RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n.
241 - Testo della trasmissione di sabato 28 agosto 2004
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO
E’ ancora crisi umanitaria nella regione sudanese del Darfur.
Con noi, Lucio Melandri, di Intersos
Al via
la quarta edizione del Festival Pergolesi Spontini, illustrato da Vincenzo De
Vivo.
CHIESA E SOCIETA’:
Continua il
trasferimento di rifugiati congolesi dopo l’attacco al campo di Gatumba, in Burundi
Rubata una tela del
seicento attribuita a Leandro Da Ponte in una chiesa isolata vicino Treviso
Uccisi alcuni fuggitivi
della Corea del Nord mentre cercavano di passare il confine con la Cina.
Regge
la tregua a Najaf, mentre la Marjaiya, il gran consiglio delle autorità
religiose sciite in Iraq, ha ribadito il proprio no alla lotta armata contro le
truppe Usa.
Le
indagini sembrano confermare la pista terroristica per i disastri aerei in
Russia. Rafforzate Cecenia le misure di sicurezza per elezioni presidenziali di
domani
La crisi nucleare iraniana: il presidente Khatami ha
rivendicato oggi per il suo Paese il diritto a produrre uranio arricchito, per
fini civili.
28 agosto 2004
DOPO
CENTO ANNI TORNA SUL SUOLO RUSSO L’ICONA DELLA MADONNA DI KAZAN.
STAMANE
A MOSCA, SOLENNE CERIMONIA NELLA CATTEDRALE DELLA DORMIZIONE,
PRESIEDUTA
DAL PATRIARCA ORTODOSSO ALESSIO II, CHE HA RICEVUTO
LA
SACRA EFFIGIE DALLE MANI DEL CARDINALE WALTER KASPER,
A NOME
DEL SANTO PADRE
- A cura di Roberta Gisotti -
Giorno storico nei rapporti ecumenici
tra la Chiesa ortodossa russa e la Chiesa cattolica: stamane a Mosca nella
cattedrale della Dormizione o dell’Assunzione, nel Cremlino, è stata
materialmente consegnata al Patriarca di Mosca e di tutte le Russie, Alessio
II, l’Icona della Madre di Dio di Kazan. Un gesto fortemente desiderato da
Giovanni Paolo II che, per quasi 11 anni, ha conservato l’antica effigie nel
suo studio privato, nel Palazzo apostolico in Vaticano. Dopo cento anni - fu
trafugata agli inizi del secolo scorso – e dopo avere attraversato diversi
Paesi, giungendo poi a Fatima e provvidenzialmente infine nella casa del Papa,
la sacra Immagine, oggetto di profonda venerazione nei secoli, ha fatto ritorno
sul suolo russo. Al termine di una solenne cerimonia, durata oltre tre ore, è
stato il cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per
l’Unità dei Cristiani a consegnare l’Icona della Madonna di Kazan al patriarca
Alessio II, facendosi latore di un Lettera del Papa, per questo evento carico
di aspettative. Servizio di Roberta Gisotti:
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“Malgrado la
divisione che, haimé, persiste ancora tra i cristiani, questa Icona sacra appare
come uno dei simboli dell’unità dei discepoli dell’unico figlio di Dio, di
Colui verso il quale ella ci conduce”. Giovanni Paolo II scrive nella Lettera
ad Alessio II di aver pregato davanti a questa immagine sacra “implorando che
venga il giorno in cui saremo tutti uniti e in cui potremo proclamare al mondo,
con una sola voce in comunione visibile, la salvezza del nostro unico Signore e
la sua vittoria su tutte le forze malvagie ed empie che recano attentato alla
nostra fede e alla nostra testimonianza d’unità”. “Dopo un lungo periodo di
prove e di sofferenze, che nell’ultimo secolo si sono abbattute sulla Chiesa
ortodossa russa e sul popolo russo – sottolinea il Papa - il Signore della storia che dispone di tutti
secondo la sua volontà, ci dona oggi di essere nella gioia e nella speranza
comune, in occasione del ritorno dell’Icona della Madre di Dio di Kazan nella
sua patria”. “Possa questa venerabile immagine – invoca infine Giovanni Paolo
II – guidare tutti noi nel nostro cammino evangelico al seguito di Cristo e
possa proteggere il Popolo verso il quale ella ritorna e l’umanità intera”.
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Un messaggio
del Papa, dunque, carico di attese per i futuri rapporti tra cattolici e ortodossi
russi e per l’unità di tutti i cristiani. Non è un caso – ha detto il patriarca
Alessio II - “che questa icona rimanga una delle più importanti per la Russia…”
e che sia “importante per la Chiesa in generale, importante anche per i cattolici,
in quanto ci ricorda – ha spiegato - tempi in cui la cristianità non era divisa”.
Ma per una cronaca della cerimonia di questa mattina, ascoltiamo da Mosca Giuseppe
D’Amato:
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Canti e preghiere hanno accolto
la consegna dell’Icona della Madonna di Kazan nella Cattedrale dell’Assunzione
al Cremlino, dove un tempo venivano incoronati gli zar. La cerimonia è stata
preceduta dalla Santa Messa officiata dal Patriarca di Mosca e di tutte le
Russie, Alessio II, che ha sottolineato che la Russia è la ‘casa’ della Santa
Vergine e che il Cremlino con le sue cattedrali è il ‘cuore’ della Russia. Il
cardinale Kasper ha ricordato che la Madonna di Kazan è venerata anche dai
cattolici e che la Santa Vergine riunisce nella preghiera le due parti della cristianità
nonostante deplorevoli malintesi. Alessio II ha ringraziato il Papa per il
dono: “Sono tornate – ha detto – tante immagini sacre scomparse durante il comunismo.
C’è un periodo in cui le pietre vengono lanciate e un altro in cui vengono
raccolte. Questa è la copia dell’icona di Kazan che ha avuto un percorso lungo
e difficile”.
Dalla cattedrale dell’Assunzione
al Cremlino, per la Radio Vaticana, Giuseppe D’Amato.
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E lo stesso Giuseppe D’Amato ha
avvicinato stamane il portavoce vaticano, Joaquín Navarro Valls, al seguito
della delegazione della Santa Sede inviata a Mosca. Sentiamo le sue
dichiarazioni:
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Tutti, mi pare, da parte
ortodossa e da parte cattolica, tutti pensiamo che siano un momento ed una
dimensione storici. Forse tra secoli si parlerà della giornata di oggi, quando
il Papa per una sua decisione, ha reso possibile che la Madonna di Kazan
ritornasse “alla sua terra orientale”. Con questa giornata si ravviva la
coscienza che si apra una ragionevole nuova speranza, per superare insieme le
difficoltà anche storiche che sono sorte in dieci secoli di difficoltà. Quindi,
c’è un nuovo inizio: di questo non c’è dubbio.
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Che la consegna dell’icona di
Kazan rappresenti un’occasione importante per il dialogo ecumenico è
testimoniato anche dai colloqui in corso fra la delegazione vaticana ed i rappresentanti
ortodossi. Padre Lawrence Dominik, nostro inviato a Mosca, ci riferisce degli incontri
di ieri:
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Durante il primo incontro,
proprio all’aeroporto di Sheremetevo, sono stati scambiati ringraziamenti ed
auguri. Il Patriarcato ha espresso la propria preoccupazione per certe difficoltà
che continuano ad esistere tra la comunità cattolica e quella ortodossa qui, in
Russia. Poi, nel pomeriggio, coloro che sono impegnati nel campo della
comunicazione in Vaticano, hanno potuto incontrare i responsabili del
Patriarcato di Mosca, che operano nello stesso ambito. Hanno spiegato che
oggigiorno, la grande sfida che affronta la Chiesa è quella di come predicare
la salvezza. Hanno poi espresso il desiderio di continuare nello scambio di
rapporti tra la Chiesa ortodossa e quella cattolica, proprio nella teologia
delle comunicazioni.
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UDIENZE E NOMINE
Giovanni Paolo II ha ricevuto,
stamani, in udienza al Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo, mons. Giacinto
Berloco, nunzio apostolico in El Salvador; mons. Richard Joseph Malone,
vescovo di Portland (Stati Uniti d'America), in visita “ad Limina” con il
Vescovo emerito, mons. Joseph John Gerry e, ancora, mons. William Edward Lori,
vescovo di Bridgeport (Stati Uniti d'America), in visita “ad Limina”.
Il Pontefice ha accettato la
rinuncia presentata dal cardinale Francesco Marchisano dall’ufficio di
presidenza della pontificia commissione di Archeologia Sacra e, allo stesso
tempo, ha nominato presidente della stessa pontificia commissione mons. Mauro
Piacenza, vescovo titolare di Vittoriana, presidente della pontificia
commissione per i Beni Culturali della Chiesa. Il Santo Padre ha nominato
membro del comitato di presidenza del pontificio consiglio per la Famiglia
mons. Josef Clemens, segretario del pontificio consiglio per i Laici.
Giovanni Paolo II ha nominato
membri del pontificio consiglio per la Famiglia il dott. Alberto e Anna Friso,
vice responsabili centrali di “Famiglie Nuove”, Movimento dei Focolari
(Grottaferrata - Italia); Avv. Simão Cirineu dos Santos e Ana Maria Duarte dos
Santos (Brasile); Avv. Guillermo Aduriz Salgado e Graciela Berro Quartino
(Argentina); Ing. Enrique Gomez Serrano e Marta Olavarrieta (Messico); André
Belzile e Guylaine Morin (Canada); Bienvenu Pitta e Nelly Mayimbi (Rep. Dem.
del Congo); Dott. Stefano Stampacchia e prof.ssa Oriana Maria Bianchi
Stampacchia (Italia); Richard e Patricia Lahood (Stati Uniti d'America).
Il Papa ha, inoltre, nominato
consultori del pontificio consiglio per la Famiglia: il sig. Jerry Coniker,
sig. José Luis Mendoza Pérez (Spagna), il rev.do Santiago Martin (Spagna), il
sig. John Michael Klink (Stati Uniti d'America), Andrzej Póltawski e Wanda
Póltawska.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
La
prima pagina si apre con la Lettera di Giovanni Paolo II al Patriarca Alessio
II in occasione della consegna dell'Icona della Madre di Dio di Kazan'
Nelle
vaticane, le parole rivolte dal cardinale Kasper al Patriarca Alessio
II durante la solenne cerimonia - a Mosca - della consegna dell'Icona. La
cronaca dell'inviato Gianfranco Grieco.
Nelle
estere, in evidenza l'Iraq: le forze statunitensi hanno tolto l'assedio a
Najaf. Uccisi due ostaggi turchi.
Nella
pagina culturale, un articolo di Pietro Addante in occasione del centenario
della nascita di Maria Zambrano, esponente del pensiero storico, politico e
filosofico spagnolo.
Nelle
pagine italiane, sempre in primo piano la tragica vicenda del giornalista italiano
brutalmente ucciso in Iraq.
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28
agosto 2004
MANCANO DUE GIORNI ALLA
SCADENZA DELL’ULTIMATUM DELL’ONU,
POI AL VIA LE SANZIONI AL SUDAN.
MA LA CRISI IN DARFUR NON VEDE MIGLIORAMENTI
- Intervista con Lucio Melandri -
Nonostante
l’arrivo dei primi soldati dell’Unione africana, nel Darfur le violenze proseguono
senza sosta: ieri i ribelli hanno rapito 12 bambini in un villaggio presso
Nyala. Critica la situazione degli sfollati e delle popolazioni colpite dalla furia
delle milizie arabe: secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, nella regione
si sarebbero triplicati i casi di epatite E. L’ONU definisce quella in atto nel
Sudan occidentale “la più grave catastrofe umanitaria nel mondo“. Ascoltiamo la
testimonianza di Lucio Melandri, responsabile delle operazioni di emergenza per
Intersos, appena rientrato dal Darfur, intervistato da Andrea Sarubbi:
**********
R. – Gli
elementi per definirla la più grande catastrofe umanitaria ci sono tutti. Dal
punto di vista numerico, e i numeri parlano chiaro, parliamo di oltre un milione
e mezzo di persone colpite da questo conflitto ed oltre 200 mila rifugiati
fuggiti nel vicino Ciad, per scappare dagli attacchi delle milizie arabe. E non
solo i numeri parlano chiaro, ma sono palesi ed evidenti anche le conseguenze
in termini di mortalità, le conseguenze in termini di traumi vissuti da questa
popolazione.
D. – Le persone che come lei
sono tornate dal Darfur sono rimaste colpite da un aspetto: i Janjaweed, le
milizie arabe, hanno fatto praticamente terra bruciata attorno a loro. Questo
significa che ci vorranno parecchi anni prima di ricominciare a vivere normalmente?
R. – Sicuramente quello che è
avvenuto avrà un impatto e delle conseguenze che si protrarranno negli anni. I
villaggi sono stati distrutti e sebbene si tratti di piccoli villaggi, di capanne
costruite in mezzo alle zone semidesertiche, con loro sono state distrutte
anche le risorse idriche, gli ambulatori, le scuole e con tutto ciò è andato
perso anche il raccolto, che è la principale fonte di sostentamento delle
popolazioni che vivono o di pastorizia o di agricoltura. La dipendenza
alimentare di questa popolazione si protrarrà per diversi mesi. Sicuramente
l’intervento internazionale dovrà riuscire a pianificare una serie di aiuti che
vadano avanti nel corso del tempo.
D. – A poche ore dalla scadenza
dell’ultimatum, il governo sudanese non sembra disposto ad accettare le
condizioni dell’ONU, quindi rischia di andare incontro a sanzioni. È davvero
tutta colpa di Khartoum?
R. – Il governo sudanese, per
nostra esperienza diretta, comunque ha già elevato di molto i livelli di
accessibilità. Per diversi mesi è stato impossibile entrare nel Darfur. Il
tutto, è chiaro, si gioca sempre sul filo del rasoio. Sono state paventate anche
misure eccezionali, quali l’invio di forze armate nei Paesi occidentali. Ed è
proprio sulla base di questi atti di forza, per altro non molto condivisibili,
che il governo di Karthoum sta cercando in qualche maniera, e con questo non lo
giustifico, di proteggere i propri interessi. Comunque, gradualmente si
arriverà, perché non ci sono alternative, ad una formula nell’interesse sia del
governo sudanese e della sua sovranità, sia della comunità internazionale.
Interessi che troppo frequentemente purtroppo non sono solo di natura umanitaria,
ma spesso trovano origine ed hanno radice in interessi di carattere
finanziario, economico, per non dire petrolifero.
D. – In ogni caso, non sembra
una guerra di religione. I Janjaweed sono musulmani, ma anche le popolazioni
attaccate sono musulmane…
R. – In questi giorni con i miei
colleghi ho avuto la possibilità di visitare diversi campi profughi dove noi
interveniamo cercando di prevenire il dilagare di epidemie, perché alcune come
quella di epatite E sono già iniziate, e poi cerchiamo di evitare il grosso
rischio del colera. E ho avuto modo di incontrare la gente: dalle persone più
semplici, come gli agricoltori che sono scappati, ai rappresentanti delle moschee.
Loro stessi riconoscono che non c’è alcuna radice, alcuna origine di carattere
religioso. Dare una spiegazione è particolarmente complesso. Tutti sappiamo che
il processo di pace che sta coinvolgendo il sud Sudan, dove l’interpretazione
che si è data in questi 20 anni è stata quella di una guerra tra il sud
animista e cristiano contro il nord musulmano, ha sicuramente avuto
un’interferenza forte nell’origine di questo conflitto nel Darfur, nel quale,
però, si combattono molto frequentemente persone della stessa religione, o
anche dello stesso gruppo etnico. L’origine più plausibile forse può essere
quella di un problema legato all’utilizzo delle risorse del territorio, ad
interessi politici e militari, di cui pagano come sempre le conseguenze gli
ultimi. Non dimentichiamoci che circa l’80 per cento della popolazione
sfollata, che ha dovuto abbandonare le capanne e le case, sono donne e bambini.
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ULTIME
GARE ALLE OLIMPIADI DI ATENE, DOMANI LA CERIMONIA DI CHIUSURA.
AI
NOSTRI MICROFONI OGGI, EMOZIONI E MOMENTI DEI GIOCHI OLIMPICI
RACCONTATI DA GIOVANNA TRILLINI, MEDAGLIA
D’ARGENTO NEL FIORETTO
-
Intervista con Giovanna Trillini -
Sta per
calare il sipario sulle Olimpiadi di Atene. Evento sportivo per antonomasia, su
cui inevitabilmente si sono riflessi gli avvenimenti dell’attualità internazionale.
Ieri, gli atleti italiani impegnati nelle gare a squadra hanno giocato con il
lutto al braccio in memoria di Enzo Baldoni, ucciso in Iraq. Oggi, invece, il segretario
di Stato americano, Powell, ha annunciato che non prenderà parte alla cerimonia
di chiusura di domani sera. Una visita che si annunciava come particolarmente
contestata. Ad un giorno dalla fine dei Giochi olimpici, è serratissima la
sfida tra Cina e Stati Uniti per conquistare il primo posto nel medagliere.
Intanto, cresce l’attesa per le finali di basket maschile, Italia-Argentina,
stasera, e di pallavolo, Italia-Brasile, domani pomeriggio. Ritornate laddove
sono nate quasi tremila anni fa, le Olimpiadi di Atene sono state ricche di
momenti emozionanti. Un’edizione da ricordare, dunque, come ci racconta chi
l’ha vissuta in prima persona e da protagonista: l’intramontabile Giovanna
Trillini, medaglia d’argento nel fioretto, intervistata da Alessandro Gisotti:
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R. – Il ricordo più forte
sicuramente è la premiazione, il podio, perché lì si è avverata quella che era
la speranza di 4 anni di allenamento: poter aggiungere una medaglia, quella
d’argento, che è sempre una medaglia bellissima.
D. – Giovanna, tu sei una
veterana delle Olimpiadi, ne hai disputate con successo ben quattro. Che cosa
ti ha colpito in particolare di questi giochi di Atene 2004?
R. – Mi ha colpito
l’organizzazione: fino a marzo ed aprile si parlava di un cantiere aperto. In
quel periodo sono stata in Grecia per una gara di coppa del mondo ed
effettivamente era tutto un cantiere. Siamo arrivati invece ad agosto ed era
tutto pronto. Mi ha colpito come i greci siano riusciti a recuperare in pieno
il tempo perso. E poi anche l’atmosfera vissuta all’interno del villaggio.
D. – C’è un atleta, un momento
sportivo, al di là dei tuoi successi personali e dello sport che a te è più caro,
la scherma, che ti ha particolarmente emozionato?
R. – Sicuramente mi ha colpito
molto Yuri Chechi: il fatto che lui sia rimasto fuori per diverso tempo e sia
poi voluto rientrare per combattere la sfortuna che gli aveva negato la
partecipazione alle precedenti Olimpiadi di Sidney. Mi ha colpito tantissimo la
sua voglia di voler dimostrare che era ancora ad alto livello.
D. – Yuri Chechi, 34 anni come
te, un altro atleta inossidabile. In fondo, se vogliamo, Trillini e Yuri Chechi
sono un bel binomio…
R. – Sì, siamo un bel binomio.
Lui è stato, secondo me, molto più sfortunato, perché ha avuto degli infortuni
che gli hanno impedito di partecipare alle Olimpiadi in passato. Io, nonostante
gli infortuni, sono sempre riuscita a partecipare alle Olimpiadi e a portare a
casa le medaglie.
D. – Un atleta è muscoli,
cervello, ma anche cuore. Quanto conta anche secondo la tua esperienza
personale, la famiglia, l’affetto delle persone più care, nel successo
sportivo?
R. – Per me ha contato
tantissimo e continua a contare ancora molto. Sono quelle persone nascoste che
soffrono di più quando non ci sei e sei lontana… Per gli allenamenti li lasci
soli, lavorano dietro le quinte e non vengono molto considerati magari nel
momento giusto.
D. – A 34 anni, con un
medagliere eccezionale. Quali sono i tuoi obiettivi per il futuro in pedana e
non?
R. – Sono sposata da diversi
anni e naturalmente a me e mio marito piacerebbe allargare il nostro nucleo
familiare. Poi se avrò la fortuna di poter vincere questa medaglia d’oro, che
sarà un bambino, valuterò se rientrare o meno. Sarà una cosa che valuterò con
il tempo.
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“LA LIBERTA’ E’ IL BENE PIU’ GRANDE CHE I CIELI
ABBIANO DONATO AGLI UOMINI”:
E’ IL TEMA DEL PROSSIMO MEETING DI RIMINI
PRESENTATO
A CONCLUSIONE DELLA 25.MA EDIZIONE
“La libertà è il bene più grande che i cieli
abbiano donato agli uomini”: è questo il tema scelto per la prossima edizione
del Meeting per l’amicizia tra i popoli, presentato questa mattina a
conclusione degli incontri di questi giorni. Dell’edizione 2004 che è stata
anche la 25esima, ascoltiamo quanto riferisce da Rimini Stefano Andrini:
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Il
XXV Meeting per l’amicizia fra i popoli, che si chiude oggi, è stato splendido
e difficile allo stesso tempo. Splendido, anzitutto, per il messaggio del Santo
Padre e per il suo saluto in diretta nella giornata inaugurale, che ha
consentito a Giovanni Paolo II di affacciarsi idealmente ai padiglioni
fieristici di Rimini e a chi ci lavora e li visita di sentire la sua vicinanza.
Splendido per la profondità dei temi trattati, per le proposte che hanno
coinvolto generazione e sensibilità diverse, per gli incontri che hanno avuto
come protagonisti persone e storie provenienti da tutto il mondo, come quella
presentata in mattinata dal prete cattolico, don Edoardo Canetta, che insegna
all’Università islamica del Kazakhistan: il racconto di un popolo nomade in cui
le tre grandi religioni convivono in pace. Ancora splendido per l’opportunità
concessa ai ministri degli Esteri israeliano e palestinese di riprendere un
dialogo interrotto dalla violenza del terrorismo e dalla costruzione dei muri,
nella persuasione che, se anche ci vorrà tempo, una soluzione è possibile,
perché molti uomini la cercano. Ma il Meeting è stato anche molto difficile,
perché il giornalista italiano Enzo Baldoni è stato trucidato in Iraq proprio
nelle ore in cui era più intenso il tentativo di dare una fisionomia al
discorso su una convivenza pacifica fra i popoli e le religioni.
Che il tema del Meeting 2004
rappresenti uno snodo per il nostro tempo lo ha confermato ieri nella sua
relazione il cardinale Angelo Scola, patriarca di Venezia. L’uomo europeo e il
cristiano prima di tutto devono prendere atto di una battuta d’arresto, che
sembra ridurre il cammino ad una marcia sul posto. Una situazione, questa,
originata da una riduzione ideologica dell’idea giudaico-cristiana di progresso
e che si è concretizzata, prima, in un ottimismo illuministico e, poi,
nell’illusione che la meta fosse prodotto del progresso stesso. L’accessibilità
della meta – ha concluso il Patriarca – è invece resa possibile solo
dall’evento gratuito del Crocifisso Risorto.
Da Rimini, per la Radio
Vaticana, Stefano Andrini.
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FESTA E PREGHIERA ALL’AQUILA, IN ABRUZZO, PER LA
“PERDONANZA CELESTINIANA”
- Intervista con mons. Giuseppe Molinari -
Festa e preghiera all’Aquila, in
Abruzzo, dove dall’inizio della settimana un articolato programma di iniziative
liturgiche e culturali ricorda la celebrazione della “Perdonanza Celestiniana”,
che ricorre oggi e che commemora un evento storico-religioso che si perpetua da
710 anni. La ricorrenza prende il nome da Papa Celestino V, che concesse il
dono di una grande indulgenza. Oggi l’apertura della Porta Santa della Basilica
di Santa Maria di Collemaggio. Il servizio è di Massimiliano Menichetti:
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(musica)
Cercare le radici storiche della
“Perdonanza Celestiniana” significa risalire al 1294, anno in cui sale al
Soglio pontificio il 79.enne Pietro Angeleri, ovvero Celestino V. Fu proprio il
Papa che, dopo l’Incoronazione, concesse l’indulgenza plenaria a tutti.
L’avvenimento fu di grande valore, poiché fino ad allora soltanto particolari
ceti potevano beneficiare di un simile privilegio. Da quel momento, dunque,
chiunque avrebbe goduto di pari dignità, potendo ottenere l’indulgenza
recandosi, dopo il pentimento e la confessione, nella Basilica di Santa Maria
di Collemaggio.
Il rito della “Perdonanza” è
rimasto praticamente invariato nei secoli. Oggi la processione di un corteo
storico attraversa la città, portando la Bolla del Perdono, documento originario,
conservato nella torre civica della residenza municipale, fino alla Basilica di
Santa Maria di Collemaggio, dove la Porta Santa viene aperta dal cardinale José
Saraiva Martins, prefetto della Congregazione dei Santi.
L’Aquila, dunque, è l’unica
città al mondo, inclusa Roma, ad avere il privilegio di aprire la Porta Santa
ogni anno. Mons. Giuseppe Molinari, arcivescovo metropolita de L’Aquila, che
domani presiederà la Messa per la chiusura della Porta Santa:
“Mentre si
chiude questa porta, rimane sempre aperto il cuore di Dio, sempre aperto a ricevere
ogni uomo che si penta, che desideri cambiar vita, che desideri convertirsi.
Mai come oggi sentiamo come il perdono predicato da Gesù sia proprio necessario,
altrimenti non troviamo più via d’uscita a tutte le violenze, a tutti i
conflitti, a tutte le situazioni difficili che vediamo attorno a noi”.
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LA SETTIMANA LANTERIANA
2004, CONVEGNO DI STUDIO SULLA FIGURA DI
PADRE PIO BRUNO LANTERI, FONDATORE DEGLI OBLATI DI
MARIA VERGINE
- Intervista con padre Mauro Oliva -
Apostolo del Vangelo tra i poveri del Piemonte, tra
la Rivoluzione francese e i primi decenni dell’Ottocento, con nel cuore
un’accesa devozione per la Vergine. Padre Pio Bruno Lanteri, nato a Cuneo nel
1759 e morto a Pinerolo nel 1830, fondò per la sua opera pastorale l’Istituto
degli Oblati di Maria Vergine, che ogni anno dedica al suo capostipite un
convegno di studio, la cosiddetta Settimana Lanteriana. Il tema di quest’anno
è: “Il Dio della storia secondo il venerabile Lanteri”, in programma presso il
Centro “Mondo Migliore” di Rocca di Papa, da oggi al 31 agosto prossimi.
Scopo del convegno – al quale
prendono parte, tra gli altri, il vescovo Rino Fisichella, rettore della
Pontificia Università Lateranense e l’arcivescovo di Pisa, Alessandro Plotti,
vice-presidente della Conferenza episcopale italiana - è quello di mettere in
evidenza ciò che il ricchissimo carisma del venerabile Lanteri offre ai
cristiani del terzo millennio, per quanto riguarda il servizio alla Chiesa e
agli uomini di buona volontà. Sulla figura e il carisma di padre Pio Bruno
Lanteri, parla il rettore provinciale degli Oblati di Maria Vergine, padre
Mauro Oliva, intervistato da Giovanni Peduto:
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R. – Il Lanteri
ha svolto un apostolato molto aderente alle vicende sociali, politiche e religiose
del suo tempo, facendo diventare “luogo” e “tempo” di salvezza la storia
travagliata del Piemonte nel periodo post-rivoluzione francese. Noi, raccogliendo
la freschezza dell’eredità che ci ha lasciato, cerchiamo di cogliere i suggerimenti
presenti nella sua spiritualità, nel suo pensiero e nella sua opera, per un
moderno impegno apostolico nell’oggi.
D. – Chi è stato Pio Bruno
Lanteri?
R. – Padre Lanteri era un
sacerdote piemontese che ha operato in Piemonte un ministero molto
intelligente, formando ad un apostolato appassionato i laici ed i sacerdoti.
L’opera apostolica del Lanteri, personalità davvero entusiasmante, era rivolta
a tutte le categorie dei fedeli e mirava a farli diventare non solo oggetto di
cura pastorale, ma soggetti di apostolato presso gli altri fedeli.
D. – Quali erano i modi
attraverso i quali il Lanteri incideva religiosamente tra i suoi contemporanei?
R. – Della sua fervente azione
apostolica voglio ricordare qui in particolare il ministero della direzione
spirituale, per il quale era ricercatissimo, il ministero della riconciliazione,
la divulgazione della Dottrina della Chiesa attraverso la diffusione e la
pubblicazione di libri, la formazione laicale e sacerdotale, con la partecipazione
rispettivamente all’“Amicizia Cristiana” e all’“Amicizia Sacerdotale”, che egli
guidava. Poi, la guida degli Esercizi spirituali ignaziani, del quale era un
autentico maestro e che considerava un mezzo insuperabile “per diventare santi,
presto santi, grandi santi”, la promozione della lettura della Bibbia, il
sostegno alle missioni.
D. – Quali sono i tratti
essenziali della sua spiritualità?
R. – La spiritualità del Lanteri
era stata plasmata soprattutto dal suo rapporto personale, profondo con Cristo
Gesù, incontrato nella contemplazione dei misteri evangelici. Sicuramente la
sua spiritualità, pervasa da un’incrollabile fiducia e confidenza nella bontà e
nella misericordia di Dio, è caratterizzata da un forte cristocentrismo,
appreso alla scuola di Maria Vergine, della quale si rese “schiavo” con una
consacrazione personale all’età di 22 anni, nel 1781 - quando ancora non era
conosciuta la consacrazione del Montfort - e da una profonda comprensione della
Chiesa come “mistero della presenza salvifica di Dio”, che lo portava, in un tempo
storico molto antipapale, a riconoscere la “sinfonia” di tutte le componenti ecclesiali,
aventi però nella comunione guidata dal Successore di Pietro il percorso certo
di salvezza per il cristiano.
D. – In che modo è rimasto vivo
il suo carisma nella Chiesa?
R. – Soprattutto attraverso la
Congregazione degli Oblati di Maria Vergine, che egli ha fondato nel 1826, e
che attualmente è presente nei quattro grandi continenti. In Italia, siamo
dediti alla predicazione, alla guida di esercizi spirituali, alle missioni
popolari, al ministero parrocchiale, alla formazione del clero, alla formazione
dei giovani universitari e sentiamo che il nostro carisma trova un posto privilegiato
nell’appello alla nuova evangelizzazione così come è indicata dalla Novo
millennio ineunte di Giovanni Paolo II, che mette al centro della pastorale
del nuovo millennio la spiritualità, che è l’anima del nostro carisma.
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ALL’INSEGNA DEI RAPPORTI MUSICALI TRA NAPOLI E
PARIGI
SI APRE LA QUARTA EDIZIONE DEL FESTIVAL PERGOLESI
SPONTINI,
IN PROGRAMMA DAL 4 AL 12 SETTEMBRE A JESI ED IN
ALTRI TEATRI
DELL’ENTROTERRA MARCHIGIANO
- Servizio di Luca Pellegrini -
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(musica)
Fu una delle “querelle”
artistiche più famose, quella dei cosiddetti “bouffons”. Era un segno dinamico
che un’epoca stava cambiando e che anche nella musica i generi erano in piena
evoluzione. A Napoli l’esuberanza trovava nella forma del “buffo” una delle più
compiute e stabili forme di teatro musicale settecentesco, intriso di sorriso e
malinconia. A Parigi il grande Rameau doveva fronteggiare le accuse dei
vetero-lullysti che, appoggiandosi ai nomi di Pergolesi con la sua brillante
“Serva Padrona” e di Rousseau con “Le Devin du Village”, lo accusavano di
inutile elaborazione, di complicazioni gratuite e di abbandono della purezza stilistica.
Questa “querelle” è ora al centro del programma della IV edizione del Festival
Pergolesi Spontini, dal titolo “Filosofi e Buffoni. Il genio musicale che incendiò
Parigi”. Il perché di questa scelta e di alcuni titoli della rassegna, ci viene
descritto da Vincenzo De Vivo, direttore artistico della manifestazione:
R. – L’idea è sempre stata quella di fare un Festival monografico che potesse,
di volta in volta, illuminare un aspetto di uno dei due compositori. Riuscire
allora a mettere insieme la vita musicale napoletana e l’effetto dirompente che
la musica napoletana ebbe sull’ambiente parigino ci ha permesso di fare un cocktail
che, non solo geograficamente unisce queste due capitali europee della musica,
ma ci permette di fare anche un viaggio a ritroso, che dalla prima metà del Settecento
ci porta fino ai giorni nostri. E’ un viaggio, quindi, che attraverso “Serva
Padrona”, di cui Degrada ha approntato una nuova revisione critica, “Le Devin
du Villane”, l’intermezzo che Rousseau ha scritto come autore del testo e come
autore della musica sulla fascinazione di “Serva Padrona”, è un momento di
riflessione sulla vita musicale parigina. L’altra faccia della medaglia: il
“Flaminio”, la vera opera buffa, l’ultimo lavoro di Pergolesi, che è
rappresentato in un luogo molto particolare, che è il Teatro-Studio della
Chiesa di San Floriano, in cui il rapporto tra pubblico e cantanti sarà un
rapporto immediato. Nell’abside ci sarà l’Orchestra, l’Accademia Bizantina
diretta da Dantone, e i cantanti agiranno praticamente a pochi centimetri dal
pubblico, in un rapporto che ricorda molto i piccoli teatri del Settecento.
(musica)
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IL VANGELO DI DOMANI
Domani, 22.ma Domenica del Tempo
ordinario, il brano della liturgia ci presenta Gesù che un sabato entra in casa
di uno dei capi dei Farisei per pranzare e la gente sta a guardarlo. Gesù
osserva come gli invitati scelgono i primi posti e si rivolge loro con una parabola:
“Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto,
perché non ci sia un altro invitato più ragguardevole di te e colui che ha invitato
te e lui venga a dirti: ‘Cedigli il posto!’. Allora dovrai con vergogna
occupare l’ultimo posto. Invece, quando sei invitato va a metterti all’ultimo
posto perché, venendo colui che ti ha invitato, ti dica: ‘Amico, passa più
avanti’. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali”.
Sul significato di questo brano
evangelico, ascoltiamo il commento del teologo gesuita, padre Marko Ivan
Rupnik:
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Gesù si
trova alla mensa di un pranzo importante ed è osservato, evidentemente, non con
l’atteggiamento giusto, ma, come in tante altre circostanze del Vangelo, con
l’intento di coglierlo in errore. Lui, però, rovescia la situazione facendo
notare che, benché così attenti alle regole, vengono ingannati dalla brama di
essere i primi riconosciuti ed apprezzati, ma non sanno fare il calcolo di dove
sedersi per essere, poi, veramente considerati.
L’atteggiamento giusto
è l’umiltà, dimensione costante dell’amore, anzi, ciò che rende l’amore vera
virtù. Solo l’amore che non cerca l’interesse per sé è l’amore di Dio e caratterizza
l’uomo salvato. Il banchetto di zoppi, ciechi, poveri e storpi è l’immagine del
banchetto della Parabola di Cristo, con la quale fa vedere che gli invitati
possono anche perdere il loro posto, proprio perché troppo sicuri di loro
stessi. E’ bene avere l’umiltà che fa gioire per il dono ricevuto, e ricordarsi
che il banchetto sarà per gli ultimi. Agli umili Dio si rivela, ai superbi
resiste.
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28
agosto 2004
EX-BAMBINI
SOLDATO DELL’ESERCITO DI RESISTENZA DEL SIGNORE
STANNO
PER FARE RITORNO A CASA NEL NORD DELL’UGANDA
GULU. = Un gruppo di 45 bambini, rapiti dai ribelli
dell’Esercito di resistenza del signore e portati in Sudan, stanno tornando a
casa nel nord Uganda. A renderlo noto, l’Organizzazione Internazionale per le
Migrazioni (IOM) che si sta occupando del trasferimento dei ragazzi da Juba,
città nel Sudan meridionale, a Gulu, città nel nord Uganda. L’IOM precisa che
alcuni bambini sono stati liberati durante le recenti operazioni dell’esercito
ugandese contro i campi di addestramento del LRA nel sud del Sudan, mentre
altri ragazzini sono riusciti a fuggire da soli raggiungendo la città di Juba.
Rientrati a Gulu, saranno affidati a organizzazioni non governative che si
occuperanno del loro reinserimento in società. Dal 1986 la guerriglia del LRA
semina morte e distruzione nelle zone settentrionali dell’Uganda. Sono oltre
100 mila le vittime di questo conflitto registrate fino ad ora, 25 mila i
minori sequestrati e oltre un milione gli sfollati. I bambini che vengono
prelevati dalle loro case e dalle scuole con la violenza sono costretti ad imbracciare
le armi e poi vengono impiegati nei combattimenti e le bambine obbligate a fare
da concubine ai capi guerriglieri. (F.S.)
IL
PRESIDENTE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE FILIPPINA,
MONS.
FERNANDO R. CAPALLA, CONDANNA LA PROPOSTA DI LEGGE
SUL
CONTROLLO DELLA POPOLAZIONE
MANILA. = La Chiesa
filippina condanna senza appello la proposta di legge sul controllo della
popolazione. “La legge sui 2 figli è un velato sistema coercitivo che distrugge
la libertà di coscienza e il diritto naturale delle coppie a scegliere il numero
dei figli”: è quanto afferma mons. Fernando R. Capalla, presidente della
Conferenza Episcopale filippina e arcivescovo di Davao in un comunicato ufficiale,
esprimendo la sua ferma opposizione a questa legge “dannosa e non praticabile”.
Nelle scorse settimane, il deputato Edcel Lagman ha presentato in Parlamento la
“Legge sulla salute riproduttiva” che intende promuovere il controllo delle
nascite incentivando le famiglie a non avere più di 2 figli. La proposta, nota
come “Legge sui 2 figli”, prevede vantaggi economici per le coppie che aderiscono
e l’esen-zione fiscale per le aziende produttrici di contraccettivi. Secondo
mons. Capalla, le ragioni della povertà della società filippina non sono legate
solo alla crescita della popolazione, ma alla diffusa corruzione governativa,
alla scarsa qualità dei servizi educativi e sanitari di base, a un’ingiusta e
squilibrata distribuzione delle terre e delle risorse naturali, all’elevata
disoccupazione e al peso oneroso del debito estero. Ciò che la Chiesa chiede al
governo è di applicarsi nella propria sfera di responsabilità prima di
attaccare la santità di ogni famiglia filippina. (F.S.)
CONTINUA IL
TRASFERIMENTO DI RIFUGIATI CONGOLESI
DOPO L’ATTACCO AL CAMPO
DI GATUMBA, IN BURUNDI,
CHE GIORNI FA HA
PROVOCATO 160 MORTI
BUJUMBURA. = Un gruppo
di 48 rifugiati congolesi sono stati trasferiti dall’Alto Commissariato delle
Nazioni Unite per i Rifugiati dalla pericolosa zona di confine fra la
Repubblica Democratica del Congo e il Burundi al campo di Gasorwe, nella parte
nordorientale del Paese, dove ci sono già circa 8 mila esuli congolesi. Delle
48 persone trasferite, 47 provenivano dai due centri di transito di Rugombo e Karurama,
nella provincia di Cibitoke, mentre una persona proveniva da Gatumba, il centro
di transito che è stato scenario il 13 agosto scorso di un sanguinoso attacco,
in cui sono state assassinate 160 persone e ne sono rimaste ferite altre 100.
Sono 19429 i rifugiati recentemente giunti in Burundi secondo un censimento
dell’ ACNUR, di questi 17622 presenti a Cibitoke, 10780 a Rugombo e 6882 a
Kararuma. Intanto L’ACNUR in collaborazione con altri operatori, sta organizzando
l’accoglienza, con alloggio, cibo, acqua e altri servizi, per i 20 mila
rifugiati che si trovano nella zona di confine. E’ anche partita una campagna
informativa sul trasferimento dei rifugiati, che si mostrano riluttanti e
vogliono rientrare nella Repubblica Democratica del Congo appena la situazione
sarà più tranquilla. Questa resistenza è espressa soprattutto da coloro che
erano stati accolti nel centro di transito di Gatumba, ancora traumatizzati
dagli effetti dell’attacco sanguinoso dei giorni scorsi. Inoltre molte famiglie
preferiscono rimanere presso i loro cari ricoverati negli ospedali. (F.S.)
LA REGIONE DEL FIUME
SAN JUAN, IN COLOMBIA CENTRALE, TEATRO DI SCONTRI
TRA LA GUERRIGLIA DI
SINISTRA E I PARAMILITARI DELLA DESTRA, E’ SCOSSA
DALLO SFOLLAMENTO DELLA
POPOLAZIONE E DAL BLOCCO ECONOMICO
BOGOTA’. = Giunta a destinazione la prima missione
umanitaria inviata dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati,
dall’Ufficio delle Nazioni Unite per il Coordinamento degli Affari Umanitari e
dalle autorità del governo colombiano, nella regione fluviale di San Juan, in
seguito ai recenti scontri tra la guerriglia di sinistra e i paramilitari di
destra, che hanno costretto almeno 1200 persone ad abbandonare le loro
abitazioni in una delle zone più isolate e più povere della Colombia. La
missione è stata organizzata al fine di monitorare la situazione, censire la
popolazione sfollata e valutarne i bisogni. Sono state visitate 15 comunità
afrocolombiane ed indigene, che si trovano lungo il fiume San Juan ed alcuni
dei suoi affluenti. Sono 606 le persone sfollate non ancora registrate che non
hanno ricevuto assistenza dalle autorità locali a causa del blocco economico. I
combattimenti hanno provocato un ulteriore peggioramento della crisi umanitaria
che potrebbe coinvolgere 6 mila persone. Oltre agli sfollati, infatti, altre migliaia
di persone stanno accusando gli effetti del blocco economico imposto da gruppi
armati che trattengono i beni di prima necessità così da privarne i loro
nemici. La missione ha potuto verificare gli effetti di questo blocco economico
imposto dall’inizio di luglio dalle truppe di irregolari armati. Il fiume San
Juan, con i suoi tributari, rappresenta l’unica via di comunicazione in questa
regione e il blocco ha limitato non solo gli spostamenti ma impedisce anche il
trasporto di merci quali cibo, medicinali, carburante, zucchero e sale, con una
ricaduta negativa sul territorio per ciò che riguarda la sicurezza, la salute e
l’istruzione delle comunità che vivono lungo il fiume. Sono in aumento malattie
come la malaria, la tubercolosi e le infezioni virali. L’ACNUR ha ribadito a
tutte le parti del conflitto in Colombia la necessità di rispettare il
carattere civile della popolazione e ha chiesto di astenersi da azioni che
possano mettere a repentaglio la libertà di movimento e l’accesso a beni e servizi
di prima necessità. (F.S.)
UCCISI ALCUNI FUGGITIVI
DELLA COREA DEL NORD
MENTRE CERCAVANO DI
PASSARE IL CONFINE CON LA CINA
SEOUL. = Diversi
fuggitivi sono stati uccisi dalle guardie di frontiera nordcoreane mentre
tentavano di passare il confine con la Cina. Secondo vari testimoni, il governo
di Pyongyang ha lanciato una campagna contro i tentativi di fuga in risposta al
recente esodo di 450 persone. “E’ stato posizionato il filo spinato con
l’elettricità e sulla frontiera ci sono molte più guardie. Si è registrato un
aumento degli agenti segreti nordcoreani in Cina”: è quanto sottolinea Joanna
Hosaniak di Human Right South Corea. Negli ultimi anni infatti è aumentato il
numero dei nordcoreani che entrano clandestinamente in Cina per acquistare cibo
da vendere in patria. Alla fine degli anni 90 i controlli erano meno rigidi e
le guardie erano facilmente corruttibili con sigarette, soldi e cibo. La Cina
ha poi firmato un trattato con la Corea del Nord per rimandare indietro i
fuggitivi, molti dei quali sono stati puniti con il carcere e i lavori forzati.
(F.S.)
RUBATA TELA DEL
SEICENTO ATTRIBUITA A LEANDRO DA PONTE
IN UNA CHIESA ISOLATA
VICINO TREVISO
PADERNO DEL GRAPPA. =
E’ stata rubata una tela seicentesca attribuita a Leandro Da Ponte, uno dei
figli del più noto Jacopo detto “Il Bassano”. E’ accaduto in una chiesa isolata
in località Fietta di Paderno del Grappa, vicino Treviso, la scorsa notte, ad
opera di ignoti. Il furto sarebbe su commissione e forse destinato al mercato
estero, secondo quanto scrive il Gazzettino e ipotizzato dai carabinieri che si
stanno occupando delle indagini. Il dipinto, alto poco meno di due metri e
largo uno, rappresenta Sant’Andrea con San Rocco e sullo sfondo la sagoma del
Monte Grappa. Gli episodi di furti di opere d’arte sono piuttosto frequenti
nella zona e l’ultimo risale a due mesi fa, sempre ai danni di una chiesa
isolata. Per accedere al tempietto, aperto al pubblico solo una volta a
settimana, questa volta i malviventi hanno dovuto soltanto forzare una porta,
non essendo installato alcun dispositivo di sicurezza nella chiesetta. (F.S.)
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28 agosto 2004
- A cura di Barbara Castelli -
Resta
avvolta nel giallo la barbara uccisione in Iraq del giornalista italiano, Enzo
Baldoni. A poche ore dal tragico epilogo del rapimento da parte della
guerriglia, non si riesce ancora a capire perché sia stato annullato ogni
spazio alle trattative, mentre i contatti erano ancora aperti. Smentita poi
l’esistenza di un video sugli ultimi attimi di vita del reporter. Nel Paese del
Golfo, intanto, la situazione resta tesa, anche se sembra reggere la tregua a
Najaf. Il servizio di Barbara Castelli:
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Sventato a Najaf il temuto bagno di sangue. Le forze
americane e la guardia nazionale irachena hanno tolto ieri l’assedio alla città
santa sciita, mentre i ribelli del leader radicale Moqtada Al-Sadr, asserragliati
da tre settimane nella sacra moschea dalla cupola d’oro, hanno consegnato il
mausoleo dell’Imam Alì e deposto la maggior parte delle armi. La fine
dell’incubo è stato possibile grazie alla mediazione dell’ultima ora
dell’anziano ayatollah Ali Sistani, che ha messo a punto il piano di pace. La
Marjaiya, intanto, la direzione religiosa sciita riunitasi oggi a Najaf
nell’abitazione dell’ayatollah Sistani, ha ribadito di essere contraria alla lotta
armata contro l’occupazione americana. Nel resto del Paese, tuttavia, la
violenza è ancora in primo piano. Nella capitale Baghdad colpi di mortaio esplosi
dalla guerriglia hanno causato la morte di due civili e il ferimento di altri
sei. A Mossul, nel nord dell’Iraq, una docente universitaria è stata assassinata
questa mattina. La donna, 36.enne, responsabile del servizio traduzioni
nell’ateneo locale, è stata freddata mentre si stava recando in facoltà a bordo
della propria vettura. Un egiziano è stato ucciso e un altro rapito nella città
di Baiji, la stessa dove ieri sono stati rinvenuti i corpi di due lavoratori
turchi sequestrati da un gruppo islamico. E proprio poco dopo il ritrovamento
dei cadaveri, un messaggio via Internet, con la firma “Gruppo Islamico Tawhid”,
ha lanciato un monito ad Ankara perché interrompa la propria attività di
assistenza alle “forze di invasione” in Iraq. Sempre nella giornata di ieri
aerei americani hanno bombardato posizioni dei ribelli iracheni a Falluja,
bastione sunnita a 50 km ad ovest di Baghdad, dopo essere stati attaccati dal
suolo, causando almeno cinque morti e 32 feriti, compresi donne e bambini.
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“Il nostro 11 settembre”. Così i
giornali russi avevano titolato mercoledì, a poche ore delle due sciagure aeree
costate la vita ad 89 persone. Supposizioni confermate dalle indagini: tracce
di esplosivo sono state ritrovate nei resti di entrambi gli aerei, che sarebbero
stati dirottati da terroristi islamici. I resti umani di una cittadina di
Grozny, probabilmente un’attentatrice suicida, saranno analizzati a Mosca.
Proprio un gruppo integralista, intanto, denominato Brigate Islambuli, ha
rivendicato gli attacchi, compiuti in nome della causa cecena.
Misure di sicurezza
ulteriormente rafforzate oggi in Cecenia, alla vigilia delle contrastate
elezioni promosse dal Cremlino per dare un successore ad Akhmad Kadyrov, il
presidente unionista ucciso il 9 maggio scorso dalla guerriglia
islamico-indipendentista. In lizza per succedere a Kadyrov ci sono sette candidati,
ma secondo tutti gli analisti appare scontata la vittoria di Alù Alkhanov, generale
di polizia e ministro dell’Interno uscente del governo locale ceceno. Il
47.enne è sostenuto dal presidente russo Vladimir Putin e, almeno ufficialmente,
anche dall’entourage del defunto Kadyrov.
Ennesima fiammata di violenza in India. Almeno
18 persone sono rimaste ferite ieri in due esplosioni, in altrettante moschee,
nello Stato di Maharashtra. Non è ancora chiaro se le deflagrazioni siano
avvenute all’esterno o all’interno dei due luoghi di culto. Rafforzate le
misure di sicurezza.
L’ex
ministro delle Finanze, Shaukat Aziz, è il nuovo premier pakistano. Lo ha
deciso ieri l’Assemblea nazionale, con 191 voti a favore su 342. L’opposizione
aveva presentato la candidatura di Javed Hashmi, che sconta da aprile una pena
di 23 anni per “tradimento”. Aziz, 55 anni, è considerato il pupillo del
presidente Pervez Musharraf, davanti al quale ha prestato giuramento questa
mattina.
È iniziato stamani in Bangladesh
il secondo sciopero generale in una settimana indetto dal maggiore partito di
opposizione, la Lega Awami (Al), per protesta contro l’attentato dello scorso
21 agosto, durante un comizio della presidente dell’Al, Sheikh Hasina Wajed,
con un bilancio di almeno 19 morti e oltre 300 feriti. Nella capitale Dhaka sono
stati dispiegati circa 8.000 poliziotti per evitare eventuali disordini.
La questione nucleare fa
nuovamente salire la tensione tra l’Iran e la comunità internazionale. Il
presidente della Repubblica islamica, Mohammed Khatami, ha rivendicato oggi per
il suo Paese il diritto a produrre uranio arricchito, per fini civili. Tra due
settimane, a Vienna, l’Agenzia internazionale per l’energia atomica dovrebbe riaprire
il dossier iraniano.
Un ordigno di ridotta potenza è
esploso questa mattina a Santiago de Compostela, in Galizia, senza causare
fortunatamente feriti, mentre la polizia ha fatto esplodere un altro ordigno a
La Coruña. La deflagrazione è stata
preceduta da una telefonata al quotidiano basco “Gara” che avvisava, a nome
dell’Eta, secondo il tradizionale copione, del collocamento delle bombe.
Il governo libanese, riunito in
sessione straordinaria, ha approvato questa mattina un progetto di legge per un
emendamento costituzionale che permetta il prolungamento di tre anni del
mandato presidenziale ad Emile Lahoud. L’emendamento, che deve ora essere
approvato dal parlamento, sarebbe il terzo del genere alla Costituzione approvata
nel 1991.
Settantotto eritrei espulsi dalla
Libia hanno dirottato ieri a Khartoum, in Sudan, un aereo che li riportava nel
loro Paese. A diffondere la notizia la tv del Qatar Al Jazira. Al loro arrivo
si sono arresi alla polizia, che aveva circondato il velivolo e hanno chiesto
asilo. Le autorità di Khartum hanno informato l’Onu della vicenda e il caso è
ora seguito dall’Alto Commissariato per i rifugiati. Tripoli aveva rifiutato
loro la concessione dello status di rifugiati e li aveva caricati su un aereo
speciale partito dalla città di Khufrah.
L’Fbi, la polizia federale degli
Stati Uniti, sospetta la presenza di una spia d’Israele al Pentagono, in una
posizione potenzialmente influente, vicina - si dice - al segretario alla
Difesa americano, Donald Rumsfeld, o a suoi stretti collaboratori. La spia,
sulla cui identità non vi sono indicazioni, avrebbe avuto accesso a una bozza
di documento sull’Iran e lo avrebbe trasmesso alle autorità israeliane,
mettendole così in condizione di cercare d’influenzare le scelte degli Stati
Uniti verso Teheran.
Circa 800 palestinesi detenuti
nel carcere israeliano di Ashkélon hanno sospeso ieri e fino a lunedì lo
sciopero della fame che avevano iniziato 13 giorni prima. La sospensione è
stata indetta in seguito alla decisione presa dalla direzione della struttura
penitenziaria di accettare alcune rivendicazioni presentare dai detenuti.
Intanto ieri circa duemila persone - fra cui il premier palestinese Abu Ala e
il nipote del 'Mahatma' Gandhi, Arun Gandhi - si sono raccolte ad Abu Dis, alla
immediata periferia di Gerusalemme, per protestare contro il Muro di
separazione che Israele sta costruendo in Cisgiordania.
Uno yemenita è stato condannato
oggi a morte, e 14 altri a pene detentive fino a 10 anni, da un tribunale di
Sanaa per atti terroristici. Tra questi figura anche l’attentato contro la
petroliera francese Limburg, esplosa nel 2002.
Tragico incidente stradale nel
nord dell’Etiopia: un autobus è caduto in un burrone nei pressi di Adet, 250
chilometri a nord di Addis Abeba. Pesante il bilancio: 27 morti e 30 feriti
gravi. La sciagura sarebbe avvenuta giovedì, ma solo oggi se ne è avuta notizia.
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