RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n. 107 - Testo della trasmissione di venerdì 16
aprile 2004
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI
IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Il premier israeliano Sharon pronto a dimettersi
se il Likud non approverà il suo piano di ritiro unilaterale dai Territori
In
Sudafrica si profila una netta affermazione dell’African National Congress.
16 aprile 2004
CADE DOMANI,17 APRILE 2004, IL PRIMO
ANNIVERSARIO DELL’ENCICLICA
DI
GIOVANNI PAOLO II SULL’EUCARISTIA
Si celebrerà domani 17 aprile il primo anniversario della
promulgazione dell’Enciclica “Ecclesia de Eucaristia”, la 14 ma, firmata da
Giovanni Paolo II nel giorno del Giovedì Santo di un anno speciale, il 2003,
dedicato al Rosario, e che ha segnato il 25mo del suo pontificato. “Un grande
regalo del Papa alla Chiesa”, cosi ha commentato l’arcivescovo Domenico
Sorrentino, segretario della Congregazione per il culto divino e la disciplina
dei sacramenti, intervistato da Giovanni Peduto sul significato profondo di questa
Enciclica
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R. – Lo
possiamo cogliere sinteticamente proprio dalle prime parole: “Ecclesia de Eucaristia
vivit”, la Chiesa vive dell’Eucaristia. L’Eucaristia, dice il Papa, “racchiude
in sintesi il nucleo del mistero della Chiesa”. Detto in altri termini, se si
vuole capire che cosa è la Chiesa, bisogna coglierne il mistero a partire
dall’Eucaristia, da questo mistero dalle molteplici dimensioni, mistero di
sacrificio e di presenza, mistero di convito e di comunione. Se è vero che è la
Chiesa a celebrare l’Eucaristia, in radice è l’Eucaristia a plasmare la Chiesa,
perché essa è Cristo stesso, nella pienezza della sua divinità ed umanità, che
continua a camminare con i suoi, si fa offerta al Padre e cibo per i fratelli,
ripresentando ad ogni generazione, in ogni giorno dell’umanità, l’unico mistero
del Golgotha e dell’ultima cena.
D. –
Nell’Enciclica c’è anche il dolore del Papa per gli abusi che si compiono nella
pratica liturgica rispetto all’Eucaristia: ha quindi dato mandato perché si
preparasse un documento sugli abusi, di cui molti attendono la pubblicazione...
R. – Sì, il
Papa si mostra preoccupato. Egli ha scritto un anno fa questa Enciclica per ridestare
lo “stupore” di fronte all’adorabile mistero dell’Eucaristia. Purtroppo in
alcuni luoghi questo mistero è celebrato in modo riduttivo, poco consono alla
sua verità e dignità. Magari con le migliori intenzioni di adattamento
pastorale, ci si allontana con leggerezza dalle norme liturgiche. E’ quello che
il Papa qualifica “ombre”. Ombre che naturalmente non devono far dimenticare le
luci. Dal Concilio in poi, la riforma liturgica ha messo la comunità cristiana
in grado di vivere in modo più partecipato, cosciente e fruttuoso il mistero
eucaristico. Ma alcune cose che prima erano
lodevolmente coltivate, sono qua e là andate un po’ perdute, ad esempio
la pratica dell’adorazione eucaristica. L’Enciclica è un grande invito a recuperare
il mistero eucaristico in tutta la sua grandezza e in tutte le sue esigenze.
Come i discepoli di Emmanus, la Chiesa del nostro tempo deve aprire gli occhi
sull’Eucaristia, penetrarla con più viva fede, celebrarla con l’amore che essa
merita. A queste condizioni Gesù-Eucaristico plasma la nostra vita e la fa sua.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre la prima pagina il titolo
“Iraq: logorante attesa per la sorte degli ostaggi”; il dramma delle famiglie e
dei popoli.
Nelle vaticane, articoli che
illustrano le varie iniziative pastorali promosse nelle diverse diocesi
italiane.
Nelle estere, Medio Oriente:
appello di Kofi Annan a tornare al tavolo delle trattative.
Nella pagina culturale, un
articolo di Fabrizio Contessa dal titolo “L’eroica carità di Don Gioacchino,
conforto alla crudeltà di quelle ore”; a poco meno di un mese dai tragici eventi
di via Rasella e delle Fosse Ardeatine, il 17 aprile del 1944 nel quartiere
romano del Quadraro si consumò una delle pagine più drammatiche e meno conosciute
dell’occupazione nazista: il rastrellamento e la deportazione di oltre
novecento persone.
Nelle pagine italiane, in primo
piano il dramma degli ostaggi italiani in Iraq.
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16 aprile 2004
LA
CRISI IRACHENA E LA MINACCIA TERRORISTICA ANCORA IN PRIMO PIANO:
LA
SANTA SEDE OFFRE LA POSSIBILITÀ DI MEDIARE PER LA SORTE DEGLI OSTAGGI, MENTRE
PROSEGUONO SUL CAMPO GLI SCONTRI
TRA LE
FORZE RIBELLI E LE TRUPPE DELLA COALIZIONE
- Interviste
con il cardinale Renato Martino ed il nunzio a Baghdad, Fernando Filoni -
Il mondo intero appare travolto ogni giorno di più dalla
minaccia terroristica e dalla crisi irachena, in pena particolare per la sorte
degli ostaggi ancora nelle mani dei ribelli. Che fare? Ci si interroga per non
sentirsi impotenti di fronte al male che avanza e l’opinione pubblica guarda
anche al possibile ruolo che potrebbe offrire la Santa Sede. Per questo Roberta
Gisotti ha interpellato il cardinale Renato Martino, presidente del Pontificio
Consiglio Giustizia e Pace:
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R. – La Santa Sede è sempre disposta, come lo è stata
lungo i secoli della sua esistenza ad offrire la sua opera pacificatrice e di
mediazione quando ne è stata richiesta. Non dubiterei quindi che, se ne fosse
richiesta, anche in questa circostanza non rifiuterebbe. Piuttosto è questo che
ci spinge a chiedere con insistenza che la comunità internazionale entri in
scena trasformando il genere di presenza in una presenza pacificatrice di tutte
le componenti della società irachena.
D. – Sono più i soggetti che invocano un ruolo diverso
dell’Onu...
R. – Certo. L’Onu che all’inizio non è entrata all’inizio del conflitto
dovrebbe ora entrare con questo ruolo pacificatore. Questa presenza dovrebbe
essere accettata naturalmente dagli iracheni.
D. – Quello che è necessario è che ci siano delle forze
accettate non come forze di occupazione, ma realmente come forze di ricostruzione...
R. – Certo. Questa penso che sia la via più sicura per una
ripresa di quella martoriata Nazione.
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Cresce dunque la preoccupazione
per i circa 40 ostaggi in mano a diversi gruppi della guerriglia in una
giornata segnata da nuovi combattimenti. Il ‘governatore' americano in Iraq,
Paul Bremer, sta usando “canali molteplici” nei negoziati per pacificare Falluja
ed evitare il confronto a Najaf, la città santa del sud dove sembra sia
asserragliato il leader ribelle sciita Moqtada Sadr. Il servizio di Fausta Speranza:
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Le truppe americane continuano a
combattere a Falluja dove per i bombardamenti sono morti 15 iracheni, mentre
nel sud, a Najaf, le forze della Coalizione attendono l’ordine di attacco
contro il leader sciita ribelle Moqtada Sadr che minaccia una reazione dalla “ferocia
inimmaginabile” se qualcuno oserà
toccarlo e assicura che non scioglierà mai il suo Esercito del Mahdi. Gli
americani, secondo un inviato della televisione del Qatar al Jazira, stanno avanzando
dentro Kufa, cittadina nelle vicinanze di Najaf, che è ancora nelle mani dei
gruppi al comando di Sadr. Dalla massima autorità religiosa dell’Iraq sciita,
il grande ayatollah Alì Sistani, viene un monito alle forze della Coalizione
che – afferma un portavoce – non devono in alcun modo entrare nelle città sante
sciite di Kerbala e Najaf.
Intanto aumentano tensione e
preoccupazione per la sorte degli altri tre ostaggi italiani. I segnali, più o
meno ufficiali, che giungono dall’Iraq, fanno capire che il caso degli italiani
è “ben più complicato” di quello dei tre ostaggi giapponesi liberati ieri. Gli
assassini di Fabrizio Quattrocchi sembrano poco disposti a seguire gli appelli
alla liberazione che le stesse autorità religiose locali continuano a diffondere,
l’ultimo rinnovato questa mattina dal Comitato degli Ulema, gli studiosi
islamici. Sull’impegno da parte del governo italiano, ci riferisce Gianpiero Guadagni:
“‘Faremo tutto il possibile per
il loro rilascio immediato e senza condizioni’: così ieri sera il premier
Berlusconi ha sintetizzato la linea del governo nella vicenda dei tre ostaggi
italiani ancora in vita. E’ una fase delicata, serve riservatezza e allora, in
queste ore drammatiche, si attivano tutti i possibili canali diplomatici, anche
attraverso Iran e Siria. Ma l’intelligence segnala gravi ostacoli nella
trattativa, perché se – come sembra – i sequestratori fanno parte di fazioni
sunnite, prive di una leadership riconosciuta, è allora più difficile trovare
l’interlocutore giusto. Sul fronte politico interno, gli appelli all’unità
lanciati dal capo dello Stato vengono raccolti da maggioranza e opposizione.
Dal centrosinistra viene però sollecitata una svolta radicale nella gestione
della crisi irachena. E in una lettera inviata a Ciampi e a Berlusconi, il
presidente della Commissione europea Romano Prodi afferma che ‘è in momenti di
dolore come questo, quando è in gioco la vita stessa dei propri cittadini, che
il Paese deve dare prova di unità nazionale. La morte di Quattrocchi – aggiunge
Prodi – ci ricorda quanto è necessario essere fermi nella lotta contro il terrorismo’.
Per la Radio Vaticana, Giampiero
Guadagni”.
Il ministero degli Esteri danese
conferma il rapimento di un cittadino danese. Si tratterebbe di un uomo
d'affari di una trentina d'anni che si trovava in Iraq per impiantare una
industria nel settore delle fognature. Il rapimento sarebbe avvenuto martedì
nella tarda serata mentre l'uomo era in viaggio in automobile da Bassora a
Baghdad. E’ stato liberato, invece, un ostaggio cinese, del cui rapimento non
si era a conoscenza.
Quello degli ostaggi è
l’ennesimo aspetto drammatico di una situazione estremamente complessa, come
sottolinea, nell’intervista di Fabio Colagrande, l’arcivescovo Fernando Filoni,
nunzio apostolico a Baghdad:
R. – Pensando alle famiglie,
pensando alle persone prese in ostaggio, ci sembra estremamente complicata una situazione già di per sé difficile da
un punto di vista psicologico, ma anche da un punto di vista ovviamente
militare, politico e diplomatico. Siamo in un momento di estrema delicatezza e
gravità. Mi pare che in questo momento abbiamo bisogno di valutare un po’ tutti
questi aspetti, di ragionarvi sopra in
modo da evitare che ci siano ancora situazioni che aggravino, che rendano più penoso
il momento stesso. Bisogna anche pensare alla drammaticità che vive il popolo
iracheno da un anno a questa parte che è l’altro grande aspetto che, forse, ci
tocca meno da vicino, dal punto di vista psicologico, però non è meno grave per
la popolazione.
D. – La Santa Sede potrebbe
avere un ruolo nella mediazione per liberare gli ostaggi?
R. – In teoria tutto è possibile,
ma in realtà la situazione è difficile perché non si sa bene chi detenga gli
italiani o gli altri. Quindi è difficile trovare l’interlocutore con cui eventualmente
anche trattare. E poi c’è la volontà politica di trattare? In linea di
principio noi siamo aperti a qualsiasi aiuto che possiamo dare.
D. – Le Chiese cristiane in Iraq
in questi mesi sono impegnate in un’opera di solidarietà molto importante che
si sta accentuando con l’accentuarsi della violenza in queste ultime settimane
...
R. – Ovviamente la Chiesa vive la
drammaticità del popolo iracheno perché ne è parte e quindi vive tutti i
problemi che ci sono o che si prevede ci saranno. Da parte nostra, cerchiamo di
venire incontro con quegli aiuti umanitari, con quella solidarietà che le circostanze
richiedono.
R. – La situazione sicuramente
nel Paese non è uniforme. Ci sono aree dove c’è più violenza. In ogni caso,
questo momento, il rapporto della popolazione con i militari della Coalizione è
davvero incrinato?
D. – E’ difficile fare
valutazioni in rapporto alla coalizione perché ovviamente sono tanti gli
aspetti che dovrebbero essere bene analizzati per non peccare di essere di
parte. Diciamo che la popolazione vive una forma di frustrazione perché si aspettava
molto di più in questo anno, mentre invece la realtà continua ad essere drammatica
non solo nei servizi, nel lavoro, ma anche negli ultimi risvolti che stiamo
vedendo, come appunto la guerra.
Attraverso il suo presidente,
l'Iran, che sta conducendo una mediazione in Iraq anche su richiesta del governo
italiano, afferma che gli Usa sono responsabili per la spirale di violenza e
che “gli occupanti” devono lasciare l'Iraq. Khatami ha fatto queste dichiarazioni
condannando l'uccisione avvenuta ieri a Baghdad di un diplomatico dell'ambasciata
iraniana. C’è poi l’annuncio che malgrado la tensione nelle relazioni
bilaterali, gli Stati Uniti hanno chiesto alla Siria di intervenire per cercare
di calmare la situazione in Iraq.
Sul piano dell’Unione europea,
si pronuncia il ministro degli Esteri irlandese e presidente di turno, Cowen:
esprime “profonda preoccupazione” per la spirale di violenza, condannando “in
particolare la presa e le uccisioni di ostaggi”. A poche ore dall’inizio del Consiglio
informale dei ministri degli Esteri, che si occuperà di Medio Oriente e di situazione
irachena, Cowen ribadisce che l’Ue non può trattare con Bin Laden, che le democrazie
non trattano con i terroristi. Cowen ricorda che l’Europa è “assolutamente impegnata
nel sostenere la transizione ad un Iraq pacifico e democratico e il ruolo delle
Nazioni Unite in questo processo”.
Resta da dire che per discutere
degli ultimi sviluppi della situazione il presidente americano, Bush, incontra
oggi alla Casa Bianca il premier britannico, Blair.
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AL VIA
OGGI A ROMA LA MANIFESTAZIONE INTERNAZIONALE “ITALIA-AFRICA 2004”,
PROMOSSA DAL COMUNE CAPITOLINO
“Africa e Europa: un destino comune”. Con questo titolo si
è aperto stamani a Roma il Convengo internazionale promosso dal Comune insieme
con la Comunità di Sant’Egidio nell’ambito delle iniziative Italia-Africa 2004.
Il convegno, che si chiude domani, affronta tematiche di carattere politico,
storico, culturale e sociale con gli esponenti dei governi africani e della
società civile. Servizio di Stefano Leszczynski:
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“Aiutare
l’Africa è un dovere dell’Europa”. Lo ha affermato in apertura dei lavori il
sindaco di Roma, Walter Veltroni, sottolineando i grandi mali che affliggono il
continente africano, a partire dall’enorme povertà, dalla necessità di sviluppo
economico e dalla piaga dell’Aids. Temi, questi, cui ha fatto riferimento anche
il presidente del Mozambico, Joaquim Alberto Chissano, che nella sua veste di
presidente dell’Unione Africana, ha anche parlato dei temi importanti della
sicurezza. “Senza sviluppo – ha detto – non ci può essere la sicurezza. Il
terrorismo non può essere combattuto soltanto con le armi; il terrorismo può e
deve essere combattuto, molto più efficacemente, con aiuti di natura economica”.
Il presidente Chissano ha inoltre espresso – a nome dell’Africa – il proprio
rammarico per quanto subito dall’Italia in Iraq ed ha parlato del conflitto
iracheno come di un conflitto che si spera non si debba rivedere in altre parti
del mondo e a cui bisogna porre una immediata soluzione. IL presidente Chissano
ha fatto poi riferimento anche al dramma vissuto dalla Spagna, con il gravissimo
attentato subito l’11 marzo, esprimendo la solidarietà e la solidarietà del
popolo africano nei confronti del popolo spagnolo.
Subito dopo ha preso la parola il presidente della
Repubblica del Burundi, Domitien Ndayizeye, che ha sottolineato gli enormi
sforzi sostenuti dal suo Paese per uscire dalla situazione di conflitto, durato
10 anni, con danni economici assolutamente disastrosi. Il presidente burundese
ha sottolineato la grave situazione economica del Paese e la necessità di una
ricostruzione: “Dieci anni di guerra hanno completamente distrutto tutte le infrastrutture
di questo Paese”.
Sono stati, comunque, tutti concordi nel sottolineare gli
sforzi che il continente africano sta facendo per uscire dalla crisi, ma hanno
tutti sottolineato, ugualmente, l’enorme necessità di aiuto da parte
dell’Europa. Sentiamo a proposito il professor Andrea Riccardi della Comunità
di Sant’Egidio:
“Io credo che debba crescere in Europa il senso di avere
un futuro comune con l’Africa; insomma, un grande sentimento di solidarietà
euro-africana perché o saremo insieme domani, o cadremo insieme. Ci sono delle
responsabilità africane ben chiare, come quelle della corruzione, come quelle
della violenza e della guerra; ci sono delle responsabilità europee, soprattutto
c’è la responsabilità di un aiuto che è un aiuto decrescente, e soprattutto di
una politica sempre più inerte nei confronti dell’Africa da parte dell’Europa”.
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PRESENTATO
IERI IL VOLUME: “IL MIRACOLO DELLA SPERANZA.
IL
CARDINALE FRANÇOIS-XAVIER NGUYEN VAN THUAN, APOSTOLO DI PACE”.
UN
LIBRO BIOGRAFICO E STORICO
- Ai nostri microfoni il
cardinale Renato Martino ed il senatore Giulio Andreotti -
La Sala Marconi della Radio Vaticana ha fatto da sfondo
ieri alla presentazione del volume “Il miracolo della speranza. Il cardinale
François-Xavier Nguyên Van Thuân, apostolo di pace”, delle Edizioni San Paolo.
Un libro biografico, che racconta la storia del porporato vietnamita, scomparso
nel 2002, ma anche delle vicende politico-sociali di un periodo di vera
trasformazione. Il servizio è di Salvatore Sabatino:
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“Il
miracolo della speranza”. Un titolo emblematico, così come emblematica è la
figura del cardinale Van Thuân, a cui questa pubblicazione è dedicata. Un libro
intenso, che traccia un percorso complesso, con una doppia chiave di lettura,
intrisa di elementi di grande spessore: da una parte, la figura del porporato,
la cui vita ha di per sé decine di spunti di riflessione; dall’altra, la
situazione politico-sociale in cui il cardinale visse. Due livelli che si
intrecciano, dunque: sullo sfondo il Vietnam, “giro di boa” della storia contemporanea.
La complessità del cardinale Van Thuân sembra quasi essere una specie di
“destino” esistenziale, legato al fatto di appartenere ad una famiglia
influente, ma anche a quello di vivere in modo doloroso il suo episcopato, trascorso
più nelle carceri vietnamite che nel governo diretto al popolo di Dio. Un
testimone del Novecento, dunque, della sofferenza e della speranza. La speranza
che è stata anche il tema centrale dei suoi scritti; la speranza vissuta come
virtù, paradigma ed insegnamento. Un ricordo personalissimo del cardinale Van
Thuân nelle parole del cardinale Renato Raffaele Martino, alla guida del Pontificio
Consiglio Giustizia e Pace:
“Il
cardinale Van Thuân è un esempio grandioso di sofferenza, ma di una sofferenza
che ha uno scopo ben preciso: quello di salvare il mondo. Quindi questo amare i
suoi nemici è veramente cristiano. Adesso ci meravigliamo che lui lo facesse,
ma in realtà dovremmo farlo tutti!”.
Il doppio livello biografico e politico, dicevamo, che
permettere di essere “un libro che va oltre”, come ci spiega il senatore a vita
Giulio Andreotti:
R. – A parte la biografica che c’è del cardinale,
importante è tutta l’inquadratura – direi – politica della crisi del Vietnam.
C’è una constatazione di una serie di errori storici che sono stati commessi.
D. – Un ricordo del cardinale Van Thuân, che ha lei
personalmente?
R. – L’ultima volta che l’ho visto, stava partendo da Padova
per andare a Milano ad una visita di controllo. Parlava con una serenità
assoluta delle sue prospettive, sapendo benissimo di essere malato gravemente.
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16
aprile 2004
MUORE
IN UN INCIDENTE STRADALE IL 51.ENNE RELIGIOSO SAVERIANO,
PADRE
GIUSEPPE MAURI, DA OLTRE 20 ANNI MISSIONARIO IN AFRICA
MAPUTO. = Un incidente stradale, in Mozambico, ha
stroncato la vita di padre Giuseppe Mauri, 51.enne missionario saveriano, che è
deceduto ieri mattina in seguito ad uno scontro con un autobus mentre viaggiava
con la sua auto in direzione della capitale Maputo. La notizia, riferita dalla
Misna, è stata diffusa da padre Joao Bortoloci, responsabile dei Saveriani nel
Paese africano. Il religioso, nato a Ronco Brigantino, in provincia di Milano,
lavorava nella missione di Chibututuine, non lontano da Maputo. Dal 1982 al
1989 era stato impegnato nella Repubblica democratica del Congo e
successivamente nelle comunità saveriane della Gran Bretagna, dove aveva svolto
anche il servizio di superiore. Negli ultimi mesi, padre Mauri si era dedicato
ai malati terminali di Aids: "A volte – scriveva - provo dolore quando
penso che nel mondo occidentale, da vari anni, si può fare e si fa tanto per i
malati di Aids, mentre qui non c’è ancora nessuna speranza”. (A.D.C.)
APPELLO DEL PRESIDENTE DEI VESCOVI
FILIPPINI,
IN VISTA DELLE ELEZIONI DI MAGGIO:
IL CLERO SI ASTENGA DAL PRENDERE PUBBLICAMENTE
POSIZIONE,
MA I CRISTIANI SI IMPEGNINO IN POLITICA PER
DIFENDERE I VALORI DEL VANGELO
MANILA. = Difendere i valori, non schierarsi con i
partiti. L’arcivescovo di Davao, Fernando Capalla, presidente della Conferenza
episcopale delle Filippine, si è rivolto così ai sacerdoti e ai religiosi suoi
connazionali, in vista delle elezioni politiche del prossimo 10 maggio. Il
presule, riferisce l’agenzia Fides, ha ricordato che il clero non può
impegnarsi direttamente in partiti politici, come stabilisce il Canone 287 del
Codice di Diritto Canonico. Il sacerdote - ha puntualizzato l’arcivescovo -
dev’essere un elemento di unità nella sua parrocchia: quando invece sostiene un
candidato in particolare, “finisce per dividere la sua comunità”. Lo stesso
vale per i leader laici, i catechisti, o le persone impegnate nell’ambito delle
comunità o dei movimenti cattolici: se si candidano in liste elettorali, ha sostenuto
mons. Capalla, dovrebbero lasciare i propri incarichi liturgici o pastorali in
seno alla comunità ecclesiale, per non urtare la sensibilità della gente. “La
Chiesa - ha affermato l’arcivescovo - deve promuovere l’armonia nella comunità
e per questo coloro che sono al servizio dei fedeli, in qualità di responsabili
non possono essere identificati come appartenenti a una fazione politica”.
Spingere i fedeli all’attività politica, invece, resta un dovere importante per
i cristiani. “La Chiesa – ha affermato il presidente dei vescovi filippini -
sta cercando di educare i fedeli alla politica, organizzando seminari di
formazione sulla Dottrina sociale della Chiesa in ogni diocesi o centro
sociale”, giacché è dovere di ogni cristiano evangelizzare la politica e
portare i valori cristiani nella gestione della vita pubblica. (A.D.C.)
PARTIRA’ DOMANI POMERIGGIO IL PELLEGRINAGGIO DEI
VESCOVI EUROPEI
VERSO SANTIAGO. AI PRESULI
DELLA COMECE SI UNIRANNO
ANCHE ESPONENTI POLITICI E LEADER RELIGIOSI DI VARIE CONFESSIONI CRISTIANE
SILOS
(SPAGNA). = Vescovi europei, uomini politici di spicco, leader di comunità di
varie confessioni cristiane, semplici fedeli: tutti uniti sul Camino di
Santiago, da domani e fino a mercoledì 21 aprile. E’ giunto alla sua vigilia il
pellegrinaggio verso il celebre Santuario di Compostela, promosso dalla Comece,
la Commissione delle Conferenze episcopali della Comunità Europea, in occasione
dell'Anno Santo compostellano e dell'ingresso nell'Unione Europea di dieci
nuove nazioni. L’iniziativa, scrivono i vescovi europei, “vuol essere segno di
speranza e di fiducia in un'Europa sempre più unita e testimonianza della
presenza e del sostegno della Chiesa al processo di integrazione europea”. Ai
presuli della Comece si uniranno 300 fedeli di 25 Paesi, ma è ricco il panorama
dei partecipanti illustri: tra gli altri, figurano il cardinale Peter Erdö,
arcivescovo di Budapest, il nunzio apostolico in Spagna, l’arcivescovo Manuel
Monteiro de Castro, il vescovo luterano di Helsinki, Erik Vikström, il
rappresentante della Chiesa Ortodossa presso l'Unione europea, mons. Athanasios
di Acaia; il ministro irlandese Mary Hanafin, in rappresentanza della presidenza
di turno dell'UE. E' previsto un videomessaggio del presidente della
Commissione Europea Romano Prodi. Celebrazioni liturgiche, discorsi di responsabili
europei, visite a luoghi d'arte e di spiritualità scandiranno le tappe del
cammino a piedi, che si aprirà nel pomeriggio
di domani nel Monastero di Santo Domingo de Silos, con la recita dei
Vespri animata dai monaci. L’ultimo tratto di marcia si svolgerà attraverso le
montagne della Galizia, mentre la liturgia finale verrà celebrata nella
Cattedrale compostellana, al mattino del 21 aprile. (A.D.C.)
LA
COMMISSIONE ONU PER I DIRITTI UMANI DI GINEVRA HA APPROVATO
LE
RISOLUZIONI CONTRO VIOLAZIONI COMMESSE DA CUBA, COREA DEL NORD
E TURKMENISTAN. NON ACCOLTE
LE RISOLUZIONI CONTRO RUSSIA, CINA E ZIMBABWE
GINEVRA. = La Commissione
dell’Onu dei diritti umani si è riunita ieri, a Ginevra, per discutere e votare
sulle risoluzioni presentate soprattutto dall’Unione Europea e dagli Stati
Uniti contro alcuni Stati accusati di violare i diritti dell’uomo. Cina, Cuba,
Corea del Nord e Russia sono solo alcuni dei Paesi segnalati, ma non tutte le
risoluzioni presentate sono state approvate. Non è passata quella contro la
Russia per le presunte violazioni avvenute in Cecenia. Una risoluzione pretestuosa
che “non teneva conto dei progressi reali nel processo politico per il ritorno
alla normalità” nel Paese caucasico, ha commentato dopo il voto il ministro
degli Esteri russo, Serghiei Lavrov, il quale ha sottolineato come la risoluzione,
presentata dall’Ue e dagli Usa, sia stata bocciata con un risultato ancora “più
largo” di quelle precedenti. Anche contro la Cina non è stata approvata la
risoluzione presentata dagli Stati Uniti, che denunciava le pesanti restrizioni
alla libertà di riunione e le severe sentenze nei confronti di coloro che
vogliono esercitare i loro diritti fondamentali in Tibet e Xinjiang. Anche la
risoluzione presentata dalla Nigeria contro lo Zimbabwe non è stata accolta con
favore dalla Commissione. Insoddisfatto dai risultati di ieri, invece, è il ministro
degli Esteri cubano, Felipe Perez Roque, che ha giudicato “ridicolo” il voto
della Commissione, con il quale sono stati deplorati “gli eventi dell'anno
scorso a Cuba dove verdetti sono stati pronunciati contro alcuni dissidenti e
giornalisti”. La Commissione ha approvato inoltre la risoluzione contro la
Corea del Nord ed il Turkmenistan, accusati di massicce violazioni dei diritti
umani e di restrizioni alle libertà della persona. (G.L.)
L’UNIVERSITÀ DI TOR VERGATA,
INSIEME CON ALCUNI CENTRI DI RICERCA AFRICANI,
HA
CREATO UN VACCINO CONTRO L’AIDS DA TESTARE CLINICAMENTE
SUI
BAMBINI NATI SANI MA A RISCHIO CONTAGIO DURANTE L’ALLATTAMENTO
ROMA. =
Un vaccino per evitare la trasmissione del virus dell'Aids da madre a figlio attraverso
il latte materno è stato messo a punto dai ricercatori dell'Università di Tor
Vergata - in collaborazione con i tre Stati africani del Burkina Faso, Camerun
e Costa d'Avorio - giudicandolo pronto per essere testato clinicamente. Il
vaccino dovrebbe scongiurare la trasmissione del virus durante il periodo di
allattamento. Grazie a dei farmaci assunti dalla madre durante il periodo di
gravidanza, il neonato può nascere sieronegativo, ma non per questo rimane
immune al virus nell’arco dei sei mesi dell’allattamento. L’efficacia del
vaccino sarà presto riscontrabile, infatti basterà verificare che i bambini
risultino sani alla fine dell’allattamento. L’obiettivo dei ricercatori è
inoltre quello di essere in grado di produrre un vaccino studiato appositamente
per i ceppi del virus specifici dell’Africa nelle strutture africane ed
accettabile per i costi. (G.L.)
DEDICATO AI 30 ANNI DELL’ESORTAZIONE APOSTOLICA MARIALIS CULTUS
IL 15.MO COLLOQUIO INTERNAZIONALE MARIOLOGICO,
CHE SI APRE OGGI A PATTI, IN SICILIA
PATTI. = Il culto della Vergine,
la sua storia e i suoi sviluppi, visti attraverso uno dei documenti cardine del
magistero pontificio: l’esortazione apostolica Marialis Cultus, che
venne pubblicata 30 anni fa da Paolo VI. Per ricordare questo anniversario, e
in coincidenza con il 25.mo della dedicazione del Santuario di Tindari, la
stessa cittadina siciliana e quella di Patti ospitano - da oggi pomeriggio e
fino a domenica prossima - il 15.mo Colloquio internazionale di Mariologia sul
tema “Maria e la cultura del nostro tempo”. Nella sua esortazione apostolica,
Paolo Montini condensò la sua lettura realistica e profetica del culto mariano.
Trent’anni dopo, la Chiesa e la teologia sono chiamate ad approfondirne i
frutti ed i problemi ancora esistenti. Due aspetti sui quali si concentreranno
gli interventi dei relatori che prenderanno la parola durante i lavori del
Colloquio mariologico: si tratta di teologi appartenenti a diverse confessioni
cristiane, tra i quali mons. Giovanni Orlando, il prof. Stefano De Fiores, ordinario
di Mariologia alla Gregoriana e direttore editoriale dell'Associazione
Mariologica Interdisciplinare italiana, il prof. Ignazio Calabuig, docente
di Mariologia liturgica al Marianum di roma, la prof.ssa battista
Elena Ribet, e la teologa Ina Siviglia, docente di Antropologia
teologica alla Facoltà teologica "S. Giovanni Evangelista" di Palermo. La
sede del Colloquio sarà oggi e domani presso il Santuario Maria SS di Tindari,
mentre il 18 Aprile si sposterà nell‘auditorium del Seminario vescovile di
Patti. (A.D.C.)
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16 aprile 2004
- A cura di Amedeo Lomonaco -
In
Medio Oriente e all’interno della comunità internazionale è sempre più
stridente il contrasto sul piano israeliano, appoggiato dagli Stati Uniti e
duramente criticato dai palestinesi, per il ritiro e lo smantellamento parziale
degli insediamenti nei Territori occupati. Anche l’Unione Europea ha
manifestato il proprio dissenso per il sostegno accordato dal presidente
americano, George Bush, al piano del premier israeliano Ariel Sharon che, secondo
il quotidiano israeliano ‘Haaretz’, sarebbe pronto a dimettersi in caso di
mancata approvazione da parte del Likud. Il ministro degli esteri palestinese,
Nabil Shaat, è intanto giunto a Mosca dove stamani ha iniziato i colloqui con
il suo collega russo, Serghiei Lavrov, per discutere la proposta israeliana,
definita “costruttiva” dall’esecutivo russo a patto che sia solo un primo passo verso l’attuazione della Road
Map, l’itinerario di pace messo a punto da Stati Uniti, Russia, Unione
Europea e Onu. Il servizio di Graziano Motta:
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Sharon è tornato a Gerusalemme soddisfatto del sostegno
degli Stati Uniti al suo piano di disimpegno dei territori palestinesi, che
prevede il ritiro unilaterale di soldati e coloni dalla Striscia di Gaza e da
alcune insediamenti di Cisgiordania. L’ultimo suo colloquio è stato con il
segretario di Stato, Powell, il quale ha poi detto ai giornalisti che l’intesa
fra Bush e Sharon sugli insediamenti ha tenuto conto della realtà demografica e
di sicurezza esistente oggi, ben diversa da quella del 1967. Ma - ha aggiunto
- Washington non intende imporre le sue
condizioni per un accordo permanente; compete, infatti, alle parti di avviare
un negoziato. Powell ha cercato di spiegare al telefono queste posizioni al
primo ministro palestinese, Abu Ala, rimasto, tuttavia, irrigidito nel
denunciare la politica americana della quale – cito – rifiuta le conseguenze. I
suoi collaboratori hanno intanto smentito le voci di sue dimissioni.
Per la Radio Vaticana, Graziano Motta.
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Restiamo in Medio Oriente dove prosegue, in Terra Santa,
la visita ufficiale del cardinale Moussa I Daoud, prefetto della Congregazione
per le Chiese orientali. Su questa visita del cardinale nei Luoghi Santi,
ascoltiamo lo stesso porporato raggiunto telefonicamente a Gerusalemme da
Amedeo Lomonaco:
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R. – La mia visita è molto apprezzata da tutti e la gente
è molto interessata. Da lungo tempo desideravo fare questa visita. La mia più
forte consolazione è quella di vedere ed incontrare non solo la Chiesa latina
ma tutte le Chiese locali ed orientali. Il primo interesse è quello di
incoraggiare le comunità locali a rimanere e lavorare con gioia e con tanta
forza.
D. –
Eminenza, in prossimità del Venerdì Santo ha indirizzato ai vescovi di tutto il
mondo una lettera per chiedere l’impegno della preghiera e della solidarietà in
favore della Chiesa in Terra Santa. Come aiutare concretamente la locale comunità
cristiana?
R. – La prima cosa e la più importante è quella di
incoraggiare i pellegrinaggi. Voglio rivolgere un appello a tutti i vescovi del
mondo affinché incoraggino i pellegrinaggi e vengano loro stessi qui in Terra
Santa. Questo rappresenta il primo passo. I pellegrini sono al sicuro qui.
Questo non vuol dire che non sia necessario prendere delle precauzioni, ma
posso assicurare che la loro sicurezza è garantita.
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In
Spagna il Congresso dei Deputati - Camera bassa del Parlamento spagnolo – ha votato
oggi la fiducia al leader socialista José Luis Rodriguez Zapatero, che è stato
eletto come premier al primo scrutinio, ottenendo 183 voti a favore su un
totale di 350 seggi.
In
Sudafrica si profila un grande trionfo per l’African National Congress
(Anc) nelle terze elezioni libere del Paese africano dalla fine dell’apartheid.
Dopo lo scrutinio di oltre il 60 per cento delle schede relative alla
consultazione svoltasi mercoledì scorso, l’Anc ha infatti ottenuto il 70 per
cento dei consensi ed il principale partito di opposizione, Alleanza
Democratica, solo il 15 per cento delle preferenze. I risultati definitivi dello spoglio saranno
resi noti lunedì prossimo ed il 23 aprile si riuniranno i 400 deputati
neoeletti che nomineranno, all’interno del partito di maggioranza, il prossimo
presidente del Sudafrica, Paese abitato da circa 45 milioni di persone.
Favoritissimo il capo di Stato uscente, Thabo
Mbeki.
Si
andrà al ballottaggio in Macedonia per le elezioni presidenziali. Saranno il
primo ministro, Branko Crvenkoski, e il candidato dell’opposizione, Sasko Kedev,
a disputarsi il secondo turno, fissato per il 28 aprile. Sulla consultazione
dello scorso 14 aprile, si è intanto espressa ieri, a Skopje, la missione in
Macedonia degli osservatori dell’ufficio dell’Organizzazione per la sicurezza e
la cooperazione europea (Osce). “Le elezioni presidenziali - sostiene l’Osce -
hanno largamente rispettato gli standard internazionali e sono state condotte,
generalmente, in modo corretto”.
Trasferiamoci
in Corea del Sud, dove il primo ministro sudcoreano, Goh Kun, ha chiesto oggi
in un messaggio, teletrasmesso in diretta, di chiudere “al più presto la
situazione anormale” del capo di Stato, Roh Moo Hyun. Il presidente del Paese
asiatico è stato infatti messo in stato di accusa dal parlamento, all’indomani
della netta vittoria elettorale del partito di governo ‘Uri’, che ha
conquistato la maggioranza assoluta nel nuovo parlamento a spese dei due
partiti, conservatore e moderato, promotori della mozione di impeachment.
James Morris, il direttore esecutivo del Pam, il Programma
Alimentare Mondiale delle Nazioni Unite, è arrivato ieri ad Haiti. Durante un
suo intervento ha invitato gli interlocutori internazionali a non dimenticare i
bisogni urgenti della popolazione haitiana. “Quella di Port-au-Prince rischia –
secondo Morris – di diventare una crisi dimenticata”.
Tragico
incidente ferroviario in Turchia: un convoglio è piombato su uno scuolabus a Temelli,
nei pressi di Ankara. Il deragliamento del treno ha provocato, secondo un
primo, provvisorio bilancio, la morte di almeno 7 persone.
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