RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n.
237 - Testo della trasmissione di martedì 24 agosto 2004
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO
CHIESA E SOCIETA’:
24 ORE NEL MONDO:
Non
si spezza la spirale di violenza in Iraq: due ministri oggi sono scampati a due
diversi attentati, mentre proseguono gli scontri nella città santa sciita di
Najaf. Chiesto l’intervento della Croce Rossa per il giornalista italiano
scomparso
Nello
Yemen, decine di soldati uccisi ieri dai seguaci del predicatore ribelle
sciita, Hussein Bar Eddin al Huti
Almeno
100 persone ferite a Dacca, in
Bangladesh, nel primo giorno di sciopero generale contro il governo.
24 agosto 2004
UDIENZE
Giovanni Paolo
II ha ricevuto questa mattina nel Palazzo apostolico di Castel Gandolfo, in
successive udienze, il dott. Wolfgang Huber, vescovo presidente del Consiglio
della Chiesa Evangelica di Germania, il sig. Farouk Hussein Raafat, ambasciatore
della Repubblica Araba di Egitto, in visita di congedo, e l’arcivescovo Paolo
Romeo, nunzio apostolico in Italia.
L’ESTATE OASI DELLO SPIRITO
CON
IL PAPA UNA RIFLESSIONE IN TEMPO DI VACANZA
AL
CENTRO DELLA NOSTRA RUBRICA
DEDICATA
AD UNA RIFLESSIONE IN TEMPO D’ESTATE, GLI OBIETTIVI
INDICATI DAL PAPA PER FAVORIRE LA CREAZIONE DI UNA SOCIETÀ FONDATA
SULL’UGUAGLIANZA
- Intervista con padre Alex Zanotelli -
Quarto appuntamento della nostra rubrica
settimanale, con la quale ogni martedì vogliamo affrontare un particolare tema
prendendo spunto dagli insegnamenti del Papa. Ci soffermiamo oggi sul complesso
fenomeno della globalizzazione. Già nella lettera Enciclica Centesimus Annus,
Giovanni Paolo II sottolineava che l’economia di mercato, se controllata dalla
comunità, è un modo per rispondere adeguatamente alle necessità economiche
delle persone pur rispettando la loro libera iniziativa. Ma come promuovere una
globalizzazione equa e solidale? Amedeo Lomonaco lo ha chiesto al missionario
comboniano, padre Alex Zanotelli:
**********
R. – Per avere
una globalizzazione equa e solidale dobbiamo rimettere radicalmente in
discussione un sistema, quello economico-finanziario. E’ chiaro che questo tipo
di globalizzazione che stiamo avendo oggi non possiamo accettarla. Non perché
la globalizzazione sia qualcosa di male, anzi. E’ la prima volta, infatti, che
gli uomini cominciano a capire di trovarsi sulla stessa barca e che si devono
salvare insieme. Purtroppo, questo tipo di globalizzazione è stato preso in
mano proprio dai potentati economico-finanziari per i loro interessi. La
globalizzazione dà benefici essenzialmente ad un 20 per cento della popolazione
mondiale, mentre gli altri ne soffrono sempre di più. Quello che ci chiede Dio,
se vogliamo tutti vivere a questo mondo, è che ci si muova verso un’economia di
uguaglianza. Dobbiamo invece dire di no ad un’economia di opulenza imperiale,
di ostentazione della ricchezza.
D. – Quali potrebbero essere gli
sviluppi e le prospettive di questo processo, di questo scenario?
R. – Con quanto avvenuto con il
crollo dell’Est, del comunismo, siamo entrati in una nuova era storica,
caratterizzata da un’economia di mercato. C’è stato un grande grido di trionfo,
come se davvero fosse arrivata l’età messianica. Purtroppo ci siamo accorti
subito che eravamo ben lontani dall’età messianica. Dio sognava per il suo
popolo un’economia di uguaglianza, ma non ci si può arrivare così
automaticamente. Ogni società, lasciata a se stessa, tende a strutturarsi nella
disuguaglianza.
D. – Come instaurare allora
un’economia di uguaglianza?
R. – Solo una politica che
persegua la giustizia potrà permettere l’instaurarsi di un’economia di
uguaglianza. Tutti gli apparati, cioè la gente eletta dal popolo, devono stare
attenti soprattutto al grido dei poveri, degli ultimi, di chi non conta. E prendere
decisioni che favoriscano questi e non chi ha già la pancia piena. Qual è il
tradimento di oggi? Che chi decide è la finanza, l’economia. I politici sono lì
come foglie di fico, per coprire le decisioni già prese.
D. – Come parlare, in tutto ciò di
etica?
R. – Chiaramente non potrò
arrivare ad una politica di giustizia se non ho nel cuore un minimo di eticità.
Ed oggi, purtroppo, sta saltando proprio l’etica. Se noi non recuperiamo
l’eticità, sia per chi crede che per chi non crede non c’è futuro. Ed è qui che
ci giochiamo effettivamente tutto.
D. – Come si possono tutelare i
principali punti di riferimento culturali di fronte al carattere intrusivo ed
invasivo della logica di mercato?
R. – Quello che mi preoccupa di
più di questa economia di mercato è proprio che si sta imponendo una cultura
massificante, una cultura materialista che ci sta distruggendo dentro, che ci
toglie l’anima. Rischiamo fra qualche anno di trovarci senza cultura. Non c’è
umanità se non al plurale.
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OGGI
SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Non
si fermano le violenze in Iraq. La prima pagina si apre con un articolo sulla
situazione nel Paese mediorientale, ancora oggi segnato da attentati suicidi e
da aspri combattimenti.
Nelle
vaticane, un articolo di mons. Francesco Di Felice che presenta il volume - a
cura del Pontificio Consiglio per la Famiglia - dal titolo "Famiglia e
questioni etiche", ora nelle librerie.
Nelle
estere, Sudan, Darfur: Khartoum ribadisce la contrarietà all'arrivo di una
forza dell'Unione Africana.
Nella
pagina culturale, un approfondito articolo di Giovanni Marchi in occasione dei
trecento anni dalla morte di Bossuet, il "Demostene cristiano": le
sue omelie furono apprezzate da Chateubriand, Sainte-Beuve e Valery.
Nelle
pagine italiane, in primo piano il tema dell'immigrazione.
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24
agosto 2004
DOPO IL RAPPORTO DEL
PARLAMENTO RWANDESE CHE HA ACCUSATO LA CHIESA
DI PERPETUARE UN’IDEOLOGIA DI GENOCIDIO, E LA RISPOSTA
IN UN DOCUMENTO DEI VESCOVI,
OGGI AI NOSTRI MICROFONI IL VICEPRESIDENTE
DELLA CONFERENZA
EPISCOPALE DEL MARTORIATO PAESE AFRICANO,
MONS. ALEXIS HABIY AMBERE
La
Chiesa cattolica rwandese ha reagito energicamente ad un Rapporto del Parlamento
rwandese che l’accusa di “perpetuare un’ideologia di genocidio” nel Paese. In
un documento che reca la data del 26 luglio scorso, i vescovi rwandesi
affermano che il Rapporto parlamentare manifesta una globalizzazione ed una
generalizzazione ingiustificate. I presuli hanno la sensazione che il Rapporto
sia stato preparato di fretta, quasi precipitosamente, senza alcuna volontà di
verificare le testimonianze raccolte. Per questo hanno deciso di prendere la
parola per difendersi e per “far luce nelle coscienze”. Oggi Jean-Baptiste
Sourou, della nostra redazione francese, ha chiesto spiegazioni al
vicepresidente della Conferenza episcopale rwandese, mons. Alexis Habiy Ambere,
vescovo di Nyundo:
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R. – NOUS NE SOMMES PAS UNE FORCE D’OPPOSITION, MAIS
NOUS DEVONS ETRE ...
**********
“Noi non siamo una forza d’opposizione, eppure dobbiamo essere estremamente
vigili, per evitare ogni possibile deriva. Alla Chiesa cattolica si rimprovera,
tra l’altro, di aver fomentato un’ideologia del genocidio: non siamo
assolutamente d’accordo. Non siamo noi gli unici fautori della storia del
Rwanda! Noi abbiamo predicato il Vangelo. Se qualcuno ha sbagliato, questo
ancora non significa che l’Istituzione come tale abbia fallito la sua missione.
Tra le accuse inaccettabili, quella secondo cui la Chiesa cattolica avrebbe
intenzionalmente mantenuto il popolo nella povertà: questa è veramente
un’accusa gravissima, perché tutti possono vedere quello che la Chiesa ha fatto
per il popolo, a cominciare dalle scuole, dai centri sanitari, fino all’impegno
per lo sviluppo. Questa è un’accusa che non possiamo assolutamente accettare. A
tutto questo si deve aggiungere l’impatto dei mass media, soprattutto quelli
stranieri; tra questi, ce n’è qualcuno sicuramente ‘felice’ di vedere attaccata
la Chiesa cattolica in Rwanda. Ed io mi chiedo perché i mezzi di comunicazione
cattolici all’estero non reagiscano per contestare queste accuse. La Chiesa
cattolica del Rwanda non vuole entrare in opposizione al governo; però,
indubbiamente, è grande la responsabilità che ricade sul governo, perché esso
utilizza i mass media per trascinare la gente nella mala fede. Attraverso le
nostre lettere pastorali, abbiamo parlato, ma la gente non ci ha ascoltato. Per
la Chiesa, è difficile farsi ascoltare”.
AD ABUJA INIZIATI I
COLLOQUI DI PACE TRA GOVERNO DI KHARTOUM E RIBELLI,
CON LA MEDIAZIONE DEL CAPO DI STATO
NIGERIANO,
PRESIDENTE DI TURNO
DELL’UNIONE AFRICANA
- Intervista con Vittorio
Scelzo -
“La comunità
internazionale non deve intervenire in Darfur”. Parole del ministro degli Esteri
sudanese, Moustapha Osmane Ismaïl, che per fortuna non hanno trovato accoglienza:
la diplomazia è infatti al lavoro per cercare soluzioni ad una guerra senza
fine. Stamattina è arrivato il ministro degli Esteri britannico, Straw, per
incontrare le autorità locali e visitare alcuni campi profughi. Ad Abuja,
intanto, sono iniziati i colloqui di pace tra governo di Khartoum e ribelli,
con la mediazione del capo di Stato nigeriano, Obasanjo, presidente di turno
dell’Unione africana. Servizio di Giulio Albanese:
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Il
mondo ha gli occhi puntati su questa regione – ha detto Obasanjo – ricordando
che il governo di Karthoum ha tempo fino alla fine del mese per risolvere la
crisi, se non vuole incorrere nelle sanzioni prospettate dal Consiglio di Sicurezza
dell’Onu. Sta di fatto che il vero braccio di ferro sembra essere tra la delegazione
sudanese e i responsabili dell’Unione Africana. Prima che le trattative
iniziassero le due delegazioni si sono scontrate sull’invio di truppe africane
nel Darfur per proteggere la popolazione civile. La proposta dell’organismo
panafricano è quella di trasformare il suo piccolo contingente di circa 300
uomini, incaricato di proteggere gli osservatori per il cessate il fuoco, in
una forza di 2 mila uomini, che contribuiscano a disarmare i ribelli, mentre il
governo di Karthoum dovrebbe operare sull’altro fronte, disarmando le feroci
milizie dei Janjaweed.
Per la
Radio Vaticana, Giulio Albanese.
**********
Ma è possibile trovare una soluzione politica alla crisi in Darfur? Giada
Aquilino lo ha chiesto a Vittorio Scelzo, capo degli osservatori della Comunità
di Sant’Egidio ai colloqui di Abuja:
**********
R. -
Credo che sia possibile e credo che sia la strada da perseguire. Noi siamo qui
per questo e i colloqui sono ancora in una fase iniziale interlocutoria. Ci
sembra che ci sia una certa disponibilità a trattare, ma per ora, diciamo, non
si può dire di più, nel senso che stiamo ancora in una fase in cui si prova a
costruire la fiducia tra le parti. Credo che il risultato che si può ottenere
in questi giorni sia quello di mettere in piedi un processo negoziale serio con
una mediazione seria e con una disponibilità delle parti a discutere di questioni
politiche.
D. –
L’Unione africana ha proposto la trasformazione del suo contingente in una
forza multinazionale che disarmi i janjaweed, ma il governo di Khartoum dice di
no. Perché?
R. –
Perché evidentemente non vuole quelle che loro chiamano ingerenze sul proprio
territorio. Quella della trasformazione del contingente è un’ipotesi che
circolava già da alcune settimane e alla quale il governo di Khartoum aveva già
opposto un rifiuto. Qui si tratta di entrare nel merito delle questioni e credo
che dal negoziato potranno uscire delle proposte, ma quali saranno ancora è
presto per dirlo.
D.
– Qual è la situazione umanitaria secondo quanto avete potuto constatare dai
dati sul Darfur?
R. –
Noi della Comunità di Sant’Egidio abbiamo mandato degli aiuti in Darfur. Diciamo
che la nostra impressione è stata quella di una situazione umanitaria
drammatica che ci ha spinti, poi, anche a partecipare a questi colloqui in veste
di osservatori, di facilitatori, per trovare una soluzione soprattutto in
questo periodo in cui la stagione delle piogge, purtroppo, non fa che peggiorare
la situazione nei campi. Noi siamo stati nei campi in Ciad, al confine con il
Darfur, e la situazione era estremamente drammatica e toccante.
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ANCHE QUESTA NOTTE IL
TRISTE RITUALE DI SBARCHI ILLEGALI SULLE COSTE ITALIANE. IN UN SOLO BARCONE,
BEN 275 CLANDESTINI.
TRA I TEMI LEGATI AL
FENOMENO
DELLE MIGRAZIONI, E’ EMERSO QUEST’ESTATE IL
DIBATTITO SUL VOTO AGLI IMMIGRATI REGOLARI. SE NE PARLA IN PARTICOLARE IN ALCUNE CITTA’ ITALIANE
- Intervista con Rosa
Angela Comini -
Anche
questa notte si è ripetuto il triste rituale di sbarchi illegali sulle coste
italiane. E in questo caso in un solo barcone, trainato nel porto di Lampedusa
dalle motovedette, sono arrivati ben 275 clandestini. Per capire le loro condizioni basta dire che si trattava di un
peschereccio di 20 metri. Come sempre sono iniziate già nella notte le
operazioni di identificazione degli immigrati, tra i quali numerosi minorenni,
che hanno dichiarato di essere
palestinesi. Anche per loro, ci sarà il trasferimento nel centro di accoglienza
dell'isola in attesa delle procedure di rimpatrio, evitate solo in casi
eccezionali. Resta, dunque, sempre in
primo piano il fenomeno immigrazione e tra i temi di dibattito è emerso quello
relativo alla possibilità di riconoscere il diritto di voto agli immigrati irregolari.
In Italia non è vera e propria materia in discussione al Parlamento o al
governo anche se sono state depositate sette proposte di legge relative. Ma in
alcune città, in particolare Genova, è oggetto di un acceso dibattito.
Ascoltiamo, nell’intervista di Giovanni Peduto, Rosa Angela Comini, assessore
alla partecipazione alla casa del Comune di Brescia:
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R. –
Le città stanno diventando il luogo del dibattito, dell’incontro, purtroppo a
volte anche dello scontro, rispetto a questo tema, rispetto al ruolo degli
immigrati nelle città. Ci si chiede se la città oggi non può più essere eletta
soltanto con la presenza dei cittadini italiani, ma se deve essere eletta anche
con la presenza dei cittadini stranieri. Parlare di voto agli stranieri,
significa proprio assumersi anche la responsabilità di riappropriarsi di un
dibattito politico che riguarda sia gli italiani che gli stranieri, perché
credo che anche per gli italiani, riprendere a discutere di che significato
abbia oggi il voto in una nazione, e quindi, come dire, cercare di capire quale
nazione vogliamo, sia molto importante.
D. –
Quale può essere il ruolo della donna in questo contesto sia del voto che del
percorso di cittadinanza?
R. –
In una realtà come quella che noi viviamo oggi, credo che le donne straniere, e
parlo di queste in particolare, abbiano un ruolo molto importante, perché sono
potentissime mediatrici culturali e sociali. Partecipano alla nostra vita quotidiana
e possono essere davvero delle potentissime mediatrici in una città, in una
provincia come Brescia. Se non ci fossero uomini e donne stranieri, non solo si
dovrebbero chiudere metà delle aziende della provincia e della città, ma anche
buona parte dei servizi. E le donne italiane devono imparare a considerare come
una risorsa la presenza di donne straniere.
D. –
Quali sono gli snodi, secondo lei, su cui è possibile costruire un vero
percorso di cittadinanza?
R. –
Credo che uno degli snodi fondamentali sia quello anche di mettersi intorno ad
un tavolo, quello che noi chiamiamo un tavolo delle religioni, per
riappropriarsi di un dibattito sulle grandi religioni: la religione musulmana,
la religione cattolica, la religione buddista, ecc, ma anche altre. Significa
davvero far calare alcune tensioni e cercare di interloquire, anche per capire
come le religioni facciano parte della cultura. E, a parte i picchi di
integralismo che conosciamo, gran parte di questi uomini e queste donne fanno
della loro religione uno stile di vita, quindi credo che sia molto importante discutere
di questo.
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L'EPOCA DEL PARTITO UNICO DEI CATTOLICI ''VA VISSUTA
SENZA RIMPIANTI'',
MA I CRISTIANI ITALIANI DEVONO EVITARE “UN
FRAMMENTARISMO INSIGNIFICANTE”. COSÌ AL MEETING DI RIMINI, IL SEGRETARIO
GENERALE DELLA CEI,
MONS.
GIUSEPPE BETORI.
- Ai nostri microfoni lo stesso presule -
L'epoca del partito unico dei
cattolici “va vissuta senza rimpianti”, ma i cristiani italiani devono evitare
la “deriva di un frammentarismo insignificante ed esiziale”. Lo dice al Meeting
di Rimini, il segretario generale della Conferenza Episcopale Italiana, mons.
Giuseppe Betori. In una lunga relazione sul cammino della Chiesa italiana, il
segretario generale della CEI dedica un passaggio all'impegno dei cattolici in
politica. ''E' evidente - spiega - che un'epoca di impegno dei cattolici in
forme unitarie si è chiusa, dopo aver dato molto al Paese, garantendo anzitutto
libertà, democrazia, avanzamento sociale, solidarietà. ''Oggi - prosegue - ci
si trova a confronto con una situazione nuova, che va vissuta senza rimpianti per il passato”. Ma ascoltiamo
nell’intervista di Luca Collodi, che segue per noi il Meeting di Comunione e
Liberazione, lo stesso mons. Betori:
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R. - Direi che ho ribadito la stretta unità che deve
esserci tra contemplazione e missione come motivazione di fondo dell’agire
della Chiesa italiana nei prossimi anni. Quindi l’impegno grande che viene
chiesto riguarda sia la dimensione contemplativa della vita cristiana, sia però
anche la sua missionarietà.
D. – Mons. Betori, il ruolo della parrocchia sarà
diverso rispetto a quello di oggi?
R. - Sì. La popolarità della Chiesa italiana ha uno
snodo fondamentale nella parrocchia. E questo perché a prescindere dal fatto
che la moltiplicazione dei territori nella vita delle persone è un dato di
fatto, c’è però da dire che il territorio fisico resta ineliminabile. Direi
allora che la parrocchia, che segna le tappe della vita, resta ineliminabile.
La parrocchia da sola, però, non basta più. E quindi ecco il ripensarla nelle
due direzioni della maggiore attenzione ai territori “antropologici” della vita
della persone e della maggiore attenzione all’integrazione con le altre forme
di vita cristiana in un’unità superiore in direzione missionaria.
D. - Sul piano dell’evangelizzazione quanto conta
ancora la tradizione popolare per la trasmissione della fede?
R. - Io direi ancora molto, per il fatto che in
questi anni non la abbiamo dimenticata ma, al contrario, la Chiesa italiana ha
continuato a coltivarla con maggiore o minor consapevolezza, però nessun
parroco ha abbandonato le buone processioni. Questo è riuscito a far mantenere questi
legami di base, che vanno evangelizzati ed integrati, bisogna metterci dentro
un riannuncio del Vangelo, ma costituiscono ancora certi fili dell’habitat cristiano
che penso ci aiutino molto. Vedendo le esperienze di altre chiese, tutto ciò ci
aiuta molto.
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IERI ALLE OLIMPIADI DI ATENE 2004 ORO PER L’ITALIANO CASSINA NELLA GINNASTICA.
FORTI CONTESTAZIONE NEI CONFRONTI
DEI GIUDICI
- Intervista con Franco
Menichelli -
Infuriano le polemiche ai Giochi olimpici ateniesi.
Ieri il pubblico ha interrotto per circa mezz’ora la gara di ginnastica della
sbarra, in seguito ad un punteggio troppo penalizzante attribuito dai giudici
al russo Nemov, che aveva suscitato il clamore dei presenti. Nessun problema,
invece, per la vittoria dell’italiano Igor Cassina con un esercizio giudicato
dagli esperti “sontuoso”. L’alloro si aggiunge al bronzo di Yuri Chechi negli anelli.
Sulla discussione per l’attribuzione delle medaglie, Giancarlo La Vella ha
intervistato Franco Menichelli, plurimedagliato nelle varie specialità della
Ginnastica alle Olimpiadi di Roma nel 1960 e Tokyo nel 1964:
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R. –
E’ sempre stato così da un po’ di Olimpiadi a questa parte: la medaglia se la
porta via chi gioca in casa. Il problema delle giurie purtroppo c’è sempre
stato. Si è accentuato dagli anni ’70 in poi. Se non cambiano i regolamenti…
D. –
Accade, perché non esistono criteri univoci di giudizio o per altri motivi?
R. –
E’ soggettiva la cosa, perché gli esercizi che vengono portati dai finalisti
più o meno si equivalgono. Poi ci sono le esecuzioni, che sono più o meno perfette
e lì allora sta il gioco delle giurie: se vedono o non vedono, se fanno finta
di vedere o non vedere. Non c’è un codice che possa permettere che vinca il più
bravo.
D. –
Ieri, oggettivamente, Cassina è stato secondo lei l’esercizio migliore?
R. –
Sì, indubbiamente. Mi è piaciuto molto anche Nemov, che ha fatto un esercizio
di alta classe, però Cassina è stato il migliore in senso assoluto. Non hanno potuto
fare nulla.
D. –
Menichelli, quale delle sue Olimpiadi ricorda con più affetto?
R. –
Io ho due ricordi ben separati. Logicamente le prime sono state quelle di Roma.
Nel 1960 ero molto giovane e c’era il sogno olimpico, pertanto quelle due
medaglie furono qualcosa di straordinario. Le altre tre, che vennero in
seguito, sono state più costruite, nel senso che ho avuto la possibilità di
competere con gli altri ginnasti internazionali e ho visto che piano piano si
poteva arrivare a qualcosa di più. Il sogno realizzato, però, è quello di
Tokyo, dove le medaglie d’oro, d’argento e di bronzo hanno coronato tutta la
mia carriera.
D. –
Un momento doloroso della sua carriera fu, ricordiamo, l’urlo di dolore
nell’esercizio a corpo libero di Città del Messico, con la rottura del tendine
d’Achille. Se fosse avvenuta oggi forse sarebbe bastato un intervento e avrebbe
sicuramente ripreso l’attività…
R. –
No, l’intervento in realtà riuscì, ma la carriera era già finita, nel senso che
avevo deciso di smettere. Avevo 28 anni, avevo da pensare alla mia vita. Non
era uno sport che mi poteva garantire una vita tranquilla, mi dovevo
ricostruire quello che poi sarebbe stata la mia professione e la mia vita
futura. Era deciso che quella del ’68 sarebbe stata la mia ultima Olimpiade, anche
se ogni volta che passa il quadriennio vorrei partecipare!
D. –
Cosa le ha lasciato lo sport praticato ad alto livello nella sua vita?
R. –
Mi ha lasciato grandi cose. Ha permesso l’importante realizzazione di un mio
ideale. Mi ha dato popolarità, mi ha aiutato nella vita. Insomma mi ha lasciato
tante cose. Senza la ginnastica non sarei riuscito ad andare avanti come sono
andato avanti.
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24
agosto 2004
L’UCRAINA FESTEGGIA OGGI I 13 ANNI DI INDIPENDENZA
DALL’URSS.
IN UNA NOTA DEL SUO AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA
SEDE,
MESSO IN RILIEVO IL NOTEVOLE PROGRESSO ECONOMICO E
POLITICO DI UN PAESE
CHE PUNTA ALL’INTEGRAZIONE CON
L’UNIONE EUROPEA E LA NATO
- A cura di Alessandro De Carolis -
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CITTA’ DEL VATICANO. = L’Ucraina che in questi giorni sta
dividendo la propria attenzione tra la soddisfazione per alcuni successi
storici alle Olimpiadi di Atene e la paura del terrorismo – sabato scorso due
ordigni hanno fatto 14 feriti in un mercato di Kiev – è un Paese in buona
salute economica e in marcia di avvicinamento sempre più rapida verso gli
standard politico-sociali dell’Unione Europea. Nel giorno in cui, 24 agosto
2004, il calendario ricorda i 13 anni dell’indipendenza dall’URSS, una nota
dell’ambasciatore presso la Santa Sede, Hryhoriy Khoruzhyi, pone in rilievo i
dati positivi registrati nell’ultimo anno. Tra le cifre più significative,
l’aumento della produzione industriale al 16 per cento, il PIL che a giugno ha
toccato il tasso record del 12,7 per cento, il volume delle esportazioni
cresciuto, nei primi cinque mesi del 2004, del 51,3 per cento, con un saldo
positivo di due miliardi di dollari, mentre nello stesso periodo dello scorso
anno arrivava a 409 milioni. Un tasso di crescita “tra i più elevati d’Europa”
negli ultimi anni, rileva il diplomatico ucraino nella sua nota. Un successo -
prosegue - da attribuire “in grande misura” alla stabilità politica
dell’attuale governo di coalizione. E anche sul versante politico
internazionale, l’Ucraina sta spingendo verso l’integrazione con l’Europa
comunitaria e con la NATO: nel primo caso, grazie agli accordi fissati lo scorso
giugno a Le Haye, durante il summit Ucraina-UE, e nel secondo caso, attraverso
i contatti con i vertici del Patto atlantico di Istanbul, sempre del giugno
scorso, che hanno ribadito “il carattere strategico” dei rapporti del Paese ex
sovietico con il sistema di difesa euroatlantico. La nota dell’ambasciatore
ucraino sottolinea, tra l’altro, la posizione del suo Paese in relazione alla
crisi irachena: sono 1800 i soldati ucraini che fanno parte della forza di
stabilizzazione in Iraq, mentre altri 1400 partecipano in altre 9 operazioni
dell’ONU nel mondo.
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I CATTOLICI RUSSI CHIEDONO DI PREGARE DAVANTI ALL’ICONA DI KAZAN
PRIMA DELLA CONSEGNA DELLA PREZIOSA IMMAGINE,
SABATO PROSSIMO, AL PATRIARCA ORTODOSSO ALESSIO II
MOSCA. = Un gruppo di parrocchiani della cattedrale
dell’Immacolata Concezione ha chiesto all’arcivescovo di Mosca, mons. Tadeusz
Kondrusiewicz, di poter pregare davanti all’icona di Kazan prima della consegna
della preziosa immagine ad Alessio II, patriarca ortodosso della capitale
russa. “Sarebbe una grande gioia per noi poter pregare davanti ad un dono del
Papa, anche se per poco tempo” ha detto un fedele all’Agenzia AsiaNews.
Sabato 28 agosto, nella chiesa della Dormizione al Cremlino, una delegazione
vaticana, guidata dal presidente del Pontificio consiglio per la promozione
dell’Unità dei cristiani, cardinale Walter Kasper, consegnerà l’icona nelle
mani del patriarca come dono personale del Papa alla Chiesa ortodossa. (A.L.)
COMINCIA
OGGI IL “SECONDO CONGRESSO VOCAZIONALE DEL BRASILE”,
UNA
INIZIATIVA DI PREGHIERA E APPROFONDIMENTO DELLA DURATA DI UN ANNO
PROMOSSA
DALLA CONFERENZA EPISCOPALE BRASILIANA
BRASILIA.
= Viene inaugurato oggi a Brasilia,
presso la sede della Conferenza episcopale locale, il “Secondo congresso vocazionale
del Brasile”, un iter di riflessione, preghiera e approfondimento della durata
di un anno, destinato a culminare con un incontro di responsabili e specialisti
a Indaiatuba, dal 2 al 6 settembre del 2005. L’evento desidera porsi in
continuità con il Vaticano II e celebrare il 40.mo della conclusione del
Concilio, come viene anche sottolineato con la scelta del tema “La Chiesa,
popolo di Dio a servizio della vita” e del motto “Andate anche voi nella mia
vigna!” (Mt 20,4) del Congresso. Obiettivo dell’importante iniziativa
ecclesiale è quello di celebrare il cammino vocazionale della Chiesa, convocata
e unita dalla Trinità, proclamare la vocazione universale alla santità nella
diversità delle vocazioni, dei carismi e dei ministeri particolari. Si desidera,
inoltre, assumere con rinnovato slancio l’impegno teso a promuovere e accompagnare
le vocazioni ai ministeri ordinati, alla vita consacrata e ai ministeri
laicali. L’iniziativa intende rimarcare, infine, la forte accentuazione della dimensione
missionaria della vocazione, considerata come servizio verso la persona umana,
in particolare verso i poveri, i sofferenti e gli esclusi. (A.L.)
QUATTRO
ANNI FA VENIVA UCCISO IN KENYA IL SACERDOTE STATUNITENSE,
PADRE
ANTHONY KAISER. L’INCHIESTA SULLA SUA MORTE, APERTA L’ANNO
SCORSO,
NON HA
FATTO ANCORA LUCE SUI MOLTEPLICI ASPETTI OSCURI DI QUESTO OMICIDIO
NAIROBI. = Ricorre oggi l’anniversario della morte
di padre Anthony Kaiser, sacerdote statunitense della Società missionaria di
San Giuseppe di Mill Hill, ucciso in circostanze ancora misteriose il 24 agosto
del 2000 in Kenya. Il religioso era stato sempre uno strenuo difensore dei
diritti umani e in 20 anni di lavoro nella diocesi di Kisii, e dal 1993 in
quella di Ngong, aveva più volte denunciato i soprusi e le violenze perpetrate
quotidianamente ai danni di donne e bambini. Convocato dalla Commissione
d’inchiesta Akiwumi sugli scontri etnico-tribali del ‘93, costati la vita a
circa 2000 persone, aveva deposto contro due ministri kenyani. In seguito alle
sue denunce e all’atteggiamento fortemente critico nei confronti del governo
dell’allora premier Kanu, il missionario aveva rischiato la deportazione
nell’autunno del ‘99. Dopo le elezioni tenutesi nel Paese africano nel dicembre
2002, il nuovo esecutivo ha disposto, nell’aprile 2003, la riapertura delle indagini
sul ‘caso Kaiser’. E all’inizio di agosto dell’anno scorso è cominciata
l’inchiesta per far luce sugli aspetti ancora oscuri di questa drammatica
vicenda. (A.L.)
SUL
TEMA “DONNE DEL VANGELO PER LA MISSIONE AD GENTES”,
PROSEGUE
IL XVIII CAPITOLO GENERALE DELLE SUORE MISSIONARIE COMBONIANE
ROMA. = Proseguono i lavori del XVIII Capitolo
generale delle Suore Missionarie Comboniane, aperto a Roma domenica scorsa.
L’incontro, incentrato sul tema “Donne del Vangelo per la missione ad gentes”,
è il primo Capitolo del terzo millennio, che si celebra sotto la protezione di
San Daniele Comboni, canonizzato il 5 Ottobre 2003. All’inizio dei lavori, le
capitolari hanno inviato un messaggio al Papa, invocando la sua benedizione
apostolica ed esprimendo profonda gratitudine per l’assidua preghiera e i
costanti appelli per la pace e la difesa della dignità umana. Le 64 missionarie
che partecipano all’Assemblea provengono dall’Africa, dalle Americhe,
dall’Europa e dal Medio Oriente. Sono di 14 nazionalità: 4 africane, 50
europee, 7 latino americane e 3 statunitensi. Durante la sessione preliminare,
madre Adele, superiora generale uscente, ha esortato nel suo discorso di
apertura un profondo atteggiamento di ascolto, chiedendo alle consorelle di partecipare
al Capitolo come “umili viandanti che camminano scrutando nelle vie del mondo
le tracce di Dio”. (A.L.)
E’ VISITABILE FINO A SABATO PROSSIMO NEL
QUARTIERE FIERISTICO DI RIMINI,
DOVE SI TIENE IL 25.MO MEETING DELL’AMICIZIA
TRA I POPOLI,
UNA MOSTRA ICONOGRAFICA SULLE VARIE EDIZIONI
DEL PELLEGRINAGGIO A PIEDI DA MACERATA A LORETO
RIMINI. = “La passione per l’arte, quella che serve non solo
da sfogo ma da educazione, ha fatto sì che si potesse dare vita ad un ulteriore
gesto nel gesto: comunicare con le arti visive il grande significato del Pellegrinaggio”.
Con queste parole mons. Giancarlo
Vecerrica, vescovo di Fabriano-Matelica ed ideatore del Pellegrinaggio a piedi
da Macerata a Loreto, ha commentato la realizzazione di una mostra iconografica
organizzata per documentare questo percorso di fede che, riprendendo l’antico cammino mariano di Loreto, si snoda ogni anno, dal 1978, attraverso
le campagne maceratesi. L’esposizione, che
comprende opere d’arte contemporanea e fotografie sul pellegrinaggio da
Macerata a Loreto, è incentrata sul tema “Pellegrini, non vagabondi”. La mostra
è visitabile, fino al prossimo 28 agosto, nel nuovo quartiere fieristico di
Rimini dove si svolge il tradizionale “Meeting dell’amicizia tra i popoli”,
giunto alla 25.ma edizione. Con un incontro incentrato su “La straordinaria
strada da Macerata a Loreto”, è prevista, inoltre, una tavola rotonda alla
quale domani parteciperanno, tra gli altri, l’arcivescovo prelato di Loreto,
mons. Angelo Comastri, ed il vescovo di Macerata, mons. Luigi Conti. (A.L.)
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24
agosto 2004
- A cura di Barbara Castelli -
In primo piano l’Iraq, dove le violenze di questa mattina
hanno avuto tra gli obiettivi due ministri del nuovo governo: entrambi, colpiti
da altrettanti attentati a Baghdad, si sono fortunatamente salvati. La
situazione a Najaf, intanto, rischia di precipitare: il ministro della Difesa
ha lanciato un nuovo ultimatum al ribelle sciita Al-Sadr, i cui miliziani sono
finiti nella notte sotto il fuoco dell’aeronautica americana. Il servizio di Barbara
Castelli:
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Le fiamme della violenza
lambiscono ancora l’Iraq. Questa mattina a Baghdad la guerriglia ha cercato di
colpire due ministri, quello dell’Ambiente, la signora Mishkat Moumin, e quello
dell’Istruzione, Sami al-Mudhaffar, in due diversi attentati kamikaze, uno
rivendicato dal gruppo che fa capo al giordano Abu Mussab al Zarqawi, legato
alla rete terroristica di Al-Qaeda. I componenti del governo Allawi sono
fortunatamente scampati alla morte, che, invece, non ha risparmiato quattro
guardie del corpo e due civili. Sempre nella capitale, stamani, un soldato
statunitense ha perso la vita nell’esplosione di una granata, portando così a
720 il numero dei militari americani uccisi in azione in Iraq. Per uscire dalla
crisi di Najaf, intanto, il ministro della Difesa, Hazim al-Shalaan, ha
lanciato un nuovo ultimatum ai miliziani di Moqtada Al-Sadr, asserragliati nel
mausoleo dell’Imam Ali: “poche ore per arrendersi”, oppure “verranno
annientati”. Il ministro della Difesa ha, inoltre, precisato che il leader
Al-Sadr verrà ucciso o catturato se tenterà di resistere alle forze di
sicurezza. Nella città santa sciita, comunque, proseguono gli scontri tra
l’esercito del Mahdi, che con un razzo ha squarciato il muro di cinta esterno
del tempio, e le truppe statunitensi, affiancate oggi per la prima volta dalle
Guardie nazionali irachene, giunte ormai a 400 metri dal mausoleo. La
guerriglia poi non ha risparmiato neppure un convoglio della Croce Rossa, in
viaggio verso Najaf per portare aiuti d’emergenza alla popolazione civile.
Nell’imboscata hanno perso la vita due persone. La rivolta sciita ha raggiunto
anche Bassora, dove un gran numero di miliziani sono scesi in strada brandendo
fucili e granate e chiedendo che le truppe statunitensi lascino la città santa
di Najaf, sotto assedio ormai da tre settimane. Le forze americane, infine, hanno
bombardato, da terra e dal cielo, anche obiettivi a Falluja, dove si susseguono
forti esplosioni, soprattutto nella zona sudovest.
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Novità anche sul fronte dei rapimenti. Un gruppo armato
iracheno ha rivendicato il sequestro di un giordano e di un keniano, mentre è
tornato in libertà il reporter libanese. Continua, invece, a destare
preoccupazione la sorte del giornalista italiano Enzo Baldoni, collaboratore
della rivista “Diario”, scomparso da quattro giorni nei pressi di Najaf. Ieri
la famiglia ha chiesto l’intervento del commissario straordinario della Croce
Rossa, Maurizio Scelli, che ci aggiorna sugli ultimi sviluppi:
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Non abbiamo notizie precise.
Sappiamo soltanto, con certezza, che non vi è traccia di un altro cadavere,
oltre a quello rinvenuto dell’autista interprete che era sempre con lui. Le
ipotesi, quindi, sono due: che Baldoni avesse lasciato da qualche parte
l’interprete, in cerca di uno dei suoi tanti scoop; oppure che sia stato preso
da qualcuno che, probabilmente, ne vuol fare un uso mercenario. Non c’è altra
spiegazione.
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A tre anni dall’attacco dell’11 settembre e a meno di tre
mesi dalle elezioni presidenziali negli Stati Uniti, l’amministrazione Bush
avvia il lavoro dei nuovi tribunali militari di Guantanamo, a Cuba, per
processare presunti seguaci di Al Qaeda e dei Taleban. In programma per oggi,
le udienze riguardanti le questioni preliminari per i primi quattro imputati,
in attesa di fissare le date d’inizio dei processi veri e propri.
Il ministro della Difesa
israeliano, Shaul Mofaz, ha annunciato stamani che le forze armate completeranno
la preparazione del piano di ritiro dalla striscia di Gaza e da aree della
Cisgiornania il mese prossimo. E’ slittato, invece, a
domani il discorso del presidente dell’Autorità nazionale palestinese, Yasser
Arafat, al Consiglio legislativo, sul controverso tema delle riforme. Sul
terreno, intanto, resta alta la tensione. Due membri delle Brigate dei Martiri
di Al Aqsa sono stati arrestati a Betlemme da soldati israeliani.
Fiammata di violenza nello
Yemen. Decine di soldati sono stati uccisi ieri sera in un’imboscata tesa loro
da seguaci del predicatore ribelle sciita Hussein Bar Eddin al Huti, su una
strada della regione di Maran, nel nord ovest del Paese. Dallo scorso 18
giugno, gli scontri fra seguaci di al Huti e forze di sicurezza hanno causato circa
400 morti, ma il bilancio potrebbe essere più pesante, dal momento che le forze
armate hanno fornito solo poche informazioni sulle operazioni militari.
È molto
più pesante del previsto il bilancio degli scontri avvenuti in Cecenia nella
notte tra sabato e domenica. Secondo quanto affermato questa mattina dalle autorità
sanitarie cecene, gli attacchi dei ribelli a Grozny avrebbero provocato almeno
42 vittime: 30 fra soldati e poliziotti russi e 12 civili. Non sono comprese
però nel computo le perdite della guerriglia.
Il presidente georgiano, Mikhaïl Saakachvili, ha
chiesto di allargare il mandato dell’Organizzazione per la cooperazione e la
sicurezza in Europa (Osce) anche all’Ossezia del Sud. La richiesta giunge in
vista di un progetto di smilitarizzazione della regione separatista georgiana.
Sono sfociati in violenti scontri fra le forze
dell’ordine e l’opposizione le manifestazioni di protesta iniziate stamattina a
Dacca, capitale del Bangladesh. E’ il primo di due giorni di scioperi contro il
governo nazionalista di Khaleda Zia. Sentiamo Maria Grazia Coggiola:
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Si aggrava la crisi politica in
Bangladesh, dopo il tentativo di assassinare la leader dell’opposizione, Sheikh Hasina, sabato
scorso, quando alcune bombe a mano sono state lanciate su un comizio. Durante
il fine settimana, violente proteste sono scoppiate in tutto il Paese: si
contano almeno 100 feriti. Oggi l’attenzione è spostata nella capitale Dacca,
paralizzata da uno sciopero generale di due giorni indetto dalla Lega Awami, il
partito dell’opposizione che ritiene il governo di Khaleda Zia e gli
integralisti islamici responsabili dell’attentato che ha causato 20 morti. Lo
sciopero è iniziato all’alba: scuole e negozi sono chiusi, il governo ha
schierato 500 soldati in più, migliaia di sostenitori dell’opposizione sono
scesi in strada con cartelli e striscioni, chiedendo le dimissioni di Khaleda Zia e le
elezioni anticipate. Alcuni di loro si sono scontrati con la polizia, mentre
tentavano di bloccare dei risciò che, nonostante la serrata, continuavano a lavorare.
In precedenza, il primo ministro, Khaleda Zia, aveva negato ogni coinvolgimento
nell’attacco di sabato e aveva chiesto un incontro con la rivale Sheikh Hasina, la
quale però aveva rifiutato.
Da New Delhi, per la Radio
Vaticana, Maria Grazia Coggiola.
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Una qualsiasi riforma del
Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite non può non tener conto del peso
politico ed economico riconosciuto all’Italia nella comunità internazionale.
Questo, in sintesi, il contenuto della lettera che il presidente del Consiglio
italiano, Silvio Berlusconi, ha scritto al presidente degli Stati Uniti, George
W. Bush, sul tema della riforma dell’Onu, che ipotizza, tra l’altro, l’ingresso
nel Consiglio di Germania e Giappone. In particolare, aggiunge il premier, occorre
considerare appieno il contributo e l’impegno profuso dal nostro Paese negli
organismi internazionali e nelle missioni di pace nel mondo.
Le minacce dei fondamentalisti
libici non scalfiscono il programma della visita informale di domani del
premier italiano, Silvio Berlusconi, al colonnello Gheddafi. Al centro
dell’incontro: il contrasto all’immigrazione clandestina e la lotta al
terrorismo. Il messaggio di minaccia, apparso nei giorni scorsi su Internet,
porta la firma di un gruppo denominato “la formazione di Abu Bakhr el Libi”,
che si richiama anche ad un “eroe della resistenza libica” contro gli italiani
negli anni ‘20.
Esordio europeo per il nuovo
ministro italiano dell’Economia e delle Finanze, Domenico Siniscalco. Il
titolare del dicastero di via XX Settembre ha incassato ieri a Bruxelles un
apprezzamento del Commissario europeo agli Affari economici e monetari, Jaquin
Almunia, per la strategia di risanamento dei conti pubblici italiani nel 2005.
Dopo il suo primo incontro con Siniscalco, in carica solo dal mese scorso, il
Commissario Ue ha espresso “soddisfazione” per il Documento di programmazione
economica e finanziaria, anche se a suo avviso è un po’ “timido” per quanto
concerne gli obiettivi di riduzione del deficit nel triennio 2006-2008.
La
collaborazione con la giustizia di Cinzia Banelli apre una nuova stagione nelle
indagini sulle nuove Brigate Rosse. Secondo gli inquirenti, infatti, la decisione
della brigatista grossetana potrebbe aprire la strada ad altre collaborazioni.
In particolare si pena a quelle dei suoi compagni le cui posizioni processuali
risultano meno gravi, rispetto a quelle degli imputati per gli omicidi di
Massimo D'Antona e Marco Biagi.
Cresce la paura
a Taiwan per l’imminente arrivo del tifone “Aere”, che con raffiche di 130
chilometri l’ora e piogge torrenziali ha già seminato il panico nella capitale
Taipei e nelle contee vicine. Le autorità hanno ordinato la chiusura di scuole,
stabilimenti, esercizi commerciali e persino della Borsa. In tilt i trasporti,
soprattutto quelli aerei, e la navigazione.
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