RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n.
238 - Testo della trasmissione di mercoledì 25 agosto 2004
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO
Ultimi giorni di gare ad Atene: ce ne parla mons. Carlo Mazza
CHIESA E SOCIETA’:
In Iraq raid americano su Falluja, combattimenti ad Amara ed ancora scontri a Najaf
In un video il giornalista italiano rapito
Attentato in Algeria: morte sette persone
Continuano le dimostrazioni antigovernative in
Bangladesh. Paralizzata la capitale nel secondo giorno di sciopero.
25
agosto 2004
CATTOLICI
ED ORTODOSSI AFFRETTINO IL CAMMINO
VERSO LA RICONCILIAZIONE E LA PIENA UNITA’:
COSI’
IL PAPA NELLA SOLENNE CERIMONIA IN AULA PAOLO VI,
DURANTE
LA QUALE HA AFFIDATO AL CARDINALE KASPER
L’ANTICA ICONA DELLA MADRE DI DIO DI KAZAN,
DONATA
ALLA CHIESA ORTODOSSA RUSSA, NELLE MANI DEL PATRIARCA ALESSIO II
-
Servizio di Alessandro De Carolis -
**********
Un’antica
icona che simboleggia la grande storia di fede del popolo russo. Ma anche un’icona
che esprime il “grande affetto” e la “stima” di Giovanni Paolo II per il Patriarca
ortodosso Alessio II e, insieme, il suo desiderio di ricomporre al più presto e
“in pienezza l’unità compromessa”. Un’atmosfera inusuale, per la tradizionale
udienza generale del mercoledì, ha fatto da sfondo questa mattina, in Aula
Paolo VI, alla solenne celebrazione della Parola presieduta dal Papa davanti a
5 mila fedeli. Al centro dell’azione liturgica, la preziosa e venerata icona
russa raffigurante la Madre di Dio di Kazan, che il Pontefice ha deciso di
restituire alla Chiesa ortodossa, dopo che un lungo itinerario, attraverso tre
secoli e due continenti, l’aveva fatta approdare, nel 1993, nella residenza del
Papa, proveniente dal Santuario di Fatima.
(canto)
Prima di affidare l’immagine
sacra al cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per
l’Unità dei cristiani, con il compito di scortarla a Mosca e di consegnarla, sabato
prossimo, al Patriarca Alessio II, Giovanni Paolo II ha voluto ricordare il
modo in cui essa, “dopo aver attraversato vari Paesi”, fosse giunta
“provvidenzialmente nella casa del Papa”. Da
allora - ha detto il Pontefice - “ha trovato posto presso di me ed ha accompagnato
con sguardo materno il mio quotidiano servizio alla Chiesa”.
“Quante volte,
da quel giorno, ho invocato la Madre di Dio di Kazan, chiedendole di proteggere
e guidare il popolo russo che le è devoto, e di affrettare il momento in cui
tutti i discepoli del suo Figlio, riconoscendosi fratelli, sapranno ricomporre
in pienezza l’unità compromessa”.
Attorno
a quella icona - ha osservato - “si è sviluppata la grande storia” della “Santa
Russia”, grazie ad un popolo rimasto “profondamente cristiano” anche quando –
ha affermato il Papa - “forze avverse si accanirono contro la Chiesa e
tentarono di cancellare dalla vita degli uomini il nome santo di Dio”. Quel popolo, invece, testimoniò “in tanti casi
con il sangue la propria fedeltà al Vangelo e ai valori che esso ispira”. E’
con “particolare emozione”, dunque, che Giovanni Paolo II ha detto di voler
procedere al dono della Madre di Dio di Kazan, nelle mani “del venerato
Patriarca di Mosca e di tutte le Russie”:
“Dica, questa
antica immagine della Madre del Signore, a Sua Santità Alessio II e al venerando
Sinodo della Chiesa Ortodossa russa l’affetto del Successore di Pietro per loro
e per tutti i fedeli loro affidati (...) Dica il desiderio e il fermo proposito
del Papa di Roma di progredire insieme con loro nel cammino di reciproca conoscenza
e riconciliazione, per affrettare il giorno di quella unità piena dei credenti
per la quale il Signore Gesù ha ardentemente pregato”.
Poi,
accompagnata dal canto Salve, Mater misericordiae, l’icona mariana ha
mosso il primo passo del suo lungo viaggio di ritorno, sfilando lentamente
davanti ai fedeli, che potranno venerarla ancora nella Basilica di San Pietro
per tutta la giornata di domani.
(canto)
**********
INTERVISTA
CON IL DOTTOR WOLFGANG HUBER, VESCOVO PRESIDENTE
DEL CONSIGLIO DELLA CHIESA EVANGELICA DI GERMANIA
Si conclude oggi la visita di
tre giorni in Vaticano del presidente del Consiglio della Chiesa evangelica in
Germania, il vescovo Wolfgang Huber. Ieri mattina il dottor Huber è stato
ricevuto da Giovanni Paolo II nella residenza pontificia di Castel Gandolfo.
Ascoltiamolo nell’intervista dal nostro collega della redazione in lingua
tedesca, Ludwig Waldmüller:
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R. – ES WAR EINE SEHR
EINDRÜCKLICHE BEGEGNUNG; ICH HABE ANGEKNÜPFT AN ...
E’ stato un incontro che mi ha molto colpito. Sono tornato
con la mente all’incontro del 1996, in occasione della visita del Papa in
Germania: quella visita è stata un’importante pietra miliare nei rapporti
ecumenici tra le nostre Chiese. E considero il fatto che il Papa mi abbia
ricevuto oggi come un’ulteriore pietra miliare sulla stessa strada.
D. – In un incontro tra il
presidente del Consiglio della Chiesa evangelica di Germania e il Pontefice
della Chiesa, di che cosa si parla?
R. –
DANN IST DIESE BEGEGNUNG IN SICH SELBST EIN WICHTIGES ELEMENT ...
L’incontro
stesso diventa un elemento importante nell’evoluzione dei rapporti ecumenici,
anche se il colloquio in sé sicuramente non aveva lo scopo di risolvere
problemi di carattere ecumenico ancora aperti: certo, non sarebbe stato
possibile nel corso di un dialogo così breve!
D. – Il Papa le ha trasmesso
qualcosa di importante? Lei ha potuto dirgli qualcosa di particolare?
R. –
DER PAPST HAT MICH, WAS MICH SEHR ANGERÜHRT HAT, NICHT NUR MIT ...
Il Papa, e questo mi ha toccato profondamente, non
solo mi ha donato le sue parole, ma mi ha fatto un vero dono: una croce
pettorale, realizzata in occasione del suo 25.mo di pontificato, che riporterò
a Berlino. Credo che questo sia un segno anche visibile, riconosciuto
implicitamente, al significato profondo del ministero episcopale in seno alla
Chiesa evangelica: così io ho inteso questo gesto. Comunque, abbiamo chiesto
l’uno per l’altro la benedizione del Signore per la nostra strada, per il
nostro ministero. Io porto nel mio cuore gli occhi aperti ed attenti del Papa.
E non li dimenticherò mai.
D. – Una sua valutazione del
momento ecumenico tra la Chiesa cattolica e quella evangelica, in Germania e
nel mondo ...
R. –
IN DEUTSCHLAND MACHEN WIR BESONDERS INTENSIV DIE ERFAHRUNG, DASS ...
In Germania
stiamo sperimentando in maniera piuttosto intensa che non c’è alternativa
all’ecumenismo. Per questo teniamo in grande cura e considerazione lo stato del
buon dialogo ecumenico che abbiamo raggiunto. Abbiamo imparato e preso coscienza
del fatto che non possiamo aspettarci progressi rapidi nelle questioni ancora
aperte e che è necessario procedere con molta attenzione e con molto prudenza,
ma anche con la necessaria “impazienza” ecumenica. Sappiamo tutti che attualmente
la questione principale verte sul ministero. Mi rendo conto che la stessa
questione è oggi al centro dei dialoghi tra la Chiesa cattolica e la Chiesa
luterana e che stiamo procedendo a piccoli passi. Credo però anche che, al di
là dei chiarimenti raggiunti nell’ambito del dialogo teologico, possiamo aspettarci
progressi sicuri per il modo con cui vicendevolmente rispettiamo e consideriamo
il ministero dell’altra parte. L’altro aspetto è questo: se è vero che identità
e comprensione sono i due poli del progresso ecumenico, è anche necessario
avere comprensione, perfino nelle questioni più ardue da risolvere, perfino lì,
dove il dialogo procura dolore, per il grande impegno dimostrato dalla Curia
romana e dalle Congregazioni, nella definizione dell’identità della Chiesa
cattolico-romana. Noi come Chiesa evangelica dobbiamo quindi ora riflettere su
quanto spetta a noi fare, affinché raggiungiamo identità e comprensione,
coscienza del nostro profilo e rispetto e considerazione del profilo
dell’altro, e affinché questo possa rappresentare tra le nostre due Chiese un
nuovo legame.
D. – Ma esiste una vera “voglia”
di ecumenismo e di comunione, nelle due Chiese?
R. –
DAS IST GANZ BESTIMMT GEGEBEN BEI BEIDEN KIRCHEN; BEI INDIVIDUEN ...
Esiste
sicuramente, in tutte e due le Chiese. Poi, ovviamente, nei singoli individui
in misura diversa. Se, venendo in Vaticano, rispondo ad un invito del cardinale
Kasper, questo significa di per sé che la responsabilità ecumenica qui a Roma è
riposta nelle mani di un uomo, nelle mani di un cardinale, la cui “voglia” di
ecumenismo è, senza dubbio, fortissima.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Giovanni
Paolo II - si apre così la prima pagina - presiede nell'Aula Paolo VI la
solenne celebrazione della Parola per la consegna dell'Icona della Madre di Dio
di Kazan' alla Delegazione che la recherà a Mosca. Il titolo portante
è "Con particolare emozione rendo grazie alla Divina Provvidenza che
mi concede oggi di inviare al venerato Patriarca di Mosca e di tutte le Russie
il dono di questa santa Icona".
Sempre
in prima un articolo dal titolo "La sinistra ombra del terrorismo ceceno
torna ad allungarsi sulla Russia": due aerei, entrambi partiti
dall'aeroporto moscovita di Domodedovo, precipitano a pochi minuti di distanza
l'uno dall'altro; nessun superstite tra le novanta persone a bordo.
Nelle
vaticane, una pagina dedicata al cammino della Chiesa in Italia.
Nelle
estere, Iraq: si teme per la sorte del giornalista Baldoni; ultimatum dei rapitori
al governo italiano.
Nella
pagina culturale, un articolo di Marco Testi in merito ad un volume sul mito
nella letteratura italiana.
Nelle
pagine italiane, in rilievo il tema della finanziaria.
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25
agosto 2004
RITROVATE LE SCATOLE NERE DEI
DUE AEREI PRECIPITATI
LA NOTTE
SCORSA NEL SUD DELLA RUSSIA.
L’IPOTESI
TERRORISMO SEMBRA LA PIU’ PLAUSIBILE
ANCHE SE I
GRUPPI CECENI NEGANO OGNI COINVOLGIMENTO
- Intervista con Fulvio Scaglione -
Sono
state ritrovate le scatole nere dei due aerei Tupolev precipitati la notte scorsa
nel sud della Russia. Sui due incidenti, avvenuti quasi contemporaneamente,
grava ancora una volta la minaccia del
terrorismo ceceno, che, però, rifiuta la paternità dell’azione. Dei 90 passeggeri nessuno è sopravvissuto
all’impatto. Da Mosca, il servizio di Giuseppe D’Amato:
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Nessuno parla ancora delle cause
delle due sciagure, ma l’incubo terrorismo è ben presente. Esperti dei servizi
segreti, FSB, stanno esaminando le carlinghe nel tentativo di capire cosa sia
successo ai due Tupolev, ambedue decollati dallo stesso aeroporto moscovita e
scomparsi dai radar a distanza di un paio di minuti. I velivoli volavano verso
sud, verso Volgograd ed il centro turistico di Sochi, sul Mar Nero. I resti del
Tupolev 134 sono stati trovati nei pressi del villaggio Buchalska, non lontano da
Tula. Si è sfiorata una nuova Lockerbie. Vi sono delle testimonianze secondo
cui il velivolo sarebbe esploso in volo a 9.500 metri d’altezza. L’altro aereo,
il Tupolev 154 della Sibir, è precipitato nella regione di Rastov. I soccorsi sono
arrivati in ritardo per le cattive condizioni del tempo. La compagnia aerea
afferma che il pilota ha azionato l’“allarme dirottamento”, mentre l’FSB parla
solo di semplice SOS. Il presidente Putin, in vacanza a Sochi, ha incaricato i
servizi segreti dell’indagine. Si teme un’azione terroristica a pochi giorni
dalle elezioni cecene. Ulteriori misure di sicurezza sono state attuate in tutti
gli aeroporti russi.
Da Mosca, per la Radio Vaticana,
Giuseppe d’Amato.
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Per le
autorità russe rimane in piedi l’ipotesi di un’azione terroristica, soprattutto
in vista delle presidenziali in Cecenia di domenica prossima, fortemente
contestate dagli indipendentisti caucasici. Giada Aquilino ne ha parlato con
Fulvio Scaglione, vicedirettore di Famiglia Cristiana ed esperto di area ex
sovietica:
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R. – Ci sono molti
indizi che puntano all’indipendentismo ceceno: la concomitanza con le elezioni
presidenziali nella Repubblica caucasica, a cui si oppongono sia la guerriglia estrema
cecena, sia le opposizioni antirusse un po’ più moderate. C’è poi la
coincidenza dei decolli dei due velivoli dall’aeroporto ‘Domodiedovo’ di Mosca,
che è l’aeroporto dei voli per il sud, che collega la capitale con il Caucaso.
Un’altra coincidenza è quella dei due Tupolev che sono caduti quasi contemporaneamente
e uno dei due era diretto a Soci, dove il presidente Putin sta passando le
vacanze. Insomma: la cosa è molto sospetta.
D. – Il presidente
indipendentista ceceno Maskhadov ha negato ogni coinvolgimento nelle sciagure.
Ma è comunque possibile un ruolo dei ribelli caucasici nell’accaduto?
R. – Shamil Basaiev, tanto per
fare il nome di uno dei leader della guerriglia più radicale, non prende certo
ordini da Maskhadov. Il presidente indipendentista è un interlocutore un
pochino più “nobile” ma largamente screditato dal punto di vista
dell’efficacia.
D. – In vista delle elezioni di
domenica in Cecenia per dare un successore al presidente Kadyrov, ucciso a
maggio dalla guerriglia, cosa ci si deve aspettare?
R. – Non credo che succederà
nulla di particolare, anche perché a questo punto le misure di sicurezza
diventeranno straordinarie. La guerriglia cecena generalmente non colpisce in
queste occasioni, che sono in fondo le più prevedibili. Colpisce di sorpresa:
ricordiamo le azioni al teatro Dubrovka di Mosca o negli ospedali del Caucaso
...
D. – Che peso ha la figura di un
presidente filo-russo in Cecenia, quando i ribelli continuano a portare avanti
le loro rivendicazioni indipendentiste?
R. – Il peso che ha il
presidente filo-russo in Cecenia l’abbiamo visto purtroppo con Kadyrov. È stato
ucciso prima dell’estate: abbiamo visto come i guerriglieri ceceni siano riusciti
a mettere una bomba di straordinaria potenza sotto la tribuna, sorvegliatissima,
dello stadio in cui Kadyrov si trovava con le autorità militari russe.
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PROSEGUE IL PELLEGRINAGGIO DEI GIOVANI ITALIANI IN
TERRA SANTA,
ORGANIZZATO DALLA CEI. CON LA TAPPA A ABUD,
L’ESPERIENZA FORTE DELL’INCONTRO CON LA COMUNITA’ DELLA PARROCCHIA
LATINA DEL PICCOLO VILLAGGIO DELLA CISGIORDANIA
- Il servizio di Concita De Simone -
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I giovani italiani in
pellegrinaggio in Terra Santa sono arrivati ad Abud, un piccolo villaggio di
2000 persone a nord di Ramallah, in Cisgiordania, dunque nei territori
palestinesi occupati dagli israeliani
I giovani hanno fatto visita
alla parrocchia latina di Abud: una risorsa per tutti il villaggio, sia per i
cristiani, che sono il 57 per cento della popolazione, sia per i musulmani. Qui
hanno incontrato anche Piergiorgio che fa parte di “Operazione colomba”, un
organismo non violento di pace dell’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII
di don Oreste Benzi, al quale chiediamo lo scopo della loro presenza qui:
R. – “Operazione colomba”
condivide la vita delle persone in zone di guerra, per cui siamo a fianco a
persone che soffrono e soffriamo con loro. E cerchiamo di essere un ponte di
comunicazione tra le vittime delle guerre che, da entrambe le parti, comunque,
sono uguali. Chi muore in una guerra sono soprattutto sempre i più poveri e, da
un lato e dall’altro, sono comunque vittime. Quindi, cerchiamo di essere un
ponte di comunicazione tra le persone che sono separate dal conflitto. Al
momento, la nostra presenza è costante: tra le due e le cinque persone ogni
mese, a seconda dei volontari che condividono con noi quest’esperienza. Siamo,
oltre che qui ad Abud, anche a sud di Hebron con una comunità di beduini,
quindi pastori nomadi, che hanno dei grandissimi problemi con alcuni coloni e a
volte anche con i soldati dell’esercito israeliano che compiono violenze
gratuite e vietano a queste persone di vivere come hanno sempre vissuto finora,
cioè facendo pascolare le pecore sulla loro terra. Con la nostra presenza di
cittadini internazionali, riusciamo a far vivere queste persone come hanno sempre
vissuto, quindi evitando che alcuni coloni, o a volte i soldati, commettano
delle violenze gratuite, caccino via queste persone dai loro pascoli di cui
necessitano per far vivere i loro animali.
D. – Quali sono le difficoltà di
questa vostra convivenza?
R. – La prima è che alle
frontiere per entrare in Israele, subiamo qualche problema. Diciamo: non
vogliono che noi entriamo. Non vogliono che le persone vengano a vedere come si
vive realmente nei territori occupati palestinesi, non vogliono che si sappia
che ci sono anche cittadini israeliani favorevoli alla convivenza, che ci sono
ebrei israeliani che lavorano per la convivenza. Noi siamo qui per sostenere
queste persone, i palestinesi e gli ebrei che lavorano per la convivenza. Siamo
qui per far conoscere al mondo la realtà che a volte è molto meno brutta di
quanto la televisione ci mostri, a volte ha molta più speranza, questa realtà,
di quanto crediamo.
D. – Secondo la vostra
esperienza, di cosa hanno bisogno le comunità di arabi cristiani?
R. – Hanno bisogno di
solidarietà concreta, in particolare della vostra presenza. Per cui invito i
pellegrini a venire in pellegrinaggio in Terra Santa, ma non a fermarsi
solamente a Gerusalemme o a Betlemme. Chiedete al vostro parroco, al vostro
vescovo di andare anche solo una volta, un giorno, a Messa in una comunità dei
cristiani palestinesi, dentro ai territori occupati. Ci sono 15 parrocchie
dentro i territori occupati: andate a Messa, incontrate i nostri fratelli che
vivono qui.
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IL SENSO RELIGIOSO NELLA CIVILTA’ OCCIDENTALE
MA ANCHE
LA POLITICA TRA IDEALE E IMPEGNO:
TOCCANO DIVERSI AMBITI I TEMI SCELTI PER I
DIBATTITI
AL MEETING PER L’AMICIZIA TRA I POPOLI, IN CORSO A
RIMINI
Il senso religioso nella civiltà
occidentale, ma anche la politica tra ideale e impegno: spaziano i temi scelti
dal Meeting per l’amicizia tra i popoli per le tavole rotonde di ogni giorno
che si alternano a spettacoli di vario genere. Ma ascoltiamo il nostro inviato
a Rimini, Luca Collodi:
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La quarta giornata del Meeting
si apre con una novità: l’incontro previsto per domani con il ministro degli
Esteri italiano, Frattini, sulla politica estera vedrà la presenza a Rimini del
ministro degli Esteri dell’Autorità palestinese, Shaath, e del
collega israeliano, Shalom. Una novità importante per Comunione e Liberazione
impegnata da tempo per il dialogo e la pace in Terra Santa. Stamani: il ritorno
del senatore Giulio Andreotti che parlando del dibattito italiano sulle cellule
staminali ha invitato ad evitare il referendum, proposto da una parte della sinistra
italiana con alcune correzioni normative alla legge sulla procreazione
assistita votata dal Parlamento.
Ma
il Meeting, giunto ormai a metà percorso, torna a parlare di guerre dimenticate
ed Africa, conflitti – ha sottolineato il giornalista Rodolfo Casadei – che
hanno cause storiche ben lontane dai soliti riduttivi cliché, che riducono le
cause delle guerre africane al trialismo o all’opposto agli interessi
neocoloniali dell’Occidente. Tra le vere cause – prosegue Casadei, autore del
libro “Africa, conflitti dimenticati e costruttori di pace” - la polarizzazione
tra i gruppi di popolazione dediti all’agricoltura, opposti alle tribù nomadi e
dedite alla pastorizia. Il giornalista spiega che in Africa siamo di fronte
alla crisi dello Stato moderno, di origine post coloniale, eccessivamente
clientelare. L’Africa ha quindi assoluto bisogno di essere al centro della
politica internazionale, perché è necessario difendere i progetti di sviluppo
che impiegano anni di lavoro per crescere e possono essere distrutti in
pochissimo tempo dall’ultimo signore della guerra con i suoi bambini soldato.
Il Meeting denuncia l’assenza della comunità internazionale in Africa. L’unica
speranza per la pace e lo sviluppo è quella di puntare sull’educazione delle
nuove generazioni.
Da Rimini, Luca Collodi, Radio
Vaticana.
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ULTIMI GIORNI DI GIOCHI AD ATENE.
DOMENICA PROSSIMA
LA CONCLUSIONE DELLE GARE CON LA
MARATONA MASCHILE
- Intervista con mons.
Carlo Mazza -
Ad Atene
si avvicina la conclusione, il 29 agosto prossimo, dei Giochi olimpici 2004 ed
è già tempo di bilanci. Non sono mancate sinora le polemiche legate ancora una
volta al doping e alle critiche fatte nei confronti di arbitraggi discutibili,
ma nonostante tutto il fascino delle Olimpiadi ha catalizzato l’attenzione
dell’opinione pubblica mondiale. Per un commento sulla situazione della compagine
italiana, Giancarlo La Vella ha contattato nella capitale greca, mons. Carlo
Mazza, responsabile dell’Ufficio Sport e Tempo libero della Cei, al seguito
degli azzurri alle Olimpiadi:
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R. –
Credo che sia un bilancio molto positivo, soprattutto guardando il medagliere.
Qui evidentemente si guardano i risultati. Credo che oltre al medagliere occorra
guardare anche i risultati sportivi, atletici, agonistici che sono stati
ottenuti. Ci sono molti quarti posti, quinti posti. Quindi, evidentemente lo
sport italiano è in crescita ed è in grande tensione verso mete ancora da
raggiungere, avendo ancora una settimana. Credo però che si possa dire, a
questo punto, che la nostra spedizione abbia avuto dei risultati eccellenti.
Credo sia molto importante sottolineare questa positività.
D. –
Mons. Mazza, tra l’altro si aveva il timore all’inizio che fosse un’Olimpiade
in qualche modo condizionata dal clima internazionale difficile. Invece si sono
visti parecchi episodi di solidarietà anche tra gli atleti, strette di mano inaspettate.
Vuol dire insomma che il clima di Olimpia funziona sempre?
R. –
Certo, le preoccupazioni erano evidenti a tutti. Tutti noi conservavamo qualche
timore dentro di noi, quando siamo partiti dall’Italia. Ma grazie a Dio, evidentemente,
finora almeno non è successo niente, anzi c’è stato un regolarissimo
svolgimento delle gare, degli eventi. E questo dà un senso di grande
tranquillità sia agli organizzatori, ma soprattutto agli atleti. Significa che
anche lo spirito di Olimpia, come si vuol chiamare, ha una forza, una potenza
deterrente in qualche modo. Si sente una possibilità di star bene, di far le
cose bene, di giocare bene e stare bene insieme e addirittura la possibilità di
episodi di grande solidarietà e grande fraternità tra gli atleti. Questo fa
parte del dna delle Olimpiadi. Quando siamo qui, dentro a questo evento, è spontaneo rasserenare gli animi, acquietarsi
e stendere la mano là dove c’è stato qualche piccolo scontro.
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DA OGGI FINO AL 28 AGOSTO, A STRESA
IL V
SIMPOSIO INTERNAZIONALE DI STUDI ROSMINIANI
- Intervista con padre Umberto Muratore -
“Cristianesimo senza teodicea?”. Questo
il tema generale del V corso dei Simposi Rosminiani, che si terrà a Stresa, sul
Lago Maggiore, da oggi fino al 28 agosto. Organizzato dal Centro Internazionale
di Studi Rosminiani, con l’adesione del Servizio Nazionale CEI per il Progetto
Culturale, il corso prevede la partecipazione di circa duecento pensatori
italiani e stranieri. Giovanni Peduto ha chiesto a padre Umberto Muratore,
direttore del Centro di Stresa e provinciale dei Rosminiani italiani, quali
siano le linee guida di queste giornate di studio:
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R. – Quest’anno
abbiamo voluto dedicare il corso ai problemi della teodicea, vale a dire al
tema dell’origine del male e della distribuzione dei beni e dei mali nel mondo.
Ed abbiamo fatto questa scelta, perché ci sembra vi sia, oggi, una scandalosa
sproporzione fra la domanda e la risposta. Da una parte, infatti, si fa sempre
più urgente nelle persone il bisogno di dare un senso al dolore, alla sofferenza,
alle calamità naturali, alla guerra, alla morte; dall’altra parte, cioè da
parte di chi dovrebbe rispondere, c’è un silenzio generalizzato e imbarazzato,
quasi che simili domande fossero prive di senso e non meritino una risposta. In
realtà le risposte ci sono, ma la società moderna le ha dimenticate.
D. –
Quali sono le cause di questa disattenzione?
R. –
La causa generale, a mio parere, va posta nel fatto che le democrazie occidentali
hanno ceduto alla tentazione già prevista da Tocqueville di assorbire tutto il
loro tempo nell’inseguire i beni materiali, cioè i beni di mezzi. Non hanno più
tempo per concentrarsi sui temi di fine, che sono i temi morali e religiosi. In
altre parole: il profitto, il benessere, la competizione assorbono tutto il
nostro tempo e non ci resta altro tempo per riflettere sul senso della vita,
del bene e del male, della stessa morte. Noi vorremmo contribuire a colmare
questa lacuna, per il bene stesso della società in cui viviamo.
D. –
Quali, dunque, i temi che tratterete a Stresa?
R. –
Nelle relazioni di questi giorni, a ciascuna delle quali seguiranno ampi dibattiti,
ci concentreremo sui temi più spinosi della teodicea, cercando di approfondire
sia la domanda, sia la risposta. Per far ciò efficacemente dovremo svolgere
almeno tre compiti fondamentali. Primo: aggiornare il linguaggio ai nostri giorni,
in modo che le verità da noi cercate siano comprensibili ai partecipanti e non
trascurino le nuove domande e risposte suscitate sul tema dal pensiero moderno
e contemporaneo. Secondo: confrontarci col pensiero nichilista odierno, il
quale tende ad escludere le domande di senso della vita ed a relegare i
problemi della teodicea nel mondo delle velleità filosofiche. Terzo: tenere
conto delle ragioni di chi vorrebbe fare della teodicea un problema solamente
spirituale, o comunque appartenente al campo della sola fede. Noi ci auguriamo
di giungere alla conclusione che la teodicea sia un problema, al quale si può
rispondere solamente con l’uso abbinato della ragione e della fede. Che è poi
il recupero della risposta della tradizione cattolica. In tutto il corso si
darà, ovviamente, uno spazio privilegiato al pensiero di Antonio Rosmini, dal
quale questi incontri prendono il nome.
D. –
Che cosa ha rappresentato Rosmini nella cultura del suo tempo?
R. –
Per il suo tempo Rosmini ha rappresentato un sacerdote intelligente e santo che
cercava di aiutare i contemporanei a ricucire la frattura tra mondo moderno e
tradizione, inglobando ciò che vi era di sano nei nuovi fermenti ma, al tempo
stesso, riscoprendo il vivo della tradizione cristiana. La sua vasta opera di
ricerca e di riflessione, tesa a riconciliare ragione e fede, e che egli
chiamava “carità intellettuale”, mentre dagli amici che lo conoscevano veniva
molto apprezzata, da chi non lo conosceva bene veniva guardata con sospetto e
diffidenza. In un certo senso doveva capitare così. Egli svelava cose che
allora sembravano nuove, anche se presentate con parole vecchie. Chi non si era
esercitato a guardare lontano non poteva capirlo. Ma l’incomprensione d’allora
oggi risuona a suo merito e la sua umile sottomissione d’allora all’autorità
ecclesiastica fa apparire oggi più credibile il suo messaggio.
D. –
In che senso oggi si può parlare di attualità di Rosmini?
R. –
Oggi la lezione rosminiana è stimolante sotto molti aspetti. Lo si ammira dai
cattolici, perché egli aveva capito che ci si avviava verso un’epoca, nella quale
l’esercizio della ragione e della persuasione diventava importante per
riportare o conservare gli uomini nella fede. Lo ammirano uomini di cultura di
qualsiasi fede, per la profondità delle sue intuizioni nel cercare fondamenti
che rafforzino la fiducia nella verità, per le sue originali e profonde
meditazioni sull’uomo e sui suoi alti destini, sui rapporti Stato-Chiesa, sul
diritto, sulla pedagogia, ecc. Chi lo conosce si augura che la sua Causa di
beatificazione giunga presto a termine. Così avremo un nuovo maestro universale
di “carità intellettuale” cui attingere, in un periodo in cui si è fatto grande
lo smarrimento dell’intelligenza.
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25
agosto 2004
DUEMILA
SCIENZIATI EUROPEI, RIUNITI DA OGGI FINO A SABATO A STOCCOLMA,
IN
SVEZIA, PER FARE IL PUNTO DELLA SITUAZIONE NEL CAMPO DELLA RICERCA
NEI
PAESI DELL’UNIONE. PRESENTI AI LAVORI ANCHE ESPONENTI POLITICI,
IMPRENDITORI
E MANAGER PER VALUTARE LA PROPOSTA
DI UN CONSIGLIO EUROPEO DELLE RICERCHE
STOCCOLMA. = Apertura oggi a
Stoccolma del Forum degli scienziati europei (ESOF 2004). Primo Congresso
paneuropeo, che vede riuniti nella capitale svedese, fino a sabato prossimo, i
maggiori esperti delle discipline
scientifiche, circa 2 mila studiosi, accanto a politici, manager,
imprenditori. Quattro giorni per discutere di scienza e problemi della ricerca
in Europa e proporre la costituzione del Consiglio Europeo delle Ricerche, una
struttura che a livello continentale sia in grado di gestire al meglio le
risorse destinate alla ricerca sul modello del CNRS francese e del CNR
italiano. A promuovere l'iniziativa, la
prima in assoluto in Europa è stata la stessa Commissione Europea, ma il progetto
è stato realizzato dall'Associazione
dei Ricercatori Europei, l'organismo che si è costituito solo da alcuni anni e
che ha come obiettivo quello di garantire la rappresentanza dei ricercatori nei palazzi di Bruxelles. Molti
i temi che verranno discussi. Su tutti il problema della competizione con gli
Stati Uniti e con altri Paesi emergenti
come Singapore e Corea del Sud e la fuga dei
cervelli dall'Europa. Al centro dei dibattiti non saranno solo questioni
legate alla politica della ricerca, ma anche quelle della comunicazione della
ricerca e il suo rapporto con la società. Organismi geneticamente modificati,
ricerca genetica, nanotecnologie, sono infatti le principali materie che hanno
un grande impatto sul pubblico e sono anche
le più suscettibili sul piano etico e politico, ma allo stesso tempo
rappresentano le nuove frontiere della ricerca. ESOF2004 sarà anche l'occasione per fare il punto sui principali
risultati raggiunti dalla ricerca europea in tutti i campi. Durante i giorni del Forum verranno infatti presentati
i risultati di oltre novanta diversi studi considerati di frontiera,
dall'esplorazione spaziale alla medicina, dalla genetica allo studio
dell'atmosfera e del clima, come lo sviluppo di sistemi energetici alternativi
a quelli legati ai combustibili fossili. (R.G.)
60
ANNI DALLA FONDAZIONE DELLE ACLI: L’ANNIVERSARIO SARA’ CELEBRATO DOMANI NEL CONVENTO DI SANTA MARIA SOPRA LA
MINERVA, A ROMA
ROMA.
= Si festeggerà domani 26 agosto, a Roma, il 60° anniversario della fondazione
delle Acli. L’evento sarà celebrato presso il Convento di Santa Maria sopra la
Minerva, nei pressi del Pantheon, dove si svolse la prima riunione fondativa
delle Associazioni cristiane dei lavoratori italiani. In quel luogo 60 anni fa
- spiega una nota delle Acli – prendeva corpo l'esigenza di costituire delle
organizzazioni pensate per un grande compito, come affermava allora il
fondatore Achille Grandi. E “dalle origini ad oggi continua è stata la presenza
politica e sociale delle Acli” in Italia. Le tappe fondamentali di questa
storia verranno ripercorse nella giornata commemorativa, con inizio alle ore
10.30, dal presidente nazionale Luigi Bobba, insieme con cinque testimoni dei
primi anni di vita dell’Associazione: Giulio Andreotti, Giovanni Bersani, Adriano
Ossicini, Vittorio Pozzar e il vescovo Pierfranco Pastore.
RIUNITA FINO AL 3 SETTEMBRE AL PALAZZO DI VETRO
DELLE NAZIONI UNITE,
A NEW YORK, LA COMMISSIONE DELL’ONU INCARICATA DI
REDIGERE UNA CARTA
DEI
DIRITTI DEI PORTATORI DI HANDICAP, CIRCA 600 MILIONI IN TUTTO IL MONDO
NEW YORK. = Un trattato
internazionale che diventi una Carta dei diritti dei portatori di handicap: se
ne discute al Palazzo di Vetro dell'Onu, a New York, tra circa 400 delegati
provenienti da tutto il mondo e in rappresentanza di governi e organizzazioni
non governative. “Il nostro obbiettivo è di arrivare a una Convenzione
internazionale che permetta di assicurare ai milioni di portatori di handicap
nel mondo i diritti e le tutele di cui godono tutti”, ha detto l’ambasciatore dell’Ecuador
all’Onu, Luis Gallegos, presidente della Commissione ad hoc. “Il principio
dell'universalità dei diritti dell’uomo, di cui fanno parte integrante i
diritti dei portatori di handicap, rientra chiaramente negli obbiettivi delle
Nazioni Unite”, ha continuato. Secondo le stime del Centro di riabilitazione
internazionale (Cir), i portatori di handicap nel mondo sono circa 600 milioni.
La riunione di New York si protrarrà fino al 3 settembre. (R.G.)
DAL 7
SETTEMBRE A MANTOVA MOSTRA DEL LIBRO D'ARTISTA: DAGLI ANNI ’60
AD
OGGI, OPERE EDITORIALI OLTRE CHE DALL’EUROPA E DAGLI STATI UNITI,
DAL
SUD AMERICA E DALL’ASIA
MANTOVA. = Si aprirà il 7
settembre a Mantova una particolare Mostra del libro d'artista nella Casa del
Mantegna. Quattro percorsi dagli anni '60 ad oggi: “Guardare” (il libro che
comunica attraverso le sue caratteristiche grafiche); “Narrare” (il libro che racconta un'esperienza attraverso il
testo e le fotografie); “Pensare” (il libro come strumento di riflessione sulla società) e “Conservare”
(il libro come contenitore della storia dell'uomo). Verranno esposte circa 400
opere provenienti oltre che dall'Europa e dagli Stati Uniti anche dal Sud
America e dall'Asia, tra cui alcuni capolavori assoluti della storia editoriale
del secondo ‘900. (R.G.)
DOPO AVER INVESTITO GIAPPONE E TAIWAN, IL VIOLENTO TIFONE “AERE”
SI E’ SPOSTATO OGGI SULLA COSTA ORIENTALE DELLA CINA,
DOVE SONO STATE EVACUATE MEZZO MILIONE DI PERSONE.
LE VITTIME DEL MALTEMPO IN ASIA
SONO STATE QUEST’ANNO PIU’ DI 1800
PECHINO.
= Mezzo milione di persone sono state evacuate sulla costa orientale della Cina
per l’arrivo del tifone “Aere”, che ha
già provocato otto morti e ingenti danni dopo aver investito nei giorni scorsi il
Giappone per poi arrivare a Taiwan . A Taipei le
pesanti piogge provocate dal tifone hanno trasformato le strade in fiumi
fangosi, sradicato alberi e sommerso automobili. In varie città di Taiwan uffici
e negozi hanno preferito chiudere. La Borsa di Taipei ha serrato i battenti per
il secondo giorno consecutivo e l’aeroporto internazionale della capitale è
rimasto aperto ma alcuni voli sono rimasti a terra. In diversi centri è mancata
l’elettricità e l’acqua corrente, mentre migliaia di turisti in visita a Taiwan
sono stati colti di sorpresa dall’arrivo del tifone, che soffiava a una
velocità di 140 chilometri all’ora. Quest’anno l’Asia era già stata duramente
colpita dal maltempo: sono state più di 1.800 le vittime dei monsoni che, a
partire dagli inizi di luglio, hanno devastato in particolare l’India
occidentale, il Nepal e il Bangladesh. Nel
nord del Pacifico, intanto, un tifone altrettanto violento, chiamato “Chaba”,
ha ucciso almeno due persone nell’isola Marianne. (R.G.)
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25
agosto 2004
- A cura di Barbara Castelli -
Lo scenario
iracheno continua ad essere incandescente. L’aviazione americana è tornata a
bombardare presunte postazioni dei ribelli a Falluja, roccaforte della resistenza
sunnita. Secondo fonti ospedaliere, almeno tre civili sono morti in seguito
all’attacco. Le forze statunitensi sono impegnate a fronteggiare anche la
rivolta sciita nel sud del Paese. Il ministero della Sanità iracheno ha reso
noto che nei combattimenti scoppiati nelle ultime 24 ore ad Amara, sono rimaste
uccise almeno dodici persone. Ma la situazione più tesa resta quella della
città di Najaf. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
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I miliziani del leader radicale
sciita, Moqtada Al Sadr, hanno chiuso le quattro porte del mausoleo dell’imam
Ali’ e tre missili lanciati da un aereo statunitense sono arrivati a pochi
metri dal tempio. In questo intricato scenario proseguono, comunque, gli sforzi
dell’ayatollah Al Sistani per porre fine alle
violenze che stanno devastando la città santa. L’ayatollah è rientrato oggi nel
Paese arabo dopo un’operazione al cuore a Londra e domani si recherà a Najaf. In un’intervista alla BBC, il
suo consigliere Sayed Mohamed Musawi ha dichiarato che Al Sistani esorta tutti gli iracheni a
marciare su Najaf per salvare la città. Lo stretto collaboratore
dell’autorità spirituale sciita ha incitato, inoltre, i miliziani dell’imam
radicale ad abbandonare
il mausoleo e ha chiesto
agli americani di astenersi da qualsiasi coinvolgimento nella vicenda.
Poco fa è stato arrestato il braccio destro di Al Sadr che questa mattina ha
lanciato un appello sollecitando tutti i musulmani del mondo a mobilitarsi per
impedire che i soldati americani entrino nella moschea di Najaf. Nel complesso
capitolo relativo agli ostaggi si alternano, intanto, notizie di liberazioni e
rapimenti. E’ stato rilasciato ed è subito partito alla volta di Beirut il
camionista libanese rapito qualche giorno fa dalla guerriglia. Sono stati gli
stessi sequestratori a comunicare, ieri, la sua liberazione. E in un video
trasmesso ieri da Al Jazeera un gruppo islamico
ha infine rivendicato il sequestro del giornalista italiano Enzo Baldoni, di cui non si
avevano più notizie da giovedì scorso. I suoi rapitori hanno dato 48 ore di
tempo alle truppe inviate da Roma per lasciare l’Iraq ma il governo italiano ha
già respinto questo ultimatum. E poco fa la famiglia del giornalista ha
lanciato un appello ai sequestratori attraverso il Tg1 Rai.
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E sulle
condizioni di Enzo Baldoni ascoltiamo Enrico Deaglio, direttore del settimanale
“Diario” per il quale scrive il giornalista italiano tenuto in ostaggio in
Iraq. L’intervista è di Massimiliano Menichetti:
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R. - E’
vivo, in buone condizioni di salute, parla in piedi, non è umiliato dai suoi
rapitori. Hanno fatto vedere tutte le sue tesserine da giornalista, il passaporto
ecc, per cui si sa che è un giornalista. Il giornalismo è una cosa autonoma dai
governi.
D. – Continuano i rapimenti. In
una situazione così instabile che spazio ha l’ottimismo?
R. – Mi sembra che sia un
gruppo, in qualche maniera, consolidato. Non mi sembra che si tratti di
rapitori fuori controllo. Il sollievo, quindi, viene dato dal fatto che abbiamo
per lo meno visto un canale, qualcuno con cui trattare, parlare. C’è qualcuno
che vuole parlare con noi e questo è già qualcosa di buono.
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Dopo
mesi di preparativi e polemiche hanno preso il via ieri a Guantanamo i processi
contro i primi quattro detenuti della prigione creata nella base statunitense a
Cuba. A comparire davanti ai giudici: l’autista di Osama bin Laden, lo yemenita
Salim Ahmed Hamdan, ed altri tre prigionieri, nel primo procedimento del genere
dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Alle udienze partecipano anche un
gruppo di osservatori di organismi internazionali, come Amnesty Internazional,
Human Rights Watch e altre organizzazioni per la tutela dei diritti umani.
L’ombra del terrorismo ha
raggiunto nella notte l’Algeria. Un nuovo agguato a Thenia, presso Boumerdes, è
costato la vita a cinque militari e due poliziotti. Nel nutrito scontro a
fuoco, sono rimasti feriti anche 13 tra soldati e poliziotti.
Sette persone sono rimaste
lievemente ferite, questa notte in Turchia, nell’esplosione di una bomba
davanti ad una banca di Dortyol, vicino al confine con la Siria. Secondo il capo
della polizia della provincia di Hatay, Cafer Sahin, dietro l’azione
terroristica ci sarebbero i separatisti curdi.
Sempre
alta la tensione in Medio Oriente. Uomini armati hanno sparato questa mattina a
Gaza contro un convoglio di automobili che scortava il comandante ad interim di
uno dei servizi di sicurezza palestinesi, Tarek Abu Rajib. Quest’ultimo è stato
colpito al petto, mentre una guardia del corpo ha perso la vita. “Forte preoccupazione”
sull’espansione degli insediamenti israeliani in Cisgiordania, intanto, è stata
espressa dal segretario generale dell’Onu, Kofi Annan. L’avvio della
costruzione di nuovi centri abitati, secondo il Palazzo di Vetro, contraddice
chiaramente gli obblighi presi da Israele nell’ambito della “Road Map”, il
piano di pace stilato dal cosiddetto quartetto: Onu, Unione Europea, Stati
Uniti e Russia.
Continuano le dimostrazioni
antigovernative in Bangladesh. La capitale Dacca è ancora bloccata per il
secondo giorno di sciopero generale indetto dai partiti dell’opposizione. Ci
riferisce Maria Grazia Coggiola:
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Secondo fonti giornalistiche
locali, circa 300 persone sono rimaste ferite negli scontri di ieri tra i
sostenitori della leader dell’opposizione Sheikh Hasina e la polizia. Anche oggi,
la capitale Dacca è paralizzata per una serrata generale indetta dalla Lega Awami e
dai partiti della sinistra, che chiedono le dimissioni del governo nazionalista
di Khaleda Zia. A causare
la rabbia dell’opposizione è stato l’attentato di sabato scorso alla vita
dell’ex premier Hasina. Scuole e negozi sono chiusi, bloccati i trasporti
pubblici, mentre le strade sono presidiate da polizia ed esercito. Decine di
manifestanti, attivisti e politici sarebbero stati arrestati. Lo sciopero ha
rallentato anche l’attività del Porto nella città meridionale di Cittagong.
Oggi, comunque, la protesta terminerà nel primo pomeriggio per permettere ai
dimostranti di partecipare al funerale di una donna funzionaria della Lega Awami,
morta ieri per le ferite riportate nel lancio di granate sul comizio della Hasina, che ha causato una
ventina di morti. Il primo ministro Khaleda Zia, che governa con l’appoggio dei
partiti islamici, ha negato ogni coinvolgimento del suo partito con l’attentato
di sabato e con i numerosi incidenti che negli ultimi mesi hanno coinvolto
rappresentanti dell’opposizione e giornalisti.
Per la Radio Vaticana, Maria Grazia
Coggiola.
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Il primo ministro ad interim pakistano, Chaudhry Shujaat Hussain, si è
dimesso stamani per lasciare il posto al premier designato, Shaukat Aziz.
Quest’ultimo dovrebbe sottoporsi al voto parlamentare venerdì prossimo e
prestare giuramento sabato. Il passaggio di poteri era previsto da tempo:
Hussain, infatti, doveva coprire la carica per i due mesi successivi alle
dimissioni del precedente primo ministro Zafarullah Khan Jamali.
In Nepal i ribelli maoisti hanno
tolto ieri il blocco alla capitale Kathamandu, accogliendo le richieste della
popolazione in difficoltà per la carenza di viveri. I ribelli, che dicono di
ispirarsi all’ex presidente cinese Mao, controllano diverse regioni del Nepal
dove vigono le loro norme. Dall’inizio della rivolta, cominciata nel 1996, si
calcola che abbiano perso la vita circa diecimila persone.
Saranno circa 600 i delegati al congresso
straordinario del Partito socialista ungherese chiamati domani a Budapest per
scegliere il futuro primo ministro, al posto dell’attuale premier Peter
Medgyessy che nei giorni scorsi ha annunciato di volersi dimettere. Due i candidati in lizza: Peter
Kiss, ministro alla presidenza del consiglio e
Ferenc Gyurcsany, ministro dello Sport e della gioventù.
Terza giornata di colloqui oggi ad Abuja, in
Nigeria, per risolvere la crisi del Darfur. Il governo sudanese ha dato oggi il
via libera all’invio di nuove truppe dell’Unione Africana nella regione
occidentale, devastata da 18 mesi di guerra, mentre ieri i ribelli hanno respinto
la richiesta di deporre le armi.
Mark Thatcher, figlio dell’ex
premier britannica Margaret, è stato arrestato oggi a Città del Capo, in
Sudafrica, per il presunto coinvolgimento in un tentativo di colpo di stato in
Guinea Equatoriale. L’uomo avrebbe finanziato, insieme con altri, l’operazione
militare guidata dal mercenario britannico Simon Mann. Quest’ultimo ha
confessato di aver incontrato il figlio della “Lady di ferro”, ma solo per una
questione commerciale. La Guinea Equatoriale è il terzo produttore di petrolio
dell’Africa sub-sahariana.
La
questione immigrazione sarà oggi al centro dell’incontro tra il premier italiano,
Silvio Berlusconi, e il leader libico, Gheddafi, in Libia. A Sirte verrà ribadita
la necessità di una “politica europea” per affrontare e risolvere concretamente
il problema degli sbarchi clandestini.
Oggetto di discussione sarà anche il risarcimento dei danni di guerra che
l’Italia si è impegnata a pagare alla Libia. Al meeting sarà presente anche il
Ministro degli Interni italiano Pisanu.
Sensibilmente ridimensionate le
sanzioni per il nuovo scandalo sul calcio scommesse scoppiato in Italia,
rispetto a quelle chieste dalla Procura federale. La Commissione disciplinare
della Lega Calcio ha inflitto alla società del Modena 5 punti di penalizzazione
da scontarsi nella prossima stagione e alla Sampdoria 15.000 euro di ammenda.
Mentre sono state prosciolte le società del Chievo e del Siena. Un’ammenda di
5.000 euro è stata inflitta al Pescara e una di 3.000 al Como. Anche per i
giocatori sanzioni più lievi. Solo per uno di essi è stata confermata la
squalifica per tre anni. Totalmente scagionato l’ex allenatore del Chievo, Del
Neri. Per tutti l’accusa era di illecito sportivo.
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