RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVIII n. 106 - Testo della trasmissione di giovedì 15 aprile 2004

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Domani saranno celebrati i 50 anni del Pontificio Comitato di Scienze Storiche: ce ne parla il professor Walter Brandmüller.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Rilasciati i tre ostaggi giapponesi in Iraq, mentre resta lo sgomento dell’Italia e della comunità internazionale per l’esecuzione di uno dei quattro italiani sequestrati da forze ribelli: con noi, Stefano Silvestri

 

Con l’iniziativa Italia-Africa 2004, riflettori accesi sul continente africano: intervista con padre Venanzio Milani

 

Per la prima volta al nuovo Auditorium di Roma “Parco della musica”, Claudio Abbado con l’orchestra giovanile europea: ai nostri microfoni, Alexander Meraviglia-Crivelli.

 

CHIESA E SOCIETA’:

Liberato ieri dalle autorità cinesi mons. Giulio Jia Zhiguo, vescovo della diocesi di Zhengding

 

In Mozambico la Chiesa denuncia il traffico di organi e la scomparsa di minori

 

Presentato oggi a Roma il rapporto dell’Ires-Cgil sul lavoro minorile

 

Arriva oggi ad Abidjan in Costa d’Avorio, la Commissione d’inchiesta dell’Onu sulle violenze scoppiate nel Paese il 25 marzo scorso

 

Centinaia di Battesimi il giorno di Pasqua nell’arcidiocesi di Bangui, nella Repubblica Centrafricana

 

Decine di vittime in Bangladesh per un’ondata di maltempo nel Nord del Paese.

 

24 ORE NEL MONDO:

Dure di critiche di Arafat agli Stati Uniti per il via libera dato da Bush al piano di Sharon su Gaza

 

In Sudafrica, l’African National Congress verso il trionfo nelle elezioni politiche di ieri

 

Elezioni in Corea del Sud: per gli exit poll, ha vinto il partito governativo “Uri”

 

In Macedonia, il premier Crvenkovski vince il primo turno delle elezioni presidenziali.

 

 

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

15 aprile 2004

 

 

RINUNCIA E NOMINE

 

Il Santo Padre ha accettato stamani la rinuncia al governo pastorale del vicariato apostolico di Bontoc-Lagwe nelle Filippine, presentata da mons. Francisco F. Claver, vescovo emerito di Malaybalay, per raggiunti limiti di età, ed ha nominato allo stesso incarico il rev. Cornelio Galleo Wigwigan, assegnandogli la sede titolare vescovile di Vagrauta.

 

Il Papa ha inoltre nominato membri del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica i cardinali Antonio María Rouco Varala, Peter Erdö e Jean-Louis Tauran.

 

 

DOMANI A ROMA LA COMMEMORAZIONE SOLENNE

DEL 50.MO DI FONDAZIONE DEL PONTIFICIO COMITATO DI SCIENZE STORICHE

- Intervista con il presidente, mons. Walter Brandmüller -

 

Domani pomeriggio sarà commemorato a Roma il 50.mo di fondazione del Pontificio Comitato di Scienze Storiche. La cerimonia sarà inaugurata alle 17.30 dalla celebrazione eucaristica, ufficiata dal cardinale segretario di Stato, Angelo Sodano, nella Basilica di San Lorenzo in Damaso, cui farà seguito alle 18.45 l’atto ufficiale, presieduto dallo stesso porporato nella Sala dei Cento giorni del Palazzo della Cancelleria. Ma quali sono le origini di questa istituzione culturale? Giovanni Peduto ha intervistato il prof. Walter Brandmüller, presidente del Comitato.

 

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R. – Avendo aperto al mondo degli studiosi gli Archivi e la Biblioteca Vaticana, Leone XIII sentiva la necessità o l’opportunità di creare un apposito organismo della Santa Sede per promuovere gli studi storici a base della documentazione importantissima, ora accessibile alla ricerca, e per questo motivo creò una Commissione cardinalizia. Questa Commissione fu trasformata da Papa Pio XII in un Comitato di esperti storici. Così l’ha creato come rappresentanza della Santa Sede in seno alla Commissione Internazionale delle Scienze Storiche.

 

D. – Quali finalità persegue attualmente il Pontificio Comitato di Scienze Storiche?

 

R. – Il primo scopo è di rappresentare la Santa Sede in seno agli organismi internazionali scientifici, ai quali appartiene anche la Commissione internazionale di Storia Ecclesiastica. La Santa Sede così è presente tra le varie rappresentanze anche in questo campo.

 

D. – Come svolge il suo lavoro?

 

R. – Il nostro lavoro si svolge soprattutto nelle adunanze plenarie che si organizzano due o tre volte ogni anno qui a Roma, e soprattutto attraverso i molteplici contatti con degli organismi scientifici - Accademie, Università, Società di storia e così via – che si svolgono qui nell’ufficio, tramite vari membri del Comitato che sono attualmente, approssimativamente, trenta.

 

D. – Tra quali categorie di persone vengono scelti i membri del Pontificio Comitato di Scienze Storiche?

 

R. – Esclusivamente dalle Università e Accademie. Si tratta di studiosi di livello internazionale, che possono contribuire con le loro varie specializzazioni allo scopo del  Comitato.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

 

Apre la prima pagina l'Iraq con un articolo dal titolo "Barbarie senza fine", in riferimento al barbaro assassinio di uno dei quattro ostaggi italiani. 

 

Nelle vaticane, il messaggio dei vescovi dell'Angola sul tema: "L'Angola sul cammino della speranza". 

Un articolo di mons. Jean Laffitte dal titolo "Il ruolo insostituibile del matrimonio e della famiglia".

 

Nelle estere, Medio Oriente: assenso di Bush al piano d Sharon.  

 

Nella pagina culturale, un articolo sul "Diario dell'Arcivescovo Enrico Nicodemo a Bari, 1953-1973"

 

Nelle pagine italiane, in primo piano l'uccisione dell'ostaggio italiano in Iraq. L'Italia sconvolta dall'efferato assassinio. L'angoscia dei familiari degli altri tre rapiti.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

15 aprile 2004

 

 

RILASCIATI IN IRAQ I TRE OSTAGGI GIAPPONESI, MENTRE RESTA LO SGOMENTO DELL’ITALIA E DELLA COMUNITA’ INTERNAZIONALE PER L’ESECUZIONE, IERI,

DI UNO DEI QUATTRO ITALIANI SEQUESTRATI DA FORZE RIBELLI

- Intervista con Stefano Silvestri -

 

La buona notizia del rilascio dei tre ostaggi giapponesi è giunta nella giornata di pena e sgomento dell’Italia e della comunità internazionale, all’indomani dell’uccisione a bruciapelo di uno dei quattro ostaggi italiani. Le altre notizie dall’Iraq confermano una situazione sempre critica. In diversi attacchi sono morti il primo segretario dell’ambasciata iraniana, alcuni civili iracheni, soldati Usa. Il servizio di Fausta Speranza:

 

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I tre giapponesi sono stati rilasciati e stanno bene. E’ quanto ha riferito per prima la televisione del Qatar al Jazeera, affermando che sono stati portati presso un'organizzazione di religiosi islamici sunniti a Baghdad. In tarda mattinata è giunta dalla capitale irachena anche un’altra notizia ben diversa: il primo segretario dell'ambasciata iraniana, Khali Naimi, è stato ucciso da sconosciuti armati. Si sa solo che la sua auto circolava nelle vicinanze dell'ambasciata di Teheran.    Questa mattina, nonostante il prolungamento del cessate-il-fuoco di altre 48 ore, sono proseguiti gli scontri a Fallujah. La città a maggioranza sunnita, da ormai nove giorni presidiata dalle forze statunitensi, è stata attaccata questa notte con l’ausilio dell’aviazione. A Bakuba, un attacco con missili ha causato la morte di una donna e di due dei suoi figli. Nelle ultime 24 ore, due soldati americani sono stati uccisi in attacchi separati nelle città di Samarra e Mossul, nella zona settentrionale.

 

Intanto, in Italia è forte l’emozione per quanto accaduto al giovane 36enne di Genova, Fabrizio Quattrocchi, freddato da un colpo alla nuca di fronte alle telecamere. Il capo di Stato, Ciampi, ha avuto parole di cordoglio, chiedendo che si salvi la vita degli altri. Il ministro degli Esteri, Frattini, ha fatto sapere che negli ultimi istanti l’uomo ha cercato di scoprirsi il volto dicendo di voler mostrare ai suoi assassini con quale dignità muore un italiano. Il premier italiano, Berlusconi, ha inviato in Iraq il consigliere diplomatico di Palazzo Chigi, Castellaneta, per imbastire tentativi diplomatici tesi al rilascio degli altri sequestrati. Del dibattito politico in Italia ci riferisce Gianpiero Guadagni:

 

“Mantenere l’impegno a ricostruire l’Iraq e respingere il disegno di dividere e ricattare l’Occidente”. L’appello del presidente del Senato, Pera, che si aggiunge a quello di, ieri sera, del presidente della Camera, Casini, trova ascolto nelle forze politiche di maggioranza ed opposizione. Restano, tuttavia, diversità di vedute e il ministro della Difesa, Martino, ribadisce la posizione del governo: “cedere sarebbe autolesionistico prima che vile”. Nel centro-sinistra, l’ala riformista chiede una svolta radicale nella gestione della crisi e sollecita il governo a spiegare in Parlamento come intende far fronte ad una situazione ormai fuori controllo. Comunisti italiani, Verdi e Rifondazione Comunista insistono, invece, per l’immediato ritiro delle truppe italiane. Nel messaggio di cordoglio a Santo Quattrocchi, padre dell’ostaggio ucciso, il capo dello Stato, Carlo Azeglio Ciampi scrive: “E’ necessaria fermezza e coerenza sugli obiettivi da perseguire nell’ambito delle Nazioni Unite. E’ necessaria capacità di dialogo per non lasciare nulla di intentato nel salvare la vita degli altri ostaggi. Il barbaro omicidio - aggiunge Ciampi - rafforza la determinazione dell’Italia, di sbarrare la strada all’odio ed operare per la realizzazione di una convivenza pacifica in Iraq.

 

Per la Radio Vaticana, Giampiero Guadagni.

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Ma ascoltiamo come sta vivendo questa giornata di lutto la città natale del giovane. Da Genova, Dino Frambati:

 

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Genova si è svegliata questa mattina sconvolta per la morte tragica e violenta di Fabrizio Quattrocchi. La città, quest’anno capitale della cultura, si è improvvisamente invece ritrovata caput mundi, vittima di un’assurda violenza per conflitti che sembrano assolutamente senza logica. Tra i primi ad esprimere cordoglio è stato il cardinale Tarcisio Bertone. “Quest’uccisione – ha detto il porporato – è indicativa del disordine e della violenza che regnano sovrani in quel Paese”, ed ha auspicato che “quanti sono impegnati laggiù si adoperino per il rispetto dei principii morali e sincera volontà di pace e di fare il bene del popolo iracheno”. Intanto i familiari dell’ucciso si sono isolati nel loro dolore e nella riservatezza.

 

Dino Frambati, per la Radio Vaticana, da Genova.

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Allo studio per verifiche sull’autenticità, resta il messaggio audio attribuito a Bin Laden, che le Tv satellitari arabe Al Arabiya e al Jazeera hanno ricevuto e mandato in onda ieri. La voce registrata offre una tregua agli europei, a patto che - dice - “interrompano i loro attacchi contro i musulmani”. La richiesta è sempre la stessa: che tutte le Forze straniere lascino l’Iraq. Comunque si comportino, invece, non ci sarà tregua per gli Stati Uniti, aggiunge la voce attribuita al capo di al Qaeda, che mette chiaramente insieme l’11 settembre 2001 con l’11 marzo scorso. Da parte sua, il presidente della Commissione Europea, Prodi, definisce “impensabile” l’ipotesi di “accettare una tregua” di Bin Laden, affermando che “non si tratta con i terroristi”. La Commissione, inoltre, condanna con il massimo della determinazione l’uccisione dell’ostaggio e i sequestri definendoli “atti di barbarie” e ribadendo la necessità di “affiancare all'opzione militare in Iraq una credibile opzione politica con un approccio multilaterale verso il pieno coinvolgimento delle  Nazioni Unite prima possibile''.

 

Con un omaggio alle vittime delle bombe di Madrid, il leader socialista José Luís Rodríguez Zapatero ha aperto questa mattina il discorso programmatico davanti al Parlamento, affermando che il prossimo governo spagnolo porrà “il massimo impegno nella lotta contro ogni forma di terrorismo'', ma ribadendo che con il nuovo governo soldati spagnoli saranno inviati in Iraq solo su mandato delle Nazioni Unite e con l'approvazione del Parlamento. Nelle dichiarazioni di altri leader europei torna la convinzione che la soluzione non può essere il ritiro. Abbiamo chiesto una riflessione al proposito a Stefano Silvestri, direttore dell’Istituto Affari Internazionali.

 

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R. – No, credo che questo non sia possibile. La strada maestra, ammesso che ci si riesca, è quella di arrivare ad un accomodamento in sede Onu, cercando cioè di modificare il quadro operativo e la guida politica della Coalizione ma solo in sede Onu.

 

D. – E’ possibile immaginare la mediazione di fronte all’ultimatum “Ritiratevi”?

 

R. – Non ci può essere un legame con le richieste dei rapitori. Il problema è il passaggio dei poteri dalle potenze occupanti al governo provvisorio e poi la preparazione delle elezioni per un passaggio definitivo di poteri e il quadro politico che deve essere garantito in Iraq per consentire questo passaggio di poteri. I rapitori tentano proprio di impedire tutto questo. Sono tra quelli che non vogliono avere il consolidamento di una situazione d’accordo in Iraq. Diciamo che in Iraq c’è sicuramente una maggioranza della popolazione che vuole l’autogoverno, vuole la partenza degli americani ma certamente non è d’accordo con l’uso sfrenato di terrorismo.

 

D. – La ‘strategia’ degli ostaggi – chiamiamola così – purtroppo è un qualcosa di già visto. C’è qualcosa di specifico in questa situazione, secondo lei?

 

R. – Qui di specifico c’è essenzialmente, a mio avviso, il fatto che la situazione viene ad inserirsi in un quadro complesso che è quello della guerra e del dopoguerra. Si vorrebbe cercare di ricostruire uno Stato iracheno che era stato completamente smantellato. Il rischio di anarchia è l’elemento più drammatico. Io credo che il discorso che comprende il dibattito su Onu, multilateralismo, diverso quadro di accordi politici, debba servire proprio a far crescere il consenso interno iracheno verso forme di autogoverno progressivo, che impediscano al Paese di cadere nell’anarchia.

 

D. – Si è parlato molto della proporzione tra truppe della Coalizione e presenza della popolazione…

 

R. – Il numero delle forze della Coalizione è insufficiente per garantire un quadro di sicurezza e questo rappresenta un elemento di maggiore rischio per tutti quanti. Questa è una scelta che gli americani hanno fatto per varie ragioni, sperando di avere una maggiore collaborazione da parte degli stessi iracheni.

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RIFLETTORI ACCESI SUL CONTINENTE AFRICANO

CON L’INIZIATIVA ITALIA AFRICA 2004.

DOMANI IL CONVEGNO “AFRICA E EUROPEA: UN DESTINO COMUNE”

- Intervista con padre Venanzio Milani -

 

“Africa e Europa: un destino comune”. E’ lo slogan che accompagnerà il convegno, che si svolgerà in Campidoglio domani e sabato, organizzato dal Comune di Roma insieme alla Comunità di Sant’Egidio. La due giorni di studio intende affrontare tematiche di carattere politico, storico, culturale e sociale, legate al continente africano. L’incontro fa capo all’iniziativa capitolina “Italia Africa 2004”, sostenuta anche da agenzie dell’Onu, organismi non governativi, sindacati ed istituzioni religiose. Prosegue, intanto, anche la campagna di sensibilizzazione “Il risveglio dell’Africa”, promossa dagli Istituti Missionari Italiani con tavole rotonde, manifestazioni e mostre per infrangere il muro d’indifferenza che spesso circonda questo continente. Sugli obiettivi di queste iniziative, Barbara Castelli ha raccolto il commento di padre Venanzio Milani, presidente della Misna e tra i promotori dell’iniziativa romana:

 

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R. - Gli Istituti missionari vogliono presentare un nuovo volto, l’altra faccia dell’Africa. Non più soltanto l’Africa della fame, dell’Aids, delle guerre, dei bambini-soldato, ma anche l’Africa della ricchezza dei legami sociali, della solidarietà, l’Africa della cultura, dell’arte, l’Africa - in un certo senso - della laboriosità.

 

D. – Cosa propone questa maratona di iniziative?

 

R. – Tra le nostre iniziative, ricordo una mostra fotografica dal titolo “Il continente sensibile” e una seconda esposizione dedicata, invece, alla satira in esilio. A questo proposito, approfondiremo il tema della satira e della libertà di stampa in Africa con una tavola rotonda. Termineremo poi, il 20 aprile, con la presentazione di quattro volumi sull’Islam, altra questione molto attuale. La caratteristica di questi incontri è che faremo parlare soprattutto gli africani. Diamo voce a loro perché raccontino la realtà, anche complessa, negativa e positiva del loro continente.

 

D. – Il monito rivolto al pubblico è “rompi il silenzio”. Cosa ha da dire l’Africa all’Occidente?

 

R. – L’Africa all’Occidente chiede che sia rispettata nei suoi valori, che sia riconosciuta con più profondità e verità. L’Africa chiede che ci siano delle regole del commercio più eque, più giuste. L’Africa chiede, inoltre, di non essere vista solo con gli occhi della commiserazione, ma con una dignità che è stata restituita.

 

D. - Una delle tavole rotonde si intitola “Nel mondo globalizzato la sfida del-l’Islam”, dicevamo un tema di grande attualità…

 

R. – Credo che l’Islam vada conosciuto nella sua complessità. Non c’è soltanto l’Islam fondamentalista, che può creare guerre o attentati, ma c’è un Islam più positivo, religioso e anche incline al dialogo con le altre religioni, in particolare con la religione cristiana. Credo, quindi, che anche l’Islam vada conosciuto più in profondità, per poter arrivare almeno ad una convivenza pacifica con i musulmani.

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PER LA PRIMA VOLTA AL NUOVO AUDITORIUM DI ROMA “PARCO DELLA MUSICA”

 CLAUDIO ABBADO CON L’ORCHESTRA GIOVANILE EUROPEA

- Intervista con Alexander Meraviglia-Crivelli -

 

Per la prima volta al Nuovo Auditorium Parco della Musica di Roma, Claudio Abbado con l'Orchestra Giovanile Europea. Ieri sera nella sala grande S. Cecilia l’ultima tappa della tournée internazionale di Pasqua, dopo Bolzano, Budapest, Bratislava, San Pietroburgo, Reggio Emilia e Trieste, alla presenza del Capo dello Stato Italiano Carlo Azeglio Ciampi e del Presidente della Provincia Enrico Gasbarra, che ha promosso l’evento aprendo le porte della grande musica agli studenti. C’era per noi A.V.:

 

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Il silenzio ricolmo di emozione dopo l’appassionata lettura della IX Sinfonia di Mahler, canto d’addio alla vita e di anelito spirituale. Il fragore degli applausi, venti minuti di standing ovation. Trionfale debutto a Roma della Gustav Mahler Jugendorchester diretta dal suo fondatore Claudio Abbado, compagine formata da giovanissimi musicisti di talento provenienti da 25 Paesi. Un valore aggiunto a quello artistico, spiega il segretario generale Alexander Meraviglia-Crivelli:

 

“A parte il valore evidente, quello musicale, direi che è il valore umano nei nostri tempi, perché la musica è sempre un linguaggio unico. Per gente che viene da diversi Paesi il fatto di suonare insieme vuol dire intendersi, ascoltarsi, fare una cosa insieme, respirare insieme, esprimersi insieme. Questo è un fatto bellissimo ed anche un segnale in questi nostri tempi”.

 

Uno dei momenti più alti del sinfonismo, la partitura mahleriana mostra una tessitura orchestrale piena di pensieri, quasi un testamento filosofico: Abbado ne ha sottolineato tutte le sottigliezze, le pause, i contrasti tra accenti drammatici e ritmi lentamente smorzati, trovando piena rispondenza nel formidabile ensemble orchestrale. Un connubio di lunga data che oggi trova il suo risultato più spettacolare. Ancora Alexander Meraviglia-Crivelli:

 

“Quando il Maestro Abbado ha avuto questa idea fondatrice nel 1986 non c’era l’Europa unita di cui parliamo. All’epoca c’erano due mondi, due sistemi e lui con la musica ha potuto superare questi confini ed oggi non solo in campo musicale e in quello della formazione dei giovani talenti ma anche e soprattutto sul piano umano una iniziativa come questa aggiunge, dà qualcosa in più non solo come simbolo ma anche come iniziativa da seguire non solamente nel mondo della musica. Quindi la ritengo una cosa importantissima. Sia la reazione del pubblico, sia l’attenzione e l’atteggiamento positivo ovunque noi andiamo ci segnala che ha avuto ragione Abbado e avrà sempre ragione quando lui andrà oltre i confini”.

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CHIESA E SOCIETA’

15 aprile 2004

 

 

LIBERATO IERI DALLE AUTORITA’ CINESI MONS. GIULIO JIA ZHIGUO,

VESCOVO DELLA DIOCESI DI ZHENGDING.

HA GIA’ TRASCORSO OLTRE 20 ANNI IN PRIGIONE

 - A cura di Bernardo Cervellera -

 

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PECHINO. = Fonti dell’Hebei, la regione dove opera Jia Zhiguo, contattate da Asianews hanno detto che la notizia si è diffusa nella comunità di Zhengding anche se i fedeli non hanno ancora potuto incontrare il loro vescovo. Il presule era stato arrestato il 5 aprile pomeriggio e tenuto in custodia a Shijiazhuang. Alcuni fedeli avevano chiesto alla Polizia di rilasciarlo per permettere al prelato di celebrare i Riti della Settimana Santa, ma la Polizia lo ha tenuto in fermo sino ad oggi, cioè a Pasqua passata. Il governo non permette attività ecclesiali non controllate o non registrate presso l’Ufficio affari religiosi, per questo la Pubblica sicurezza per prevenire quelli che essa definisce “disordini sociali”, e cioè celebrazioni liturgiche non controllate dal governo, arresta sacerdoti e vescovi nel periodo fra Pasqua e Pentecoste oppure nel periodo prima di Natale. Mons. Jia, 69 anni, è vescovo dal 1980 ed ha già trascorso 20 anni in prigione ed ogni mese viene arrestato per qualche giorno.

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IN MOZAMBICO LA CHIESA RINNOVA LA SUA DENUNCIA CIRCA LA SCOMPARSA DI MINORI E IL TRAFFICO DI ORGANI. IN TRE ANNI SONO OLTRE 100 I BAMBINI RAPITI, MOLTI DEI QUALI RITROVATI UCCISI IN FOSSE COMUNI

 

NAMPULA-ROMA. = Dopo l’accusa di diffondere notizie calunniose circa il presunto traffico di organi in Mozambico rivolte alle consorelle del monastero di Nampula, alcuni sacerdoti della Congregazione dei Servi di Maria sono intervenuti in loro difesa: “Noi non accusiamo nessuno, portiamo evidenze” hanno dichiarato in una conferenza stampa, ieri a Roma, padre Claudio Avallone e padre Benito Fusco, denunciando che dal 2001 ad oggi sono scomparsi dalla diocesi di Nampula “oltre cento minori, molti dei quali ritrovati in nove fosse comuni con i corpi svuotati da organi senza che le autorità alle quali è stato denunciato l’accaduto abbiano indagato e punito i responsabili”. Con un appello dell’arcivescovo di Nampula, mons. Tomè Makhweliha, è stata presentata, ieri, la campagna promossa dai missionari per fermare questo fenomeno che non ha mai avuto tali proporzioni nei trenta anni che la Congregazione dei Servi di Maria ha passato in Mozambico. Anche il Ministero degli Esteri di Roma ha giudicato queste notizie inattendibili, ma la posizione dei sacerdoti è stata inamovibile: “rigettiamo - hanno detto -  tutti i meccanismi utilizzati per ridurre al silenzio o travisare il lavoro che la Chiesa cattolica ha svolto denunciando il traffico di minori, rapimenti e mutilazioni di cadaveri”. La Congregazione ha anche lanciato una raccolta di firme alla quale hanno aderito circa 158 mila cittadini italiani ed europei, che verrà presentata nei prossimi giorni al presidente della Camera Casini, del Parlamento europeo Cox e della Commissione Ue Prodi, per fare chiarezza sulla vicenda, “Esigiamo che i criminali siano mascherati”. Secondo le informazioni raccolte dai religiosi nell’ultimo anno almeno 83 bambini sono stati rapiti e portati in un hangar ipotizzato come “centro diagnostico”, dato che il 25 per cento dei bambini in Mozambico è sieropositivo. (G.L.)

 

 

ARRIVA OGGI AD ABIDJAN, CAPITALE COMMERCIALE DELLA COSTA D’AVORIO,

 LA COMMISSIONE D’INCHIESTA VOLUTA DALL’ONU PER FAR LUCE SULLE VIOLENZE

SCOPPIATE NEL PAESE IL 25 MARZO SCORSO.

 

ABIDJAN. =  Far luce sulle violenze e le presunte violazioni dei diritti umani avvenute durante e dopo la manifestazione del 25 marzo scorso. Questo il compito della Commissione d’inchiesta istituita dalle Nazioni Unite per la Costa d’Avorio. In un comunicato, le Nazioni Unite precisano che i membri sono arrivati ieri a Ginevra e stamattina partiranno alla volta di Abidjan. L'Alto Commissariato dell’Onu per i diritti umani già nelle scorse settimane aveva annunciato la volontà di creare una squadra indipendente e internazionale che indagasse sulle accuse provenienti dalla Costa d'Avorio. Il portavoce dell'ufficio umanitario dell'Onu, José Diaz, aveva sottolineato che le accuse riguardano "esecuzioni sommarie ed extra-giudiziarie, violenze sessuali, arresti e interrogatori arbitrari". Il presidente ivoriano Laurent Gbagbo aveva già detto che avrebbe autorizzato un’eventuale inchiesta per far luce sugli incidenti, nei quali – secondo diverse denunce – milizie civili non autorizzate avrebbero affiancato le forze dell'ordine, commettendo ogni genere di violenza contro esponenti dell’opposizione. Il 25 marzo scorso, i principali partiti d'opposizione e gli ex-ribelli ivoriani avevano organizzato una grande manifestazione per le strade di Abidjan, nonostante un divieto governativo, per contestare la mancata applicazione integrale degli accordi di pace firmati nel gennaio 2003. Negli scontri tra manifestanti, forze di sicurezza e altri sarebbero morte almeno 73 persone - 37 secondo la polizia, da 250 a 500 secondo l'opposizione. (G.L)

 

 

PRESENTATO IERI A ROMA IL RAPPORTO DELL’IRES-CGIL SUL LAVORO MINORILE.

IN ITALIA SONO QUASI 400MILA I BAMBINI SFRUTTATI, ATTESTANDOSI

AL SECONDO POSTO IN EUROPA DOPO LA GRAN BRETAGNA

 

ROMA. = Sono 360-400 mila in Italia, i minori sfruttati sul lavoro su un totale di 4.500.000 bambini tra i 7 e i 14 anni. Lo rivela una ricerca dell'Ires-Cgil sul  lavoro minorile in Italia, secondo la quale la cifra di 144 mila unità calcolata dall'Istat è sottostimata. Di questi, il 17,5%, cioè circa 70 mila, lavorano oltre 4 ore in modo impegnativo e continuativo e oltre il 50% di questi 70 mila, cioè circa 40 mila, lavorano 8 e più ore, con paghe che oscillano tra i 200 e i 500 euro.  Tra i minori sfruttati sono inclusi i bambini figli di immigrati e i circa 30-35 mila minori non accompagnati, entrati clandestinamente in Italia. Scendendo più nello specifico, il rapporto prende in esame le tre più grandi realtà nazionali: Milano, Roma e Napoli. In queste aree metropolitane la popolazione minorile tra i 7 e i 14 anni è pari a 846.640 unità e i minori che lavorano sono 26 mila. Secondo il segretario generale della Cgil, Guglielmo Epifani, il fenomeno del lavoro minorile in Italia “è destinato a crescere", per tre motivi di fondo. Il primo è legato "alla crescita delle aree di povertà e di emarginazione"; il secondo, invece, " al fatto che tende a crescere il lavoro irregolare e clandestino, soprattutto degli immigrati". Per Epifani, infine, questo triste fenomeno "è legato alla dispersione e all'abbandono scolastico che è in aumento". Secondo l'Ires, l'Italia è al secondo posto in Europa, dopo la Gran Bretagna, per la più alta percentuale di minori che vive sotto la soglia della povertà. (S.S.)

 

 

CENTINAIA DI BATTESIMI IL GIORNO DI PASQUA NELL’ARCIDIOCESI DI BANGUI,

 NELLA REPUBBLICA CENTRAFRICANA. LA CERIMONIA TRASMESSA IN DIRETTA

DALLA RADIO NAZIONALE

 

BANGUI. = Nella Repubblica centrafricana centinaia di bambini e di adulti della arcidiocesi di Bangui sono stati battezzati a Pasqua durante la Santa Messa che l’arcivescovo, mons. Paulin Pomodimo, ha celebrato nella parrocchia di Nostra Signora d’Africa. La parrocchia, nell’occasione, festeggiava il cinquantenario di istituzione. Tutta la cerimonia è stata trasmessa in diretta dalla Radio Nazionale centrafricana. All’omelia, mons. Pomodimo ha detto che Dio “ha salvato il popolo del Centrafrica” allo stesso modo che Egli salvò Israele dal Faraone. “Bisogna fare ciò che Dio vuole – ha aggiunto l’arcivescovo di Bangui – conquistare cioè il paradiso. Dio Promette un avvenire migliore al popolo del Centrafrica”.

 

 

DECINE DI VITTIME IN BANGLADESH A CAUSA DI UN’ONDATA DI MALTEMPO,

CHE HA FLAGELLATO LA PARTE SETTENTRIONALE DEL PAESE.

NUMEROSI VILLAGGI DISTRUTTI DALLE TROMBE D’ARIA

 

DHAKA. = Il Bangladesh settentrionale in ginocchio a causa di una forte ondata di maltempo. Numerose trombe d’aria, nei distretti di Netrokona e Mymensigh, hanno travolto più di venti villaggi di contadini. Al momento si contano almeno 38 morti. La notizia è stata diffusa da fonti ufficiali, precisando che la zona più colpita è stata quella di Netrokona, a 80 chilometri a nord di Dhaka. Nella sola capitale hanno perso la vita 26 persone, tra cui numerosi bambini. Complessivamente sono oltre 800 i feriti, molti dei quali hanno riportato serie fratture, come hanno reso noto medici del locale ospedale a Netrokona. Sono migliaia, invece, le abitazioni sradicate o completamente distrutte dalle due trombe d’aria. Non è, però, la prima volta che il Bangladesh viene colpito dalle intemperie, a causa della sua non favorevole collocazione territoriale, che lo espone a inondazioni e continue tempeste monsoniche. Occupa, infatti, il delta in cui confluiscono le foci dei principali fiumi del subcontinente indiano, che pur rendendo il terreno fertile, sono soggetti a continui straripamenti a cui si aggiungono le tempeste provenienti dall’antistante golfo del Bengala. Il Bangladesh è uno dei Paesi più poveri del mondo, con un reddito pro capite annuo di 370 dollari; la sua popolazione ammonta a 137 milioni di persone, in un territorio che è la metà di quello italiano. (S.S.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

15 aprile 2004

- A cura di Alessandro Gisotti -

 

Il presidente palestinese, Yasser Arafat, ha aspramente criticato il “via libera” degli Stati Uniti al piano israeliano su Gaza avvenuto ieri a Washington con l’incontro tra Bush e Sharon. I palestinesi, ha detto Arafat, non rinunceranno mai alla loro lotta per l’indipendenza di uno Stato che abbia Gerusalemme come capitale, e al diritto dei profughi a tornare in patria. Reazioni negative sono arrivate anche da parte del segretario generale dell’Onu, Kofi Annan, che ha denunciato l’inopportunità della decisione dell’amministrazione americana di approvare il piano del primo ministro israeliano, aggirando di fatto i negoziati diretti tra palestinesi e israeliani, previsti dalla “road-map”. Un portavoce della Commissione di Bruxelles ha dichiarato che l’Unione europea “non riconoscerà nessun cambiamento dei confini senza un accordo tra le parti”. Ma torniamo ai dettagli dell’incontro tra Bush e Sharon con il servizio di Graziano Motta:

 

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Due le lettere di intenti scambiate tra Sharon e Bush. In quella del primo ministro è illustrato il piano di ritiro unilaterale di soldati e coloni dalla Striscia di Gaza e da quattro insediamenti della Cisgiordania. Si è appreso che dovrebbe essere completato entro il 2005. In quella del presidente americano sono affermati tre importanti principi. L’esigenza di frontiere sicure per lo Stato di Israele e l’evoluzione demografica in Cisgiordania, seguita alla guerra del 1967, non rendono realistica la cosiddetta linea verde, quella di separazione emersa nel 1949 al termine della prima guerra arabo-israeliana. Quindi, il presidente riconosce che in un futuro assetto definitivo del conflitto, Israele dovrà mantenere il controllo di alcune zone dei territori ove sono sorti insediamenti ebraici. Conviene poi con Israele che i profughi palestinesi potranno tornare nel territorio dello Stato palestinese, non in Israele, Stato che, come previsto dalla road map, potrà essere stabilito accanto a quello israeliano, ma se democratico e impegnato a lottare contro il terrorismo.

 

Per Radio Vaticana, Graziano Motta.

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Stamani, intanto, a Ramallah si è tenuta una riunione di emergenza dell’esecutivo palestinese per discutere dei risultati dell’incontro di Washington. Dal canto suo, il segretario di Stato americano Colin Powell ha telefonato al premier palestinese Abu Ala per dare spiegazioni sulla posizione della Casa Bianca. Sempre tesa la situazione sul terreno: una ventina di palestinesi sono stati feriti oggi a Rafah, nella striscia di Gaza, al confine con l’Egitto, nel corso di uno scontro a fuoco con le truppe israeliane.

 

In Sudafrica, l’African National Congress si appresta a celebrare una netta vittoria nella terza consultazione politica del dopo-apartheid. Con il 36 per cento delle schede scrutinate, il partito del presidente Thabo Mbeki risulta avere il 66,88 per cento dei suffragi. Se il dato fosse confermato, il partito fondato da Nelson Mandela potrebbe assicurarsi la maggioranza dei due-terzi del parlamento che gli consentirebbe anche di emendare la Costituzione. Le elezioni di ieri si sono contraddistinte tuttavia per un netto aumento della forza di opposizione liberale Alleanza democratica che supererebbe il 16 per cento dei consensi. Ma come spiegare questo nuovo trionfo dell’African National Congress? Risponde Laura Mezzanotte, esperta di Africa australe per la rivista Nigrizia, intervistata da Giada Aquilino:

 

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R. – Perchè l’African National Congress è comunque il Partito che ha liberato il Sudafrica. Riceve ancora oggi il credito di quella vittoria, anche se molte delle promesse che aveva fatto nelle precedenti elezioni non sono state mantenute. La popolazione nera, però, è sicuramente disposta ad aspettare ancora, perché molte cose vengano fatte.

 

D. – Il New National Party, erede di quello che fu il Partito fautore della segregazione, si trova ad essere alleato dell’African National Congress. Com’è cambiato il Partito?

 

R. – Non si è ancora ripreso dal colpo, nel senso che ha cercato disperatamente di rinnovarsi - si chiama New National Party - però non è riuscito a fare il salto e a costruire su quello che gli era rimasto, cioè una gran parte del voto ‘bianco’, che ha perso in maniera clamorosa in queste elezioni, soprattutto nella sua zona più forte, che era la zona di Citta del Capo, la provincia del Capo. Questo anche perché ha fatto delle scelte di alleanza con l’African National Congress nell’ultima legislatura, che sono fuori dalla sua storia, sono fuori dal suo modo di essere.

 

D. – Dieci anni di democrazia. Com’è oggi il Sudafrica del dopo apartheid?

 

R. – Il Paese ha molti problemi. Il governo dell’Anc ha fatto parecchi errori: li ha fatti sull’Aids e non ha assolutamente risposto ai problemi di povertà. Però, d’altra parte, aveva grossissimi problemi strutturali di tipo sociale da risolvere, che non possono essere risolti in pochi anni. Bisogna aspettare ancora, insomma.

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Nella Corea del Sud, il partito governativo “Uri”, vicino al presidente progressista e riformista Roh Moo Hyun, avrebbe vinto le elezioni politiche svoltesi oggi, secondo quanto riferiscono i primi exit poll. Secondo la rete tv Kbs, il partito “Uri” dovrebbe ottenere da 142 a 180 seggi nel nuovo parlamento di 299 seggi, conquistando così con ogni probabilità la maggioranza assoluta. Il partito “Uri” ha chiesto agli elettori di punire i conservatori del “Gnp”, i cui deputati il 12 aprile scorso hanno votato a favore della messa in stato di accusa del presidente. 

 

Il direttore della Cia, George Tenet, ha ammesso che l’intelligence americana commise “errori” prima degli attacchi dell'11 settembre ma ha sottolineato che fornì informazioni “chiare e dirette” sui rischi posti da Al Qaeda. Deponendo davanti alla commissione parlamentare di indagine sulle stragi di New York e Washington, Tenet ha riconosciuto che non seppe “discernere la natura specifica dei piani” per gli attacchi alle Torri gemelle e al Pentagono. Il direttore della Cia ha spiegato che nell’agosto 2001, quando fu recapitato a Bush un memorandum sulla volontà di Bin Laden di colpire negli Stati Uniti anche con dirottamenti aerei, non incontrò mai il presidente americano.

 

In Macedonia, il premier uscente, Branko Crvenkovski, si aggiudica il primo turno delle elezioni presidenziali. Con l’80 per cento delle schede scrutinate, è in testa con il 43 per cento delle preferenze, mentre il principale avversario, Sasko Kedev, ottiene il 34,5 per cento dei suffragi. Tra due settimane, dunque, gli elettori macedoni saranno chiamati nuovamente alle urne per scegliere il successore di Boris Trajkovski, il presidente tragicamente scomparso due mesi fa in un incidente aereo in Bosnia. Servizio di Emiliano Bos:

 

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Lo sfidante sarà il semisconosciuto Sasko Kedev, un chirurgo che si è presentato come il volto nuovo della politica, a nome del Partito nazionalista macedone. Dalla competizione elettorale escono sconfitti i due candidati albanesi, espressione di una comunità che rappresenta oltre un terzo dei due milioni di abitanti dell’ex Repubblica jugoslava, l’unica ad aver ottenuta l’indipendenza da Belgrado nel 1991 senza spargimento di sangue. Tre anni fa però un conflitto etnico provocato dagli estremisti albanesi aveva rischiato di trascinare il Paese in una nuova guerra balcanica, ma grazie alla mediazione dell’Unione Europea il presidente Trajkovski riuscì ad evitare il peggio. Il destino però l’ha stroncato prima di portare a termine l’ambizioso traguardo dell’ingresso in Europa, ma il suo possibile successore ha già ribadito l’impegno verso Bruxelles e verso la Nato.

 

Per la Radio Vaticana, Emiliano Bos.

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Il vicepresidente degli Stati Uniti, Dick Cheney – impegnato in un tour diplomatico in Asia – ha riaffermato oggi l’impegno americano a difendere militarmente Taiwan, rassicurando tuttavia i dirigenti cinesi che gli Stati Uniti sostengono la politica di “una sola Cina”. Cheney ha così invitato Pechino e Taipei ad aprire un negoziato. Il numero due della Casa Bianca – nella sua tappa cinese a Shangai – ha inoltre dichiarato di temere che la Corea del Nord fornisca tecnologie nucleari a gruppi terroristici come Al Qaeda. Cheney si trova oggi in Corea del Sud, dove è stato accolto da proteste di manifestanti pacifisti.

 

Gli Stati Uniti hanno promesso aiuti finanziari per 400 milioni di dollari destinati a Cipro, nel caso in cui il referendum del 24 aprile sulla riunificazione dell'isola si concluda con una vittoria dei sì. Lo ha reso noto oggi il rappresentante dell'agenzia americana per lo sviluppo internazionale (Usaid).

 

 

Il governo dello Stato-arcipelago di Vanuatu, nel Pacifico, chiederà risarcimenti a Gran Bretagna e alla Francia per il commercio di schiavi nel 19.mo secolo, in cui 62 mila melanesiani furono sottratti dalle loro isole, con la forza per lavorare nelle piantagioni di canna da zucchero in Australia, nelle isole Figi e in Nuova Caledonia. L’iniziativa è stata resa nota dal ministro degli Esteri di Vanuatu, Moana Carcasses.

 

In Corsica, il leader indipendentista Jean-Guy Talamoni è stato fermato stamattina a Bastia nel quadro di un’inchiesta per frode, malversazione e corruzione.

 

 

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