RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n. 97 - Testo della trasmissione di martedì 6 aprile
2004
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI
IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
15 iracheni morti e 12 bersaglieri italiani feriti in scontri stamane a Nassyria, e 7 soldati Usa vittime di diversi attacchi in Iraq
Ferito oggi in un
attentato il presidente dell'Inguscezia
Masindra Rajapakse, nuovo primo ministro dello Sri Lanka.
6
aprile 2004
LA SANTITA’ DEL PRESBITERO, FEDELE A CRISTO NELL’EUCARISTIA,
E LA CURA DELLE
VOCAZIONI: I TEMI APPROFONDITI DAL PAPA
NELLA LETTERA AI SACERDOTI PER IL GIOVEDI’ SANTO,
PRESENTATA STAMANE IN SALA STAMPA VATICANA
- Servizio di Alessandro De Carolis -
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Le vocazioni sono un dono di Dio da “implorare
incessantemente” perché la loro scarsità si avverte oggi con maggiore urgenza
in alcune parti del mondo, dove è insufficiente il “ricambio generazionale”,
anche se in altre zone – America Latina ed Europa dell’Est, soprattutto – si
assiste a una “promettente primavera vocazionale”. Ma prima di ogni altra
iniziativa dedicata alla crescita del clero del futuro, è “indispensabile la
fedeltà personale a Cristo e all’Eucaristia” da parte dei sacerdoti di oggi:
fedeltà della quale è importante riscoprire lo “stupore” che si accompagna a
questo mistero.
La santità del sacerdozio e lo
sviluppo delle vocazioni sono i temi centrali affrontati da Giovanni Paolo II
nella sua tradizionale lettera ai sacerdoti per il Giovedì Santo. “Nell’ultima
cena siamo nati come sacerdoti ecco perché è bello e doveroso ritrovarci nel
Cenacolo”, scrive all’inizio il Papa, che pone in grande risalto la figura del
presbitero come persona abilitata ad agire in persona Christi e quindi
depositaria di un immenso dono: “Se sostiamo commossi davanti al Presepe
contemplando l’incarnazione del Verbo – osserva il Pontefice – che cosa provare
di fronte all’altare dove, per le povere mani del sacerdote, Cristo rende
presente nel tempo il suo sacrificio?”. L’Eucaristia e il sacerdozio - aggiunge
il poco dopo il Papa - “sono due sacramenti nati insieme e dunque legati indissolubilmente”
anche in chiave apostolica: Gesù, nell’Ultima cena, dopo aver istituito
l’Eucaristia, invita i suoi primi ministri - gli apostoli - a perpetuare il
gesto della comunione sacramentale.
Invitando il popolo cristiano ad
invocare da Dio il dono di nuovi sacerdoti, il Papa sposta poi l’attenzione
alla cura vocazionale. In particolare si sofferma sulla figura dei ministranti,
ovvero dei chierichetti: ragazzi – afferma - che vanno seguiti con particolare
attenzione nella loro formazione e nel loro servizio all’altare, “quasi
formando – dice il Papa – una sorta di preseminario”. Per loro - Giovanni Paolo
II esorta i presbiteri, al termine della lettera - “siate padri, maestri: testimoni
di pietà eucaristica e di santità di vita”.
Durante la conferenza stampa,
specialmente durante il confronto con i giornalisti, il cardinale Dario
Castrillón Hoyos e l’arcivescovo Csaba Ternyák – rispettivamente prefetto e
segretario della Congregazione per il Clero – hanno affrontato numerose
questioni legate al ministero sacerdotale. Nel fornire le cifre sulla crescita
numerica dei sacerdoti dal 1961 al 2001 - passata da 404 a 405 mila unità, esclusi
vescovi e diaconi (con loro il totale sale a 440 mila) – il porporato ha chiarito
che l’impercettibile percentuale di crescita rispetto al raddoppio della popolazione
mondiale nello stesso periodo va correttamente interpretata, tenendo conto di
un fattore sostanziale: l’enorme miglioramento dell’aspettativa e qualità della
vita, che ha portato anche i sacerdoti ad un’“aumentata capacità pastorale”. Sollecitato
poi a commentare le cifre sulle defezioni dai ranghi dell’Ordine (64.600 dal
1964 al 2000) e sulla possibilità di aprire al matrimonio per i sacerdoti cattolici,
il cardinale Castrillon Hoyos ha ribadito la linea della Chiesa, confermata dal
primato petrino:
“Il vicario di Cristo crede che
non sia una buona cosa cambiare il senso storico della Chiesa latina unita al
celibato (…) Il vicario di Cristo crede che la forza della Chiesa, la santità
della Chiesa, venga assicurata anche dal celibato sacerdotale”.
Mons. Ternyak si è invece
soffermato, tra l’altro, sulle ragioni dell’aumento dei seminaristi maggiori,
che erano 64 mila all’inizio del pontificato mentre oggi sono quasi raddoppiati,
giungendo ai 113 mila. “Queste vocazioni – ha confermato – sono più stabili di
trent’anni fa”:
“I giovani che entrano oggi nei Seminari
sono molto più maturi nella loro vocazione. Spesso hanno già fatto un lungo
cammino. Nei Seminari, d’altra parte, si è scoperto il valore della comunione,
della comunità. E in questo senso è importante sottolineare anche la presenza e
poi l’importanza delle associazioni sacerdotali, che creano ambienti familiari
e favoriscono amicizie molto profonde tra i sacerdoti”.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
La prima pagina è dedicata alla
Lettera del Santo Padre ai sacerdoti per il Giovedì Santo.
Nelle vaticane, una pagina dal
titolo "Il Pontificio Consiglio 'Cor Unum', strumento della carità del
Papa nel 2003".
Due pagine sulle celebrazioni
nelle Diocesi italiane in occasione della Domenica delle Palme.
Nelle estere, in evidenza
l'Iraq, in particolare la violenta battaglia scoppiata a Nassiriya: uccisi non
meno di quindici iracheni, feriti dodici bersaglieri.
Un pagina speciale dell'"Atlante
geopolitico" - curata da Pierluigi Natalia - a dieci anni dal genocidio
perpetrato in Rwanda.
Nella pagina culturale, per la
rubrica "Oggi", una riflessione di Franco Patruno da titolo
"L'aberrante 'cosificazione' di un essere umano": un canale
televisivo inglese ha progettato di trasmettere il filmato di un aborto su un
feto di quattro settimane.
Per l' "Osservatore
libri", un approfondito contributo di Francesco Licinio Galati su "La
Passione del Signore nelle visioni di Anna Katharina Emmerick" di Clemens
Maria Brentano.
Nelle pagine italiane, in
rilievo il tema dell'economia.
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6
aprile 2004
IL
MESSAGGIO DELLA RISURREZIONE DI CRISTO
IN UN
MONDO TRAVOLTO DA ODIO E GUERRE
- Intervista
con mons. Vincenzo Paglia -
Come già il periodo natalizio, anche le imminenti
festività pasquali cadono in un clima di grave tensione internazionale.
Dovunque verranno rafforzate le misure antiterrorismo, soprattutto nei pressi
delle sedi istituzionali e diplomatiche, dei luoghi di culto e dei monumenti
artistici. Qual è, dunque, il messaggio che il giorno della Risurrezione di
Cristo lancia in un mondo travolto da tanto odio e guerre? Paolo Ondarza ha
rivolto la domanda a mons. Vincenzo Paglia, vescovo di Terni.
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R. - Il Papa pochi giorni fa diceva che troppo sangue,
troppo odio scorre ancora sulla terra, su Paesi interi grava la lastra pesante
dell’ingiustizia, dell’odio. La Pasqua viene a dire a questo mondo che quella
lastra pesante può essere tolta. L’annuncio della Resurrezione deve essere
gridato forte e la Chiesa di fronte a questo mondo è davvero un po’ come quelle
due o tre donne, corre in tutti i Paesi del mondo a dire che Gesù è risorto,
che la pietra pesante può essere tolta.
D. - Ci sono dei momenti, degli episodi della storia –
pensiamo all’11 settembre, all’11 marzo – in cui davvero il ‘non senso’ sembra
prevalere…
R. - Credo che anche questa realtà drammatica vada vista
con quella bellissima tradizione della Chiesa che parla di Gesù che scende
negli Inferi. Ecco, scendere negli Inferi oggi vuol dire che Gesù continua ad
andare in tutti quei Paesi segnati dalla morte. A me piace immaginare Gesù, per
esempio, che scende nel Mediterraneo a raccogliere tutti quei profughi
annegati. A me piace vedere Gesù che va nei campi profughi a consolare.
D. - Per chi invece – ammesso che esista naturalmente chi
ha una vita priva di problema – nel mondo sta meglio, cosa dire in questa
festività della Pasqua?
R. - Madre Teresa diceva che la malattia del mondo
occidentale ricco è la solitudine. E la solitudine è un po’ come la tomba. La
Pasqua vuol dire proprio la vittoria sulla solitudine. Anche il mondo ricco ha
bisogno dell’annuncio della Pasqua per aprire quei cuori spesso bui, chiusi, un
po’ polverosi che ci rattristano tutti.
D. - La Croce a volte spaventa. Per chi ha paura della
Croce, per chi ha paura di avvicinare chi soffre, per chi ha paura di
sperimentare la sofferenza, cosa dire?
R. - Racconterei quel piccolo, ma splendido episodio di
San Francesco. Quando lui vide il lebbroso, inizialmente ebbe una repulsione,
ma lui si lasciò spingere dalla voce del Vangelo, abbracciò il lebbroso e poi –
scrive lui – da quel momento “Quel che mi pareva amaro mi parve dolce”. Io
dico: “Amate e vedrete che la vita cambierà il sapore”. La paura è figlia
sempre dell’egoismo, della tristezza. Se noi ci lasciamo guidare dall’amore di
Gesù, veramente non c’è paura che tenga.
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PER IL
RWANDA, E’ IL MOMENTO DEL RICORDO E DELLA COMMOZIONE.
DOMANI RICORRONO DIECI ANNI DAL GENOCIDIO
IN CUI
PERSERO LA VITA 800 MILA PERSONE
- Intervista
con Laura Boldrini -
Il 6 aprile del 1994, l’abbattimento dell’aereo
presidenziale rwandese e la morte dei presidenti di Rwanda e Burundi, dava inizio
ad una delle pagine più tragiche della storia africana: cento giorni di
sanguinosi scontri tra hutu e tutsi. Una spirale di violenza inaudita, che
portò alla morte di 800 mila persone. A dieci anni di distanza, il popolo del
Rwanda ricorderà domani con commozione il genocidio, che coinvolse anche Paesi
vicini come il Burundi e la Repubblica democratica del Congo. Proprio in questi
giorni, il portavoce dell’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati, Laura
Boldrini, ha visitato la regione dei Grandi Laghi, dove si cerca faticosamente
di costruire un futuro di pace. Alessandro Gisotti l’ha raggiunta telefonicamente
a Nyamata, a sud della capitale ruandese Kigali, uno dei luoghi simbolo della
tragedia:
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R. – Questo è proprio il luogo della memoria, il luogo del
dolore, il luogo dello strazio, dell’abominio più totale. Sono qui migliaia e migliaia
di ossa umane: ci sono le ossa di 10 mila persone in questa chiesa di Nyamata,
a sud di Kigali. Un Paese che, con le parole di una soldatessa che sta facendo
la smobilitazione, ha vissuto quello che nessun Paese al mondo dovrebbe mai vivere.
A tutt’oggi si contano circa 70 mila rifugiati rwandesi che sono ancora fuori
del Paese; in questi giorni sono in corso diversi rimpatri, dalla Repubblica democratica
del Congo; ci sono anche rimpatri di soldati che in questi anni hanno fatto la
guerra per conto di altri, specialmente in Congo …
D. – Quanto sono ancora profonde, oggi, nella società
rwandesi le ferite del terribile genocidio di dieci anni fa?
R. – Credo che siano ferite che non prevedono una
guarigione, perché il dramma è stato troppo grande. Con chiunque parliamo, che
ha vissuto questa terribile esperienza, ciò che emerge è che, appunto, c’è un
dolore infinito … Credo che in Rwanda non ci sia una famiglia che non abbia
perso qualcuno: tutti hanno perso qualcuno in questa follia collettiva, in
questo terribile massacro, basato poi su meccanismi non tanto di odio della
popolazione, quanto su meccanismi di ricatto, di pressione, per cui chi non
voleva, era costretto ad uccidere perché nessuno doveva salvarsi dalla colpa …
E quindi, questo meccanismo ha lasciato segni indelebili. Io credo anche che
per stabilizzare il Paese, bisogna stabilizzare l’intera regione. Un Rwanda
riconciliato non potrà esserci fintanto ché il Paese gemello Burundi non esca
fuori dalla spirale della violenza, così come la Repubblica democratica del
Congo non trovi una stabilità, un equilibrio …
D. – Nell’Angelus del 28 marzo scorso, il Papa ha chiesto
con forza ai leader e alla comunità del Rwanda di impegnarsi per la pace. C’è
la volontà di voltare pagina?
R. – E’ difficile rispondere a questa domanda. Il governo
è formato certamente da ministri di tutte e due le etnie. Non si identifica più
una persona in base all’etnia di appartenenza, i soldati smobilitati ricevono
dei premi e anche un sostegno economico per integrarsi nella società civile:
questi segnali indubbiamente sono segnali positivi. La realtà, però, a volte, è
più complessa, non va verso la stessa direzione. Quindi è importante dare alla
gente la possibilità di capire cosa è successo e dare la possibilità di
riavvicinare queste due comunità che, come dico, apparentemente sono comunità
che possono convivere: apparentemente, dividono lo stesso pezzo di terra. Ho
parlato con dei rifugiati che sono ritornati dopo anni e mi hanno detto: ‘Noi
abbiamo condiviso la stessa miseria, e quando c’è una festa festeggiamo tutti
insieme’. Se questo è lo spirito della gente comune, della gente semplice, bisogna
cercare di sostenere questo spirito, di incoraggiare questo avvicinamento!
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LA LETTERATURA FANTASTICA PER SCOPRIRE
LA REALTA’ STRAORDINARIA DELLE
COSE QUOTIDIANE
- Intervista con Andrea Monda -
Restituire il canto all’uomo disincantato del nostro tempo. Si potrebbe definire
così la funzione della fantasia che vive in tanti libri e film. Si chiama
infatti “Gli anelli della fantasia” il nuovo libro di Saverio Simonelli e
Andrea Monda, edito da Frassinelli, che traccia le coordinate degli scrittori
fantastici: Tolkien, Lewis, Michael Ende, per fare alcuni nomi. Si può però
distinguere fra questo tipo di fantasy ed uno, invece, solo fine a se stesso? Debora
Donnini lo ha chiesto ad Andrea Monda.
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R. – C’è un’evasione sempre
positiva, se rimane in qualche modo una rilettura più profonda del reale. E’ c’è
un’evasione senza dubbio pericolosa che è quella dell’alienazione. Non è questo
certo il caso di Tolkien e di questi autori che con molta libertà abbiamo indicato
nel nostro saggio. L’”altrove” che viene costruito dall’artista deve essere
coerente e deve essere in qualche modo razionale, non è una fantasia capricciosa
quella di Tolkien e dei suoi epigoni.
D. – Chesterton diceva “tutto passerà, resterà solo lo
stupore, lo stupore per le cose quotidiane”. La funzione della fantasia forse è
anche quella di permettere all’uomo di capire lo straordinario dell’ordinario?
R. – Senza dubbio. Cito proprio Eliade, che parlando di
Chesterton diceva che riusciva a capire che il miracolo e il meraviglioso si
nascondevano in tutte le cose che vedeva nel quotidiano. L’uomo si affanna a
cercare il miracolo e invece basta guardare. Ecco, la fantasia è qualcosa che
pulisce le finestre dei nostri occhi e ci permette di contemplare il reale e
rendersi conto che tutto è meraviglia.
D. – Nel libro c’è anche una appendice sul cinema fantasy
e molto interessante sembra proprio il legame fra “Guerre Stellari” e “Il
Signore degli Anelli” portato sugli schermi, o comunque “Il Signore degli
Anelli” come libro, e così via…
R. – Il paragone che viene fatto tra “Guerre Stellari” e
“Il Signore degli Anelli” non è azzardato. George Lucas, il grande regista
della saga di “Guerre Stellari”, è un grande lettore di Tolkien e quando
inventa Obi Wan Kenobi dice di essersi rifatto a Gandalf. Essi sono maghi o
cavalieri jedi che però non usano mai il loro potere. Questa forza in
realtà richiede il grande sforzo di non usarla. In qualche modo l’uomo deve
fare un vuoto dentro di sé per fare agire la grazia. Tutto questo sovverte
l’idea classica del mago, che con la sua potenza manipola la natura. Né Gandalf
il Grigio, né Obi Wan Kenobi sono uomini che costruiscono regni, ma anzi
rinunciano al loro potere e fanno agire i piccoli protagonisti: gli hobbit e il
giovane Luke Skywalker.
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6
aprile 2004
INFURIANO
LE POLEMICHE IN INGHILTERRA DOPO LA DECISIONE DELL’EMITTENTE “CHANNEL 4” DI
TRASMETTERE LE IMMAGINI DI UN ABORTO IN UN PROGRAMMA INTITOLATO “IL MIO FETO”.
L’ARCIVESCOVO INGLESE, PETER SMITH, RIBADISCE:
“LA VITA UMANA E’ SACRA E INVIOLABILE DAL
CONCEPIMENTO ALLA MORTE”
LONDRA.= La dignità della persona umana alla mercé
dell’indice d’ascolto: il canale televisivo britannico “Channel 4” ha deciso di
trasmettere il filmato di un aborto su un feto di quattro settimane all’interno
di un programma intitolato “Il mio feto”. Una decisione che, in Gran Bretagna,
ha scatenato accese polemiche. “La Chiesa Cattolica è totalmente contraria
all’aborto. La vita umana, dal momento del concepimento fino alla morte
naturale, è sacra e inviolabile”, ha ribadito con forza dall’arcivescovo Peter
Smith, presidente del Dipartimento di responsabilità e cittadinanza cristiana
della Conferenza episcopale d’Inghilterra e Galles. Il presule ha sottolineato
che in Inghilterra ci sono in media 481 aborti al giorno. Ha poi ricordato come
in un documento pubblicato di recente dall’Ufficio nazionale di statistica del
governo è stato messo in luce che un quarto delle gravidanza termina con un
aborto. “Questi dati scioccanti sull’aborto – ha denunciato il presule –
salgono a più di un terzo (36%) delle gravidanze nelle donne sotto i 20 anni”.
L’arcivescovo ha evidenziato come le donne che ricorrono all’aborto trovandosi
“di fronte ad una terribile pressione e persino paura”, dovrebbero essere
sempre “trattate con compassione e non dovrebbero essere mai condannate in
alcun modo”. Si è, infine, domandato: “Come può una società come la nostra
definirsi civile se approva l’uccisione di bambini non ancora nati?” (A.G.)
ALMENO
27 MORTI IN MESSICO A CAUSA DEL MALTEMPO: FLAGELLATA
DALLE
PIOGGE LA CITTA’ DI PIEDRAS NEGRAS, NEL NORD DEL PAESE.
DECINE
I DISPERSI, MENTRE SONO GRAVISSIMI I DANNI ALL’AGRICOLTURA
CITTA’ DEL MESSICO.= E’ salito ad almeno 27 morti il
bilancio ufficiale dell’alluvione che ha investito ieri Piedras Negras, città
del Messico settentrionale al confine con gli Stati Uniti. Le forti piogge
degli ultimi due giorni hanno fatto straripare il Rio Escondido, un affluente
del Rio Bravo, il fiume che segna il confine tra il Messico e gli Stati Uniti,
ed hanno investito alcune zone del centro abitato. Le squadre di soccorso sono
al lavoro per mettere in salvo centinaia di persone che sono salite sui tetti
delle case e sugli alberi per mettersi in salvo dalla furia delle acque. Una
emittente radiofonica locale, Formato 21, ha parlato di 50 morti, mentre
fonti dello Stato di Cohauila hanno riferito di almeno 32 vittime e decine di
dispersi. Le acque del Rio Escondido hanno travolto anche centinaia di capi di
bestiame ed allagato campi agricoli distruggendo i raccolti, hanno riferito
fonti della Protezione civile. Il sindaco di Piedres Negras, Claudio Bres
Garza, ha detto che gli alluvionati sono “oltre duemila” e che sono stati
ospitati in centri di accoglienza in diverse località dello Stato. Il
presidente messicano Vicente Fox ha ordinato all'Esercito portare soccorso alle
popolazioni alluvionate ed ha annunciato che intende recarsi sul luogo della
sciagura. Anche dal vicino Texas sono arrivati degli aiuti alla popolazione di
Piedras Negras. La situazione - secondo i meteorologi - potrebbe peggiorare
nelle prossime ore con l’arrivo di nuove perturbazioni che porteranno altre piogge
e forti venti. (A.G.)
PRESTIGIOSA
ONORIFICENZA “AL MERITO CULTURALE” PER
IL RESPONSABILE
DEL NOSTRO PROGRAMMA ROMENO, MONS. ANTON
LUCACI
CITTA’
DEL VATICANO.= Nella sede dell’Ambasciata romena presso la Santa Sede, ieri
pomeriggio, mons. Anton Lucaci, responsabile del Programma Romeno della Radio
Vaticana, è stato insignito della onorificenza “Al merito culturale”,
conferitagli dal presidente della Repubblica di Romania, Ion Iliescu, per la
sua opera in favore della cultura e del popolo romeno, in particolare per mezzo
della Radio Vaticana. Presenti, oltre all’ambasciatore Mihail Dobre, il
consigliere di Stato, Victor Opaschi, stretto collaboratore del presidente,
numerosi membri del corpo diplomatico presso la Santa Sede e, per la segreteria
di Stato, l’assessore mons. Gabriele Caccia e il sottosegretario per i Rapporti
con gli Stati, mons. Pietro Parolin. Insieme a mons. Lucaci è stato insignito
della stessa onorificenza il dott. Piero Schiavazzi, collaboratore di Telepace
e organizzatore per conto del ministero degli Esteri italiano del ciclo di
manifestazioni per il 25.mo di Pontificato di Giovanni Paolo II in
collaborazione con gli Istituti di cultura italiani all’estero. In tale contesto,
la manifestazione a Bucarest, con la partecipazione dello stesso Presidente
della Repubblica, ha avuto notevole rilevanza. Particolare originale: alla
manifestazione aveva partecipato anche il noto calciatore romeno della Roma,
Christian Chivu, che è capitano della nazionale della Romania. Perciò ieri, tra
i presenti, si notava anche il Presidente della Roma, Franco Sensi.
L’ERITREA
ACCETTI LA MEDIAZIONE DELLE NAZIONI UNITE
PER RISOLVERE LA CRISI TERRITORIALE CON
L’ETIOPIA:
E’ L’APPELLO LANCIATO IERI DALL’UNIONE
EUROPEA
BRUXELLES.
= Accettare la mediazione delle Nazioni Unite – finora rifiutata - per risolvere
la crisi con l’Etiopia. E’ la richiesta rivolta dall’Unione Europea al governo
dell’Eritrea, nel tentativo di placare la tensione tra i due Paesi del Corno
d’Africa, che tra il 1998 e il 2000 hanno ripreso una sanguinosa guerra per
motivi territoriali. Brian Cowen, ministro degli Affari esteri dell’Irlanda,
che è alla presidenza di turno dell’Ue, ha guidato ieri una delegazione europea
ad Asmara per esortare il governo a concedere “lo spazio politico necessario”
all’inviato speciale dell’Onu, Lloyd Axworthy. Fino ad oggi, le autorità
eritree hanno sempre respinto l’intervento del mediatore mandato da Kofi Annan
al fine di sbloccare il processo di pace tra Asmara ed Addis Abeba. “Crediamo
che l’inviato dell’Onu possa avere un ruolo determinante per aiutare l’Etiopia
e l’Eritrea a risolvere le loro difficoltà attuali”, ha dichiarato Cowen.
Asmara non vuole mettere in discussione la sentenza della Commissione
indipendente per la demarcazione dei confini – creata dagli accordi di pace di
Algeri nel dicembre 2000, alla fine del conflitto etiope-eritreo – che ha
assegnato all’Eritrea la cittadina di Badme, sul confine tra i due Paesi.
L’Etiopia respinge questa decisione, mentre per le Nazioni Unite il verdetto è “irrevocabile”.
(D.G.)
PER IL
SUDAN, L’ACCORDO DI PACE E’ PIU’ VICINO: E’ QUANTO AFFERMATO
DAL PRESIDENTE SUDANESE, OMAR AL-BASHIR, CHE
SI E’ DETTO FIDUCIOSO
SULL’ESITO
DEI NEGOZIATI CON I RIBELLI DEL SUD DEL PAESE AFRICANO,
AFFLITTO
DA UNA GUERRA CIVILE LUNGA PIU’ DI 20 ANNI
KHARTOUM.= Un accordo per porre fine alla guerra civile
che, da più di vent’anni, insanguina il Sudan meridionale sarebbe vicino. A
darne l'annuncio è stato ieri sera il presidente sudanese Omar Hassan
al-Bashir. “I negoziati - ha dichiarato Bashir in un discorso di fronte al
Parlamento sudanese - stanno avanzando e la fase della firma dell'accordo
finale è molto vicina”. Il presidente sudanese non ha fornito alcuna data per
la conclusione dell'accordo, ma ha aggiunto che “nonostante gli ostacoli e gli
intralci nei negoziati, c’è la volontà di superarli con tranquillità e fiducia,
e portare così a termine il processo” di pace. I negoziati tra il governo
islamico di Khartoum - espressione della maggioranza musulmana del nord - e i ribelli
del sud Sudan, area a maggioranza cristiano-animista, si sono bloccati nelle
scorse settimane a Naivasha, in Kenya, in merito allo status della ricca zona
petrolifera di Abyei, rivendicata da entrambe le parti. In marzo, gli Stati Uniti hanno
avanzato la proposta di porre Abyei sotto il controllo di entrambe le parti,
dividendo il ricavato del petrolio tra Khartoum e i ribelli del sud del Paese,
a cui andrebbero rispettivamente il 50 e il 42 per cento, mentre il restante
spetterebbe alle tribù locali. (A.G.)
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6
aprile 2004
- A cura di Fausta Speranza –
Almeno
una quindicina di iracheni morti e 12 bersaglieri italiani feriti negli scontri
stamane a Nassyria, mentre è giunta notizia di sette soldati statunitensi morti
in diversi attacchi a Baghdad e nei dintorni. Il nostro servizio:
*********
Le 15
persone morte sembra siano tutti cittadini iracheni, mentre tra i 12 militari
italiani feriti nessuno è grave. Gli scontri sono scoppiati dopo che all’alba erano
partite le operazioni per rimuovere gli sbarramenti sui ponti cittadini che
uniscono le due rive del fiume Eufrate, per permettere rifornimenti alla
popolazione civile e alle organizzazioni umanitarie che operano nell'area”, e
dopo che nella notte era stata attaccata la sede dell’Autorità provvisoria.
Altri 12 iracheni, inoltre, sono morti e una trentina feriti, secondo fonti
ospedaliere, ad Amara, nel sud. Lì gli scontri sono avvenuti tra le forze
britanniche e sempre sostenitori del leader radicale sciita Moqtada Sadr. C’è
poi l’annuncio di un portavoce militare Usa, che ha fatto sapere che sette
soldati americani sono morti, tra ieri e oggi, in diversi attacchi a Baghdad e
nella provincia a ovest della capitale. Tregua, invece, a Bassora, città del
sud sotto il presidio britannico. La polizia irachena ha ripreso il controllo
dell’area dopo aver raggiunto ieri sera un accordo con i seguaci del leader
radicale che avevano occupato la sede del governatore. Da parte sua, il giovane
leader sciita Moqtada Sadr, che ieri si era asserragliato nella moschea di
Kufa, ha comunicato di aver lasciato il luogo di culto islamico e di aver
raggiunto la vicina città santa di Najaf. Sadr, definito ''fuorilegge'' dal
capo dell'amministrazione civile americana, Bremer, ha respinto ieri l'appello
alla calma dell’ayatollah Al Sistani e di altre autorità religiose della sua
comunità e ha annunciato che “la situazione peggiorerà” se non verranno
soddisfatte le richieste degli sciiti. Resta il fatto che, nell’escalation di
violenza di questi due giorni, si contano 105 iracheni morti e 500 di loro
feriti. Ma da Washington, il presidente americano, Bush, ha dichiarato che i piani americani per l'Iraq non saranno comunque
mutati.
*********
Dalla
stampa spagnola giunge notizia di un incontro riservato tra il futuro ministro
della Difesa spagnolo del governo di Josè Luis Rodriguez Zapatero e il segretario
di Difesa americano, Donald Rumsfeld, avvenuto ieri al Pentagono. L’impegno
spagnolo in Iraq è al centro dell’attenzione da quando il futuro premier ha
annunciato di ritirare le truppe se entro il 30 giugno l’Onu non assumerà un
chiaro ruolo nel Paese. E in Spagna resta pressante la minaccia del terrorismo.
Il messaggio presumibilmente di una cellula di Al Qaeda giunto al quotidiano Abc e reso noto ieri
minaccia di far scorrere altro sangue se non verranno ritirate le truppe di
Madrid dall’Iraq e dall’Afghanistan. Il manoscritto, che rivendica anche le
stragi dell’11 marzo, è al vaglio degli investigatori. Sul fronte delle
indagini, intanto, si registrano altri arresti. Di come vive la Spagna questo
momento di forte apprensione, ci riferisce, al microfono di Massimiliano
Menichetti, Josto Maffeo, corrispondente da Madrid del Messaggero:
**********
R. – In Spagna si sa perfettamente che il rischio non è
più quello che si pensava una volta, cioè non più solo di cellule, ma
addirittura di individui che autonomamente possano prendere decisioni e
compiere degli attentati. Perciò c’è una grandissima vigilanza, soprattutto nei
trasporti: i treni ad alta velocità sono seguiti da 45 elicotteri, l’esercito
partecipa alla vigilanza, la metropolitana di Madrid è vigilata con presenza
permanente della polizia. Evidentemente
il Paese è all’erta, però la vita non si è interrotta. C’è timore, ma non posso
dire che ci sia panico o terrore da parte della popolazione.
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La Corte di sicurezza giordana ha condannato a morte otto
persone, tra cui uno dei leader di al Qaeda, il pluriricercato Abu Musab Zarqawi,
nel processo per l'uccisione del diplomatico americano Laurence Foley, avvenuta
nell'ottobre del 2002 ad Amman. Zarqawi, che è stato condannato in contumacia,
è accusato di essere uno dei 'cervelli' dell'attentato che costò la vita al
diplomatico, 62 anni, abbattuto mentre stava uscendo dalla sua casa di Amman.
Tra gli imputati c'era anche un libico: Salem Saad Salem bin Sued, tutti gli
altri erano giordani.
Un tunnel adibito al
contrabbando di armi destinate all'intifada è stato distrutto stamane da reparti
del genio militare israeliano nel corso di un nuovo raid nella zona di Rafah, fra la striscia di Gaza
e il territorio egiziano. Intanto, in
tutto Israele si vive la tensione del rischio di attentati in particolare in
questo tempo di Pasqua, come racconta da Gerusalemme, Barbara Schiavulli:
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“Girate con le vostre armi durante le feste”: è la
raccomandazione del capo della polizia di Gerusalemme che ha invitato tutti i
cittadini con il porto d’armi, che in Israele sono molti, a non abbandonare mai
la propria pistola per timore di un attentato che potrebbe colpire una città o
un insediamento durante le festività della Pasqua ebraica, appena cominciate.
Durante la Pasqua 2002 ci fu un sanguinoso attentato di un
kamikaze che si fece esplodere nella hall di un albergo in una zona turistica a
Nord di Tel Aviv, provocando 29 morti e un centinaio di feriti. Dopo due anni,
la situazione non è migliorata. E’ stata imposta la chiusura di tutti i Territori palestinesi, volontari armati
presidiano le stazioni dei mezzi pubblici, i mercati ed i centri commerciali.
Nelle spiagge di Tel Aviv, affollate dalla gente che si gode i primi raggi
caldi di primavera, decine di poliziotti controllano anche bidoni della
spazzatura, facce sospette. E lo stesso avviene a Gerusalemme, dove presidiano
le sinagoghe e gli alberghi. Le autorità israeliane sono convinte che
l’organizzazione islamica di Hamas vendicherà la morte del loro leader
spirituale Yassin.
Barbara Schiavulli da Gerusalemme per la Radio Vaticana.
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L'Iran si è impegnato oggi a sospendere, a partire dal 9 aprile, la produzione di parti e l'assemblaggio di centrifughe per
l'arricchimento dell'uranio. L'annuncio è stato fatto da Gholamreza Aqazadeh,
capo dell'agenzia nucleare iraniana, durante un colloquio a Teheran con il
segretario generale dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica (Aiea),
Mohammed el Baradei. Dall'ottobre scorso Teheran si è impegnata a sospendere
l'arricchimento dell'uranio, pur sottolineando che si tratta di una misura
provvisoria.
E' rimasto leggermente ferito, ma è già a casa dopo essere stato medicato Murad
Ziazikov, presidente della piccola repubblica autonoma russa dell'Inguscezia,
nel Caucaso del Nord, sfuggito oggi a un attentato compiuto verosimilmente da
un terrorista kamikaze. Ziazikov ha rivolto anche un messaggio alla popolazione
dopo l'agguato nel quale afferma che l'attentato è opera di forze ''contrarie
alla stabilizzazione dell'Inguscezia e del Caucaso del Nord in generale”.
I colloqui di pace con i
ribelli delle Tigri di Tamil “devono riprendere il prima possibile”. E’ la
prima dichiarazione del nuovo primo ministro dello Sri Lanka, Rajapakse, nominato
ieri dalla presidente Kumaratunga, che è uscita vittoriosa dalle elezioni
legislative di venerdì scorso. Il servizio di Maria Grazia Coggiola:
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Masindra Rajapakse, 58 anni, è da oggi il 13.mo
premier dello Sri Lanka. Secondo alcuni commentatori, la scelta di Rajapakse fa
ben sperare per il proseguimento del processo di pace con i ribelli delle
Tigri, con i quali il dialogo si è interrotto un anno fa. Un portavoce del
partito della presidente ha detto che la ripresa dei negoziati con i
separatisti ha un posto prioritario nell’agenda del nuovo governo. All’Alleanza
della libertà della Kumaratunga mancano solo otto seggi per avere la
maggioranza nel nuovo parlamento, che si riunirà il 22 aprile per votare la
fiducia al primo ministro e al suo governo. La sconfitta di Wickremasinghe,
“architetto” della pace con i separatisti, non è però stata accolta
favorevolmente dalle Tigri tamil: il partito della minoranza tamil da loro
sostenuto ha ottenuto vasti consensi nella parte Nord ed Est dell’isola e
risulta ora la terza forza politica. Forti di questo risultato, le Tigri hanno
minacciato di riprendere la lotta armata a meno che le loro richieste per una
maggiore autonomia non vengano accolte. Il cessate-il-fuoco siglato nel
febbraio del 2002, grazie alla mediazione norvegese, potrebbe essere a rischio.
Il nuovo premier ha dichiarato di voler un maggiore coinvolgimento dell’India
nei negoziati con le Tigri.
Per la Radio Vaticana, Maria
Grazia Coggiola.
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Il segretario di Stato americano Colin Powell ha promesso
al governo provvisorio di Haiti aiuti umanitari ed il sostegno della comunità
internazionale nel processo i pacificazione della turbolenta isola caraibica. Powell è stato ieri a Port
au Prince ed ha avuto colloqui con il primo ministro haitiano Gerard Latortue,
che nella stessa giornata ha annunciato lo svolgimento di nuove elezioni
nell'isola entro il 2005. ''I partiti ed i rappresentanti della società civile
hanno raggiunto un accordo politico per tenere elezioni generali nel 2005'', ha
detto Latortue nel corso di una conferenza stampa congiunta a Port au Prince con Powell. Latortue ha aggiunto che il nuovo presidente ''assumerà il potere al più tardi il 7 febbraio 2006''. Il
7 febbraio 2006 è la data in cui scadeva il mandato del deposto presidente
Jean-Bertrand Aristide, costretto alle dimissioni e alla fuga il 29 febbraio scorso
in seguito ad una rivolta armata.
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