RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n. 104 - Testo della trasmissione di martedì 13 aprile
2004
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
Il
Papa ha nominato vescovo l’abate di Montecassino, Dom Fabio Bernardo D’Onorio.
OGGI
IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Iraq: immagini di Al
Jazeera su ostaggi italiani. Liberati gli agenti della società russa
Medio Oriente: sventato attentato al presidente
israeliano
Al voto domani in Sudafrica per le elezioni
politiche a dieci anni dalla fine dell’apartheid.
13
aprile 2004
IL
PAPA HA NOMINATO VESCOVO L’ABATE DI MONTECASSINO,
Giovanni Paolo II ha elevato alla dignità episcopale padre
Dom Fabio Bernardo D’Onorio, Abate Ordinario di Montecassino. Originario della
diocesi di Frosinone, il 64.enne è entrato all’età di 13 anni nell’Abbazia di
Montecassino ed ha compiuto gli studi ginnasiali, liceali e teologici presso
l’Istituto Teologico della medesima Abbazia. Ordinato sacerdote nel 1966, padre
D’Onorio ha conseguito il Dottorato in Utroque
Iure presso la Pontificia Università Lateranense. Nella comunità monastica
è stato, tra l’altro, segretario degli Abati vescovi Rea e Matronola, docente
di Diritto Canonico nell’Istituto dell’Abbazia e di Storia dell’Arte nell’annesso
Liceo Classico, oltre ad aver fondato il mensile “Presenza Cristiana”. Nel
1983, Giovanni Paolo II ha confermato l’elezione di padre Bernardo D’Onorio ad
Abate ordinario di Montecassino. Attualmente è consultore della Congregazione
per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti e Membro della Commissione
Cei per la liturgia. È autore di diverse pubblicazioni di carattere pastorale
ed artistico.
IL
CORAGGIO DEL PERDONO, LA FORZA DELLA SPERANZA:
L’ESORTAZIONE
DEL PAPA AL MONDO NELLE CELEBRAZIONI PASQUALI
PER
AFFRONTARE CON I VALORI DEL VANGELO
I
DRAMMI DELLE GUERRE E DEL TERRORISMO
-
Intervista con il cardinale Georges Cottier -
Il coraggio del perdono, la forza di cambiare il mondo
seguendo direzioni opposte alla brutale disumanità del terrorismo, alla “logica
della morte” delle guerre. Il Messaggio Urbi et Orbi pronunciato da
Giovanni Paolo II per la Pasqua 2004 si è rivelato particolarmente ricco di
spunti e di esortazioni importanti. Il Papa non si è limitato ad invitare i cristiani
ad essere testimoni “convinti” pur “tra le contraddizioni del tempo che passa”,
del messaggio d’amore di Gesù risorto. Ma si è rivolto a tutti i responsabili
istituzionali del pianeta, chiedendo loro apertamente di “affrettare” il
progresso del mondo verso “un’organizzazione più ordinata e pacifica”. Su
questi temi, ascoltiamo il commento del cardinale Georges Cottier, teologo
della Casa pontificia, intervistato da Alessandro De Carolis:
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R. – Il Santo Padre, nella logica di tutti i suoi discorsi
precedenti, si rivolge nel suo messaggio alle Nazioni Unite, considerate come
l’istanza rappresentativa della coscienza dell’umanità. Con ciò, il Pontefice
intende dire che i problemi del terrorismo toccano tutti e questo fa supporre
che i responsabili nazionali e internazionali dei vari Paesi e organismi fanno
di tutto per superare questa situazione. La situazione come la descrive il Papa
tocca quattro punti nodali: la Terra Santa, l’Africa, che dimentichiamo molto
spesso, e l’Iraq, ma anche il terrorismo. Una cosa mi ha colpito nel Santo
Padre: il richiamo al coraggio, alla forza. Questo vuol dire un richiamo alla
speranza, che trova il suo appoggio nella fede in Cristo risorto.
D. - A proposito del coraggio: è sembrato quasi che il
Pontefice abbia invitato l’umanità a compiere un salto di qualità...
R. - Lo si potrebbe definire così. Ad esempio, alla fine
del messaggio mi ha colpito la formula del “coraggio del perdono”. Il tema del
perdono è stato messo in evidenza in modo incisivo nel corso di questo pontificato,
specialmente a partire dall’Anno Santo. Ma se questo tema riveste ovviamente un
aspetto religioso nel discorso del Papa, il fatto che possa avere anche dei
riflessi politici, questa è un’idea molto nuova che deve penetrare nella
mentalità dei capi dei popoli. Compiere questi passi, che lei chiama
giustamente “salto di qualità, è difficile ma mi sembra sia molto carica di
speranza questa chiamata al “coraggio del perdono”.
D. – In questo difficile contesto internazionale, colpisce
anche un’altra frase del Pontefice: “La fiducia torni a dare respiro alla vita
dei popoli”. Come dire: senza fiducia, l’obiettivo di un mondo più ordinato e
pacifico rimane lontano...
R. – Certo. Penso che uno dei danni più grandi che produce
il terrorismo è quello di mantenere l’umanità, almeno nei Paesi più minacciati,
nella paura. E la paura distrugge la fiducia. Se non c’è la fiducia, ci
troviamo impotenti davanti al terrorismo e sarebbe orribile accettarlo quasi
come una dimensione ineluttabile della vita quotidiana.
D. – Un altro elemento che ha reso particolare la Pasqua
del 2004 è stato la celebrazione comune di questo evento da parte di tutti i
cristiani. Lei crede, eminenza, che l’auspicio del Papa affinché ciò si ripeta
abitualmente in futuro possa avverarsi presto?
R. – Noi auspichiamo che si realizzi presto. Dipenderà da
come questo invito sarà recepito e accettato. Per questi grandi cambiamenti
storici, c’è la necessità di maturare. Il Papa da molto tempo è favorevole
all’unificazione della data della Pasqua per tutti i cristiani ma, dato che ciò
è una meta difficile da raggiungere, dobbiamo essere pazienti, perché non si
cambiano da un giorno all’altro tradizioni che sono molto antiche. Mi permetta
di aggiungere questo: tutte le idee del Papa, nel suo messaggio Urbi et Orbi,
sono state proposte sotto forma di preghiera. Questo perché si tratta di un
programma così grande e difficile che senza l’aiuto di Dio, l’umanità non ce la
può fare.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
In prima pagina il Messaggio
"Urbi et Orbi"; la preghiera di Giovanni Paolo II al Redentore
dell'uomo si fa appello al coraggio della speranza: "Ascoltate voi tutti
che avete a cuore il futuro dell'uomo: la fiducia torni a dar respiro alla vita
dei popoli!".
Nelle vaticane, il titolo
all'omelia del Santo Padre in occasione della Veglia di Pasqua è "La luce
di Cristo risorto rende chiara come il giorno questa notte memorabile".
Nel Regina Caeli, lunedì
dell'Angelo 12 aprile, il Papa ha affidato alla Madre di Gesù, crocifisso e
risorto, le attese e le speranze, le preoccupazioni e i timori del mondo intero.
Nelle estere, in rilievo
l'Iraq, dove si allarga la piaga dei rapimenti; estesa la tregua a Falluja.
Nella pagina culturale, un
articolo di M. Antonietta De Angelis sulla Risurrezione di Cristo dal sepolcro
quale iconografia cardine dell'arte religiosa: le tre opere prese in esame sono
de Il Passignano, di Rubens e di El Greco.
Un articolo di Claudio Toscani
in ricordo di Cesare Garboli, personaggio di spicco del mondo letterario
italiano.
Nelle pagine italiane, in primo
piano la vicenda Alitalia: in un decreto le misure anticrisi.
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13
aprile 2004
LA CUSTODIA DI TERRA SANTA DA OTTO SECOLI E’
AFFIDATA AI FRANCESCANI:
IL SIGNIFICATO DI UNA
MISSIONE CHE HA ACCOMPAGNATO
DIVERSISSIME VICENDE STORICHE
- Intervista con padre Michele Piccirillo -
Nei giorni delle celebrazioni
pasquali abbiamo parlato dei riti in Terra Santa, ricordando che la custodia è
affidata ai francescani da otto secoli. Si tratta di un periodo ampio che va
dall’epoca delle crociate al dramma quotidiano dell’attuale conflitto
israelo-palestinese. Ma come mai il compito di gestire i luoghi santi fu
affidato all’Ordine francescano? Paolo Ondarza lo ha chiesto a padre Michele Piccirillo,
docente e archeologo cristiano allo Studio Francescano presso il Convento della
Flagellazione a Gerusalemme:
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R. – In realtà i primi Custodi del Santo Sepolcro, dopo la
cacciata, furono i domenicani. Soltanto che il Sultano concesse loro questo ma
i domenicani sono stati rinchiusi per un anno dentro il Santo Sepolcro. Dopo un
anno, hanno desistito e sono tornati in patria. Sulla stessa strada si sono
posti i francescani, il Sultano Mohammed el-Nafer concesse il permesso di avere
il Santo Sepolcro, il Calvario, la Tomba della Madonna al Getsemani, la Grotta
della Natività a Betlemme ma la cosa più importante fu il Cenacolo, dove lo
stesso sultano ha dato il permesso di aprire un convento.
D. – Da allora, i francescani sono stati presenti in modo
continuo?
R. – Sì è stata una cosa continua, fino ad oggi.
D. – Che significato ha per i francescani essere lì oggi?
R. – Svolgere la missione di San Francesco. San Francesco
aveva le idee molto chiare, anticipando di secoli quello che è stato poi
l’insegnamento del Vaticano II. Si può essere missionari, senza predicare: nel
senso che – come dice San Francesco nella Regola – vivere semplicemente una
vita cristiana è già una testimonianza ed una predicazione.
D. –
Che ruolo ha la presenza cristiana oggi in Medio Oriente?
R. – La Terra
Santa ormai é divisa tra arabi musulmani ed ebrei. La presenza cristiana è
ridotta veramente ad un lumicino e se continua così c’è pericolo che i santuari
restino soltanto dei musei. Il commento migliore all’assedio della Basilica di
Betlemme che c’è stato due anni fa è stato quello di un giornalista del Haretz,
dove si diceva: “ci mancheranno questi due frati che uscivano ogni giorno dalla
Basilica o con il morto o con il ferito, ridando vita a quella piccola
porticina della Basilica. Ci hanno insegnato che per fare la pace. Bisogna
porgere l’altra guancia”. Questo giornalista ebreo è riuscito a capire il valore
di una presenza pacifica in una terra di contrasti e dove ci si ammazza per giustificare
le proprie ragioni.
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LA
MACEDONIA DOMANI AL VOTO
PER
SCEGLIERE IL SUCCESSORE DI BORIS TRAYKOVSKI,
MORTO
A FEBBRAIO IN UN INCIDENTE AEREO
-
Intervista con Federico Eichberg -
Si è
conclusa in Macedonia la breve campagna elettorale per le presidenziali di
domani, indette dopo la morte del capo di Stato Boris Traykovski, deceduto il
26 febbraio scorso in un incidente aereo in Bosnia. Nella tornata elettorale,
alla quale sono chiamati a partecipare 1 milione e 700 mila votanti, risulta
favorito il premier Branko Crvenkovski, leader del partito di governo Unione
Socialdemocratica. Gli altri candidati sono: Sasko Kedev, del principale
partito d’opposizione, Movimento
rivoluzionario di Macedonia (VMRO); Gezim Ostreni, rappresentante della
minoranza albanese; Zudi Xhelili, del Partito democratico degli albanesi. Ma
come si presenta questo “dopo Traykovski”? Giada Aquilino lo ha chiesto a Federico
Eichberg, esperto di questioni balcaniche:
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R. – Dalla data in cui Traykovski fu eletto, il 15 novembre del ’99, molte cose sono cambiate, anche
grazie all’opera di Traykovski stesso. E’ stato un presidente che ha saputo
dare stabilità all’unica Repubblica che, nata dal disfacimento della
Jugoslavia, non ha conosciuto scontri etnici di altissima intensità. Nel
frattempo, al potere sono andati i socialdemocratici, alleati con fazioni
politiche albanesi eredi dell’Armata di liberazione nazionale, l’Uck. La
successione a Traykovski si presenta, quindi, come una continuazione del
successo elettorale dei socialdemocratici di diversi mesi fa. Al contempo la
Vmro ha deciso di non schierare “pezzi da novanta”, ma soltanto uno
sconosciuto: Kedev. Anche il fronte albanese, alleato con la Vmro, ha deciso di
non presentare uomini rappresentativi. Quindi, mentre il centro-destra si
presenta in tono minore, il partito socialdemocratico candida l’uomo più
rappresentativo, Crvenkovski.
D. – Traykovski era riconosciuto da tutti come il
presidente che avrebbe condotto la Macedonia nell’Unione Europea e nella Nato.
In questo senso, quale dovrà essere l’impegno del nuovo presidente?
R. – Per una triste coincidenza, il giorno in cui
Traykovski conosceva la morte nell’incidente aereo di febbraio, a Dublino il
premier macedone doveva presentare la candidatura ufficiale di Skopje
all’Unione Europea. Questo è significativo, perché indica che un percorso era
stato compiuto. Inoltre, non è da dimenticare il fatto che, nelle ultime
settimane, al nuovo ‘incendio’ del Kosovo non è coincisa una pari esplosione
della violenza etnica in Macedonia. Questo indica che un lavoro di
pacificazione era andato avanti e ciò consente di guardare con un certo ottimismo
al futuro.
D. – Quali saranno le prossime tappe di integrazione
internazionale della Macedonia?
R. – Presumibilmente la candidatura ufficiale nell’Unione
Europea verrà accettata nel Consiglio Ue di chiusura della presidenza irlandese
o probabilmente di quella olandese, quindi entro la fine di quest’anno.
L’ingresso si potrebbe ipotizzare per la fine di questo decennio, forse insieme
con Turchia e Croazia.
D. – E per la Nato?
R. – Per la Nato, invece, i tempi potrebbero essere più
brevi. Molto dipenderà dalla capacità di riforma e di integrazione delle forze
armate. Non è da escludere che a breve, una volta armonizzati i sistemi
operativi dei membri appena entrati, inizi una seconda ondata di ingressi, che
potrebbe chiudersi ancor prima dell’entrata nell’Unione Europea e quindi verso
il 2007-2008.
D. – La non rosea situazione economica e il crescente
livello di disoccupazione sono solo alcuni dei problemi della Macedonia di
oggi. Che quadro ne esce del Paese?
R. – Ne esce un quadro di un Paese crocevia, che dipende
dalla capacità dell’area di cominciare a commerciare al suo interno e che, ad
oggi, è sicuramente in crisi. Ma un segnale di fiducia potrebbe essere
rappresentato da un’elezione con una maggioranza forte, che potrebbe essere
recepito anche dagli operatori internazionali.
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“GLI
ESTE A FERRARA”: FINO AL 13 GIUGNO PROSSIMO LA CITTA’ EMILIANA
OFFRE AL
PUBBLICO UN RICCO PROGETTO ESPOSITIVO:
RIAPERTO
IL CASTELLO ESTENSE E ALLESTITE DUE RASSEGNE
“Gli Este a Ferrara”: è lo slogan che accompagnerà, fino
al 13 giugno prossimo, il vasto progetto espositivo organizzato nella città
della regione Emilia Romagna. Dopo anni di intensi restauri, infatti, il
Castello estense è stato riaperto al pubblico, con un nuovo percorso di visita
che comprende ben 50 sale. Nell’occa-sione, inoltre, sono state inaugurate due
rassegne. Il servizio di Barbara Castelli.
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(musica)
La
città di Ferrara veste i fasti di un tempo. Il Castello estense, monumento simbolo
della località emiliana, si presenta al pubblico dopo anni di intensi restauri,
con un unico e inedito percorso narrativo. Le 50 sale visitabili del Castello,
ben 42 in più rispetto al recente passato, ripercorrono la lunga avventura che
lo lega alla storia e alla vita di Ferrara fin dal 1385, quando prese inizio la
costruzione di quella che diventò la dimora destinata a celebrare gli sfarzi
della corte ducale. Nell’occasione poi sono state allestite due mostre di singolare
bellezza: la prima, “Una corte nel Rinascimento”, ripercorre la produzione artistica
del Rinascimento di Ferrara, che per due secoli fu un vero crocevia d’arte e
civiltà; mentre la seconda, monografica, “Il Camerino di alabastro”, è dedicata
all’appartamento privato di Alfonso I d’Este. Pensando alle opere che
compongono la prima rassegna, quali sono quelle più prestigiose? Ci risponde
Jadranka Bentini, curatrice dell’esposizione.
“Ci sono
opere del Tura, del Cossa, di De Roberti, di Costa e di tanti altri artisti. Io
direi che il visitatore potrebbe soffermarsi su un capolavoro giovanile di Cosmè
Tura, la Pala di Ajaccio, che è straordinaria. Si tratta di un’opera altamente espressiva
che ricalca i grandi modelli del Rinascimento italiano, soprattutto Donatello e
Piero della Francesca, poi, naturalmente, il visitatore potrà soffermarsi anche
sugli originali dei grandi poemi cavallereschi: il Boiardo, l’Orlando innamorato,
l’Orlando Furioso di Ariosto e, naturalmente, la Gerusalemme liberata di Torquato
Tasso e ancora le grandi miniature”.
Ma qual
era il clima che si respirava a corte al tempo degli Este? Lo abbiamo domandato
al professor Gianni Venturi, direttore dell’Istituto di Studi Rinascimentali di
Ferrara:
“Sotto
un profilo culturale, Ferrara è, nel Rinascimento, uno dei luoghi fondamentali
in cui si elabora la stessa nozione di Rinascimento. Non dobbiamo dimenticare
che a Ferrara vivono ed operano i più grandi poeti, pittori e scultori del
tempo. Basti solo pensare che Alfonso I, a Corte, chiama per i suoi “camerini”,
cioè per i suoi studioli, personaggi come Tiziano, Dosso, Giovanni Bellini e
addirittura Raffaello. Quindi, potremmo dire che gli Estensi danno vita ad una
delle Corti più raffinate e più colte del ‘400-‘500”.
(musica)
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Radiogiornale
13
aprile 2004
AFFRONTARE LE NUOVE
SFIDE DI UN MONDO CHE CAMBIA TESTIMONIANDO
LA FEDELTÀ AL VANGELO E RENDENDO
VISIBILE LA SPERANZA:
DI QUESTO DISCUTERANNO INSIEME, DA
OGGI FINO A VENERDÌ PROSSIMO,
LE SUPERIORE GENERALI E
PROVINCIALI RIUNITE A ROMA
PRESSO LA PONTIFICIA UNIVERSITÀ
URBANIANA
- A cura di Davide Martini -
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ROMA. =
Rendere visibile la speranza in un mondo che cambia. E’ questo il tema sul quale
si confronteranno, da oggi fino a venerdì, circa 500 tra Superiore Generali e
Provinciali. L’incontro, che si terrà presso la Pontificia Università Urbaniana
di Roma, vuole essere un’occasione per sottolineare in che modo le religiose
d’Italia e d’Europa possono costruire un proficuo ed evangelico interscambio
generazionale, valorizzando al massimo tutte le età della vita e tutte le
situazioni in cui sono chiamate a vivere. In un mondo che cambia, in cui la
mobilità etnica porta all’incontro tra costumi, culture e religioni differenti,
si apre, di fatto, un’occasione provvidenziale per mettere alla prova la
fedeltà al Vangelo e l’appartenenza alla Chiesa. Le religiose sono chiamate, in
modo particolare, a interrogarsi e ad individuare qual è il compito della vita
consacrata in un momento in cui le xenofobie e le chiusure di fronte al
“diverso da noi” rischiano di degenerare in uno scontro di civiltà, in cui nel
nome di Dio si vuole distruggere l’altro. Di fronte, poi, ai grandi problemi
che affliggono l’umanità odierna, le religiose si sentono ancor più chiamate a
compiere scelte di solidarietà, di giustizia e di fraternità, non solo
all’esterno, ma anche all’interno delle proprie comunità, dove
l’interculturalità è presente.
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PARTITA
UNA SINGOLARE MARATONA PER COPIARE ENTRO L’ANNO
LA
BIBBIA IN PORTOGHESE:
STUDENTI
DI SCUOLE DI TUTTO IL PORTOGALLO
COME
GLI AMANUENSI MEDIOEVALI, IN UNA INIZIATIVA
CHE
COINVOLGE IL MINISTERO DELL’ISTRUZIONE E LA SOCIETA’ BIBLICA
LISBONA.=
Circa 50.000 studenti di 233 scuole di tutto il Portogallo hanno dato vita ad
una maratona che li porterà a copiare a mano, entro l'anno, la Bibbia in
portoghese. Il progetto, denominato "La Bibbia manoscritta dai
giovani", è coordinato dalla Segreteria del ministero dell'Istruzione
portoghese. "L'idea - ha spiegato Alfredo Abreu, coordinatore - è quella
di portare la Bibbia nelle scuole. In diversi ambienti delle scuole è stato
ricreato lo scriptorium dei monasteri medievali e sono state allestite, da
studenti e professori, mostre sui prodotti utilizzati dai monaci nella
fabbricazione di inchiostri che servivano per copiare le varie opere. La Società
biblica, dopo la conclusione dei primi lavori, offrirà un Cd-rom ad ogni scuola
che ha partecipato al progetto insieme ad una riproduzione in carta dei 35 mila
versetti già copiati. La particolare maratona continuerà nel novembre 2004, con
la partecipazione di 100.000 persone di tutte le età, regioni e confessioni religiose.
PRESTO RISOLTO IL PROBLEMA DEI
VISTI AI RELIGIOSI IN ISRAELE:
IN
UNA NOTA DELL’AMBASCIATA PRESSO LA SANTA SEDE L’IMPEGNO A RIVEDERE
I
CRITERI, LE REGOLE E I TEMPI
TEL
AVIV. = Con una nota ufficiale l’Ambasciata Israeliana presso la Santa Sede ha
reso noto che il problema dei visti ai religiosi e alle religiose in Israele
troverà presto una soluzione. La nota, che riferisce di una accelerazione delle
procedure per sbloccare le pratiche, precisa che lo stesso primo ministro Ariel
Sharon ha chiesto la formazione di una Commissione interministeriale “per
rivedere i criteri, le regole e i tempi necessari”, nonché “una revisione di
tutto il meccanismo burocratico” che ha portato ai ritardi nell’emissione dei
visti. Per i religiosi che vivono da molto tempo in Israele, inoltre, “verrà
trovato uno status adeguato che consentirà la loro permanenza” nel Paese.
Secondo l’ambasciatore israeliano presso la Santa Sede, Oded Ben Hur, le nuove
procedure dovrebbero far sentire i loro effetti entro 7-10 giorni. Quello dei
visti d’ingresso e dei permessi di soggiorno al personale ecclesiastico e
religioso in Israele è un problema che la Chiesa cattolica deve affrontare
ormai da diverso tempo. Contro le persistenti restrizioni imposte dalle
autorità israeliane si era già pronunciato il nunzio apostolico in Israele,
mons. Pietro Sambi, che aveva chiesto “di dare i visti di residenza a tutto il
personale religioso di cui la Chiesa ha bisogno”, chiarendo che “i cattolici
non sono nemici di nessuno”.
NEI
GIORNI SCORSI, A PANAMA, ALTRE SETTE DENUNCE
SU
CASI DI DESAPARECIDOS, VITTIME DELLA DITTATURA MILITARE
DEGLI
ANNI 70 E 80
PRESENTATE
DALLA COMMISSIONE DELLA VERITA’ ALLA PROCURA GENERALE
PANAMA. = Presentate, nei giorni scorsi, altre
sette denunce su casi di “desaparecidos”, vittime della dittatura militare di
Omar Torríjos e Manuel Antonio Noriega, dal 1968 al 1989, dalla Commissione
della Verità di Panama alla Procura generale. Una delegazione dell’organismo e
un gruppo di avvocati, in rappresentanza del Comitato dei familiari dei
“desaparecidos” panamensi, hanno consegnato la documentazione relativa a sei
uomini e una donna, scomparsi in circostanze mai chiarite. In totale, sono
oltre quaranta i casi denunciati dalla Commissione, ma la Procura non ha ancora
avviato alcuna indagine. Padre Corrado Sanjur, esponente del “Coordinamento
popolare dei diritti umani di Panama”, ha denunciato che il procuratore
generale José Antonio Sosa non è disposto ad accogliere le richieste dei
parenti degli oppositori e insiste sull’avvenuta prescrizione dei reati, ovvero
sparizioni forzate, torture e altre violazioni dei diritti umani, fissata dalla
legge panamense in 20 anni. La posizione di Sosa “è in netta contraddizione con
le norme internazionali che sanciscono l’imprescrittibilità dei crimini di lesa
umanità”, sottolinea il religioso. Un precedente a favore della Commissione, tuttavia,
esiste: alcuni mesi fa la Corte suprema ha dichiarato imprescrittibile un caso
di “sparizione” avvenuto durante il regime militare. Su questo pronunciamento
si è rafforzato il lavoro della Commissione, in procinto di stilare un nuovo
rapporto a complemento di quello pubblicato nel 2002, contenente informazioni dettagliate su 110 vittime
della dittatura. (D.G.)
SRI
LANKA: I TAMIL LIBERANO UN CENTINAIO DI BAMBINI-SOLDATO
CON IL
DECISIVO INTERVENTO DELL’UNICEF.
CE NE
SONO ANCORA 1200
COLOMBO.= Le Tigri di liberazione del Tamil Eelam (Ltte),
guerriglieri che lottano da trenta anni per l’autodeterminazione del Nord-est
dello Sri Lanka, hanno liberato oggi più di un centinaio di bambini-soldato. Lo
ha reso noto l’Unicef, il fondo delle Nazioni unite per l’infanzia. Si tratta della più numerosa liberazione di
bambini in un colpo solo da parte delle Tigri da quando, l’anno scorso, il movimento
ha accettato di non utilizzare più i bambini-soldato. L’Unicef ha precisato che
sta cominciando ad occuparsi dei bambini nella città di Vikarai, base del Tamil
Elam. “Stiamo registrando i bambini” ha dichiarato Geoffrey Keele, il portavoce
dell’Unicef, precisando che il numero supera i cento. Molte volte in passato i
guerriglieri Tamil sono stati accusati di reclutare i bambini con la forza. In
gennaio, l’Unicef aveva comunicato che le Tigri avevano raddoppiato i bambini
nelle loro file rispetto all’anno scorso e che li avevano portati a 1.300. I
bambini liberati si trovavano tra i 300 ribelli dissidenti catturati dal
comando regolare dei Ltte. Secondo fonti ospedaliere, sette bambini soldato
sono stati feriti durante i combattimenti.
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13
aprile 2004
- A cura di Alessandro Gisotti -
In Iraq, sono stati liberati gli otto agenti della società
russa settore energetico Interenergoservice rapiti ieri a Baghdad, ma resta
alta la preoccupazione per gli altri ostaggi giapponesi e statunitensi e per
vari dispersi. La guerriglia irachena, attraverso i sequestri di stranieri,
chiede la partenza dall’Iraq delle truppe della coalizione. I
vertici militari americani, intanto, hanno dato l’ordine di catturare vivo o
morto Moqtada al Sadr, l’esponente religioso sciita radicale che sembra
comandare gli attacchi contro le forze americane e quelle della coalizione. Il
servizio di Fausta Speranza:
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Giunge notizia che la tv
satellitare Al Jazeera sta mostrando immagini di italiani che sarebbero stati
sequestrati ieri. Intanto resta serrata la caccia delle forze della coalizione
al radicale sciita Moqtada al Sadr. A Baghdad le truppe americane hanno
arrestato un aiutante considerato il responsabile della sanguinosa rivolta
contro le forze della coalizione iniziata ai primi di aprile. Si chiama Sheikh
Hazem al-Araji e, poco prima di essere fermato, ha minacciato, tra l’altro, una
rappresaglia contro i militari italiani di stanza a Nassiriya. Si trovano in
buone condizioni di salute gli ostaggi liberati: cinque di loro sono ucraini e
tre russi. Ma resta la tensione per quelli ancora in mano ai rivoltosi. Il governo
di Tokyo cerca di sbloccare la situazione dei tre civili rapiti nei pressi di
Falluja, giovedì scorso, ma dichiara di non poter fornire informazioni dettagliate
né alla stampa né ai familiari. Restano nelle mani della guerriglia nove
americani: due militari e sette civili. E poi ci sono altri dispersi, come i
tre giornalisti della Repubblica ceca di cui non si sa più nulla da ieri, i due
agenti tedeschi e i quattro presunti italiani catturati secondo la
testimonianza di un giornalista della Reuters. Il governo di Raffarin ha
raccomandato ''in modo formale'' ai francesi presenti in Iraq di andarsene
immediatamente, mentre la Russia si dice
pronta ad evacuare a breve i suoi cittadini. Vicino Falluja, un elicottero
Usa è precipitato, secondo testimoni abbattuto da razzi, e i militari americani
accorsi sono stati attaccati. Nella città del triangolo sunnita, però,
formalmente si dà per rispettata la tregua, dopo giorni di combattimenti, che dovrebbe
durare fino a questa sera. Guardando, invece, alla capitale, anche nelle ultime
ore ci sono state esplosioni e questa volta almeno un iracheno è rimasto
ucciso. Nel sud di Baghdad, nella notte scorsa, hanno perso la vita due poliziotti iracheni e un soldato americano. C’è poi l’annuncio
di una conferenza stampa, fuori programma, che il presidente Bush terrà questa
sera alle 20 e 30 di Washington,
proprio per parlare agli americani della situazione in Iraq.
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Una cellula di terroristi islamici voleva far
esplodere il Memoriale dell’Olocausto a Budapest: la polizia ungherese ha reso
noto di aver arrestato un commando di tre arabi che era pronto a colpire il
museo durante l'inaugurazione, cui doveva partecipare il presidente israeliano,
Moshè Katzav, in visita in Ungheria. E le autorità israeliane hanno riferito di
aver sventato, nei giorni scorsi, un attacco terroristico pianificato da una
cellula delle Brigate dei Martiri di Al Aqsa in cui era previsto l’utilizzo di
sangue infetto con il virus dell’Aids. All’azione dell’intelligence per
sventare gli attentati terroristici, si aggiunge in questi giorni un’azione
diplomatica a tutto campo sul Medio Oriente, da parte della Casa Bianca.
Domani, Bush vedrà il premier israeliano Sharon, mentre ieri il presidente
degli Stati Uniti ha incontrato - nel suo ranch texano di Crawford - il
presidente egiziano Mubarak. Sull’importante colloquio di ieri, ci riferisce
Graziano Motta:
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(IF ISRAEL
MAKES THE DECISION TO WITHDRAW…)
Bush ha cercato di acquietare le apprensioni di Mubarak
dell’avvento a Gaza di un potere politico fondamentalista islamico. Il progetto
israeliano del ritiro unilaterale di soldati e coloni dalla Striscia di Gaza –
hanno convenuto – non poteva sostituire la road map, cioè il piano di
pace, ed in particolare non poteva intaccare il principio della nascita di uno
Stato palestinese indipendente. E di questo Bush parlerà domani sera con Sharon
che, alla partenza la scorsa notte per gli Stati Uniti, si è impegnato a
mantenere sotto il controllo di Israele sia tutta Gerusalemme, sia i principali
insediamenti di coloni ebrei in Cisgiordania. Egli conta, inoltre, di ottenere
da Bush sostegno al principio che i profughi palestinesi non potranno stabilirsi
nel territorio dello Stato ebraico, assicurazione, che dovrebbe consentire
l’approvazione per il referendum degli iscritti al suo partito, il 29 aprile,
del progetto di ritiro da Gaza. Sharon ha intanto dato l’ordine di sgombero di
altri 5 punti illegali di sviluppo di insediamenti ebraici in Cisgiordania.
Per Radio Vaticana, Graziano Motta.
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La decisione del premier israeliano Sharon di non
smantellare alcuno dei principali insediamenti ebraici in Cisgiordania ha
suscitato critiche accese da parte palestinese. “Condanniamo con fermezza
queste gravissime dichiarazioni - ha commentato il ministro per i negoziati
dell’Anp, Saeb Erekat - il mantenimento di sei insediamenti in Cisgiordania è
la ricetta per chiudere tutte le porte del processo di pace”.
Il Sudafrica domani al voto per le terze elezioni
politiche a suffragio universale, a dieci anni dalla fine del regime
dell’apartheid. Secondo le previsioni della locale Commissione elettorale
indipendente, il 90 per cento dei 20 milioni di aventi diritto al voto si
recherà in uno dei 17 mila seggi allestiti nel Paese, aperti tra le ore 7.00 e
le 21.00. A partire da ieri, inoltre, possono recarsi alle urne i disabili e le
donne in stato di gravidanza. Su questa importante tornata elettorale, ascoltiamo
il servizio di Beatrice Luccardi:
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Circa l’esito della tornata elettorale, l’attuale
presidente Thabo Mbeki, delfino e successore del premio Nobel per la pace,
Nelson Mandela, si è detto convinto di un’ampia conferma del proprio partito,
l’African National Congress. Secondo gli osservatori, l’opposizione a Mbeki
sarà particolarmente forte in due delle nove province sudafricane: nel KwaZulu
Natal, roccaforte dell’ Inkatha Freedom Party, e nel Western Cape. Quale che
sia l’esito delle votazioni, la nuova legislatura dovrà affrontare molti gravi
problemi che affliggono il Paese: in primo luogo la disoccupazione, superiore
al 31 per cento, e la diffusione dell’Hiv, Aids, che nell’Africa australe ha
raggiunto il suo picco. Si stima che 5 milioni di sudafricani, oltre il 20 per
cento della popolazione, sia sieropositivo. Dovrà inoltre proseguire molti
impegni assunti in ambito internazionale, dove il Sudafrica si è reso
copromotore del piano di rilancio economico, il Nepad, e nella promozione della
pace in varie nazioni subsahariane, in particolare dei Grandi Laghi.
Per la Radio Vaticana, Beatrice Luccardi.
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Il vicepresidente americano Dick Cheney è arrivato oggi a
Pechino per una visita di Stato centrata sulla situazione a Taiwan. Poco prima
dell’arrivo del numero due della Casa Bianca, un portavoce cinese ha invitato
gli Stati Uniti ad abolire la legge che li obbliga ad intervenire in aiuto di
Taiwan in caso di un attacco militare cinese. Principali argomenti dei
colloqui, oltre alla questione di Taiwan, saranno la situazione in Iraq e la Corea
del Nord.
In Indonesia, il Golkar, partito dell'ex dittatore
indonesiano Suharto è in testa, quando lo spoglio dei risultati delle elezioni
generali di lunedì scorso è giunto allo scrutinio del 56 per cento delle
schede. Il Golkar ottiene in questo momento il 20,70 per cento dei consensi
sorpassando il partito della presidente della
Repubblica, Megawati Sukarnoputri, che si ferma al 19,98 per cento dei
suffragi. Alle elezioni del 1999 quest’ultimo vinse con il 34 per cento e
quindi è già evidente la sua sconfitta. Secondo le proiezioni, il Golkar
dovrebbe vincere col 22 per cento e il Partito democratico della Sukarnoputri
finire al 19 per cento.
Un convoglio russo è stato attaccato ieri sera nel sud
della Cecenia e cinque militari russi sono stati uccisi e altri nove sono
rimasti feriti. Lo riferisce oggi l’agenzia Itar-tass citando la polizia
locale. Il convoglio, di tre camion e un blindato, è stato attaccato nella zona
di Shali.
Gli Stati Uniti hanno messo in guardia le comunità greca e
turca di Cipro dal respingere il piano dell'Onu per la riunificazione
dell'isola, affermando che non c’è un’alternativa al compromesso del segretario
generale. Il dipartimento di Stato si è rivolto direttamente alla popolazione
cipriota, nel tentativo di salvare il piano dell'Onu, respinto dai leader delle
due comunità. Washington ha messo in guardia le comunità greca e turca di Cipro
dal rifiutare il piano sulla riunificazione dell'isola. Intanto, i leader di
tutti i partiti politici presenti nel Parlamento greco si riuniranno giovedì
per definire la posizione della Grecia sul referendum per la riunificazione di
Cipro, il 24 aprile prossimo.
L’assassino del ministro svedese degli Esteri, Anna Lindh,
Mijailo Mijailovic, ha presentato appello. Mijalovic era stato condannato
all’ergastolo per aver pugnalato Anna Lindh il 10 settembre 2003 in un grande
magazzino di Stoccolma.
In Spagna, due cittadini marocchini sono stati arrestati
nelle ultime 24 ore a Malaga in Andalusia
per un loro presunto legame con le stragi dello scorso 11 marzo a
Madrid. Lo ha detto Europa Press citando fonti giudiziarie. Secondo il
quotidiano El Mundo, i terroristi responsabili della strage di un mese fa
avevano pianificato anche un attacco di grande portata contro interessi ebraici
nella regione della capitale spagnola.
Due alti dirigenti dell'opposizione democratica in Myanmar
(ex Birmania), Aung Shwe e U Lwin, sono stati oggi rimessi in libertà dopo
circa un anno di detenzione, ha detto un responsabile del loro partito.
Al via stamani ad Istanbul il primo “Congresso dei
democratici del mondo islamico”, summit che riunisce leader politici e uomini
di Stato di 14 paesi musulmani mediorientali, africani e asiatici. “Elezioni
multipartitiche”, “indipendenza della magistratura” e “diritti civili e
politici delle donne” saranno i tre temi principali in discussione al
Congresso, organizzato dal Programma Sviluppo dell'Onu.
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