RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n. 106 - Testo della trasmissione di giovedì 15
aprile 2004
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI
IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Liberato
ieri dalle autorità cinesi mons. Giulio Jia Zhiguo, vescovo della diocesi di
Zhengding
In
Mozambico la Chiesa denuncia il traffico di organi e la scomparsa di minori
Presentato oggi a Roma il rapporto
dell’Ires-Cgil sul lavoro minorile
Decine di vittime in Bangladesh per
un’ondata di maltempo nel Nord del Paese.
Dure di critiche di Arafat agli Stati Uniti per il
via libera dato da Bush al piano di Sharon su Gaza
In Sudafrica, l’African National Congress verso il
trionfo nelle elezioni politiche di ieri
Elezioni in Corea del Sud: per gli exit poll, ha
vinto il partito governativo “Uri”
In Macedonia, il premier Crvenkovski vince il
primo turno delle elezioni presidenziali.
15
aprile 2004
RINUNCIA
E NOMINE
Il
Santo Padre ha accettato stamani la rinuncia al governo pastorale del vicariato
apostolico di Bontoc-Lagwe nelle Filippine, presentata da mons. Francisco F.
Claver, vescovo emerito di Malaybalay, per raggiunti limiti di età, ed ha
nominato allo stesso incarico il rev. Cornelio Galleo Wigwigan, assegnandogli
la sede titolare vescovile di Vagrauta.
Il Papa ha inoltre nominato
membri del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica i cardinali Antonio
María Rouco Varala, Peter Erdö e Jean-Louis Tauran.
DOMANI A ROMA LA COMMEMORAZIONE SOLENNE
DEL
50.MO DI FONDAZIONE DEL PONTIFICIO COMITATO DI SCIENZE STORICHE
-
Intervista con il presidente, mons. Walter Brandmüller -
Domani pomeriggio sarà commemorato a Roma il 50.mo di fondazione
del Pontificio Comitato di Scienze Storiche. La cerimonia sarà inaugurata alle
17.30 dalla celebrazione eucaristica, ufficiata dal cardinale segretario di
Stato, Angelo Sodano, nella Basilica di San Lorenzo in Damaso, cui farà seguito
alle 18.45 l’atto ufficiale, presieduto dallo stesso porporato nella Sala dei
Cento giorni del Palazzo della Cancelleria. Ma quali sono le origini di questa
istituzione culturale? Giovanni Peduto ha intervistato il prof. Walter Brandmüller, presidente del Comitato.
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R. – Avendo aperto al mondo
degli studiosi gli Archivi e la Biblioteca Vaticana, Leone XIII sentiva la
necessità o l’opportunità di creare un apposito organismo della Santa Sede per
promuovere gli studi storici a base della documentazione importantissima, ora
accessibile alla ricerca, e per questo motivo creò una Commissione
cardinalizia. Questa Commissione fu trasformata da Papa Pio XII in un Comitato
di esperti storici. Così l’ha creato come rappresentanza della Santa Sede in
seno alla Commissione Internazionale delle Scienze Storiche.
D. – Quali finalità persegue
attualmente il Pontificio Comitato di Scienze Storiche?
R. – Il primo scopo è di
rappresentare la Santa Sede in seno agli organismi internazionali scientifici,
ai quali appartiene anche la Commissione internazionale di Storia
Ecclesiastica. La Santa Sede così è presente tra le varie rappresentanze anche
in questo campo.
D. – Come svolge il suo
lavoro?
R. – Il nostro lavoro si
svolge soprattutto nelle adunanze plenarie che si organizzano due o tre volte
ogni anno qui a Roma, e soprattutto attraverso i molteplici contatti con degli
organismi scientifici - Accademie, Università, Società di storia e così via –
che si svolgono qui nell’ufficio, tramite vari membri del Comitato che sono attualmente,
approssimativamente, trenta.
D. – Tra quali categorie di
persone vengono scelti i membri del Pontificio Comitato di Scienze Storiche?
R. – Esclusivamente dalle
Università e Accademie. Si tratta di studiosi di livello internazionale, che
possono contribuire con le loro varie specializzazioni allo scopo del Comitato.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre la prima pagina l'Iraq con
un articolo dal titolo "Barbarie senza fine", in riferimento al barbaro
assassinio di uno dei quattro ostaggi italiani.
Nelle vaticane, il messaggio
dei vescovi dell'Angola sul tema: "L'Angola sul cammino della
speranza".
Un articolo di mons. Jean
Laffitte dal titolo "Il ruolo insostituibile del matrimonio e della famiglia".
Nelle estere, Medio Oriente:
assenso di Bush al piano d Sharon.
Nella pagina culturale, un
articolo sul "Diario dell'Arcivescovo Enrico Nicodemo a Bari,
1953-1973"
Nelle pagine italiane, in primo
piano l'uccisione dell'ostaggio italiano in Iraq. L'Italia sconvolta
dall'efferato assassinio. L'angoscia dei familiari degli altri tre rapiti.
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15
aprile 2004
RILASCIATI IN IRAQ I TRE OSTAGGI GIAPPONESI, MENTRE
RESTA LO SGOMENTO DELL’ITALIA E DELLA COMUNITA’ INTERNAZIONALE PER
L’ESECUZIONE, IERI,
DI UNO DEI QUATTRO ITALIANI
SEQUESTRATI DA FORZE RIBELLI
- Intervista con Stefano Silvestri -
La buona notizia del rilascio dei tre ostaggi
giapponesi è giunta nella giornata di pena e sgomento dell’Italia e della
comunità internazionale, all’indomani dell’uccisione a bruciapelo di uno dei
quattro ostaggi italiani. Le altre notizie dall’Iraq confermano una situazione
sempre critica. In diversi attacchi sono morti il primo segretario
dell’ambasciata iraniana, alcuni civili iracheni, soldati Usa. Il servizio di
Fausta Speranza:
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I tre giapponesi sono stati rilasciati e stanno
bene. E’ quanto ha riferito per prima la televisione del Qatar al Jazeera, affermando
che sono stati portati presso un'organizzazione di religiosi islamici sunniti a
Baghdad. In tarda mattinata è giunta dalla capitale irachena anche un’altra
notizia ben diversa: il primo segretario dell'ambasciata iraniana, Khali Naimi,
è stato ucciso da sconosciuti armati. Si sa solo che la sua
auto circolava nelle vicinanze dell'ambasciata di Teheran. Questa mattina, nonostante il
prolungamento del cessate-il-fuoco di altre 48 ore, sono proseguiti gli scontri
a Fallujah. La città a maggioranza sunnita, da ormai nove giorni presidiata
dalle forze statunitensi, è stata attaccata questa notte con l’ausilio
dell’aviazione. A Bakuba, un attacco con missili ha causato la morte di una
donna e di due dei suoi figli. Nelle ultime 24 ore, due soldati americani sono
stati uccisi in attacchi separati nelle città di Samarra e Mossul, nella zona
settentrionale.
Intanto,
in Italia è forte l’emozione per quanto accaduto al giovane 36enne di Genova,
Fabrizio Quattrocchi, freddato da un colpo alla nuca di fronte alle telecamere.
Il capo di Stato, Ciampi, ha avuto parole di cordoglio, chiedendo che si salvi
la vita degli altri. Il ministro degli Esteri, Frattini, ha fatto sapere che
negli ultimi istanti l’uomo ha cercato di scoprirsi il volto dicendo di voler
mostrare ai suoi assassini con quale dignità muore un italiano. Il premier
italiano, Berlusconi, ha inviato in Iraq il consigliere diplomatico di Palazzo
Chigi, Castellaneta, per imbastire tentativi diplomatici tesi al rilascio degli
altri sequestrati. Del dibattito politico in Italia ci riferisce Gianpiero
Guadagni:
“Mantenere l’impegno a ricostruire l’Iraq e respingere il
disegno di dividere e ricattare l’Occidente”. L’appello del presidente del
Senato, Pera, che si aggiunge a quello di, ieri sera, del presidente della
Camera, Casini, trova ascolto nelle forze politiche di maggioranza ed
opposizione. Restano, tuttavia, diversità di vedute e il ministro della Difesa,
Martino, ribadisce la posizione del governo: “cedere sarebbe autolesionistico
prima che vile”. Nel centro-sinistra, l’ala riformista chiede una svolta
radicale nella gestione della crisi e sollecita il governo a spiegare in
Parlamento come intende far fronte ad una situazione ormai fuori controllo.
Comunisti italiani, Verdi e Rifondazione Comunista insistono, invece, per
l’immediato ritiro delle truppe italiane. Nel messaggio di cordoglio a Santo
Quattrocchi, padre dell’ostaggio ucciso, il capo dello Stato, Carlo Azeglio
Ciampi scrive: “E’ necessaria fermezza e coerenza sugli obiettivi da perseguire
nell’ambito delle Nazioni Unite. E’ necessaria capacità di dialogo per non
lasciare nulla di intentato nel salvare la vita degli altri ostaggi. Il barbaro
omicidio - aggiunge Ciampi - rafforza la determinazione dell’Italia, di
sbarrare la strada all’odio ed operare per la realizzazione di una convivenza
pacifica in Iraq.
Per la Radio Vaticana, Giampiero Guadagni.
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Ma ascoltiamo come sta vivendo
questa giornata di lutto la città natale del giovane. Da Genova, Dino Frambati:
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Genova si è svegliata questa mattina sconvolta per la
morte tragica e violenta di Fabrizio Quattrocchi. La città, quest’anno capitale
della cultura, si è improvvisamente invece ritrovata caput mundi, vittima
di un’assurda violenza per conflitti che sembrano assolutamente senza logica.
Tra i primi ad esprimere cordoglio è stato il cardinale Tarcisio Bertone.
“Quest’uccisione – ha detto il porporato – è indicativa del disordine e della
violenza che regnano sovrani in quel Paese”, ed ha auspicato che “quanti sono impegnati
laggiù si adoperino per il rispetto dei principii morali e sincera volontà di
pace e di fare il bene del popolo iracheno”. Intanto i familiari dell’ucciso si
sono isolati nel loro dolore e nella riservatezza.
Dino Frambati, per la Radio Vaticana, da Genova.
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Allo studio per verifiche
sull’autenticità, resta il messaggio audio attribuito a Bin Laden, che le Tv
satellitari arabe Al Arabiya e al Jazeera hanno ricevuto e mandato in onda ieri.
La voce registrata offre una tregua agli europei, a patto che - dice -
“interrompano i loro attacchi contro i musulmani”. La richiesta è sempre la
stessa: che tutte le Forze straniere lascino l’Iraq. Comunque si comportino,
invece, non ci sarà tregua per gli Stati Uniti, aggiunge la voce attribuita al
capo di al Qaeda, che mette chiaramente insieme l’11 settembre 2001 con l’11
marzo scorso. Da parte sua, il presidente della Commissione Europea, Prodi,
definisce “impensabile” l’ipotesi di “accettare una tregua” di Bin Laden,
affermando che “non si tratta con i terroristi”. La Commissione, inoltre,
condanna con il massimo della determinazione l’uccisione dell’ostaggio e i
sequestri definendoli “atti di barbarie” e ribadendo la necessità di
“affiancare all'opzione militare in Iraq una credibile opzione politica con un
approccio multilaterale verso il pieno coinvolgimento delle Nazioni Unite prima possibile''.
Con un omaggio alle vittime
delle bombe di Madrid, il leader socialista José Luís Rodríguez Zapatero ha
aperto questa mattina il discorso programmatico davanti al Parlamento,
affermando che il prossimo governo spagnolo porrà “il massimo impegno nella
lotta contro ogni forma di terrorismo'', ma ribadendo che con il nuovo governo
soldati spagnoli saranno inviati in Iraq solo su mandato delle Nazioni Unite e
con l'approvazione del Parlamento. Nelle dichiarazioni di altri leader europei
torna la convinzione che la soluzione non può essere il ritiro. Abbiamo chiesto
una riflessione al proposito a Stefano Silvestri, direttore dell’Istituto
Affari Internazionali.
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R. – No, credo che questo non
sia possibile. La strada maestra, ammesso che ci si riesca, è quella di
arrivare ad un accomodamento in sede Onu, cercando cioè di modificare il quadro
operativo e la guida politica della Coalizione ma solo in sede Onu.
D. – E’ possibile immaginare la
mediazione di fronte all’ultimatum “Ritiratevi”?
R. – Non ci può essere un legame
con le richieste dei rapitori. Il problema è il passaggio dei poteri dalle potenze
occupanti al governo provvisorio e poi la preparazione delle elezioni per un
passaggio definitivo di poteri e il quadro politico che deve essere garantito
in Iraq per consentire questo passaggio di poteri. I rapitori tentano proprio
di impedire tutto questo. Sono tra quelli che non vogliono avere il
consolidamento di una situazione d’accordo in Iraq. Diciamo che in Iraq c’è
sicuramente una maggioranza della popolazione che vuole l’autogoverno, vuole la
partenza degli americani ma certamente non è d’accordo con l’uso sfrenato di
terrorismo.
D. – La ‘strategia’ degli
ostaggi – chiamiamola così – purtroppo è un qualcosa di già visto. C’è qualcosa
di specifico in questa situazione, secondo lei?
R. – Qui di specifico c’è
essenzialmente, a mio avviso, il fatto che la situazione viene ad inserirsi in
un quadro complesso che è quello della guerra e del dopoguerra. Si vorrebbe
cercare di ricostruire uno Stato iracheno che era stato completamente
smantellato. Il rischio di anarchia è l’elemento più drammatico. Io credo che
il discorso che comprende il dibattito su Onu, multilateralismo, diverso quadro
di accordi politici, debba servire proprio a far crescere il consenso interno
iracheno verso forme di autogoverno progressivo, che impediscano al Paese di
cadere nell’anarchia.
D. – Si è parlato molto della
proporzione tra truppe della Coalizione e presenza della popolazione…
R. – Il numero delle forze della
Coalizione è insufficiente per garantire un quadro di sicurezza e questo
rappresenta un elemento di maggiore rischio per tutti quanti. Questa è una
scelta che gli americani hanno fatto per varie ragioni, sperando di avere una
maggiore collaborazione da parte degli stessi iracheni.
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RIFLETTORI ACCESI SUL CONTINENTE AFRICANO
CON L’INIZIATIVA ITALIA AFRICA 2004.
DOMANI IL CONVEGNO “AFRICA E EUROPEA: UN
DESTINO COMUNE”
- Intervista con padre Venanzio Milani -
“Africa
e Europa: un destino comune”. E’ lo slogan che accompagnerà il convegno, che si
svolgerà in Campidoglio domani e sabato, organizzato dal Comune di Roma insieme
alla Comunità di Sant’Egidio. La due giorni di studio intende affrontare
tematiche di carattere politico, storico, culturale e sociale, legate al
continente africano. L’incontro fa capo all’iniziativa capitolina “Italia
Africa 2004”, sostenuta anche da agenzie dell’Onu, organismi non governativi,
sindacati ed istituzioni religiose. Prosegue, intanto, anche la campagna di
sensibilizzazione “Il risveglio dell’Africa”, promossa dagli Istituti
Missionari Italiani con tavole rotonde, manifestazioni e mostre per infrangere
il muro d’indifferenza che spesso circonda questo continente. Sugli obiettivi
di queste iniziative, Barbara Castelli ha raccolto il commento di padre
Venanzio Milani, presidente della Misna e tra i promotori dell’iniziativa
romana:
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R. - Gli Istituti missionari vogliono presentare un nuovo
volto, l’altra faccia dell’Africa. Non più soltanto l’Africa della fame,
dell’Aids, delle guerre, dei bambini-soldato, ma anche l’Africa della ricchezza
dei legami sociali, della solidarietà, l’Africa della cultura, dell’arte,
l’Africa - in un certo senso - della laboriosità.
D. – Cosa propone questa maratona di iniziative?
R. – Tra le nostre iniziative, ricordo una mostra
fotografica dal titolo “Il continente sensibile” e una seconda esposizione
dedicata, invece, alla satira in esilio. A questo proposito, approfondiremo il
tema della satira e della libertà di stampa in Africa con una tavola rotonda.
Termineremo poi, il 20 aprile, con la presentazione di quattro volumi
sull’Islam, altra questione molto attuale. La caratteristica di questi incontri
è che faremo parlare soprattutto gli africani. Diamo voce a loro perché
raccontino la realtà, anche complessa, negativa e positiva del loro continente.
D. – Il monito rivolto al pubblico è “rompi il silenzio”.
Cosa ha da dire l’Africa all’Occidente?
R. –
L’Africa all’Occidente chiede che sia rispettata nei suoi valori, che sia
riconosciuta con più profondità e verità. L’Africa chiede che ci siano delle
regole del commercio più eque, più giuste. L’Africa chiede, inoltre, di non
essere vista solo con gli occhi della commiserazione, ma con una dignità che è
stata restituita.
D. - Una delle tavole rotonde si intitola “Nel mondo globalizzato
la sfida del-l’Islam”, dicevamo un tema di grande attualità…
R. –
Credo che l’Islam vada conosciuto nella sua complessità. Non c’è soltanto
l’Islam fondamentalista, che può creare guerre o attentati, ma c’è un Islam più
positivo, religioso e anche incline al dialogo con le altre religioni, in
particolare con la religione cristiana. Credo, quindi, che anche l’Islam vada
conosciuto più in profondità, per poter arrivare almeno ad una convivenza
pacifica con i musulmani.
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PER LA
PRIMA VOLTA AL NUOVO AUDITORIUM DI ROMA “PARCO DELLA MUSICA”
CLAUDIO ABBADO CON L’ORCHESTRA
GIOVANILE EUROPEA
-
Intervista con Alexander
Meraviglia-Crivelli -
Per la
prima volta al Nuovo Auditorium Parco della Musica di Roma, Claudio Abbado con l'Orchestra
Giovanile Europea. Ieri sera nella sala grande S. Cecilia l’ultima tappa della
tournée internazionale di Pasqua, dopo Bolzano, Budapest, Bratislava, San
Pietroburgo, Reggio Emilia e Trieste, alla presenza del Capo dello Stato
Italiano Carlo Azeglio Ciampi e del Presidente della Provincia Enrico Gasbarra,
che ha promosso l’evento aprendo le porte della grande musica agli studenti.
C’era per noi A.V.:
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Il silenzio ricolmo di emozione dopo l’appassionata
lettura della IX Sinfonia di Mahler, canto d’addio alla vita e di
anelito spirituale. Il fragore degli applausi, venti minuti di standing
ovation. Trionfale debutto a Roma della Gustav Mahler Jugendorchester diretta
dal suo fondatore Claudio Abbado, compagine formata da giovanissimi musicisti
di talento provenienti da 25 Paesi. Un valore aggiunto a quello artistico,
spiega il segretario generale Alexander Meraviglia-Crivelli:
“A parte il valore evidente, quello musicale, direi che è
il valore umano nei nostri tempi, perché la musica è sempre un linguaggio
unico. Per gente che viene da diversi Paesi il fatto di suonare insieme vuol
dire intendersi, ascoltarsi, fare una cosa insieme, respirare insieme,
esprimersi insieme. Questo è un fatto bellissimo ed anche un segnale in questi
nostri tempi”.
Uno dei momenti più alti del sinfonismo, la partitura
mahleriana mostra una tessitura orchestrale piena di pensieri, quasi un
testamento filosofico: Abbado ne ha sottolineato tutte le sottigliezze, le
pause, i contrasti tra accenti drammatici e ritmi lentamente smorzati, trovando
piena rispondenza nel formidabile ensemble orchestrale. Un connubio di lunga
data che oggi trova il suo risultato più spettacolare. Ancora Alexander
Meraviglia-Crivelli:
“Quando il Maestro Abbado ha avuto questa idea fondatrice
nel 1986 non c’era l’Europa unita di cui parliamo. All’epoca c’erano due mondi,
due sistemi e lui con la musica ha potuto superare questi confini ed oggi non
solo in campo musicale e in quello della formazione dei giovani talenti ma
anche e soprattutto sul piano umano una iniziativa come questa aggiunge, dà
qualcosa in più non solo come simbolo ma anche come iniziativa da seguire non
solamente nel mondo della musica. Quindi la ritengo una cosa importantissima.
Sia la reazione del pubblico, sia l’attenzione e l’atteggiamento positivo
ovunque noi andiamo ci segnala che ha avuto ragione Abbado e avrà sempre
ragione quando lui andrà oltre i confini”.
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15
aprile 2004
LIBERATO
IERI DALLE AUTORITA’ CINESI MONS. GIULIO JIA ZHIGUO,
VESCOVO
DELLA DIOCESI DI ZHENGDING.
HA
GIA’ TRASCORSO OLTRE 20 ANNI IN PRIGIONE
- A cura di Bernardo Cervellera -
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PECHINO. = Fonti dell’Hebei, la regione dove opera Jia Zhiguo,
contattate da Asianews hanno detto che la notizia si è diffusa nella comunità
di Zhengding anche se i fedeli non hanno ancora potuto incontrare il loro
vescovo. Il presule era stato arrestato il 5 aprile pomeriggio e tenuto in
custodia a Shijiazhuang. Alcuni fedeli avevano chiesto alla Polizia di rilasciarlo per
permettere al prelato di celebrare i Riti della Settimana Santa, ma la Polizia
lo ha tenuto in fermo sino ad oggi, cioè a Pasqua passata. Il governo non
permette attività ecclesiali non controllate o non registrate presso l’Ufficio
affari religiosi, per questo la Pubblica sicurezza per prevenire quelli che
essa definisce “disordini sociali”, e cioè celebrazioni liturgiche non
controllate dal governo, arresta sacerdoti e vescovi nel periodo fra Pasqua e
Pentecoste oppure nel periodo prima di Natale. Mons. Jia, 69 anni, è vescovo
dal 1980 ed ha già trascorso 20 anni in prigione ed ogni mese viene arrestato
per qualche giorno.
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IN
MOZAMBICO LA CHIESA RINNOVA LA SUA DENUNCIA CIRCA LA SCOMPARSA DI MINORI E IL
TRAFFICO DI ORGANI. IN TRE ANNI SONO OLTRE 100 I BAMBINI RAPITI, MOLTI DEI
QUALI RITROVATI UCCISI IN FOSSE COMUNI
NAMPULA-ROMA.
= Dopo l’accusa di diffondere notizie calunniose circa il presunto traffico di organi
in Mozambico rivolte alle consorelle del monastero di Nampula, alcuni sacerdoti
della Congregazione dei Servi di Maria sono intervenuti in loro difesa: “Noi
non accusiamo nessuno, portiamo evidenze” hanno dichiarato in una conferenza
stampa, ieri a Roma, padre Claudio Avallone e padre Benito Fusco, denunciando
che dal 2001 ad oggi sono scomparsi dalla diocesi di Nampula “oltre cento
minori, molti dei quali ritrovati in nove fosse comuni con i corpi svuotati da
organi senza che le autorità alle quali è stato denunciato l’accaduto abbiano
indagato e punito i responsabili”. Con un appello dell’arcivescovo di Nampula,
mons. Tomè Makhweliha, è stata presentata, ieri, la campagna promossa dai
missionari per fermare questo fenomeno che non ha mai avuto tali proporzioni
nei trenta anni che la Congregazione dei Servi di Maria ha passato in
Mozambico. Anche il Ministero degli Esteri di Roma ha giudicato queste notizie
inattendibili, ma la posizione dei sacerdoti è stata inamovibile: “rigettiamo -
hanno detto - tutti i meccanismi
utilizzati per ridurre al silenzio o travisare il lavoro che la Chiesa
cattolica ha svolto denunciando il traffico di minori, rapimenti e mutilazioni
di cadaveri”. La Congregazione ha anche lanciato una raccolta di firme alla
quale hanno aderito circa 158 mila cittadini italiani ed europei, che verrà
presentata nei prossimi giorni al presidente della Camera Casini, del
Parlamento europeo Cox e della Commissione Ue Prodi, per fare chiarezza sulla
vicenda, “Esigiamo che i criminali siano mascherati”. Secondo le informazioni
raccolte dai religiosi nell’ultimo anno almeno 83 bambini sono stati rapiti e
portati in un hangar ipotizzato come “centro diagnostico”, dato che il 25 per
cento dei bambini in Mozambico è sieropositivo. (G.L.)
ARRIVA
OGGI AD ABIDJAN, CAPITALE COMMERCIALE DELLA COSTA D’AVORIO,
LA COMMISSIONE D’INCHIESTA VOLUTA DALL’ONU
PER FAR LUCE SULLE VIOLENZE
SCOPPIATE
NEL PAESE IL 25 MARZO SCORSO.
ABIDJAN.
= Far luce sulle violenze e le presunte
violazioni dei diritti umani avvenute durante e dopo la manifestazione del 25
marzo scorso. Questo il compito della Commissione d’inchiesta istituita dalle
Nazioni Unite per la Costa d’Avorio. In un comunicato, le Nazioni Unite
precisano che i membri sono arrivati ieri a Ginevra e stamattina partiranno
alla volta di Abidjan. L'Alto Commissariato dell’Onu per i diritti umani già
nelle scorse settimane aveva annunciato la volontà di creare una squadra
indipendente e internazionale che indagasse sulle accuse provenienti dalla
Costa d'Avorio. Il portavoce dell'ufficio umanitario dell'Onu, José Diaz, aveva
sottolineato che le accuse riguardano "esecuzioni sommarie ed
extra-giudiziarie, violenze sessuali, arresti e interrogatori arbitrari".
Il presidente ivoriano Laurent Gbagbo aveva già detto che avrebbe autorizzato
un’eventuale inchiesta per far luce sugli incidenti, nei quali – secondo
diverse denunce – milizie civili non autorizzate avrebbero affiancato le forze
dell'ordine, commettendo ogni genere di violenza contro esponenti
dell’opposizione. Il 25 marzo scorso, i principali partiti d'opposizione e gli
ex-ribelli ivoriani avevano organizzato una grande manifestazione per le strade
di Abidjan, nonostante un divieto governativo, per contestare la mancata
applicazione integrale degli accordi di pace firmati nel gennaio 2003. Negli
scontri tra manifestanti, forze di sicurezza e altri sarebbero morte almeno 73
persone - 37 secondo la polizia, da 250 a 500 secondo l'opposizione. (G.L)
PRESENTATO IERI A ROMA IL RAPPORTO
DELL’IRES-CGIL SUL LAVORO MINORILE.
IN ITALIA SONO QUASI 400MILA I
BAMBINI SFRUTTATI, ATTESTANDOSI
AL SECONDO POSTO IN EUROPA DOPO LA
GRAN BRETAGNA
ROMA.
= Sono 360-400 mila in Italia, i minori sfruttati sul lavoro su un totale di
4.500.000 bambini tra i 7 e i 14 anni. Lo rivela una ricerca dell'Ires-Cgil
sul lavoro minorile in Italia, secondo
la quale la cifra di 144 mila unità calcolata dall'Istat è sottostimata. Di
questi, il 17,5%, cioè circa 70 mila, lavorano oltre 4 ore in modo impegnativo
e continuativo e oltre il 50% di questi 70 mila, cioè circa 40 mila, lavorano 8
e più ore, con paghe che oscillano tra i 200 e i 500 euro. Tra i minori sfruttati sono inclusi i
bambini figli di immigrati e i circa 30-35 mila minori non accompagnati, entrati
clandestinamente in Italia. Scendendo più nello specifico, il rapporto prende
in esame le tre più grandi realtà nazionali: Milano, Roma e Napoli. In queste
aree metropolitane la popolazione minorile tra i 7 e i 14 anni è pari a 846.640
unità e i minori che lavorano sono 26 mila. Secondo il segretario generale
della Cgil, Guglielmo Epifani, il fenomeno del lavoro minorile in Italia “è
destinato a crescere", per tre motivi di fondo. Il primo è legato
"alla crescita delle aree di povertà e di emarginazione"; il secondo,
invece, " al fatto che tende a crescere il lavoro irregolare e
clandestino, soprattutto degli immigrati". Per Epifani, infine, questo
triste fenomeno "è legato alla dispersione e all'abbandono scolastico che
è in aumento". Secondo l'Ires, l'Italia è al secondo posto in Europa, dopo
la Gran Bretagna, per la più alta percentuale di minori che vive sotto la
soglia della povertà. (S.S.)
CENTINAIA DI BATTESIMI IL
GIORNO DI PASQUA NELL’ARCIDIOCESI DI BANGUI,
NELLA
REPUBBLICA CENTRAFRICANA. LA CERIMONIA TRASMESSA IN DIRETTA
DALLA RADIO NAZIONALE
BANGUI.
= Nella Repubblica centrafricana centinaia di bambini e di adulti della
arcidiocesi di Bangui sono stati battezzati a Pasqua durante la Santa Messa che
l’arcivescovo, mons. Paulin Pomodimo, ha celebrato nella parrocchia di Nostra
Signora d’Africa. La parrocchia, nell’occasione, festeggiava il cinquantenario
di istituzione. Tutta la cerimonia è stata trasmessa in diretta dalla Radio
Nazionale centrafricana. All’omelia, mons. Pomodimo ha detto che Dio “ha
salvato il popolo del Centrafrica” allo stesso modo che Egli salvò Israele dal
Faraone. “Bisogna fare ciò che Dio vuole – ha aggiunto l’arcivescovo di Bangui
– conquistare cioè il paradiso. Dio Promette un avvenire migliore al popolo del
Centrafrica”.
DECINE DI VITTIME IN BANGLADESH A
CAUSA DI UN’ONDATA DI MALTEMPO,
CHE HA FLAGELLATO LA PARTE
SETTENTRIONALE DEL PAESE.
NUMEROSI VILLAGGI DISTRUTTI DALLE
TROMBE D’ARIA
DHAKA.
= Il Bangladesh settentrionale in ginocchio a causa di una forte ondata di
maltempo. Numerose trombe d’aria, nei distretti di Netrokona e Mymensigh, hanno
travolto più di venti villaggi di contadini. Al momento si contano almeno 38
morti. La notizia è stata diffusa da fonti ufficiali, precisando che la zona
più colpita è stata quella di Netrokona, a 80 chilometri a nord di Dhaka. Nella
sola capitale hanno perso la vita 26 persone, tra cui numerosi bambini.
Complessivamente sono oltre 800 i feriti, molti dei quali hanno riportato serie
fratture, come hanno reso noto medici del locale ospedale a Netrokona. Sono migliaia,
invece, le abitazioni sradicate o completamente distrutte dalle due trombe
d’aria. Non è, però, la prima volta che il Bangladesh viene colpito dalle
intemperie, a causa della sua non favorevole collocazione territoriale, che lo
espone a inondazioni e continue tempeste monsoniche. Occupa, infatti, il delta
in cui confluiscono le foci dei principali fiumi del subcontinente indiano, che
pur rendendo il terreno fertile, sono soggetti a continui straripamenti a cui
si aggiungono le tempeste provenienti dall’antistante golfo del Bengala. Il
Bangladesh è uno dei Paesi più poveri del mondo, con un reddito pro capite
annuo di 370 dollari; la sua popolazione ammonta a 137 milioni di persone, in
un territorio che è la metà di quello italiano. (S.S.)
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15
aprile 2004
- A cura di Alessandro Gisotti -
Il presidente palestinese, Yasser Arafat, ha aspramente
criticato il “via libera” degli Stati Uniti al piano israeliano su Gaza
avvenuto ieri a Washington con l’incontro tra Bush e Sharon. I palestinesi, ha
detto Arafat, non rinunceranno mai alla loro lotta per l’indipendenza di uno
Stato che abbia Gerusalemme come capitale, e al diritto dei profughi a tornare
in patria. Reazioni negative sono arrivate anche da parte del segretario
generale dell’Onu, Kofi Annan, che ha denunciato l’inopportunità della
decisione dell’amministrazione americana di approvare il piano del primo
ministro israeliano, aggirando di fatto i negoziati diretti tra palestinesi e
israeliani, previsti dalla “road-map”. Un portavoce della Commissione di
Bruxelles ha dichiarato che l’Unione europea “non riconoscerà nessun
cambiamento dei confini senza un accordo tra le parti”. Ma torniamo ai dettagli
dell’incontro tra Bush e Sharon con il servizio di Graziano Motta:
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Due le lettere di intenti scambiate tra Sharon e Bush. In
quella del primo ministro è illustrato il piano di ritiro unilaterale di
soldati e coloni dalla Striscia di Gaza e da quattro insediamenti della
Cisgiordania. Si è appreso che dovrebbe essere completato entro il 2005. In
quella del presidente americano sono affermati tre importanti principi.
L’esigenza di frontiere sicure per lo Stato di Israele e l’evoluzione
demografica in Cisgiordania, seguita alla guerra del 1967, non rendono realistica
la cosiddetta linea verde, quella di separazione emersa nel 1949 al termine
della prima guerra arabo-israeliana. Quindi, il presidente riconosce che in un
futuro assetto definitivo del conflitto, Israele dovrà mantenere il controllo
di alcune zone dei territori ove sono sorti insediamenti ebraici. Conviene poi
con Israele che i profughi palestinesi potranno tornare nel territorio dello
Stato palestinese, non in Israele, Stato che, come previsto dalla road map,
potrà essere stabilito accanto a quello israeliano, ma se democratico e
impegnato a lottare contro il terrorismo.
Per Radio Vaticana, Graziano Motta.
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Stamani, intanto, a Ramallah si è tenuta una riunione di
emergenza dell’esecutivo palestinese per discutere dei risultati dell’incontro
di Washington. Dal canto suo, il segretario di Stato americano Colin Powell ha
telefonato al premier palestinese Abu Ala per dare spiegazioni sulla posizione
della Casa Bianca. Sempre tesa la situazione sul terreno: una ventina di
palestinesi sono stati feriti oggi a Rafah, nella striscia di Gaza, al confine
con l’Egitto, nel corso di uno scontro a fuoco con le truppe israeliane.
In
Sudafrica, l’African National Congress si appresta a celebrare una netta
vittoria nella terza consultazione politica del dopo-apartheid. Con il 36 per
cento delle schede scrutinate, il partito del presidente Thabo Mbeki risulta
avere il 66,88 per cento dei suffragi. Se il dato fosse confermato, il partito
fondato da Nelson Mandela potrebbe assicurarsi la maggioranza dei due-terzi del
parlamento che gli consentirebbe anche di emendare la Costituzione. Le elezioni
di ieri si sono contraddistinte tuttavia per un netto aumento della forza di
opposizione liberale Alleanza democratica che supererebbe il 16 per cento dei
consensi. Ma come spiegare questo nuovo trionfo dell’African National
Congress? Risponde Laura Mezzanotte, esperta di Africa australe per la
rivista Nigrizia, intervistata da Giada Aquilino:
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R. – Perchè l’African National Congress è comunque
il Partito che ha liberato il Sudafrica. Riceve ancora oggi il credito di
quella vittoria, anche se molte delle promesse che aveva fatto nelle precedenti
elezioni non sono state mantenute. La popolazione nera, però, è sicuramente
disposta ad aspettare ancora, perché molte cose vengano fatte.
D. – Il New National Party, erede di quello che fu il
Partito fautore della segregazione, si trova ad essere alleato dell’African
National Congress. Com’è cambiato il Partito?
R. – Non si è ancora ripreso dal colpo, nel senso che ha
cercato disperatamente di rinnovarsi - si chiama New National Party -
però non è riuscito a fare il salto e a costruire su quello che gli era
rimasto, cioè una gran parte del voto ‘bianco’, che ha perso in maniera
clamorosa in queste elezioni, soprattutto nella sua zona più forte, che era la
zona di Citta del Capo, la provincia del Capo. Questo anche perché ha fatto
delle scelte di alleanza con l’African National Congress nell’ultima
legislatura, che sono fuori dalla sua storia, sono fuori dal suo modo di
essere.
D. – Dieci anni di democrazia. Com’è oggi il Sudafrica del
dopo apartheid?
R. – Il Paese ha molti problemi. Il governo dell’Anc ha
fatto parecchi errori: li ha fatti sull’Aids e non ha assolutamente risposto ai
problemi di povertà. Però, d’altra parte, aveva grossissimi problemi
strutturali di tipo sociale da risolvere, che non possono essere risolti in
pochi anni. Bisogna aspettare ancora, insomma.
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Nella Corea del Sud, il partito governativo “Uri”, vicino
al presidente progressista e riformista Roh Moo Hyun, avrebbe vinto le elezioni
politiche svoltesi oggi, secondo quanto riferiscono i primi exit poll. Secondo
la rete tv Kbs, il partito “Uri” dovrebbe ottenere da 142 a 180 seggi nel nuovo
parlamento di 299 seggi, conquistando così con ogni probabilità la maggioranza
assoluta. Il partito “Uri” ha chiesto agli elettori di punire i conservatori
del “Gnp”, i cui deputati il 12 aprile scorso hanno votato a favore della messa
in stato di accusa del presidente.
Il direttore della Cia, George Tenet, ha ammesso che
l’intelligence americana commise “errori” prima degli attacchi dell'11
settembre ma ha sottolineato che fornì informazioni “chiare e dirette” sui
rischi posti da Al Qaeda. Deponendo davanti alla commissione parlamentare di indagine
sulle stragi di New York e Washington, Tenet ha riconosciuto che non seppe
“discernere la natura specifica dei piani” per gli attacchi alle Torri gemelle
e al Pentagono. Il direttore della Cia ha spiegato che nell’agosto 2001, quando
fu recapitato a Bush un memorandum sulla volontà di Bin Laden di colpire negli
Stati Uniti anche con dirottamenti aerei, non incontrò mai il presidente
americano.
In Macedonia, il premier uscente,
Branko Crvenkovski, si aggiudica il primo turno delle elezioni presidenziali.
Con l’80 per cento delle schede scrutinate, è in testa con il 43 per cento
delle preferenze, mentre il principale avversario, Sasko Kedev, ottiene il 34,5
per cento dei suffragi. Tra due settimane, dunque, gli elettori macedoni
saranno chiamati nuovamente alle urne per scegliere il successore di Boris
Trajkovski, il presidente tragicamente scomparso due mesi fa in un incidente
aereo in Bosnia. Servizio di Emiliano Bos:
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Lo sfidante sarà il semisconosciuto Sasko Kedev, un
chirurgo che si è presentato come il volto nuovo della politica, a nome del
Partito nazionalista macedone. Dalla competizione elettorale escono sconfitti i
due candidati albanesi, espressione di una comunità che rappresenta oltre un
terzo dei due milioni di abitanti dell’ex Repubblica jugoslava, l’unica ad aver
ottenuta l’indipendenza da Belgrado nel 1991 senza spargimento di sangue. Tre
anni fa però un conflitto etnico provocato dagli estremisti albanesi aveva
rischiato di trascinare il Paese in una nuova guerra balcanica, ma grazie alla
mediazione dell’Unione Europea il presidente Trajkovski riuscì ad evitare il
peggio. Il destino però l’ha stroncato prima di portare a termine l’ambizioso
traguardo dell’ingresso in Europa, ma il suo possibile successore ha già
ribadito l’impegno verso Bruxelles e verso la Nato.
Per la Radio Vaticana, Emiliano Bos.
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Il vicepresidente degli Stati Uniti, Dick Cheney –
impegnato in un tour diplomatico in Asia – ha riaffermato oggi l’impegno americano
a difendere militarmente Taiwan, rassicurando tuttavia i dirigenti cinesi che
gli Stati Uniti sostengono la politica di “una sola Cina”. Cheney ha così
invitato Pechino e Taipei ad aprire un negoziato. Il numero due della Casa
Bianca – nella sua tappa cinese a Shangai – ha inoltre dichiarato di temere che
la Corea del Nord fornisca tecnologie nucleari a gruppi terroristici come Al
Qaeda. Cheney si trova oggi in Corea del Sud, dove è stato accolto da proteste
di manifestanti pacifisti.
Gli Stati Uniti hanno promesso aiuti finanziari per 400
milioni di dollari destinati a Cipro, nel caso in cui il referendum del 24
aprile sulla riunificazione dell'isola si concluda con una vittoria dei sì. Lo
ha reso noto oggi il rappresentante dell'agenzia americana per lo sviluppo
internazionale (Usaid).
Il governo dello Stato-arcipelago di Vanuatu, nel
Pacifico, chiederà risarcimenti a Gran Bretagna e alla Francia per il commercio
di schiavi nel 19.mo secolo, in cui 62 mila melanesiani furono sottratti dalle
loro isole, con la forza per lavorare nelle piantagioni di canna da zucchero in
Australia, nelle isole Figi e in Nuova Caledonia. L’iniziativa è stata resa
nota dal ministro degli Esteri di Vanuatu, Moana Carcasses.
In Corsica, il leader indipendentista Jean-Guy Talamoni è
stato fermato stamattina a Bastia nel quadro di un’inchiesta per frode,
malversazione e corruzione.
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