RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVIII n. 104 - Testo della trasmissione di martedì 13 aprile 2004

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Il Papa ha nominato vescovo l’abate di Montecassino, Dom Fabio Bernardo D’Onorio.

 

Il coraggio del perdono, la forza della speranza: l’esortazione del Papa al mondo, in occasione delle celebrazioni pasquali. Ai nostri microfoni la riflessione del cardinale Georges Cottier

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

La custodia di Terra Santa da otto secoli è affidata ai francescani: il significato di una missione che ha accompagnato diversissime vicende storiche. Intervista con padre Michele Piccirillo

 

Domani in Macedonia le elezioni presidenziali, dopo la morte a febbraio nell’incidente aereo del capo di Stato: il commento di Federico Eichberg

 

“Gli Este a Ferrara”: fino al 13 giugno prossimo la città emiliana offre al pubblico un ricco progetto espositivo. Ce ne parlano Jadranka Bentini e Gianni Venturi.

 

CHIESA E SOCIETA’:

Riunite a Roma, da oggi fino a venerdì prossimo, le Superiore generali e provinciali presso la Pontificia Università Urbaniana

 

Partita una singolare maratona per copiare entro l’anno la Bibbia in portoghese: studenti di scuole di tutto il Portogallo come gli amanuensi medioevali

 

Presto risolto il problema dei visti ai religiosi in Israele. In una nota dell’ambasciata presso la Santa Sede l’impegno a rivedere i criteri, le regole e i tempi.

 

Presentate nei giorni scorsi, a Panama, altre sette denunce su casi di desaparecidos, vittime della dittatura militare degli anni 70 e 80

 

Sri Lanka: i tamil liberano un centinaio bambini-soldato, decisivo l’intervento dell’Unicef. Le tigri tamil avevano portato il numero dei bambini soldato a 1300

 

24 ORE NEL MONDO:

Iraq: immagini di Al Jazeera su ostaggi italiani. Liberati gli agenti della società russa

 

Medio Oriente: sventato attentato al presidente israeliano

 

Al voto domani in Sudafrica per le elezioni politiche a dieci anni dalla fine dell’apartheid.

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

13 aprile 2004

 

 

IL PAPA HA NOMINATO VESCOVO L’ABATE DI MONTECASSINO,

DOM FABIO BERNARDO D’ONORIO

 

Giovanni Paolo II ha elevato alla dignità episcopale padre Dom Fabio Bernardo D’Onorio, Abate Ordinario di Montecassino. Originario della diocesi di Frosinone, il 64.enne è entrato all’età di 13 anni nell’Abbazia di Montecassino ed ha compiuto gli studi ginnasiali, liceali e teologici presso l’Istituto Teologico della medesima Abbazia. Ordinato sacerdote nel 1966, padre D’Onorio ha conseguito il Dottorato in Utroque Iure presso la Pontificia Università Lateranense. Nella comunità monastica è stato, tra l’altro, segretario degli Abati vescovi Rea e Matronola, docente di Diritto Canonico nell’Istituto dell’Abbazia e di Storia dell’Arte nell’annesso Liceo Classico, oltre ad aver fondato il mensile “Presenza Cristiana”. Nel 1983, Giovanni Paolo II ha confermato l’elezione di padre Bernardo D’Onorio ad Abate ordinario di Montecassino. Attualmente è consultore della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti e Membro della Commissione Cei per la liturgia. È autore di diverse pubblicazioni di carattere pastorale ed artistico.

 

 

IL CORAGGIO DEL PERDONO, LA FORZA DELLA SPERANZA:

L’ESORTAZIONE DEL PAPA AL MONDO NELLE CELEBRAZIONI PASQUALI

PER AFFRONTARE CON I VALORI DEL VANGELO

I DRAMMI DELLE GUERRE E DEL TERRORISMO

- Intervista con il cardinale Georges Cottier -

 

Il coraggio del perdono, la forza di cambiare il mondo seguendo direzioni opposte alla brutale disumanità del terrorismo, alla “logica della morte” delle guerre. Il Messaggio Urbi et Orbi pronunciato da Giovanni Paolo II per la Pasqua 2004 si è rivelato particolarmente ricco di spunti e di esortazioni importanti. Il Papa non si è limitato ad invitare i cristiani ad essere testimoni “convinti” pur “tra le contraddizioni del tempo che passa”, del messaggio d’amore di Gesù risorto. Ma si è rivolto a tutti i responsabili istituzionali del pianeta, chiedendo loro apertamente di “affrettare” il progresso del mondo verso “un’organizzazione più ordinata e pacifica”. Su questi temi, ascoltiamo il commento del cardinale Georges Cottier, teologo della Casa pontificia, intervistato da Alessandro De Carolis:

 

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R. – Il Santo Padre, nella logica di tutti i suoi discorsi precedenti, si rivolge nel suo messaggio alle Nazioni Unite, considerate come l’istanza rappresentativa della coscienza dell’umanità. Con ciò, il Pontefice intende dire che i problemi del terrorismo toccano tutti e questo fa supporre che i responsabili nazionali e internazionali dei vari Paesi e organismi fanno di tutto per superare questa situazione. La situazione come la descrive il Papa tocca quattro punti nodali: la Terra Santa, l’Africa, che dimentichiamo molto spesso, e l’Iraq, ma anche il terrorismo. Una cosa mi ha colpito nel Santo Padre: il richiamo al coraggio, alla forza. Questo vuol dire un richiamo alla speranza, che trova il suo appoggio nella fede in Cristo risorto.

 

D. - A proposito del coraggio: è sembrato quasi che il Pontefice abbia invitato l’umanità a compiere un salto di qualità...

 

R. - Lo si potrebbe definire così. Ad esempio, alla fine del messaggio mi ha colpito la formula del “coraggio del perdono”. Il tema del perdono è stato messo in evidenza in modo incisivo nel corso di questo pontificato, specialmente a partire dall’Anno Santo. Ma se questo tema riveste ovviamente un aspetto religioso nel discorso del Papa, il fatto che possa avere anche dei riflessi politici, questa è un’idea molto nuova che deve penetrare nella mentalità dei capi dei popoli. Compiere questi passi, che lei chiama giustamente “salto di qualità, è difficile ma mi sembra sia molto carica di speranza questa chiamata al “coraggio del perdono”.

 

D. – In questo difficile contesto internazionale, colpisce anche un’altra frase del Pontefice: “La fiducia torni a dare respiro alla vita dei popoli”. Come dire: senza fiducia, l’obiettivo di un mondo più ordinato e pacifico rimane lontano...

 

R. – Certo. Penso che uno dei danni più grandi che produce il terrorismo è quello di mantenere l’umanità, almeno nei Paesi più minacciati, nella paura. E la paura distrugge la fiducia. Se non c’è la fiducia, ci troviamo impotenti davanti al terrorismo e sarebbe orribile accettarlo quasi come una dimensione ineluttabile della vita quotidiana.

 

D. – Un altro elemento che ha reso particolare la Pasqua del 2004 è stato la celebrazione comune di questo evento da parte di tutti i cristiani. Lei crede, eminenza, che l’auspicio del Papa affinché ciò si ripeta abitualmente in futuro possa avverarsi presto?

 

R. – Noi auspichiamo che si realizzi presto. Dipenderà da come questo invito sarà recepito e accettato. Per questi grandi cambiamenti storici, c’è la necessità di maturare. Il Papa da molto tempo è favorevole all’unificazione della data della Pasqua per tutti i cristiani ma, dato che ciò è una meta difficile da raggiungere, dobbiamo essere pazienti, perché non si cambiano da un giorno all’altro tradizioni che sono molto antiche. Mi permetta di aggiungere questo: tutte le idee del Papa, nel suo messaggio Urbi et Orbi, sono state proposte sotto forma di preghiera. Questo perché si tratta di un programma così grande e difficile che senza l’aiuto di Dio, l’umanità non ce la può fare.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

In prima pagina il Messaggio "Urbi et Orbi"; la preghiera di Giovanni Paolo II al Redentore dell'uomo si fa appello al coraggio della speranza: "Ascoltate voi tutti che avete a cuore il futuro dell'uomo: la fiducia torni a dar respiro alla vita dei popoli!". 

 

Nelle vaticane, il titolo all'omelia del Santo Padre in occasione della Veglia di Pasqua è "La luce di Cristo risorto rende chiara come il giorno questa notte memorabile".

Nel Regina Caeli, lunedì dell'Angelo 12 aprile, il Papa ha affidato alla Madre di Gesù, crocifisso e risorto, le attese e le speranze, le preoccupazioni e i timori del mondo intero.

 

Nelle estere, in rilievo l'Iraq, dove si allarga la piaga dei rapimenti; estesa la tregua a Falluja.

 

Nella pagina culturale, un articolo di M. Antonietta De Angelis sulla Risurrezione di Cristo dal sepolcro quale iconografia cardine dell'arte religiosa: le tre opere prese in esame sono de Il Passignano, di Rubens e di El Greco.

Un articolo di Claudio Toscani in ricordo di Cesare Garboli, personaggio di spicco del mondo letterario italiano.

 

Nelle pagine italiane, in primo piano la vicenda Alitalia: in un decreto le misure anticrisi. 

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

13 aprile 2004

 

 

LA CUSTODIA DI TERRA SANTA DA OTTO SECOLI E’ AFFIDATA AI FRANCESCANI:

IL SIGNIFICATO DI UNA MISSIONE CHE HA ACCOMPAGNATO

DIVERSISSIME VICENDE STORICHE

- Intervista con padre Michele Piccirillo -

 

Nei giorni delle celebrazioni pasquali abbiamo parlato dei riti in Terra Santa, ricordando che la custodia è affidata ai francescani da otto secoli. Si tratta di un periodo ampio che va dall’epoca delle crociate al dramma quotidiano dell’attuale conflitto israelo-palestinese. Ma come mai il compito di gestire i luoghi santi fu affidato all’Ordine francescano? Paolo Ondarza lo ha chiesto a padre Michele Piccirillo, docente e archeologo cristiano allo Studio Francescano presso il Convento della Flagellazione a Gerusalemme:

 

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R. – In realtà i primi Custodi del Santo Sepolcro, dopo la cacciata, furono i domenicani. Soltanto che il Sultano concesse loro questo ma i domenicani sono stati rinchiusi per un anno dentro il Santo Sepolcro. Dopo un anno, hanno desistito e sono tornati in patria. Sulla stessa strada si sono posti i francescani, il Sultano Mohammed el-Nafer concesse il permesso di avere il Santo Sepolcro, il Calvario, la Tomba della Madonna al Getsemani, la Grotta della Natività a Betlemme ma la cosa più importante fu il Cenacolo, dove lo stesso sultano ha dato il permesso di aprire un convento.

 

D. – Da allora, i francescani sono stati presenti in modo continuo?

 

R. – Sì è stata una cosa continua, fino ad oggi.

 

D. – Che significato ha per i francescani essere lì oggi?

 

R. – Svolgere la missione di San Francesco. San Francesco aveva le idee molto chiare, anticipando di secoli quello che è stato poi l’insegnamento del Vaticano II. Si può essere missionari, senza predicare: nel senso che – come dice San Francesco nella Regola – vivere semplicemente una vita cristiana è già una testimonianza ed una predicazione.

 

D. – Che ruolo ha la presenza cristiana oggi in Medio Oriente?

 

R. – La Terra Santa ormai é divisa tra arabi musulmani ed ebrei. La presenza cristiana è ridotta veramente ad un lumicino e se continua così c’è pericolo che i santuari restino soltanto dei musei. Il commento migliore all’assedio della Basilica di Betlemme che c’è stato due anni fa è stato quello di un giornalista del Haretz, dove si diceva: “ci mancheranno questi due frati che uscivano ogni giorno dalla Basilica o con il morto o con il ferito, ridando vita a quella piccola porticina della Basilica. Ci hanno insegnato che per fare la pace. Bisogna porgere l’altra guancia”. Questo giornalista ebreo è riuscito a capire il valore di una presenza pacifica in una terra di contrasti e dove ci si ammazza per giustificare le proprie ragioni.

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LA MACEDONIA DOMANI AL VOTO

PER SCEGLIERE IL SUCCESSORE DI BORIS TRAYKOVSKI,

MORTO A FEBBRAIO IN UN INCIDENTE AEREO

- Intervista con Federico Eichberg -

 

Si è conclusa in Macedonia la breve campagna elettorale per le presidenziali di domani, indette dopo la morte del capo di Stato Boris Traykovski, deceduto il 26 febbraio scorso in un incidente aereo in Bosnia. Nella tornata elettorale, alla quale sono chiamati a partecipare 1 milione e 700 mila votanti, risulta favorito il premier Branko Crvenkovski, leader del partito di governo Unione Socialdemocratica. Gli altri candidati sono: Sasko Kedev, del principale partito d’opposizione,  Movimento rivoluzionario di Macedonia (VMRO); Gezim Ostreni, rappresentante della minoranza albanese; Zudi Xhelili, del Partito democratico degli albanesi. Ma come si presenta questo “dopo Traykovski”? Giada Aquilino lo ha chiesto a Federico Eichberg, esperto di questioni balcaniche:

 

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R. – Dalla data in cui Traykovski fu eletto, il 15 novembre del ’99, molte cose sono cambiate, anche grazie all’opera di Traykovski stesso. E’ stato un presidente che ha saputo dare stabilità all’unica Repubblica che, nata dal disfacimento della Jugoslavia, non ha conosciuto scontri etnici di altissima intensità. Nel frattempo, al potere sono andati i socialdemocratici, alleati con fazioni politiche albanesi eredi dell’Armata di liberazione nazionale, l’Uck. La successione a Traykovski si presenta, quindi, come una continuazione del successo elettorale dei socialdemocratici di diversi mesi fa. Al contempo la Vmro ha deciso di non schierare “pezzi da novanta”, ma soltanto uno sconosciuto: Kedev. Anche il fronte albanese, alleato con la Vmro, ha deciso di non presentare uomini rappresentativi. Quindi, mentre il centro-destra si presenta in tono minore, il partito socialdemocratico candida l’uomo più rappresentativo, Crvenkovski.

 

D. – Traykovski era riconosciuto da tutti come il presidente che avrebbe condotto la Macedonia nell’Unione Europea e nella Nato. In questo senso, quale dovrà essere l’impegno del nuovo presidente?

 

R. – Per una triste coincidenza, il giorno in cui Traykovski conosceva la morte nell’incidente aereo di febbraio, a Dublino il premier macedone doveva presentare la candidatura ufficiale di Skopje all’Unione Europea. Questo è significativo, perché indica che un percorso era stato compiuto. Inoltre, non è da dimenticare il fatto che, nelle ultime settimane, al nuovo ‘incendio’ del Kosovo non è coincisa una pari esplosione della violenza etnica in Macedonia. Questo indica che un lavoro di pacificazione era andato avanti e ciò consente di guardare con un certo ottimismo al futuro.

 

D. – Quali saranno le prossime tappe di integrazione internazionale della Macedonia?

 

R. – Presumibilmente la candidatura ufficiale nell’Unione Europea verrà accettata nel Consiglio Ue di chiusura della presidenza irlandese o probabilmente di quella olandese, quindi entro la fine di quest’anno. L’ingresso si potrebbe ipotizzare per la fine di questo decennio, forse insieme con Turchia e Croazia.

 

D. – E per la Nato?

 

R. – Per la Nato, invece, i tempi potrebbero essere più brevi. Molto dipenderà dalla capacità di riforma e di integrazione delle forze armate. Non è da escludere che a breve, una volta armonizzati i sistemi operativi dei membri appena entrati, inizi una seconda ondata di ingressi, che potrebbe chiudersi ancor prima dell’entrata nell’Unione Europea e quindi verso il 2007-2008.

 

D. – La non rosea situazione economica e il crescente livello di disoccupazione sono solo alcuni dei problemi della Macedonia di oggi. Che quadro ne esce del Paese?

 

R. – Ne esce un quadro di un Paese crocevia, che dipende dalla capacità dell’area di cominciare a commerciare al suo interno e che, ad oggi, è sicuramente in crisi. Ma un segnale di fiducia potrebbe essere rappresentato da un’elezione con una maggioranza forte, che potrebbe essere recepito anche dagli operatori internazionali.

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“GLI ESTE A FERRARA”: FINO AL 13 GIUGNO PROSSIMO LA CITTA’ EMILIANA

OFFRE AL PUBBLICO UN RICCO PROGETTO ESPOSITIVO:

RIAPERTO IL CASTELLO ESTENSE E ALLESTITE DUE RASSEGNE

 

“Gli Este a Ferrara”: è lo slogan che accompagnerà, fino al 13 giugno prossimo, il vasto progetto espositivo organizzato nella città della regione Emilia Romagna. Dopo anni di intensi restauri, infatti, il Castello estense è stato riaperto al pubblico, con un nuovo percorso di visita che comprende ben 50 sale. Nell’occa-sione, inoltre, sono state inaugurate due rassegne. Il servizio di Barbara Castelli.

 

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(musica)

 

La città di Ferrara veste i fasti di un tempo. Il Castello estense, monumento simbolo della località emiliana, si presenta al pubblico dopo anni di intensi restauri, con un unico e inedito percorso narrativo. Le 50 sale visitabili del Castello, ben 42 in più rispetto al recente passato, ripercorrono la lunga avventura che lo lega alla storia e alla vita di Ferrara fin dal 1385, quando prese inizio la costruzione di quella che diventò la dimora destinata a celebrare gli sfarzi della corte ducale. Nell’occasione poi sono state allestite due mostre di singolare bellezza: la prima, “Una corte nel Rinascimento”, ripercorre la produzione artistica del Rinascimento di Ferrara, che per due secoli fu un vero crocevia d’arte e civiltà; mentre la seconda, monografica, “Il Camerino di alabastro”, è dedicata all’appartamento privato di Alfonso I d’Este. Pensando alle opere che compongono la prima rassegna, quali sono quelle più prestigiose? Ci risponde Jadranka Bentini, curatrice dell’esposizione.

 

“Ci sono opere del Tura, del Cossa, di De Roberti, di Costa e di tanti altri artisti. Io direi che il visitatore potrebbe soffermarsi su un capolavoro giovanile di Cosmè Tura, la Pala di Ajaccio, che è straordinaria. Si tratta di un’opera altamente espressiva che ricalca i grandi modelli del Rinascimento italiano, soprattutto Donatello e Piero della Francesca, poi, naturalmente, il visitatore potrà soffermarsi anche sugli originali dei grandi poemi cavallereschi: il Boiardo, l’Orlando innamorato, l’Orlando Furioso di Ariosto e, naturalmente, la Gerusalemme liberata di Torquato Tasso e ancora le grandi miniature”.

 

Ma qual era il clima che si respirava a corte al tempo degli Este? Lo abbiamo domandato al professor Gianni Venturi, direttore dell’Istituto di Studi Rinascimentali di Ferrara:

 

“Sotto un profilo culturale, Ferrara è, nel Rinascimento, uno dei luoghi fondamentali in cui si elabora la stessa nozione di Rinascimento. Non dobbiamo dimenticare che a Ferrara vivono ed operano i più grandi poeti, pittori e scultori del tempo. Basti solo pensare che Alfonso I, a Corte, chiama per i suoi “camerini”, cioè per i suoi studioli, personaggi come Tiziano, Dosso, Giovanni Bellini e addirittura Raffaello. Quindi, potremmo dire che gli Estensi danno vita ad una delle Corti più raffinate e più colte del ‘400-‘500”.

 

(musica)

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RADIO VATICANA

Radiogiornale

 

CHIESA E SOCIETA’

13 aprile 2004

 

 

AFFRONTARE LE NUOVE SFIDE DI UN MONDO CHE CAMBIA TESTIMONIANDO

LA FEDELTÀ AL VANGELO E RENDENDO VISIBILE LA SPERANZA:

DI QUESTO DISCUTERANNO INSIEME, DA OGGI FINO A VENERDÌ PROSSIMO,

LE SUPERIORE GENERALI E PROVINCIALI RIUNITE A ROMA

PRESSO LA PONTIFICIA UNIVERSITÀ URBANIANA

- A cura di Davide Martini -

 

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ROMA. = Rendere visibile la speranza in un mondo che cambia. E’ questo il tema sul quale si confronteranno, da oggi fino a venerdì, circa 500 tra Superiore Generali e Provinciali. L’incontro, che si terrà presso la Pontificia Università Urbaniana di Roma, vuole essere un’occasione per sottolineare in che modo le religiose d’Italia e d’Europa possono costruire un proficuo ed evangelico interscambio generazionale, valorizzando al massimo tutte le età della vita e tutte le situazioni in cui sono chiamate a vivere. In un mondo che cambia, in cui la mobilità etnica porta all’incontro tra costumi, culture e religioni differenti, si apre, di fatto, un’occasione provvidenziale per mettere alla prova la fedeltà al Vangelo e l’appartenenza alla Chiesa. Le religiose sono chiamate, in modo particolare, a interrogarsi e ad individuare qual è il compito della vita consacrata in un momento in cui le xenofobie e le chiusure di fronte al “diverso da noi” rischiano di degenerare in uno scontro di civiltà, in cui nel nome di Dio si vuole distruggere l’altro. Di fronte, poi, ai grandi problemi che affliggono l’umanità odierna, le religiose si sentono ancor più chiamate a compiere scelte di solidarietà, di giustizia e di fraternità, non solo all’esterno, ma anche all’interno delle proprie comunità, dove l’interculturalità è presente.

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PARTITA UNA SINGOLARE MARATONA PER COPIARE ENTRO L’ANNO

LA BIBBIA IN PORTOGHESE:

STUDENTI DI SCUOLE DI TUTTO IL PORTOGALLO

COME GLI AMANUENSI MEDIOEVALI, IN UNA INIZIATIVA

CHE COINVOLGE IL MINISTERO DELL’ISTRUZIONE E LA SOCIETA’ BIBLICA

 

LISBONA.= Circa 50.000 studenti di 233 scuole di tutto il Portogallo hanno dato vita ad una maratona che li porterà a copiare a mano, entro l'anno, la Bibbia in portoghese. Il progetto, denominato "La Bibbia manoscritta dai giovani", è coordinato dalla Segreteria del ministero dell'Istruzione portoghese. "L'idea - ha spiegato Alfredo Abreu, coordinatore - è quella di portare la Bibbia nelle scuole. In diversi ambienti delle scuole è stato ricreato lo scriptorium dei monasteri medievali e sono state allestite, da studenti e professori, mostre sui prodotti utilizzati dai monaci nella fabbricazione di inchiostri che servivano per copiare le varie opere. La Società biblica, dopo la conclusione dei primi lavori, offrirà un Cd-rom ad ogni scuola che ha partecipato al progetto insieme ad una riproduzione in carta dei 35 mila versetti già copiati. La particolare maratona continuerà nel novembre 2004, con la partecipazione di 100.000 persone di tutte le età, regioni e confessioni religiose.

 

 

PRESTO RISOLTO IL PROBLEMA DEI VISTI AI RELIGIOSI IN ISRAELE:

IN UNA NOTA DELL’AMBASCIATA PRESSO LA SANTA SEDE L’IMPEGNO A RIVEDERE

I CRITERI, LE REGOLE E I TEMPI

 

TEL AVIV. = Con una nota ufficiale l’Ambasciata Israeliana presso la Santa Sede ha reso noto che il problema dei visti ai religiosi e alle religiose in Israele troverà presto una soluzione. La nota, che riferisce di una accelerazione delle procedure per sbloccare le pratiche, precisa che lo stesso primo ministro Ariel Sharon ha chiesto la formazione di una Commissione interministeriale “per rivedere i criteri, le regole e i tempi necessari”, nonché “una revisione di tutto il meccanismo burocratico” che ha portato ai ritardi nell’emissione dei visti. Per i religiosi che vivono da molto tempo in Israele, inoltre, “verrà trovato uno status adeguato che consentirà la loro permanenza” nel Paese. Secondo l’ambasciatore israeliano presso la Santa Sede, Oded Ben Hur, le nuove procedure dovrebbero far sentire i loro effetti entro 7-10 giorni. Quello dei visti d’ingresso e dei permessi di soggiorno al personale ecclesiastico e religioso in Israele è un problema che la Chiesa cattolica deve affrontare ormai da diverso tempo. Contro le persistenti restrizioni imposte dalle autorità israeliane si era già pronunciato il nunzio apostolico in Israele, mons. Pietro Sambi, che aveva chiesto “di dare i visti di residenza a tutto il personale religioso di cui la Chiesa ha bisogno”, chiarendo che “i cattolici non sono nemici di nessuno”.

 

 

NEI GIORNI SCORSI, A PANAMA, ALTRE SETTE DENUNCE

SU CASI DI DESAPARECIDOS, VITTIME DELLA DITTATURA MILITARE

DEGLI ANNI 70 E 80

PRESENTATE DALLA COMMISSIONE DELLA VERITA’ ALLA PROCURA GENERALE

 

PANAMA. = Presentate, nei giorni scorsi, altre sette denunce su casi di “desaparecidos”, vittime della dittatura militare di Omar Torríjos e Manuel Antonio Noriega, dal 1968 al 1989, dalla Commissione della Verità di Panama alla Procura generale. Una delegazione dell’organismo e un gruppo di avvocati, in rappresentanza del Comitato dei familiari dei “desaparecidos” panamensi, hanno consegnato la documentazione relativa a sei uomini e una donna, scomparsi in circostanze mai chiarite. In totale, sono oltre quaranta i casi denunciati dalla Commissione, ma la Procura non ha ancora avviato alcuna indagine. Padre Corrado Sanjur, esponente del “Coordinamento popolare dei diritti umani di Panama”, ha denunciato che il procuratore generale José Antonio Sosa non è disposto ad accogliere le richieste dei parenti degli oppositori e insiste sull’avvenuta prescrizione dei reati, ovvero sparizioni forzate, torture e altre violazioni dei diritti umani, fissata dalla legge panamense in 20 anni. La posizione di Sosa “è in netta contraddizione con le norme internazionali che sanciscono l’imprescrittibilità dei crimini di lesa umanità”, sottolinea il religioso. Un precedente a favore della Commissione, tuttavia, esiste: alcuni mesi fa la Corte suprema ha dichiarato imprescrittibile un caso di “sparizione” avvenuto durante il regime militare. Su questo pronunciamento si è rafforzato il lavoro della Commissione, in procinto di stilare un nuovo rapporto a complemento di quello pubblicato nel 2002, contenente  informazioni dettagliate su 110 vittime della dittatura. (D.G.)

 

 

SRI LANKA: I TAMIL LIBERANO UN CENTINAIO DI BAMBINI-SOLDATO

CON IL DECISIVO INTERVENTO DELL’UNICEF.

CE NE SONO ANCORA 1200

 

COLOMBO.= Le Tigri di liberazione del Tamil Eelam (Ltte), guerriglieri che lottano da trenta anni per l’autodeterminazione del Nord-est dello Sri Lanka, hanno liberato oggi più di un centinaio di bambini-soldato. Lo ha reso noto l’Unicef, il fondo delle Nazioni unite  per l’infanzia. Si tratta della più numerosa liberazione di bambini in un colpo solo da parte delle Tigri da quando, l’anno scorso, il movimento ha accettato di non utilizzare più i bambini-soldato. L’Unicef ha precisato che sta cominciando ad occuparsi dei bambini nella città di Vikarai, base del Tamil Elam. “Stiamo registrando i bambini” ha dichiarato Geoffrey Keele, il portavoce dell’Unicef, precisando che il numero supera i cento. Molte volte in passato i guerriglieri Tamil sono stati accusati di reclutare i bambini con la forza. In gennaio, l’Unicef aveva comunicato che le Tigri avevano raddoppiato i bambini nelle loro file rispetto all’anno scorso e che li avevano portati a 1.300. I bambini liberati si trovavano tra i 300 ribelli dissidenti catturati dal comando regolare dei Ltte. Secondo fonti ospedaliere, sette bambini soldato sono stati feriti durante i combattimenti.

 

 

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24 ORE NEL MONDO

13 aprile 2004

 

 

- A cura di Alessandro Gisotti -

 

 

In Iraq, sono stati liberati gli otto agenti della società russa settore energetico Interenergoservice rapiti ieri a Baghdad, ma resta alta la preoccupazione per gli altri ostaggi giapponesi e statunitensi e per vari dispersi. La guerriglia irachena, attraverso i sequestri di stranieri, chiede la partenza dall’Iraq delle truppe della coalizione. I vertici militari americani, intanto, hanno dato l’ordine di catturare vivo o morto Moqtada al Sadr, l’esponente religioso sciita radicale che sembra comandare gli attacchi contro le forze americane e quelle della coalizione. Il servizio di Fausta Speranza:

 

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Giunge notizia che la tv satellitare Al Jazeera sta mostrando immagini di italiani che sarebbero stati sequestrati ieri. Intanto resta serrata la caccia delle forze della coalizione al radicale sciita Moqtada al Sadr. A Baghdad le truppe americane hanno arrestato un aiutante considerato il responsabile della sanguinosa rivolta contro le forze della coalizione iniziata ai primi di aprile. Si chiama Sheikh Hazem al-Araji e, poco prima di essere fermato, ha minacciato, tra l’altro, una rappresaglia contro i militari italiani di stanza a Nassiriya. Si trovano in buone condizioni di salute gli ostaggi liberati: cinque di loro sono ucraini e tre russi. Ma resta la tensione per quelli ancora in mano ai rivoltosi. Il governo di Tokyo cerca di sbloccare la situazione dei tre civili rapiti nei pressi di Falluja, giovedì scorso, ma dichiara di non poter fornire informazioni dettagliate né alla stampa né ai familiari. Restano nelle mani della guerriglia nove americani: due militari e sette civili. E poi ci sono altri dispersi, come i tre giornalisti della Repubblica ceca di cui non si sa più nulla da ieri, i due agenti tedeschi e i quattro presunti italiani catturati secondo la testimonianza di un giornalista della Reuters. Il governo di Raffarin ha raccomandato ''in modo formale'' ai francesi presenti in Iraq di andarsene immediatamente, mentre la Russia si dice  pronta ad evacuare a breve i suoi cittadini. Vicino Falluja, un elicottero Usa è precipitato, secondo testimoni abbattuto da razzi, e i militari americani accorsi sono stati attaccati. Nella città del triangolo sunnita, però, formalmente si dà per rispettata la tregua, dopo giorni di combattimenti, che dovrebbe durare fino a questa sera. Guardando, invece, alla capitale, anche nelle ultime ore ci sono state esplosioni e questa volta almeno un iracheno è rimasto ucciso. Nel sud di Baghdad, nella notte scorsa, hanno perso la vita  due poliziotti iracheni  e un soldato americano. C’è poi l’annuncio di una conferenza stampa, fuori programma, che il presidente Bush terrà questa sera alle 20 e 30 di  Washington, proprio per parlare agli americani della situazione in Iraq.

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Una cellula di terroristi islamici voleva far esplodere il Memoriale dell’Olocausto a Budapest: la polizia ungherese ha reso noto di aver arrestato un commando di tre arabi che era pronto a colpire il museo durante l'inaugurazione, cui doveva partecipare il presidente israeliano, Moshè Katzav, in visita in Ungheria. E le autorità israeliane hanno riferito di aver sventato, nei giorni scorsi, un attacco terroristico pianificato da una cellula delle Brigate dei Martiri di Al Aqsa in cui era previsto l’utilizzo di sangue infetto con il virus dell’Aids. All’azione dell’intelligence per sventare gli attentati terroristici, si aggiunge in questi giorni un’azione diplomatica a tutto campo sul Medio Oriente, da parte della Casa Bianca. Domani, Bush vedrà il premier israeliano Sharon, mentre ieri il presidente degli Stati Uniti ha incontrato - nel suo ranch texano di Crawford - il presidente egiziano Mubarak. Sull’importante colloquio di ieri, ci riferisce Graziano Motta:

 

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(IF ISRAEL MAKES THE DECISION TO WITHDRAW…)

 

Bush ha cercato di acquietare le apprensioni di Mubarak dell’avvento a Gaza di un potere politico fondamentalista islamico. Il progetto israeliano del ritiro unilaterale di soldati e coloni dalla Striscia di Gaza – hanno convenuto – non poteva sostituire la road map, cioè il piano di pace, ed in particolare non poteva intaccare il principio della nascita di uno Stato palestinese indipendente. E di questo Bush parlerà domani sera con Sharon che, alla partenza la scorsa notte per gli Stati Uniti, si è impegnato a mantenere sotto il controllo di Israele sia tutta Gerusalemme, sia i principali insediamenti di coloni ebrei in Cisgiordania. Egli conta, inoltre, di ottenere da Bush sostegno al principio che i profughi palestinesi non potranno stabilirsi nel territorio dello Stato ebraico, assicurazione, che dovrebbe consentire l’approvazione per il referendum degli iscritti al suo partito, il 29 aprile, del progetto di ritiro da Gaza. Sharon ha intanto dato l’ordine di sgombero di altri 5 punti illegali di sviluppo di insediamenti ebraici in Cisgiordania.

 

Per Radio Vaticana, Graziano Motta.

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La decisione del premier israeliano Sharon di non smantellare alcuno dei principali insediamenti ebraici in Cisgiordania ha suscitato critiche accese da parte palestinese. “Condanniamo con fermezza queste gravissime dichiarazioni - ha commentato il ministro per i negoziati dell’Anp, Saeb Erekat - il mantenimento di sei insediamenti in Cisgiordania è la ricetta per chiudere tutte le porte del processo di pace”.

 

Il Sudafrica domani al voto per le terze elezioni politiche a suffragio universale, a dieci anni dalla fine del regime dell’apartheid. Secondo le previsioni della locale Commissione elettorale indipendente, il 90 per cento dei 20 milioni di aventi diritto al voto si recherà in uno dei 17 mila seggi allestiti nel Paese, aperti tra le ore 7.00 e le 21.00. A partire da ieri, inoltre, possono recarsi alle urne i disabili e le donne in stato di gravidanza. Su questa importante tornata elettorale, ascoltiamo il servizio di Beatrice Luccardi:

 

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Circa l’esito della tornata elettorale, l’attuale presidente Thabo Mbeki, delfino e successore del premio Nobel per la pace, Nelson Mandela, si è detto convinto di un’ampia conferma del proprio partito, l’African National Congress. Secondo gli osservatori, l’opposizione a Mbeki sarà particolarmente forte in due delle nove province sudafricane: nel KwaZulu Natal, roccaforte dell’ Inkatha Freedom Party, e nel Western Cape. Quale che sia l’esito delle votazioni, la nuova legislatura dovrà affrontare molti gravi problemi che affliggono il Paese: in primo luogo la disoccupazione, superiore al 31 per cento, e la diffusione dell’Hiv, Aids, che nell’Africa australe ha raggiunto il suo picco. Si stima che 5 milioni di sudafricani, oltre il 20 per cento della popolazione, sia sieropositivo. Dovrà inoltre proseguire molti impegni assunti in ambito internazionale, dove il Sudafrica si è reso copromotore del piano di rilancio economico, il Nepad, e nella promozione della pace in varie nazioni subsahariane, in particolare dei Grandi Laghi.

 

Per la Radio Vaticana, Beatrice Luccardi.

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Il vicepresidente americano Dick Cheney è arrivato oggi a Pechino per una visita di Stato centrata sulla situazione a Taiwan. Poco prima dell’arrivo del numero due della Casa Bianca, un portavoce cinese ha invitato gli Stati Uniti ad abolire la legge che li obbliga ad intervenire in aiuto di Taiwan in caso di un attacco militare cinese. Principali argomenti dei colloqui, oltre alla questione di Taiwan, saranno la situazione in Iraq e la Corea del Nord.

 

In Indonesia, il Golkar, partito dell'ex dittatore indonesiano Suharto è in testa, quando lo spoglio dei risultati delle elezioni generali di lunedì scorso è giunto allo scrutinio del 56 per cento delle schede. Il Golkar ottiene in questo momento il 20,70 per cento dei consensi sorpassando il partito della presidente della  Repubblica, Megawati Sukarnoputri, che si ferma al 19,98 per cento dei suffragi. Alle elezioni del 1999 quest’ultimo vinse con il 34 per cento e quindi è già evidente la sua sconfitta. Secondo le proiezioni, il Golkar dovrebbe vincere col 22 per cento e il Partito democratico della Sukarnoputri finire al 19 per cento. 

 

Un convoglio russo è stato attaccato ieri sera nel sud della Cecenia e cinque militari russi sono stati uccisi e altri nove sono rimasti feriti. Lo riferisce oggi l’agenzia Itar-tass citando la polizia locale. Il convoglio, di tre camion e un blindato, è stato attaccato nella zona di Shali.

 

Gli Stati Uniti hanno messo in guardia le comunità greca e turca di Cipro dal respingere il piano dell'Onu per la riunificazione dell'isola, affermando che non c’è un’alternativa al compromesso del segretario generale. Il dipartimento di Stato si è rivolto direttamente alla popolazione cipriota, nel tentativo di salvare il piano dell'Onu, respinto dai leader delle due comunità. Washington ha messo in guardia le comunità greca e turca di Cipro dal rifiutare il piano sulla riunificazione dell'isola. Intanto, i leader di tutti i partiti politici presenti nel Parlamento greco si riuniranno giovedì per definire la posizione della Grecia sul referendum per la riunificazione di Cipro, il 24 aprile prossimo.

L’assassino del ministro svedese degli Esteri, Anna Lindh, Mijailo Mijailovic, ha presentato appello. Mijalovic era stato condannato all’ergastolo per aver pugnalato Anna Lindh il 10 settembre 2003 in un grande magazzino di Stoccolma.

 

In Spagna, due cittadini marocchini sono stati arrestati nelle ultime 24 ore a Malaga in Andalusia  per un loro presunto legame con le stragi dello scorso 11 marzo a Madrid. Lo ha detto Europa Press citando fonti giudiziarie. Secondo il quotidiano El Mundo, i terroristi responsabili della strage di un mese fa avevano pianificato anche un attacco di grande portata contro interessi ebraici nella regione della capitale spagnola.

 

Due alti dirigenti dell'opposizione democratica in Myanmar (ex Birmania), Aung Shwe e U Lwin, sono stati oggi rimessi in libertà dopo circa un anno di detenzione, ha detto un responsabile del loro partito.

Al via stamani ad Istanbul il primo “Congresso dei democratici del mondo islamico”, summit che riunisce leader politici e uomini di Stato di 14 paesi musulmani mediorientali, africani e asiatici. “Elezioni multipartitiche”, “indipendenza della magistratura” e “diritti civili e politici delle donne” saranno i tre temi principali in discussione al Congresso, organizzato dal Programma Sviluppo dell'Onu.

 

 

 

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