè la Commissione non risulti uno strumento
obsoleto. In ogni caso, Cuba ha perso in un confronto con gli Stati Uniti:
condannata con 22 voti contro 21 per mancato rispetto dei diritti umani, si è
trovata costretta a ritirare una sua Risoluzione che voleva la condanna di
Washington per il campo di prigionieri installato a Guantanamo. Per la
situazione nel Medio Oriente, un’ampia maggioranza ha condannato le pratiche
d’Israele, che ha trovato appoggio solo da parte degli Stati Uniti. Manovre
diplomatiche hanno, invece, consentito di evitare condanne per situazioni come
quelle della Cecenia, dell’assenza dei diritti politici in Cina e nello
Zimbabwe. Anche l’Iran è passato indenne, dopo che oppositori del regime di
Teheran non hanno ottenuto di essere presenti alla Sessione, in quanto l’Iran
aveva spiccato contro di loro un mandato d’arresto tramite l’Interpol. Tra i
risultati, infine, da citare la creazione di un posto di relatore per la lotta
contro il traffico di esseri umani, principalmente donne e bambini.
Da Ginevra, Mario Martelli, per
la Radio Vaticana.
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Il danese Poul Rasmussen è il
nuovo presidente del Partito socialista europeo. Il Congresso lo ha eletto oggi
con un numero di voti di poco superiore a quelli attribuiti al candidato
italiano Giuliano Amato. I circa 340 rappresentanti di 28 delegazioni di 24
Paesi, riuniti a Bruxelles, hanno così scelto il successore dell'ex ministro
degli esteri britannico Robin Cook. Quest’ultimo, al termine del suo ultimo
discorso quale presidente del Pse, ha duramente criticato l'unilateralismo
degli Stati Uniti, ricordando che l'Europa che vogliono i socialisti ''deve
avere la forza morale per far pesare
l'autorità della Nazioni Unite nel
mondo''.
Oltre 6 milioni di austriaci
sono chiamati domani alle urne per eleggere il successore di Thomas Klestil
alla presidenza della Repubblica. In lizza sono il socialdemocratico Heinz
Fischer, uno degli esponenti più autorevoli dell’opposizione, e la popolare
Benita Ferrero-Waldner, la cui carriera politica è legata all’attuale
cancelliere Wolfgang Schuessel.
Domani si vota anche in Guinea Equatoriale. Gli aventi
diritto al voto sono chiamati alle urne per le elezioni parlamentari e
amministrative. Sembra favorito il Partido Democratico della Guinea Ecuatorial
del presidente Teodoro Obiang.
Almeno 154 morti, oltre 1.300
feriti: anche il governo nordcoreano ha confermato, questa mattina, il
drammatico bilancio della tragedia ferroviaria avvenuta giovedì al confine con
la Cina. Un incidente accidentale avrebbe provocato l’esplosione, ha detto
Pyongyang, che ha chiesto aiuto alla comunità internazionale. Secondo Maurizio
Riotto, docente di coreano all’Istituto Orientale di Napoli, si tratta di un
gesto molto significativo:
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R. – Secondo me si tratta di un
fatto positivo, perché è un rifuggire dall’isolamento tradizionale a tutti i
costi, che aveva caratterizzato l’atteggiamento del governo coreano finora.
Credo che in questo atteggiamento si possa cogliere la volontà della Corea del
Nord di allacciare una seppur minima forma di dialogo con il mondo esterno. E’
possibile anche che questa sia una scelta interessata. Non dobbiamo, infatti, dimenticare
che si tratta di un Paese che ha bisogno di aiuti internazionali. E proseguire
in una chiusura ad oltranza potrebbe essere in tal senso controproducente.
D. – Se c’è questa apertura,
perché – secondo lei – Pyongyang non ha permesso ai soccorritori di andare
nella zona del disastro liberamente ma li ha obbligati ad andare in treno,
senza fare soste e senza deviazioni?
R. – Il problema, secondo me,
sta nella volontà di voler evitare che vengano raccolte immagini in un percorso
che non sia quello dettato dal governo. Immagini che magari mostrano situazioni
di povertà o di vita difficile da parte della popolazione, cosa che la Corea
del Nord – per quanto possibile – cerca sempre di occultare. Cerca di mostrare
all’estero una situazione migliore di quanto probabilmente non sia.
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Un soldato afghano e nove
talebani sono rimasti uccisi giovedì durante un attacco da parte di un gruppo
di talebani contro una pattuglia congiunta dell'esercito americano e di
miliziani afghani filogovernativi, nel sud est del Paese, nella provincia di
Khost.
Almeno due persone sono morte e
altre risultano disperse nell'esplosione di una fabbrica di prodotti plastici
nello stato americano dell'Illinois. Lo indicano fonti di stampa locali,
aggiungendo che diversi feriti sono stati ricoverati in ospedale. L'esplosione,
che pare accidentale, alla Formosa Plastics di Illiopolis è stata avvertita a
30 chilometri di distanza. Accertamenti vengono condotti sull'eventuale fuga di
prodotti tossici o pericolosi. Un’inchiesta è in corso per valutare le cause
dell'esplosione.
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