RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVIII n. 244 - Testo della trasmissione di martedì 31 agosto 2004

 

Sommario

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Presentata questa mattina in Sala Stampa vaticana la prossima visita di Giovanni Paolo II a Loreto, in coincidenza con il pellegrinaggio dell’Azione Cattolica Italiana: ai nostri microfoni mons. Stanislaw Rylko

 

Messaggio di ringraziamento al Papa del Patriarca ortodosso russo, Alessio II, per il dono dell’Icona della Madre di Dio di Kazan: un gesto benevolo, che contribuirà al dialogo ecumenico

 

Il cinema, fonte di scoperta e di dialogo, secondo gli insegnamenti del Pontefice: con noi mons. Enrique Planas y Coma ed Andrea Piersanti.

 

OGGI IN PRIMO PIANO

Al via, ieri sera a New York, la Convention repubblicana con gli interventi del senatore John Mccain e dell’ex sindaco di New York, Rudy Giuliani: intervista con Tiziano Bonazzi

 

Dalla Corte dell’Aja, le accuse di Milosevic: l’Occidente ha distrutto la Jugoslavia

 

Un’emozione lunga due ore: ai nostri microfoni, Stefano Baldini racconta il suo trionfo olimpico nella Maratona

 

Film d’autore e il ritorno degli americani alla 61.ma Mostra del cinema di Venezia che inizia domani: ce ne parla Marco Müller.

 

CHIESA E SOCIETA’:

Da oggi al 4 settembre, la storia religiosa della Croazia e della Slovenia al centro dei lavori della “XXVI Settimana europea”

 

A 50 anni dalla morte, solenne celebrazione eucaristica, ieri a Milano, dedicata alla memoria del Beato cardinale, Idelfonso Schuster

 

Un generale italiano, Guido Palmieri è stato nominato a capo degli osservatori militari dell’Onu in India e Pakistan

 

Oggi a Manila, la consegna del prestigioso premio “Ramon Magsaysay”, considerato il Nobel dell’Asia ed intitolato alla memoria dell’amato presidente filippino, scomparso nel ’57

 

La Commissione Europea propone una strategia comunitaria per affrontare il pericolo delle inondazioni

 

24 ORE NEL MONDO:

In Iraq, febbrili trattative per la liberazione dei due giornalisti francesi. Massacrati dodici ostaggi nepalesi

 

Attentati kamikaze in Israele: 12 i morti

 

La mano di Al Qaeda dietro i disastri aerei in Russia: così oggi il presidente Putin, a conclusione del vertice russo-franco-tedesco di Soci

 

Ancora critica la situazione nella regione sudanese del Darfur: sequestrati oggi 22 operatori umanitari.

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

31 agosto 2004

 

 

DAVANTI A MARIA PER DIALOGARE CON LA SOCIETA’: PRESENTATA AI GIORNALISTI

LA VISITA DEL PAPA A LORETO, IN COINCIDENZA CON IL PELLEGRINAGGIO

DELL’AZIONE CATTOLICA DI TUTTO IL MONDO

- Intervista con mons. Stanislaw Rylko ed il vescovo Francesco Lambiasi -

 

“La Chiesa ha bisogno di te” , così il Papa si rivolge all’Azione cattolica per invitarla a “prendere il largo” e ad avere il coraggio del futuro. Ed è proprio per rispondere a questo appello di Giovanni Paolo II che il Forum internazionale di Azione Cattolica, in collaborazione con il Pontificio Consiglio per i Laici, ha organizzato il Congresso internazionale che prende il via stasera alla Domus Pacis di Roma. Da venerdì prossimo, l’incontro proseguirà con il pellegrinaggio a Loreto e avrà il suo culmine nell’incontro fra Giovanni Paolo II e le Azioni Cattoliche del mondo, in programma domenica prossima 5 settembre nella Piana di Montorso, dove il Papa beatificherà tre figli dell’associazione. Il servizio di Fabio Colagrande.

 

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Si tratta di due “prime volte” - ha chiarito il vice direttore della sala stampa della Santa Sede, padre Ciro Benedettini - la prima volta dopo il Concilio Vaticano II che le AC di tutto il mondo si riuniscono a congresso e la prima volta che il Papa – grande amico di AC - incontra i suoi soci in un appuntamento di così vaste proporzioni.

 

Il congresso, ha chiarito mons. Rylko, presidente del Pontificio Consiglio per i Laici, è un ritorno alle fonti per riscoprire l’originalità e l’attualità del carisma dell’associazione e guardare al futuro con speranza. Mons. Rylko ha indicato l’Azione Cattolica tra i protagonisti della nuova stagione aggregativa della Chiesa più volte citata dal Papa, ricordando come questa realtà ecclesiale viva un momento di rilancio in Italia, ma non solo:

 

“Terre di grande speranza sono oggi i Paesi del centro-est europeo, dove l’Azione Cattolica per lunghi decenni è stata soppressa dai regimi comunisti e oggi rinasce”.

 

L’assistente generale dell’Azione Cattolica italiana, il vescovo Francesco Lambiasi, ha poi precisato che si è scelto come luogo d’incontro il santuario Laureano per mettersi all’ascolto di Maria, poiché un cristianesimo che prescinde dalla sua figura è disincarnato. Ma, come ha precisato, l’Azione Cattolica va soprattutto a Loreto per comunicare con la società:

 

“Abbiamo bisogno, per non parlarci addosso, di riprendere il dialogo con la società sui temi più caldi, che interessano i nostri amici e tutte le persone che abitano il nostro Paese. Vogliamo ripartire da Loreto con questo mandato particolare che il Papa ci riconsegnerà, perché l’Azione Cattolica o è missionaria o non è Azione Cattolica”.

 

La presidente dell’ACI, Paola Bignardi, ha infine illustrato il programma del pellegrinaggio nazionale che prende il via domani, coinvolgendo diverse città della regione Marche, e ha ricordato come il legame evidenziato dal Forum internazionale sia un segno profetico dell’unità della Chiesa e di quella “globalizzazione della solidarietà e della speranza” auspicata dal Papa.

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UDIENZE

 

Giovanni Paolo II ha ricevuto questa mattina, in successive udienze, cinque vescovi statunitensi in visita ad Limina e il prof. Mario Agnes, direttore dell’Osservatore Romano.

 

 

MESSAGGIO DI RINGRAZIAMENTO AL PAPA

 DEL PATRIARCA ORTODOSSO RUSSO,

ALESSIO II, PER IL DONO DELL’ICONA DELLA MADRE DI DIO DI KAZAN:

E’ STATO UN GESTO BENEVOLO, CHE CONTRIBUIRA’ AL DIALOGO ECUMENICO

- A cura di Alessandro De Carolis -

 

Un atto di giustizia e di benevolenza del Papa verso la Chiesa ortodossa russa. Un gesto che potrà contribuire al superamento delle divergenze tra la Chiesa d’Occidente e quella d’Oriente. Con questi concetti, il Patriarca ortodosso russo, Alessio II, ha ringraziato in un messaggio il Papa per l’omaggio dell’icona della Madre di Dio di Kazan. L’immagine sacra - custodita dal ’93 negli appartamenti del Pontefice, dopo essere scomparsa per decenni dalla Russia – è stata donata sabato scorso ad Alessio II dal cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per l’Unità dei cristiani, nel corso di una solenne cerimonia svoltasi a Mosca, nella Cattedrale della Dormizione al Cremlino.

 

         Credo che il trasferimento dell’icona in Russia sia stato “un atto di ristabilimento della giustizia e un atto della benevolenza da parte di Sua santità”, si legge nel messaggio di Alessio II. Nella decisione di Giovanni Paolo II, prosegue il testo, si coglie il “desiderio sincero” del Papa “di voler superare le difficoltà che esistono nei rapporti fra le nostre due Chiese. Possa questo evento trasformarsi nel nostro comune contributo al superamento delle conseguenze negative” della storia del Ventesimo secolo, segnata da persecuzioni senza precedenti contro la fede di Cristo. Il Patriarca ortodosso prosegue sottolineando come l’icona della Madre di Dio di Kazan riporti indietro la Chiesa al tempo in cui “non esistevano divisioni” tra Est e Ovest, così visibili, “con rincrescimento”, ai nostri giorni. E ribadisce che la Chiesa ortodossa russa, “anche nei momenti più difficili nei suoi rapporti con la Chiesa cattolica”, ha sempre “invariabilmente dichiarato la propria disponibilità a sviluppare tali rapporti, in uno spirito di cooperazione sincera”. Il ritorno in Russia dell’icona rappresenta “un passo nella giusta direzione” per la soluzione dei problemi esistenti.

 

Inoltre, osserva ancora Alessio II in chiusura di messaggio, i buoni rapporti tra le  due Chiese sono “estremamente importanti per il futuro di Europa e del mondo intero”, poiché l’annuncio dei valori cristiani alla società secolarizzata riuscirà soltanto se tutti i cristiani sapranno mettere in pratica il comandamento dell’amore di Gesù: “Amatevi gli uni gli altri come io vi ho amati”. L’apertura nei rapporti fra i cristiani di vari confessioni, puntualizza il Patriarca ortodosso, “presuppone il rispetto verso gli altri, conoscenza della loro storia comune e sensibilità nell’intraprendere qualsiasi azione in territori in cui l'altra tradizione cristiana è esistita per secoli”.

 

 

 L’ESTATE OASI DELLO SPIRITO

CON IL PAPA UNA RIFLESSIONE IN TEMPO DI VACANZA

 

 

IL CINEMA, FONTE DI SCOPERTA E DI DIALOGO.

 ULTIMO APPUNTAMENTO CON LA RUBRICA ESTIVA DEDICATA

AD UNA RIFLESSIONE A PARTIRE DAGLI INSEGNAMENTI DI GIOVANNI PAOLO II

- Intervista con mons. Enrique Planas y Coma e Andrea Piersanti -

 

Appuntamento conclusivo oggi della nostra rubrica estiva dedicata ad una riflessione ispirata agli insegnamenti di Giovanni Paolo II. Raccogliendo l’invito del Papa a sfruttare l’estate, caratterizzata da tempi meno frenetici e pressanti, per riscoprire un equilibrio interiore, abbiamo posto l’accento su alcuni temi cari a Papa Wojtyla. Per quest’ultima puntata, lasciamo spazio al cinema, come mezzo di evangelizzazione e strumento di dialogo tra i popoli. Nelle arene estive non mancano mai gli appuntamenti con le pellicole della scorsa stagione o con quelle che aprono la strada all’inverno. Un’occasione, quindi, per scoprire nuovi orizzonti e per abbattere le frontiere del pregiudizio. Il servizio di Barbara Castelli:

 

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(Musica)

 

In 100 anni di storia il cinema ha fatto sognare, ha fatto sorridere, sovente ha anche annoiato. Ma quello che soprattutto si può trovare nel riflesso fumoso del proiettore da sala è spazio per la scoperta, per una riflessione. Giovanni Paolo II dedica al cinema particolare attenzione. Appena due settimane dopo essere stato eletto alla cattedra di Pietro, il 31 ottobre 1978, invia il suo primo messaggio sulla “settima arte” e nei suoi discorsi, compreso quello pronunciato nel “tempio” della celluloide a Hollywood, il 15 settembre 1987, sottolinea il patrimonio prezioso che rappresenta il cinema per tutti, richiamando, allo stesso tempo, il senso di responsabilità di quanti operano nell’industria cinematografica. Quale ruolo può giocare, quindi, il cinema nel processo di evangelizzazione? Ci risponde mons. Enrique Planas y Coma, officiale delegato della Filmoteca Vaticana:

 

“Il cinema, come tutti i mezzi di comunicazione sociale, può aiutare molto l’evangelizzazione. Anzi, io direi che la nuova evangelizzazione non può prescindere da questi mezzi. Il cinema, in questo senso, è un mezzo privilegiato, perché è maestro di immagine. Riguardo ai contenuti, è un mezzo molto flessibile, capace di accogliere messaggi molto complessi. Naturalmente il Santo Padre, quando si rivolge al mondo del cinema, cerca di suscitare il senso di responsabilità, sapendo che è un mezzo veramente prioritario. Per esempio, l’utente, lo spettatore, quando si trova in una sala al buio, si trova in silenzio di fronte a se stesso e di fronte alla propria coscienza, senza altre sollecitazioni esterne. Pertanto, quelli che fanno il cinema dovrebbero avere questo senso di responsabilità aggiunto, sapendo che l’influenza sulle persone è molto grande”. 

 

(Musica)

 

Il cinema capta i gusti, suscita interrogativi, è capace di raggiungere simultaneamente milioni di individui. Come può farsi strumento per la diffusione della pace e del dialogo tra i popoli, in un mondo tanto tormentato dai conflitti? Abbiamo girato la domanda ad Andrea Piersanti, presidente dell’Istituto Luce:

 

R. - Il cinema è anzitutto uno strumento di conoscenza. In questi primi cento anni di storia del cinema, abbiamo potuto vedere attraverso i film, le storie, i riferimenti culturali di popoli lontanissimi da noi. E loro, i nostri fratelli così lontani, hanno potuto vedere attraverso i nostri film molte storie che ci riguardavano da vicino. Questo, in qualche modo, ha contribuito al dialogo, perché la mancanza di dialogo spesso affonda le proprie radici nell’ignoranza, nella mancanza di conoscenza dell’altro. Conoscere l’altro, saperne leggere le storie, condividere emozioni e sentimenti, è sicuramente un ottimo strumento per avvicinarsi e per instaurare un dialogo. Ecco, il cinema, in questo senso, ha fatto moltissimo.

 

D. - Il cinema da tempo affronta temi ispirati alla fede, pensiamo alle pellicole dedicate alle vite dei santi o al film “The Passion” di Mel Gibson: come si può interpretare questa tendenza?

 

R. – Il pubblico cinematografico, in tutto il mondo, ha bisogno anzitutto di verità, non ha bisogno di finzioni o di relativismo. Ha bisogno di verità, magari scomode, magari dure, magari molto esplicite, ma che siano in grado di ristabilire i principi, di ristabilire le pietre miliari della nostra scala di valori. Per questo il cinema, e in parte anche la televisione, sta riscoprendo i temi legati alla religione. Sono, infatti, le storie dei Santi, le storie raccontate dal Vangelo, quelle in grado innanzitutto di ristabilire questa scala di valori. 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

“La Chiesa ha bisogno di un’Azione Cattolica che dall’eredità del passato attinga il coraggio del futuro”: è il titolo che apre la prima pagina, in riferimento al Messaggio di Giovanni Paolo II al Congresso internazionale dell’Associazione che si concluderà domenica 5 settembre con il pellegrinaggio a Loreto.

 

Nelle vaticane, la Lettera di Alessio II, Patriarca di Mosca e di tutta la Russia, a Giovanni Paolo II in occasione del solenne avvenimento della consegna dell’Icona della Madre di Dio di Kazan.

Nella pagina dedicata al cammino della Chiesa in Asia, un articolo di Gabriele Nicolò sulle conclusioni dell’ottava Assemblea plenaria della Federazione delle Conferenze Episcopali dell’Asia, svoltasi a Daejeon, in Corea del Sud.

 

Nelle estere, Iraq: decapitati dodici nepalesi che erano tenuti in ostaggio.

 

Nella pagina culturale, per la rubrica “Incontri”, l‘editorialista ed inviato speciale Igor Man intervistato da Giuseppe Costa.

Per ”L’Osservatore libri” un approfondito articolo di Claudio Toscani in merito alle “Opere scelte” di William Faulkner nei Meridiani Mondatori.

 

Nelle pagine italiane, in primo piano la situazione all’Alitalia: resta liquidità solo per un altro mese.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

31 agosto 2004

 

AL VIA, IERI SERA A NEW YORK, LA CONVENTION REPUBBLICANA CON GLI INTERVENTI

DEL SENATORE JOHN McCAIN E DELL’EX SINDACO DI NEW YORK, RUDY GIULIANI

- Con noi, il prof. Tiziano Bonazzi -

 

“Una nazione coraggiosa”: questo lo slogan scelto dai Repubblicani per aprire la Convention di partito al Madison Square Garden di New York. Ieri, nel primo giorno della kermesse di partito, riflettori puntati sulla risposta degli Stati Uniti all’attacco terroristico dell’11 settembre. Sul palco, si sono avvicendati due protagonisti della politica a stelle strisce, che qualcuno già vede come possibili successori di Bush: il senatore McCain, eroe di guerra in Vietnam, e l’ex sindaco di New York, Rudy Giuliani. Il servizio di Paolo Mastrolilli:

 

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(Voce McCain)

 

McCain ha cercato di appellarsi ai moderati, dicendo che di fronte al pericolo del terrorismo non ci sono Repubblicani e Democratici ma solo americani. Poi però ha aggiunto che Bush deve essere rieletto, perché solo lui ha le qualità e la determinazione necessarie a continuare e vincere la sfida con Al Qaeda. McCain ha difeso anche la guerra in Iraq, dicendo che rimuovere Saddam era necessario per garantire la sicurezza dell’America e del mondo. Dopo un tributo alle vittime dell’11 settembre, è venuto il momento di Giuliani che, ricordando le origini del terrorismo internazionale, ha criticato anche l’Italia, accusandola di aver fatto fuggire gli assalitori della nave Achille Lauro per paura di ritorsioni. Giuliani ha attaccato duramente lo sfidante democratico Kerry, accusandolo di cambiare sempre posizione e quindi di non essere in grado di guidare con fermezza il Paese in guerra. Ha paragonato, quindi, la visione e la determinazione di Bush a quella di Churchill contro il nazismo, ricordando la sua reazione all’11 settembre, e ha aggiunto che per queste qualità deve essere rieletto.

 

Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.

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Ad aprire la Convention, sono stati, dunque, due moderati del partito Repubblicano, Giuliani e McCain. Sul significato politico dei loro interventi, Alessandro Gisotti ha raccolto il commento del prof. Tiziano Bonazzi, docente di storia americana all’Università di Bologna:

 

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R. – La presenza di Giuliani e McCain, ha un significato estremamente preciso: quello di centrare la campagna elettorale, e non il programma, sul tema della risolutezza, del coraggio, della decisione. Giuliani e McCain per gli americani sono fra i maggiori simboli di queste virtù, che sono virtù che uniscono la cultura politica e sociale di un Paese da tutti gli altri punti di vista così difforme e segmentato come gli Stati Uniti. Quello che i due personaggi hanno detto consiste esattamente in questo: dimostrare cioè che il problema attuale degli Stati Uniti non è quello della politica estera, ma la sicurezza degli americani in un mondo violento, facendo vedere che i Repubblicani hanno leadership con persone capaci, coerenti, coraggiose al cui vertice c’è Bush.

 

D. – Stasera salirà sul palco Arnold Schwarzenegger. Il governatore della California resta un oggetto misterioso come politico, almeno al di qua dell’Atlantico…

 

R. – Lo Schwarzenegger politico è un prodotto della politica statunitense che è sempre di più una politica personalizzata e mediatica. Ciò non toglie che Schwarzenegger sia anche un personaggio politico interessante in se per sé: é un uomo che crede nel miracolo americano, ma certamente è un repubblicano allineato sulle posizioni, ad esempio, del conservatorismo religioso di buona parte dell’establishment repubblicano. In questo è un uomo politico diverso e a sé, tra l’altro con idee anche a livello sociale che noi considereremmo avanzate. Come già successo per Reagan, non possiamo considerarlo semplicemente l’attore capitato per caso a fare il politico. E’ un uomo che ha avuto un enorme successo cinematografico e mediatico, ma che ha anche una sua forte componente ed una sua forte autonomia politica.

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MILOSEVIC ACCUSA DAL TRIBUNALE DELL’AJA:

L’OCCIDENTE HA DISTRUTTO LO STATO JUGOSLAVO

- Intervista con Ingrid Badurina -

 

Davanti alla Corte penale dell’Aja, è cominciata oggi la difesa di Slobodan Milosevic. L’ex leader serbo deve rispondere di 66 imputazioni relative a genocidio, crimini di guerra e contro l’umanità durante i conflitti in Croazia, Bosnia-Erzegovina e Kosovo. Sentiamo Andrea Sarubbi:

 

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Due anni fa aveva rifiutato gli avvocati, preferendo difendersi da solo. E stamattina lo ha fatto, con poca diplomazia e molta rabbia. “Menzogne spudorate”, ha detto, riferendosi ai capi di accusa contro di lui, e scaricando le colpe su una comunità internazionale che – a suo parere – ha creato e mantenuto un’immagine deformata di quanto accadde nella ex Jugoslavia. Non il Paese dei conflitti, creato a tavolino dopo la seconda guerra mondiale, ma – secondo Milosevic – uno Stato multiculturale, multiconfessionale e multietnico che proprio l’Occidente avrebbe distrutto, alimentando le tendenze separatiste e consentendo la creazione di unità paramilitari in contrapposizione all’esercito di Belgrado. E non è un caso che, tra gli Stati criticati dall’ex leader serbo, ci siano quelli che, per primi, riconobbero la Croazia, come la Germania e la Santa Sede stessa. Poi, rivolto ai giudici, Milosevic ha sottolineato di nuovo la presunta illegalità della Corte, ed ha annunciato che il suo intervento durerà più del previsto, almeno fino a domani. Dopo i numerosi rinvii per motivi di salute, dunque, i tempi del processo si dilatano ancora: l’imputato ha altre 150 udienze a disposizione per far intervenire i testimoni, e sembra intenzionato ad utilizzarle fino in fondo.

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Ma quale strategia si nasconde dietro le accuse a tutto campo di Milosevic. L’opinione di Ingrid Badurina, corrispondente da Zagabria del quotidiano La Stampa:

 

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R. – In realtà quello che Milosevic ha detto questa mattina non ha nulla di nuovo. Da due anni a questa parte, Milosevic va ripetendo che la Jugoslavia è stata distrutta per volontà dei poteri occidentali, che c’è stato un piano ben preciso e che il suo unico motivo era quello di difendere il suo Paese dall’aggressione interna.

 

D. – Milosevic ha chiamato a testimoniare circa 1.600 persone, tra cui Bill Clinton, Tony Blair e Gerard Schoeder. Con quale obiettivo, secondo te?

 

R. – Lui stesso sa benessimo che, probabilmente, nessuno di questi personaggi si presenterà al suo processo. Credo che lui abbia voluto soprattutto metterli in imbarazzo perché effettivamente ci sono stati dei periodi in cui è stato trattato alla pari da questi uomini del potere occidentale: andavano a Belgrado ed hanno avuto contatti con lui. Credo che lui abbia più che altro il desiderio di metterli in imbarazzo, ricordando loro certe occasioni e certi loro incontri.

 

D. – Che cos’è che è mancato a Milosevic per tenere unita la Jugoslavia, rispetto a quello che faceva in fondo Tito?

 

R. – La Jugoslavia di Milosevic in realtà non era la Jugoslavia di Tito. Tito ha avuto il concetto di un Paese, composto da sei Repubbliche, due regioni autonome in cui ognuno poteva rimanere indipendente. Per Milosevic, la Jugoslavia era il sinonimo di grande Serbia. Milosevic ha quindi continuato a parlare di Jugoslavia ma, in realtà, nella sua visione era il dominio della Serbia su tutte le altre Repubbliche. Questo non poteva quindi essere accettato. Lo hanno rifiutato prima gli sloveni, poi i croati e poi tutti gli altri.

 

D. – Quanto dava fastidio quella Jugoslavia alla comunità internazionale?

 

R. – La Jugoslavia, quella diciamo di Tito, è sempre stato un Paese di equilibrio tra l’Occidente ed i Paesi orientali. Non si capisce, quindi, quale sarebbe stato il motivo per i quali i poteri occidentali avrebbero potuto e voluto soprattutto distruggere il Paese.

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UN’EMOZIONE LUNGA DUE ORE:

STEFANO BALDINI RACCONTA IL SUO TRIONFO OLIMPICO NELLA MARATONA DI ATENE

- Intervista con l’olimpico -

 

Se c’è una gara che per storia ed emozioni sintetizza le Olimpiadi al meglio questa è la maratona. Ancor più se i 42 chilometri e 195 metri, che ricordano la corsa di Filippide, sono proprio là dove l’impresa fu compiuta. A vincere la suggestiva maratona di Atene 2004 è stato l’italiano Stefano Baldini, che ieri è tornato in patria acclamato come un eroe. Un’emozione incredibile, che Baldini racconta al microfono di Alessandro Gisotti:

 

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R. – E’ la realizzazione di tanti sogni, il concretizzare tanto lavoro. Quando succedono queste cose tu vedi tutto quello che hai fatto, tutto il lavoro, tutta la passione, tutta la serietà che hai messo in quello che fai. Vedi che si concretizza. Chiaramente è il massimo della soddisfazione. Indimenticabile è stato l’ingresso nello Stadio Panatinaiko. Veramente bellissimo. E poi indimenticabile la premiazione all’interno della cerimonia di chiusura, dentro quello stadio, in mondovisione. Un’emozione… con l’Inno di Mameli che chiude i Giochi Olimpici… Insomma mi sono sentito veramente un italiano fortunato.

 

D. – Il presidente Ciampi è stato tra i primi a congratularsi con te. Senti anche il peso di questa emozione, di questa commozione, da parte di tutto un popolo?

 

R. – Sicuramente, ma questo spirito è di tutti gli atleti azzurri che hanno partecipato alle Olimpiadi, non solo di quelli che sono arrivati sul podio. E’ chiaro che oggi in particolare parliamo di me, che ho chiuso le Olimpiadi in quel modo, ma voglio ricordare anche tutti gli altri ragazzi che hanno dato il massimo, onorando il Paese che hanno rappresentato. Anche se alla fine non sono riusciti ad arrivare sul podio, ad un risultato di prestigio, comunque ce l’hanno messa tutta.

 

D. – Stefano, i 100 metri durano meno di dieci secondi. Nella tua gara si corre per due ore e più. Che cosa viene alla mente, se c’è il tempo anche di pensare?

 

R. – Di tutte le ore di allenamento che si fanno, le due ore di gara sono quelle più brevi, che passano più velocemente. E’ una gara dove si ragiona molto e hai anche il tempo di pensare. Soprattutto, nel finale, quando vedevo questa medaglia d’oro che si stava concretizzando, mi è passata davanti tutta la storia della mia vita sportiva e non, e ho realizzato che stavo facendo una grande impresa.

 

D. – Hai una dedica particolare per questo trionfo olimpico?

 

R. – Lo dedico a me stesso, perché sono stato bravo. Stavolta veramente non ho mollato mai, non solo nella gara, ma giorno dopo giorno. Ci ho messo tanta passione, tanto amore, tanta serietà e alla fine sono riuscito a tirare fuori queste due ore, le migliori della mia vita e nell’occasione più importante.

 

D. – Dopo questo successo, un meritato riposo?

 

R. – Direi proprio di sì. Ci vuole e ce ne sarà bisogno. A 33 anni vedevo la mia carriera sfumare ed invece questa medaglia d’oro è una “bellissima sfortuna”, perché mi obbligherà ad arrivare fino a Pechino 2008.

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FILM D’AUTORE, TANTO SPETTACOLO E IL RITORNO DEGLI AMERICANI

ALLA 61MA EDIZIONE DELLA MOSTRA DEL CINEMA DI VENEZIA

CHE SI INAUGURA DOMANI: CE NE PARLA IL NUOVO DIRETTORE MARCO MÜLLER

- Servizio di Luca Pellegrini -

 

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Le vere star della Mostra del Cinema di Venezia - al via a partire dal primo settembre per undici giorni di infuocata kermesse cinematografica - sono i 71 lungometraggi prescelti e favoriti, suddivisi in cinque sezioni, tra le quali il tradizionale Concorso, e il ritorno della sezione notturna con spettacolari pellicole, non solo americane.

 

Come già scritto, annunciato e commentato, pioggia di film italiani: tre in concorso – i nomi sono quelli di Gianni Amelio, Michele Placido e Guido Chiesa – e altri disseminati qua e là, con blasonate presenze come la triade Antonioni-Soderbergh-Wong Kar Wai per Eros. Due Leoni d’Oro: all’americano Stanley Donen e, meritatissimo, al 96.enne portoghese Manoel de Oliveira che porta al Lido la sua ultima fatica, “O quinto Imperio”.

 

Marco Müller, neo-direttore della Mostra, ha ammesso: “Chi fabbrica un festival deve rassegnarsi a interrogare un orizzonte di questioni alle quali sarà possibile trovare risposte vere solo con le edizioni successive”. Gli abbiamo chiesto di iniziare a scrutare con noi, alla vigilia dell’inaugurazione del Festival, questo orizzonte:

 

R. – Innanzitutto, parliamo di contenuti della mostra, cioè uno degli interrogativi che hanno attraversato tutto il lavoro di selezione – per me, ma anche per i cinque esperti che hanno lavorato a stretto contatto di gomito con la direzione – era proprio quello di capire quanto ci potessimo permettere di far vedere, in questa 61.ma Mostra, dei film ai quali bisognava regalare più visibilità: cioè quanto potevamo usare i film, quelli di cui tutti parlano, quelli di cui tutti aspettano l’anteprima, per tirare su la curiosità per gli altri film. E in questo senso, abbiamo optato poi per una formula che mescoli gli elementi: cioè: il mix delle componenti è il cinema di ricerca che ha ancora voglia di esplorare territori nuovi, di rivelare nuove autorialità. E’ la Mostra “Galleria d’arte contemporanea” con i grandi autori.

 

D. – Perché credere ancora nelle grandi rassegne cinematografiche, ed in particolare in questa di Venezia?

 

R. – Perché il Festival di Venezia è comunque uno degli appuntamenti principali a livello internazionale che può in qualche modo imporre dei film che altrimenti non godrebbero di tanto interesse nell’attenzione degli addetti ai lavori. Ma non penso soltanto alla stampa e ai media: penso soprattutto ai compratori, penso a quei piccoli distributori coraggiosi che poi difenderanno i film che riescono comunque ad esistere nel cuore e nella testa di spettatori sensibili, proprio perché hanno una densità spirituale e intellettuale che non sono più moneta corrente.

 

Si apre con una commedia americana, “The Terminal”, di Steven Spielberg – presente il regista – con Tom Hanks e Catherine Zeta-Jones.

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CHIESA E SOCIETA’

31 agosto 2004

 

 

DA OGGI AL 4 SETTEMBRE, LA STORIA RELIGIOSA DELLA CROAZIA E DELLA SLOVENIA

AL CENTRO DEI LAVORI DELLA “XXVI SETTIMANA EUROPEA”,

PROMOSSA DALLA FONDAZIONE AMBROSIANA PAOLO VI

ED OSPITATA PRESSO VILLA CAGNOLA, A GAZZADA, VICINO VARESE

 

VARESE. = La storia religiosa della Croazia e della Slovenia al centro della “XXVI Settimana europea”, che si è aperta stamane presso Villa Cagnola a Gazzada, vicino Varese, promossa dalla Fondazione ambrosiana Paolo VI. Tradizionale appuntamento d’inizio settembre, le “Settimane europee” rispondono ad un progetto di studio, nato già alla fine degli anni Settanta, per delineare il quadro complessivo della storia religiosa del Vecchio Continente. Un progetto oggi di particolare attualità e utilità nel contesto dell’allargamento dell’Unione Europea. L’edizione di quest’anno, realizzata in collaborazione con l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e con il patronato della Presidenza della Regione Lombardia, inaugura un ciclo di tre settimane dedicato all’Europa Balcanica, regione estremamente frammentata dal punto di vista delle lingue e delle culture, anche religiose, pure all’interno di uno stesso Stato. Da oggi al 4 settembre si ripercorrerà tutta la vicenda religiosa di Croazia e Slovenia dalla loro evangelizzazione fino ai nostri giorni. L’intenzione è quella di esplorare le diverse identità nazionali, mettendo in luce la storia di quelle comunità, garantite nel tempo – ad onta delle variabili religiose – da comuni appartenenze statali, da comuni lingue e letterature, da comuni basi culturali e civili, ma non sottacendo il fatto che Paesi a marcata o assoluta maggioranza religiosa non si limitano a professare all’interno la propria religione, ma se ne fanno esportatori all’esterno, per ragioni di apostolato, ma anche di potere politico. Parteciperanno all’iniziativa relatori di prestigio e specialisti di Storia della Chiesa come Miran Špelič, francescano minore dell’Università di Lubiana, Franjo Šanjek OP dell’Università di Zagabria e Roberto Morozzo Della Rocca della Comunità di Sant’Egidio. (R.G.)

 

 

A 50 ANNI DALLA MORTE, SOLENNE CELEBRAZIONE EUCARISTICA, IERI A MILANO,

DEDICATA ALLA MEMORIA DEL BEATO CARDINALE, IDELFONSO SCHUSTER,

DEFINITO DAL CARDINALE TETTAMANZI “UN UOMO TUTTO DI DIO”

- A cura di Fabio Brenna -

 

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MILANO. = “Un uomo tutto di Dio e per questo totalmente dedicato all’uomo”: è questa la sintesi di una personalità multiforme, come quella del beato cardinale Ildefonso Schuster, che guidò la diocesi di Milano attraverso 25 difficili anni, dal 1929 al 1954. Ed è l’immagine offerta dall’arcivescovo di Milano, il cardinale Dionigi Tettamanzi, che ieri ha celebrato il 50.mo anniversario della morte, avvenuta proprio nel Seminario di Venegono, una delle opere volute dallo stesso Schuster. Il porporato ha voluto ricordare come Schuster, perfetto liturgo, avesse dovuto affrontare molte critiche, sopportare tante sofferenze, mantenendo però una straordinaria serenità. Una dote che Schuster conservò anche negli anni bui della dittatura e della guerra, riuscendo – ha osservato ancora il cardinale Tettamanzi – ad “aiutare con un’immensa opera caritativa i prigionieri, i giovani, i perseguitati, i sofferenti e questo senza mai abbandonare la città ed i suoi abitanti, ergendosi dunque come vero ‘defensor civitatis’”. Una laboriosità apostolica fuori dal comune contraddistinse tutta l’opera di Schuster che girò in lungo e in largo l’immensa diocesi, costituita da oltre 1.100 parrocchie, per cinque visite pastorali. Egli stesso si definiva “il facchino della diocesi”. Ma su tutto - ha insistito il cardinale Tettamanzi - è costante la tensione alla santità: “Il demonio non teme i nostri cinematografi o i campetti da calcio – soleva ripetere il beato – il demonio ha paura della santità: ecco perché dobbiamo essere santi!”.

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UN GENERALE ITALIANO, GUIDO PALMIERI, E’ STATO NOMINATO A CAPO

DEGLI OSSERVATORI MILITARI DELL’ONU IN INDIA E PAKISTAN,

 INCARICATI DI  CONTROLLARE LA LINEA DEL CESSATE IL FUOCO NEL KASMIR, CONTESO FRA I DUE PAESI

 

NEW YORK. = Il generale italiano Guido Palmieri è stato nominato a capo degli osservatori militari dell'Onu in India e Pakistan ((UNMOGIP). Come riferisce un comunicato delle Nazioni Unite, il generale Calmieri, 60 anni, fa parte delle Forze armate italiane dal 1967 ed ha alle spalle una vasta esperienza internazionale, in particolare in Asia. Come ex vice addetto militare in India – prosegue la nota – ha già avuto contatti diretti con il reparto che gli è stato affidato dal segretario generale dell'Onu, Kofi Annan. Palmieri ha ricoperto importanti incarichi anche presso la Nato. L’UNMOGIP è un corpo di osservatori istituito nel 1949 per controllare la linea di cessate il fuoco nel Kashmir, territorio in parte indiano e in parte pakistano, sul quale entrambi i Paesi rivendicano la sovranità. L'Italia vi partecipa dal 1961 e ne aveva già avuto il comando tra il 1994 e il 1997. Per ragioni di opportunità politico-diplomatica, da novembre ad aprile il reparto ha il suo quartier generale a Rawalpindi, in Pakistan, e per il restante periodo a Srinagar, in India. L’UNMOGIP comprende 43 osservatori militari, 22 civili e 44 collaboratori locali. (R.G.)       

 

 

OGGI A MANILA, LA CONSEGNA DEL PRESTIGIOSO PREMIO “RAMON MAGSAYSAY”,

CONSIDERATO IL NOBEL DELL’ASIA ED INTITOLATO ALLA MEMORIA DELL’AMATO

PRESIDENTE FILIPPINO, SCOMPARSO NEL ’57. TRA I VINCITORI IL MEDICO CINESE

 JIANAG YANYONG, INSIGNITO PER AVERE DENUNCIATO

 LA GRAVITA’ DELL’EPIDEMIA SARS NEL SUO PAESE

 

MANILA. = Il prestigioso premio “Ramon Magsaysay”, considerato il “Nobel per la Pace” dell’Asia, sarà consegnato oggi a Manila, capitale delle Filippine. Come riferisce l’Agenzia Misna, il riconoscimento prende il nome dal terzo presidente delle Filippine, forse la figura più popolare e amata nella storia della nazione orientale, e viene assegnato ogni anno a cittadini del continente asiatico che si siano distinti per la dedizione alle proprie comunità nel segno della pace e dell’armonia sociale. I vincitori dell’edizione 2004 sono: l’indiano Laxminarayan Ramdas, ex-ufficiale della marina indiana, e il giornalista pakistano Ibn Abdur Rehman per l’impegno nel riavvicinare tra loro le rispettive popolazioni divise da decenni di ostilità: Insignita anche la filippina Haydee Yorac, direttrice della Commissione presidenziale per il Buongoverno, e il connazionale Benjamin Abadiano, per la tutela dei diritti e dell’identità culturale dei popoli indigeni delle Filippine. La lista dei premiati continua con Abdullah Abu Sayeed, intellettuale bangladese che nel 1978, constatando il declino culturale del suo Paese, fondò il Centro di letteratura mondiale del Bangladesh, un circolo di lettura che ha riavvicinato migliaia di giovani alla letteratura. Premiato anche il contadino tailandese Prayong Ronnarong della regione meridionale di Nakhon, famosa per le piantagioni dell’albero della gomma: Ronnarong è riuscito a far superare alla sua comunità la crisi per il recente crollo del prezzo della gomma, sapendo riunire gli sforzi dei contadini e riorganizzando la produzione della collettività con metodi più moderni. Infine, per la medicina è stato insignito del premio il dottor Jiang Yanyong, ufficiale medico in pensione dell’esercito cinese, per aver contribuito a rendere pubblica l’epidemia di Sars (Sindrome respiratoria acuta severa) nella Repubblica Popolare Cinese, quando le autorità di Pechino ancora esitavano a comunicare le vere dimensioni del contagio. Jiang Yanyong potrebbe essere assente alla cerimonia della consegna del riconoscimento, perché nei giorni scorsi le autorità cinesi si sarebbero rifiutate di concedergli il visto per recarsi a Manila. (R.G.)

 

 

LA COMMISSIONE EUROPEA PROPONE UNA STRATEGIA COMUNITARIA PER AFFRONTARE IL PERICOLO DELLE INONDAZIONI, CHE NEGLI ULTIMI CINQUE ANNI

HANNO CAUSATO 700 MORTI E DANNI ECONOMICI PER 25 MILIARDI DI EURO

 

BRUXELLES. = L'Europa propone una strategia per fronteggiare il pericolo inondazioni. Dal 1998 al 2003 si sono verificate nel continente più di 100 inondazioni gravi, che hanno causato la morte di oltre 700 persone, migrazioni forzate di almeno 500 mila individui e danni economici che ammontano ad oltre 25 miliardi di euro. Le inondazioni non rappresentano un pericolo virtuale ma una vera e propria minaccia da affrontare con un'azione concertata su tutto il territorio comunitario, attraverso programmi di gestione del rischio e redazione di procedure e piani di emergenza, finalizzati a conoscere, prevenire ed affrontare i pericoli idrogeologici nei bacini fluviali e nelle zone costiere. La Commissione europea indica tra le priorità la creazione di una mappa del rischio, mediante una cartografia continuamente aggiornata, e un sistema di circolazione delle informazioni e dati tecnici e scientifici. Si tratta anche di approntare misure per l'informazione e la sensibilizzazione dei cittadini, per coinvolgerli ed orientarne i comportamenti, sia in materia di tutela che di gestione delle emergenze. Informazione - secondo la Commissione – tanto più necessaria nella prospettiva  che il rischio aumenti negli anni futuri per le conseguenze del cambiamento climatico: precipitazioni più abbondanti ed innalzamento del livello del mare. Anche la manomissione del territorio contribuisce a aumentare il rischio, a causa della deforestazione, degli interventi artificiali sui corsi dei fiumi, della soppressione di vaste aree che un tempo si allagavano periodicamente, creando una zona cuscinetto con gli abitati. Anche gli effetti delle inondazioni saranno sempre più gravi, nella misura in cui le aree a maggior rischio sono quelle che negli anni hanno attratto investimenti, urbanizzazione, industrializzazione, agricoltura intensiva. (R.G.)         

 

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24 ORE NEL MONDO

31 agosto 2004

 

 

- A cura di Barbara Castelli e Rosa Praticò -

 

In Iraq sono stati uccisi 12 ostaggi nepalesi recentemente rapiti dal gruppo islamico ‘Ansar Al Sunna’. Le drammatiche immagini di queste barbare uccisioni sono state pubblicate su un sito islamico. E nel Paese arabo cresce l’angoscia per la sorte dei due reporter francesi, Christian Chesnot e Georges Malbrunot, sequestrati lo scorso 20 agosto da guerriglieri. L’ultimatum lanciato dal sedicente ‘Esercito islamico’ al governo di Parigi è stato prorogato di altre 24 ore. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

 

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In un video trasmesso da Al Jazeera, i due giornalisti francesi hanno lanciato un drammatico appello. “Invito il popolo francese – ha detto Chesnot, il primo a parlare – e tutti quelli che capiscono il senso della vita, a manifestare per esprimere il rifiuto della legge che proibisce il velo”. “Chiedo al presidente Chirac e al governo francese – ha aggiunto Malbrunot – a dare prova di buone intenzioni verso i due mondi, arabo e islamico, e ad annullare la legge”. E per arrivare ad una soluzione positiva della vicenda è sempre più intenso il lavoro diplomatico. Il capo di Stato francese, durante il vertice franco-russo-tedesco in corso a Soci, sul Mar Nero, ha dichiarato che sarà fatto tutto il possibile per ottenere un immediato rilascio. Il ministro degli Esteri, Michel Barnier, ha incontrato il suo collega giordano, Marwan Moasher, ed il premier, Jean Pierre Raffarin, ha convocato una riunione di emergenza con i ministri dell’Educazione, dell’Interno e delle Comunicazioni. Il presidente della conferenza episcopale francese, l’arcivescovo di Bordeaux, Jean Pierre Ricard, ha inoltre espresso con un comunicato la solidarietà della Chiesa verso tutte quelle persone che per le loro responsabilità di governo, diplomatiche, professionali, umanitarie, o in nome della fede, manifestano sdegno e condanna per l’intollerabile ricatto e uniscono i loro sforzi per ottenere il rilascio dei due giornalisti. In Iraq proseguono, intanto, le violenze. Un alto responsabile turcomanno del ministero dell’Istruzione, Ibrahim Ismail, è stato ucciso stamani a Kirkuk da un gruppo di ribelli. E questa notte la città sunnita di Falluja è stata teatro di furiosi combattimenti scoppiati quando carri armati americani hanno risposto ad un attacco sferrato da guerriglieri. Un portavoce dell’esercito statunitense ha dichiarato, senza fornire un bilancio preciso, che “durante gli scontri sono morti molti assalitori”. In questo scenario drammaticamente segnato dalle violenze, si deve rimarcare che il leader radicale sciita, Moqtada Al Sadr, ha chiesto alle proprie milizie di porre fine ai combattimenti in tutto il Paese arabo. Il giovane imam, che si appresta a partecipare al processo politico per il nuovo Iraq post Saddam Hussein, ha anche rivolto un appello per l’immediato rilascio dei due giornalisti francesi. La liberazione dei due reporter è stata sollecitata anche dal movimento fondamentalista palestinese ‘Hamas’.

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In Medio Oriente si riaccende la violenza. Diversi ordigni sono esplosi oggi nella località meridionale di Beersheva. Due deflagrazioni si sono verificate su due autobus, mentre una terza in un centro commerciale. Lo ha riferito la radio israeliana, specificando che le azioni terroristiche hanno causato almeno 12 vittime e decine di feriti. Un altro attentato, invece, è stato sventato ad Erez, principale punto di passaggio fra la striscia di Gaza e Israele, mentre l’esercito dello Stato ebraico ha condotto una pesante incursione a Jenin, nel nord della Cisgiordania. Il premier israeliano, Ariel Sharon, intanto, ha riferito ai ministri del suo partito, il Likud, le linee del suo piano di ritiro dai Territori. Non sono mancate le critiche. Graziano Motta:

 

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Sharon accelera i tempi del ritiro di soldati e coloni dalla Striscia di Gaza e da alcuni insediamenti della Cisgiordania, dalla fine dell’anno venturo al mese di febbraio 2005 e, di conseguenza, avvicina le scadenze preparatorie. Il 14 settembre presenterà al Gabinetto di sicurezza, che ieri aveva definito a maggioranza compiti dell’esercito e della polizia, il piano di evacuazione dei coloni da villaggi e fattorie, con le modalità di indennizzo a quanti volontariamente lo accetteranno. Il 26 settembre lo sottoporrà al governo, che avrà un mese di tempo di riflettere e compattarsi. Il 3 novembre, infine, il piano sarà all’esame della Knesset per la sua approvazione. Presentando questo calendario ai ministri del suo partito Likud, profondamente divisi, Sharon ha detto: “Sapete come la penso. Nulla mi fermerà: non mi farò legare né mani né piedi”. Le loro reazioni sono state decisamente critiche. “I tempi strettissimi per il ritiro saranno interpretati come una nostra fuga – ha detto il ministro delle finanze, Benjamin Netanyahu – con un disimpegno graduale, invece, eviteremo che Gaza si trasformi in base terroristica e stempereremo, infine, le tensioni politiche interne, allusione all’apposizione di coloni e di partiti nazionalisti e religiosi.

 

Per la Radio Vaticana, Graziano Motta.

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Il presidente russo, Vladimir Putin, ha puntato il dito oggi contro un’alleanza tra Al Qaeda e i ribelli ceceni per gli attentati contro i due aerei di linea della settimana scorsa, costati la vita ad 89 persone. A conclusione del vertice russo-franco-tedesco di Soci, sul Mar Nero, con Jacques Chirac e Gerhard Schroeder, il capo del Cremlino ha, inoltre, espresso la contrarietà di Mosca all’allargamento degli Stati che posseggono armi nucleari, in particolare all’inclusione nel club dell’Iran. Il cancelliere Schroeder, dal canto suo, ha sottolineato che l’ormai ricorrente formato bilaterale di questi incontri “non è diretto contro nessuno”, ma “ha un grande effetto positivo” sul rafforzamento della cooperazione tra Mosca, Parigi e Berlino e “sul benessere dei popoli della Russia e dell’Europa” occidentale.

 

Veniamo alle elezioni presidenziali di domenica in Cecenia, criticate oggi dall’Unione Europea. Il 73 per cento dei voti ha incoronato ufficialmente ieri Alu Alkhanov, l’uomo del Cremlino, alla presidenza della Cecenia, insanguinata terra del Caucaso che la Russia cerca da un decennio di tenere legata a sé, nonostante la sfida della guerriglia islamico-indipendentista. Alkhanov ha subito assicurato una nuova impostazione ideologica per sconfiggere l’estremismo secessionista, dedicando le energie anche alla ricostruzione dell’economia nazionale.

 

Si riaccende la violenza in Afghanistan. Un raid aereo americano nell’est del Paese ha causato questa mattina la morte di almeno sei afghani e il ferimento di altri nove. Cresce, intanto, la preoccupazione internazionale in vista delle elezioni presidenziali. Il segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, ha lanciato ieri un appello al governo di Kabul, alla forza di pace Isaf e alla coalizione internazionale perché “prendano tutte le misure necessarie” per proteggere l’appuntamento del prossimo 9 ottobre.

 

Ripartono domani, a Belfast, i negoziati di pace nell’Irlanda del Nord. Agli accordi del 1998, infatti, non è seguita la sperata riconciliazione tra separatisti e unionisti che da anni dividono il Paese. Tante le questioni in gioco, prima fra tutte il disarmo totale dei guerriglieri dell’Ira. La tornata negoziale si concluderà con un summit, dal 16 al 18 settembre, nel castello di Leeds (sud-est di Londra) durante il quale i premier britannico, Tony Blair, e quello irlandese, Bertie Ahern, incontreranno i partiti nordirlandesi.

 

I vescovi del Sudan chiedono alla comunità internazionale di intervenire immediatamente se il governo di Khartoum non si assumerà la responsabilità delle violenze nella regione del Darfur. In una dichiarazione diffusa dall’agenzia Fides, i presuli chiedono il disarmo delle milizie arabe e l’individuazione dei responsabili delle violenze. Oggi, intanto, 22 sudanesi, impegnati in una campagna di vaccinazioni di bambini nel sud della regione, sono stati rapiti dai ribelli del Movimento per la giustizia e l’uguaglianza. E proprio mentre scadeva ieri l’ultimatum dell’ONU al Sudan, invitato a non sostenere la guerriglia, a Nairobi il consigliere speciale dell’ONU per i rifugiati, Dennis McMara, ha denunciato nuovi atti di violenza in Darfur, contro donne, bambini e popolazione civile. Giulio Albanese:

 

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Attualmente – ha rilevato il rappresentante dell’Onu – non esiste alcuna giustizia indipendente nel Darfur. E questo significa che i responsabili di tali violenze non sono perseguibili. Il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha recentemente approvato una risoluzione presentata dagli Stati Uniti che intima al governo sudanese di fermare le scorrerie delle milizie arabe, i famigerati Janjaweed, di cui sarebbe alleato, pena l’adozione di sanzioni economiche. Secondo l’Onu, quella del Darfur è la peggiore crisi umanitaria in atto sul pianeta, con almeno 30 mila morti negli ultimi 15 mesi e più di un milione di persone costrette a fuggire dai propri villaggi per sottrarsi alle violenze. Karthoum nega di appoggiare le milizie arabe e sostiene di aver fatto il possibile per fermare le violenze. A complicare la situazione è giunta la notizia che i ribelli del Darfur avrebbero rapito otto tra funzionari del Programma Alimentare Mondiale e operatori della Mezza Luna Rossa. A lanciare l’accusa è stato il Ministero degli Affari Umanitari sudanese, in un comunicato diffuso ieri.

 

Per la Radio Vaticana, Giulio Albanese.

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Nuovo episodio di violenza ad Haiti. Alcuni sconosciuti hanno aperto il fuoco ieri contro un ospedale, senza fortunatamente causare vittime, mentre era in corso la visita del segretario di Stato francese agli affari esteri, Renaud Muselier. Tra i 100 e i 400 manifestanti si sono riuniti nei pressi dell’edificio per manifestare contro il forzato esilio dell’ex presidente haitiano, Jean Bertrand Aristide.

 

Possibile ripresa dei negoziati in Colombia tra il governo e le Forze Armate rivoluzionarie colombiane. Le Farc, infatti, avrebbero accettato come interlocutore per lo scambio degli ostaggi l’Alto Commissario per la pace, Luis Carlos Restrepo. Lo ha riferito un rappresentante dei guerriglieri, Raul Reies, respingendo, tuttavia, la proposta di Bogotà di condurre le trattative via internet.

 

Le autorità iraniane hanno arrestato oggi decine di presunte spie, fra le quali diverse sospettate di aver passato informazioni sul programma nucleare di Teheran a potenze nemiche. Lo ha riferito oggi il ministro dell’Intelligence, Ali Yunesi. La maggior parte degli arrestati, ha aggiunto Yunisi, erano legati all’Organizzazione dei Mujahidin del Popolo, all’opposizione.

 

L’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA) ha lodato oggi la disponibilità a cooperare manifestata dalla Libia, dopo la decisione di smantellare il suo programma nucleare. Ora, quindi, per Tripoli basteranno i controlli di routine, anche se il portavoce dell’organismo di controllo, Mark Gwodzdecky, sottolinea la necessità di verificare che il Paese non abbia prodotto copie dei suoi progetti.

 

La Corea del Nord ha boicottato i colloqui economici previsti oggi a Seul con la Corea del Sud. Si tratta dell’ennesima rappresaglia contro l’esodo di massa in agosto di quasi 500 rifugiati nordcoreani giunti in appena due giorni in Corea del sud per ottenervi asilo politico. Lo rende noto il ministero della Riunificazione nazionale sudcoreano. Pyongyang aveva già cancellato all’inizio di agosto i colloqui politici a livello ministeriale, senza fornire spiegazioni ufficiali.

 

Almeno dieci morti, sei dispersi e 160 feriti: è il bilancio del violento tifone Chaba, che tra ieri e oggi si è abbattuto sul Giappone. Circa 40.000 persone, inoltre, sono state evacuate dalle loro case per timore di frane e inondazioni a causa delle piogge torrenziali portate dal tifone. Chaba sta ora per colpire l’isola settentrionale di Hokkaido, posta in stato di massima allerta.

 

La Corte d’Appello di Parigi ha emesso ieri un mandato di arresto nei confronti dell’ex terrorista italiano Cesare Battisti. Lo scorso 21 agosto Battisti, condannato dalla giustizia italiana all’ergastolo per omicidi, non si è presentato al commissariato per espletare l’obbligo della firma. Prossimo appuntamento del caso Battisti il 29 settembre, quando la Corte di Cassazione dovrà decidere sul ricorso contro l’estradizione concessa il 30 giugno scorso dalla Corte d’Appello di Parigi su richiesta della giustizia italiana.

 

 

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