RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n. 113 - Testo della trasmissione di giovedì 22 aprile
2004
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
Oggi dal Papa il presidente del
parlamento austriaco, Andreas Khol
OGGI
IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Aperti i lavori della 77.ma
Assemblea plenaria della Conferenza episcopale del Messico
A Roma si torna nel passato con la
scuola di latino per stranieri
Proseguono gli attacchi in Iraq: ucciso un civile
straniero a Baghdad. Salgono ad oltre 70 i morti dell’attentato a Bassora.
Rilasciati due ostaggi svizzeri. E sui tre ostaggi italiani Berlusconi afferma:
tempi più lunghi del previsto per la liberazione.
Appello del presidente Ciampi a riprendere il
dialogo con i Paesi arabi.
Prodi
a Mosca per un vertice informale sullo
sviluppo delle relazioni tra Unione Europea e Russia.
Le
truppe israeliane uccidono un ragazzo palestinese e tre militanti delle Brigate
dei martiri di al Aqsa.
22 aprile 2004
Il Papa ha ricevuto oggi in udienza in Vaticano il
presidente del Parlamento austriaco, Andreas Khol, con la consorte e il
seguito; il presidente della Conferenza episcopale degli Stati Uniti mons.
Wilton Daniel Gregory, con mons. William Stephen Skylstad e mons. William P.
Fay, rispettivamente vice-presidente e segretario generale della stessa Conferenza
episcopale; quindi il Papa ha ricevuto l’arcivescovo di Barcellona, cardinale
Ricardo María Carles Gordó.
20
ANNI FA GIOVANNI PAOLO II CONSEGNAVA AI GIOVANI
LA
“CROCE DELLE GIORNATE MONDIALI DELLA GIOVENTU’,
ESORTANDOLI
AD ANNUNCIARE CHE SOLO IN CRISTO MORTO E RISORTO
C’E’
SALVEZZA E REDENZIONE
-
Intervista con l’arcivescovo Stanislao Rylko -
20 anni fa, il 22 aprile del 1984, al termine dell’Anno
Santo della Redenzione, Giovanni Paolo II consegnava ai giovani a Roma la Croce
delle Giornate Mondiali della Gioventù. Da allora la Croce delle Gmg ha fatto
il giro del mondo passando per Buenos Aires, Santiago de Compostela,
Czestochowa, Denver, Manila, Toronto e attualmente sta pellegrinando attraverso
la Germania in attesa della Giornata Mondiale della Gioventù che si svolgerà a
Colonia nel 2005. Oggi alle 17.00 presso il Centro internazionale Giovanile San
Lorenzo a Roma avrà luogo un momento commemorativo dell’anniversario organizzato
dal Pontificio Consiglio per i Laici. Al riguardo Giovanni Peduto ha
intervistato il presidente di questo dicastero, l’arcivescovo Stanislao Rilko:
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R. – Chi vuol comprendere il significato più profondo
delle Giornate Mondiali della Gioventù deve tornare a quel momento che
concludeva il Giubileo straordinario della Redenzione: in quel gesto profetico
si trova la vera origine delle Giornate Mondiali della Gioventù. Vent’anni fa
Giovanni Paolo II rivolgendosi ai giovani diceva: “Affido a voi la Croce di Cristo!
Portatela nel mondo come segno dell’amore del Signore Gesù per l’umanità e annunciate
a tutti che solo in Cristo morto e risorto c’è salvezza e redenzione”. Con
questa consegna, il Papa ha voluto dare ai giovani un punto di riferimento
forte: la Croce di Cristo! Una croce spoglia, semplice e forse per questo così
eloquente nel suo messaggio. Intorno a questa Croce sono nate le Giornate
mondiali della gioventù. Questa Croce le ha accompagnate tutte, percorrendo le
strade del mondo e attraversando tutti i continenti!
D. – Cosa può rappresentare la Croce delle GMG per i
giovani?
R. – Mediante questa Croce Giovanni Paolo II ci ricorda
che nella formazione dei giovani bisogna ritornare all’essenziale ritrovando il
coraggio di annunciare Cristo nel cuore del suo mistero, cioè la sua Croce e la
sua risurrezione. Osare proporre ai giovani la Croce di Cristo è la grande
sfida della pastorale odierna. Non si può attenuare il messaggio evangelico
nell’illusione di renderlo più “comprensibile” alle giovani generazioni: i
giovani vogliono incontrare e conoscere il vero Cristo, colui che per amore
dell’uomo non ha esitato a prendere la sua Croce. In questo momento la Croce ha
iniziato il pellegrinaggio attraverso le diocesi tedesche per preparare i
giovani alla Gmg di Colonia, che si celebrerà nel 2005. Di nuovo i giovani sono
chiamati a confrontarsi con la Persona di Cristo e con la sua Croce che
continua a interrogarci: “E voi chi dite che io sia…”. Proprio in questo confronto
sta la chiave del successo di tutta l’azione pastorale della Chiesa.
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NOMINE
Giovanni
Paolo II ha nominato oggi i seguenti rappresentanti pontifici:
nunzio apostolico in Madagascar e nelle Seychelles
e delegato apostolico nelle Isole Comore e a La Réunion, mons. Augustine
Kasujja, arcivescovo titolare di Cesarea di Numidia, finora nunzio apostolico
in Algeria e in Tunisia;
nunzio
apostolico in Algeria e in Tunisia, mons. Thomas Yeh Sheng-nan, arcivescovo titolare
di Leptis Magna, finora nunzio apostolico in Sri Lanka;
nunzio
apostolico in Ucraina, mons. Ivan Jurkovič, arcivescovo titolare di Corbavia,
finora nunzio apostolico in Bielorussia.
Inoltre il Pontefice ha nominato vescovo di Viseu, in
Portogallo, mons. António Augusto dos Santos Marto, finora vescovo titolare di
Bladia e ausiliare di Braga.
Il Santo Padre ha quindi accettato la rinuncia al governo
pastorale della diocesi di Faro, sempre in Portogallo, presentata da mons.
Manuel Madureira Dias, in conformità al can. 401 § 2 del Codice di Diritto
Canonico, e al suo posto ha nominato mons.
Manuel Neto Quintas, finora vescovo titolare di Elicroca e ausiliare della
medesima diocesi.
Il Pontefice ha poi accettato la rinuncia al governo
pastorale della diocesi di Portalegre-Castelo Branco, ancora in Portogallo,
presentata da mons. Augusto César Alves Ferreira da Silva, in conformità al
can. 401 §2 del Codice di Diritto Canonico, e al suo posto ha nominato mons.
José Francisco Sanches Alves, finora vescovo titolare di Gerpiniana e ausiliare
di Lisbona.
ALESSANDRINA
MARIA DA COSTA TRA I NUOVI BEATI DI DOMENICA PROSSIMA:
HA
VISSUTO UNA VITA DI GRANDI SOFFERENZE
IN
UNIONE CON LA PASSIONE DI CRISTO
-
Intervista con il cardinale José Saraiva Martins -
Proseguiamo anche oggi a tratteggiare le figure dei servi
di Dio che domenica prossima Giovanni Paolo II proclamerà beati. Oggi parliamo
di Alessandrina Maria da Costa, laica portoghese, cooperatrice salesiana,
vissuta nella prima metà del 1900. Ascoltiamo in proposito il cardinale José
Saraiva Martins, prefetto della Congregazione delle cause dei santi, intervistato
da Giovanni Peduto:
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R. – Alessandrina Maria da Costa nasce il 30 marzo 1904 a
Balasar in Portogallo. E’ una piccola contadina, vivace, scherzosa, affettuosa.
A 14 anni salta dalla finestra nel giardino per salvare la sua purezza
minacciata. Nel corso degli anni il danno riportato nella caduta si trasforma
in paralisi totale, per cui rimane inchiodata a letto per oltre trent’anni. Si
offre come vittima a Cristo per la conversione dei peccatori e per la pace nel
mondo. Per quattro anni (1938-1942) rivive la passione di Cristo tutti i
venerdì per tre ore. Dal 27 marzo 1942 alla morte (13 anni e sette mesi) non
ingerisce più alcuna bevanda né alimento di sorta, all’infuori della comunione
quotidiana. Guidata dal suo direttore spirituale, diventa cooperatrice
salesiana, offrendo le sue sofferenze per la salvezza della gioventù. Muore a
Balasar il 13 ottobre 1955, dove è sepolta e dove si recano folle di
pellegrini.
D. – Qual è stata la sua santità?
R. – Alessandrina è una figura esemplare, nella sua
semplicità e autenticità. Molte volte prevalgono, anche in chi crede,
sentimenti di scoraggiamento, di apatia, di disinteresse, insieme alla ricerca
di surrogati ed evasioni. Alessandrina offre con la sua vita uno stimolo, una
motivazione per nobilitare – soprattutto presso i giovani – ciò che la vita
presenta di doloroso, di triste. Il suo amore all’Eucaristia e alla Madonna e
la sua vita interiore, giunta ai livelli più alti della mistica, raccomandano a
tutti il “programma” della santità, che è Cristo stesso, da conoscere, amare.
D. – Ha avuto uno speciale rapporto con l’Eucaristia?
R. – Fino al 1928, Alessandrina non aveva smesso di
chiedere al Signore, mediante l’intercessione della Madonna, la grazia della
guarigione, promettendo che, se fosse guarita, sarebbe andata missionaria. Ma
appena capì che la sofferenza era la sua vocazione, l’abbracciò con prontezza.
Diceva: ‘Nostra Signora mi ha fatto una grazia ancora maggiore. Prima la
rassegnazione, poi la conformità completa alla volontà di Dio, ed infine il desiderio
di soffrire’. Risalgono a questo periodo i primi fenomeni mistici, quando
Alessandrina iniziò una vita di grande unione con Gesù. Un giorno in cui si
trovava sola, le venne improvvisamente questo pensiero: ‘Gesù, tu sei prigioniero
nel Tabernacolo ed io nel mio letto per tua volontà. Ci faremo compagnia’. Da
allora cominciò la sua missione: essere come la lampada del Tabernacolo.
Passava le sue notti come pellegrinando di Tabernacolo in Tabernacolo. In ogni
Messa si offriva a Dio come vittima
per i peccatori, insieme a Gesù.
D. – Ha propagato il culto al Cuore Immacolato di Maria?
R. – Alessandrina fu scelta misteriosamente dal Signore
perché divenisse apostola della consacrazione del mondo al Cuore Immacolato di
Maria. Il 31 ottobre 1942, Pio XII fece l’atto di consacrazione in lingua
portoghese, e lo ripeterà in lingua italiana l’8 dicembre. Nella formula di
consacrazione, il Pontefice usa i titoli familiari ad Alessandrina: ‘Regina del
mondo, Regina della pace, Signora della Vittoria, cioè Vincitrice delle grandi
battaglie, Madre dell’universo’.
D. – Qual è il messaggio di Alessandrina per gli uomini di
oggi?
R. – Nella chiesa di Balasar, dove oggi – in una cappella
laterale – riposa il corpo di Alessandrina, si leggono queste parole da lei
volute: ‘Peccatori, se le ceneri del mio corpo possono essere utili per
salvarvi, avvicinatevi, passatevi sopra, calpestatele fino a che spariscano. Ma
non peccate più; non offendete più il nostro Gesù!’. E’ la sintesi della sua
vita, spesa esclusivamente per salvare le anime.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
“Una ferocia che scuote il
mondo” è il titolo che apre la prima pagina, con riferimento alla strage di
ieri a Bassora. Kofi Annan chiede una forza multinazionale ma esclude l’impiego
dei “caschi blu”.
Nelle vaticane, l’omelia di
mons. Antonio Napoletano, redentorista, vescovo di Sessa Aurunca, nella
concelebrazione eucaristica in suffragio del confratello padre Ambrogio Freda,
morto alla veneranda età di 94 anni.
Una pagina dedicata alle
Lettere pastorali dei vescovi italiani.
Nelle estere, riguardo al Medio
Oriente un articolo dal titolo “Territori palestinesi: la violenza quotidiana
stride con i piani di ritiro giudicati ‘storici’”.
Nella pagina culturale, un
articolo di Massimiliano Porzia dal titolo “Cavie umane per plasmare il
‘perfetto sovietico’”: in un volume la tragica testimonianza di Jacques Rossi,
rinchiuso per venti anni in vari Gulag.
Nelle pagine italiane, in primo
piano la crisi irachena con particolare riferimento alla vicenda dei tre
ostaggi italiani.
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22 aprile 2004
I
PAESI ISLAMICI DELL’OCI CRITICANO L’APPOGGIO AMERICANO
AL
PIANO PER IL RITIRO ISRAELIANO DA GAZA
-
Intervista con Camille Eid -
L'appoggio
americano al piano israeliano di ritiro dalla Striscia di Gaza è una decisione
“infelice”, che “contraddice la Road Map” e può “pregiudicare il processo di
pace” in Medio Oriente. Questa la dura condanna espressa oggi dai Paesi
aderenti all’Organizzazione della conferenza islamica (Oci), riuniti a
Putrajaya, in Malaysia. In un vertice d’urgenza chiesto dal leader palestinese
Arafat, 13 dei 57 Paesi membri dell’Oci - guidati dal presidente di turno
dell’Organizzazione, il premier malaysiano Abdullah Ahmad Badawi - hanno esaminato
la situazione in Medio Oriente, giudicandola “estremamente allarmante” e chiedendo
all’Amministrazione Bush di tornare sui propri passi. La riunione giunge dopo
che la scorsa settimana a Washington il presidente statunitense Bush,
incontrando il premier israeliano Sharon, ha approvato il piano dello stesso
primo ministro che prevede di abbandonare unilateralmente avamposti militari e
insediamenti nella Striscia di Gaza e di lasciare quattro insediamenti ebraici
in Cisgiordania. Proprio stamani Sharon ha giudicato la decisione di Bush come
''un successo senza precedenti'' per Israele. Ma perché ora è giunta la netta
presa di posizione dell’Oci? Giada Aquilino lo ha chiesto a Camille Eid, editorialista
del quotidiano “Avvenire”:
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R. – Sarei rimasto sorpreso se da parte dell’Oci non ci
fosse stata una condanna, perché l’appoggio di Bush al ritiro israeliano dalla
Striscia di Gaza ha suscitato un’ondata di proteste in tutto il mondo arabo
islamico. La Lega araba ha condannato questa decisione americana e quanto detto
ora dall’Oci va ad allinearsi con la posizione della Lega araba.
D. – Secondo alcuni Paesi islamici, il piano Sharon
contrasta con la Road Map. Perché?
R. – Il piano Sharon presenta dei punti positivi, come il
ritiro da Gaza e lo smantellamento di alcune colonie. I punti negativi, però,
sono eclatanti, nel senso che il premier chiede di mantenere le colonie in
Cisgiordania e poi chiede ai palestinesi di rinunciare al diritto del ritorno,
cioè prevede l’eliminazione pura e semplice della questione dei profughi. La
posizione di Bush, di appoggio al piano Sharon, ha suscitato una dura reazione
dei Paesi dell’Unione Europea, esclusa la Gran Bretagna, ma anche della Russia
e dell’Onu: Kofi Annan si è espresso contro questa decisione. Quindi, non sono
soltanto i Paesi islamici ad essere contro l’appoggio americano a Sharon: il
piano israeliano viene giudicato come contrario alla Road Map, approvata
dal Quartetto.
D. – Che ripercussioni avrà questa riunione dell’Oci sulle
strategie israeliane - dopo l’uccisione dei leader di Hamas, Yassin e Rantisi -
e sugli attacchi dell’estremismo palestinese?
R. – Tutte queste risoluzioni hanno solo un effetto
psicologico. Ma sul terreno non cambierà nulla.
D. – L’Oci ha invitato gli Usa a sostenere una nuova
risoluzione per un ruolo chiave dell’Onu in Iraq. Che ruolo potranno avere i
Paesi islamici, per esempio, in una forza delle Nazioni Unite per il
mantenimento della pace in Iraq?
R. – Tutti i Paesi arabi islamici hanno rifiutato di
mandare loro contingenti in Iraq perché mancava - e manca tuttora - una
legittimità da parte dell’Onu. Quindi un’eventuale risoluzione da parte delle
Nazioni Unite potrebbe favorire un coinvolgimento di tali Paesi. E penso che
sarebbe utile in questo caso, vista l’ostilità di alcune fazioni contro le
truppe americane. Potrebbe essere un’alternativa a quello che si sta vivendo
attualmente in Iraq.
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UNIONE
EUROPEA: SPERANZA E RESPONSABILITA’: I VESCOVI DEL CONTINENTE S’INTERROGANO DA
OGGI A SANTIAGO DI COMPOSTELA, IN SPAGNA,
DOVE SONO CONVENUTI FEDELI DI OLTRE 20 PAESI
-
Servizi di Roberta Gisotti e Umberto Folena -
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Una settimana di eventi in cammino verso Santiago di
Compostela per celebrare l’Europa unita e testimoniare il sostegno della Chiesa
al processo di integrazione: trecento pellegrini, accompagnati da circa
quaranta vescovi, in rappresentanza di 25 Paesi dell’Unione Europea allargata,
sono partiti sabato scorso da Madrid “sulla strada della speranza”, percorrendo
ogni giorno una decina di chilometri e toccando luoghi cari alla memoria cristiana
europea, come il monastero di Santo Domingo de Silos, le cattedrali di Burgos e
Leon, La Cruz de Ferro e infine il monte Gozo. Hanno pregato insieme e scambiato
esperienze ed opinioni sul presente e futuro dell’Europa. Con loro personalità
politiche rappresentanti di comunità e associazioni religiose, esponenti di
altre confessioni cristiane. Ed oggi l’apertura a Santiago del Congresso della
Comece, ovvero la Commissione degli Episcopati della Comunità Europea,
imperniato sull’Esortazione postsinodale “Ecclesia in Europa”, dove i cattolici
sono invitati ad approfondire il pensiero teologico ed etico per la costruzione
di un’Europa aperta ed accogliente. Ma quale sarà la prima missione della nuova
Europa a 25 che vedrà la luce il prossimo primo maggio: “non c’è dubbio,
promuovere la pace”, dichiara il vescovo svizzero Amédée Graab, presidente
del Consiglio delle Conferenze episcopali europee, intervistato oggi dal
quotidiano “Avvenire”. Sottolinea il presule che vi sono due priorità : primo,
realizzare “una maggiore giustizia, soprattutto sul piano economico, perché
solo con la giustizia è possibile costruire la pace”; secondo, praticare “la
fraternità, la fratellanza vissuta”. Ma ascoltiamo la cronaca di questa prima
giornata dei lavori dalla voce di Umberto Folena, inviato dell’ “Avvenire”:
A pochi giorni dall’allargamento dell’Europa i
rappresentanti delle Chiese di tutti i 25 Paesi della futura Unione sono
riuniti a Santiago de Compostela: presenti numerosi vescovi e il cardinale
Attilio Nicora, che ha presieduto la celebrazione eucaristica in cattedrale,
tutti convocati dalla Comece, la Commissione Episcopale della Comunità Europa,
a tema il suo documento “Apriamo i nostri cuori”, in via di elaborazione, e
naturalmente la Carta costituzionale europea, a partire dall’articolo 51. Per
l’arcivescovo di Clermont, vice presidente della Comece, fra le certezze del
documento deve esserci l’apertura alla più completa integrazione europea,
sapendo che si sono già compiuti due miracoli. Il primo, con la Comunità
Carbone e Acciaio, fu il miracolo del perdono e della riconciliazione tra la
Germania e i suoi vicini occidentali; il secondo, è quello attuale, nella
ricongiunzione pacifica dell’Europa. Nessuno nega che regolare i rapporti con
le Chiese in un’Europa varia, con tanti popoli e tanti Stati dalle storie e
culture diverse, è tutt’altro che semplice. Per il secondo oratore della
giornata, il prof. Peter Serracino-Inglott, ex rettore dell’Università di
Malta, e unico sacerdote presente nella Convenzione, una formula pan europea
non esiste e situazioni varie esigono soluzioni varie, con il presupposto della
libertà profetica della Chiesa. Qualunque soluzione dovrà promuovere libertà,
non gabbie. Il Convegno si conclude venerdì con gli interventi dell’arcivescovo
di Madrid, il cardinale Antonio Maria Rouco Varela, e dell’abate Notker Wolf,
primate dei benedettini.
Da
Santiago de Compostela, per la Radio Vaticana, Umberto Folena.
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PRESENTATA A ROMA LA MANIFESTAZIONE ECUMENICA INTERNAZIONALE
“INSIEME PER L’EUROPA” IN PROGRAMMA L’8 MAGGIO A
STOCCARDA
E’ stata presentata a Roma “Insieme per l’Europa” la
grande manifestazione internazionale che coinvolge oltre 150 movimenti,
comunità e gruppi cattolici, evangelici, ortodossi ed anglicani in programma
per l’8 maggio a Stoccarda, in Germania. Il servizio è di Stefano Leszczynski.
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Alla vigilia dello storico allargamento dell’Unione
europea a 10 nuovi Paesi dell’Est e del Sud del continente la Comunità di
Sant’Egidio, il Movimento dei Focolari ed i responsabili dei movimenti e
comunità evangelici di Germania promuovono l’iniziativa “Insieme per l’Europa”
che culminerà l’8 maggio al Palasport di Stoccarda con la presenza di oltre 10
mila persone. La manifestazione ha lo scopo di concorrere a dare un anima alla
costruzione della nuova Europa, unita nella diversità. Un’Europa, quindi, che
attui la sua vocazione universale alla pace e all’unità fra i popoli. La
manifestazione verrà seguita in collegamento satellitare con convegni contemporanei
in oltre 140 città europee, da Lisbona a Mosca, da Belfast a Malta. “Insieme
per l’Europa” rappresenta un cammino iniziato in ambito evangelico già nel
1969. Da parte di tutti i partecipanti è stato sottolineato come questo
incontro serva a dare una reale unità all’Europa, tale da creare uno spirito di
pace e di fraternità all’interno dell’Unione. Una condizione essenziale per
riaffermare le radici cristiane dell’Europa ed esportare la cultura della pace
in tutte le aree di crisi nel mondo.
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22 aprile 2004
AUTOCRITICA
PER L’“INEFFICACE AZIONE PASTORALE DELLA CHIESA”
E’ STATA ESPRESSA DA MONS. JOSE’ GUADALUPE
MARTIN RABAGO,
PRESIDENTE
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE MESSICANA, IN APERTURA DEI LAVORI
DELLA 77.MA ASSEMBLEA PLENARIA, LUNEDI’
SCORSO A LAGO DE GUADALUPE
- A
cura di Dorotea Gambardella -
CITTA’ DEL MESSICO. = Parlando dei documenti pastorali,
della loro diffusione e della loro applicazione in un Paese che, ad oggi, è il
secondo al mondo per numero di cattolici,
mons. Rabago ha detto che l’azione pastorale “non è stata efficace, né
tanto meno proficua e che sia i sacerdoti, sia i laici, hanno fatto poco per
mettere in pratica i progetti riguardanti tutti gli aspetti della vita del
Messico”. Il presule si è soffermato anche sulle condizioni in cui versa il
Paese latinoamericano, “segnato da oltre 40milioni di poveri e afflitto da una
corruzione dilagante”. “In tale contesto – ha sottolineato - la Chiesa continua
ad essere l’istituto che raccoglie maggiori consensi tra i 104 milioni di
messicani residenti e i dieci milioni che vivono negli Stati Uniti”. Da qui
l’appello del presidente della Conferenza episcopale messicana affinché i
documenti diventino funzionali soprattutto nei settori dove prevale
l’indifferenza e l’analfabetismo religioso, poiché “i mutamenti culturali in
atto e la globalizzazione esigono una Chiesa intelligente”. Intanto, sul fronte
immigrazione, il vescovo di San Cristobal de las Casas, mons. Felipe Arizmendi
Esquivel, ha lanciato un appello alle autorità messicane affinché vengano
rispettati e tutelati i diritti delle migliaia di stranieri che entrano
illegalmente nel Paese. A pochi giorni dalla tragica morte dei cinque
guatemaltechi e dei due salvadoregni, a causa dell’affondamento del natante sul
quale viaggiavano, il presule ha ribadito che “gli immigrati non sono delinquenti,
ma persone che lasciano la propria terra per necessità e per fame”.
IL GOVERNO BLAIR E’ RESPONSABILE DELLA PERDITA DI
CREDIBILITA’
DEL SISTEMA POLITICO BRITANNICO. A LANCIARE
L’ACCUSA,
L’ARCIVESCOVO
DI CANTERBURY, ROWAN WILLIAMS
LONDRA.
= Una dura critica è stata espressa dall’arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams,
contro il governo laburista di Tony Blair, accusato di essere responsabile
della perdita di credibilità del sistema politico britannico nell’opinione
pubblica. Il dottor Williams, primate della comunione anglicana nel mondo, sin
dal suo insediamento a febbraio non ha risparmiato critiche all’attuale
amministrazione, limitandole, però, finora ad una ferma condanna
dell’intervento armato in Iraq. In particolare, ha deplorato lo stile e la
condotta tenuti dall’esecutivo laburista durante tutta la vicenda dei dossier
fasulli dei servizi segreti sul potenziale offensivo di Saddam Hussein; nel
suicidio dello scienziato del ministero della Difesa, David Kelly; nelle
dichiarazioni sulle armi proibite irachene mai trovate. In un sermone nella
Chiesa di St. Benet, a Cambridge, l’arcivescovo ha fatto presente che
“l’indebolimento della fiducia nel sistema politico del Paese” può essere
recuperato da un’ammissione dell’errore da parte dell’esecutivo. Pronta la replica
giunta da Downing Street, residenza ufficiale di Tony Blair: “Il punto di vista
dell’arcivescovo di Canterbury sulla guerra in Iraq – ha dichiarato un
portavoce del premier - è noto e non vi è, quindi, altro da aggiungere a quanto
già detto in passato”. (D.G.)
NUOVE
VIOLENZE DELL’ESERCITO ANGOLANO CONTRO I RIFUGIATI CONGOLESI,
IMPIEGATI
COME MINATORI NEL NORD DELL’ANGOLA. A DENUNCIARLE, L’ORGANIZZAZIONE NON
GOVERNATIVA, MEDICI SENZA FRONTIERE
LUANDA. = Un team di Medici senza frontiere,
presente nella Repubblica Democratica del Congo, ha ricevuto nuove notizie sulle
violenze perpetrate contro i congolesi impiegati come minatori nelle zone
diamantifere del nord dell’Angola, dove da alcune settimane è in corso una
campagna di espulsioni forzate. All’ospedale della città di Kamonia, nell’area
sudoccidentale dell’ex-Zaire, il personale di Msf ha raccolto diverse
testimonianze di rifugiati congolesi, secondo i quali le forze angolane
avrebbero circondato una miniera a Kaninda, nel nord dell’Angola, per quattro
giorni, lasciando le persone all’interno senza acqua né cibo. Dopo aver fatto
irruzione nella zona, sempre secondo i testimoni, i militari avrebbero separato
i minatori dalle proprie famiglie, sottoponendo gli uomini a torture con fuoco
e machete e le donne a violenze sessuali. “In base alle informazioni ricevute, i
casi di almeno altre cinque miniere confermerebbero che quello di Kaninda non è
un episodio isolato”, ha detto all’agenzia Misna il capo della missione di Msf
nella Repubblica Democratica del Congo, Alain Decoux. Da altri racconti, al
momento ancora non accertati, è emersa l’esistenza di vere e proprie prigioni
per i minatori nelle località di Kakanda e Lukapa. Si tratterebbe di accampamenti
circondati da mine anti-uomo per evitare che i circa duemila detenuti possano
scappare. A completare il quadro di questa gravissima violazione dei diritti
umani si aggiungono anche testimonianze sull’uso dei civili come “scudi umani”
in quelle aree dove l’esercito dell’Angola è spesso coinvolto in scontri con i
ribelli delle “Tigri” per il controllo delle risorse minerarie. (D.G.)
L’ABROGAZIONE
DELLA SEZIONE 55 DELLA NUOVA LEGGE SULL’IMMIGRAZIONE
E’
STATA RICHIESTA DAI VESCOVI BRITANNICI, POICHE’ TROPPO PENALIZZANTE
PER I RIFUGIATI NEL REGNO UNITO, TROPPO
SPESSO COSTRETTI A VIVERE
IN CONDIZIONI AI LIMITI DELLA SUSSISTENZA
LONDRA.
= Abrogare la Sezione 55 della nuova legge sull’immigrazione, poiché troppo
penalizzante per i rifugiati. È quanto hanno richiesto i vescovi britannici. La
normativa, introdotta nel 2002, stabilisce che per poter usufruire dei
benefici, i richiedenti asilo debbano presentare la loro domanda appena giunti
in Gran Bretagna, pena la privazione di qualsiasi assistenza e il divieto di
lavorare nel Paese. La disposizione sta producendo effetti drammatici. Secondo
i dati forniti dallo stesso Ministero degli Interni britannico, infatti, più di
7.500 immigrati vivono ai limiti della sussistenza, senza un tetto e in condizioni
psico-fisiche precarie, supportati solo dalle strutture caritative della
Chiesa. Della questione hanno discusso, lunedì scorso, mons. Patrick
O’Donoghue, presidente dell’Ufficio per la Politica dei Rifugiati della
Conferenza episcopale dell’Inghilterra e del Galles, e mons. John Aloysius Mone, presidente della
Commissione Giustizia e Pace della Conferenza episcopale scozzese. Al termine
dell’incontro, i due presuli hanno diffuso una dichiarazione in cui si legge:
“Alla luce del messaggio cristiano di giustizia e pace per tutti, soprattutto
per i perseguitati, il Governo deve abolire la Sezione 55. Il nostro sistema -
aggiungono i vescovi - deve riconoscere che la ricerca di asilo è un diritto
umano fondamentale garantito dalla giurisdizione internazionale”. (D.G.)
A ROMA SI TORNA NEL PASSATO CON LA
SCUOLA DI LATINO PER STRANIERI. L’INIZIATIVA, PROMOSSA DALL’ASSOCIAZIONE “IL
REGNO DI CAMELOT”, PREVEDE,
OLTRE AI CORSI DI LINGUA, ANCHE LA
DEGUSTAZIONE DI SPECIALITÀ CULINARIE
E SPIEGAZIONI SULLA STORIA DELL’URBE
ROMA. =
L’associazione “Il Regno di Camelot”,
con il patrocinio della Regione Lazio, ha presentato, nei giorni scorsi a Roma,
un progetto culturale, unico nel suo genere, denominato “Latinum: il latino
facile, veloce e divertente”. L’iniziativa è stata finanziata lo scorso anno
grazie all’intervento dell’assessore alla Cultura della Provincia di Roma,
Paola Guerci. Si tratta della prima scuola di latino per stranieri e per
appassionati della Roma antica, i cui corsi sono stati ideati per far
apprendere ai turisti, in poche ore, i rudimenti di questa lingua classica come
numeri, frasi celebri ed etimologia di parole tuttora di uso corrente. Non
solo, agli iscritti verrà offerta anche l’opportunità di gustare piatti tipici.
Inoltre alle lezioni di latino, totalmente gratuite, saranno abbinate anche
sintetiche spiegazioni relative alla storia, al diritto, all’arte e agli usi e
costumi degli antichi romani. (G.L.)
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22
aprile 2004
- A cura di Fausta Speranza e Giovanni
Lanza -
Dopo i tragici attentati
perpetrati ieri a Bassora, anche oggi l’odio e la violenza hanno colpito l’Iraq
dove un civile, probabilmente un francese e non uno spagnolo come riferito in
un primo momento dalle agenzie di stampa - è stato ucciso, questa mattina, a Baghdad.
Negli Stati Uniti crescono, intanto, i timori per altre defezioni nella
coalizione presente nel Paese arabo. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
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Dopo la morte, la
scorsa notte, di cinque persone è salito a 73 vittime - tra cui 17 bambini che
stavano andando a scuola a bordo di due minibus - il drammatico bilancio degli
attentati kamikaze che ieri hanno devastato la città di Bassora, nel Sud
dell’Iraq. In questo drammatico scenario si deve anche aggiungere l’uccisione,
questa mattina, di uno straniero, probabilmente un francese, in seguito ad un
agguato avvenuto nel quartiere settentrionale di Adhamiya. Sulla situazione
dello Stato arabo, il presidente americano, George Bush, ha ammesso che la lotta per la libertà in Iraq sta vivendo
“tempi difficili” e ha ribadito il proprio rammarico per lo sfaldamento della
coalizione, dopo il recente ritiro dei contingenti di Spagna, Honduras e
Repubblica Dominicana. A questi Paesi si potrebbe aggiungere, in futuro, anche
la Polonia che sta pensando, in accordo con Bush, di richiamare le sue truppe.
Al capo di Stato americano il primo ministro giapponese, Junichiro Koizumi, ha
rivolto oggi, un appello pubblico “affinché compia maggiori sforzi per rafforzare
il ruolo dell’Onu e ottenere una più estesa cooperazione internazionale al
processo di ricostruzione politica ed economica dell’Iraq”. Ma proprio a causa del deteriorarsi delle
condizioni di sicurezza, alcune compagnie straniere - che sono riuscite a
firmare contratti per la ricostruzione dell’Iraq – hanno deciso di lasciare il
Paese. Sulla sorte degli ostaggi in mano alla guerriglia irachena si deve
infine registrare una buona notizia: sono infatti stati rilasciati,
questa mattina, due svizzeri recentemente rapiti
da un gruppo sconosciuto. Ed un cauto ottimismo continua a caratterizzare la vicenda degli italiani sequestrati in Iraq. Il primo ministro
italiano, Silvio Berlusconi, ha dichiarato che nessun intoppo sta ostacolando
le trattative per la loro liberazione. “Ma i
tempi per il rilascio – ha detto - si stanno rivelando più lunghi del
previsto; c’è un rallentamento”.
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E riferendosi ai drammatici
avvenimenti in Iraq, il presidente della Repubblica italiana Carlo Azeglio
Ciampi - in visita di Stato in Lettonia - ha evidenziato l’importanza del dialogo
con i Paesi arabi. “Noi abbiamo sempre praticato – ha detto Ciampi - il dialogo
con gli Stati arabi, con i Paesi islamici che vivono a poca distanza
dall’Italia e vogliamo che questo dialogo sia costruttivo nell’interesse di
tutti”. “L’Unione Europea - ha proseguito - può fare molto di più nei Balcani,
in Medio Oriente, in Iraq. In quest'ultimo, martoriato Paese, può sviluppare,
con voce coraggiosa e unitaria, una capacità di iniziativa coerente con i
cruciali problemi della ricostruzione e della promozione della democrazia”.
Bet Lahiya, nel Nord della striscia di Gaza, continua a
essere, per il terzo giorno di seguito, teatro di scontri tra truppe israeliane
e centinaia di manifestanti palestinesi. Questa mattina è rimasto ucciso un
ragazzo palestinese. Le truppe sono
entrate a Bet Lahiya per prevenire lanci di razzi Qassam contro insediamenti
ebraici nell'area. Nella notte, l'esercito israeliano è entrato nel campo
profughi di Rafah, nel sud della striscia di Gaza, distruggendo almeno otto
case. All’alba, tre responsabili locali delle Brigate dei martiri di Al Aqsa,
gruppo armato legato al Fatah di Yasser Arafat, sono stati uccisi dall’esercito
israeliano durante uno scontro a fuoco a Tulkarem.
La
Russia ha posto il veto al Consiglio di Sicurezza dell’Onu, al piano di
riunificazione dell’isola di Cipro, presentato dal segretario generale, Kofi
Annan. Il piano sarà sottoposto all’approvazione popolare sabato prossimo con
un referendum. Dopo lunghe trattative, si è giunti alla proposta di un sistema
federale sul modello svizzero, fondato sull’uguaglianza tra greci e turchi,
accettato sia dal governo di Atene sia da quello di Ankara. Il vice ministro
degli esteri russo, Iuri Fedotov, ha precisato che il veto della Russia è di
carattere tecnico piuttosto che politico e lascia spazio ad aperture future. Il
maggiore partito greco cipriota si è dichiarato oggi contrario al piano di
Annan, così come la maggioranza della popolazione greca dell’isola.
Un gruppo militante saudita, le Brigate di Al Haramain, ha
rivendicato l’attentato di ieri nella capitale saudita, Riad. Il gruppo, che ha
già rivendicato in passato altri attentati nel regno saudita, fa parte della
rete di al Qaeda. L’autobomba, guidata da un kamikaze, è esplosa nel quartiere
governativo della città, ha provocato quattro morti, tra loro un bambino di 11
anni, e oltre 100 feriti. Quello di ieri è stato l’ultimo di una serie di attacchi
che dal maggio scorso hanno colpito l’Arabia Saudita. Servizio di Francesca
Sabatinelli:
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Un palazzo di sette piani di vetro e acciaio sbriciolato
in pochi secondi, colonne di fumo e ambulanze a sirene spiegate. Il pieno
centro della capitale saudita, Riad, sconvolto dall’esplosione: in frantumi i
vetri delle abitazioni nel raggio di molti metri, incendi nei negozi vicini,
decine di auto distrutte. E’ stato un attacco terroristico, conferma il ministero
dell’Interno, al complesso in cui hanno sede i servizi di sicurezza. Tra le
vittime, un colonnello del Dipartimento di pubblica sicurezza ed il direttore
finanziario dello stesso ufficio. L’autobomba è esplosa nei pressi di una
barriera di protezione, proprio davanti al palazzo. L’autista kamikaze aveva
tentato di forzarla e poi, fermato dalla polizia, si è fatto esplodere. Erano
state cinque, nell’ultima settimana, le auto cariche di esplosivo intercettate
dalla polizia che da tempo è impegnata nella battaglia contro i terroristi.
Guido Olimpio, esperto di questioni mediorientali del Corriere della Sera.
R. – Si tratta di un programma ben preciso. E’ ormai
chiaro che al Qaeda e altri gruppi hanno scelto il territorio saudita come il
campo di battaglia principale, anche perché hanno molti appoggi e quindi
insistono su questo territorio. Ci sono poi i vari giochi di potere, i rapporti
sempre difficili tra Osama e il resto della famiglia reale. Ritengo che operino
in Arabia Saudita perché rappresenta il punto più debole e il punto dove hanno
maggiori consensi.
Il principe ereditario Abdullah aveva dichiarato che il
suo Paese resta deciso a perseguire i terroristi. Molte le operazioni negli
ultimi tempi contro islamici ritenuti affiliati di al Qaeda. Tra gli arresti
eseguiti, anche i presunti responsabili dell’attentato del maggio scorso,
sempre a Riad, dove erano morte 52 persone. Era stato rivendicato
dall’organizzazione di Osama Bin Laden.
Il presidente della Commissione europea, Romano Prodi, è a
Mosca con un’importante delegazione per un vertice informale sull'intero
processo di sviluppo delle relazioni con la Russia. In particolare, si cercano
intese per superare le conseguenze dell’allargamento dell’Ue e portare avanti
il negoziato per l’adesione di Mosca all’Organizzazione mondiale del lavoro. La
rappresentanza della Commissione europea a Mosca ha ricordato che Bruxelles
vuole anche “maggiore cooperazione sulle questioni ambientali”, e “una rapida
ratifica del protocollo di Kyoto”. Prodi avrà colloqui col premier Mikhail
Frandkov e sarà ricevuto al Cremlino
dal presidente Vladimir Putin.
E’ stata una bomba a
provocare l’esplosione stamani di un pullman che stava trasportando
personale militare a Istanbul. L’esplosione, che ha provocato danni lievi, è
avvenuta mentre il mezzo stava attraversando un ponte nel distretto di
Kucukcekmece, già colpito da devastanti attentati nel novembre scorso.
Continua
in India la maratona elettorale per la legislative. Oggi è chiamato alle urne
il piccolo Stato di Manipur, nel nord-est del Paese, dove è alto l’allarme per
paura di attacchi da parte dei ribelli separatisti. Si tratta di un processo
elettorale a tappe che tiene mobilitato però per tutto il periodo tutto il Paese,
come spiega da New Delhi Maria Grazia Coggiola:
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E’ ormai febbre elettorale in India. Dopo il primo round
di martedì, per eleggere 140 parlamentari su un totale di 543, il clima è
effervescente tra i due maggiori partiti: il Bjp del premier Atal Behari
Vajpayee e il Congresso guidato dall’italiana Sonia Gandhi. Oggi lo scontro si
sposta in Manipur, piccolo Stato al confine con il Myanmar, dove è attiva la
guerriglia maoista e dove nel ’99 ha vinto il partito comunista, che è la terza
forza politica in India. Dopo la prima fase che, secondo gli exit polls, vede
in vantaggio la coalizione di governo, entrambi i partiti sono concentrati sul
26 aprile, seconda giornata di voto. Secondo gli analisti questa fase è cruciale
perché interessa due mega Stati del Nord, il Bihar e l’Uttar Pradesh, che da
soli rappresentano un quarto del Parlamento indiano.
Da New Dehli, per la Radio Vaticana, Maria Grazia
Coggiola.
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Primo caso sospetto di Sars a
Pechino dallo scorso anno. Lo ha reso noto, oggi, il ministero della Salute
cinese, citato dall’agenzia di stampa Nuova Cina. I primi casi di polmonite
atipica nel Paese asiatico furono riscontrati alla fine del 2002 nella
provincia del Guangdong, coinvolgendo 8mila persone e uccidendone circa 800 in
trenta regioni della Cina.
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