RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n. 98 - Testo della trasmissione di mercoledì 7 aprile
2004
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI
IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Assegnati
i premi Signis in diversi Festival cinematografici internazionali
24 ORE NEL MONDO:
In
Rwanda, le celebrazioni del genocidio avvenuto il 7 aprile 1994, costato la
vita ad oltre 800 mila fra hutu e tutsi
Germania,
Grecia, Francia, Italia, Olanda e Portogallo i sei Paesi dell’Unione a rischio
deficit nel 2004
Il capo di Stato della Lituania, Paksas, destituito
ieri dal Parlamento.
7
aprile 2004
VIVIAMO
IN PROFONDITA’ IL TRIDUO PASQUALE, CHE INIZIA DOMANI,
PER
RENDERE PIU’ VIVA LA NOSTRA CONVERSIONE E COMPRENDERE
SEMPRE DI PIU’ L’INFINITO AMORE DI DIO PER L’UMANITA’ NEL MISTERO DELLA MORTE
E
RISURREZIONE DI CRISTO: COSI’ OGGI IL PAPA ALL’UDIENZA GENERALE
Giovanni Paolo II questa mattina all’udienza generale in
Piazza San Pietro, dinanzi a circa 10 mila pellegrini giunti da tutto il mondo,
ha svolto la sua catechesi sul Triduo Pasquale, che inizia domani, Giovedì
Santo: il Papa ha invitato i fedeli a vivere in profondità questi giorni per
comprendere l’infinito amore di Dio per l’umanità nel mistero della morte e risurrezione
di Gesù. Ma ascoltiamo le sue parole in questo servizio di Sergio Centofanti.
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“Questi giorni sono quanto mai
opportuni per rendere più viva la conversione del nostro cuore a Colui che per
amore è morto per noi”.
Il Papa ha parlato del “grande mistero della nostra
salvezza” che ci apprestiamo a celebrare a partire da domani nel Triduo
Pasquale. Nel Giovedì Santo si fa memoria dell’Ultima Cena con l’istituzione
dell’Eucaristia e del Sacerdozio. La “lavanda dei piedi” ricorda la nuova legge dell’amore che ci ha
lasciato Gesù. Il Venerdì Santo – ha proseguito il Papa – invita i cristiani “a
meditare sul male e il peccato, che opprimono l’umanità e sulla salvezza
operata dal sacrificio redentivo di Cristo”. E in questo giorno – sottolinea -
alcuni suggestivi riti liturgici come l’adorazione della Croce, le processioni
penitenziali e la “Via Crucis… fanno meglio interiorizzare il mistero della
Croce”. “Un grande silenzio caratterizza il Sabato Santo”: si commemora Cristo
sepolto. “Nelle Chiese tutto tace mentre i fedeli imitando Maria si preparano
al grande evento della Risurrezione. E poi nella Veglia Pasquale, la madre di
tutte le veglie, si celebra “la definitiva liberazione dalla schiavitù del
peccato e della morte”: l’annuncio della Risurrezione – ha detto il Pontefice –
“irrompe nel buio della notte e l’intera realtà si ridesta dal sonno della
morte per riconoscere la signoria di Cristo”.
Giovanni Paolo II ha invitato i fedeli a vivere questi giorni in spirito
di preghiera e di profonda partecipazione per “comprendere sempre di più
l’infinito amore di Dio per l’umanità” e perché il Triduo Pasquale – ha
auspicato - possa diventare per tutti “fonte di nuove energie”. Infine un triplice
invito: ai giovani “a non avere paura di seguire Cristo”, anche quando “chiede
di abbracciare la Croce”. Ai malati,
perché sia loro di conforto “la
meditazione della Passione di Gesù, mistero di sofferenza trasfigurata
dall’amore”. E agli sposi perché “la morte e la risurrezione del Signore
rinnovi la gioia e l’impegno del patto nuziale”.
Il Papa presiederà tutti i riti del Triduo Pasquale: nella
Basilica Vaticana domani mattina la Santa Messa Crismale e nel pomeriggio la
Messa in Coena Domini; Venerdì Santo alle 17.00 presiederà, sempre in Basilica,
la celebrazione della Passione del Signore, e alle 21,15 la Via Crucis al
Colosseo; alle 19.00 di sabato 10 aprile presiederà la Veglia Pasquale e la
Domenica di Pasqua alle 10,30 celebrerà la Santa Messa sul sagrato della Basilica
di San Pietro e impartirà la Benedizione “Urbi et Orbi”.
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ARRESTATO IN CINA SENZA
MOTIVAZIONI IL VESCOVO CATTOLICO JIA ZHIGUO:
“CIO’ NON E’ AMMISSIBILE IN UNO
STATO DI DIRITTO”
E’
stato arrestato in Cina il vescovo Jia Zhiguo, capo di una diocesi ad alta
densità di cattolici. Il presule ha già trascorso 20 anni in carcere su ordine
delle autorità di Pechino. Immediata la
reazione della Santa Sede: “Ancora una volta – ha detto il portavoce vaticano
Navarro Valls - un membro della
gerarchia cattolica viene privato della libertà personale senza fornire
motivazioni giuridiche. Ciò non è ammissibile in uno Stato di diritto, che
dichiara di garantire la libertà di religione e di rispettare e preservare i
diritti umani. Ma ascoltiamo il servizio di Bernardo Cervellera.
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Mons. Jia, 69 anni, è vescovo dal 1980. Vive quasi sempre
agli arresti domiciliari. Talvolta, in occasioni di importanti riunioni del
partito o di visite dall’estero di capi di Stato, viene rapito e segregato in
luoghi sconosciuti. A dare la notizia del suo ultimo arresto è stata questa
mattina la Fondazione del cardinale Kung, che ha sede negli Stati Uniti. Mons.
Zhiguo ha già trascorso 20 anni in prigione. Il presule, della Chiesa cattolica
cinese fedele al Papa - è a capo di una delle diocesi più vive dell’Hebei, la
zona a più alta concentrazione di cattolici, circa 1 milione e mezzo. Secondo
alcune fonti di Asianews, è probabile che il vescovo sia stato rapito dalla polizia
in occasione della Pasqua. La pubblica sicurezza per prevenire quelli che essi
definiscono disordini sociali, e cioè delle celebrazioni liturgiche non
controllate dal governo, arrestano sacerdoti e vescovi per il periodo tra
Pasqua e Pentecoste.
Per la Radio Vaticana, Bernardo Cervelliera.
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LA CARITA’ DEL PAPA HA DEVOLUTO
NEL 2003 CIRCA 5 MILIONI DI EURO.
FINANZIATI
ATTRAVERSO IL PONTIFICIO CONSIGLIO COR UNUM
SONO
INTERVENTI A FAVORE DELLA PROMOZIONE UMANA,
PER LE
EMERGENZE E IN AIUTO DEI PAESI COLPITI DA GUERRA E POVERTA’
Circa cinque milioni di euro è l'ammontare della carità
fatta dal papa nel 2003 con le offerte ricevute dai fedeli di tutto il mondo.
La somma è stata devoluta a favore di interventi per le emergenze (822 mila
dollari per aiutare le popolazioni colpite da terremoti, guerre, inondazioni,
carestie, aids) e a favore della promozione umana (858 mila dollari in
particolare verso i bambini e i più deboli). Oltre 2 milioni di euro sono stati
destinati a combattere la siccità e la desertificazione nel Sahel, mentre 1,843
milioni di dollari sono stati destinati a favore delle popolazioni indigene
contadine povere dell'America Latina. Le cifre sono state fornite dal
Pontificio Consiglio Cor Unum. Si tratta di offerte che singoli fedeli,
parrocchie e istituzioni religiose hanno affidato al Pontefice. La parte più
consistente degli aiuti è andata alle nazioni colpite dalla guerra, compreso
l'Iraq. Nell'ambito di Cor Unum sono operative due Fondazioni: una per
il Sahel, che in 20 anni ha distribuito aiuti per 30 milioni di dollari.
L'altra è la Fondazione Popolorum Progressio, al servizio delle
popolazioni indigene, meticce ed afroamericane povere dell'America Latina,
creata da Giovanni Paolo II nel 1992, in occasione del quinto centenario
dell'inizio dell'evangelizzazione in America Latina.
ALTRE UDIENZE E NOMINE
Nel corso
della mattina il Santo Padre ha ricevuto in udienza il cardinale Crescenzio
Sepe, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli.
Sempre oggi il Santo Padre ha accettato la rinuncia al
governo pastorale della diocesi di Leeds (Inghilterra), presentata da mons.
David Every Konstant, in conformità al canone 401 §2 del Codice di Diritto
Canonico. Gli succede mons. Arthur Roche, finora vescovo coadiutore della medesima
diocesi.
Inoltre il Papa ha accettato la rinuncia al governo
pastorale della diocesi di Galloway (Scozia), presentata da mons. Maurice
Taylor, per raggiunti limiti di età. Al suo posto il Pontefice ha nominato
vescovo di Galloway (Scozia) mons. John Cunningham, finora vicario generale di
Paisley.
Infine
il Santo Padre ha nominato membri della Congregazione delle Cause dei Santi i
cardinali Julián Herranz; Javier Lozano Barragán; Stephen Fumio Hamao.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre la prima pagina il titolo
"Giorni di una più viva conversione a Colui che per amore è morto e
risorto per noi": all'udienza generale la catechesi di Giovanni Paolo II
sulla celebrazione del Triduo Pasquale.
Sempre in prima l'Iraq, dove
infuriano i combattimenti. Il titolo al relativo articolo è "Non si può
lasciare ancora una volta la parola soltanto alle armi".
Nelle vaticane, un articolo di
Jean Galot dal titolo "Una invenzione meravigliosa; Giovedì Santo".
Un articolo sulla Veglia di
preghiera presieduta dal Cardinale Giovanni Battista Re - nella Basilica di
Santa Maria Maggiore - su iniziativa della Comunità di Sant'Egidio: "La
viva memoria della moltitudine di persone che nei nostri giorni ha versato il
sangue per Cristo".
Nelle estere, per la rubrica
dell'"Atlante geopolitico" un articolo di Gabriele Nicolò dal titolo
"Afghanistan: la solidarietà strumento della rinascita".
Nella pagina culturale, due
articoli - di Paolo Miccoli e di Maria Antonietta Pavese - sul significato ed
il valore del Giovedì Santo.
Nelle pagine italiane, in primo
piano il dibattito, in sede politica, sulla presenza delle truppe italiane in
Iraq; "un dibattito continuo, fatto anche di parole che suonano vuote e di
slogan che la gente ormai rifiuta".
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7
aprile 2004
INFURIA LA GUERRA IN IRAQ:DECINE DI MORTI NEGLI
SCONTRI TRA TRUPPE USA E
MILIZIA SUNNITA A FALLUJA. REGGE LA TREGUA A
NASSIRYA
-
Intervista con padre Justo Lacunza -
Violenti scontri sono in corso a
Falluja, dopo i sanguinosi episodi della notte in diversi centri dell’Iraq.
Calma, invece, a Nassiriya. Il servizio di Fausta Speranza:
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Anche
con mezzi blindati statunitensi, la battaglia infuria in ogni strada di Falluja
dove solo nella notte erano morti almeno 48 iracheni. Nella città del triangolo
sunnita, dopo lo scempio sui cadaveri di quattro civili americani la scorsa
settimana, sono in corso combattimenti porta
a porta tra militari statunitensi e guerriglieri sunniti. 8 morti
iracheni si registrano nella notte a Kirkuk, nel Kurdistan, e 4 prima dell’alba
a Baghdad, nel quartiere sciita Sadr city, colpito da un attacco aereo
americano. Ci sono poi le 6 vittime, tra i quali cinque iraniani, colpite a
Karbala, città santa per gli sciiti. E c’è la decisione del contingente ucraino
che “su richiesta degli americani e per salvaguardare la vita dei militari”, ha
avviato il ritiro del personale dell'amministrazione civile e dei militari
ucraini da Kut, città a sud est rispetto alla capitale.
Per quanto riguarda Nassiryia, regge la tregua raggiunta
ieri, dopo i fatti di sangue, tra l’autorità della coalizione ed esponenti
della rivolta locale, tranquillizzati su un graduale passaggio del controllo
della città alla polizia irachena.
Drammatico il bilancio provvisorio di questi tre giorni che denuncia
almeno 150 morti tra gli iracheni e 30 tra gli americani. Le forze statunitensi
minacciano di ''distruggere'' le milizie del leader sciita radicale Moqtada al
Sadr, sciita, rifugiatosi nella città santa di Najaf, nel sud. Da parte sua, al
Sadr, leader del cosiddetto Esercito del Mehdi', respinge le accuse di
ritardare il passaggio di potere agli iracheni, chiedendo che “sia trasferito
nelle mani di gente onesta e non di quelli che collaborano con le forze di
occupazione''.
In ogni caso, mentre non si parla di contrapposizioni tra i sunniti, all’interno della comunità
sciita il giovane al Sadr ha osato sfidare l’invito alla calma di al Sistani,
finora indiscussa autorità religiosa sciita, e di Abdel Aziz al Hakim, leader
del Consiglio supremo della rivoluzione islamica (Sciri) e membro del Consiglio
di governo. Ci si chiede, dunque, chi può avere più seguito tra gli sciiti. Ci
aiuta nella distinzione dei vari leader, per poi guidarci, però, ad una
riflessione più ampia, padre Justo Lacunza, rettore del Pontificio Istituto di
Studi Arabi e Islamistica:
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R. – Moqtada al Sadr, che è uno dei principali esponenti sciiti,
possiamo definirlo uno sciita iracheno; mentre Ali al Sistani lo dobbiamo
definire uno sciita iraniano, perché è nato nella città di Mashad ed ha vissuto
moltissimo tempo in Iran, anche se ora si trova a Najaf.
D. – Al
Sistani si è più esposto per un appello alla calma, ma qual è il suo ascendente
sulla popolazione in questo momento?
R. – C’è una questione fondamentale da chiarire e cioè riuscire a
sapere chi ha la suprema autorità religiosa all’interno dello sciismo. Per
alcuni è Moqtada al Sadr, in quanto quando suo padre venne ucciso, insieme con
due dei suoi figli nel luglio del 1999, era considerata la massima autorità
religiosa. Per altri è al Sistani, considerato un’autorità religiosa sciita
addirittura superiore alla guida iraniana. Questo è proprio il nocciolo del
problema: sapere esattamente chi è la guida suprema. Evidentemente lo smantellamento
politico e militare, ma anche economico, culturale e religioso del dopo Saddam
ha creato una situazione di caos. In questo ovviamente l’Islam non c’entra poi
molto perché si tratta, comunque, di una lotta feroce per avere una fetta della
torta e soprattutto una parte del potere istituzionale, economico e storico
dell’Iraq.
D. – Queste diverse anime combattono, diciamo, su fronti diversi ma
sembrano uniti nel colpire le forze di coalizione?
R. – Il denominatore comune di tutte queste anime, siano essi curdi,
iracheni, sunniti, sciiti, laici, cristiani di diverse denominazioni – c’è
anche una piccolissima comunità ebraica – evidentemente è rappresentato dal
fatto di essere iracheni. Gli iracheni hanno la sensazione profonda e molto
molto amara che il loro Paese sia stato calpestato e che le forze alleate hanno
praticamente invaso il Paese col pretesto di portare la democrazia. Noi
parliamo di libertà e gli iracheni parlano di sofferenza, parlano di guerra,
parlano di morti e di feriti. E’ certo che non ci si può ora tirare indietro e
dire: “Lasciamo l’Iraq agli iracheni, con tutta la distruzione”. Questo
denominatore comune, quello ossia di essere iracheni, deve essere posto al
centro di tutti i colloqui, dell’intesa e delle analisi. Non ci si deve fissare
unicamente sulle questioni culturali e religiose che, pur essendo molto rilevanti, non rappresentano tuttavia le
questioni centrali. Si tratta di ritrovare non soltanto la calma ma di
rimettere in sesto un Paese che è stato praticamente distrutto.
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SI
CELEBRA OGGI LA GIORNATA MONDIALE DELLA SANITA’
DEDICATA
QUEST’ANNO ALLA SICUREZZA STRADALE
-
Servizio di Amedeo Lomonaco -
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“L’incidente non è fatalità”. E’ questo il tema
dell’odierna Giornata mondiale della Sanità dedicata alla sicurezza sulle
strade e volta a promuovere la prevenzione degli incidenti che costituiscono,
attualmente, l’11.ma causa di morte e invalidità. Ogni anno gli infortuni
stradali causano nel mondo, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo, la morte
di oltre 1.200.000 persone provocando, oltre al dramma umano, un costo complessivo, per l’economia
mondiale, di circa 500 miliardi di dollari. Sui dati relativi agli incidenti
stradali in Europa, ascoltiamo il direttore tecnico dell’Oms Europa, Roberto
Bertollini.
R. – Ci sono 127
mila morti l’anno, come se cadesse ogni giorno un jumbo jet. Di questi, un
terzo sono ragazzi tra i 5 ed i 29 anni.
D. – All’interno
dell’Europa quali sono i Paesi più colpiti?
R. – I Paesi
baltici, Lituani e Lettonia, ma anche la Federazione Russa, la Moldavia. Tra i
Paesi occidentali, invece è la Grecia.
D. – I fattori di
rischio principali?
R. – Il singolo
fattore di rischio principale è la velocità, a cui spesso si aggiunge anche la
guida in stato di ebbrezza o sotto l’influenza delle droghe. A questo vanno poi
aggiunti altri elementi come il non uso delle cinture oppure il non uso del
seggiolino per i bambini o del casco per coloro che vanno in motocicletta; ed
ancora le condizioni di manutenzione della viabilità stessa ed anche delle
condizioni di contenimento della velocità nelle aree urbane.
D. – Quali allora le
priorità per arginare questo drammatico fenomeno?
R. – Anzitutto è
necessario cambiare la mentalità. Bisogna cominciare a considerare gli
incidenti un fatto evitabile ed inaccettabile. Una volta fatto questo è
necessario intervenire nei vari settori. A questo vanno aggiunte delle norme di
controllo di comportamenti pericolosi, che vanno però applicate in maniera
rigida e continuativa.
In Italia, dove ogni anno sono
circa 7500 le persone che muoiono a causa di incidenti, si deve registrare,
recentemente, una progressiva diminuzione degli infortuni stradali. Ma quali
sono le cause di questa tendenza positiva? Risponde il direttore del reparto di
metodologie e modelli biostatistici dell’Istituto Superiore di Sanità, Franco
Taggi:
R. – Ultimamente abbiamo dei
risultati piuttosto confortanti indotti, verosimilmente, dalla patente a punti
e soprattutto dalla paura di perdere i punti. Bisognerebbe in qualche modo, che
alcuni comportamenti prendessero corpo e vitalità non solo perché c’è una legge
che toglie i punti ma perché è il buon senso che lo consiglia.
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NELLE
SALE CINEMATOGRAFICHE ITALIANE ESCE OGGI IL FILM “THE PASSION”
DEL
REGISTA MEL GIBSON.
-
Intervista con mons. Bruno Forte -
Grande
attesa in tutta Italia per il film “The Passion”, che esce oggi in centinaia di
sale. Girato tra i sassi di Matera, la pellicola di Mel Gibson ricostruisce le
ultime dodici ore della vita terrena di Cristo, dall’agonia dell’orto degli
ulivi alla Crocifissione. Alessandro De Carolis ha chiesto un parere sul film
al teologo mons. Bruno Forte:
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R. – Io credo che il
film di Gibson si ispiri a quell’atteggiamento che dà fiducia al contenuto
storico dei Vangeli, anche se ci sono certamente delle incongruenze rispetto a
quello che testualmente i Vangeli dicono. Bisogna tener conto, però, del fatto
che il film traspone in immagini ciò che il Vangelo racconta a parole. E nel
passaggio tra la narrazione verbale e la resa in immagini naturalmente c’è un
salto da compiere. In questo salto si inserisce una certa libertà creativa
dell’artista. Naturalmente, queste scelte fatte da Gibson sono opinabili, e
come tali possono essere discusse, per esempio mi riferisco in modo particolare
al discorso del Velo del Tempio. Il velo in realtà era quello che si lacerava
una volta all’anno nella tradizione ebraica, perché era il segno di una
particolare intimità con il Santo, che solo il sommo sacerdote poteva
realizzare. Questo applicato a Gesù vuol dire che la Croce di Gesù è stata la
rivelazione più alta, suprema di Dio, nella storia degli uomini. Trasferendo la
scissione del velo alla scissione del tempio c’è qualcosa che è forzato. C’è
quindi nella trasposizione scenica una ricerca d’effetto che non ha però la
potenza simbolica che ha la sobria indicazione dei Vangeli.
D. – Crudeltà
iperrealistica o ricostruzione di ciò che fu l’agonia e la morte di Cristo?
Dopo la visione del film qual è la posizione del teologo su questo aspetto?
R. – Certamente c’è
un insistere molto sull’aspetto cruento della Passione di Cristo. Bisogna però
anche dire che questo aspetto non è storicamente infondato. Se noi pensiamo
alla flagellatio dobbiamo ricordare che si trattava di un supplizio
atroce, perché il condannato veniva scarnificato. Io credo che dietro a questo
ci sia la scelta di mostrare come, per dirla con le parole di Angela da
Foligno, “non per scherzo Cristo ci abbia amato”. Questo è un aspetto che a
volte, in certe rappresentazioni di Vangeli più edulcorate, sfugge. E questo
amore alla carne del Figlio di Dio che, come diceva Tertulliano “è il cardine
della nostra salvezza”, che può essere il positivo ispiratore della scelta di
Gibson, anche se la resa poi sul piano dell’immagine può essere considerata da
alcuni eccessiva, perché si vede troppo sangue.
D. – Le accuse di
antisemitismo le sono apparse fondate o infondate?
R. – Questo è
assolutamente infondato. Il film, in realtà, mette in luce la responsabilità
dei capi giudei del tempo in questo complotto politico-giudiziario, ma al tempo
stesso mette in luce – senza nessuna riduzione – l’ambiguità di Pilato, le
responsabilità dei soldati romani, si potrebbe dire persino la ‘miseria’ di
Pietro ... Allora, se fosse antisemita bisognerebbe dire che è anche antiromano
e, paradossalmente, che è anche anti-petrino ...
D. – Le diversità di
posizioni assunte dagli intellettuali cattolici: molto favorevoli talune,
critiche o anche molto negative altre. Perché è così ampia questa forbice delle
opinioni, secondo lei?
R. – Naturalmente,
molto è legato alle sensibilità di ciascuno. Io credo che non bisogna esagerare
il valore testimoniale del film: certamente questo film nasce da un regista che
dichiara apertamente di voler rendere testimonianza della sua fede, e questo è
un fatto certamente apprezzabile. Ma da questo a dire che il film tout court
è una testimonianza di fede ... bisogna andarci cauti! Detto questo, però,
siamo anche di fronte ad un prodotto che, di fatto, porterà molte persone nel
mondo a ripensare la Passione di Cristo. Io qui vedrei l’analogia con le sacre
rappresentazioni medievali. Credo che in questo senso, anche la Passione di
Gibson possa farci trovare, soprattutto in questa testimonianza di perdono che
Gesù dà ai suoi persecutori, di amore fino alla fine, una straordinaria forza
di riscatto e di speranza.
D. – Cosa ha
comunicato a lei, personalmente, la visione del film “The Passion”?
R. – Mi ha indotto
ad apprezzare ancora di più la sobrietà narrativa e la profondità dell’annuncio
dei Vangeli, e soprattutto, poi – questo è l’aspetto positivo – ti fa sentire
che il Cristo è Colui che veramente ti ha amato fino alla fine, che in questo
suo amore fino alla fine si è rivelato come il Figlio di Dio venuto a salvarci.
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7
aprile 2004
IL NUNZIO APOSTOLICO IN ISRAELE E
NEI TERRITORI PALESTINESI LANCIA UN APPELLO AI CRISTIANI DEL MONDO: PER LE
VACANZE PASQUALI VENITE IN TERRA SANTA
GERUSALEMME. = Mons. Pietro Sambi, nunzio apostolico in
Israele e nei Territori Palestinesi , ha rilanciato un nuovo appello per
esortare i cristiani nel mondo a scegliere la Terra Santa come meta per le
vacanze pasquali. Un pellegrinaggio in questa zona martoriata, ha affermato
Sambi durante un ricevimento presso il Ministrero del turismo ebraico, sarà “un
dono per il popolo palestinese ed israeliano”, oltre che “un grande dono” per i
pellegrini stessi che ne trarrebbero un grande beneficio spirituale”. Il
presule ha poi esortato cristiani ed ebrei ad unire le proprie forze per
portare la pace in Terra Santa. “Dobbiamo tutti fare uno sforzo – ha detto –
per dare ai popoli israeliano e palestinese il grande dono della pace e delle
sicurezza”. (D.M.)
UNA DELEGAZIONE DELLA CHIESA
CATTOLICA HA INCONTRATO
LA GUERRIGLIA COLOMBIANA PER
TROVARE UNA SOLUZIONE
AL PROBLEMA DEGLI OSTAGGI
BOGOTA’. = Ancora un tentativo di negoziato da parte della
Chiesa Cattolica colombiana, che ha incontrato per la terza volta esponenti
delle Farc, le Forze armate rivoluzionarie che imperversano nel Paese. La
riunione, svoltasi nei giorni scorsi ha avuto come oggetto uno “scambio di
proposte” sull’annosa questione degli ostaggi in mano alla guerriglia. Della
delegazione ecclesiale, facevano parte il vicepresidente della Conferenza
episcopale colombiana - l’arcivescovo di Tunja, Luis Augusto Castro - e il
segretario della Commissione di Conciliazione nazionale, padre Darìo Echeverrì.
Non si conoscono ancora i dettagli sull’esito del colloquio. I prigionieri in
mano alle Farc sono una ventina di esponenti politici – tra i quali l’ex
candidata presidenziale Ingrid Betancourt – oltre ad una trentina di soldati e
agenti di polizia e tre statunitensi sequestrati nel febbraio 2003. (D.M.)
NUOVI SCONTRI IN NIGERIA TRA
CRISTIANI E MUSULMANI. INCENDIATE DECINE
DI CHIESE E DISTRUTTO UN POSTO DI
POLIZIA NELLO STATO DI KADUNA
MAKARFI - Decine di chiese e cappelle incendiate e un
posto di polizia distrutto. E’ il bilancio degli incidenti scoppiati sabato a
Makarfi, nello Stato nigeriano di Kaduna, a maggioranza musulmana. Gli scontri
sono iniziati dopo che un giovane cristiano con turbe psichiche è entrato in
una scuola coranica ed ha strappato un corano. Ne è seguita una violenta
colluttazione e quindi l’attacco della folla contro un vicino posto di polizia.
Nel nord della Nigeria, dove dodici Stati si accingono ad adottare la legge
islamica, gli scontri tra cristiani e musulmani negli ultimi anni hanno già
provocato migliaia di morti. (D.M.)
PUBBLICATO
IN MONGOLIA IL PRIMO CATECHISMO CATTOLICO ED UN LIBRO
DI
PREGHIERE IN LINGUA MONGOLA MODERNA. L’INIZIATIVA DEI MISSIONARI
DEL
CUORE IMMACOLATO DI MARIA HA RILANCIATO GLI STUDI DOTTRINALI
NEL PAESE ASIATICO
ULAN BATOR. = E’ stato pubblicato in Mongolia il primo
catechismo cattolico in lingua mongola moderna. La pubblicazione, a cura del
Centro “Antoine Mostaert” dei Missionari del Cuore Immacolato di Maria (Cicm),
ha ridato vita agli studi dottrinali e linguistici avviati il secolo scorso
dagli stessi Missionari di Scheut, nella Mongolia interna appartenente alla
Cina. Come ha spiegato il responsabile del Centro Mostaert, padre Gaby
Tshimanga, la giovane Chiesa locale - che conta oggi 177 fedeli - non ha ancora
potuto pubblicare una propria Bibbia, mentre sono solo pochi testi religiosi.
Insieme con il catechismo - un adattamento in cirillico della traduzione
realizzata da Padre Mostaert di un catechismo olandese nell’antico alfabeto
mongolo - è stato pubblicato anche un libro di preghiere. Nelle 83 pagine del
libro sono comprese preghiere comuni insieme ad una sezione di preghiere per gruppi
e per occasioni speciali. I testi sono
per il momento in prova e saranno modificati nei prossimi anni in base alla
risposta dei fedeli. La nascita della Chiesa in Mongolia risale all’agosto
1992, quando, dopo l’apertura delle relazioni diplomatiche con la Santa Sede,
venne aperta la Missione di Ulan Bator, affidata ai Missionari di Scheut, e dal
2002 elevata a Prefettura Apostolica. (D.M.)
ASSEGNATI
I PREMI SIGNIS IN DIVERSI FESTIVAL CINEMATOGRAFICI INTERNAZIONALI.
PREMIATI
FILM E DOCUMENTARI PRODOTTI IN AFRICA, ASIA E AMERICA LATINA
NEL
SEGNO DI UN “CINEMA DEI VALORI”
BRUXELLES.
= Signis, l’Associazione cattolica mondiale impegnata nella comunicazione
sociale e nei media, ha attribuito nelle ultime settimane i suoi premi per “un
cinema dei valori” a diversi film e documentari girati e prodotti in Africa, Asia,
e America Latina. Nell’ambito del 18.mo Festival internazionale del cinema di
Friburgo, il Premio ecumenico dell’associazione è andato a “Días de Santiago”,
del peruviano Josué Méndez, nel quale si racconta “la disperata resistenza di
un uomo non solo alla violenza della società ma alla sua stessa violenza
interiore. Lo svolgimento della narrazione – si sottolinea nella menzione del
Signis - dimostra che la violenza non è una fatalità”. “Días de Santiago” è
stato premiato anche in occasione del quarto Infinity Festival di Alba,
la rassegna cinematografica piemontese che esplora il rapporto tra il cinema e
la ricerca spirituale. La giuria di Friburgo ha inoltre conferito una menzione
speciale a “Alf Char” di Faouzi Bensaidi, premiato anche da Signis al 14.mo
Festival del cinema africano, asiatico e latinoamericano di Milano, dove è
stata attribuita anche una menzione a “Kuxa kanema”, della regista mozambicana
Margarida Cardoso, “per lo sguardo autocritico che ha contribuito alla nascita
del cinema mozambicano e per la sua riflessione pertinente sulla storia del
Paese africano”. Al 16.mo Incontro sul cinema latinoamericano di Tolosa, la
giuria di Signis ha consegnato il suo premio a “Señorita extraviada”, un
documentario della messicana Lourdes Portillo.
IL DESTINO DELL’AFRICA DIPENDE ANCHE DA NOI:
QUESTO LO SLOGAN
DELLA
MANIFESTAZIONE NAZIONALE ITALIA-AFRICA 2004, PRESENTATA OGGI A ROMA
- A
cura di Ignazio Ingrao -
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ROMA.= Cancellare il debito per i Paesi più poveri,
aumentare gli aiuti allo sviluppo, medicine e vaccini gratuiti, embargo totale
dalla vendita delle armi, promozione della democrazia e tutela dei diritti
umani, prevenzione dei conflitti e costruzione della pace: questi i sei punti
principali dell’appello che lancerà la prima manifestazione nazionale per
l’Africa, in programma a Roma il 17 aprile, a 10 anni dallo scoppio del
conflitto in Rwanda. Comune di Roma, sindacati, Fao, Forum del terzo settore,
comunità di Sant’Egidio, istituti missionari, sono alcuni degli enti promotori
dell’iniziativa. Un grande corteo si snoderà per le vie di Roma fino a Piazza
del Popolo, che ospiterà un concerto di numerosi artisti internazionali, da
Youssoun Dour a Paola Turci, da Daniele Silvestri a Max Gazzè. L’evento del 17
aprile sarà accompagnato nei giorni precedenti da convegni, mostre, spettacoli
teatrali, tutti mirati a rompere il muro di silenzio che circonda la più grande
emergenza del nostro tempo, l’Africa, ha detto il sindaco di Roma, Walter Veltroni.
Perciò il 16 e 17 aprile il Campidoglio ospiterà un convegno su “Africa ed Europa:
un destino comune”, con la partecipazione di numerosi capi di Stato ed esponenti
dei governi africani. Oltre a rappresentanti di istituti internazionali ed
organizzazioni non governative.
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7
aprile 2004
- A cura di Dorotea Gambardella –
In Rwanda, oggi, la commemorazione
del genocidio etnico che dieci anni fa costò la vita ad oltre 800 mila persone
hutu e tutsi. Il 6 aprile del 1994 veniva abbattuto nei pressi di Kigali
l’aereo su cui viaggiavano i presidenti di Rwanda e Burundi. Il giorno
successivo iniziarono i massacri di fronte ai quali la comunità internazionale
rimase inerte. Alle celebrazioni non parteciperanno il segretario generale
dell’Onu, Kofi Annan, e i rappresentanti europei, ad eccezione dell’ex potenza
coloniale belga. Intanto il tribunale internazionale per il Rwanda prosegue con
difficoltà il giudizio sui colpevoli del massacro, ma la richiesta di giustizia
resta uno dei nodi da sciogliere per portare il Paese ad una reale
pacificazione. Su questo aspetto ci risponde Massimo Alberizzi, africanista del
Corriere della Sera, intervistato da Giancarlo La Vella:
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R. – In realtà bisogna
punire i responsabili. E addirittura mi pare che siano solo 16 le sentenze
emesse. Quindi, c’è ancora parecchio da fare. Ci sono 120 mila persone in
carcere. Non è questa la giustizia che volevano. D’altro canto bisogna anche
risolvere il problema di queste migliaia di persone in carceri super affollate.
Quindi, è un problema che non è stato risolto e che rischia comunque di riacutizzare
le tensioni.
D. – Il presidente
Kagame accusa la comunità internazionale di non aver fatto nulla per evitare il
genocidio. Quali sono le responsabilità interne e quali quelle della comunità internazionale?
R. – L’unico Paese che
ha fatto veramente ammenda è il Belgio, mentre sia i francesi, che hanno
appoggiato il governo Hutu, sia gli americani che hanno impedito all’Onu di
partecipare ad una missione di pace che permettesse di fermare i massacri, non
hanno ancora ammesso le loro colpe.
D. – Lo
stesso Kagame da alcune parti viene accusato in qualche modo di aver favorito
la guerra…
R. – Sì, secondo le
rivelazioni francesi sarebbe stato lui ad abbattere l’aereo del presidente
Juvenal Habyarimana. D’altro canto qui c’è una popolazione traumatizzata. Io
sono allibito di come la gente non sorrida, di come la gente sia spaventata. In
Africa tutti ridono, cantano, ballano anche quando ci sono le tragedie più
incredibili. Mentre qui, anche parlando con la gente, nessuno sorride. E’ veramente
diverso dagli altri Paesi africani, in questo senso. E il trauma che ha subito
la popolazione è difficilmente superabile in breve tempo.
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Proseguono in Spagna le indagini
sulla strage di Madrid dell’11 marzo. Attualmente sono ventisei le persone
fermate in relazione ai fatti della capitale spagnola. Ad essi si aggiungono i
sei ricercati con mandato di cattura internazionale emesso il 31 marzo e i sei
terroristi morti suicidi sabato scorso nel quartiere periferico di Leganés dopo
essere stati scoperti dalla polizia. A Londra sventato un attentato con gas
chimici ad opera di estremisti islamici.
Non migliora la
situazione dei conti pubblici nell’Unione Europea. Secondo le previsioni
d’autunno della Commissione, pubblicate oggi, nel 2004 sei Paesi sforeranno il
tetto del 3 per cento nel rapporto deficit-Pil. Tra essi anche l’Italia, per la
quale Bruxelles ha deciso di avviare l’iter di un “early warning”, ossia di un
avvertimento preventivo. I particolari nel nostro servizio:
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Germania, Grecia,
Francia, Italia, Olanda e Portogallo: questi i sei Paesi dell’Unione che nel
2004 rischieranno deficit superiori al 3 per cento. Stando alle stime della
Commissione europea diffuse oggi, gli stessi, ad eccezione di Berlino e Atene,
sforeranno il tetto fissato dal trattato di Maastricht anche l’anno prossimo.
Più in generale, l’Esecutivo dell’Unione prevede che il rapporto
deficit-Prodotto interno lordo si attesterà al 2,7% nella zona dell’Euro e al
2,6% nei 15 Paesi dell’Unione. Preoccupante, secondo il rapporto, la situazione
dei conti pubblici italiani, che richiede un “early warning” ovvero un richiamo
disciplinare, previsto dal Patto di Stabilità al fine di far rispettare uno dei
principali parametri fissati per garantire in Eurolandia condizioni economiche
e finanziarie stabili. E mentre il ministro dell’Economia italiano, Giulio
Tremonti, nega che ci sia stato un “early warning” per Roma, il vicepremier
Gianfranco Fini ha accolto con serenità la notizia giunta da Bruxelles,
dicendosi certo che “in sede Ecofin le sanzioni non saranno accolte come è
accaduto in altri Paesi, quali Portogallo, Francia e Germania, nel recente
passato”. Inoltre, in risposta ai dubbi circa l’obiettività dell’esito sui
conti pubblici italiani, avanzati ieri dal presidente del Consiglio Silvio
Berlusconi, il commissario Ue agli Affari monetari ed economici, Pedro Solbes,
ha affermato che i dati della Commissione europea “non sono inventati”. Secondo
le previsioni di primavera della Commissione europea, infine, nell’area
dell’Euro si registra un incremento dello 0,5 per cento del peso del debito
pubblico sul Prodotto interno lordo: dal 70,4 al 70,9 per cento.
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Il presidente lituano
Rolandas Paksas è stato destituito ieri dal Parlamento in quanto riconosciuto
colpevole di aver violato la Costituzione. Il servizio di Giuseppe D’Amato:
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“Questa è una vendetta
per i miei sforzi nella lotta alla corruzione”, ha commentato l’ex presidente,
che potrà tuttavia ricandidarsi alle nuove elezioni, che si terranno entro due
mesi e mezzo, probabilmente a giugno, in concomitanza con le prime elezioni europee.
Lo scandalo, durato ben cinque mesi, ha creato non poco imbarazzo in un Paese
che dal 1° aprile è diventato membro della Nato e che dal 1° maggio farà parte
dell’Unione Europea. Secondo la Costituzione lituana, lo speaker del
Parlamento, Arturas Pauluksas, ha ora assunto la carica di presidente ad
interim. Secondo alcuni analisti lo scandalo non ha intralciato il boom
economico che vive il Paese baltico: nel 2003 il Pil è aumentato addirittura
del 13 per cento.
Per la Radio Vaticana,
Giuseppe D’Amato.
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Gli Stati Uniti hanno
dato il loro appoggio al piano del premier israeliano Ariel Sharon, per lo
smantellamento delle colonie israeliane nella Striscia di Gaza. Intanto, il
presidente palestinese Yasser Arafat ha ricevuto un monito da parte di
Whashington in cui viene esortato ad escludere dall’esecutivo dell’Autorità
nazionale qualsiasi elemento di Hamas. Sul terreno, almeno nove
dimostranti palestinesi sono rimasti
feriti durante disordini divampati alla periferia di Gerusalemme, nel villaggio
di Biddu, dove sono in corso i lavori di costruzione del “muro” di difesa
israeliano.
Al via da ieri la
missione delle Nazioni Unite che indagherà sulla grave situazione umanitaria
nella regione del Darfour, nel Sudan occidentale. Ne ha dato notizia una portavoce
dell’Alto commissariato dell’Onu per i diritti umani. Nella regione, secondo
fonti giunte a Ginevra, si sta compiendo una “pulizia etnica” in particolare da
parte delle milizie arabe che lanciano continui attacchi alla popolazione
civile. In poco più di un anno, il conflitto che oppone nel Darfour il governo,
milizie alleate e gruppi ribelli ha spinto oltre 110 mila sudanesi a fuggire
nel vicino Ciad. Il conflitto ha inoltre provocato più di 750 mila sfollati
interni.
Diciotto milioni di
algerini si recano domani alle urne per eleggere l'ottavo capo di Stato da
quando il Paese maghrebino ha raggiunto l'indipendenza dalla Francia, nel 1962.
Sei i candidati in lizza, tra cui il presidente uscente Abdelaziz Bouteflika,
eletto nel ’99. Ma come si preannuncia questo voto? Giada Aquilino lo ha
chiesto a Giuliana Sgrena, giornalista esperta di questioni nordafricane,
raggiunta telefonicamente ad Algeri:
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R. - Per la prima volta, ci sono
elezioni pluraliste. C’è stata una campagna elettorale vera da parte dei sei
candidati, anche se Abdelaziz Bouteflika ha cominciato la campagna elettorale
molto prima del suo inizio ufficiale ed ha utilizzato tutti i mezzi
dell’amministrazione. Questo, naturalmente, favorisce moltissimo il presidente
uscente. Comunque, ora il grosso timore è quello dei brogli.
D. – Ma la partita tra chi si
giocherà?
R. – È difficile dirlo, in un
Paese dove non ci sono sondaggi ufficiali. L’impressio-ne, comunque, è che la
partita si giochi tra Bouteflika e il candidato del Fronte di liberazione
nazionale (ex partito unico), Ali Benflis, ex-primo ministro che sembra godere
di appoggio soprattutto nelle città, un po’ meno probabilmente nelle campagne
del sud: l’appoggio lì è più forte per Bouteflika. Tra gli altri candidati, c’è
il candidato dell’Islam radicale Abdallah Djaballah, ma c’è pure da dire che
molti degli islamisti appoggiano Bouteflika.
D. – Quanto è servita all’Algeria
la politica di concordia civile, di cui è da sempre fautore Bouteflika, negli
anni del terrorismo islamico?
R. – La politica di concordia civile, che peraltro era già
stata iniziata in altri termini dall’ex presidente-generale Liamine Zeroual,
effettivamente ha portato ad un miglioramento della situazione, anche se il
terrorismo non è completamente sconfitto. L’islamismo politico, in questo
momento, non è ritenuto un pericolo.
D. – Che Algeria guiderà il nuovo
presidente?
R. – A parte questo terrorismo
endemico, è soprattutto la situazione sociale a preoccupare: la grande
disoccupazione ed anche la corruzione che continua ad affliggere questo Stato.
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È stato scarcerato il
marocchino Mounir el Motassadeq, la prima persona al mondo ad essere giudicata
e condannata per gli attentati di New York dell’11 settembre. Lo ha riferito
oggi il suo avvocato.
Via libera della
Commissione Europea all’alleanza tra Air France e Alitalia dopo che le due
compagnie aeree hanno accettato di rinunciare a un “numero sufficiente” di slot
di decollo e di atterraggio per salvaguardare la concorrenza tra Francia e
Italia. Lo ha annunciato un comunicato dell’esecutivo dell’Unione Europea.
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