RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVIII n. 113 - Testo della trasmissione di giovedì 22 aprile 2004

 

Sommario

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Oggi dal Papa il presidente del parlamento austriaco, Andreas Khol

 

20 anni fa Giovanni Paolo II consegnava ai giovani la Croce delle Giornate Mondiali della Gioventù esortandoli ad annunciare che solo in Cristo morto e risorto c’è salvezza e redenzione: ai nostri microfoni mons. Stanislao Rylko

 

La laica portoghese Alessandrina Maria da Costa tra i nuovi beati che saranno proclamati domenica prossima da Giovanni Paolo II: una donna che ha vissuto le grandi sofferenze della sua vita in unione con la Passione di Cristo: intervista con il cardinale José Saraiva Martins

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

La Conferenza dei Paesi islamici condanna l’appoggio dato dal presidente Bush al piano israeliano di ritiro da Gaza: con noi Camille Eid

 

Unione Europea: speranza e responsabilità: i vescovi del continente s’interrogano da oggi a Santiago di Compostela, in Spagna, dove sono convenuti fedeli di oltre 20 paesi

 

Presentata a Roma la manifestazione ecumenica internazionale “Insieme per l’Europa, in programma l’8 maggio a Stoccarda

 

CHIESA E SOCIETA’:

Aperti i lavori della 77.ma Assemblea plenaria della Conferenza episcopale del Messico

 

Il governo Blair è responsabile della perdita di credibilità del sistema politico britannico. A lanciare l’accusa, l’arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams

 

Nuove violenze dell’Esercito angolano contro i rifugiati congolesi, impiegati come minatori nel nord dell’Angola

 

L’abrogazione della sezione 55 della nuova legge sull’immigrazione è stata richiesta dai vescovi britannici, poiché troppo penalizzante per i rifugiati nel Regno Unito

 

A Roma si torna nel passato con la scuola di latino per stranieri

 

24 ORE NEL MONDO:

Proseguono gli attacchi in Iraq: ucciso un civile straniero a Baghdad. Salgono ad oltre 70 i morti dell’attentato a Bassora. Rilasciati due ostaggi svizzeri. E sui tre ostaggi italiani Berlusconi afferma: tempi più lunghi del previsto per la liberazione.

 

Appello del presidente Ciampi a riprendere il dialogo con i Paesi arabi.

 

Prodi a Mosca   per un vertice informale sullo sviluppo delle relazioni tra Unione Europea e Russia.

 

Le truppe israeliane uccidono un ragazzo palestinese e tre militanti delle Brigate dei martiri di al Aqsa.

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

22 aprile 2004

 

UDIENZE

 

Il Papa ha ricevuto oggi in udienza in Vaticano il presidente del Parlamento austriaco, Andreas Khol, con la consorte e il seguito; il presidente della Conferenza episcopale degli Stati Uniti mons. Wilton Daniel Gregory, con mons. William Stephen Skylstad e mons. William P. Fay, rispettivamente vice-presidente e segretario generale della stessa Conferenza episcopale; quindi il Papa ha ricevuto l’arcivescovo di Barcellona, cardinale Ricardo María Carles Gordó.

 

 

20 ANNI FA GIOVANNI PAOLO II CONSEGNAVA AI GIOVANI

LA “CROCE DELLE GIORNATE MONDIALI DELLA GIOVENTU’,

ESORTANDOLI AD ANNUNCIARE CHE SOLO IN CRISTO MORTO E RISORTO

C’E’ SALVEZZA E REDENZIONE

- Intervista con l’arcivescovo Stanislao Rylko -

 

20 anni fa, il 22 aprile del 1984, al termine dell’Anno Santo della Redenzione, Giovanni Paolo II consegnava ai giovani a Roma la Croce delle Giornate Mondiali della Gioventù. Da allora la Croce delle Gmg ha fatto il giro del mondo passando per Buenos Aires, Santiago de Compostela, Czestochowa, Denver, Manila, Toronto e attualmente sta pellegrinando attraverso la Germania in attesa della Giornata Mondiale della Gioventù che si svolgerà a Colonia nel 2005. Oggi alle 17.00 presso il Centro internazionale Giovanile San Lorenzo a Roma avrà luogo un momento commemorativo dell’anniversario organizzato dal Pontificio Consiglio per i Laici. Al riguardo Giovanni Peduto ha intervistato il presidente di questo dicastero, l’arcivescovo Stanislao Rilko:

 

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R. – Chi vuol comprendere il significato più profondo delle Giornate Mondiali della Gioventù deve tornare a quel momento che concludeva il Giubileo straordinario della Redenzione: in quel gesto profetico si trova la vera origine delle Giornate Mondiali della Gioventù. Vent’anni fa Giovanni Paolo II rivolgendosi ai giovani diceva: “Affido a voi la Croce di Cristo! Portatela nel mondo come segno dell’amore del Signore Gesù per l’umanità e annunciate a tutti che solo in Cristo morto e risorto c’è salvezza e redenzione”. Con questa consegna, il Papa ha voluto dare ai giovani un punto di riferimento forte: la Croce di Cristo! Una croce spoglia, semplice e forse per questo così eloquente nel suo messaggio. Intorno a questa Croce sono nate le Giornate mondiali della gioventù. Questa Croce le ha accompagnate tutte, percorrendo le strade del mondo e attraversando tutti i continenti!

 

D. – Cosa può rappresentare la Croce delle GMG per i giovani?

 

R. – Mediante questa Croce Giovanni Paolo II ci ricorda che nella formazione dei giovani bisogna ritornare all’essenziale ritrovando il coraggio di annunciare Cristo nel cuore del suo mistero, cioè la sua Croce e la sua risurrezione. Osare proporre ai giovani la Croce di Cristo è la grande sfida della pastorale odierna. Non si può attenuare il messaggio evangelico nell’illusione di renderlo più “comprensibile” alle giovani generazioni: i giovani vogliono incontrare e conoscere il vero Cristo, colui che per amore dell’uomo non ha esitato a prendere la sua Croce. In questo momento la Croce ha iniziato il pellegrinaggio attraverso le diocesi tedesche per preparare i giovani alla Gmg di Colonia, che si celebrerà nel 2005. Di nuovo i giovani sono chiamati a confrontarsi con la Persona di Cristo e con la sua Croce che continua a interrogarci: “E voi chi dite che io sia…”. Proprio in questo confronto sta la chiave del successo di tutta l’azione pastorale della Chiesa.

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 NOMINE

 

Giovanni Paolo II ha nominato oggi i seguenti rappresentanti pontifici:

 

nunzio  apostolico in Madagascar e nelle Seychelles e delegato apostolico nelle Isole Comore e a La Réunion, mons. Augustine Kasujja, arcivescovo titolare di Cesarea di Numidia, finora nunzio apostolico in Algeria e in Tunisia;

nunzio apostolico in Algeria e in Tunisia, mons. Thomas Yeh Sheng-nan, arcivescovo titolare di Leptis Magna, finora nunzio apostolico in Sri Lanka;

nunzio apostolico in Ucraina, mons. Ivan Jurkovič, arcivescovo titolare di Corbavia, finora nunzio apostolico in Bielorussia.

 

Inoltre il Pontefice ha nominato vescovo di Viseu, in Portogallo, mons. António Augusto dos Santos Marto, finora vescovo titolare di Bladia e ausiliare di Braga.

 

Il Santo Padre ha quindi accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Faro, sempre in Portogallo, presentata da mons. Manuel Madureira Dias, in conformità al can. 401 § 2 del Codice di Diritto Canonico, e al suo posto ha nominato mons. Manuel Neto Quintas, finora vescovo titolare di Elicroca e ausiliare della medesima diocesi.

 

Il Pontefice ha poi accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Portalegre-Castelo Branco, ancora in Portogallo, presentata da mons. Augusto César Alves Ferreira da Silva, in conformità al can. 401 §2 del Codice di Diritto Canonico, e al suo posto ha nominato mons. José Francisco Sanches Alves, finora vescovo titolare di Gerpiniana e ausiliare di Lisbona.

 

 

ALESSANDRINA MARIA DA COSTA TRA I NUOVI BEATI DI DOMENICA PROSSIMA:

HA VISSUTO UNA VITA DI GRANDI SOFFERENZE

IN UNIONE CON LA PASSIONE DI CRISTO

- Intervista con il cardinale José Saraiva Martins -

 

Proseguiamo anche oggi a tratteggiare le figure dei servi di Dio che domenica prossima Giovanni Paolo II proclamerà beati. Oggi parliamo di Alessandrina Maria da Costa, laica portoghese, cooperatrice salesiana, vissuta nella prima metà del 1900. Ascoltiamo in proposito il cardinale José Saraiva Martins, prefetto della Congregazione delle cause dei santi, intervistato da Giovanni Peduto:

 

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R. – Alessandrina Maria da Costa nasce il 30 marzo 1904 a Balasar in Portogallo. E’ una piccola contadina, vivace, scherzosa, affettuosa. A 14 anni salta dalla finestra nel giardino per salvare la sua purezza minacciata. Nel corso degli anni il danno riportato nella caduta si trasforma in paralisi totale, per cui rimane inchiodata a letto per oltre trent’anni. Si offre come vittima a Cristo per la conversione dei peccatori e per la pace nel mondo. Per quattro anni (1938-1942) rivive la passione di Cristo tutti i venerdì per tre ore. Dal 27 marzo 1942 alla morte (13 anni e sette mesi) non ingerisce più alcuna bevanda né alimento di sorta, all’infuori della comunione quotidiana. Guidata dal suo direttore spirituale, diventa cooperatrice salesiana, offrendo le sue sofferenze per la salvezza della gioventù. Muore a Balasar il 13 ottobre 1955, dove è sepolta e dove si recano folle di pellegrini.

 

D. – Qual è stata la sua santità?

 

R. – Alessandrina è una figura esemplare, nella sua semplicità e autenticità. Molte volte prevalgono, anche in chi crede, sentimenti di scoraggiamento, di apatia, di disinteresse, insieme alla ricerca di surrogati ed evasioni. Alessandrina offre con la sua vita uno stimolo, una motivazione per nobilitare – soprattutto presso i giovani – ciò che la vita presenta di doloroso, di triste. Il suo amore all’Eucaristia e alla Madonna e la sua vita interiore, giunta ai livelli più alti della mistica, raccomandano a tutti il “programma” della santità, che è Cristo stesso, da conoscere, amare.

 

D. – Ha avuto uno speciale rapporto con l’Eucaristia?

 

R. – Fino al 1928, Alessandrina non aveva smesso di chiedere al Signore, mediante l’intercessione della Madonna, la grazia della guarigione, promettendo che, se fosse guarita, sarebbe andata missionaria. Ma appena capì che la sofferenza era la sua vocazione, l’abbracciò con prontezza. Diceva: ‘Nostra Signora mi ha fatto una grazia ancora maggiore. Prima la rassegnazione, poi la conformità completa alla volontà di Dio, ed infine il desiderio di soffrire’. Risalgono a questo periodo i primi fenomeni mistici, quando Alessandrina iniziò una vita di grande unione con Gesù. Un giorno in cui si trovava sola, le venne improvvisamente questo pensiero: ‘Gesù, tu sei prigioniero nel Tabernacolo ed io nel mio letto per tua volontà. Ci faremo compagnia’. Da allora cominciò la sua missione: essere come la lampada del Tabernacolo. Passava le sue notti come pellegrinando di Tabernacolo in Tabernacolo. In ogni Messa    si offriva a Dio come vittima per i peccatori, insieme a Gesù.

 

D. – Ha propagato il culto al Cuore Immacolato di Maria?

 

R. – Alessandrina fu scelta misteriosamente dal Signore perché divenisse apostola della consacrazione del mondo al Cuore Immacolato di Maria. Il 31 ottobre 1942, Pio XII fece l’atto di consacrazione in lingua portoghese, e lo ripeterà in lingua italiana l’8 dicembre. Nella formula di consacrazione, il Pontefice usa i titoli familiari ad Alessandrina: ‘Regina del mondo, Regina della pace, Signora della Vittoria, cioè Vincitrice delle grandi battaglie, Madre dell’universo’.

 

D. – Qual è il messaggio di Alessandrina per gli uomini di oggi?

 

R. – Nella chiesa di Balasar, dove oggi – in una cappella laterale – riposa il corpo di Alessandrina, si leggono queste parole da lei volute: ‘Peccatori, se le ceneri del mio corpo possono essere utili per salvarvi, avvicinatevi, passatevi sopra, calpestatele fino a che spariscano. Ma non peccate più; non offendete più il nostro Gesù!’. E’ la sintesi della sua vita, spesa esclusivamente per salvare le anime.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

“Una ferocia che scuote il mondo” è il titolo che apre la prima pagina, con riferimento alla strage di ieri a Bassora. Kofi Annan chiede una forza multinazionale ma esclude l’impiego dei “caschi blu”. 

 

Nelle vaticane, l’omelia di mons. Antonio Napoletano, redentorista, vescovo di Sessa Aurunca, nella concelebrazione eucaristica in suffragio del confratello padre Ambrogio Freda, morto alla veneranda età di 94 anni. 

Una pagina dedicata alle Lettere pastorali dei vescovi italiani.

 

Nelle estere, riguardo al Medio Oriente un articolo dal titolo “Territori palestinesi: la violenza quotidiana stride con i piani di ritiro giudicati ‘storici’”.

 

Nella pagina culturale, un articolo di Massimiliano Porzia dal titolo “Cavie umane per plasmare il ‘perfetto sovietico’”: in un volume la tragica testimonianza di Jacques Rossi, rinchiuso per venti anni in vari Gulag. 

 

Nelle pagine italiane, in primo piano la crisi irachena con particolare riferimento alla vicenda dei tre ostaggi italiani.

 

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

22 aprile 2004

 

I PAESI ISLAMICI DELL’OCI CRITICANO L’APPOGGIO AMERICANO

AL PIANO PER IL RITIRO ISRAELIANO DA GAZA

- Intervista con Camille Eid -

 

L'appoggio americano al piano israeliano di ritiro dalla Striscia di Gaza è una decisione “infelice”, che “contraddice la Road Map” e può “pregiudicare il processo di pace” in Medio Oriente. Questa la dura condanna espressa oggi dai Paesi aderenti all’Organizzazione della conferenza islamica (Oci), riuniti a Putrajaya, in Malaysia. In un vertice d’urgenza chiesto dal leader palestinese Arafat, 13 dei 57 Paesi membri dell’Oci - guidati dal presidente di turno dell’Organizzazione, il premier malaysiano Abdullah Ahmad Badawi - hanno esaminato la situazione in Medio Oriente, giudicandola “estremamente allarmante” e chiedendo all’Amministrazione Bush di tornare sui propri passi. La riunione giunge dopo che la scorsa settimana a Washington il presidente statunitense Bush, incontrando il premier israeliano Sharon, ha approvato il piano dello stesso primo ministro che prevede di abbandonare unilateralmente avamposti militari e insediamenti nella Striscia di Gaza e di lasciare quattro insediamenti ebraici in Cisgiordania. Proprio stamani Sharon ha giudicato la decisione di Bush come ''un successo senza precedenti'' per Israele. Ma perché ora è giunta la netta presa di posizione dell’Oci? Giada Aquilino lo ha chiesto a Camille Eid, editorialista del quotidiano “Avvenire”:

 

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R. – Sarei rimasto sorpreso se da parte dell’Oci non ci fosse stata una condanna, perché l’appoggio di Bush al ritiro israeliano dalla Striscia di Gaza ha suscitato un’ondata di proteste in tutto il mondo arabo islamico. La Lega araba ha condannato questa decisione americana e quanto detto ora dall’Oci va ad allinearsi con la posizione della Lega araba.

 

D. – Secondo alcuni Paesi islamici, il piano Sharon contrasta con la Road Map. Perché?

 

R. – Il piano Sharon presenta dei punti positivi, come il ritiro da Gaza e lo smantellamento di alcune colonie. I punti negativi, però, sono eclatanti, nel senso che il premier chiede di mantenere le colonie in Cisgiordania e poi chiede ai palestinesi di rinunciare al diritto del ritorno, cioè prevede l’eliminazione pura e semplice della questione dei profughi. La posizione di Bush, di appoggio al piano Sharon, ha suscitato una dura reazione dei Paesi dell’Unione Europea, esclusa la Gran Bretagna, ma anche della Russia e dell’Onu: Kofi Annan si è espresso contro questa decisione. Quindi, non sono soltanto i Paesi islamici ad essere contro l’appoggio americano a Sharon: il piano israeliano viene giudicato come contrario alla Road Map, approvata dal Quartetto.

 

D. – Che ripercussioni avrà questa riunione dell’Oci sulle strategie israeliane - dopo l’uccisione dei leader di Hamas, Yassin e Rantisi - e sugli attacchi dell’estremismo palestinese?

 

R. – Tutte queste risoluzioni hanno solo un effetto psicologico. Ma sul terreno non cambierà nulla.

 

D. – L’Oci ha invitato gli Usa a sostenere una nuova risoluzione per un ruolo chiave dell’Onu in Iraq. Che ruolo potranno avere i Paesi islamici, per esempio, in una forza delle Nazioni Unite per il mantenimento della pace in Iraq?

 

R. – Tutti i Paesi arabi islamici hanno rifiutato di mandare loro contingenti in Iraq perché mancava - e manca tuttora - una legittimità da parte dell’Onu. Quindi un’eventuale risoluzione da parte delle Nazioni Unite potrebbe favorire un coinvolgimento di tali Paesi. E penso che sarebbe utile in questo caso, vista l’ostilità di alcune fazioni contro le truppe americane. Potrebbe essere un’alternativa a quello che si sta vivendo attualmente in Iraq.

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UNIONE EUROPEA: SPERANZA E RESPONSABILITA’: I VESCOVI DEL CONTINENTE S’INTERROGANO DA OGGI A SANTIAGO DI COMPOSTELA, IN SPAGNA,

 DOVE SONO CONVENUTI FEDELI DI OLTRE 20 PAESI

- Servizi di Roberta Gisotti e Umberto Folena -

 

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Una settimana di eventi in cammino verso Santiago di Compostela per celebrare l’Europa unita e testimoniare il sostegno della Chiesa al processo di integrazione: trecento pellegrini, accompagnati da circa quaranta vescovi, in rappresentanza di 25 Paesi dell’Unione Europea allargata, sono partiti sabato scorso da Madrid “sulla strada della speranza”, percorrendo ogni giorno una decina di chilometri e toccando luoghi cari alla memoria cristiana europea, come il monastero di Santo Domingo de Silos, le cattedrali di Burgos e Leon, La Cruz de Ferro e infine il monte Gozo. Hanno pregato insieme e scambiato esperienze ed opinioni sul presente e futuro dell’Europa. Con loro personalità politiche rappresentanti di comunità e associazioni religiose, esponenti di altre confessioni cristiane. Ed oggi l’apertura a Santiago del Congresso della Comece, ovvero la Commissione degli Episcopati della Comunità Europea, imperniato sull’Esortazione postsinodale “Ecclesia in Europa”, dove i cattolici sono invitati ad approfondire il pensiero teologico ed etico per la costruzione di un’Europa aperta ed accogliente. Ma quale sarà la prima missione della nuova Europa a 25 che vedrà la luce il prossimo primo maggio: “non c’è dubbio, promuovere la pace”, dichiara il vescovo svizzero  Amédée  Graab, presidente del Consiglio delle Conferenze episcopali europee, intervistato oggi dal quotidiano “Avvenire”. Sottolinea il presule che vi sono due priorità : primo, realizzare “una maggiore giustizia, soprattutto sul piano economico, perché solo con la giustizia è possibile costruire la pace”; secondo, praticare “la fraternità, la fratellanza vissuta”. Ma ascoltiamo la cronaca di questa prima giornata dei lavori dalla voce di Umberto Folena, inviato dell’ “Avvenire”:

 

A pochi giorni dall’allargamento dell’Europa i rappresentanti delle Chiese di tutti i 25 Paesi della futura Unione sono riuniti a Santiago de Compostela: presenti numerosi vescovi e il cardinale Attilio Nicora, che ha presieduto la celebrazione eucaristica in cattedrale, tutti convocati dalla Comece, la Commissione Episcopale della Comunità Europa, a tema il suo documento “Apriamo i nostri cuori”, in via di elaborazione, e naturalmente la Carta costituzionale europea, a partire dall’articolo 51. Per l’arcivescovo di Clermont, vice presidente della Comece, fra le certezze del documento deve esserci l’apertura alla più completa integrazione europea, sapendo che si sono già compiuti due miracoli. Il primo, con la Comunità Carbone e Acciaio, fu il miracolo del perdono e della riconciliazione tra la Germania e i suoi vicini occidentali; il secondo, è quello attuale, nella ricongiunzione pacifica dell’Europa. Nessuno nega che regolare i rapporti con le Chiese in un’Europa varia, con tanti popoli e tanti Stati dalle storie e culture diverse, è tutt’altro che semplice. Per il secondo oratore della giornata, il prof. Peter Serracino-Inglott, ex rettore dell’Università di Malta, e unico sacerdote presente nella Convenzione, una formula pan europea non esiste e situazioni varie esigono soluzioni varie, con il presupposto della libertà profetica della Chiesa. Qualunque soluzione dovrà promuovere libertà, non gabbie. Il Convegno si conclude venerdì con gli interventi dell’arcivescovo di Madrid, il cardinale Antonio Maria Rouco Varela, e dell’abate Notker Wolf, primate dei benedettini.

 

Da Santiago de Compostela, per la Radio Vaticana, Umberto Folena.

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PRESENTATA A ROMA LA MANIFESTAZIONE ECUMENICA INTERNAZIONALE

“INSIEME PER L’EUROPA” IN PROGRAMMA L’8 MAGGIO A STOCCARDA

 

E’ stata presentata a Roma “Insieme per l’Europa” la grande manifestazione internazionale che coinvolge oltre 150 movimenti, comunità e gruppi cattolici, evangelici, ortodossi ed anglicani in programma per l’8 maggio a Stoccarda, in Germania. Il servizio è di Stefano Leszczynski.

 

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Alla vigilia dello storico allargamento dell’Unione europea a 10 nuovi Paesi dell’Est e del Sud del continente la Comunità di Sant’Egidio, il Movimento dei Focolari ed i responsabili dei movimenti e comunità evangelici di Germania promuovono l’iniziativa “Insieme per l’Europa” che culminerà l’8 maggio al Palasport di Stoccarda con la presenza di oltre 10 mila persone. La manifestazione ha lo scopo di concorrere a dare un anima alla costruzione della nuova Europa, unita nella diversità. Un’Europa, quindi, che attui la sua vocazione universale alla pace e all’unità fra i popoli. La manifestazione verrà seguita in collegamento satellitare con convegni contemporanei in oltre 140 città europee, da Lisbona a Mosca, da Belfast a Malta. “Insieme per l’Europa” rappresenta un cammino iniziato in ambito evangelico già nel 1969. Da parte di tutti i partecipanti è stato sottolineato come questo incontro serva a dare una reale unità all’Europa, tale da creare uno spirito di pace e di fraternità all’interno dell’Unione. Una condizione essenziale per riaffermare le radici cristiane dell’Europa ed esportare la cultura della pace in tutte le aree di crisi nel mondo.

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CHIESA E SOCIETA’

22 aprile 2004

 

AUTOCRITICA PER L’“INEFFICACE AZIONE PASTORALE DELLA CHIESA”

 E’ STATA ESPRESSA DA MONS. JOSE’ GUADALUPE MARTIN RABAGO,

PRESIDENTE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE MESSICANA, IN APERTURA DEI LAVORI

 DELLA 77.MA ASSEMBLEA PLENARIA, LUNEDI’ SCORSO A LAGO DE GUADALUPE

- A cura di Dorotea Gambardella -

 

CITTA’ DEL MESSICO. = Parlando dei documenti pastorali, della loro diffusione e della loro applicazione in un Paese che, ad oggi, è il secondo al mondo per numero di cattolici,  mons. Rabago ha detto che l’azione pastorale “non è stata efficace, né tanto meno proficua e che sia i sacerdoti, sia i laici, hanno fatto poco per mettere in pratica i progetti riguardanti tutti gli aspetti della vita del Messico”. Il presule si è soffermato anche sulle condizioni in cui versa il Paese latinoamericano, “segnato da oltre 40milioni di poveri e afflitto da una corruzione dilagante”. “In tale contesto – ha sottolineato - la Chiesa continua ad essere l’istituto che raccoglie maggiori consensi tra i 104 milioni di messicani residenti e i dieci milioni che vivono negli Stati Uniti”. Da qui l’appello del presidente della Conferenza episcopale messicana affinché i documenti diventino funzionali soprattutto nei settori dove prevale l’indifferenza e l’analfabetismo religioso, poiché “i mutamenti culturali in atto e la globalizzazione esigono una Chiesa intelligente”. Intanto, sul fronte immigrazione, il vescovo di San Cristobal de las Casas, mons. Felipe Arizmendi Esquivel, ha lanciato un appello alle autorità messicane affinché vengano rispettati e tutelati i diritti delle migliaia di stranieri che entrano illegalmente nel Paese. A pochi giorni dalla tragica morte dei cinque guatemaltechi e dei due salvadoregni, a causa dell’affondamento del natante sul quale viaggiavano, il presule ha ribadito che “gli immigrati non sono delinquenti, ma persone che lasciano la propria terra per necessità e per fame”.

 

 

IL GOVERNO BLAIR E’ RESPONSABILE DELLA PERDITA DI CREDIBILITA’

 DEL SISTEMA POLITICO BRITANNICO. A LANCIARE L’ACCUSA,

L’ARCIVESCOVO DI CANTERBURY, ROWAN WILLIAMS

 

LONDRA. = Una dura critica è stata espressa dall’arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams, contro il governo laburista di Tony Blair, accusato di essere responsabile della perdita di credibilità del sistema politico britannico nell’opinione pubblica. Il dottor Williams, primate della comunione anglicana nel mondo, sin dal suo insediamento a febbraio non ha risparmiato critiche all’attuale amministrazione, limitandole, però, finora ad una ferma condanna dell’intervento armato in Iraq. In particolare, ha deplorato lo stile e la condotta tenuti dall’esecutivo laburista durante tutta la vicenda dei dossier fasulli dei servizi segreti sul potenziale offensivo di Saddam Hussein; nel suicidio dello scienziato del ministero della Difesa, David Kelly; nelle dichiarazioni sulle armi proibite irachene mai trovate. In un sermone nella Chiesa di St. Benet, a Cambridge, l’arcivescovo ha fatto presente che “l’indebolimento della fiducia nel sistema politico del Paese” può essere recuperato da un’ammissione dell’errore da parte dell’esecutivo. Pronta la replica giunta da Downing Street, residenza ufficiale di Tony Blair: “Il punto di vista dell’arcivescovo di Canterbury sulla guerra in Iraq – ha dichiarato un portavoce del premier - è noto e non vi è, quindi, altro da aggiungere a quanto già detto in passato”. (D.G.)

 

 

NUOVE VIOLENZE DELL’ESERCITO ANGOLANO CONTRO I RIFUGIATI CONGOLESI,

IMPIEGATI COME MINATORI NEL NORD DELL’ANGOLA. A DENUNCIARLE, L’ORGANIZZAZIONE NON GOVERNATIVA, MEDICI SENZA FRONTIERE  

 

LUANDA. = Un team di Medici senza frontiere, presente nella Repubblica Democratica del Congo, ha ricevuto nuove notizie sulle violenze perpetrate contro i congolesi impiegati come minatori nelle zone diamantifere del nord dell’Angola, dove da alcune settimane è in corso una campagna di espulsioni forzate. All’ospedale della città di Kamonia, nell’area sudoccidentale dell’ex-Zaire, il personale di Msf ha raccolto diverse testimonianze di rifugiati congolesi, secondo i quali le forze angolane avrebbero circondato una miniera a Kaninda, nel nord dell’Angola, per quattro giorni, lasciando le persone all’interno senza acqua né cibo. Dopo aver fatto irruzione nella zona, sempre secondo i testimoni, i militari avrebbero separato i minatori dalle proprie famiglie, sottoponendo gli uomini a torture con fuoco e machete e le donne a violenze sessuali. “In base alle informazioni ricevute, i casi di almeno altre cinque miniere confermerebbero che quello di Kaninda non è un episodio isolato”, ha detto all’agenzia Misna il capo della missione di Msf nella Repubblica Democratica del Congo, Alain Decoux. Da altri racconti, al momento ancora non accertati, è emersa l’esistenza di vere e proprie prigioni per i minatori nelle località di Kakanda e Lukapa. Si tratterebbe di accampamenti circondati da mine anti-uomo per evitare che i circa duemila detenuti possano scappare. A completare il quadro di questa gravissima violazione dei diritti umani si aggiungono anche testimonianze sull’uso dei civili come “scudi umani” in quelle aree dove l’esercito dell’Angola è spesso coinvolto in scontri con i ribelli delle “Tigri” per il controllo delle risorse minerarie. (D.G.)

 

 

L’ABROGAZIONE DELLA SEZIONE 55 DELLA NUOVA LEGGE SULL’IMMIGRAZIONE

E’ STATA RICHIESTA DAI VESCOVI BRITANNICI, POICHE’ TROPPO PENALIZZANTE

 PER I RIFUGIATI NEL REGNO UNITO, TROPPO SPESSO COSTRETTI A VIVERE

 IN CONDIZIONI AI LIMITI DELLA SUSSISTENZA

 

LONDRA. = Abrogare la Sezione 55 della nuova legge sull’immigrazione, poiché troppo penalizzante per i rifugiati. È quanto hanno richiesto i vescovi britannici. La normativa, introdotta nel 2002, stabilisce che per poter usufruire dei benefici, i richiedenti asilo debbano presentare la loro domanda appena giunti in Gran Bretagna, pena la privazione di qualsiasi assistenza e il divieto di lavorare nel Paese. La disposizione sta producendo effetti drammatici. Secondo i dati forniti dallo stesso Ministero degli Interni britannico, infatti, più di 7.500 immigrati vivono ai limiti della sussistenza, senza un tetto e in condizioni psico-fisiche precarie, supportati solo dalle strutture caritative della Chiesa. Della questione hanno discusso, lunedì scorso, mons. Patrick O’Donoghue, presidente dell’Ufficio per la Politica dei Rifugiati della Conferenza episcopale dell’Inghilterra e del Galles, e mons.  John Aloysius Mone, presidente della Commissione Giustizia e Pace della Conferenza episcopale scozzese. Al termine dell’incontro, i due presuli hanno diffuso una dichiarazione in cui si legge: “Alla luce del messaggio cristiano di giustizia e pace per tutti, soprattutto per i perseguitati, il Governo deve abolire la Sezione 55. Il nostro sistema - aggiungono i vescovi - deve riconoscere che la ricerca di asilo è un diritto umano fondamentale garantito dalla giurisdizione internazionale”. (D.G.)

 

 

A ROMA SI TORNA NEL PASSATO CON LA SCUOLA DI LATINO PER STRANIERI. L’INIZIATIVA, PROMOSSA DALL’ASSOCIAZIONE “IL REGNO DI CAMELOT”, PREVEDE,

OLTRE AI CORSI DI LINGUA, ANCHE LA DEGUSTAZIONE DI SPECIALITÀ CULINARIE

 E SPIEGAZIONI SULLA STORIA DELL’URBE

    

ROMA. = L’associazione “Il Regno di  Camelot”, con il patrocinio della Regione Lazio, ha presentato, nei giorni scorsi a Roma, un progetto culturale, unico nel suo genere, denominato “Latinum: il latino facile, veloce e divertente”. L’iniziativa è stata finanziata lo scorso anno grazie all’intervento dell’assessore alla Cultura della Provincia di Roma, Paola Guerci. Si tratta della prima scuola di latino per stranieri e per appassionati della Roma antica, i cui corsi sono stati ideati per far apprendere ai turisti, in poche ore, i rudimenti di questa lingua classica come numeri, frasi celebri ed etimologia di parole tuttora di uso corrente. Non solo, agli iscritti verrà offerta anche l’opportunità di gustare piatti tipici. Inoltre alle lezioni di latino, totalmente gratuite, saranno abbinate anche sintetiche spiegazioni relative alla storia, al diritto, all’arte e agli usi e costumi degli antichi romani. (G.L.)

 

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24 ORE NEL MONDO

22 aprile 2004

- A cura di Fausta Speranza e Giovanni Lanza -

 

Dopo i tragici attentati perpetrati ieri a Bassora, anche oggi l’odio e la violenza hanno colpito l’Iraq dove un civile, probabilmente un francese e non uno spagnolo come riferito in un primo momento dalle agenzie di stampa - è stato ucciso, questa mattina, a Baghdad. Negli Stati Uniti crescono, intanto, i timori per altre defezioni nella coalizione presente nel Paese arabo. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

 

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Dopo la morte, la scorsa notte, di cinque persone è salito a 73 vittime - tra cui 17 bambini che stavano andando a scuola a bordo di due minibus - il drammatico bilancio degli attentati kamikaze che ieri hanno devastato la città di Bassora, nel Sud dell’Iraq. In questo drammatico scenario si deve anche aggiungere l’uccisione, questa mattina, di uno straniero, probabilmente un francese, in seguito ad un agguato avvenuto nel quartiere settentrionale di Adhamiya. Sulla situazione dello Stato arabo, il presidente americano, George  Bush, ha ammesso che la lotta per la libertà in Iraq sta vivendo “tempi difficili” e ha ribadito il proprio rammarico per lo sfaldamento della coalizione, dopo il recente ritiro dei contingenti di Spagna, Honduras e Repubblica Dominicana. A questi Paesi si potrebbe aggiungere, in futuro, anche la Polonia che sta pensando, in accordo con Bush, di richiamare le sue truppe. Al capo di Stato americano il primo ministro giapponese, Junichiro Koizumi, ha rivolto oggi, un appello pubblico “affinché compia maggiori sforzi per rafforzare il ruolo dell’Onu e ottenere una più estesa cooperazione internazionale al processo di ricostruzione politica ed economica dell’Iraq”.  Ma proprio a causa del deteriorarsi delle condizioni di sicurezza, alcune compagnie straniere - che sono riuscite a firmare contratti per la ricostruzione dell’Iraq – hanno deciso di lasciare il Paese. Sulla sorte degli ostaggi in mano alla guerriglia irachena si deve infine registrare una buona notizia: sono infatti stati rilasciati, questa mattina, due svizzeri recentemente rapiti da un gruppo sconosciuto. Ed un cauto ottimismo continua a caratterizzare la vicenda degli italiani sequestrati in Iraq. Il primo ministro italiano, Silvio Berlusconi, ha dichiarato che nessun intoppo sta ostacolando le trattative per la loro liberazione. “Ma i  tempi per il rilascio – ha detto - si stanno rivelando più lunghi del previsto; c’è un rallentamento”.

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E riferendosi ai drammatici avvenimenti in Iraq, il presidente della Repubblica italiana Carlo Azeglio Ciampi - in visita di Stato in Lettonia - ha evidenziato l’importanza del dialogo con i Paesi arabi. “Noi abbiamo sempre praticato – ha detto Ciampi - il dialogo con gli Stati arabi, con i Paesi islamici che vivono a poca distanza dall’Italia e vogliamo che questo dialogo sia costruttivo nell’interesse di tutti”. “L’Unione Europea - ha proseguito - può fare molto di più nei Balcani, in Medio Oriente, in Iraq. In quest'ultimo, martoriato Paese, può sviluppare, con voce coraggiosa e unitaria, una capacità di iniziativa coerente con i cruciali problemi della ricostruzione e della promozione della democrazia”.

 

Bet Lahiya, nel Nord della striscia di Gaza, continua a essere, per il terzo giorno di seguito, teatro di scontri tra truppe israeliane e centinaia di manifestanti palestinesi. Questa mattina è rimasto ucciso un ragazzo palestinese.  Le truppe sono entrate a Bet Lahiya per prevenire lanci di razzi Qassam contro insediamenti ebraici nell'area. Nella notte, l'esercito israeliano è entrato nel campo profughi di Rafah, nel sud della striscia di Gaza, distruggendo almeno otto case. All’alba, tre responsabili locali delle Brigate dei martiri di Al Aqsa, gruppo armato legato al Fatah di Yasser Arafat, sono stati uccisi dall’esercito israeliano durante uno scontro a fuoco a Tulkarem.

 

La Russia ha posto il veto al Consiglio di Sicurezza dell’Onu, al piano di riunificazione dell’isola di Cipro, presentato dal segretario generale, Kofi Annan. Il piano sarà sottoposto all’approvazione popolare sabato prossimo con un referendum. Dopo lunghe trattative, si è giunti alla proposta di un sistema federale sul modello svizzero, fondato sull’uguaglianza tra greci e turchi, accettato sia dal governo di Atene sia da quello di Ankara. Il vice ministro degli esteri russo, Iuri Fedotov, ha precisato che il veto della Russia è di carattere tecnico piuttosto che politico e lascia spazio ad aperture future. Il maggiore partito greco cipriota si è dichiarato oggi contrario al piano di Annan, così come la maggioranza della popolazione greca dell’isola.

 

Un gruppo militante saudita, le Brigate di Al Haramain, ha rivendicato l’attentato di ieri nella capitale saudita, Riad. Il gruppo, che ha già rivendicato in passato altri attentati nel regno saudita, fa parte della rete di al Qaeda. L’autobomba, guidata da un kamikaze, è esplosa nel quartiere governativo della città, ha provocato quattro morti, tra loro un bambino di 11 anni, e oltre 100 feriti. Quello di ieri è stato l’ultimo di una serie di attacchi che dal maggio scorso hanno colpito l’Arabia Saudita. Servizio di Francesca Sabatinelli:

 

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Un palazzo di sette piani di vetro e acciaio sbriciolato in pochi secondi, colonne di fumo e ambulanze a sirene spiegate. Il pieno centro della capitale saudita, Riad, sconvolto dall’esplosione: in frantumi i vetri delle abitazioni nel raggio di molti metri, incendi nei negozi vicini, decine di auto distrutte. E’ stato un attacco terroristico, conferma il ministero dell’Interno, al complesso in cui hanno sede i servizi di sicurezza. Tra le vittime, un colonnello del Dipartimento di pubblica sicurezza ed il direttore finanziario dello stesso ufficio. L’autobomba è esplosa nei pressi di una barriera di protezione, proprio davanti al palazzo. L’autista kamikaze aveva tentato di forzarla e poi, fermato dalla polizia, si è fatto esplodere. Erano state cinque, nell’ultima settimana, le auto cariche di esplosivo intercettate dalla polizia che da tempo è impegnata nella battaglia contro i terroristi. Guido Olimpio, esperto di questioni mediorientali del Corriere della Sera.

 

R. – Si tratta di un programma ben preciso. E’ ormai chiaro che al Qaeda e altri gruppi hanno scelto il territorio saudita come il campo di battaglia principale, anche perché hanno molti appoggi e quindi insistono su questo territorio. Ci sono poi i vari giochi di potere, i rapporti sempre difficili tra Osama e il resto della famiglia reale. Ritengo che operino in Arabia Saudita perché rappresenta il punto più debole e il punto dove hanno maggiori consensi.

 

Il principe ereditario Abdullah aveva dichiarato che il suo Paese resta deciso a perseguire i terroristi. Molte le operazioni negli ultimi tempi contro islamici ritenuti affiliati di al Qaeda. Tra gli arresti eseguiti, anche i presunti responsabili dell’attentato del maggio scorso, sempre a Riad, dove erano morte 52 persone. Era stato rivendicato dall’organizzazione di Osama Bin Laden.

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Il presidente della Commissione europea, Romano Prodi, è a Mosca con un’importante delegazione per un vertice informale sull'intero processo di sviluppo delle relazioni con la Russia. In particolare, si cercano intese per superare le conseguenze dell’allargamento dell’Ue e portare avanti il negoziato per l’adesione di Mosca all’Organizzazione mondiale del lavoro. La rappresentanza della Commissione europea a Mosca ha ricordato che Bruxelles vuole anche “maggiore cooperazione sulle questioni ambientali”, e “una rapida ratifica del protocollo di Kyoto”. Prodi avrà colloqui col premier Mikhail Frandkov e sarà  ricevuto al Cremlino dal presidente Vladimir Putin.

 

E’ stata una bomba a  provocare l’esplosione stamani di un pullman che stava trasportando personale militare a Istanbul. L’esplosione, che ha provocato danni lievi, è avvenuta mentre il mezzo stava attraversando un ponte nel distretto di Kucukcekmece, già colpito da devastanti attentati nel novembre scorso.  

 

Continua in India la maratona elettorale per la legislative. Oggi è chiamato alle urne il piccolo Stato di Manipur, nel nord-est del Paese, dove è alto l’allarme per paura di attacchi da parte dei ribelli separatisti. Si tratta di un processo elettorale a tappe che tiene mobilitato però per tutto il periodo tutto il Paese, come spiega da New Delhi Maria Grazia Coggiola:

 

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E’ ormai febbre elettorale in India. Dopo il primo round di martedì, per eleggere 140 parlamentari su un totale di 543, il clima è effervescente tra i due maggiori partiti: il Bjp del premier Atal Behari Vajpayee e il Congresso guidato dall’italiana Sonia Gandhi. Oggi lo scontro si sposta in Manipur, piccolo Stato al confine con il Myanmar, dove è attiva la guerriglia maoista e dove nel ’99 ha vinto il partito comunista, che è la terza forza politica in India. Dopo la prima fase che, secondo gli exit polls, vede in vantaggio la coalizione di governo, entrambi i partiti sono concentrati sul 26 aprile, seconda giornata di voto. Secondo gli analisti questa fase è cruciale perché interessa due mega Stati del Nord, il Bihar e l’Uttar Pradesh, che da soli rappresentano un quarto del Parlamento indiano.

 

Da New Dehli, per la Radio Vaticana, Maria Grazia Coggiola.

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Primo caso sospetto di Sars a Pechino dallo scorso anno. Lo ha reso noto, oggi, il ministero della Salute cinese, citato dall’agenzia di stampa Nuova Cina. I primi casi di polmonite atipica nel Paese asiatico furono riscontrati alla fine del 2002 nella provincia del Guangdong, coinvolgendo 8mila persone e uccidendone circa 800 in trenta regioni della Cina.

 

 

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