RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVIII n. 92 - Testo della Trasmissione di giovedì 1 aprile 2004

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

L’importanza della vita di comunità per la formazione dei sacerdoti: ne ha parlato oggi il Papa nel 70° anniversario del Pontificio Collegio Brasiliano di Roma

 

I giovani in festa col Papa oggi pomeriggio in Piazza San Pietro per ricordare i 20 anni della Croce delle Giornate Mondiali della Gioventù

 

Precisazioni inerenti al Tribunale della Congregazione per la dottrina della fede: intervista con mons. Angelo Amato

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

La difesa e promozione della dignità umana al centro dei rapporti tra Washington e Vaticano: così, ai nostri microfoni, l’ambasciatore degli Stati Uniti presso la Santa Sede, Jim Nicholson

 

I capolavori della musica sacra al Festival di Pasqua di Lucerna: in apertura l’imponente “Grande Messe des morts” di Berlioz. Ce ne parla Sylvain Cambreling

 

CHIESA E SOCIETA’:

Intervento del cardinale Renato Martino al III Congresso mondiale delle famiglie, conclusosi ieri a Città del Messico

 

Dopo l’uccisione di padre Luciano Fulvi, i missionari comboniani lanciano un appello alla comunità internazionale a non dimenticare l’Uganda: altre vittime della violenza della guerriglia

 

Denunciata dal vescovo di Rumbek, mons. Cesare Mazzolari, la situazione della regione del Darfur, in Sudan

 

In uno studio diffuso dal Fondo Monetario internazionale, la difficile situazione dello Zimbabwe, colpito da una grave crisi economica

 

Nella comunità cristiana del Pakistan cresce la paura di nuovi agguati da parte di fondamentalisti islamici

 

La Comunità di Sant’Egidio denuncia: in Italia, a rischio di sopravvivenza un pensionato su tre

 

24 ORE NEL MONDO:

Ancora violenze oggi in Iraq

 

Un referendum il 24 aprile sulla riunificazione di Cipro, dopo il fallimento del negoziato in Svizzera

 

Una Dichiarazione per la lotta alla droga dalla Conferenza internazionale sull’Afghanistan.

 

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

1 aprile 2004

 

 

L’IMPORTANZA DELLA VITA DI COMUNITA’ PER LA FORMAZIONE DEI SACERDOTI:

COSI’ IL PAPA NEL 70.MO ANNIVERSARIO DEL PONTIFICIO COLLEGIO PIO BRASILIANO

 

70 anni fa veniva fondato a Roma Pontificio Collegio Pio Brasiliano: in questa occasione Giovanni Paolo II ha ricevuto stamane nella Sala Clementina in Vaticano la comunità del Collegio, accompagnata dal Rettore, padre Geraldo Antonio Coelho de Almeida. Un incontro che ha rinnovato la memoria della visita compiuta dal Papa nel 1982 alla sede del Collegio, che può ospitare fino a 140 alunni, impegnati negli studi di formazione superiore nella città eterna. Il servizio di Roberta Gisotti:

 

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“La Chiesa nel Brasile necessita di ministri di Cristo ben formati”: una responsabilità che ricade sui formatori delle Università che voi frequentate, ma principalmente sui religiosi della Compagnia di Gesù, incaricata di dirigere e animare il Pontificio Collegio brasiliano di Roma. Così il Papa agli alunni del Collegio, fondato il 3 aprile del 1934, per volontà di Pio XI e dell’episcopato brasiliano. “Risiedere alcuni anni a Roma – ha detto loro Giovanni Paolo II - vi offre la possibilità di entrare in contatto con la memoria storica dei primi secoli del Cristianesimo, di aprirvi alla dimensione universale della Chiesa, di alimentare una comunione ecclesiale ed una buona disposizione ad accogliere gli insegnamenti del Magistero”.

 

Il Santo Padre ha quindi auspicato che lo spirito di Sant’Ignazio animi sempre il Rettore e i Superiori del Collegio, dove sono ospitati anche sacerdoti che provengono da altri Paesi latinoamericani, e cosi pure dall’Africa, dall’Oceania e dall’Europa. Qui tutti gli alunni trovano “un ambiente propizio per una più ampia formazione accademica e spirituale”, tanto necessaria - ha concluso Giovanni Paolo II - per la missione sacerdotale.

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I GIOVANI IN FESTA COL PAPA OGGI POMERIGGIO

IN PIAZZA SAN PIETRO PER RICORDARE I 20 ANNI DELLA CROCE

DELLE GIORNATE MONDIALI DELLA GIOVENTU’

- Intervista con mons. Lorenzo Leuzzi -

 

Grande festa oggi in Piazza San Pietro a partire dalle 17.00. I giovani di Roma e del Lazio incontrano il Papa per ricordare i 20 anni della croce delle Giornate Mondiali della Gioventù, che Giovanni Paolo II ha affidato ai ragazzi nel 1984 a Roma. La croce della Gmg da allora ha fatto il giro del mondo passando per Buenos Aires, Santiago de Compostela, Czestochowa, Denver, Manila, Toronto e domenica prossima arriverà in Germania a Berlino, in attesa della Gmg 2005. L’iniziativa è in preparazione alla XIX Giornata Mondiale della Gioventù, che in ogni diocesi sarà celebrata il 4 aprile, Domenica delle Palme, sul tema “Vogliamo vedere Gesù”.

 

La festa sarà scandita da musica, canti, danze ma anche preghiere e testimonianze: si esibiranno tra gli altri Fausto Leali, gli Avion Travel, Ron e Alice. Lina Sastri leggerà un brano di Madre Teresa di Calcutta; Roberto Bolle, primo ballerino del Royal Ballet di Londra, insieme alle ballerine del Teatro dell’Opera di Roma, presenterà al Papa una coreografia sulle note dell’Ave Verum. La Radio Vaticana trasmetterà la radiocronaca dell’evento a partire dalle 17,10 sull’onda media di 585 kHz e sulla modulazione di frequenza di 105 MHz.

 

Protagonisti dell’incontro saranno, dunque, i giovani. A mons. Lorenzo Leuzzi, responsabile della Pastorale universitaria per la diocesi di Roma, Giovanni Peduto ha chiesto se oggi i giovani cristiani sanno andare controcorrente per testimoniare in modo coerente il Vangelo:

 

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R. – Credo che oggi stia nascendo una nuova generazione di giovani che avverte una esigenza di credibilità, un punto forte della propria testimonianza; credibilità che significa innanzitutto essere portatori di un messaggio che è sperimentato personalmente e, in qualche modo, conquistato con la fatica della ricerca di motivazioni per le scelte personali; credibilità che i giovani desiderano portare ai propri coetanei e che comporta una nuova forma di testimonianza che non sia una testimonianza generica, ma che abbia degli obiettivi mirati, ed è per questo che credo oggi ci sia molta fiducia, perché l’evangelizzazione passa attraverso questa esperienza di giovani che hanno maturato, all’interno delle nostre comunità cristiane, una maggiore e più approfondita esperienza di fede.

 

D. – Il tema della Giornata Mondiale di quest’anno è ‘Vogliamo vedere Gesù’. Che rapporto hanno i giovani con Gesù, e quale il rapporto con il Papa, che è il Suo vicario? Cosa e chi vedono i giovani nel Papa?

 

R. – Questo desiderio di vedere Gesù, penso che sia presente in tutti i giovani. Vedere Gesù significa lasciarsi interpellare da Lui e questo è possibile soltanto se i giovani possono incontrare comunità cristiane dove l’annuncio del Vangelo sia proposto in maniera significativa e possa permetter loro di fare un’esperienza concreta e diciamo anche, in qualche modo, storicamente visibile. Questa credo che sia una necessità, che i giovani possano incontrare comunità cristiane dove ci siano testimoni autentici, ed in questo senso credo che la figura del Santo Padre costituisce un punto forte, proprio perché nella persona del Santo Padre i giovani vedono un testimone, ma anche una persona che ha saputo tradurre nella propria vita quella credibilità di cui parlavo prima, cioè i giovani vedono che il Papa ha investito tutta la sua vita, non soltanto nell’annunciare, ma nello sperimentare nella propria esperienza personale che il Vangelo è veramente il cuore della vicenda umana.

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PRECISAZIONI INERENTI AL TRIBUNALE

DELLA CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE

- Intervista con l’arcivescovo Angelo Amato –

 

         In questi giorni, agenzie di stampa e giornali hanno parlato di decisioni del Santo Padre relative al tribunale della Congregazione per la Dottrina della Fede. Al segretario del Dicastero, l’arcivescovo Angelo Amato, Giovanni Peduto ha chiesto di che cosa si tratta e che cosa c’è di nuovo:

 

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R. – Si deve premettere che sin dalla sua fondazione la Congregazione per la Dottrina della Fede è stata un tribunale. Nel 1542 il Papa Paolo III, infatti, istituì una commissione di sei cardinali con la missione di vigilare sulle questioni di fede, per preservarla da errori e da false interpretazioni. Tale Commissione, conosciuta come Santa Romana e Universale Inquisizione, aveva all’inizio esclusivamente carattere di tribunale per le cause di eresie e di scisma.

 

D. – Parlare quindi di tribunale della Congregazione per la Dottrina della Fede non è una novità?

 

R. – Esatto. Infatti la Congregazione per la Dottrina della Fede ha sempre esercitato potestà giudiziale per alcune cause specifiche, dedicate alla difesa della fede, della morale e della dignità dei sacramenti, soprattutto della riconciliazione e dell’Eucaristia. Alcuni delitti più gravi (o delicta graviora) sono stati da sempre di esclusiva competenza della Congregazione per la Dottrina della Fede. La Costituzione Apostolica Pastor bonus (31 giugno 1988) riconosce questa competenza all’art. 52. Recentemente con Motu Proprio Sacromentorum Sanctitatis Tutela (del 30 aprile 2001) il Santo Padre ha confermato questa competenza della Congregazione per la Dottrina della Fede ed ha anche aggiornato sia le procedure che l’elenco dei graviora delicta tra cui l’abuso sui minori da parte di chierici. Si tratta, comunque, di rifiniture di natura tecnico-giuridica decise a riguardo della competenza della stessa Congregazione.

 

D. – La stampa ha parlato anche di nuovo tribunale.

 

R. – Non si tratta di un nuovo tribunale, anche se ultimamente si è provveduto ad adibire alcuni locali nello stesso palazzo del Sant’Uffizio allo scopo di assicurare a questo servizio ambienti più idonei.

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ALTRE UDIENZE E NOMINE

 

Nel corso della mattina il Papa ha ricevuto in successive udienze: mons. Antonio Lucibello, nunzio apostolico in Paraguay; alcuni presuli della Conferenza Episcopale degli Stati Uniti d’America in visita “ad Limina”; mons. Wilhelm Schraml, vescovo di Passau (Repubblica Federale di Germania); il sig. Nonsrichai Jullapong, ambasciatore di Thailandia, in visita di congedo.

 

Il Papa ha nominato Rettore Magnifico della Pontificia Università Gregoriana il padre gesuita Gianfranco Ghirlanda. Padre Ghirlanda, nato a Roma il 5 luglio del 1942, è entrato nella Compagnia di Gesù nel 1966 ed è stato ordinato sacerdote il 24 giugno 1973. Attualmente è decano della Facoltà di Diritto Canonico alla Gregoriana. Giovanni Paolo II lo ha nominato Consultore di vari dicasteri della Santa Sede. E’ saggista e scrittore di numerosi libri in campo giuridico.

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

La prima pagina si apre con l’Iraq. Si pone l’accento sull’orrore suscitato nel mondo dallo scempio dei cadaveri di quattro civili Usa a Falluja. La folla inferocita ha infierito sui corpi che erano già carbonizzati.

 

Nelle vaticane, nel discorso alla comunità del Pontificio Collegio Pio Brasiliano, Giovanni Paolo II ha sottolineato che la Chiesa in Brasile ha urgente bisogno di presbiteri ben formati.

L’VIII Forum internazionale dei giovani, in corso a Rocca di Papa: il discorso introduttivo dell’arcivescovo Stanislaw Rylko e l’omelia del cardinale Zenon Grocholewski durante la concelebrazione eucaristica.

 

Nelle estere, Uganda: appello delle missionarie e dei missionari comboniani a fermare i massacri, all’indomani dell’uccisione di padre Fulvi.

 

Nella pagina culturale, un articolo di Maria Maggi dal titolo “Marte continua a regalare novità”: dopo la scoperta del mare salato sul “pianeta rosso”.

Una monografica  dedicata alla pubblicazione degli atti del convegno sul cardinale Giovanni Urbani, nel centenario della nascita.  

 

Nelle pagine italiane, la Camera torna ad esaminare il decreto sulla cessione degli immobili statali.

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

1 aprile 2004

 

LA DIFESA E PROMOZIONE DELLA DIGNITA’ UMANA

 AL CENTRO DEI RAPPORTI TRA WASHINGTON E VATICANO:

 COSI’, AI NOSTRI MICROFONI,

 L’AMBASCIATORE DEGLI STATI UNITI PRESSO LA SANTA SEDE, JIM NICHOLSON

 

“Stati Uniti e Santa Sede, la lunga strada”: è questo il titolo di un libro scritto dall’ambasciatore americano presso la Santa Sede, Jim Nicholson, presentato ieri a Roma all’università Lateranense. All’evento, ha partecipato anche il cardinale Jean-Louis Tauran, che ha messo l’accento sulla necessità di risolvere la crisi israelo-palestinese, definita dal porporato, “la madre di tutte le crisi”. Il cardinale Tauran ha riferito che un elemento di “consultazione continua” tra gli Stati Uniti e il Vaticano è stata proprio la situazione in Terra Santa ed in particolare il problema dei luoghi santi. Il libro del diplomatico americano - edito dalla rivista “30giorni” - celebra il 20.mo anniversario dell’inizio delle formali relazioni diplomatiche tra Usa e Santa Sede, svolta voluta da Giovanni Paolo II e Ronald Reagan. Alessandro Gisotti ha chiesto all’ambasciatore Nicholson di tracciare un bilancio di questi vent’anni densi di avvenimenti:

 

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R. – I THINK RELATIONS…

Penso che i rapporti tra gli Stati Uniti e la Santa Sede si siano rafforzati in questi ultimi 20 anni. Penso che la cosa più importante in questo rapporto, che alcuni definiscono tra la superpotenza temporale e la superpotenza spirituale, stia nell’importanza data alla libertà e alla dignità umana. La situazione mondiale continua a fluire tra alti e bassi, le circostanze cambiano, ma Stati Uniti e Santa Sede hanno continuato il percorso che cerca di migliorare la dignità umana. Avere questo in comune ci permette di fare tanto per le persone. Ci aiuta a combattere la fame, a sradicare le malattie come l’Aids, che imperversa in Africa. Abbiamo una comunanza di valori forte e reale, che rende il nostro rapporto molto stretto.

 

D. – Nell’introduzione del suo libro, il segretario di Stato, Colin Powell, scrive che la Santa Sede è il partner migliore per l’America nel promuovere la dignità umana. Ma come sappiamo ci sono stati recentemente dei problemi, delle frizioni, tra il Vaticano e la Casa Bianca sui mezzi per raggiungere l’obiettivo. Cosa ne pensa?

 

R. – WE HAD A DIVERGENCE…

Abbiamo avuto delle divergenze sulla questione dell’Iraq, senza dubbio. Il Papa, che è un uomo di pace, non voleva che andassimo in Iraq. Il Pontefice, comunque, non è stato passivo, è stato di grande aiuto nella lotta contro il terrorismo. Il Papa sapeva che Saddam Hussein era un dittatore senza scrupoli, come è stato detto fino a quando abbiamo liberato l’Iraq. Qualche volta anche gli amici non sono d’accordo, ma se sono buoni amici nelle circostanze giuste tornano insieme e l’amicizia è più forte di prima. E questo è successo, nonostante l’Iraq.          

 

D. – Lei pensa che la voce del Papa, gli insegnamenti di Giovanni Paolo II, siano ascoltati dal presidente Bush?

 

R. – PRESIDENT BUSH THINKS A GREAT DEAL…

Il presidente Bush ha una grande considerazione del Papa, ha molto rispetto per lui. E’ un grande ammiratore di Giovanni Paolo II. Il presidente è stato due volte qui per vederlo. Ha discusso molto con lui sui problemi del mondo, sul bisogno di lavorare insieme per migliorare la dignità umana. Se portiamo le persone ad avere speranza, aiutiamo la dignità umana. Dobbiamo garantire alle persone ciò di cui hanno diritto: vivere liberamente, vivere in pace.

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I CAPOLAVORI DELLA MUSICA SACRA AL FESTIVAL DI PASQUA DI LUCERNA:

IN APERTURA L’IMPONENTE “GRANDE MESSE DES MORTS” DI BERLIOZ

- Intervista con il direttore Sylvain Cambreling -

 

I capolavori della musica sacra al festival di Pasqua di Lucerna: in apertura domenica scorsa l’imponente “Grande messe des morts” di Hector Berlioz, scritta dal compositore francese nel 1837 per cinquecento fra strumentisti e voci, con la SWR Sinfonieorchester Baden-Baden und Freiburg e l’Europachorakademie diretti da Sylvain Cambreling, che replicano domani a Francoforte. A.V. ha incontrato Sylvain Cambreling, direttore principale della compagine tedesca, insignito del Grand Prix Européen per il suo impegno a favore della musica d’oggi:

 

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D. – Berlioz stesso ha scritto “Se fossi minacciato di veder bruciare tutte le mie partiture tranne una, è per la Messa dei Morti che domanderei grazia …”. Maestro Cambreling, è d’accordo con l’autore, possiamo considerare questo Requiem il capolavoro di Berlioz?

 

R. – QUAND BERLIOZ A DIT ET ECRIT CELA …

“Quando Berlioz ha scritto questo, non aveva ancora composto tutti i capolavori successivi al Requiem: Les Troyens, Roméo et Juliette… Non so se il Requiem sia il capolavoro di Berlioz, forse no, ma resta ancora oggi, dopo 160 anni di esistenza, un pezzo estremamente commovente, moderno, sorprendente, capace di sconvolgere tutti, musicisti e pubblico.

 

D. - Lei ha sottolineato la modernità di quest’opera. La sua frequentazione della musica contemporanea e sperimentale procede di pari passo con la sperimentazione ante-litteram di Berlioz: la quadrifonia, le scale cromatiche utilizzate per ardire modulazioni, l’uso massiccio di timpani e ottoni…

 

R. – OUI, C’EST A’ DIRE QUE TOUT CE QUI ETAIT EXCESSIVEMENT MODERNE …

Sì, questo significa che tutto quello che era eccessivamente moderno per l’epoca di Berlioz, alla fine resta moderno ancora oggi: la sua audacia non solo nella scrittura, ma anche nel timbro, nel colore dell’orchestra. Penso, per esempio, nella fine dell’Agnus Dei, agli accordi di tromboni – estremamente gravi – e flauti negli acuti, lasciando vuote le parti intermedie: i tromboni in tutta la storia della musica sono gli strumenti che segnalano l’inferno, mentre il flauto indica il cielo, e in quel momento, nell’implorazione dell’Agnus Dei, Berlioz li fa suonare contemporaneamente, e l’uomo è giusto nel mezzo.

 

D. – Quale senso di religiosità trapela dalle pagine del Requiem?

 

R. – BERLIOZ AVAIT UNE RELIGIOSITE SPECIALE …

Berlioz aveva una religiosità speciale, come molti artisti dell’Ottocento, il suo credo era allo stesso tempo deista e panteista, perché la natura rappresen-tava per lui la divinità stessa, come creazione della divinità. Ciò significa che c’è prima di tutto la fede nell’uomo, è certo, ma anche commiserazione per la sua debolezza: l’uomo può trovare la speranza solamente altrove, non nell’uomo stesso. A questo ‘altrove’ Berlioz dà un margine molto ampio: può essere la divinità, ma non in tutti i suoi pezzi ciò è così evidente come per molti artisti del XIX secolo. Credo però che non esista alcuna opera di Berlioz che possa essere definita ‘nichilista’, senza speranza ... Del “Requiem” lui ha musicato il testo liturgico, cioè allo stesso tempo, il tormento, la difficoltà dell’esistenza, ma anche la speranza, l’aspettativa che possa esserci anche qualcos’altro ... Ecco, questo si ritrova – secondo me – in tutte le opere di Berlioz.

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CHIESA E SOCIETA’

1 aprile 2004

 

MATERIALISMO, VIOLENZA E PERMISSIVISMO TRA LE PIÙ PERICOLOSE

MINACCE PER LA FAMIGLIA. LO HA DENUNCIATO IL PRESIDENTE

DEL PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA GIUSTIZIA E DELLA PACE,

CARDINALE RENATO MARTINO, INTERVENENDO AL III CONGRESSO MONDIALE

DELLE FAMIGLIE, CONCLUSOSI IERI A CITTÀ DEL MESSICO

- A cura di Maurizio Salvi -

 

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CITTA’ DEL MESSICO. = Il Congresso, che si svolto in occasione del X anniversario dell’Anno Internazionale della Famiglia, decretato dalle Nazioni Unite, si è concluso con l’approvazione di un documento, in cinque punti, in cui si ricorda, fra l’altro, che la famiglia è una istituzione di diritto naturale, all’origine della società e costituisce la cellula base e fondamentale di essa. Essendo contraria alla natura umana - sottolinea il testo – non può essere riconosciuta come matrimonio l’unione di persone dello stesso sesso. Da parte sua, il cardinale Renato Martino, presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, ha introdotto la tavola rotonda finale, insistendo sul concetto che la famiglia è la chiave per il futuro dell’umanità. “Di fatto – ha aggiunto – essa possiede una specifica ed originale dimensione sociale in quanto luogo primario delle relazioni interpersonali, prima e vitale cellula della società”. Rilanciando, infine, un elemento espresso da Bernardo Klixberg della Banca Interamericana di sviluppo, il porporato ha evocato il concetto di capitale sociale, connaturato con la famiglia, e che ha un’importanza centrale per superare la povertà e promuovere uno sviluppo su vasta scala.

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NON DIMENTICATE L’UGANDA.

E’ L’ACCORATO APPELLO DEI COMBONIANI ALLA COMUNITA’ INTERNAZIONALE ALL’INDOMANI DELL’ASSASSINIO DEL MISSIONARIO PADRE LUCIANO FULVI

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

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KAMPALA. = “La tragica uccisione di padre Luciano Fulvi è l’ennesimo episodio di violenza nelle regioni settentrionali dell’Uganda, dove operano le nostre consorelle e i nostri confratelli”. Lo affermano - in una nota congiunta - la superiora generale delle comboniane, madre Adele Brambilla, e il superiore generale dei comboniani, padre Teresino Serra, dopo l’assassinio di padre Fulvi, trovato morto ieri mattina, nella sua stanza alla missione di Layibi. A questo drammatico episodio bisogna purtroppo aggiungere anche l’attacco perpetrato ieri, nel Nord del Paese dai ribelli del sedicente Esercito di resistenza del signore e costato la vita a cinque persone, tra cui un bambino e una donna barbaramente uccisa. Prendendo atto di questo inquietante scenario, i comboniani rivolgono, quindi, un accorato appello per chiedere, a tutte le componenti della comunità internazionale, un’autentica assunzione di responsabilità nei confronti dell’Uganda e della sua popolazione civile. I religiosi chiedono alle autorità di Kampala di far luce sull’assassinio di padre Fulvi e al governo del Sudan di impedire i rifornimenti di armi e munizioni destinati ai ribelli. Al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, All’Unione Africana (Ua) e alla Commissione dell’Unione Europea (Ue), i comboniani chiedono, infine, di inserire nelle loro rispettive agende questo “conflitto dimenticato” studiando opportune iniziative diplomatiche che possano fermare questa spirale di violenza.

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DENUNCIATA DAL VESCOVO DI RUMBEK, MONS. CESARE MAZZOLARI,

LA SITUAZIONE DELLA REGIONE DEL DARFUR, NEL SUDAN.

NEL PAESE AFRICANO PROSEGUONO INTANTO I NEGOZIATI

TRA GOVERNO E RIBELLI PER PROMUOVERE LA PACE

 

KARTHOUM. = “La guerra nel Darfur, la regione occidentale del Sudan dove ribelli e forze governative si affrontano da oltre un anno, va considerata – come sostiene l’Onu - una delle crisi umanitarie più gravi al mondo”. Lo ha dichiarato all’Agenzia missionaria Misna il vescovo di Rumbek, mons. Cesare Mazzolari, aggiungendo che anche “la popolazione araba è stata oggetto degli agguati di numerosi gruppi armati attivi nella regione”. Il vescovo ha denunciato, inoltre, “l’attacco indiscriminato contro i civili e l’improvviso risveglio di conflitti locali latenti”. Sul fronte politico, si deve intanto registrare la prima riunione, svoltasi ieri in Ciad, per le trattative di pace tra il governo sudanese e le formazioni ‘ribelli’ del Darfur. A poche ore dall’inizio dei negoziati tra l’esecutivo di Khartoum e i miliziani, sono inoltre stati arrestati Hassan Al Turabi, l’ex ideologo del regime islamico sudanese e leader dell’opposizione del Congresso popolare, e decine di ufficiali. Su tutti pende l’accusa di aver ordito un colpo di Stato ai danni del presidente, Omar el Bashir. (A.L.)

 

 

LA DIFFICILE SITUAZIONE DELLO ZIMBAWE,

PAESE COLPITO DA UNA GRAVE INSICUREZZA ECONOMICA,

 IN UNO STUDIO DIFFUSO DAL FONDO MONETARIO INTERNAZIONALE

 

HARARE. = La produttività economica dello Zimbabwe è crollata di un terzo negli ultimi cinque anni, la povertà è raddoppiata e la frequenza scolastica diminuita del 65 per cento. Sono alcuni dei dati diffusi dal Fondo Monetario Internazionale (Fmi) e pubblicati oggi dalla Bbc, che documentano il tragico tracollo dello Zimbabwe, Stato una volta ricco e fiorente. L’Fmi stima, inoltre, che l’inflazione sia annualmente raddoppiata negli ultimi tre anni, e si attesti attualmente al 600 per cento, mentre la disoccupazione è al 70 per cento. In questo contesto – si legge nel documento – il governo di Harare non dimostra alcuna volontà di cooperare con l’Fmi, verso il quale è debitore di 248 milioni di dollari. L’organizzazione internazionale rivolge, infine, un appello al Paese africano, dove il 30 per cento della popolazione adulta è sieropositiva, affinché si impegni nella lotta all’Aids. (A.L.)

 

 

IN PAKISTAN CRESCE, NELLA COMUNITÀ CRISTIANA, LA PAURA DI NUOVI AGGUATI

DA PARTE DI FONDAMENTALISTI ISLAMICI DOPO IL RECENTE ATTACCO,

CHE FORTUNATAMENTE NON HA CAUSATO VITTIME, CONTRO UNA CHIESA CATTOLICA

 

KARACHI. = In Pakistan un attacco incendiario contro una chiesa cattolica in un quartiere vicino a Karachi ha riacceso la paura di nuovi attentati contro la popolazione cristiana. L’agguato è avvenuto lo scorso 25 marzo, quando ignoti hanno lanciato una bomba molotov contro la Chiesa di St. Dominic nel quartiere di Bara Madein, a 14 chilometri da Karachi. L’esplosione non ha fortunatamente provocato vittime, ma solo qualche limitato danno materiale. Questo episodio ha messo in allarme la comunità cristiana locale i cui rappresentanti hanno criticato le forze di polizia per non avere saputo prevenire l’attacco. Ai cristiani della cittadina è giunta la solidarietà di diversi esponenti musulmani dell’area. La convivenza tra le due comunità nel quartiere è stata sempre pacifica, fatta eccezione per qualche episodio di tensione dopo l’inizio delle guerre in Afghanistan e Iraq. (L.Z.)

 

 

IN ITALIA: A RISCHIO DI SOPRAVVIVENZA UN PENSIONATO SU TRE.

LO DENUNCIA LA COMUNITÀ DI SANT’EGIDIO LANCIANDO UN APPELLO

AL GOVERNO AFFINCHE’ AFFRONTI QUESTA GRAVE EMERGENZA SOCIALE

 

ROMA. = Un aumento per l’acquisto di alimenti del 200 per cento, in due anni, per un gruppo di anziani che vive a Roma in una casa famiglia, assistita dalla Comunità di Sant’Egidio. L’allarme è stato lanciato dall’organizzazione di volontariato che ieri ha presentato un’indagine sulle condizioni degli anziani denunciando “il rischio di sopravvivenza” per un pensionato su tre con la pensione di vecchiaia. La Comunità di Sant’Egidio ha documentato, con tanto di scontrini, la spesa alimentare della piccola comunità dal dicembre 2001 a gennaio 2004. “In Italia - ha sottolineato Mario Marazziti, portavoce dell’associazione - si sta accorciando la vita degli anziani di fascia medio bassa e c’è il rischio di un’eutanasia sociale”. L’associazione ha inoltre lanciato un appello al governo affinché vengano realizzati, per gli anziani, interventi immediati quali l’istituzione di un fondo per la non autosufficienza e la predisposizione di una rete di servizi di protezione per l’assistenza socio-sanitaria e domiciliare. (A.L.)

 

 

 

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24 ORE NEL MONDO

1 aprile 2004

 

- A cura di Fausta Speranza -

 

La guerriglia oggi è tornata a colpire in Iraq. Un convoglio militare statunitense è stato attaccato questa mattina lungo la strada tra Fallujah e Ramadi. Nell’attacco ha perso la vita un soldato, mentre altri tre sono rimasti feriti. E c’è ancora sgomento per quanto accaduto ieri, quando all’annuncio della morte di quattro civili e di cinque soldati, tutti statunitensi, in diversi attacchi, si è accompagnato il racconto dell’accanimento della folla su alcuni cadaveri con gesti di inaudita brutalità. E’ accaduto a Falluja, città del cosiddetto Triangolo sunnita. Alcuni hanno festeggiato davanti a queste violenze e ragazzini hanno partecipato alle scene di giubilo sfidando Bush ad andare a Falluja. Da parte sua, l’amministra-tore americano in Iraq, Paul Bremer, ha detto oggi che gli attacchi “non resteranno impuniti” e ha assicurato che non “destabilizzeranno il cammino verso la stabilità e la democrazia in Iraq”. Ascoltiamo il punto di vista degli Stati Uniti, nel servizio di Paolo Mastrolilli:

 

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Le scene raccapriccianti, viste ieri in Iraq, rimettono in discussione l’intervento militare e soprattutto gli sforzi per conquistare il consenso della popolazione locale a favore del progetto di futuro governo democratico avanzato dagli Stati Uniti. Il totale dei militari morti, fra tutti i contingenti stranieri, ha superato ormai la soglia dei 600 e si avvicina ormai a 700. Il portavoce della Casa Bianca ha condannato il linciaggio di Falluja, definendolo orrendo, ma ha aggiunto che la maniera migliore di onorare le vittime è proseguire gli sforzi per creare la democrazia. Le scene, non trasmesse dalla tv americane, ricordavano quelle avvenute in Somalia nel ’93, che spinsero il presidente Clinton a ritirare le truppe dal Corno d’Africa. La situazione in Iraq è diversa tanto per gli interessi più diretti di Washington nella riuscita dell’occupazione tanto per le maggiori forze in campo. Le violenze allungano l’ombra sul passaggio dei poteri ad un governo locale che gli Stati Uniti vorrebbero completare entro la fine di giugno.

 

Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.

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Ma quanto è verosimile che lo scempio perpetrato ieri a Fallujah possa innescare una sorta di effetto Mogadiscio? Barbara Castelli lo ha chiesto ad Alberto Negri, inviato speciale a Baghdad per il “Sole 24 Ore”:

 

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R. – In questo Paese è sempre presente il pericolo di una situazione di quel ge-

nere. Ricordiamo che nell’aprile scorso, a Falluja, fu abbattuto un elicottero americano, come a Mogadiscio, dove rimasero uccisi una dozzina di soldati statunitensi. L’episodio di ieri, con la sua inaudita violenza, in qualche modo richiama proprio una situazione di questo genere.

 

D. – Pensando a nuovi episodi di violenza, lanciati da questi strateghi del caos, l’opinione pubblica americana potrebbe in qualche modo spingere Washing-ton al ritiro?

 

R. – Le reazioni da valutare sono due: una è quella, sì, degli americani e l’altra è quella all’interno dell’Iraq. Queste immagini terrificanti potrebbero avere un effetto addirittura moltiplicatore sulla situazione interna irachena. E se ci fosse un inasprimento della tensione e di episodi di questo genere, è evidente che tutta la politica americana in Iraq dovrebbe essere rivista. Attenzione, però, c’è una data, che è quella del 30 giugno, quella cioè del passaggio dei poteri ad un governo temporaneo iracheno. Da qui a quella data, probabilmente, assisteremo ad una forte instabilità politica. La novità, forse, più interessante è proprio questa: si sta stringendo una sorta di alleanza contro la costituzione dell’8 marzo e contro l’occupazione americana.

 

D. – Se la coalizione dovesse lasciare il Paese, cosa ne sarebbe oggi dell’Iraq?

 

R. – Io escludo che la coalizione possa lasciare il Paese prima del termine e tanto meno gi americani. Penso, soprattutto, all’eventualità di una instabilità costante e continua che faccia somigliare l’Iraq un po’ all’Algeria degli anni Cinquanta con l’occupazione francese. In questo senso credo che, forse, davanti a noi avremo ancora molti anni di destabilizzazione.

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I greco-ciprioti e i turco-ciprioti decideranno sulla riunificazione dell'isola con un referendum il 24 aprile. Le due comunità di Cipro, divise dal 1974, diranno l’ultima parola sul futuro del Paese dopo che è fallito il tentativo dei leader di trovare un accordo sul piano di pace del segretario generale dell'Onu, Kofi Annan. I negoziati erano cominciati una settimana fa in Svizzera e si sono conclusi nella notte scorsa con l’impossibilità di raggiungere un accordo anche sull'ultima stesura del piano. L’obiettivo del negoziato e, infine, del referendum sarebbe consentire all'isola di aderire unita all'Ue, il prossimo primo maggio. Se il referendum dovesse concludersi con un no alla riunificazione, solo la parte greca entrerebbe nell’Ue. Il leader turco-cipriota, Denktash, da Nicosia ha già annunciato di voler fare campagna per il “no” al referendum.

 

Alla seconda, e conclusiva, giornata di lavori della conferenza internazionale di Berlino sull'Afghanistan, i ministri degli esteri afghano e di sei Paesi confinanti hanno firmato oggi un accordo di collaborazione per la lotta all’esportazione di stupefacenti. Si tratta della ‘Dichiarazione di Berlino per la lotta alla droga’, che prevede la creazione di una “cintura di sicurezza” che interessa Cina, Pakistan, Iran, Turkmenistan, Tagikistan e Uzbekistan. La produzione e il traffico di droga sono uno dei maggiori ostacoli al processo democratico in Afghanistan. Secondo stime dell'Onu, nel 2002 sono state prodotte nel mondo 4.600 tonnellate di oppio greggio di cui solo in Afghanistan  3.400 tonnellate. Ieri i Paesi donatori si sono accordati per assicurazioni finanziarie all'Afghanistan per un volume complessivo di circa 8,2 miliardi di dollari nei prossimi tre anni. Nella seconda giornata della conferenza al centro del dibattito c’è il tema della sicurezza, soprattutto in vista delle prime elezioni democratiche del Paese che si terranno a settembre.

 

Nicolas Sarkozy ha esordito nei suoi nuovi panni di superministro francese dell'Economia assicurando che “tutto sarà fatto per la crescita, l’occupazione e lo spirito di giustizia”. “Queste saranno le mie parole-guida”, ha detto l’ex-ministro degli Interni ai giornalisti durante la cerimonia per il passaggio delle consegne al ministero dell’Economia. Sarkozy viene considerato l’asso nella manica del nuovo esecutivo francese presentato ieri pomeriggio. La parola da Parigi a Francesca Pierantozzi:

 

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La Francia ha un nuovo governo ed un vecchio primo ministro. Dopo la pesante sconfitta della destra alle amministrative di domenica, il presidente Jacques Chirac ha deciso di confermare la fiducia a Jean-Pierre Raffarin, che ha varato il suo terzo esecutivo. La composizione della squadra è stata laboriosa e l’annuncio dei nuovi ministri è stato ritardato di ora in ora. Alla fine, la lista dei nomi non ha riservato grosse sorprese: Nicholas Sarkozy resta l’uomo chiave del governo. Era stato catapultato agli Interni dopo le presidenziali del 2002, quando la principale preoccupazione dei francesi era la sicurezza. Oggi, che a dare pensiero sono la disoccupazione e la precarietà, il “super Sarkozy” vola all’economia. Per lui, infatti, è stato creato un “superministero” che raggruppa industria e finanze. A sostituirlo andrà Dominique de Villepin, l’uomo che disse no agli Stati Uniti e alla guerra in Iraq e che lascia così gli Esteri, rimpianto non soltanto dalla destra ma anche da buona parte dell’opinione progressista. Al Quai d’Orsay siederà l’ex commissario europeo Michel Barnier, che dovrebbe far rientrare la rotta francese verso il vecchio continente. Infine, alla Giustizia rimane Dominque Perben.

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Sono 41 in complesso gli arresti di terroristi legati al gruppo di estrema sinistra turco Dhkp-C eseguiti stamani in cinque Paesi: Italia, Turchia, Germania, Belgio e Olanda. Lo ha affermato il portavoce del ministero dell'interno turco Ibrahim Saracoglu che ha precisato che sono 25 i terroristi arrestati in Turchia stamani. Secondo il portavoce, l'azione, avvenuta alle 5 di stamani in coordinazione tra le polizie dei cinque Paesi, è stata innescata da informazioni inviate dall'intelligence turca alle competenti autorità dei Paesi europei.

 

Fallito in Bosnia l’ennesimo tentativo di catturare Radovan Karadzic, l’ex leader dei serbo-bosniaci, ricercato per crimini di guerra dal Tribunale penale internazionale, la corte che giudica i fatti del sanguinoso conflitto avvenuto nell’ex Jugoslavia negli anni ’90. Durante il blitz sono rimasti feriti un religioso ortodosso e suo figlio che si trovavano in una casa presa d’assalto da un commando della Nato a Pale, nei pressi di Sarajevo. Sono numerosi gli interrogativi sul perché sia fallito anche questo tentativo di arrestare il super-ricercato. Giancarlo La Vella ha raccolto il commento di mons. Pero Sudar, vescovo ausiliare di Sarajevo:

 

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R. – Certamente con i mezzi sofisticati che ci sono oggi è difficile credere che si possa non sapere dove si trova una persona in un Paese come il nostro. Penso che tutto questo faccia parte di un gioco. A cosa serva questo gioco, non saprei dirlo. Comunque, la situazione in Bosnia peggiora di mese in mese e di anno in anno. Questa situazione politica credo che blocchi.

 

D. – E’ anche vero che finché non vengono catturati tutti coloro che sono accusati di crimini contro l’umanità durante la guerra civile, la Nato dovrà rimanere nella regione?

 

R. – Penso che con la soluzione politica, che è stata imposta a Dayton, la Nato non potrà mai andare via. Noi dobbiamo cambiare gli accordi di Dayton, che sono ingiusti quanto il tentativo di coloro che hanno cominciato l’aggressione e la guerra per dividere la Bosnia. Non è importante stabilire fino a quando deve rimanere la Nato; è importante stabilire quando si comincerà a comprendere, con la buona volontà, che l’ingiustizia non può servire al raggiungimento della pace.

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Uno dei più potenti signori della guerra somali Ali Ahmed, noto come ‘Beerey’, comandante della milizia leale Musa Sudi Yalahow, è stato ucciso la scorsa notte. Ufficialmente è stato colpito da ‘fuoco amico’ per errore ma la ricostruzione lascia perplessi molti osservatori. Da almeno una settimana, in Somalia la parola sembra stia sempre più tornando alle armi. Violenti scontri si sono avuti nel Medio Giuba tra sottoclan legati a differenti signori della guerra regionali, con almeno 11 morti. In un’altra battaglia a Mogadiscio sono morte 5 persone. La tensione cresce in parallelo con l'impressione diffusa negli ambienti diplomatici della capitale keniana che i negoziati di pace in corso in Kenya dal settembre del 2002, e decollati tra grandi speranze, siano ormai ad un passo dalla formalizzazione del fallimento, malgrado alcune dichiarazioni ottimistiche di facciata. 

 

La polizia pachistana ha detto oggi di aver sventato un piano per assassinare il primo ministro, Zafarullah Khan Jamali, a Karachi, la città portuale nel sud del Paese. E’ stato arrestato un membro di un gruppo integralista islamico fuorilegge in possesso di esplosivo.

 

Il governo cinese si “oppone fermamente” alla decisione degli Usa di vendere apparecchi radar a lungo raggio a Taiwan. Lo ha detto il portavoce del ministero degli esteri cinese Kong Quan. “Il governo cinese si è sempre opposto a vendite da parte degli Usa di armi avanzate a Taiwan” ha detto Kong, “specialmente in questo momento”, in una situazione delicata e complicata tra le due sponde dello Stretto di Taiwan. Il portavoce ha chiesto agli Usa “di rispettare i principi dell'accordo firmato da Cina ed Usa nel 1982”, gli impegni presi da Washington di ridurre gradualmente le forniture a Taiwan, e “di non mandare un segnale sbagliato alle forze indipendentiste di Taiwan”. Ieri, il Pentagono ha annunciato la decisione di vendere a Taiwan apparecchi radar a lungo raggio per un valore di circa 1,78 miliardi di dollari.

 

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