RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVIII n. 112 - Testo della trasmissione di mercoledì 21 aprile 2004

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

La coerenza cristiana crea isolamento e provoca persino disprezzo e ostilità in una società che sceglie il vantaggio personale, il successo esteriore e il godimento sfrenato: così Giovanni Paolo II stamani all’udienza generale

 

Riproporre il Fatto cristiano nella cultura contemporanea: l’originale intuizione del Movimento Comunione e Liberazione, sottolineata dal Papa in una Lettera al fondatore, mons. Luigi Giussani

 

Il cardinale vicario Camillo Ruini rappresentante del Papa per il prossimo centenario della Sinagoga di Roma

 

Il principe polacco Augusto Czartoryski, vissuto a metà dell’’800 e morto all’età di soli 35 anni, sarà beatificato domenica prossima

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Ancora violenze e decine di morti in Iraq, ucciso un ostaggio danese, ma crescono le speranze per liberare i sequestrati italiani: interviste con Lakdar Brahimi, mons. Shlemon Warduni, Alberto Negri e Maurizio Scelli.

 

CHIESA E SOCIETA’:

 

Si festeggia oggi il Natale di Roma: a capitale compie 2757

 

Senza pluralismo di informazione non c’è libertà: allarme a Rio de Janeiro, nel Vertice mondiale sui media per la gioventù

 

“Il dialogo tra i popoli di Dio: ebrei, cristiani e musulmani” è il titolo del Convegno che si terrà domani a Roma

 

In Asia aumentano i decessi dei bambini a causa d’incidenti, lo rivela uno studio dell’Unicef

 

Diventa legge, in Brasile, la convenzione 169 dell’Organizzazione mondiale del lavoro

 

24 ORE NEL MONDO:

Morti 5 palestinesi in scontri a Gaza. Critiche a Israele dall’inviato Onu in Iraq, Brahimi

 

In India, la coalizione del primo ministro Vajpayee appare in testa dopo la prima fase di voto.

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

21 aprile 2004

 

 

IL FEDELE E’ CONSAPEVOLE CHE LA COERENZA PROVOCA ISOLAMENTO

IN UNA SOCIETA’ CHE SCEGLIE IL GODIMENTO SFRENATO.

TUTTAVIA, MEDIANTE LA PREGHIERA, SI OTTIENE LA FORTEZZA D’ANIMO.

COSI’ IL PAPA NELL’UDIENZA GENERALE

 

La fiducia in Dio, sia nel giorno della gioia, sia nel tempo della paura. Questo il filo conduttore del salmo 26, nel quale il Signore si svela con la sua presenza e la sua parola, nel tempio di Sion in Israele, a cui il Papa ha dedicato la catechesi nell’udienza generale di stamani. Ad ascoltare il Santo Padre vi erano, tra gli altri, i rappresentanti del Consiglio dell’Ordine Nazionale dei Dottori agronomi e forestali e gli allievi della Scuola Aeronautica di Caserta. Il servizio è di Dorotea Gambardella.

 

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Ricordando come la prima parte del Salmo sia segnata “da una grande serenità, fondata sulla fiducia in Dio nel giorno tenebroso dell’assalto dei malvagi, segno del male che inquina la storia”, Giovanni Paolo II ha, però, sottolineato che “la vita del credente è spesso sottoposta a tensioni e contestazioni, talora anche a un rifiuto e persino alla persecuzione”. “Il comportamento dell’uomo giusto infastidisce – ha spiegato – perché risuona come un monito nei confronti dei prepotenti e dei perversi”.

 

“Il fedele è consapevole che la coerenza crea isolamento e provoca persino disprezzo e ostilità, ciò accade soprattutto in una società che sceglie spesso come vessillo il vantaggio personale, il successo esteriore, la ricchezza, il godimento sfrenato”.

 

Tuttavia – ha osservato il Santo Padre – mediante la preghiera, si ottiene “la quiete interiore, la fortezza d’animo e la pace”. “Nelle braccia di Dio, infatti - ha indicato - si potrà gustare la dolcezza del Signore, che crea attorno al suo fedele un orizzonte di pace, che lascia di fuori lo strepito del male”.

 

“La comunione con Dio è sorgente di serenità, di gioia, di tranquillità; è come entrare in un’oasi di luce e di amore”.

 

A tal proposito, il Pontefice ha rievocato le parole del monaco Isaia, vissuto nel deserto egiziano e morto a Gaza intorno al 491, il quale, nel suo Asceticon, applica il Salmo odierno alla preghiera della tentazione ovvero: “Se vediamo i nemici indurci ad indebolire la nostra anima nel piacere, non perdiamoci di coraggio, ma invochiamo il Signore, protettore della nostra vita”.

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LETTERA DEL PAPA A MONS. LUIGI GIUSSANI,

FONDATORE DI “COMUNIONE LIBERAZIONE”, IN OCCASIONE

DEL CINQUANTESIMO ANNIVERSARIO DELLA NASCITA DEL MOVIMENTO

 

“Quest’importante ricorrenza giubilare spinga ciascuno a risalire all'esperienza sorgiva da cui il Movimento ha preso le mosse, rinnovando l’entusiasmo delle origini”: così scrive Giovanni Paolo a mons. Luigi Giussani, fondatore di “Comunione e Liberazione”, nel cinquantesimo anniversario della nascita del  Movimento. “E’, infatti, importante – osserva il Papa - mantenersi fedeli al carisma degli inizi per poter rispondere efficacemente alle attese e alle sfide dei tempi.” Il servizio di Roberta Gisotti

 

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Rispondendo ad una Lettera dello stesso mons. Giussani, dove si annuncia la prossima celebrazione dei 50 anni di “Comunione e Liberazione”, che cadrà in ottobre, il Papa sottolinea “l’originale intuizione pedagogica” di questo Movimento di riproporre “in modo affascinante e in sintonia con la cultura contemporanea, l'avvenimento cristiano, percepito come fonte di nuovi valori, capaci di orientare l’intera esistenza.” “E’ necessario ed urgente - aggiunge il Santo Padre - aiutare ad incontrare Cristo, perché Egli diventi la ragione ultima del vivere e dell’operare anche dell’uomo di oggi. Quest’esperienza di fede genera uno sguardo nuovo sulla realtà, una responsabilità e una creatività che concernono ogni ambito dell’esistenza: dall’attività lavorativa ai rapporti familiari, dall'impegno sociale all’animazione dell’ambiente culturale e politico.”

 

Quindi il rinnovato invito di Giovanni Paolo II a tutti gli associati e collaboratori del Movimento: “Prendete il largo! Duc in altum!“, facendo “memoria grata del passato”, vivendo “con passione il presente” e aprendosi “con fiducia al futuro”, perché ‘Gesù è lo stesso di ieri, oggi e sempre!’”

 

Da ricordare che il Movimento “Comunione e Liberazione” affonda le sue radici nei primi anni di insegnamento di mons. Luigi Giussani nel Liceo classico “Berchet” a Milano e muove i primi passi con il nome di Gioventù studentesca, assumendo l’attuale denominazione solo nel 1969. “Non ho mai inteso ‘fondare’ niente” - scrive al Papa mons. Giussani, spiegando la genesi del movimento- ma piuttosto affermare gli “aspetti elementari” del “Fatto cristiano” e basta. E da qui forse – osserva Giussani – gli imprevedibili incontri con personalità del mondo ebraico, musulmano, buddista, protestante e ortodosso, per valorizzare “tutto ciò che di vero, di bello, di buono e di giusto rimane in chiunque viva un'appartenenza.” Oggi il movimento “Comunione e Liberazione” raccoglie intorno a sé migliaia di persone di ogni età, in tutto il mondo.

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IL CARDINALE VICARIO CAMILLO RUINI RAPPRESENTANTE DEL PAPA

PER IL PROSSIMO CENTENARIO DELLA SINAGOGA DI ROMA

 

Sarà il cardinale Camillo Ruini, a rappresentare il Santo Padre, alla cerimonia prevista per il centenario della Sinagoga di Roma, che si celebrerà venerdì prossimo 23 maggio. Lo ha annunciato ieri sera il direttore della Sala Stampa vaticana Joachin Navarro-Valls. Il porporato, Vicario per la Città di Roma e Presidente della Conferenza episcopale italiana sarà accompagnato in questa circostanza dal cardinale Walter Kasper.

 

 

DA PRINCIPE SI FECE POVERO PER SERVIRE I POVERI:

SARA’ BEATIFICATO DOMENICA PROSSIMA

IL SACERDOTE POLACCO AUGUSTO CZARTORYSKI

- Intervista con don Enrico dal Covolo -

 

Tra i servi di Dio che il Papa proclamerà Beati domenica prossima, 25 aprile, c’è Augusto Czartoryski, principe polacco, nato a Parigi il 2 agosto 1858, in esilio, da Laidslao e dalla principessa Maria Amparo, figlia della regina di Spagna. Compie a Parigi i suoi primi studi, e tra i suoi precettori c’è il santo Giuseppe Kalinowski. Ben presto la salute di Augusto comincia a declinare. La sua vita diviene un pellegrinaggio continuo da una stazione climatica all’altra. Alla sofferenza fisica si accompagna quella spirituale. Pur essendo avviato dal padre alla carriera diplomatica, il giovane principe avverte in maniera irresistibile l’appello alla donazione totale a Dio. Nel 1883, a Parigi, incontra don Bosco e scopre la propria vocazione: andrà con lui a servire i giovani più bisognosi. Don Bosco tuttavia si dimostra cauto. Finalmente, a 29 anni, entra in noviziato e diverrà sacerdote a 34 anni. Un anno dopo la morte. Giovanni Peduto ha chiesto al postulatore, don Enrico dal Covolo, qual è il carisma del nuovo beato?

 

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R. – Da principe, Augusto Czartoryski, si fece povero per servire i più piccoli. In questa storia di vocazione è caratteristico l’impegno del discernimento, svolto alla luce della preghiera e nel confronto costante con le guide spirituali. Prima di prendere qualunque decisione, il giovane Augusto, si consigliava sempre con loro. Si delinea così una storia di vocazione esemplare, benché assai travagliata, prima contrastata e finalmente vittoriosa.

 

D. – Da principi a salesiano, apostolo della gioventù. Qual è l’attualità del messaggio di questo nuovo beato?

 

R. – Io credo che la proposta di santità di Augusto Czartoryski può essere indirizzata in modo speciale ai giovani d’oggi, che spesso trovano difficoltà a decifrare la volontà del Signore sopra di loro, e ad ubbidire ad essa. Augusto insegna loro la metodologia del discernimento e l’ubbidienza al Signore, La sua vita fu una vera e propria “lotta per la vocazione” sempre fisso e fermo nell’offerta fatta a Dio, andava ripetendo: “Qui è dove mi ha chiamato il Signore e qui è dove il Signore mi vuole!”. Questa compattezza radicale nel vivere in spirito di fede la propria risposta a Dio è, infine, un messaggio sempre valido per ogni credente. In particolare l’intima comunione con il Signore nei sacramenti e nella preghiera, l’impegno costante nel compimento dei doveri quotidiani e l’accettazione serena delle fatiche e delle sofferenze offrono all’imitazione dei fedeli una “via quotidiana” nel cammino della santità, “misura alta” della vita cristiana ordinaria.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

Apre la prima pagina l'Iraq: a Bassora perpetrato un massacro di civili. Pressioni per un fattivo ruolo dell'Onu nel processo di ricostruzione.

 

Nelle vaticane, la catechesi e la cronaca dell'udienza generale.

Una pagina dedicata alle Lettere pastorali dei vescovi italiani.

 

Nelle estere, Unesco: a rischio in molte parti del mondo il diritto dei bambini all'istruzione.

 

Nella pagina culturale, un articolo di riflessione di Umberto Santarelli dal titolo "Leggere il Papa con l'occhio sgombro da pregiudizi falsati": a proposito di alcuni interventi sul Messaggio "Urbi et Orbi".

Una monografica dal titolo "Daniele Comboni e il giornalismo cattolico": i mezzi di comunicazione sociale nel XIX secolo.

 

Nelle pagine italiane, in primo piano la vicenda degli ostaggi italiani in Iraq.

 

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

21 aprile 2004

 

 

ANCORA VIOLENZE E DECINE DI MORTI IN IRAQ. UCCISO UN OSTAGGIO DANESE

MA CRESCONO LE SPERANZE PER LA LIBERAZIONE

DEI TRE SEQUESTRATI ITALIANI IN MANO ALLA GUERRIGLIA

- Interviste a Lakdar Brahimi, mons. Shlemon Warduni, Alberto Negri e Maurizio Scelli -

 

Il dramma delle violenze quotidiane, l’uccisione oggi di un ostaggio danese - secondo quanto riferito stamane dalla Tv al Jazeera - e gli sforzi diplomatici per liberare i tre sequestrati italiani e l’apertura di un corridoio umanitario a Falluja. Su questi ultimi avvenimenti in Iraq, ci riferisce in studio Amedeo Lomonaco:

 

Un’ennesima ondata di attacchi e violenze ha colpito l’Iraq. Almeno 70 persone, tra cui molti bambini, sono rimaste uccise questa mattina a Bassora, nel Sud del Paese, in seguito a diversi attacchi kamikaze contro tre commissariati di polizia. Nove guerriglieri sono morti e tre marines sono rimasti feriti in scontri avvenuti a Falluja. E stamane anche la tragica notizia dell’uccisione di un ostaggio danese, secondo quanto riferito dalla Tv araba al Jazeera. Si tratterebbe del 35enne Henrik Frandsen. Nella giornata di ieri, inoltre, 21 persone sono morte per un agguato contro una prigione di Baghdad. L’inviato dell’Onu, Lakdar Brahimi, in questi giorni in missione a Roma, ha chiesto una nuova risoluzione del Consiglio di sicurezza che indichi con chiarezza il ruolo delle Nazioni Unite in Iraq. Ascoltiamo proprio Brahimi al microfono di Michelle Hough:

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R. – IRAQ WAS A STATE…

L’Iraq, Paese attualmente colpito dal terrorismo, era uno Stato molto forte ed è stato distrutto da una guerra, da un’invasione e un’occupazione. Credo che certa violenza abbia l’aspetto del terrorismo, ma non è molto chiaro da dove provenga.

 

D. – Pensa che gli appelli costanti del Papa per un intervento dell’Onu in Iraq abbiano  aiutato la situazione e siano stati ascoltati?

 

R. – I THINK THAT THE POPE ENJOYS…   

Penso che il Papa goda di molto rispetto da parte di tutto il mondo e lavorando per le Nazioni Unite, sono molto onorato e felice di constatare che il Papa crede che noi possiamo portare il nostro aiuto. Spero che non deluderemo le sue aspettative.  

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Proseguono gli sforzi dell’intelligence e della diplomazia per la liberazione dei tre ostaggi italiani. Nelle ultime ore i contatti in corso con il gruppo dei sequestratori hanno avuto, dice una fonte dell’intelligence, “un impulso particolare e ci sono chiare indicazioni per cui si può affermare che tutti e tre sono vivi”. Un cauto ottimismo è espresso anche dall’ausiliare di Baghdad, il vescovo Shlemon Warduni, intervistato da Luca Collodi:

 

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R. - Finora non c’è niente di nuovo. C’è, però, una persona che sta cercando di fare qualcosa. Finora, però, non è ancora tornata e quindi noi stiamo aspettando e sperando che le cose vadano bene. La trattativa deve rimanere sicuramente segreta.

 

D. – Lei può dire che anche la Chiesa si stia adoperando alla trattativa?

 

R. – Certamente il patriarca, il patriarcato ed io stesso stiamo cercando di fare qualcosa per salvare gli ostaggi, che non hanno niente a che fare con il dramma della guerra.

 

D. – Mons. Warduni, quindi, lei mi conferma che la Chiesa in Baghdad sta lavorando per ottenere la liberazione degli ostaggi?

 

R. – Certamente qualcosa lo sta facendo: la Chiesa caldea, con il Patriarca ed io stesso, e tutta la Chiesa cattolica; ma le cose vanno molto lentamente e non possiamo ancora dire niente.

 

D. – In Italia, dai giornali di oggi, traspare un certo ottimismo per la liberazione. Lei si sente ottimista?

 

R. – Io voglio che le cose vadano avanti nel modo più positivo. Ma non posso e non voglio dire niente. Questo sarebbe, forse, anche a danno della situazione.

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E nel complesso scenario iracheno un altro Paese, la Repubblica Dominicana, ha deciso di richiamare le proprie truppe dopo l’Honduras e la Spagna. Salgano quindi ad oltre 1600 i soldati che si ritireranno nelle prossime settimane dall’Iraq. Ascoltiamo in proposito l’opinione dell’inviato del Sole 24 Ore, Alberto Negri, al microfono di Giancarlo La Vella:

 

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R. – Il ritiro della Spagna e di altri piccoli contingenti non cambia assolutamente i rapporti di forza che ci sono sul terreno, dove gli americani hanno un numero di truppe assolutamente insufficiente per controllare la situazione. Di fronte ad una guerriglia difficili da combattere, gli americani sono in gravi difficoltà. E’ chiaro che lo stallo a Najaf, la tregua a Falluja rivelano che gli americani, dopo aver dichiarato che avrebbero ucciso Sadr, in realtà si sono dovuti accontentare di accordi, prima di poter sferrare una vera offensiva militare. E la guerriglia ne approfitta.

 

D. – C’è quindi da aspettarsi che questo annunciato ritiro non provochi nessun cambiamento di strategia della guerriglia?

 

R. – Non c’è un comando militare unificato alla guerriglia ed è questo il punto. Questo fronte nazionale unico della guerriglia non esiste. Per avere il controllo di questo Paese con la forza si dovrebbero avere il quadruplo delle truppe. Il problema grosso non è tanto quadruplicare le truppe quanto cambiare totalmente l’agenda politica per l’Iraq.

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Nel Paese arabo continua la missione della Croce Rossa italiana, che ieri ha aperto un corridoio umanitario a Falluja ed oggi ha inaugurato un pronto soccorso a Baghdad. Su queste iniziative sentiamo il commissario dell’organizzazione umanitaria, Maurizio Scelli, intervistato da Benedetta Capelli:

 

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R. – Abbiamo trovato una città inizialmente deserta, una città fantasma. E poi appena arrivati ci siamo fermati e, man mano, dalle case, da dietro .. hanno cominciato ad arrivare diverse persone, quasi un centinaio, che ci hanno accolto con grande festa e con grandissima dignità. Noi avevamo viveri, avevamo medicinali, avevamo acqua. E’ stato veramente un momento molto commovente.

 

D. – L’apertura del corridoio umanitario a Falluja, in che modo agevola la vicenda degli ostaggi italiani?

 

R. – Noi abbiamo puntato molto su un ulteriore accreditamento di quella che è questa missione umanitaria italiana. Quindi, quanto più abbiamo fatto avere un segnale forte della nostra volontà di aiutarli, tanto più questo ha prodotto ottimismo verso l’esito della vicenda che riguarda i nostri connazionali.

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CHIESA E SOCIETA’

21 aprile 2004

 

SI FESTEGGIA OGGI IL NATALE DI ROMA. LA CAPITALE COMPIE 2757 ANNI.

NUMEROSE LE MANIFESTAZIONI IN PROGRAMMA PER RICORDARE

LA FONDAZIONE DI ROMOLO SUL COLLE PALATINO

- A cura di Benedetta Capelli -

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ROMA.= Ci volle uno dei più grandi eruditi romani, Marco Terenzio Varrone, per dotare la capitale di una data di nascita. Fu lui a chiedere a Lucio Taruzio, matematico ed esperto anche di congiunzioni astrali, di trovare il giorno del compleanno di Roma. Dai calcoli effettuati, si stabilì che la fondazione della città risaliva all’undicesimo giorno prima delle calende di maggio e cioè il 21 aprile. Data confermata anche dallo scrittore greco Plutarco e approvata dai più illustri storiografi tra cui Plinio e Tacito. In quel giorno del 753 a.C. sul colle Palatino Romolo fondò la città eterna a cui diede il suo nome. Il Natale di Roma veniva celebrato nell’antichità con una particolare festa chiamata “Palilia”, in onore del genio della fertilità Pale, che sovrintendeva alla fecondazione delle greggi. Roma oggi compie 2757 anni e la città ricorda questa nascita con diverse iniziative tra cui un concerto della Banda della Marina Militare l’ingresso gratuito in tutti Musei capitolini, convegni, e cerimonie in alcuni luoghi simbolici della città. Eventi che ricordano l’inizio della storia della capitale, grande durante l’Impero romano quand’era caput mundi e diventata ancora più grande con la presenza del Papato, quella Roma come scrisse Dante “onde Cristo è romano”. (B.C.)

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ALLARME CENSURA LANCIATO DAL VERTICE SUI MEDIA PER LA GIOVENTU’. IN CORSO A RIO DE JANEIRO IN BRASILE: SENZA PLURALISMO DI INFORMAZIONE NON C’E’ LIBERTA’

- A cura di Maurizio Salvi -

 

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RIO DE JANEIRO. = Nella prima giornata vera e propria dei lavori di questo Vertice sui media per la gioventù, la scrittrice brasiliana Anna Maria Machado ha avvertito che se non scelgono il pluralismo i mezzi di informazione optano di fatto per la censura. Intervenendo sul tema “Identità e diversità culturale”, la scrittrice ha sostenuto che “senza uno spazio per una produzione individualizzata dell’arte non ci sono mass media democratici”. A riprova poi dei pochi sforzi che si fanno nell’assimilazione delle culture diverse dalle proprie ha citato alcuni dati contrapposti. Negli Stati Uniti meno dell’1 per cento dei 6 mila titoli di libri per l’infanzia, pubblicati ogni anno, provengono da una lingua diversa dall’inglese, e mutando scenario geografico ha aggiunto “nessuna Università musulmana ha aperto una cattedra di Affari occidentali”. In Assemblea plenaria i partecipanti provenienti da decine di Paesi del mondo hanno esaminato intanto le sfide che pone nel settore dell’informazione per la gioventù la globalizzazione. “E noi – ha detto Patricia Edgar, presidentessa della fondazione che ha organizzato l’evento – vogliamo che siano garantiti in questo contesto globalizzato la qualità della produzione, e vogliamo assicurarci che i programmi inclusi negli scambi culturali nord-sud contengano un ottimo livello educativo”. I lavori termineranno fra tre giorni con la firma di documenti e la creazione del Centro di riferimento sui media per bambini e adolescenti, in collaborazione con l’Unicef e le Università di Rio de Janeiro e San Paolo.

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“IL DIALOGO TRA I POPOLI DI DIO: EBREI, CRISTIANI E MUSULMANI” E’ IL TITOLO

DEL CONVEGNO CHE SI TERRA’ DOMANI A ROMA. NUMEROSI ESPERTI

SI CONFRONTERANNO ALLA LUCE DELLE RECENTI CRISI INTERNAZIONALI

- A cura di Giancarlo La Vella -

 

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ROMA. = Gli occhi del mondo sono puntati in questi giorni sulle drammatiche notizie che giungono dall’Iraq. Forte preoccupazione c’è anche per quanto succede in Terra Santa. Come queste ed altre crisi stanno influendo sui rapporti tra le tre grandi religioni monoteiste: Ebraismo, Cristianesimo e Islam? Se ne parla domani, a Roma. Alle ore 17.00, la Sala Alessandrina del Complesso Ospedaliero S. Spirito in Sassia ospiterà il convegno dal titolo “Il dialogo tra i popoli di Dio: Ebrei, Cristiani e Musulmani”. Coordinati dal vaticanista del quotidiano “La Repubblica”, Marco Politi, interverranno il gesuita, padre Giacomo Martina, e Anna Foa, docente all’Università romana “La Sapienza”, che, da due punti di vista differenti, affronteranno il tema del dialogo tra Chiesa cattolica ed Ebraismo. I rapporti tra Islam e Cristianesimo saranno, invece, al centro dell’intervento di Omar Camiletti, della Comunità islamica di Roma. Sarà poi il cardinale Achille Silvestrini, Prefetto emerito della Congregazione per le Chiese Orientali, a tirare le somme dell’incontro e a far sì che da questo convegno possano scaturire proposte concrete di dialogo tra le religioni, che siano anche alternative per un sereno confronto di fronte alle attuali crisi internazionali.

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IN ASIA AUMENTANO I DECESSI DEI BAMBINI A CAUSA D’INCIDENTI,

LO RIVELA UNO STUDIO DELL’UNICEF CHE ESORTA I GOVERNI DEI PAESI ASIATICI

A PRENDERE PROVVEDIMENTI CHE DIMINUIREBBERO DRASTICAMENTE

LA MORTALITÀ INFANTILE NEL GIRO DI POCHI ANNI

 

BANGKOK. = Uno studio dell’Unicef, riguardante la condizione dell’infanzia nei Paesi asiatici, viene presentato oggi a Bangkok. Il direttore regionale dell’Agenzia delle Nazioni Unite, Mehr Khan, ha spiegato ai giornalisti quali sono le cause più frequenti di morte infantile. Se venticinque anni fa le ragioni principali erano dovute ad un certo numero di malattie, oggigiorno, oltre la metà del milione e quattrocentomila bambini scomparsi in Asia, muore per incidenti. L’annegamento è tra le prime cause di morte ed è ricorrente nei bambini sotto i 5 anni, in particolare nel Vietnam, dove il numero dei piccoli affogati è sei volte superiore a quello dei deceduti per malattie trasmissibili. Dal rapporto dell’Unicef, si scopre che il 98 per cento delle morti infantili avviene nei Paesi del Sud del mondo dove l’ambiente circostante e familiare è più rischioso. Nei Paesi industrializzati invece, grazie al miglioramento dei sistemi di sicurezza e dell’educazione adulta, la mortalità dei bambini causata da incidenti è scesa, dell’ultimo mezzo secolo, del 50 per cento. Khan ha sollecitato i Paesi asiatici ad affrontare seriamente il problema con delle misure concrete: secondo i dati Unicef la mortalità dei bambini vietnamiti potrebbe essere ridotta del 40 per cento in pochi anni, attraverso dei provvedimenti adatti allo scopo. (G.L.)

 

 

 

 

 

DIVENTA LEGGE, IN BRASILE, LA CONVENZIONE 169 DELL’ORGANIZZAZIONE MONDIALE DEL LAVORO. TUTELATO IL DIRITTO ALLA DIVERSITA’ DEGLI INDIGENI

 

BRASILIA. = Dopo 13 anni di attesa, il Brasile si dota della Convenzione 169 dell’Organizzazione mondiale del lavoro sui popoli indigeni e tribali. Rosane Lacerda, consulente legale del Consiglio indigenista missionario, ha espresso soddisfazione per l’approvazione di questo provvedimento sul quale si lavorava dal 1991. Di fatto esso annulla la Convenzione 107, promulgata nel 1966, e considerata lesiva dei diritti degli indigeni, definiti nella Convenzione popoli non ancora evoluti. Il principio fondante della 169 è invece il rispetto della diversità e degli usi e costumi delle popolazioni autoctone. Inoltre, in essa è espressamente indicato un altro aspetto fondamentale: la possibilità da parte degli Indios di essere parte integrante del processo decisionale dello Stato. Lacerda ha confermato che si partirà da questa Convenzione per arrivare alla realizzazione di un nuovo Statuto dell’Indio che non sia in contrasto con la Costituzione federale del 1988. Intanto rimane sempre in primo piano, nel Paese brasiliano, la questione indigena soprattutto perché lunedì il governo Lula ha assegnato definitivamente agli indigeni 11 terre nello Stato dell’Amazzonia. Dalla lista però manca il territorio di Raposa-Serra do Sol, abitata da 15 mila nativi, al centro di un duro braccio di ferro tra  i popoli indigeni e i potenti gruppi politici ed economici locali che continuano ad opporsi fermamente alla "omologazione" del territorio. La decisione ha generato vivissime proteste tra i locali. Un gruppo di leader comunitari si è accampato davanti al Palazzo di giustizia, in attesa di essere ricevuti dal premier Lula. (B.C.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

21 aprile 2004

 

- A cura di Fausta Speranza -

 

Un’autobomba è esplosa nella capitale saudita, Ryad, in tarda mattinata, provocando molti morti e molti feriti. Si tratta di un attacco terroristico, come ha subito confermato il ministero degli Interni saudita.

 

Almeno cinque palestinesi sono stati uccisi e decine sono stati feriti stamane a Bet Lahiya, nel nord  della striscia di Gaza, nel corso di aspri scontri con truppe  israeliane, entrate nell'area per il secondo giorno di seguito  allo scopo di prevenire lanci di razzi Qassam contro insediamenti israeliani. Voci che il governo del premier palestinese Abu Ala si era dimesso sono state smentite  stamane dal suo capo di gabinetto Hassan Abu Libdah. Da alcuni giorni circolano in seno al mondo politico palestinese voci insistenti su imminenti dimissioni del premier  Abu Ala in reazione soprattutto alle recenti prese di posizione  del presidente americano, George W. Bush, che ha aperto la porta all'eventuale annessione israeliana di alcune aree della  Cisgiordania e si è espresso contro la realizzazione del  diritto al ritorno in Israele dei profughi palestinesi. Dai mezzi di informazione, intanto, viene dedicato spazio alla scarcerazione oggi, dopo 18 anni di reclusione, dell'ex tecnico nucleare Mordechai Vanunu. L’uomo nel 1986 rivelò al Sunday Times i più intimi segreti della centrale atomica israeliana di Dimona (Neghev).

   

Della situazione dell’area mediorientale ha parlato Lakhdar Brahimi, inviato speciale dell'Onu per l'Iraq, ai microfoni della radio France Inter da Roma. Ha attaccato Israele, spiegando che quella che ha definito una politica di ''dominazione e sofferenza'' imposta dallo stato ebraico ai palestinesi avvelena tutto il Medioriente e ha ripercussioni negative anche sull’Iraq. Brahimi ha affermato che “quella politica è ingiusta e ingiusto è il sostegno degli Stati Uniti a quella politica''. Per quanto riguarda l'Iraq, l'inviato speciale dell'Onu ha confermato che le Nazioni Unite si adopereranno per il varo di un governo provvisorio entro la scadenza fissata, il 30 giugno, ma la situazione gli appare irta di difficoltà.

In Sudan le autorità hanno annunciato ieri che autorizzeranno i membri di una missione di inchiesta dell'Onu a recarsi nel Darfur, la regione occidentale, teatro di scontri e di gravi violazioni dei diritti  umani. Una valutazione di questo impegno alla luce delle recenti vicende, nel servizio di Giulio Albanese:

 

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La notizia è stata data ieri da José Diaz, portavoce dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani. Una missione dell’Onu si era già recata all’inizio di aprile in Ciad, da dove avrebbe dovuto raggiungere il confinante Darfour, ma allora il governo sudanese aveva negato l’ingresso agli esperti dell’Onu. Questi erano ripartiti per Ginevra dopo aver raccolto testimonianze tra i profughi sudanesi in Ciad, dove hanno trovato riparo quasi 100 mila civili fuggiti dalle violenze. Nonostante la firma di una tregua di 45 giorni, sono segnalati ancora scontri nella regione del Darfour, dove a febbraio 2003 due movimenti ribelli locali sono insorti contro l’esercito regolare, accusando il governo di Khartoum di trascurare la regione e di armare le milizie arabe contro la popolazione afro-locale. Preoccupazione sulla gravissima situazione era stata già espressa dal segretario generale dell’Onu, Kofi Annan, che parlando in occasione della commemorazione dei massacri in Rwanda aveva invitato la comunità internazionale ad evitare un altro genocidio.

 

Per la Radio Vaticana, Giulio Albanese.

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L'ex parlamentare turca Leyla Zana è ''un prigioniero politico'' e la Commissione Ue è ''molto preoccupata'' per il suo arresto, fatto che ''sarà senz'altro preso in considerazione'' ad ottobre, quando Bruxelles valuterà l'opportunità di aprire negoziati per l'adesione della Turchia all'Ue. ''La Commissione europea esprime così contrarietà alla sentenza di oggi di Ankara, che conferma la condanna della signora Leyla Zana da parte della Corte per la sicurezza''. La premio Sakharov Leyla Zana e altri 3 ex deputati curdi, appartenenti alla formazione curda fuorilegge Partito della democrazia, sono stati condannati a 15 anni di carcere nel 1994.  Avevano chiesto l'anno scorso di essere messi  in libertà dopo che nel 2001 la Corte europea per i diritti  umani aveva sollecitato la Turchia a rifare il processo,  sostenendo che durante il suo svolgimento erano state commesse  irregolarità.

 

Il Tribunale Costituzionale spagnolo ha respinto il ricorso di inconstituzionalità presentato lo scorso novembre dal governo di Madrid contro il piano presentato dal presidente basco, Juan José Ibarretxe, che punta a trasformare la regione in una "nazione liberamente associata" alla Spagna.  La decisione, adottata per sette voti a cinque non presuppone un giudizio sul contenuto del piano, che il governo centrale sosteneva essere anticostituzionale, limitandosi ad indicare che siccome finora si tratta solamente di un documento all'esame di un Parlamento regionale, quello basco, non esistono gli estremi formali perché sia esaminato dal Tribunale Costituzionale.

Nel corso della sua visita in Cina, che si è conclusa oggi, il leader nordcoreano Kim Jong-il  ha detto che i colloqui a sei sul nucleare devono continuare e  che il problema può essere risolto ''attraverso il dialogo e in modo pacifico''. Secondo l'agenzia d'informazione cinese Xinhua, Kim ha  aggiunto che l'obiettivo ultimo del suo Paese è ''una penisola  coreana libera da armi nucleari'' e che la sua posizione sulla necessità di una ''soluzione pacifica non è cambiata''. La crisi legata al programma di armamenti nucleari della Corea del Nord è in corso dall'ottobre del 2002, quando gli Usa hanno chiesto che tale programma venisse abbandonato in modo ''completo e verificabile''. Pyongyang ha risposto accusando Washington di prepararsi ad ''aggredire'' il Paese. Due tornate di colloqui a Pechino ai quali hanno partecipato le due Coree, gli Usa, la Cina, il Giappone e la Russia si sono concluse senza risultati di rilievo. I colloqui sul nucleare dovrebbero riprendere prima dell'estate, secondo un accordo informale raggiunto tra i diplomatici dei sei Paesi.

 

La coalizione nazionalista hindu guidata dal primo ministro Vajpayee appare saldamente in testa dopo la prima fase di voto svoltasi in India. Secondo gli exit polls, il Bharatiya Janata Party, Bjp, e i suoi alleati avrebbero conquistato da 78 a 93 dei 140 seggi che erano da attribuire nella prima delle cinque tornate elettorali, che si concluderanno il 13 maggio con la proclamazione ufficiale dei risultati. il servizio di Maria Grazia Coggiola:

 

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Oltre 100 milioni di elettori in 14 Stati si sono recati alle urne, ieri, in una calda giornata, non solo per le elevate temperature ma anche per i numerosi incidenti che hanno causato una trentina di vittime. Tutto sommato, però, come ha riferito la commissione elettorale indiana, le prime elezioni interamente condotte su apparecchiature elettroniche si sono svolte regolarmente. La partecipazione al voto è stata tra il 50 e il 55 per cento, in linea con quella registrata nel precedente voto del ’99. Secondo gli exit-polls, per la prima volta ampiamente diffusi dalle televisioni indiane, la coalizione di destra del premier, Atal Bihali Vajpayee, è in vantaggio sul partito rivale del congresso, guidato dall’italiana Sonja Gandhi. Quella di ieri è stata la prima fase di una lunga maratona elettorale che terminerà il 10 maggio. I risultati saranno noti tre giorni dopo.

 

Da New Delhi, per la Radio Vaticana, Maria Grazia Coggiola.

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Il primo ministro indiano in campagna elettorale si è impegnato a portare avanti il processo di pace col Pakistan e a rafforzare l’economia, peraltro già in crescita. Quanto queste promesse stanno giovando all’affermazione del suo partito? Giada Aquilino lo ha chiesto a Michelguglielmo Torri, docente di Storia moderna e contemporanea dell’Asia all’Università di Torino:

 

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R. – Ciò che favorisce il Bjp e che del resto lo ha favorito nelle ultime due elezioni, è stata una maggiore capacità di creare alleanze elettorali molto più ampie di quelle che riesce a creare il Congresso. Cioè, molti dei nuovi partiti che sono comparsi sulla scena politica indiana negli ultimi 20 anni, sono partiti che si sono staccati dal Congresso e che quindi sono in diretta contrapposizione con il Congresso, a livello regionale.

 

D. – Per il partito del Congresso è sceso in campo il nipote di Indira Gandhi, Raoul. La sua candidatura potrà favorire la riscossa del partito?

 

R. – Io direi di no. Certo, dove Raoul si candida, cioè una parte dell’Uttar Pradesh che tradizionalmente è stata un feudo della famiglia Niru Gandhi, ovviamente la sua candidatura ha un effetto politico, ma è un effetto politico che si limita sostanzialmente solo ad una parte di uno Stato dell’Unione indiana.

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