RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVIII n. 109 - Testo della trasmissione di domenica 18 aprile 2004

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Al Regina Coeli, accorato appello del Papa ai rapitori degli ostaggi in Iraq e perché cessi lo spargimento di sangue in Medio Oriente

 

Oggi Domenica della Divina Misericordia, ricorrenza legata alle rivelazioni ricevute da Suor Faustina Kowalska dal Signore: intervista con padre Giuseppe Bart

 

La lotta al traffico degli esseri umani al centro dell’intervento dell’Osservatore permanente della Santa Sede alla 60.ma sessione della Commissione dei diritti umani in corso fino al 23 aprile.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

In Iraq, si registrano nuove violenze mentre si intensificano gli sforzi della diplomazia per liberazione dei sequestrati: ai nostri microfoni, Paola Della Chiesa e Annalisa Lombardo

 

Ieri in Vaticano il primo incontro europeo di nuove comunità del Movimento carismatico: ce ne parla Matteo Calisi

 

“Dialogo interetnico e riconciliazione”: Convegno internazionale a Roma dei Frati Minori Francescani. Con noi, frate Vincenzo Brocanelli e fra José Rodriguez Carballo, ministro generale dell’Ordine

 

Grande partecipazione, ieri pomeriggio a Roma, alla manifestazione “Italia-Africa 2004” e gran finale con il concerto a piazza del Popolo: testimonianze di Guglielmo Epifani e del presidente del Burundi, Domitien Ndayizeye.

 

CHIESA E SOCIETA’:

In un accordo raggiunto durante un incontro bilaterale, Cile e Perú uniti nel monitoraggio della spesa militare

 

“Eritrea” è il titolo del nuovo album della cantante Faytinga, considerata simbolo di unità nazionale

 

Tornano in Israele i capolavori degli impressionisti: la Francia restituirà 14 dipinti rubati dai nazisti alle famiglie ebree durante la seconda guerra mondiale

 

Nasce in una villa settecentesca della Toscana il primo villaggio per famiglie immigrate

 

24 ORE NEL MONDO:

Stato di massima allerta in Israele dopo l’uccisione del leader di Hamas, Abdel Aziz Rantisi

 

Oggi in Irlanda incontro dei ministri degli esteri dell’Unione Europea e dell’Asia

 

Ivan Gasparovic eletto presidente della Slovacchia con il 59,9 per cento dei consensi.

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

18 aprile 2004

 

NELLA DOMENICA DELLA DIVINA MISERICORDIA, APPELLO DEL PAPA

PERCHE’ CESSI LO SPARGIMENTO DI SANGUE IN MEDIO ORIENTE.

GIOVANNI PAOLO II, DOPO LA RECITA DEL REGINA COELI, SI E’ RIVOLTO DIRETTAMENTE AI RAPITORI DEGLI OSTAGGI IN IRAQ INVOCANDO DA LORO SENTIMENTI DI UMANITA’

- Servizio di Roberta Gisotti -

 

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Ancora una volta Giovanni Paolo II ha levato la sua voce perché sia sconfitto il male che affligge la Terra Santa e l’Iraq. “Seguo con grande tristezza - ha detto - le notizie tragiche”, che giungono da quelle regioni. Ascoltiamo il suo accorato appello:

 

“Cessi lo spargimento del sangue fratello! Simili atti disumani sono contrari al volere di Dio. Sono particolarmente vicino con il pensiero e la preghiera alle famiglie di quanti trepidano per la sorte dei loro cari, specie di quanti sono stati presi come ostaggi. Invito i rapitori a sentimenti di umanità. Li supplico di rendere alle famiglie le persone che sono nelle loro mani mentre prego Dio misericordioso per le popolazioni della Terra Santa e dell’Iraq e per tutti coloro che in quelle regioni lavorano per la riconciliazione e la pace.” 

 

Del resto, “la pace è il dono per eccellenza di Cristo crocifisso e risorto, frutto della vittoria del suo amore sul peccato e sulla morte” – ha ricordato il Santo Padre nell’odierna domenica in Albis della Divina Misericordia. Gesù “offrendo se stesso, immacolata vittima di espiazione sull’altare della Croce, ha riversato sull’umanità l’onda benefica della Divina Misericordia”. Egli infonde nel cuore umano, che è un abisso sempre esposto alla tentazione del male, l’amore misericordioso di Dio. Ed oggi il Signore “invita anche noi a recare a tutti la sua pace, fondata sul perdono e sulla remissione dei peccati”. Si tratta di un dono straordinario, ha sottolineato infine il Papa, tanto necessario ai nostri giorni.

 

“Quanto ha bisogno l’umanità di sperimentare l’efficacia della misericordia di Dio in questi tempi segnati da crescente incertezza e violenti conflitti!”

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OGGI, DOMENICA DELLA DIVINA MISERICORDIA, RICORRENZA LEGATA

ALLE RIVELAZIONI DEL SIGNORE A SUOR FAUSTINA KOWALSKA

- Intervista con mons. Giuseppe Bart -

 

Oggi, prima domenica dopo Pasqua. Ricordiamo che con l’Anno Santo, Giovanni Paolo II ha definito questo giorno “Domenica della Divina Misericordia”. Di questa ricorrenza legata alle rivelazioni del Signore a Santa Faustina Kowalska, parliamo con mons. Giuseppe Bart, rettore della chiesa di Santo Spirito in Sassia, a Roma, divenuta 10 anni fa, per volontà del Santo Padre, centro di devozione alla Divina Misericordia. Un anniversario che è stato suggellato quest’oggi da una Messa celebrata stamane dal cardinale vicario Camillo Ruini, presenti fedeli convenuti a Roma da tutta l’Italia e dall’estero, che sono poi convenuti a mezzogiorno nella piazza San Pietro, per recitare la preghiera del Regina Coeli con il Papa, che ha rivolto loro un saluto particolare e li ha invitati “ad essere sull’esempio di Santa Faustina Kowalska, testimoni dell’amore misericordioso di Dio”. Ma ascoltiamo l’intervista di Giovanni Peduto a padre Bart sulle origini di questa festa.

 

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R. – All’origine ci sono le rivelazioni che Suor Faustina ha avuto proprio negli anni immediatamente precedenti allo scoppio della seconda guerra mondiale. Proprio a lei, a questa semplice suora, il Signore ha chiesto che nella prima domenica dopo Pasqua sia festeggiata la festa della Divina Misericordia; ha chiesto che questa festa sia approvata dalla Chiesa e celebrata pubblicamene. Questo è avvenuto, in quanto proprio durante la canonizzazione di Suor Faustina – è stata la prima canonizzazione dell’Anno Santo, nell’aprile del 2000 – il Santo Padre ha dichiarato per tutta la Chiesa cattolica romana la seconda domenica di Pasqua “Domenica della Divina Misericordia”.

 

D. – Quando si parla di Divina Misericordia, esattamente che cosa si intende? Qual è la radice teologica?

 

R. – Noi sappiamo che proprio in questo giorno, tutta la liturgia esalta la misericordia di Dio, sia nella parola di Dio sia in tutta la liturgia. Infatti, celebrando la Domenica della Divina Misericordia subito dopo la Pasqua, questo vuol dire che la Misericordia di Dio viene rivelata pienamente nel mistero della passione, morte e risurrezione di Cristo.

 

D. – Per gli uomini del nostro tempo, questo richiamo della Divina Misericordia che significato ha?

 

R. – Già Giovanni Paolo II ha sottolineato, visitando il santuario della Divina Misericordia a Cracovia, che di nulla quanto della Divina Misericordia ha bisogno l’uomo; e ancora, non c’è altra fonte di speranza che la Divina Misericordia. Oggi, proprio in questi tempi, segnati dalla sete di vendetta, dall’odio, dalla violenza, dall’espandersi sempre di più del terrorismo, noi possiamo intuire che solo nella Misericordia di Dio noi possiamo trovare rifugio e speranza e presso questa Misericordia noi possiamo implorare la pace per il mondo, anche proprio perché Gesù disse a Suor Faustina che l’umanità non troverà pace finché non si rivolgerà con fiducia alla Divina Misericordia. Quindi viviamo in tempi particolari in cui si eleva da ogni parte del mondo il grido alla Misericordia di Dio, dinanzi ai molteplici mali che gravano e minacciano questa società.

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LA LOTTA AL TRAFFICO DEGLI ESSERI UMANI AL CENTRO DELL’INTERVENTO

DELL’ARCIVESCOVO SILVANO MARIA TOMASI, OSSERVATORE PERMANENTE DELLA SANTA SEDE PRESSO L’UFFICIO DELLE NAZIONI UNITE A GINEVRA,

NELLA 60ESIMA SESSIONE

DELLA COMMISSIONE DEI DIRITTI UMANI IN CORSO FINO AL 23 APRILE

 

Una cooperazione internazionale per prevenire e per contrastare il traffico di esseri umani e per favorire il reintegro nella società di quanti ne sono vittima; politiche sull’immigrazione meno severe e più realistiche; una comune promozione dello sviluppo economico e sociale sostenibile; una costante formazione affinché si radichi sempre più una cultura di rispetto per i diritti umani e per la dignità della persona. Questi gli strumenti più efficaci per combattere i problemi legati al fenomeno dell’immigrazione, secondo l’arcivescovo Silvano Maria Tomasi, Osservatore permanente della Santa Sede presso l’Onu di Ginevra.

 

Nel suo discorso pronunciato nella 60. ma sessione della Commissione dei diritti umani in corso fino al 23 aprile, il presule si è soffermato soprattutto sulla questione del traffico degli esseri umani. “La peggiore delle violazioni dei diritti umani – ha sottolineato – coinvolge oltre un milione di persone all’anno, costringendole a vivere e a lavorare in condizioni disumane, a subire violenze sessuali, a commettere crimini”. Per contrastare il fenomeno, secondo mons. Tomasi, occorre un approccio multilaterale basato soprattutto sulla condivisione tra i vari Paesi dei dati sui trafficanti e sulla protezione legale delle vittime che decidono di collaborare con la giustizia.

 

Infine, il presule ha posto l’accento sulle molteplici ingiustizie spesso subite dai migranti. Se le politiche sull’immigrazione, basate sulla necessità di manodopera dei Paesi ospiti – ha osservato - consentissero l’apertura di canali di accesso regolari, ne gioverebbero i Paesi ospiti e si impedirebbero le tragedie di quanti, soprattutto i giovani, oppressi dalla miseria e dalla guerra e in cerca di condizioni di vita migliori, perdono la propria vita su uno scafo. (D.G.)

 

 

SARA’ DEDICATA AL RAPPORTO TRA BIBBIA E MORALE LA PLENARIA ANNUALE

DELLA PONTIFICIA COMMISSIONE BIBLICA,

IN PROGRAMMA DA DOMANI AL 23 APRILE IN VATICANO

 

Il rapporto tra Bibbia e morale sarà il tema al centro dei lavori della Pontificia Commissione Biblica, che terrà la sua annuale assemblea plenaria da domani, 19 aprile, al 23 prossimo. La plenaria, che avrà come sede la Domus Santa Marta, all’interno della Città del Vaticano, sarà presieduta dal cardinale Joseph Ratzinger, prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede. A dirigere i lavori – per i quali ogni membro della Commissione ha elaborato un proprio contributo – sarà il gesuita padre Klemens Stock, segretario generale dell’organismo pontificio.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

18 aprile 2004

 

ORE DI ANGOSCIA E SPERANZA PER LA SORTE DEGLI OSTAGGI

TENUTI PRIGIONIERI IN IRAQ, DOVE SI INTENSIFICANO LE AZIONI DELLA GUERRIGLIA

- Intervista con Paola Della Casa e Annalisa Lombardo -

 

In Iraq non si spezza la catena di violenze: cinque soldati americani sono morti e decine di iracheni sono rimasti uccisi nel corso di scontri avvenuti ieri a Qaim, al confine con la Siria. A questo ennesimo grave episodio si deve aggiungere l’uccisione, questa mattina, di un altro militare americano a Baghdad. E nel Paese arabo, dove continua l’angosciante alternanza di paura e sgomento per la sorte degli ostaggi ancora in mano alla guerriglia, le speranze per la liberazione dei sequestrati sono intanto alimentate dagli sforzi della diplomazia e dalla recente dichiarazione del leader ribelle sciita Moqtada Sadr, che ha esortato i combattenti iracheni a non fare del male ai rapiti. Quali i motivi di questo cambio di rotta? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Paola Della Casa, portavoce del governo di transizione del Sud Iraq, guidato dall’italiana Barbara Contini:

 

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R. – Il partito di al Sadr comunque non è poi così seguito all’interno del Paese, quindi credo che ad un certo punto si sia reso conto che stava andando in minoranza. Riteniamo che gli ostaggi italiani, ad esempio, non siano stati rapiti dal gruppo di al Sadr.

 

D. – Come sarebbe possibile, invece, dare voce a quella parte moderata degli iracheni, probabilmente la maggioranza, che in questo momento non riesce a dialogare con la coalizione?

 

R. – Mi sembra che la coalizione ci stia provando da tempo con l’“Interim Council”, con la Costituzione provvisoria, con le elezioni che avvengono in varie province. La Coalizione, inoltre, sta cercando di aiutare – a nostro avviso – quella gran parte di iracheni che desiderano vivere in un Paese democratico che sicuramente continuerà a rispettare determinate regole della religione islamica. Ma è chiaro che questo è un momento difficile e il terrorismo e la criminalità fanno molto più scalpore di quanti – la maggioranza – si adoperano per assicurare al Paese un futuro democratico. Il lavoro di istituire uno Stato economicamente valido e sostenibile sta proseguendo con grande sforzo.

 

D. – Qual è il vero motivo dell’atteggiamento delle frange estremiste?

 

R. – Io ritengo che sia la paura che l’Iraq diventi realmente un Paese democratico.

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Ma sull’aggravarsi della situazione irachena sentiamo la testimonianza di Annalisa Lombardo, volontaria dell’organizzazione non-governativa italiana ICS (Consorzio italiano di solidarietà), appena rientrata da Baghdad. L’intervista è di Stefano Leszczynski.

 

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R. – Da qualche giorno alla popolazione civile irachena vengono distribuiti volantini a firma di varie brigate, di mujaidhin con nomi diversi, ed ogni giorno ci sono nuove milizie. In questi volantini si avvertono gli iracheni di non uscire dalle proprie case, di non andare a lavoro, di non andare all’Università, a scuola, e ai proprietari dei negozi viene detto di chiudere perché si annuncia che lo scontro verrà spostato a Baghdad.

 

D. – Qual è la spiegazione che la popolazione civile può dare di questa rivolta, che all’inizio forse nessuno si aspettava …

 

R. – Alcuni movimenti sporadici di guerriglia sono sempre stati presenti. L’attacco contro gli internazionali è andato avanti in modo costante. All’inizio l’obiettivo erano soltanto i militari, poi il numero dei possibili bersagli è aumentato in modo vertiginoso.

 

D. – Tra questi adesso ci sono anche i membri delle Organizzazioni non governative, tanto che stanno quasi tutti lasciando il Paese …

 

D. – Negli ultimi giorni le nostre attività erano state ‘congelate’, la nostra capacità di movimento è stata fortemente limitata.

 

R. – Non avete alcun tipo di rapporto con il governo provvisorio e con la coalizione?

 

D. – Noi, in tempo di pace relativa, abbiamo collaborato con il Ministero della salute e con il Ministero del lavoro e degli affari sociali anche se c’è una nettissima frattura fra le Istituzioni guidate dalla coalizione americana e le persone, perché gli iracheni sentono queste Istituzioni come imposte. La maggior parte degli elementi che costituiscono il Governal Council sono persone che non hanno vissuto in Iraq negli ultimi 10-20 anni e quindi sono sentiti stranieri, comunque non portatori degli interessi reali della popolazione irachena. Questa frattura in queste ultime settimane è diventata evidente e il Governal Council ha perso di qualsiasi autorità.

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PRIMO INCONTRO EUROPEO DI NUOVE COMUNITA’ DEL MOVIMENTO CARISMATICO,

LIEVITO PER L’UNICA MISSIONE DELLA CHIESA

- Ai nostri microfoni, il professor Matteo Calisi -

 

 

L’importanza del ruolo delle Comunità del Rinnovamento Carismatico nel processo della nuova evangelizzazione è stata sottolineata nel I incontro europeo dei Moderatori generali delle comunità inserite nella Catholic Fraternity of Charismatic Covenant Communities and Fellowships, organismo internazionale riconosciuto dalla Santa Sede nel 1990. All’evento, svoltosi ieri al Palazzo della Cancelleria in Vaticano, in preparazione alla Conferenza internazionale dal tema “Comunione e Missione” che si terrà a Fiuggi a fine ottobre, ha partecipato, tra gli altri, l’arcivescovo Stanislaw Rylko, presidente del Pontificio Consiglio per i laici. Ma quali sono i compiti dei Moderatori generali? Ce ne parla, al microfono di Dorotea Gambardella, il professor Matteo Calisi, presidente della Catholic Fraternity.

 

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R. – I moderatori generali delle Comunità di alleanza sono i superiori nella vita interna di queste comunità, sia nella sfera della vita religiosa, sia anche in quella della famiglia laicale. Essi vengono nominati all’interno delle comunità.

 

D. – Che cosa è emerso da questo incontro?

 

R. – L’importanza dell’ammissione delle nuove Comunità carismatiche all’interno dell’unica missione della Chiesa. Queste comunità sono un modello nuovo dello Spirito che sta realizzando il processo della nuova evangelizzazione. Queste nuove comunità hanno al loro interno una struttura di microcosmo di Chiesa con diversi stati di vita, che vanno dai laici ai sacerdoti ed hanno anche una dimensione internazionale. Sono comunità di vita, comunità neomonastiche contemplative, altre a carattere ecumenico.

 

D. – Che cosa si intende per nuova evangelizzazione?

 

R. – Nuova nel fervore, nel metodo, anche nell’espressione. Abbiamo bisogno di far pervenire l’annuncio della salvezza alle persone che una volta erano cristiane, ma che oggi hanno dimenticato questa origine, quindi riportare la stessa Europa alla sua origine cristiana.

 

D. – Quali sono gli ostacoli che si frappongono alla realizzazione della nuova evangelizzazione?

 

R. – Una certa indifferenza e relativismo religioso. Penso che questa sia la punta dell’iceberg di quello che viene chiamato il secolarismo che ormai sta segnando dolorosamente la nostra Europa e credo che sia proprio questa aridità spirituale un campo fertile perché la cristianità possa rilanciare questo annuncio con forte vigore.

 

D. – Come ha ricordato poc’anzi, il rinnovamento carismatico cattolico opera in svariati ambiti pastorali della Chiesa quali la vita monastica, le missioni, l’ecumenismo. Ma al momento quali sono le vostre priorità?

 

R. – Il fronte ecumenico. Oggi, soprattutto in Europa, a causa anche dell’integrazione di Stati ex-sovietici, abbiamo bisogno di un reciproco scambio di doni provenienti dalle diverse tradizioni ecclesiali, per cui diventa importante la sfida dell’impegno ecumenico soprattutto con le Chiese orientali e ortodosse.

 

D. – Il Papa ha detto che la grande sfida nel Nuovo Millennio è rendere la Chiesa la casa della comunione, una sfida anche per voi. In che modo concretizzare queste parole del Pontefice?

 

R. – Comunione a tutti i livelli, anzitutto una comunione sincera con l’autorità della Chiesa in obbedienza al Sommo Pontefice, soprattutto per quanto riguarda le missioni internazionali legate a queste Comunità, e comunione anche con gli altri movimenti ecclesiali con cui noi ci troviamo fianco a fianco a collaborare a questa nuova evangelizzazione. Comunione anche tra clero e laici, quindi collaborazione della pastorale.

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“DIALOGO INTERETNICO E RICONCILIAZIONE”:

CONVEGNO INTERNAZIONALE A ROMA DEI FRATI MINORI FRANCESCANI

 

 

Il dialogo e la riconciliazione come base per la soluzione dei conflitti inter-etnici. E’ la sfida proposta dall’Ordine dei Frati Minori di San Francesco, riuniti a Roma da venerdì scorso ad oggi. Partendo dal decennale del genocidio rwandese, i francescani hanno proposto una riflessione su tutte le guerre del mondo e sul ruolo che ogni cristiano deve assumere per favorire la pace. Ce ne parla Benedetta Capelli.

 

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Ottocentomila morti è il definitivo bilancio del conflitto rwandese, terminato solo dieci anni fa. Da allora sono ancora visibili le ferite e le lacerazioni sia nei corpi sia nelle anime dei civili africani. Sofferenze che non vanno dimenticate e che sono state lo spunto per i Frati francescani a pensare una soluzione per tutti i conflitti interetnici che sconvolgono principalmente l’Africa e l’Asia. Frate Vincenzo Brocanelli, incaricato del Servizio per le missioni, ci ha spiegato perché e come è nata l’iniziativa del “Dialogo inter-etnico e riconciliazione”.

 

“L’incontro ci è venuto in mente pensando al decimo anniversario del genocidio in Rwanda, dove noi eravamo, dove abbiamo ancora delle comunità di frati rwandesi e dove, soprattutto, abbiamo perso due nostri frati a causa di quel conflitto. Quindi, ripensando a questo anniversario ci siamo detti: ‘Non possiamo non farne memoria, però facciamone memoria che ci proietti verso l’avvenire, verso il futuro e che possa interessare anche situazioni simili che oggi si ripetono nel mondo, come – appunto – questi conflitti interetnici che sono diventati un po’ un paradigma di relazioni difficili tra gruppi diversi”.

 

Un paradigma che si connota attraverso l’etnocentrismo, il rifiuto dell’altro, ed è nel segno della riconciliazione che si attua una soluzione francescana come sottolinea il Ministro Generale dei Frati Minori, Fra José Rodriguez Carballo :

 

“Ogni battezzato è un ministro della riconciliazione. In quale misura, quindi, noi possiamo contribuire a superare tutti questi conflitti? O in quale misura noi, di fatto, stiamo collaborando in questi conflitti? Magari con le divisioni interne nostre: penso alle divisioni nelle nostre fraternità, ma penso anche alle divisioni nella Chiesa. Allora, penso che si tratti di un conflitto che ci interroga soprattutto in funzione della nostra vita di credenti. Credo che la soluzione possa venire soltanto da una visione di fede, cioè vedere nell’altro un dono del Signore e vedere l’altro e la differenza che porta l’altro come un vero regalo del Signore per arricchirmi, non come qualcosa che ferisce la mia propria identità. Magari, specializzarsi un po’ di più nella costruzione di ponti, invece che nella costruzione di muri o barriere”.

 

Diventare un segno ed uno strumento per le popolazioni in difficoltà dunque, un mezzo per evangelizzare: così i Francescani applicano la loro soluzione, valida per se stessi ma, in assoluto, per tutti i cristiani.

 

Benedetta Capelli per la Radio Vaticana.

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GRANDE PARTECIPAZIONE, IERI POMERIGGIO A ROMA, ALLA MANIFESTAZIONE

“ITALIA-AFRICA2004”: TUTTI UNITI PER CHIEDERE SOLIDARIETA’ E GIUSTIZIA

PER IL SUD DEL MONDO. GRAN FINALE CON IL CONCERTO A PIAZZA DEL POPOLO

 

Cooperazione equilibrata e solidarietà tra Europa e Africa per sconfiggere la miseria, la fame, la guerra. Questa, in sostanza, la richiesta contenuta nei diversi interventi alternatisi sul palco di Piazza del Popolo a Roma, ieri, nel giorno dedicato al Continente nero. In particolare, il presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, nel suo messaggio, ha esortato l’Italia ad un maggior impegno per colmare il divario tra il nord e il sud del mondo. Mentre il segretario generale dell’Onu, Kofi Annan, nel suo saluto, ha ringraziato per “la tradizione di solidarietà verso il Terzo Mondo”, da parte delle organizzazioni italiane. All’iniziativa, intitolata Italia-Africa 2004 e promossa dal Comune capitolino, dai sindacati e dalle organizzazioni di volontariato, hanno partecipato circa 150mila persone. Il servizio è di Dorotea Gambardella.

 

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(musica)

 

Musica, testimonianze, riflessioni “per non voltare più le spalle o chiudere gli occhi nei confronti del continente, teatro del più grande dramma dei nostri tempi”, come ha detto il sindaco di Roma, Walter Veltroni. Questo il senso della manifestazione di ieri, dallo slogan: “Ho l’Africa nel cuore”. L’iniziativa, partita con un corteo da piazza Barberini, è culminata in un concerto-spettacolo in piazza del Popolo, che ha visto la presenza di numerosi artisti, politici e leader sindacali. Il segretario della Cgil, Guglielmo Epifani:

 

“Io trovo immorale che oggi l’Africa restituisca per debito più di quanto ottiene dai Paesi ricchi in aiuto e cooperazione”.

 

La cancellazione del debito per i Paesi più poveri, l’aumento degli aiuti per lo sviluppo del continente, medicine e vaccini gratuiti, l’embargo totale della vendita di armi, la promozione della democrazia e la tutela dei diritti umani, la prevenzione dei conflitti mediante la costruzione di un processo di pace. A chiedere tutto con questo con forza, sono i presidenti del Burundi e del Mozambico, il messaggio inviato da Nelson Mandela, i racconti sul Mali e lo Zambia, il Senegal e il Burkinafaso, letti da Daniela Poggi, Claudia Koll e Giobbe Covatta, “conduttori” del “pomeriggio africano”. Ma sul valore di quest’iniziativa ascoltiamo il commento del presidente del Burundi, Domitien Ndayizeye:

 

L’EVENEMENT VIENT A PROPOS. ...

“L’iniziativa giunge a proposito in quanto il mondo oggi funziona in modo interattivo, direi quasi interdipendente fra i differenti Paesi. Se si analizza a livello globale la situazione politica, economica e sociale, non si può che constatare una grande differenza. Così, accanto ad una Europa o agli Stati Uniti, caratterizzati da una solida democrazia e da una forte economia, vi è l’Africa, contraddistinta dalla povertà e da indicatori sociali ed economici ben al di sotto della media. Tutto ciò significa che c’è qualcosa che non va a livello di scambio, per questo è importante che vi siano opportunità come queste per costruire un mondo più giusto”.

 

“Non è vero che non si può far niente per l’Africa. Per troppi anni ci hanno detto che era bene che fosse lontana, condannata alle sue guerre, a morire di fame e di Aids”. È l’accorato intervento di Andrea Riccardi, fondatore della comunità di Sant'Egidio. Gli fa eco padre Alex Zanotelli, missionario comboniano che ha vissuto per 12 anni nella a Korogocho, in Kenya, che ha posto l’accento sulle migliaia di sfollati dalle baraccopoli di Nairobi.

 

Ai diversi interventi, la piazza ha risposto con colorati striscioni e bandiere. “Per un’Africa capace di futuro”, “Aiutiamoli aiutandoli”, “I bambini africani prima di tutto”, alcuni degli slogan che vi si leggevano.

 

Ma ieri a parlare del continente nero, c’erano anche tanti musicisti provenienti da Costa d’Avorio, Senegal, Camerun, Burkina Faso, che in un significativo intreccio di tradizioni afroeuropee, si sono esibiti accanto ad artisti italiani come Paola Turci, Daniele Silvestri, Max Gazzè, fino alla conclusione affidata al famoso cantante senegalese, Youssou n’Dour.

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CHIESA E SOCIETA’

18 aprile 2004

 

CILE E PERU’ UNITI NEL MONITORAGGIO DELLA SPESA MILITARE.

L’ACCORDO, RAGGIUNTO DURANTE UN INCONTRO BILATERALE,

E’ STATO ANNUNCIATO NEI GIORNI SCORSI DAL GOVERNO DI SANTIAGO

 

SANTIAGO. = Un gruppo di lavoro per il monitoraggio delle spese militari e la cooperazione in materia di sicurezza è stato istituito tra Cile e Perù. Lo ha reso noto, in questi giorni, il governo di Santiago, precisando che l’accordo è stato raggiunto al termine della riunione del Comitato per la sicurezza e la difesa dei due Paesi latino-americani. Secondo il ministero degli Esteri peruviano “si profilano possibilità di cooperazione e interscambio di esperienze con la controparte cilena nelle operazioni di mantenimento della pace”. Durante l’incontro bilaterale, sono state anche analizzate iniziative a livello regionale per la limitazione delle spese nel settore della Difesa, con la creazione di un apposito gruppo di lavoro chiamato a individuare nuove sinergie regionali in questo settore. (D.G.)

 

 

“ERITREA” E’ IL TITOLO DEL NUOVO ALBUM DELLA CANTANTE FAYTINGA.

L’ARTISTA, NATA DA GENITORI DI DIVERSE ETNIE, IN UN PAESE DIVISO

IN NOVE GRUPPI ETNICI, E’ CONSIDERATA UN SIMBOLO DI UNITA’ NAZIONALE

 

ASMARA. = Si era fatta conoscere con l’album “Numey” del 1999 e oggi ci regala “Eritrea”, un nuovo lavoro in cui le lire krar e i violini monocorde wata coesistono con chitarre-basso-congas e programmazioni. Faytinga è nata nei primi anni Sessanta in un Paese già in lotta contro il potere etiopico. Faid Tinga, suo padre, è un eroe della guerra d’indipendenza che negli anni ’50, complice anche un gioco di parole sul suo nome, si era guadagnato il soprannome “Fighting Gun”, cioè pistola di lotta. Era di etnia Kunama, una popolazione che vive nelle terre basse del sud-ovest dell’Eritrea, mentre la madre, di discendenze Tigray, era cresciuta nella regione degli altopiani e vantava un legame con l’etnia Blen. In un Paese che pur contando meno di 4 milioni di abitanti è diviso in nove gruppi etnici, essere imparentati con tre di loro è particolarmente significativo. Tale particolarità ha eliminato da Faytinga ogni tipo di logica “da fazione” contribuendo, con la sua partecipazione diretta alla lotta di liberazione, a renderla un simbolo nazionale interetnico. (D.G.)

 

 

TORNANO AD ISRAELE I CAPOLAVORI DEGLI IMPRESSIONISTI. DOPO UNA DISPUTA

DURATA CIRCA 50 ANNI, LA FRANCIA RESTITUIRA’ 14 DIPINTI CHE FURONO RUBATI

DAI NAZISTI ALLE FAMIGLIE EBREE, DURANTE LA SECONDA GUERRA MONDIALE

 

PARIGI. = Quattordici capolavori degli impressionisti francesi, tra i quali “Il campo di papaveri” di Claude Monet e una natura morta di Pierre-Auguste Renoir, torneranno presto in Israele. Al termine di un contenzioso durato circa mezzo secolo, la Francia ha offerto di restituire, sotto forma di prestito a lungo termine, una lista di opere che furono sottratte dai nazisti dalle case di ricchi mercanti e galleristi ebrei durante la seconda guerra mondiale. I quattordici dipinti, alcuni dei quali esposti ai musei del Louvre e del Musee d’Orsay di Parigi, sono stati selezionati da una commissione israeliana in una lista di circa duemila capolavori confiscati dai nazisti in Francia su un totale di centomila opere, 61 mila delle quali sono tornate in possesso dei proprietari o vendute all’asta. Nel 1949, i quadri furono assegnati provvisoriamente alla Direzione dei Musei di Francia che li distribuirono nelle principali gallerie del Paese. Le opere sono rimaste in una sorta di limbo fino al 1997. In seguito, la pubblicazione di un rapporto segreto predisposto dal governo di Parigi circa la presenza nei musei d’oltralpe di quadri trafugati in case private e gallerie, suscitò la reazione della comunità ebraica francese ed a quel punto il primo ministro, Alain Juppè incaricò il direttore del Dipartimento economico e sociale, Jean Matteoli, di fornire una valutazione delle opere depredate. Nel 2000, al termine di un lungo lavoro, Matteoli ipotizzò la restituzione di una parte delle opere sotto una forma di prestito a lungo termine. L’offerta è stata giudicata da Tel Aviv come un gesto di “grande amicizia”. (D.G.)

 

 

NASCE IN UNA VILLA SETTECENTESCA DELLA TOSCANA, IL PRIMO VILLAGGIO

PER FAMIGLIE IMMIGRATE. IL PROGETTO, INAUGURATO IERI, PREVEDE ANCHE

UNA BIBLIOTECA, TRE AULE STUDIO E UN OSTELLO E SI PROPONE COME LUOGO

DOVE GLI IMMIGRATI POSSONO INIZIARE UN PERCORSO D’INTEGRAZIONE.

SARA’ OPERATIVO DALLA PROSSIMA ESTATE

 

FIRENZE. = Nasce in una villa padronale settecentesca, nel cuore del Mugello, in Toscana, un villaggio per famiglie immigrate con bambini. E' un progetto pilota, primo in Italia, che sarà operativo dalla prossima estate e che comprende vari servizi offerti anche al territorio. Il Villaggio “La Brocchi”, inaugurato ieri alla presenza  del presidente della Regione, Claudio Martini, e di altre autorità locali, ospiterà immigrati in situazioni  di emergenza in cerca di un luogo sicuro, tranquillo ed ospitale dove vivere per un anno. È un centro di accoglienza, ma anche  un luogo di incontro per conoscersi, trovare un lavoro, iniziando, in tal modo, un percorso di integrazione. I posti a disposizione sono una trentina: per sei famiglie, per un periodo di sei mesi, prorogabile ad un anno. Il complesso fa parte di un progetto più vasto, elaborato all’interno del Consiglio territoriale dell’immigrazione della Prefettura, che prevede la creazione di strutture di accoglienza per 140 posti in tutta la provincia di Firenze, dove ospitare anche rifugiati che richiedono asilo. L’idea è, infatti, quella  di creare una biblioteca, un ostello, una trattoria multietnica, una foresteria, l’aula magna, una sala polivalente e tre aule studio. L’investimento complessivo è di circa 3 milioni di euro. Il complesso architettonico è stato messo gratuitamente a disposizione dall’Istituto degli Innocenti, organismo che si occupa d’infanzia da oltre un secolo, che ne è proprietario e che, in questo modo, prosegue il suo impegno di assistenza ai minori. “E' una struttura - ha sottolineato il governatore Martini - senza cancelli e fili spinati, con le porte che si aprono nel giusto equilibrio tra legalità ed accoglienza, nel segno dell’antica tradizione toscana di solidarietà e civiltà”. (D.G.)

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24 ORE NEL MONDO

18 aprile 2004

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

Cresce la tensione in Medio Oriente dopo il raid israeliano che ieri sera ha provocato la morte del leader di Hamas, Abdel Aziz Rantisi. L’agguato è avvenuto a Gaza dove oggi oltre 200 mila persone hanno seguito il feretro del leader del movimento estremista islamico. Poche ore prima dell’assassinio di Rantisi, un agente israeliano è inoltre rimasto ucciso in un attentato - rivendicato congiuntamente da Hamas e dalla Brigata dei martiri di Al Aqsa - compiuto da un kamikaze palestinese al valico di Erez.  Il servizio di Amedeo Lomonaco:

 

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Abdel Aziz Rantisi, nato nel 1947 nei pressi di Askelon e nominato alla guida di Hamas dopo l’uccisione - lo scorso 22 marzo - dello sceicco Ahmed Yassin, è stato colpito da missili sparati contro la sua auto da elicotteri israeliani. Nel raid, sono rimasti uccisi anche il figlio ventenne e la guardia del corpo del leader palestinese. Dopo l’annuncio della sua morte, il premier dello Stato ebraico, Ariel Sharon, ha espresso il proprio compiacimento per l’operazione condotta dalle sue truppe ed il presidente dell’Autorità nazionale palestinese, Yasser Arafat, ha deciso di proclamare 3 giorni di lutto nei Territori. Il premier palestinese, Abu Ala, ha affermato che “l'assassinio di Rantisi è una provocazione, frutto del terrore di Stato e della visita di Sharon negli Stati Uniti”, ed il ministro per i Negoziati, Saeb Erekat, ha attribuito all’esecutivo di Tel Aviv “la responsabilità delle conseguenze di questa uccisione”. La reazione degli Stati Uniti, che hanno recentemente manifestato il loro sostegno al piano israeliano per il ritiro unilaterale dai Territori,  è stata immediata. “Lo Stato ebraico – ha detto una fonte del Dipartimento di Stato - deve considerare le conseguenze delle sue azioni e i palestinesi devono rinunciare al terrorismo”. In Israele cresce, intanto, lo stato di allerta per il timore di attentati: Hamas, che ha già designato il nuovo leader senza rivelarne l’identità, ha infatti promesso di vendicare la morte di Rantisi.

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Risultato a sorpresa alle elezioni presidenziali in Slovacchia, dove Ivan Gasparovic, ex presidente del Parlamento, è stato eletto presidente del Paese ottenendo il 59,9 per cento dei voti e superando il rivale Vladimir Meciar - dato per favorito - che ha conquistato solo il 40 per cento delle preferenze. Su questa consultazione, ci riferisce Emiliano Bos:

 

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“Credo che i cittadini mi abbiano ritenuto più adatto del mio rivale a ricoprire l’incarico di presidente”: con queste parole Ivan Gasparovic ha commentato la sua netta e inaspettata vittoria al secondo turno delle presidenziali di ieri in Slovacchia. Sarà dunque Gasparovic, già ex presidente del Parlamento, il nuovo capo di Stato che traghetterà il governo di Bratislava verso Bruxelles. Tra meno di due settimane, infatti, la Slovacchia sarà uno dei nuovi 10 membri che entreranno nell’Unione Europea in occasione dello storico “allargamento ad Est” del 1° maggio. Il successo di Gasparovic allontana le preoccupazioni delle cancellerie europee che alla vigilia temevano una possibile affermazione del nazionalista Meciar. Fu lui a portare il suo Paese all’indipendenza consensuale dalla Repubblica Ceca nel 1993, ma negli anni successivi, mentre per tre volte era alla guida del governo, fu accusato di abusi nella gestione dei servizi segreti e di provvedimenti anti-costituzionali e poco trasparenti. Al primo turno delle presidenziali, due settimane fa, era stato sconfitto a sorpresa l’attuale ministro degli esteri e candidato della maggioranza, Eduard Kukan, aprendo così la strada al ballottaggio tra i due candidati dell’opposizione. Per gran parte dell’opinione pubblica slovacca, Gasparovic costituisce l’unico biglietto da visita presentabile per un degno ingresso nella famiglia europea.

 

Per la Radio Vaticana, Emiliano Bos.

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Si è concluso, in Irlanda, l’incontro informale dei ministri degli Esteri dell’Unione Europea ed ha avuto inizio, nella contea di Kildare, la riunione ministeriale dell’Asia Europe Meeting (Asem), a cui partecipano i ministri dei Paesi dell’Unione e dei maggiori Stati dell’Asia orientale e sudorientale. Ce ne parla Enzo Farinella:

 

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Un ruolo più efficace e più forte delle Nazioni Unite in Iraq e riaffermazione della road-map in Medio Oriente: sono queste le conclusioni raggiunte dai ministri degli esteri dell’Unione Europea durante due giornate di discussioni informali svoltesi a Tullamore, in Irlanda. A queste indicazioni fanno eco le affermazioni dei ministri degli esteri dell’Asia e dell’Europa che, dalla contea di Kildare, la terra di Santa Brigida, invocano maggiore cooperazione, mutua comprensione e rispetto, unità nella diversità sui fronti della politica, dell’economia, della cultura tra Asia ed Europa. L’Asem, ossia l’organizzazione euro-asiatica del ministri degli Esteri, è nata nel 1996 e tende ad assicurare un più equilibrato e mirato collegamento tra gli Stati dell’Europa e quelli dell’Asia. “Noi vogliamo rafforzare e sviluppare la nostra mutua comprensione e cooperazione tra le popolazioni asiatiche e quelle europee”, ha dichiarato il ministro degli Esteri irlandese Brian Cowen, che presiede i lavori. “Dobbiamo lavorare insieme – ha aggiunto - per affinare le nostre energie, misurarci con le tante difficili sfide che ci si presentano oggi ed espandere così le nostre opportunità di dialogo euro-asiatico”. I lavori dell’Asem si concluderanno oggi pomeriggio.

 

Dalla contea di Kildare, per la Radio Vaticana, Enzo Farinella.

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Oltre 6 mila miliziani afghani sono stati disarmati e smobilitati per essere reintegrati nella società civile. Lo ha annunciato, durante una conferenza stampa, Peter Babbington, responsabile del programma ‘Disarmo, smobilitazione e reintegrazione’, promosso dal ministero della Difesa afghano e dalle Nazioni Unite e finanziato dalla comunità internazionale.

 

E’ di almeno dieci vittime il bilancio di un’imboscata compiuta, mercoledì scorso, dai ribelli del sedicente Esercito di resistenza del signore nel Nord Uganda. Lo ha riferito ieri un portavoce dell’esercito di Kampala.

 

Almeno quattordici africani sono annegati mentre cercavano di raggiungere le Canarie. Le due imbarcazioni su cui si trovavano sono affondate nei pressi della costa orientale di Fuerteventura, nell’arcipelago delle Canarie.

 

 

 

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