RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVIII n. 97 - Testo della trasmissione di martedì 6 aprile 2004

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Lettera del Papa ai sacerdoti per il Giovedì Santo: non abituatevi mai al mistero posto nelle vostre mani. Ne hanno parlato in Sala Stampa con i giornalisti il cardinale Dario Castrillon Hoyos e l’arcivescovo Csaba Ternyak.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Il messaggio della Resurrezione di Cristo in un mondo travolto da odio e guerre: con noi mons. Vincenzo Paglia

 

Dieci anni fa la morte dei presidenti rwandese e burundese, in un attentato aereo, dava la scintilla al genocidio in Rwanda: intervista con Laura Boldrini

 

“Gli anelli della fantasia”, libro di Saverio Simonelli e Andrea Monda dedicato alla letteratura fantastica: ai nostri microfoni uno degli autori.  

 

CHIESA E SOCIETA’:

Infuriano le polemiche in Inghilterra dopo la decisione dell’emittente “Channel 4” di trasmettere le immagini di un aborto in un programma intitolato “Il mio feto”

 

Almeno 27 morti in Messico a causa del maltempo: flagellata dalle piogge la città di Piedras Negras, nel nord del Paese

 

Prestigiosa onorificenza “al merito culturale”  per il responsabile del nostro programma romeno, mons. Anton Lucaci

 

L’Unione Europea ha chiesto ieri all’Eritrea di accettare la mediazione delle Nazioni Unite per risolvere la crisi territoriale con l’Etiopia

 

Per il Sudan, l’accordo di pace è più vicino: è quanto affermato dal presidente sudanese, Omar Al-Bashir

 

24 ORE NEL MONDO:

15 iracheni morti e 12 bersaglieri italiani feriti in scontri stamane a Nassyria, e 7 soldati Usa vittime di diversi attacchi in Iraq

 

Ferito oggi in un attentato il presidente dell'Inguscezia

 

Masindra Rajapakse, nuovo primo ministro dello Sri Lanka.

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

6 aprile 2004

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                             

 

 

LA SANTITA’ DEL PRESBITERO, FEDELE A CRISTO NELL’EUCARISTIA,

 E LA CURA DELLE VOCAZIONI: I TEMI APPROFONDITI DAL PAPA

NELLA LETTERA AI SACERDOTI PER IL GIOVEDI’ SANTO,

PRESENTATA STAMANE IN SALA STAMPA VATICANA

- Servizio di Alessandro De Carolis -

 

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Le vocazioni sono un dono di Dio da “implorare incessantemente” perché la loro scarsità si avverte oggi con maggiore urgenza in alcune parti del mondo, dove è insufficiente il “ricambio generazionale”, anche se in altre zone – America Latina ed Europa dell’Est, soprattutto – si assiste a una “promettente primavera vocazionale”. Ma prima di ogni altra iniziativa dedicata alla crescita del clero del futuro, è “indispensabile la fedeltà personale a Cristo e all’Eucaristia” da parte dei sacerdoti di oggi: fedeltà della quale è importante riscoprire lo “stupore” che si accompagna a questo mistero.

 

La santità del sacerdozio e lo sviluppo delle vocazioni sono i temi centrali affrontati da Giovanni Paolo II nella sua tradizionale lettera ai sacerdoti per il Giovedì Santo. “Nell’ultima cena siamo nati come sacerdoti ecco perché è bello e doveroso ritrovarci nel Cenacolo”, scrive all’inizio il Papa, che pone in grande risalto la figura del presbitero come persona abilitata ad agire in persona Christi e quindi depositaria di un immenso dono: “Se sostiamo commossi davanti al Presepe contemplando l’incarnazione del Verbo – osserva il Pontefice – che cosa provare di fronte all’altare dove, per le povere mani del sacerdote, Cristo rende presente nel tempo il suo sacrificio?”. L’Eucaristia e il sacerdozio - aggiunge il poco dopo il Papa - “sono due sacramenti nati insieme e dunque legati indissolubilmente” anche in chiave apostolica: Gesù, nell’Ultima cena, dopo aver istituito l’Eucaristia, invita i suoi primi ministri - gli apostoli - a perpetuare il gesto della comunione sacramentale.

 

Invitando il popolo cristiano ad invocare da Dio il dono di nuovi sacerdoti, il Papa sposta poi l’attenzione alla cura vocazionale. In particolare si sofferma sulla figura dei ministranti, ovvero dei chierichetti: ragazzi – afferma - che vanno seguiti con particolare attenzione nella loro formazione e nel loro servizio all’altare, “quasi formando – dice il Papa – una sorta di preseminario”. Per loro - Giovanni Paolo II esorta i presbiteri, al termine della lettera - “siate padri, maestri: testimoni di pietà eucaristica e di santità di vita”.

 

Durante la conferenza stampa, specialmente durante il confronto con i giornalisti, il cardinale Dario Castrillón Hoyos e l’arcivescovo Csaba Ternyák – rispettivamente prefetto e segretario della Congregazione per il Clero – hanno affrontato numerose questioni legate al ministero sacerdotale. Nel fornire le cifre sulla crescita numerica dei sacerdoti dal 1961 al 2001 - passata da 404 a 405 mila unità, esclusi vescovi e diaconi (con loro il totale sale a 440 mila) – il porporato ha chiarito che l’impercettibile percentuale di crescita rispetto al raddoppio della popolazione mondiale nello stesso periodo va correttamente interpretata, tenendo conto di un fattore sostanziale: l’enorme miglioramento dell’aspettativa e qualità della vita, che ha portato anche i sacerdoti ad un’“aumentata capacità pastorale”. Sollecitato poi a commentare le cifre sulle defezioni dai ranghi dell’Ordine (64.600 dal 1964 al 2000) e sulla possibilità di aprire al matrimonio per i sacerdoti cattolici, il cardinale Castrillon Hoyos ha ribadito la linea della Chiesa, confermata dal primato petrino:

 

“Il vicario di Cristo crede che non sia una buona cosa cambiare il senso storico della Chiesa latina unita al celibato (…) Il vicario di Cristo crede che la forza della Chiesa, la santità della Chiesa, venga assicurata anche dal celibato sacerdotale”.

 

Mons. Ternyak si è invece soffermato, tra l’altro, sulle ragioni dell’aumento dei seminaristi maggiori, che erano 64 mila all’inizio del pontificato mentre oggi sono quasi raddoppiati, giungendo ai 113 mila. “Queste vocazioni – ha confermato – sono più stabili di trent’anni fa”:

 

“I giovani che entrano oggi nei Seminari sono molto più maturi nella loro vocazione. Spesso hanno già fatto un lungo cammino. Nei Seminari, d’altra parte, si è scoperto il valore della comunione, della comunità. E in questo senso è importante sottolineare anche la presenza e poi l’importanza delle associazioni sacerdotali, che creano ambienti familiari e favoriscono amicizie molto profonde tra i sacerdoti”.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

La prima pagina è dedicata alla Lettera del Santo Padre ai sacerdoti per il Giovedì Santo.

 

Nelle vaticane, una pagina dal titolo "Il Pontificio Consiglio 'Cor Unum', strumento della carità del Papa nel 2003".

Due pagine sulle celebrazioni nelle Diocesi italiane in occasione della Domenica delle Palme.

 

Nelle estere, in evidenza l'Iraq, in particolare la violenta battaglia scoppiata a Nassiriya: uccisi non meno di quindici iracheni, feriti dodici bersaglieri.

Un pagina speciale dell'"Atlante geopolitico" - curata da Pierluigi Natalia - a dieci anni dal genocidio perpetrato in Rwanda.

 

Nella pagina culturale, per la rubrica "Oggi", una riflessione di Franco Patruno da titolo "L'aberrante 'cosificazione' di un essere umano": un canale televisivo inglese ha progettato di trasmettere il filmato di un aborto su un feto di quattro settimane. 

 

Per l' "Osservatore libri", un approfondito contributo di Francesco Licinio Galati su "La Passione del Signore nelle visioni di Anna Katharina Emmerick" di Clemens Maria Brentano.

 

Nelle pagine italiane, in rilievo il tema dell'economia.

 

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

6 aprile 2004

 

IL MESSAGGIO DELLA RISURREZIONE DI CRISTO

IN UN MONDO TRAVOLTO DA ODIO E GUERRE

- Intervista con mons. Vincenzo Paglia -

 

Come già il periodo natalizio, anche le imminenti festività pasquali cadono in un clima di grave tensione internazionale. Dovunque verranno rafforzate le misure antiterrorismo, soprattutto nei pressi delle sedi istituzionali e diplomatiche, dei luoghi di culto e dei monumenti artistici. Qual è, dunque, il messaggio che il giorno della Risurrezione di Cristo lancia in un mondo travolto da tanto odio e guerre? Paolo Ondarza ha rivolto la domanda a mons. Vincenzo Paglia, vescovo di Terni. 

 

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R. - Il Papa pochi giorni fa diceva che troppo sangue, troppo odio scorre ancora sulla terra, su Paesi interi grava la lastra pesante dell’ingiustizia, dell’odio. La Pasqua viene a dire a questo mondo che quella lastra pesante può essere tolta. L’annuncio della Resurrezione deve essere gridato forte e la Chiesa di fronte a questo mondo è davvero un po’ come quelle due o tre donne, corre in tutti i Paesi del mondo a dire che Gesù è risorto, che la pietra pesante può essere tolta.

 

D. - Ci sono dei momenti, degli episodi della storia – pensiamo all’11 settembre, all’11 marzo – in cui davvero il ‘non senso’ sembra prevalere…

 

R. - Credo che anche questa realtà drammatica vada vista con quella bellissima tradizione della Chiesa che parla di Gesù che scende negli Inferi. Ecco, scendere negli Inferi oggi vuol dire che Gesù continua ad andare in tutti quei Paesi segnati dalla morte. A me piace immaginare Gesù, per esempio, che scende nel Mediterraneo a raccogliere tutti quei profughi annegati. A me piace vedere Gesù che va nei campi profughi a consolare.

 

D. - Per chi invece – ammesso che esista naturalmente chi ha una vita priva di problema – nel mondo sta meglio, cosa dire in questa festività della Pasqua?

 

R. - Madre Teresa diceva che la malattia del mondo occidentale ricco è la solitudine. E la solitudine è un po’ come la tomba. La Pasqua vuol dire proprio la vittoria sulla solitudine. Anche il mondo ricco ha bisogno dell’annuncio della Pasqua per aprire quei cuori spesso bui, chiusi, un po’ polverosi che ci rattristano tutti.

 

D. - La Croce a volte spaventa. Per chi ha paura della Croce, per chi ha paura di avvicinare chi soffre, per chi ha paura di sperimentare la sofferenza, cosa dire?

 

R. - Racconterei quel piccolo, ma splendido episodio di San Francesco. Quando lui vide il lebbroso, inizialmente ebbe una repulsione, ma lui si lasciò spingere dalla voce del Vangelo, abbracciò il lebbroso e poi – scrive lui – da quel momento “Quel che mi pareva amaro mi parve dolce”. Io dico: “Amate e vedrete che la vita cambierà il sapore”. La paura è figlia sempre dell’egoismo, della tristezza. Se noi ci lasciamo guidare dall’amore di Gesù, veramente non c’è paura che tenga.

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PER IL RWANDA, E’ IL MOMENTO DEL RICORDO E DELLA COMMOZIONE.

 DOMANI RICORRONO DIECI ANNI DAL GENOCIDIO

IN CUI PERSERO LA VITA 800 MILA PERSONE

- Intervista con Laura Boldrini -

 

Il 6 aprile del 1994, l’abbattimento dell’aereo presidenziale rwandese e la morte dei presidenti di Rwanda e Burundi, dava inizio ad una delle pagine più tragiche della storia africana: cento giorni di sanguinosi scontri tra hutu e tutsi. Una spirale di violenza inaudita, che portò alla morte di 800 mila persone. A dieci anni di distanza, il popolo del Rwanda ricorderà domani con commozione il genocidio, che coinvolse anche Paesi vicini come il Burundi e la Repubblica democratica del Congo. Proprio in questi giorni, il portavoce dell’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati, Laura Boldrini, ha visitato la regione dei Grandi Laghi, dove si cerca faticosamente di costruire un futuro di pace. Alessandro Gisotti l’ha raggiunta telefonicamente a Nyamata, a sud della capitale ruandese Kigali, uno dei luoghi simbolo della tragedia:

 

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R. – Questo è proprio il luogo della memoria, il luogo del dolore, il luogo dello strazio, dell’abominio più totale. Sono qui migliaia e migliaia di ossa umane: ci sono le ossa di 10 mila persone in questa chiesa di Nyamata, a sud di Kigali. Un Paese che, con le parole di una soldatessa che sta facendo la smobilitazione, ha vissuto quello che nessun Paese al mondo dovrebbe mai vivere. A tutt’oggi si contano circa 70 mila rifugiati rwandesi che sono ancora fuori del Paese; in questi giorni sono in corso diversi rimpatri, dalla Repubblica democratica del Congo; ci sono anche rimpatri di soldati che in questi anni hanno fatto la guerra per conto di altri, specialmente in Congo …

 

D. – Quanto sono ancora profonde, oggi, nella società rwandesi le ferite del terribile genocidio di dieci anni fa?

 

R. – Credo che siano ferite che non prevedono una guarigione, perché il dramma è stato troppo grande. Con chiunque parliamo, che ha vissuto questa terribile esperienza, ciò che emerge è che, appunto, c’è un dolore infinito … Credo che in Rwanda non ci sia una famiglia che non abbia perso qualcuno: tutti hanno perso qualcuno in questa follia collettiva, in questo terribile massacro, basato poi su meccanismi non tanto di odio della popolazione, quanto su meccanismi di ricatto, di pressione, per cui chi non voleva, era costretto ad uccidere perché nessuno doveva salvarsi dalla colpa … E quindi, questo meccanismo ha lasciato segni indelebili. Io credo anche che per stabilizzare il Paese, bisogna stabilizzare l’intera regione. Un Rwanda riconciliato non potrà esserci fintanto ché il Paese gemello Burundi non esca fuori dalla spirale della violenza, così come la Repubblica democratica del Congo non trovi una stabilità, un equilibrio …

 

D. – Nell’Angelus del 28 marzo scorso, il Papa ha chiesto con forza ai leader e alla comunità del Rwanda di impegnarsi per la pace. C’è la volontà di voltare pagina?

 

R. – E’ difficile rispondere a questa domanda. Il governo è formato certamente da ministri di tutte e due le etnie. Non si identifica più una persona in base all’etnia di appartenenza, i soldati smobilitati ricevono dei premi e anche un sostegno economico per integrarsi nella società civile: questi segnali indubbiamente sono segnali positivi. La realtà, però, a volte, è più complessa, non va verso la stessa direzione. Quindi è importante dare alla gente la possibilità di capire cosa è successo e dare la possibilità di riavvicinare queste due comunità che, come dico, apparentemente sono comunità che possono convivere: apparentemente, dividono lo stesso pezzo di terra. Ho parlato con dei rifugiati che sono ritornati dopo anni e mi hanno detto: ‘Noi abbiamo condiviso la stessa miseria, e quando c’è una festa festeggiamo tutti insieme’. Se questo è lo spirito della gente comune, della gente semplice, bisogna cercare di sostenere questo spirito, di incoraggiare questo avvicinamento!

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LA LETTERATURA FANTASTICA PER SCOPRIRE

LA REALTA’ STRAORDINARIA DELLE COSE QUOTIDIANE

- Intervista con Andrea Monda -

 

Restituire il canto all’uomo disincantato del nostro tempo. Si potrebbe definire così la funzione della fantasia che vive in tanti libri e film. Si chiama infatti “Gli anelli della fantasia” il nuovo libro di Saverio Simonelli e Andrea Monda, edito da Frassinelli, che traccia le coordinate degli scrittori fantastici: Tolkien, Lewis, Michael Ende, per fare alcuni nomi. Si può però distinguere fra questo tipo di fantasy ed uno, invece, solo fine a se stesso? Debora Donnini lo ha chiesto ad Andrea Monda.

 

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R. – C’è un’evasione sempre positiva, se rimane in qualche modo una rilettura più profonda del reale. E’ c’è un’evasione senza dubbio pericolosa che è quella dell’alienazione. Non è questo certo il caso di Tolkien e di questi autori che con molta libertà abbiamo indicato nel nostro saggio. L’”altrove” che viene costruito dall’artista deve essere coerente e deve essere in qualche modo razionale, non è una fantasia capricciosa quella di Tolkien e dei suoi epigoni.

 

D. – Chesterton diceva “tutto passerà, resterà solo lo stupore, lo stupore per le cose quotidiane”. La funzione della fantasia forse è anche quella di permettere all’uomo di capire lo straordinario dell’ordinario?

 

R. – Senza dubbio. Cito proprio Eliade, che parlando di Chesterton diceva che riusciva a capire che il miracolo e il meraviglioso si nascondevano in tutte le cose che vedeva nel quotidiano. L’uomo si affanna a cercare il miracolo e invece basta guardare. Ecco, la fantasia è qualcosa che pulisce le finestre dei nostri occhi e ci permette di contemplare il reale e rendersi conto che tutto è meraviglia.

 

D. – Nel libro c’è anche una appendice sul cinema fantasy e molto interessante sembra proprio il legame fra “Guerre Stellari” e “Il Signore degli Anelli” portato sugli schermi, o comunque “Il Signore degli Anelli” come libro, e così via…

 

R. – Il paragone che viene fatto tra “Guerre Stellari” e “Il Signore degli Anelli” non è azzardato. George Lucas, il grande regista della saga di “Guerre Stellari”, è un grande lettore di Tolkien e quando inventa Obi Wan Kenobi dice di essersi rifatto a Gandalf. Essi sono maghi o cavalieri jedi che però non usano mai il loro potere. Questa forza in realtà richiede il grande sforzo di non usarla. In qualche modo l’uomo deve fare un vuoto dentro di sé per fare agire la grazia. Tutto questo sovverte l’idea classica del mago, che con la sua potenza manipola la natura. Né Gandalf il Grigio, né Obi Wan Kenobi sono uomini che costruiscono regni, ma anzi rinunciano al loro potere e fanno agire i piccoli protagonisti: gli hobbit e il giovane Luke Skywalker.

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CHIESA E SOCIETA’

6 aprile 2004

 

 

INFURIANO LE POLEMICHE IN INGHILTERRA DOPO LA DECISIONE DELL’EMITTENTE “CHANNEL 4” DI TRASMETTERE LE IMMAGINI DI UN ABORTO IN UN PROGRAMMA INTITOLATO “IL MIO FETO”. L’ARCIVESCOVO INGLESE, PETER SMITH, RIBADISCE:

 “LA VITA UMANA E’ SACRA E INVIOLABILE DAL CONCEPIMENTO ALLA MORTE”

 

LONDRA.= La dignità della persona umana alla mercé dell’indice d’ascolto: il canale televisivo britannico “Channel 4” ha deciso di trasmettere il filmato di un aborto su un feto di quattro settimane all’interno di un programma intitolato “Il mio feto”. Una decisione che, in Gran Bretagna, ha scatenato accese polemiche. “La Chiesa Cattolica è totalmente contraria all’aborto. La vita umana, dal momento del concepimento fino alla morte naturale, è sacra e inviolabile”, ha ribadito con forza dall’arcivescovo Peter Smith, presidente del Dipartimento di responsabilità e cittadinanza cristiana della Conferenza episcopale d’Inghilterra e Galles. Il presule ha sottolineato che in Inghilterra ci sono in media 481 aborti al giorno. Ha poi ricordato come in un documento pubblicato di recente dall’Ufficio nazionale di statistica del governo è stato messo in luce che un quarto delle gravidanza termina con un aborto. “Questi dati scioccanti sull’aborto – ha denunciato il presule – salgono a più di un terzo (36%) delle gravidanze nelle donne sotto i 20 anni”. L’arcivescovo ha evidenziato come le donne che ricorrono all’aborto trovandosi “di fronte ad una terribile pressione e persino paura”, dovrebbero essere sempre “trattate con compassione e non dovrebbero essere mai condannate in alcun modo”. Si è, infine, domandato: “Come può una società come la nostra definirsi civile se approva l’uccisione di bambini non ancora nati?” (A.G.)

 

 

ALMENO 27 MORTI IN MESSICO A CAUSA DEL MALTEMPO: FLAGELLATA

DALLE PIOGGE LA CITTA’ DI PIEDRAS NEGRAS, NEL NORD DEL PAESE.

DECINE I DISPERSI, MENTRE SONO GRAVISSIMI I DANNI ALL’AGRICOLTURA

 

CITTA’ DEL MESSICO.= E’ salito ad almeno 27 morti il bilancio ufficiale dell’alluvione che ha investito ieri Piedras Negras, città del Messico settentrionale al confine con gli Stati Uniti. Le forti piogge degli ultimi due giorni hanno fatto straripare il Rio Escondido, un affluente del Rio Bravo, il fiume che segna il confine tra il Messico e gli Stati Uniti, ed hanno investito alcune zone del centro abitato. Le squadre di soccorso sono al lavoro per mettere in salvo centinaia di persone che sono salite sui tetti delle case e sugli alberi per mettersi in salvo dalla furia delle acque. Una emittente radiofonica locale, Formato 21, ha parlato di 50 morti, mentre fonti dello Stato di Cohauila hanno riferito di almeno 32 vittime e decine di dispersi. Le acque del Rio Escondido hanno travolto anche centinaia di capi di bestiame ed allagato campi agricoli distruggendo i raccolti, hanno riferito fonti della Protezione civile. Il sindaco di Piedres Negras, Claudio Bres Garza, ha detto che gli alluvionati sono “oltre duemila” e che sono stati ospitati in centri di accoglienza in diverse località dello Stato. Il presidente messicano Vicente Fox ha ordinato all'Esercito portare soccorso alle popolazioni alluvionate ed ha annunciato che intende recarsi sul luogo della sciagura. Anche dal vicino Texas sono arrivati degli aiuti alla popolazione di Piedras Negras. La situazione - secondo i meteorologi - potrebbe peggiorare nelle prossime ore con l’arrivo di nuove perturbazioni che porteranno altre piogge e forti venti. (A.G.)

 

 

PRESTIGIOSA ONORIFICENZA “AL MERITO CULTURALE”  PER IL RESPONSABILE

 DEL NOSTRO PROGRAMMA ROMENO, MONS. ANTON LUCACI

 

CITTA’ DEL VATICANO.= Nella sede dell’Ambasciata romena presso la Santa Sede, ieri pomeriggio, mons. Anton Lucaci, responsabile del Programma Romeno della Radio Vaticana, è stato insignito della onorificenza “Al merito culturale”, conferitagli dal presidente della Repubblica di Romania, Ion Iliescu, per la sua opera in favore della cultura e del popolo romeno, in particolare per mezzo della Radio Vaticana. Presenti, oltre all’ambasciatore Mihail Dobre, il consigliere di Stato, Victor Opaschi, stretto collaboratore del presidente, numerosi membri del corpo diplomatico presso la Santa Sede e, per la segreteria di Stato, l’assessore mons. Gabriele Caccia e il sottosegretario per i Rapporti con gli Stati, mons. Pietro Parolin. Insieme a mons. Lucaci è stato insignito della stessa onorificenza il dott. Piero Schiavazzi, collaboratore di Telepace e organizzatore per conto del ministero degli Esteri italiano del ciclo di manifestazioni per il 25.mo di Pontificato di Giovanni Paolo II in collaborazione con gli Istituti di cultura italiani all’estero. In tale contesto, la manifestazione a Bucarest, con la partecipazione dello stesso Presidente della Repubblica, ha avuto notevole rilevanza. Particolare originale: alla manifestazione aveva partecipato anche il noto calciatore romeno della Roma, Christian Chivu, che è capitano della nazionale della Romania. Perciò ieri, tra i presenti, si notava anche il Presidente della Roma, Franco Sensi.

 

 

L’ERITREA ACCETTI LA MEDIAZIONE DELLE NAZIONI UNITE

 PER RISOLVERE LA CRISI TERRITORIALE CON L’ETIOPIA:

 E’ L’APPELLO LANCIATO IERI DALL’UNIONE EUROPEA

 

BRUXELLES. = Accettare la mediazione delle Nazioni Unite – finora rifiutata - per risolvere la crisi con l’Etiopia. E’ la richiesta rivolta dall’Unione Europea al governo dell’Eritrea, nel tentativo di placare la tensione tra i due Paesi del Corno d’Africa, che tra il 1998 e il 2000 hanno ripreso una sanguinosa guerra per motivi territoriali. Brian Cowen, ministro degli Affari esteri dell’Irlanda, che è alla presidenza di turno dell’Ue, ha guidato ieri una delegazione europea ad Asmara per esortare il governo a concedere “lo spazio politico necessario” all’inviato speciale dell’Onu, Lloyd Axworthy. Fino ad oggi, le autorità eritree hanno sempre respinto l’intervento del mediatore mandato da Kofi Annan al fine di sbloccare il processo di pace tra Asmara ed Addis Abeba. “Crediamo che l’inviato dell’Onu possa avere un ruolo determinante per aiutare l’Etiopia e l’Eritrea a risolvere le loro difficoltà attuali”, ha dichiarato Cowen. Asmara non vuole mettere in discussione la sentenza della Commissione indipendente per la demarcazione dei confini – creata dagli accordi di pace di Algeri nel dicembre 2000, alla fine del conflitto etiope-eritreo – che ha assegnato all’Eritrea la cittadina di Badme, sul confine tra i due Paesi. L’Etiopia respinge questa decisione, mentre per le Nazioni Unite il verdetto è “irrevocabile”. (D.G.)

 

 

PER IL SUDAN, L’ACCORDO DI PACE E’ PIU’ VICINO: E’ QUANTO AFFERMATO

 DAL PRESIDENTE SUDANESE, OMAR AL-BASHIR, CHE SI E’ DETTO FIDUCIOSO

SULL’ESITO DEI NEGOZIATI CON I RIBELLI DEL SUD DEL PAESE AFRICANO,

AFFLITTO DA UNA GUERRA CIVILE LUNGA PIU’ DI 20 ANNI

 

KHARTOUM.= Un accordo per porre fine alla guerra civile che, da più di vent’anni, insanguina il Sudan meridionale sarebbe vicino. A darne l'annuncio è stato ieri sera il presidente sudanese Omar Hassan al-Bashir. “I negoziati - ha dichiarato Bashir in un discorso di fronte al Parlamento sudanese - stanno avanzando e la fase della firma dell'accordo finale è molto vicina”. Il presidente sudanese non ha fornito alcuna data per la conclusione dell'accordo, ma ha aggiunto che “nonostante gli ostacoli e gli intralci nei negoziati, c’è la volontà di superarli con tranquillità e fiducia, e portare così a termine il processo” di pace. I negoziati tra il governo islamico di Khartoum - espressione della maggioranza musulmana del nord - e i ribelli del sud Sudan, area a maggioranza cristiano-animista, si sono bloccati nelle scorse settimane a Naivasha, in Kenya, in merito allo status della ricca zona petrolifera di Abyei, rivendicata da entrambe le parti.                                              In marzo, gli Stati Uniti hanno avanzato la proposta di porre Abyei sotto il controllo di entrambe le parti, dividendo il ricavato del petrolio tra Khartoum e i ribelli del sud del Paese, a cui andrebbero rispettivamente il 50 e il 42 per cento, mentre il restante spetterebbe alle tribù locali. (A.G.)

 

 

 

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24 ORE NEL MONDO

6 aprile 2004

 

- A cura di Fausta Speranza –

 

Almeno una quindicina di iracheni morti e 12 bersaglieri italiani feriti negli scontri stamane a Nassyria, mentre è giunta notizia di sette soldati statunitensi morti in diversi attacchi a Baghdad e nei dintorni. Il nostro servizio:

 

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Le 15 persone morte sembra siano tutti cittadini iracheni, mentre tra i 12 militari italiani feriti nessuno è grave. Gli scontri sono scoppiati dopo che all’alba erano partite le operazioni per rimuovere gli sbarramenti sui ponti cittadini che uniscono le due rive del fiume Eufrate, per permettere rifornimenti alla popolazione civile e alle organizzazioni umanitarie che operano nell'area”, e dopo che nella notte era stata attaccata la sede dell’Autorità provvisoria. Altri 12 iracheni, inoltre, sono morti e una trentina feriti, secondo fonti ospedaliere, ad Amara, nel sud. Lì gli scontri sono avvenuti tra le forze britanniche e sempre sostenitori del leader radicale sciita Moqtada Sadr. C’è poi l’annuncio di un portavoce militare Usa, che ha fatto sapere che sette soldati americani sono morti, tra ieri e oggi, in diversi attacchi a Baghdad e nella provincia a ovest della capitale. Tregua, invece, a Bassora, città del sud sotto il presidio britannico. La polizia irachena ha ripreso il controllo dell’area dopo aver raggiunto ieri sera un accordo con i seguaci del leader radicale che avevano occupato la sede del governatore. Da parte sua, il giovane leader sciita Moqtada Sadr, che ieri si era asserragliato nella moschea di Kufa, ha comunicato di aver lasciato il luogo di culto islamico e di aver raggiunto la vicina città santa di Najaf. Sadr, definito ''fuorilegge'' dal capo dell'amministrazione civile americana, Bremer, ha respinto ieri l'appello alla calma dell’ayatollah Al Sistani e di altre autorità religiose della sua comunità e ha annunciato che “la situazione peggiorerà” se non verranno soddisfatte le richieste degli sciiti. Resta il fatto che, nell’escalation di violenza di questi due giorni, si contano 105 iracheni morti e 500 di loro feriti. Ma da Washington, il presidente americano, Bush,  ha dichiarato  che i piani americani per l'Iraq non saranno comunque mutati. 

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Dalla stampa spagnola giunge notizia di un incontro riservato tra il futuro ministro della Difesa spagnolo del governo di Josè Luis Rodriguez Zapatero e il segretario di Difesa americano, Donald Rumsfeld, avvenuto ieri al Pentagono. L’impegno spagnolo in Iraq è al centro dell’attenzione da quando il futuro premier ha annunciato di ritirare le truppe se entro il 30 giugno l’Onu non assumerà un chiaro ruolo nel Paese. E in Spagna resta pressante la minaccia del terrorismo. Il messaggio presumibilmente di una cellula di Al Qaeda  giunto al quotidiano Abc e reso noto ieri minaccia di far scorrere altro sangue se non verranno ritirate le truppe di Madrid dall’Iraq e dall’Afghanistan. Il manoscritto, che rivendica anche le stragi dell’11 marzo, è al vaglio degli investigatori. Sul fronte delle indagini, intanto, si registrano altri arresti. Di come vive la Spagna questo momento di forte apprensione, ci riferisce, al microfono di Massimiliano Menichetti, Josto Maffeo, corrispondente da Madrid del Messaggero:

 

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R. – In Spagna si sa perfettamente che il rischio non è più quello che si pensava una volta, cioè non più solo di cellule, ma addirittura di individui che autonomamente possano prendere decisioni e compiere degli attentati. Perciò c’è una grandissima vigilanza, soprattutto nei trasporti: i treni ad alta velocità sono seguiti da 45 elicotteri, l’esercito partecipa alla vigilanza, la metropolitana di Madrid è vigilata con presenza permanente della polizia.  Evidentemente il Paese è all’erta, però la vita non si è interrotta. C’è timore, ma non posso dire che ci sia panico o terrore da parte della popolazione.

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La Corte di sicurezza giordana ha condannato a morte otto persone, tra cui uno dei leader di al Qaeda, il pluriricercato Abu Musab Zarqawi, nel processo per l'uccisione del diplomatico americano Laurence Foley, avvenuta nell'ottobre del 2002 ad Amman. Zarqawi, che è stato condannato in contumacia, è accusato di essere uno dei 'cervelli' dell'attentato che costò la vita al diplomatico, 62 anni, abbattuto mentre stava uscendo dalla sua casa di Amman. Tra gli imputati c'era anche un libico: Salem Saad Salem bin Sued, tutti gli altri erano giordani.  

 

Un tunnel adibito al contrabbando di armi destinate all'intifada è stato distrutto stamane da reparti del genio militare israeliano nel corso di un nuovo raid  nella zona di Rafah, fra la striscia di Gaza e il territorio  egiziano. Intanto, in tutto Israele si vive la tensione del rischio di attentati in particolare in questo tempo di Pasqua, come racconta da Gerusalemme, Barbara Schiavulli:

 

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“Girate con le vostre armi durante le feste”: è la raccomandazione del capo della polizia di Gerusalemme che ha invitato tutti i cittadini con il porto d’armi, che in Israele sono molti, a non abbandonare mai la propria pistola per timore di un attentato che potrebbe colpire una città o un insediamento durante le festività della Pasqua ebraica, appena cominciate.

 

Durante la Pasqua 2002 ci fu un sanguinoso attentato di un kamikaze che si fece esplodere nella hall di un albergo in una zona turistica a Nord di Tel Aviv, provocando 29 morti e un centinaio di feriti. Dopo due anni, la situazione non è migliorata. E’ stata imposta  la chiusura di tutti i Territori palestinesi, volontari armati presidiano le stazioni dei mezzi pubblici, i mercati ed i centri commerciali. Nelle spiagge di Tel Aviv, affollate dalla gente che si gode i primi raggi caldi di primavera, decine di poliziotti controllano anche bidoni della spazzatura, facce sospette. E lo stesso avviene a Gerusalemme, dove presidiano le sinagoghe e gli alberghi. Le autorità israeliane sono convinte che l’organizzazione islamica di Hamas vendicherà la morte del loro leader spirituale Yassin.

 

Barbara Schiavulli da Gerusalemme per la Radio Vaticana.

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L'Iran si è impegnato oggi a  sospendere, a partire dal 9 aprile, la produzione di parti e  l'assemblaggio di centrifughe per l'arricchimento dell'uranio. L'annuncio è stato fatto da Gholamreza Aqazadeh, capo dell'agenzia nucleare iraniana, durante un colloquio a Teheran con il segretario generale dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica (Aiea), Mohammed el Baradei. Dall'ottobre scorso Teheran si è impegnata a sospendere l'arricchimento dell'uranio, pur sottolineando che si tratta di una misura provvisoria. 

 

E' rimasto leggermente ferito, ma è  già a casa dopo essere stato medicato Murad Ziazikov, presidente della piccola repubblica autonoma russa dell'Inguscezia, nel Caucaso del Nord, sfuggito oggi a un attentato compiuto verosimilmente da un terrorista kamikaze. Ziazikov ha rivolto anche un messaggio alla popolazione dopo l'agguato nel quale afferma che l'attentato è opera di forze ''contrarie alla stabilizzazione dell'Inguscezia e del Caucaso del Nord in generale”.

 

I colloqui di pace con i ribelli delle Tigri di Tamil “devono riprendere il prima possibile”. E’ la prima dichiarazione del nuovo primo ministro dello Sri Lanka, Rajapakse, nominato ieri dalla presidente Kumaratunga, che è uscita vittoriosa dalle elezioni legislative di venerdì scorso. Il servizio di Maria Grazia Coggiola:

 

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Masindra Rajapakse, 58 anni, è da oggi il 13.mo premier dello Sri Lanka. Secondo alcuni commentatori, la scelta di Rajapakse fa ben sperare per il proseguimento del processo di pace con i ribelli delle Tigri, con i quali il dialogo si è interrotto un anno fa. Un portavoce del partito della presidente ha detto che la ripresa dei negoziati con i separatisti ha un posto prioritario nell’agenda del nuovo governo. All’Alleanza della libertà della Kumaratunga mancano solo otto seggi per avere la maggioranza nel nuovo parlamento, che si riunirà il 22 aprile per votare la fiducia al primo ministro e al suo governo. La sconfitta di Wickremasinghe, “architetto” della pace con i separatisti, non è però stata accolta favorevolmente dalle Tigri tamil: il partito della minoranza tamil da loro sostenuto ha ottenuto vasti consensi nella parte Nord ed Est dell’isola e risulta ora la terza forza politica. Forti di questo risultato, le Tigri hanno minacciato di riprendere la lotta armata a meno che le loro richieste per una maggiore autonomia non vengano accolte. Il cessate-il-fuoco siglato nel febbraio del 2002, grazie alla mediazione norvegese, potrebbe essere a rischio. Il nuovo premier ha dichiarato di voler un maggiore coinvolgimento dell’India nei negoziati con le Tigri.

 

Per la Radio Vaticana, Maria Grazia Coggiola.

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Il segretario di Stato americano Colin Powell ha promesso al governo provvisorio di Haiti aiuti umanitari ed il sostegno della comunità internazionale nel processo i pacificazione della turbolenta  isola caraibica. Powell è stato ieri a Port au Prince ed ha avuto colloqui con il primo ministro haitiano Gerard Latortue, che nella stessa giornata ha annunciato lo svolgimento di nuove elezioni nell'isola entro il 2005. ''I partiti ed i rappresentanti della società civile hanno raggiunto un accordo politico per tenere elezioni generali nel 2005'', ha detto Latortue nel corso di una conferenza stampa  congiunta a Port au Prince con Powell.  Latortue ha aggiunto che il nuovo presidente ''assumerà il  potere al più tardi il 7 febbraio 2006''. Il 7 febbraio 2006 è la data in cui scadeva il mandato del deposto presidente Jean-Bertrand Aristide, costretto alle dimissioni e alla fuga il 29 febbraio scorso in seguito ad una rivolta armata.

 

 

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