RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n.
244 - Testo della trasmissione di martedì 31 agosto 2004
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO
Dalla Corte dell’Aja, le accuse di Milosevic: l’Occidente ha
distrutto la Jugoslavia
CHIESA E SOCIETA’:
In Iraq, febbrili trattative per la liberazione dei due giornalisti francesi. Massacrati dodici ostaggi nepalesi
Attentati kamikaze in Israele: 12 i morti
La mano di Al Qaeda dietro i disastri aerei in Russia: così oggi il presidente Putin, a conclusione del vertice russo-franco-tedesco di Soci
Ancora critica la situazione nella regione sudanese del Darfur: sequestrati oggi 22 operatori umanitari.
31 agosto 2004
DAVANTI A MARIA PER DIALOGARE CON LA SOCIETA’:
PRESENTATA AI GIORNALISTI
LA VISITA DEL PAPA A LORETO, IN COINCIDENZA CON IL
PELLEGRINAGGIO
DELL’AZIONE CATTOLICA DI TUTTO IL MONDO
-
Intervista con mons. Stanislaw Rylko ed il vescovo Francesco Lambiasi -
“La
Chiesa ha bisogno di te” , così il Papa si rivolge all’Azione cattolica per
invitarla a “prendere il largo” e ad avere il coraggio del futuro. Ed è proprio
per rispondere a questo appello di Giovanni Paolo II che il Forum
internazionale di Azione Cattolica, in collaborazione con il Pontificio Consiglio
per i Laici, ha organizzato il Congresso internazionale che prende il via
stasera alla Domus Pacis di Roma. Da venerdì prossimo, l’incontro proseguirà
con il pellegrinaggio a Loreto e avrà il suo culmine nell’incontro fra Giovanni
Paolo II e le Azioni Cattoliche del mondo, in programma domenica prossima 5
settembre nella Piana di Montorso, dove il Papa beatificherà tre figli
dell’associazione. Il servizio di Fabio Colagrande.
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Si tratta di due “prime volte” -
ha chiarito il vice direttore della sala stampa della Santa Sede, padre Ciro
Benedettini - la prima volta dopo il Concilio Vaticano II che le AC di tutto il
mondo si riuniscono a congresso e la prima volta che il Papa – grande amico di
AC - incontra i suoi soci in un appuntamento di così vaste proporzioni.
Il congresso, ha chiarito mons.
Rylko, presidente del Pontificio Consiglio per i Laici, è un ritorno alle fonti
per riscoprire l’originalità e l’attualità del carisma dell’associazione e
guardare al futuro con speranza. Mons. Rylko ha indicato l’Azione Cattolica tra
i protagonisti della nuova stagione aggregativa della Chiesa più volte citata
dal Papa, ricordando come questa realtà ecclesiale viva un momento di rilancio
in Italia, ma non solo:
“Terre di grande speranza sono
oggi i Paesi del centro-est europeo, dove l’Azione Cattolica per lunghi decenni
è stata soppressa dai regimi comunisti e oggi rinasce”.
L’assistente generale
dell’Azione Cattolica italiana, il vescovo Francesco Lambiasi, ha poi precisato
che si è scelto come luogo d’incontro il santuario Laureano per mettersi
all’ascolto di Maria, poiché un cristianesimo che prescinde dalla sua figura è
disincarnato. Ma, come ha precisato, l’Azione Cattolica va soprattutto a Loreto
per comunicare con la società:
“Abbiamo bisogno, per non
parlarci addosso, di riprendere il dialogo con la società sui temi più caldi,
che interessano i nostri amici e tutte le persone che abitano il nostro Paese.
Vogliamo ripartire da Loreto con questo mandato particolare che il Papa ci
riconsegnerà, perché l’Azione Cattolica o è missionaria o non è Azione Cattolica”.
La presidente dell’ACI, Paola
Bignardi, ha infine illustrato il programma del pellegrinaggio nazionale che
prende il via domani, coinvolgendo diverse città della regione Marche, e ha
ricordato come il legame evidenziato dal Forum internazionale sia un segno
profetico dell’unità della Chiesa e di quella “globalizzazione della
solidarietà e della speranza” auspicata dal Papa.
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UDIENZE
Giovanni Paolo II ha ricevuto
questa mattina, in successive udienze, cinque vescovi statunitensi in visita ad
Limina e il prof. Mario Agnes, direttore dell’Osservatore Romano.
MESSAGGIO DI RINGRAZIAMENTO AL PAPA
DEL
PATRIARCA ORTODOSSO RUSSO,
ALESSIO II, PER IL DONO DELL’ICONA DELLA MADRE DI
DIO DI KAZAN:
E’ STATO UN GESTO BENEVOLO, CHE CONTRIBUIRA’ AL
DIALOGO ECUMENICO
- A cura di Alessandro De Carolis -
Un atto di giustizia e di
benevolenza del Papa verso la Chiesa ortodossa russa. Un gesto che potrà
contribuire al superamento delle divergenze tra la Chiesa d’Occidente e quella
d’Oriente. Con questi concetti, il Patriarca ortodosso russo, Alessio II, ha
ringraziato in un messaggio il Papa per l’omaggio dell’icona della Madre di Dio
di Kazan. L’immagine sacra - custodita dal ’93 negli appartamenti del
Pontefice, dopo essere scomparsa per decenni dalla Russia – è stata donata
sabato scorso ad Alessio II dal cardinale Walter Kasper, presidente del
Pontificio Consiglio per l’Unità dei cristiani, nel corso di una solenne
cerimonia svoltasi a Mosca, nella Cattedrale della Dormizione al Cremlino.
Credo che il trasferimento dell’icona
in Russia sia stato “un atto di ristabilimento della giustizia e un atto della
benevolenza da parte di Sua santità”, si legge nel messaggio di Alessio II.
Nella decisione di Giovanni Paolo II, prosegue il testo, si coglie il “desiderio
sincero” del Papa “di voler superare le difficoltà che esistono nei rapporti
fra le nostre due Chiese. Possa questo evento trasformarsi nel nostro comune
contributo al superamento delle conseguenze negative” della storia del
Ventesimo secolo, segnata da persecuzioni senza precedenti contro la fede di
Cristo. Il Patriarca ortodosso prosegue sottolineando come l’icona della Madre
di Dio di Kazan riporti indietro la Chiesa al tempo in cui “non esistevano
divisioni” tra Est e Ovest, così visibili, “con rincrescimento”, ai nostri
giorni. E ribadisce che la Chiesa ortodossa russa, “anche nei momenti più
difficili nei suoi rapporti con la Chiesa cattolica”, ha sempre
“invariabilmente dichiarato la propria disponibilità a sviluppare tali
rapporti, in uno spirito di cooperazione sincera”. Il ritorno in Russia
dell’icona rappresenta “un passo nella giusta direzione” per la soluzione dei
problemi esistenti.
Inoltre, osserva ancora Alessio
II in chiusura di messaggio, i buoni rapporti tra le due Chiese sono “estremamente importanti per il futuro di Europa
e del mondo intero”, poiché l’annuncio dei valori cristiani alla società
secolarizzata riuscirà soltanto se tutti i cristiani sapranno mettere in
pratica il comandamento dell’amore di Gesù: “Amatevi gli uni gli altri come io
vi ho amati”. L’apertura nei rapporti fra i cristiani di vari confessioni,
puntualizza il Patriarca ortodosso, “presuppone il rispetto verso gli altri,
conoscenza della loro storia comune e sensibilità nell’intraprendere qualsiasi
azione in territori in cui l'altra tradizione cristiana è esistita per secoli”.
IL CINEMA, FONTE DI SCOPERTA E DI DIALOGO.
ULTIMO
APPUNTAMENTO CON LA RUBRICA ESTIVA DEDICATA
AD UNA RIFLESSIONE A PARTIRE DAGLI INSEGNAMENTI DI
GIOVANNI PAOLO II
- Intervista con mons. Enrique Planas y Coma e
Andrea Piersanti -
Appuntamento conclusivo oggi
della nostra rubrica estiva dedicata ad una riflessione ispirata agli
insegnamenti di Giovanni Paolo II. Raccogliendo l’invito del Papa a sfruttare
l’estate, caratterizzata da tempi meno frenetici e pressanti, per riscoprire un
equilibrio interiore, abbiamo posto l’accento su alcuni temi cari a Papa
Wojtyla. Per quest’ultima puntata, lasciamo spazio al cinema, come mezzo di
evangelizzazione e strumento di dialogo tra i popoli. Nelle arene estive non
mancano mai gli appuntamenti con le pellicole della scorsa stagione o con
quelle che aprono la strada all’inverno. Un’occasione, quindi, per scoprire
nuovi orizzonti e per abbattere le frontiere del pregiudizio. Il servizio di
Barbara Castelli:
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(Musica)
In 100 anni di storia il cinema
ha fatto sognare, ha fatto sorridere, sovente ha anche annoiato. Ma quello che
soprattutto si può trovare nel riflesso fumoso del proiettore da sala è spazio
per la scoperta, per una riflessione. Giovanni Paolo II dedica al cinema
particolare attenzione. Appena due settimane dopo essere stato eletto alla
cattedra di Pietro, il 31 ottobre 1978, invia il suo primo messaggio sulla
“settima arte” e nei suoi discorsi, compreso quello pronunciato nel “tempio”
della celluloide a Hollywood, il 15 settembre 1987, sottolinea il patrimonio
prezioso che rappresenta il cinema per tutti, richiamando, allo stesso tempo,
il senso di responsabilità di quanti operano nell’industria cinematografica.
Quale ruolo può giocare, quindi, il cinema nel processo di evangelizzazione? Ci
risponde mons. Enrique Planas y Coma, officiale delegato della Filmoteca Vaticana:
“Il cinema,
come tutti i mezzi di comunicazione sociale, può aiutare molto
l’evangelizzazione. Anzi, io direi che la nuova evangelizzazione non può
prescindere da questi mezzi. Il cinema, in questo senso, è un mezzo privilegiato,
perché è maestro di immagine. Riguardo ai contenuti, è un mezzo molto
flessibile, capace di accogliere messaggi molto complessi. Naturalmente il
Santo Padre, quando si rivolge al mondo del cinema, cerca di suscitare il senso
di responsabilità, sapendo che è un mezzo veramente prioritario. Per esempio,
l’utente, lo spettatore, quando si trova in una sala al buio, si trova in
silenzio di fronte a se stesso e di fronte alla propria coscienza, senza altre
sollecitazioni esterne. Pertanto, quelli che fanno il cinema dovrebbero avere
questo senso di responsabilità aggiunto, sapendo che l’influenza sulle persone
è molto grande”.
(Musica)
Il cinema capta i gusti, suscita
interrogativi, è capace di raggiungere simultaneamente milioni di individui.
Come può farsi strumento per la diffusione della pace e del dialogo tra i
popoli, in un mondo tanto tormentato dai conflitti? Abbiamo girato la domanda
ad Andrea Piersanti, presidente dell’Istituto Luce:
R. - Il cinema
è anzitutto uno strumento di conoscenza. In questi primi cento anni di storia
del cinema, abbiamo potuto vedere attraverso i film, le storie, i riferimenti
culturali di popoli lontanissimi da noi. E loro, i nostri fratelli così
lontani, hanno potuto vedere attraverso i nostri film molte storie che ci riguardavano
da vicino. Questo, in qualche modo, ha contribuito al dialogo, perché la
mancanza di dialogo spesso affonda le proprie radici nell’ignoranza, nella
mancanza di conoscenza dell’altro. Conoscere l’altro, saperne leggere le
storie, condividere emozioni e sentimenti, è sicuramente un ottimo strumento
per avvicinarsi e per instaurare un dialogo. Ecco, il cinema, in questo senso,
ha fatto moltissimo.
D. - Il cinema da tempo affronta
temi ispirati alla fede, pensiamo alle pellicole dedicate alle vite dei santi o
al film “The Passion” di Mel Gibson: come si può interpretare questa tendenza?
R. – Il pubblico
cinematografico, in tutto il mondo, ha bisogno anzitutto di verità, non ha
bisogno di finzioni o di relativismo. Ha bisogno di verità, magari scomode,
magari dure, magari molto esplicite, ma che siano in grado di ristabilire i
principi, di ristabilire le pietre miliari della nostra scala di valori. Per
questo il cinema, e in parte anche la televisione, sta riscoprendo i temi
legati alla religione. Sono, infatti, le storie dei Santi, le storie raccontate
dal Vangelo, quelle in grado innanzitutto di ristabilire questa scala di
valori.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
“La Chiesa ha bisogno di
un’Azione Cattolica che dall’eredità del passato attinga il coraggio del
futuro”: è il titolo che apre la prima pagina, in riferimento al Messaggio di
Giovanni Paolo II al Congresso internazionale dell’Associazione che si concluderà
domenica 5 settembre con il pellegrinaggio a Loreto.
Nelle vaticane, la Lettera di
Alessio II, Patriarca di Mosca e di tutta la Russia, a Giovanni Paolo II in
occasione del solenne avvenimento della consegna dell’Icona della Madre di Dio
di Kazan.
Nella pagina dedicata al cammino
della Chiesa in Asia, un articolo di Gabriele Nicolò sulle conclusioni
dell’ottava Assemblea plenaria della Federazione delle Conferenze Episcopali
dell’Asia, svoltasi a Daejeon, in Corea del Sud.
Nelle estere, Iraq: decapitati
dodici nepalesi che erano tenuti in ostaggio.
Nella pagina culturale, per la
rubrica “Incontri”, l‘editorialista ed inviato speciale Igor Man intervistato
da Giuseppe Costa.
Per ”L’Osservatore libri” un
approfondito articolo di Claudio Toscani in merito alle “Opere scelte” di
William Faulkner nei Meridiani Mondatori.
Nelle pagine italiane, in primo
piano la situazione all’Alitalia: resta liquidità solo per un altro mese.
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31
agosto 2004
AL
VIA, IERI SERA A NEW YORK, LA CONVENTION REPUBBLICANA
CON GLI INTERVENTI
DEL SENATORE
JOHN McCAIN E DELL’EX SINDACO DI NEW YORK, RUDY GIULIANI
- Con
noi, il prof. Tiziano Bonazzi -
“Una nazione coraggiosa”: questo
lo slogan scelto dai Repubblicani per aprire la Convention di partito al Madison
Square Garden di New York. Ieri, nel primo giorno della kermesse di
partito, riflettori puntati sulla risposta degli Stati Uniti all’attacco
terroristico dell’11 settembre. Sul palco, si sono avvicendati due protagonisti
della politica a stelle strisce, che qualcuno già vede come possibili successori
di Bush: il senatore McCain, eroe di guerra in Vietnam, e l’ex sindaco di New
York, Rudy Giuliani. Il servizio di Paolo Mastrolilli:
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(Voce McCain)
McCain ha cercato di appellarsi
ai moderati, dicendo che di fronte al pericolo del terrorismo non ci sono
Repubblicani e Democratici ma solo americani. Poi però ha aggiunto che Bush
deve essere rieletto, perché solo lui ha le qualità e la determinazione
necessarie a continuare e vincere la sfida con Al Qaeda. McCain ha difeso anche
la guerra in Iraq, dicendo che rimuovere Saddam era necessario per garantire la
sicurezza dell’America e del mondo. Dopo un tributo alle vittime dell’11
settembre, è venuto il momento di Giuliani che, ricordando le origini del
terrorismo internazionale, ha criticato anche l’Italia, accusandola di aver
fatto fuggire gli assalitori della nave Achille Lauro per paura di ritorsioni.
Giuliani ha attaccato duramente lo sfidante democratico Kerry, accusandolo di
cambiare sempre posizione e quindi di non essere in grado di guidare con
fermezza il Paese in guerra. Ha paragonato, quindi, la visione e la
determinazione di Bush a quella di Churchill contro il nazismo, ricordando la
sua reazione all’11 settembre, e ha aggiunto che per queste qualità deve essere
rieletto.
Da New York, per la Radio
Vaticana, Paolo Mastrolilli.
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Ad aprire la Convention, sono stati, dunque, due moderati del partito
Repubblicano, Giuliani e McCain. Sul significato politico dei loro interventi,
Alessandro Gisotti ha raccolto il commento del prof. Tiziano Bonazzi, docente
di storia americana all’Università di Bologna:
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R. – La presenza di Giuliani e McCain, ha un significato
estremamente preciso: quello di centrare la campagna elettorale, e non il
programma, sul tema della risolutezza, del coraggio, della decisione. Giuliani
e McCain per gli
americani sono fra i maggiori simboli di queste virtù, che sono virtù che
uniscono la cultura politica e sociale di un Paese da tutti gli altri punti di
vista così difforme e segmentato come gli Stati Uniti. Quello che i due
personaggi hanno detto consiste esattamente in questo: dimostrare cioè che il
problema attuale degli Stati Uniti non è quello della politica estera, ma la
sicurezza degli americani in un mondo violento, facendo vedere che i
Repubblicani hanno leadership con persone capaci, coerenti, coraggiose al cui
vertice c’è Bush.
D. – Stasera salirà sul palco
Arnold Schwarzenegger. Il
governatore della California resta un oggetto misterioso come politico, almeno
al di qua dell’Atlantico…
R. – Lo Schwarzenegger politico è un prodotto della politica
statunitense che è sempre di più una politica personalizzata e mediatica. Ciò
non toglie che Schwarzenegger sia anche un personaggio politico interessante in
se per sé: é un uomo che crede nel miracolo americano, ma certamente è un
repubblicano allineato sulle posizioni, ad esempio, del conservatorismo religioso
di buona parte dell’establishment repubblicano. In questo è un uomo politico
diverso e a sé, tra l’altro con idee anche a livello sociale che noi considereremmo
avanzate. Come già successo per Reagan, non possiamo considerarlo semplicemente
l’attore capitato per caso a fare il politico. E’ un uomo che ha avuto un
enorme successo cinematografico e mediatico, ma che ha anche una sua forte
componente ed una sua forte autonomia politica.
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MILOSEVIC ACCUSA DAL TRIBUNALE DELL’AJA:
L’OCCIDENTE HA DISTRUTTO LO
STATO JUGOSLAVO
- Intervista con Ingrid Badurina -
Davanti alla Corte penale dell’Aja, è cominciata oggi la
difesa di Slobodan Milosevic. L’ex leader serbo deve rispondere di 66
imputazioni relative a genocidio, crimini di guerra e contro l’umanità durante
i conflitti in Croazia, Bosnia-Erzegovina e Kosovo. Sentiamo Andrea Sarubbi:
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Due anni fa aveva rifiutato gli avvocati, preferendo
difendersi da solo. E stamattina lo ha fatto, con poca diplomazia e molta
rabbia. “Menzogne spudorate”, ha detto, riferendosi ai capi di accusa contro di
lui, e scaricando le colpe su una comunità internazionale che – a suo parere –
ha creato e mantenuto un’immagine deformata di quanto accadde nella ex Jugoslavia.
Non il Paese dei conflitti, creato a tavolino dopo la seconda guerra mondiale,
ma – secondo Milosevic – uno Stato multiculturale, multiconfessionale e
multietnico che proprio l’Occidente avrebbe distrutto, alimentando le tendenze
separatiste e consentendo la creazione di unità paramilitari in contrapposizione
all’esercito di Belgrado. E non è un caso che, tra gli Stati criticati dall’ex
leader serbo, ci siano quelli che, per primi, riconobbero la Croazia, come la
Germania e la Santa Sede stessa. Poi, rivolto ai giudici, Milosevic ha
sottolineato di nuovo la presunta illegalità della Corte, ed ha annunciato che
il suo intervento durerà più del previsto, almeno fino a domani. Dopo i numerosi
rinvii per motivi di salute, dunque, i tempi del processo si dilatano ancora:
l’imputato ha altre 150 udienze a disposizione per far intervenire i testimoni,
e sembra intenzionato ad utilizzarle fino in fondo.
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Ma quale strategia si nasconde
dietro le accuse a tutto campo di Milosevic. L’opinione di Ingrid Badurina,
corrispondente da Zagabria del quotidiano La Stampa:
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STEFANO BALDINI RACCONTA IL SUO TRIONFO OLIMPICO
NELLA MARATONA DI ATENE
- Intervista con l’olimpico -
Se c’è
una gara che per storia ed emozioni sintetizza le Olimpiadi al meglio questa è
la maratona. Ancor più se i 42 chilometri e 195 metri, che ricordano la corsa
di Filippide, sono proprio là dove l’impresa fu compiuta. A vincere la suggestiva
maratona di Atene 2004 è stato l’italiano Stefano Baldini, che ieri è tornato
in patria acclamato come un eroe. Un’emozione incredibile, che Baldini racconta
al microfono di Alessandro Gisotti:
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R. – E’ la realizzazione di
tanti sogni, il concretizzare tanto lavoro. Quando succedono queste cose tu
vedi tutto quello che hai fatto, tutto il lavoro, tutta la passione, tutta la
serietà che hai messo in quello che fai. Vedi che si concretizza. Chiaramente è
il massimo della soddisfazione. Indimenticabile è stato l’ingresso nello Stadio
Panatinaiko. Veramente bellissimo. E poi indimenticabile la premiazione
all’interno della cerimonia di chiusura, dentro quello stadio, in mondovisione.
Un’emozione… con l’Inno di Mameli che chiude i Giochi Olimpici… Insomma mi sono
sentito veramente un italiano fortunato.
D. – Il presidente Ciampi è
stato tra i primi a congratularsi con te. Senti anche il peso di questa
emozione, di questa commozione, da parte di tutto un popolo?
R. – Sicuramente, ma questo
spirito è di tutti gli atleti azzurri che hanno partecipato alle Olimpiadi, non
solo di quelli che sono arrivati sul podio. E’ chiaro che oggi in particolare
parliamo di me, che ho chiuso le Olimpiadi in quel modo, ma voglio ricordare
anche tutti gli altri ragazzi che hanno dato il massimo, onorando il Paese che
hanno rappresentato. Anche se alla fine non sono riusciti ad arrivare sul
podio, ad un risultato di prestigio, comunque ce l’hanno messa tutta.
D. – Stefano, i 100 metri durano
meno di dieci secondi. Nella tua gara si corre per due ore e più. Che cosa
viene alla mente, se c’è il tempo anche di pensare?
R. – Di tutte le ore di
allenamento che si fanno, le due ore di gara sono quelle più brevi, che passano
più velocemente. E’ una gara dove si ragiona molto e hai anche il tempo di
pensare. Soprattutto, nel finale, quando vedevo questa medaglia d’oro che si
stava concretizzando, mi è passata davanti tutta la storia della mia vita
sportiva e non, e ho realizzato che stavo facendo una grande impresa.
D. – Hai una dedica particolare
per questo trionfo olimpico?
R. – Lo dedico a me stesso,
perché sono stato bravo. Stavolta veramente non ho mollato mai, non solo nella
gara, ma giorno dopo giorno. Ci ho messo tanta passione, tanto amore, tanta
serietà e alla fine sono riuscito a tirare fuori queste due ore, le migliori
della mia vita e nell’occasione più importante.
D. – Dopo questo successo, un
meritato riposo?
R. – Direi proprio di sì. Ci
vuole e ce ne sarà bisogno. A 33 anni vedevo la mia carriera sfumare ed invece
questa medaglia d’oro è una “bellissima sfortuna”, perché mi obbligherà ad
arrivare fino a Pechino 2008.
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FILM D’AUTORE, TANTO SPETTACOLO E IL RITORNO DEGLI
AMERICANI
ALLA 61MA EDIZIONE DELLA MOSTRA DEL CINEMA DI
VENEZIA
CHE SI INAUGURA DOMANI: CE NE PARLA
IL NUOVO DIRETTORE MARCO MÜLLER
- Servizio di Luca Pellegrini -
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Le vere star della Mostra del
Cinema di Venezia - al via a partire dal primo settembre per undici giorni di
infuocata kermesse cinematografica - sono i 71 lungometraggi prescelti e
favoriti, suddivisi in cinque sezioni, tra le quali il tradizionale Concorso, e
il ritorno della sezione notturna con spettacolari pellicole, non solo
americane.
Come già scritto, annunciato e
commentato, pioggia di film italiani: tre in concorso – i nomi sono quelli di
Gianni Amelio, Michele Placido e Guido Chiesa – e altri disseminati qua e là,
con blasonate presenze come la triade Antonioni-Soderbergh-Wong Kar Wai per Eros. Due Leoni d’Oro: all’americano
Stanley Donen e, meritatissimo, al 96.enne portoghese Manoel de Oliveira che
porta al Lido la sua ultima fatica, “O
quinto Imperio”.
Marco Müller, neo-direttore
della Mostra, ha ammesso: “Chi fabbrica un festival deve rassegnarsi a
interrogare un orizzonte di questioni alle quali sarà possibile trovare
risposte vere solo con le edizioni successive”. Gli abbiamo chiesto di iniziare
a scrutare con noi, alla vigilia dell’inaugurazione del Festival, questo orizzonte:
R. –
Innanzitutto, parliamo di contenuti della mostra, cioè uno degli interrogativi
che hanno attraversato tutto il lavoro di selezione – per me, ma anche per i cinque
esperti che hanno lavorato a stretto contatto di gomito con la direzione – era
proprio quello di capire quanto ci potessimo permettere di far vedere, in
questa 61.ma Mostra, dei film ai quali bisognava regalare più visibilità: cioè
quanto potevamo usare i film, quelli di cui tutti parlano, quelli di cui tutti
aspettano l’anteprima, per tirare su la curiosità per gli altri film. E in
questo senso, abbiamo optato poi per una formula che mescoli gli elementi:
cioè: il mix delle componenti è il cinema di ricerca che ha ancora voglia di
esplorare territori nuovi, di rivelare nuove autorialità. E’ la Mostra
“Galleria d’arte contemporanea” con i grandi autori.
D. – Perché credere ancora nelle
grandi rassegne cinematografiche, ed in particolare in questa di Venezia?
R. – Perché il Festival di
Venezia è comunque uno degli appuntamenti principali a livello internazionale
che può in qualche modo imporre dei film che altrimenti non godrebbero di tanto
interesse nell’attenzione degli addetti ai lavori. Ma non penso soltanto alla
stampa e ai media: penso soprattutto ai compratori, penso a quei piccoli
distributori coraggiosi che poi difenderanno i film che riescono comunque ad
esistere nel cuore e nella testa di spettatori sensibili, proprio perché hanno
una densità spirituale e intellettuale che non sono più moneta corrente.
Si apre con una commedia
americana, “The Terminal”, di
Steven Spielberg – presente il regista – con Tom Hanks e Catherine Zeta-Jones.
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31 agosto 2004
DA
OGGI AL 4 SETTEMBRE, LA STORIA RELIGIOSA DELLA CROAZIA E DELLA SLOVENIA
AL
CENTRO DEI LAVORI DELLA “XXVI SETTIMANA EUROPEA”,
PROMOSSA
DALLA FONDAZIONE AMBROSIANA PAOLO VI
ED
OSPITATA PRESSO VILLA CAGNOLA, A GAZZADA, VICINO VARESE
VARESE. = La
storia religiosa della Croazia e della Slovenia al centro della “XXVI Settimana
europea”, che si è aperta stamane presso Villa Cagnola a Gazzada, vicino
Varese, promossa dalla Fondazione ambrosiana Paolo VI. Tradizionale appuntamento
d’inizio settembre, le “Settimane europee” rispondono ad un progetto di studio,
nato già alla fine degli anni Settanta, per delineare il quadro complessivo
della storia religiosa del Vecchio Continente. Un progetto oggi di particolare
attualità e utilità nel contesto dell’allargamento dell’Unione Europea.
L’edizione di quest’anno, realizzata in collaborazione con l’Università
Cattolica del Sacro Cuore di Milano e con il patronato della Presidenza della
Regione Lombardia, inaugura un ciclo di tre settimane dedicato all’Europa
Balcanica, regione estremamente frammentata dal punto di vista delle lingue e
delle culture, anche religiose, pure all’interno di uno stesso Stato. Da oggi
al 4 settembre si ripercorrerà tutta la vicenda religiosa di Croazia e Slovenia
dalla loro evangelizzazione fino ai nostri giorni. L’intenzione è quella di
esplorare le diverse identità nazionali, mettendo in luce la storia di quelle
comunità, garantite nel tempo – ad onta delle variabili religiose – da comuni
appartenenze statali, da comuni lingue e letterature, da comuni basi culturali
e civili, ma non sottacendo il fatto che Paesi a marcata o assoluta maggioranza
religiosa non si limitano a professare all’interno la propria religione, ma se
ne fanno esportatori all’esterno, per ragioni di apostolato, ma anche di potere
politico. Parteciperanno all’iniziativa relatori di prestigio e specialisti di
Storia della Chiesa come Miran Špelič, francescano minore dell’Università
di Lubiana, Franjo Šanjek OP dell’Università di Zagabria e Roberto Morozzo
Della Rocca della Comunità di Sant’Egidio. (R.G.)
A 50
ANNI DALLA MORTE, SOLENNE CELEBRAZIONE EUCARISTICA, IERI A
MILANO,
DEDICATA
ALLA MEMORIA DEL BEATO CARDINALE, IDELFONSO SCHUSTER,
DEFINITO
DAL CARDINALE TETTAMANZI “UN UOMO TUTTO DI DIO”
- A
cura di Fabio Brenna -
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MILANO. = “Un uomo tutto di Dio e per questo
totalmente dedicato all’uomo”: è questa la sintesi di una personalità
multiforme, come quella del beato cardinale Ildefonso Schuster, che guidò la
diocesi di Milano attraverso 25 difficili anni, dal 1929 al 1954. Ed è
l’immagine offerta dall’arcivescovo di Milano, il cardinale Dionigi Tettamanzi,
che ieri ha celebrato il 50.mo anniversario della morte, avvenuta proprio nel
Seminario di Venegono, una delle opere volute dallo stesso Schuster. Il
porporato ha voluto ricordare come Schuster, perfetto liturgo, avesse dovuto
affrontare molte critiche, sopportare tante sofferenze, mantenendo però una
straordinaria serenità. Una dote che Schuster conservò anche negli anni bui
della dittatura e della guerra, riuscendo – ha osservato ancora il cardinale
Tettamanzi – ad “aiutare con un’immensa opera caritativa i prigionieri, i
giovani, i perseguitati, i sofferenti e questo senza mai abbandonare la città
ed i suoi abitanti, ergendosi dunque come vero ‘defensor civitatis’”.
Una laboriosità apostolica fuori dal comune contraddistinse tutta l’opera di
Schuster che girò in lungo e in largo l’immensa diocesi, costituita da oltre
1.100 parrocchie, per cinque visite pastorali. Egli stesso si definiva “il facchino
della diocesi”. Ma su tutto - ha insistito il cardinale Tettamanzi - è costante
la tensione alla santità: “Il demonio non teme i nostri cinematografi o i
campetti da calcio – soleva ripetere il beato – il demonio ha paura della
santità: ecco perché dobbiamo essere santi!”.
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UN
GENERALE ITALIANO, GUIDO PALMIERI, E’ STATO NOMINATO A CAPO
DEGLI
OSSERVATORI MILITARI DELL’ONU IN INDIA E PAKISTAN,
INCARICATI DI CONTROLLARE LA LINEA DEL CESSATE IL FUOCO NEL KASMIR, CONTESO FRA
I DUE PAESI
NEW
YORK. = Il generale italiano Guido Palmieri è stato nominato a capo degli
osservatori militari dell'Onu in India e Pakistan ((UNMOGIP). Come riferisce un
comunicato delle Nazioni Unite, il generale Calmieri, 60 anni, fa parte delle
Forze armate italiane dal 1967 ed ha alle spalle una vasta esperienza internazionale,
in particolare in Asia. Come ex vice addetto militare in India – prosegue la
nota – ha già avuto contatti diretti con il reparto che gli è stato affidato
dal segretario generale dell'Onu, Kofi Annan. Palmieri ha ricoperto importanti
incarichi anche presso la Nato. L’UNMOGIP è un corpo di osservatori istituito
nel 1949 per controllare la linea di cessate il fuoco nel Kashmir, territorio
in parte indiano e in parte pakistano, sul quale entrambi i Paesi rivendicano
la sovranità. L'Italia vi partecipa dal 1961 e ne aveva già avuto il comando
tra il 1994 e il 1997. Per ragioni di opportunità politico-diplomatica, da novembre
ad aprile il reparto ha il suo quartier generale a Rawalpindi, in Pakistan, e
per il restante periodo a Srinagar, in India. L’UNMOGIP comprende 43
osservatori militari, 22 civili e 44 collaboratori locali. (R.G.)
OGGI A
MANILA, LA CONSEGNA DEL PRESTIGIOSO PREMIO “RAMON MAGSAYSAY”,
CONSIDERATO
IL NOBEL DELL’ASIA ED INTITOLATO ALLA MEMORIA DELL’AMATO
PRESIDENTE
FILIPPINO, SCOMPARSO NEL ’57. TRA I VINCITORI IL MEDICO CINESE
JIANAG YANYONG, INSIGNITO PER
AVERE DENUNCIATO
LA GRAVITA’ DELL’EPIDEMIA SARS NEL SUO PAESE
MANILA. = Il prestigioso premio
“Ramon Magsaysay”, considerato il “Nobel per la Pace” dell’Asia, sarà
consegnato oggi a Manila, capitale delle Filippine. Come riferisce l’Agenzia
Misna, il riconoscimento prende il nome dal terzo presidente delle Filippine,
forse la figura più popolare e amata nella storia della nazione orientale, e
viene assegnato ogni anno a cittadini del continente asiatico che si siano
distinti per la dedizione alle proprie comunità nel segno della pace e
dell’armonia sociale. I vincitori dell’edizione 2004 sono: l’indiano Laxminarayan
Ramdas, ex-ufficiale della marina indiana, e il giornalista pakistano Ibn Abdur
Rehman per l’impegno nel riavvicinare tra loro le rispettive popolazioni divise
da decenni di ostilità: Insignita anche la filippina Haydee Yorac, direttrice
della Commissione presidenziale per il Buongoverno, e il connazionale Benjamin
Abadiano, per la tutela dei diritti e dell’identità culturale dei popoli
indigeni delle Filippine. La lista dei premiati continua con Abdullah Abu
Sayeed, intellettuale bangladese che nel 1978, constatando il declino culturale
del suo Paese, fondò il Centro di letteratura mondiale del Bangladesh, un
circolo di lettura che ha riavvicinato migliaia di giovani alla letteratura.
Premiato anche il contadino tailandese Prayong Ronnarong della regione meridionale
di Nakhon, famosa per le piantagioni dell’albero della gomma: Ronnarong è
riuscito a far superare alla sua comunità la crisi per il recente crollo del
prezzo della gomma, sapendo riunire gli sforzi dei contadini e riorganizzando
la produzione della collettività con metodi più moderni. Infine, per la
medicina è stato insignito del premio il dottor Jiang Yanyong, ufficiale medico
in pensione dell’esercito cinese, per aver contribuito a rendere pubblica
l’epidemia di Sars (Sindrome respiratoria acuta severa) nella Repubblica
Popolare Cinese, quando le autorità di Pechino ancora esitavano a comunicare le
vere dimensioni del contagio. Jiang Yanyong potrebbe essere assente alla
cerimonia della consegna del riconoscimento, perché nei giorni scorsi le
autorità cinesi si sarebbero rifiutate di concedergli il visto per recarsi a
Manila. (R.G.)
LA
COMMISSIONE EUROPEA PROPONE UNA STRATEGIA COMUNITARIA
PER AFFRONTARE IL PERICOLO DELLE INONDAZIONI, CHE NEGLI ULTIMI CINQUE ANNI
HANNO CAUSATO 700 MORTI E DANNI
ECONOMICI PER 25 MILIARDI DI EURO
BRUXELLES. = L'Europa propone
una strategia per fronteggiare il pericolo inondazioni. Dal 1998 al 2003 si
sono verificate nel continente più di 100 inondazioni gravi, che hanno causato
la morte di oltre 700 persone, migrazioni forzate di almeno 500 mila individui
e danni economici che ammontano ad oltre 25 miliardi di euro. Le inondazioni
non rappresentano un pericolo virtuale ma una vera e propria minaccia da
affrontare con un'azione concertata su tutto il territorio comunitario,
attraverso programmi di gestione del rischio e redazione di procedure e piani
di emergenza, finalizzati a conoscere, prevenire ed affrontare i pericoli idrogeologici
nei bacini fluviali e nelle zone costiere. La Commissione europea indica tra le
priorità la creazione di una mappa del rischio, mediante una cartografia
continuamente aggiornata, e un sistema di circolazione delle informazioni e
dati tecnici e scientifici. Si tratta anche di approntare misure per
l'informazione e la sensibilizzazione dei cittadini, per coinvolgerli ed orientarne
i comportamenti, sia in materia di tutela che di gestione delle emergenze. Informazione
- secondo la Commissione – tanto più necessaria nella prospettiva che il rischio aumenti negli anni futuri per
le conseguenze del cambiamento climatico: precipitazioni più abbondanti ed
innalzamento del livello del mare. Anche la manomissione del territorio
contribuisce a aumentare il rischio, a causa della deforestazione, degli interventi
artificiali sui corsi dei fiumi, della soppressione di vaste aree che un tempo
si allagavano periodicamente, creando una zona cuscinetto con gli abitati.
Anche gli effetti delle inondazioni saranno sempre più gravi, nella misura in
cui le aree a maggior rischio sono quelle che negli anni hanno attratto
investimenti, urbanizzazione, industrializzazione, agricoltura intensiva. (R.G.)
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31
agosto 2004
- A cura di Barbara Castelli e Rosa Praticò
-
In Iraq sono stati uccisi 12
ostaggi nepalesi recentemente rapiti dal gruppo islamico ‘Ansar Al Sunna’. Le
drammatiche immagini di queste barbare uccisioni sono state pubblicate su un
sito islamico. E nel Paese arabo cresce l’angoscia per la sorte dei due
reporter francesi, Christian Chesnot e Georges Malbrunot, sequestrati lo scorso
20 agosto da guerriglieri. L’ultimatum lanciato dal sedicente ‘Esercito
islamico’ al governo di Parigi è stato prorogato di altre 24 ore. Il servizio
di Amedeo Lomonaco:
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In un
video trasmesso da Al Jazeera, i due giornalisti francesi hanno lanciato un
drammatico appello. “Invito il popolo francese – ha detto Chesnot, il
primo a parlare – e tutti quelli che capiscono il senso della vita, a manifestare
per esprimere il rifiuto della legge che proibisce il velo”. “Chiedo al
presidente Chirac e al governo francese – ha aggiunto Malbrunot – a dare prova
di buone intenzioni verso i due mondi, arabo e islamico, e ad annullare la
legge”. E per arrivare ad una soluzione positiva della vicenda è sempre più
intenso il lavoro diplomatico. Il capo di Stato francese, durante il vertice
franco-russo-tedesco in corso a Soci, sul Mar Nero, ha dichiarato che sarà
fatto tutto il possibile per ottenere un immediato rilascio. Il ministro degli Esteri, Michel Barnier, ha
incontrato il suo collega giordano, Marwan Moasher, ed il premier, Jean Pierre
Raffarin, ha convocato una riunione di emergenza con i ministri
dell’Educazione, dell’Interno e delle Comunicazioni. Il
presidente della conferenza episcopale francese, l’arcivescovo di Bordeaux,
Jean Pierre Ricard, ha inoltre espresso con un comunicato la solidarietà della
Chiesa verso tutte quelle persone che per le loro responsabilità di governo, diplomatiche,
professionali, umanitarie, o in nome della fede, manifestano sdegno e condanna
per l’intollerabile ricatto e uniscono i loro sforzi per ottenere il rilascio
dei due giornalisti. In Iraq proseguono,
intanto, le violenze. Un alto responsabile turcomanno del ministero
dell’Istruzione, Ibrahim Ismail, è stato ucciso stamani a Kirkuk da un gruppo
di ribelli. E questa notte la città sunnita di Falluja è stata teatro di
furiosi combattimenti scoppiati quando carri armati americani hanno risposto ad
un attacco sferrato da guerriglieri. Un portavoce dell’esercito statunitense ha
dichiarato, senza fornire un bilancio preciso, che “durante gli scontri sono
morti molti assalitori”. In questo scenario drammaticamente segnato dalle
violenze, si deve rimarcare che il leader radicale sciita, Moqtada Al Sadr, ha
chiesto alle proprie milizie di porre fine ai combattimenti in tutto il Paese
arabo. Il giovane imam, che si appresta a partecipare al processo politico per
il nuovo Iraq post Saddam Hussein, ha anche rivolto un appello per l’immediato
rilascio dei due giornalisti francesi. La liberazione dei due reporter è stata
sollecitata anche dal movimento fondamentalista palestinese ‘Hamas’.
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In Medio Oriente si riaccende la
violenza. Diversi ordigni sono esplosi oggi nella località meridionale di
Beersheva. Due deflagrazioni si sono verificate su due autobus, mentre una
terza in un centro commerciale. Lo ha riferito la radio israeliana,
specificando che le azioni terroristiche hanno causato almeno 12 vittime e decine
di feriti. Un altro attentato, invece, è stato sventato ad Erez, principale
punto di passaggio fra la striscia di Gaza e Israele, mentre l’esercito dello
Stato ebraico ha condotto una pesante incursione a Jenin, nel nord della
Cisgiordania. Il premier israeliano, Ariel Sharon, intanto, ha riferito ai ministri
del suo partito, il Likud, le linee del suo piano di ritiro dai Territori. Non
sono mancate le critiche. Graziano Motta:
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Sharon accelera i tempi del
ritiro di soldati e coloni dalla Striscia di Gaza e da alcuni insediamenti
della Cisgiordania, dalla fine dell’anno venturo al mese di febbraio 2005 e, di
conseguenza, avvicina le scadenze preparatorie. Il 14 settembre presenterà al
Gabinetto di sicurezza, che ieri aveva definito a maggioranza compiti
dell’esercito e della polizia, il piano di evacuazione dei coloni da villaggi e
fattorie, con le modalità di indennizzo a quanti volontariamente lo
accetteranno. Il 26 settembre lo sottoporrà al governo, che avrà un mese di
tempo di riflettere e compattarsi. Il 3 novembre, infine, il piano sarà
all’esame della Knesset per la sua approvazione. Presentando questo calendario
ai ministri del suo partito Likud, profondamente divisi, Sharon ha detto:
“Sapete come la penso. Nulla mi fermerà: non mi farò legare né mani né piedi”.
Le loro reazioni sono state decisamente critiche. “I tempi strettissimi per il
ritiro saranno interpretati come una nostra fuga – ha detto il ministro delle
finanze, Benjamin Netanyahu – con un disimpegno graduale, invece, eviteremo che
Gaza si trasformi in base terroristica e stempereremo, infine, le tensioni
politiche interne, allusione all’apposizione di coloni e di partiti
nazionalisti e religiosi.
Per la Radio Vaticana, Graziano
Motta.
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Il
presidente russo, Vladimir Putin, ha puntato il dito oggi contro un’alleanza
tra Al Qaeda e i ribelli ceceni per gli attentati contro i due aerei di linea
della settimana scorsa, costati la vita ad 89 persone. A conclusione del vertice
russo-franco-tedesco di Soci, sul Mar Nero, con Jacques Chirac e Gerhard
Schroeder, il capo del Cremlino ha, inoltre, espresso la contrarietà di Mosca
all’allargamento degli Stati che posseggono armi nucleari, in particolare
all’inclusione nel club dell’Iran. Il cancelliere Schroeder, dal canto suo, ha
sottolineato che l’ormai ricorrente formato bilaterale di questi incontri “non
è diretto contro nessuno”, ma “ha un grande effetto positivo” sul rafforzamento
della cooperazione tra Mosca, Parigi e Berlino e “sul benessere dei popoli
della Russia e dell’Europa” occidentale.
Veniamo
alle elezioni presidenziali di domenica in Cecenia, criticate oggi dall’Unione
Europea. Il 73 per cento dei voti ha incoronato ufficialmente ieri Alu Alkhanov,
l’uomo del Cremlino, alla presidenza della Cecenia, insanguinata terra del
Caucaso che la Russia cerca da un decennio di tenere legata a sé, nonostante la
sfida della guerriglia islamico-indipendentista. Alkhanov ha subito assicurato
una nuova impostazione ideologica per sconfiggere l’estremismo secessionista,
dedicando le energie anche alla ricostruzione dell’economia nazionale.
Si
riaccende la violenza in Afghanistan. Un raid aereo americano nell’est del
Paese ha causato questa mattina la morte di almeno sei afghani e il ferimento
di altri nove. Cresce, intanto, la preoccupazione internazionale in vista delle
elezioni presidenziali. Il segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan,
ha lanciato ieri un appello al governo di Kabul, alla forza di pace Isaf e alla
coalizione internazionale perché “prendano tutte le misure necessarie” per
proteggere l’appuntamento del prossimo 9 ottobre.
Ripartono domani, a Belfast, i
negoziati di pace nell’Irlanda del Nord. Agli accordi del 1998, infatti, non è
seguita la sperata riconciliazione tra separatisti e unionisti che da anni
dividono il Paese. Tante le questioni in gioco, prima fra tutte il disarmo
totale dei guerriglieri dell’Ira. La tornata negoziale si
concluderà con un summit, dal 16 al 18 settembre, nel castello di Leeds
(sud-est di Londra) durante il quale i premier britannico, Tony Blair, e quello
irlandese, Bertie Ahern, incontreranno i partiti nordirlandesi.
I
vescovi del Sudan chiedono alla comunità internazionale di intervenire immediatamente
se il governo di Khartoum non si assumerà la responsabilità delle violenze
nella regione del Darfur. In una dichiarazione diffusa dall’agenzia Fides, i
presuli chiedono il disarmo delle milizie arabe e l’individuazione dei responsabili
delle violenze. Oggi, intanto, 22 sudanesi, impegnati in una campagna di vaccinazioni
di bambini nel sud della regione, sono stati rapiti dai ribelli del Movimento
per la giustizia e l’uguaglianza. E proprio mentre scadeva ieri l’ultimatum
dell’ONU al Sudan, invitato a non sostenere la guerriglia, a Nairobi il
consigliere speciale dell’ONU per i rifugiati, Dennis McMara, ha denunciato
nuovi atti di violenza in Darfur, contro donne, bambini e popolazione civile.
Giulio Albanese:
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Attualmente – ha rilevato il
rappresentante dell’Onu – non esiste alcuna giustizia indipendente nel Darfur.
E questo significa che i responsabili di tali violenze non sono perseguibili.
Il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha recentemente approvato una risoluzione presentata
dagli Stati Uniti che intima al governo sudanese di fermare le scorrerie delle
milizie arabe, i famigerati Janjaweed, di cui sarebbe alleato, pena l’adozione
di sanzioni economiche. Secondo l’Onu, quella del Darfur è la peggiore crisi
umanitaria in atto sul pianeta, con almeno 30 mila morti negli ultimi 15 mesi e
più di un milione di persone costrette a fuggire dai propri villaggi per
sottrarsi alle violenze. Karthoum nega di appoggiare le milizie arabe e
sostiene di aver fatto il possibile per fermare le violenze. A complicare la
situazione è giunta la notizia che i ribelli del Darfur avrebbero rapito otto
tra funzionari del Programma Alimentare Mondiale e operatori della Mezza Luna
Rossa. A lanciare l’accusa è stato il Ministero degli Affari Umanitari
sudanese, in un comunicato diffuso ieri.
Per la Radio Vaticana, Giulio
Albanese.
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Nuovo
episodio di violenza ad Haiti. Alcuni sconosciuti hanno aperto il fuoco ieri
contro un ospedale, senza fortunatamente causare vittime, mentre era in corso
la visita del segretario di Stato francese agli affari esteri, Renaud Muselier.
Tra i 100 e i 400 manifestanti si sono riuniti nei pressi dell’edificio per
manifestare contro il forzato esilio dell’ex presidente haitiano, Jean Bertrand
Aristide.
Possibile ripresa dei negoziati
in Colombia tra il governo e le Forze Armate rivoluzionarie colombiane. Le
Farc, infatti, avrebbero accettato come interlocutore per lo scambio degli
ostaggi l’Alto Commissario per la pace, Luis Carlos Restrepo. Lo ha riferito un
rappresentante dei guerriglieri, Raul Reies, respingendo, tuttavia, la proposta
di Bogotà di condurre le trattative via internet.
Le autorità iraniane hanno
arrestato oggi decine di presunte spie, fra le quali diverse sospettate di aver
passato informazioni sul programma nucleare di Teheran a potenze nemiche. Lo ha
riferito oggi il ministro dell’Intelligence, Ali Yunesi. La maggior parte degli
arrestati, ha aggiunto Yunisi, erano legati all’Organizzazione dei Mujahidin
del Popolo, all’opposizione.
L’Agenzia Internazionale per
l’Energia Atomica (AIEA) ha lodato oggi la disponibilità a cooperare
manifestata dalla Libia, dopo la decisione di smantellare il suo programma nucleare.
Ora, quindi, per Tripoli basteranno i controlli di routine, anche se il
portavoce dell’organismo di controllo, Mark Gwodzdecky, sottolinea la necessità
di verificare che il Paese non abbia prodotto copie dei suoi progetti.
La Corea del Nord ha
boicottato i colloqui economici previsti oggi a Seul con la Corea del Sud. Si
tratta dell’ennesima rappresaglia contro l’esodo di massa in agosto di quasi
500 rifugiati nordcoreani giunti in appena due giorni in Corea del sud per
ottenervi asilo politico. Lo rende noto il ministero della Riunificazione
nazionale sudcoreano. Pyongyang aveva già cancellato all’inizio di agosto i
colloqui politici a livello ministeriale, senza fornire spiegazioni ufficiali.
Almeno dieci morti, sei dispersi
e 160 feriti: è il bilancio del violento tifone Chaba, che tra ieri e oggi si è
abbattuto sul Giappone. Circa 40.000 persone, inoltre, sono state evacuate
dalle loro case per timore di frane e inondazioni a causa delle piogge
torrenziali portate dal tifone. Chaba sta ora per colpire l’isola settentrionale
di Hokkaido, posta in stato di massima allerta.
La Corte d’Appello di Parigi ha
emesso ieri un mandato di arresto nei confronti dell’ex terrorista italiano
Cesare Battisti. Lo scorso 21 agosto Battisti, condannato dalla giustizia italiana
all’ergastolo per omicidi, non si è presentato al commissariato per espletare
l’obbligo della firma. Prossimo appuntamento del caso Battisti il 29 settembre,
quando la Corte di Cassazione dovrà decidere sul ricorso contro l’estradizione
concessa il 30 giugno scorso dalla Corte d’Appello di Parigi su richiesta della
giustizia italiana.
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