RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVIII n. 237 - Testo della trasmissione di martedì 24 agosto 2004

 

Sommario

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Al centro della nostra rubrica dedicata ad una riflessione in tempo d’estate, gli obiettivi indicati dal Papa per favorire la creazione di una società fondata sull’uguaglianza: ai nostri microfoni padre Alex Zanotelli.

 

OGGI IN PRIMO PIANO

Dopo il Rapporto del Parlamento rwandese, che ha accusato la Chiesa di perpetuare “un’ideologia di genocidio”, e la risposta in un documento dei vescovi del Paese, ai nostri microfoni mons. Alexis Habiy Ambere

 

Ad Abuja iniziati i colloqui di pace tra governo di Khartoum e ribelli, con la mediazione del presidente di turno dell’Unione Africana: il commento di Vittorio Scelzo

 

Ancora sbarchi illegali sulle coste italiane. Tra i temi legati al fenomeno delle migrazioni emerge il dibattito sul voto agli immigrati regolari: ce ne parla Rosa Angela Comini

 

L'epoca del partito unico dei cattolici “va vissuta senza rimpianti”, ma i cristiani italiani devono evitare “un frammentarismo insignificante”. Così al Meeting di Rimini, il  segretario generale della CEI, mons.  Betori: con noi lo stesso presule

 

Ieri alle Olimpiadi di Atene 2004 oro per l’italiano Cassina nella ginnastica. Forti contestazione nei confronti dei giudici: intervista con Franco Menichelli.

 

CHIESA E SOCIETA’:

L’Ucraina festeggia oggi i 13 anni di indipendenza dall’URSS. In una nota, l’ambasciatore presso la Santa Sede, Hryhoriy Khoruzhyi, pone in rilievo il notevole progresso del Paese

 

I cattolici russi chiedono di pregare davanti all’icona di Kazan prima della consegna della preziosa immagine al Patriarca ortodosso Alessio II

 

Ha inizio oggi, a Brasilia, il “Secondo congresso vocazionale del Brasile” promosso dalla Conferenza episcopale brasiliana

 

Ricorre oggi l’anniversario della morte di padre Anthony Kaiser, sacerdote statunitense ucciso quattro anni fa in circostanze misteriose

 

A Roma, prosegue il XVIII Capitolo generale delle suore missionarie comboniane sul tema “Donne del Vangelo per la missione ad gentes

 

Visitabile fino a sabato 28 agosto, a Rimini, una Mostra iconografica sulle varie edizioni del pellegrinaggio a piedi da Macerata a Loreto.

 

24 ORE NEL MONDO:

Non si spezza la spirale di violenza in Iraq: due ministri oggi sono scampati a due diversi attentati, mentre proseguono gli scontri nella città santa sciita di Najaf. Chiesto l’intervento della Croce Rossa per il giornalista italiano scomparso

 

Nello Yemen, decine di soldati uccisi ieri dai seguaci del predicatore ribelle sciita, Hussein Bar Eddin al Huti

 

Almeno 100 persone ferite  a Dacca, in Bangladesh, nel primo giorno di sciopero generale contro il governo.

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

24 agosto 2004

 

 

UDIENZE

 

Giovanni Paolo II ha ricevuto questa mattina nel Palazzo apostolico di Castel Gandolfo, in successive udienze, il dott. Wolfgang Huber, vescovo presidente del Consiglio della Chiesa Evangelica di Germania, il sig. Farouk Hussein Raafat, ambasciatore della Repubblica Araba di Egitto, in visita di congedo, e l’arcivescovo Paolo Romeo, nunzio apostolico in Italia.

 

 

 L’ESTATE OASI DELLO SPIRITO

CON IL PAPA UNA RIFLESSIONE IN TEMPO DI VACANZA

 

 

AL CENTRO DELLA NOSTRA RUBRICA

DEDICATA AD UNA RIFLESSIONE IN TEMPO D’ESTATE, GLI OBIETTIVI INDICATI DAL PAPA PER FAVORIRE LA CREAZIONE DI UNA SOCIETÀ FONDATA SULL’UGUAGLIANZA

- Intervista con padre Alex Zanotelli -

 

Quarto appuntamento della nostra rubrica settimanale, con la quale ogni martedì vogliamo affrontare un particolare tema prendendo spunto dagli insegnamenti del Papa. Ci soffermiamo oggi sul complesso fenomeno della globalizzazione. Già nella lettera Enciclica Centesimus Annus, Giovanni Paolo II sottolineava che l’economia di mercato, se controllata dalla comunità, è un modo per rispondere adeguatamente alle necessità economiche delle persone pur rispettando la loro libera iniziativa. Ma come promuovere una globalizzazione equa e solidale? Amedeo Lomonaco lo ha chiesto al missionario comboniano, padre Alex Zanotelli:

 

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R. – Per avere una globalizzazione equa e solidale dobbiamo rimettere radicalmente in discussione un sistema, quello economico-finanziario. E’ chiaro che questo tipo di globalizzazione che stiamo avendo oggi non possiamo accettarla. Non perché la globalizzazione sia qualcosa di male, anzi. E’ la prima volta, infatti, che gli uomini cominciano a capire di trovarsi sulla stessa barca e che si devono salvare insieme. Purtroppo, questo tipo di globalizzazione è stato preso in mano proprio dai potentati economico-finanziari per i loro interessi. La globalizzazione dà benefici essenzialmente ad un 20 per cento della popolazione mondiale, mentre gli altri ne soffrono sempre di più. Quello che ci chiede Dio, se vogliamo tutti vivere a questo mondo, è che ci si muova verso un’economia di uguaglianza. Dobbiamo invece dire di no ad un’economia di opulenza imperiale, di ostentazione della ricchezza.

 

D. – Quali potrebbero essere gli sviluppi e le prospettive di questo processo, di questo scenario?

 

R. – Con quanto avvenuto con il crollo dell’Est, del comunismo, siamo entrati in una nuova era storica, caratterizzata da un’economia di mercato. C’è stato un grande grido di trionfo, come se davvero fosse arrivata l’età messianica. Purtroppo ci siamo accorti subito che eravamo ben lontani dall’età messianica. Dio sognava per il suo popolo un’economia di uguaglianza, ma non ci si può arrivare così automaticamente. Ogni società, lasciata a se stessa, tende a strutturarsi nella disuguaglianza.

 

D. – Come instaurare allora un’economia di uguaglianza?

 

R. – Solo una politica che persegua la giustizia potrà permettere l’instaurarsi di un’economia di uguaglianza. Tutti gli apparati, cioè la gente eletta dal popolo, devono stare attenti soprattutto al grido dei poveri, degli ultimi, di chi non conta. E prendere decisioni che favoriscano questi e non chi ha già la pancia piena. Qual è il tradimento di oggi? Che chi decide è la finanza, l’economia. I politici sono lì come foglie di fico, per coprire le decisioni già prese.

 

D. – Come parlare, in tutto ciò di etica?

 

R. – Chiaramente non potrò arrivare ad una politica di giustizia se non ho nel cuore un minimo di eticità. Ed oggi, purtroppo, sta saltando proprio l’etica. Se noi non recuperiamo l’eticità, sia per chi crede che per chi non crede non c’è futuro. Ed è qui che ci giochiamo effettivamente tutto.

 

D. – Come si possono tutelare i principali punti di riferimento culturali di fronte al carattere intrusivo ed invasivo della logica di mercato?

 

R. – Quello che mi preoccupa di più di questa economia di mercato è proprio che si sta imponendo una cultura massificante, una cultura materialista che ci sta distruggendo dentro, che ci toglie l’anima. Rischiamo fra qualche anno di trovarci senza cultura. Non c’è umanità se non al plurale.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

Non si fermano le violenze in Iraq. La prima pagina si apre con un articolo sulla situazione nel Paese mediorientale, ancora oggi segnato da attentati suicidi e da aspri combattimenti.

 

Nelle vaticane, un articolo di mons. Francesco Di Felice che presenta il volume - a cura del Pontificio Consiglio per la Famiglia - dal titolo "Famiglia e questioni etiche", ora nelle librerie.

 

Nelle estere, Sudan, Darfur: Khartoum ribadisce la contrarietà all'arrivo di una forza dell'Unione Africana.

 

Nella pagina culturale, un approfondito articolo di Giovanni Marchi in occasione dei trecento anni dalla morte di Bossuet, il "Demostene cristiano": le sue omelie furono apprezzate da Chateubriand, Sainte-Beuve e Valery.

 

Nelle pagine italiane, in primo piano il tema dell'immigrazione.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

24 agosto 2004

 

DOPO IL RAPPORTO DEL PARLAMENTO RWANDESE CHE HA ACCUSATO LA CHIESA

 DI PERPETUARE UN’IDEOLOGIA DI GENOCIDIO, E LA RISPOSTA

IN UN DOCUMENTO DEI VESCOVI, OGGI AI NOSTRI MICROFONI IL VICEPRESIDENTE

DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DEL MARTORIATO PAESE AFRICANO,

MONS. ALEXIS HABIY AMBERE

 

La Chiesa cattolica rwandese ha reagito energicamente ad un Rapporto del Parlamento rwandese che l’accusa di “perpetuare un’ideologia di genocidio” nel Paese. In un documento che reca la data del 26 luglio scorso, i vescovi rwandesi affermano che il Rapporto parlamentare manifesta una globalizzazione ed una generalizzazione ingiustificate. I presuli hanno la sensazione che il Rapporto sia stato preparato di fretta, quasi precipitosamente, senza alcuna volontà di verificare le testimonianze raccolte. Per questo hanno deciso di prendere la parola per difendersi e per “far luce nelle coscienze”. Oggi Jean-Baptiste Sourou, della nostra redazione francese, ha chiesto spiegazioni al vicepresidente della Conferenza episcopale rwandese, mons. Alexis Habiy Ambere, vescovo di Nyundo:

 

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R. – NOUS NE SOMMES PAS UNE FORCE D’OPPOSITION, MAIS NOUS DEVONS ETRE ...

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“Noi non siamo una forza d’opposizione, eppure dobbiamo essere estremamente vigili, per evitare ogni possibile deriva. Alla Chiesa cattolica si rimprovera, tra l’altro, di aver fomentato un’ideologia del genocidio: non siamo assolutamente d’accordo. Non siamo noi gli unici fautori della storia del Rwanda! Noi abbiamo predicato il Vangelo. Se qualcuno ha sbagliato, questo ancora non significa che l’Istituzione come tale abbia fallito la sua missione. Tra le accuse inaccettabili, quella secondo cui la Chiesa cattolica avrebbe intenzionalmente mantenuto il popolo nella povertà: questa è veramente un’accusa gravissima, perché tutti possono vedere quello che la Chiesa ha fatto per il popolo, a cominciare dalle scuole, dai centri sanitari, fino all’impegno per lo sviluppo. Questa è un’accusa che non possiamo assolutamente accettare. A tutto questo si deve aggiungere l’impatto dei mass media, soprattutto quelli stranieri; tra questi, ce n’è qualcuno sicuramente ‘felice’ di vedere attaccata la Chiesa cattolica in Rwanda. Ed io mi chiedo perché i mezzi di comunicazione cattolici all’estero non reagiscano per contestare queste accuse. La Chiesa cattolica del Rwanda non vuole entrare in opposizione al governo; però, indubbiamente, è grande la responsabilità che ricade sul governo, perché esso utilizza i mass media per trascinare la gente nella mala fede. Attraverso le nostre lettere pastorali, abbiamo parlato, ma la gente non ci ha ascoltato. Per la Chiesa, è difficile farsi ascoltare”.

 

 

AD ABUJA INIZIATI I COLLOQUI DI PACE TRA GOVERNO DI KHARTOUM E RIBELLI,

 CON LA MEDIAZIONE DEL CAPO DI STATO NIGERIANO,

PRESIDENTE DI TURNO DELL’UNIONE AFRICANA

- Intervista con Vittorio Scelzo -

 

“La comunità internazionale non deve intervenire in Darfur”. Parole del ministro degli Esteri sudanese, Moustapha Osmane Ismaïl, che per fortuna non hanno trovato accoglienza: la diplomazia è infatti al lavoro per cercare soluzioni ad una guerra senza fine. Stamattina è arrivato il ministro degli Esteri britannico, Straw, per incontrare le autorità locali e visitare alcuni campi profughi. Ad Abuja, intanto, sono iniziati i colloqui di pace tra governo di Khartoum e ribelli, con la mediazione del capo di Stato nigeriano, Obasanjo, presidente di turno dell’Unione africana. Servizio di Giulio Albanese:

 

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Il mondo ha gli occhi puntati su questa regione – ha detto Obasanjo – ricordando che il governo di Karthoum ha tempo fino alla fine del mese per risolvere la crisi, se non vuole incorrere nelle sanzioni prospettate dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Sta di fatto che il vero braccio di ferro sembra essere tra la delegazione sudanese e i responsabili dell’Unione Africana. Prima che le trattative iniziassero le due delegazioni si sono scontrate sull’invio di truppe africane nel Darfur per proteggere la popolazione civile. La proposta dell’organismo panafricano è quella di trasformare il suo piccolo contingente di circa 300 uomini, incaricato di proteggere gli osservatori per il cessate il fuoco, in una forza di 2 mila uomini, che contribuiscano a disarmare i ribelli, mentre il governo di Karthoum dovrebbe operare sull’altro fronte, disarmando le feroci milizie dei Janjaweed.

 

Per la Radio Vaticana, Giulio Albanese.

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Ma è possibile trovare una soluzione politica alla crisi in Darfur? Giada Aquilino lo ha chiesto a Vittorio Scelzo, capo degli osservatori della Comunità di Sant’Egidio ai colloqui di Abuja:

 

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R. - Credo che sia possibile e credo che sia la strada da perseguire. Noi siamo qui per questo e i colloqui sono ancora in una fase iniziale interlocutoria. Ci sembra che ci sia una certa disponibilità a trattare, ma per ora, diciamo, non si può dire di più, nel senso che stiamo ancora in una fase in cui si prova a costruire la fiducia tra le parti. Credo che il risultato che si può ottenere in questi giorni sia quello di mettere in piedi un processo negoziale serio con una mediazione seria e con una disponibilità delle parti a discutere di questioni politiche.

 

D. – L’Unione africana ha proposto la trasformazione del suo contingente in una forza multinazionale che disarmi i janjaweed, ma il governo di Khartoum dice di no. Perché?

 

R. – Perché evidentemente non vuole quelle che loro chiamano ingerenze sul proprio territorio. Quella della trasformazione del contingente è un’ipotesi che circolava già da alcune settimane e alla quale il governo di Khartoum aveva già opposto un rifiuto. Qui si tratta di entrare nel merito delle questioni e credo che dal negoziato potranno uscire delle proposte, ma quali saranno ancora è presto per dirlo.

 

D. – Qual è la situazione umanitaria secondo quanto avete potuto constatare dai dati sul Darfur?

 

R. – Noi della Comunità di Sant’Egidio abbiamo mandato degli aiuti in Darfur. Diciamo che la nostra impressione è stata quella di una situazione umanitaria drammatica che ci ha spinti, poi, anche a partecipare a questi colloqui in veste di osservatori, di facilitatori, per trovare una soluzione soprattutto in questo periodo in cui la stagione delle piogge, purtroppo, non fa che peggiorare la situazione nei campi. Noi siamo stati nei campi in Ciad, al confine con il Darfur, e la situazione era estremamente drammatica e toccante.

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ANCHE QUESTA NOTTE IL TRISTE RITUALE DI SBARCHI ILLEGALI SULLE COSTE ITALIANE. IN UN SOLO BARCONE, BEN 275 CLANDESTINI.

TRA I TEMI LEGATI AL FENOMENO

 DELLE MIGRAZIONI, E’ EMERSO QUEST’ESTATE IL DIBATTITO SUL VOTO AGLI IMMIGRATI REGOLARI. SE NE PARLA  IN PARTICOLARE IN ALCUNE CITTA’ ITALIANE

- Intervista con Rosa Angela Comini -

 

Anche questa notte si è ripetuto il triste rituale di sbarchi illegali sulle coste italiane. E in questo caso in un solo barcone, trainato nel porto di Lampedusa dalle motovedette, sono arrivati ben 275 clandestini.  Per capire le loro condizioni basta dire che si trattava di un peschereccio di 20 metri. Come sempre sono iniziate già nella notte le operazioni di identificazione degli immigrati, tra i quali numerosi minorenni, che hanno  dichiarato di essere palestinesi. Anche per loro, ci sarà il trasferimento nel centro di accoglienza dell'isola in attesa delle procedure di rimpatrio, evitate solo in casi eccezionali.  Resta, dunque, sempre in primo piano il fenomeno immigrazione e tra i temi di dibattito è emerso quello relativo alla possibilità di riconoscere il diritto di voto agli immigrati irregolari. In Italia non è vera e propria materia in discussione al Parlamento o al governo anche se sono state depositate sette proposte di legge relative. Ma in alcune città, in particolare Genova, è oggetto di un acceso dibattito. Ascoltiamo, nell’intervista di Giovanni Peduto, Rosa Angela Comini, assessore alla partecipazione alla casa del Comune di Brescia:

 

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R. – Le città stanno diventando il luogo del dibattito, dell’incontro, purtroppo a volte anche dello scontro, rispetto a questo tema, rispetto al ruolo degli immigrati nelle città. Ci si chiede se la città oggi non può più essere eletta soltanto con la presenza dei cittadini italiani, ma se deve essere eletta anche con la presenza dei cittadini stranieri. Parlare di voto agli stranieri, significa proprio assumersi anche la responsabilità di riappropriarsi di un dibattito politico che riguarda sia gli italiani che gli stranieri, perché credo che anche per gli italiani, riprendere a discutere di che significato abbia oggi il voto in una nazione, e quindi, come dire, cercare di capire quale nazione vogliamo, sia molto importante.

 

D. – Quale può essere il ruolo della donna in questo contesto sia del voto che del percorso di cittadinanza?

 

R. – In una realtà come quella che noi viviamo oggi, credo che le donne straniere, e parlo di queste in particolare, abbiano un ruolo molto importante, perché sono potentissime mediatrici culturali e sociali. Partecipano alla nostra vita quotidiana e possono essere davvero delle potentissime mediatrici in una città, in una provincia come Brescia. Se non ci fossero uomini e donne stranieri, non solo si dovrebbero chiudere metà delle aziende della provincia e della città, ma anche buona parte dei servizi. E le donne italiane devono imparare a considerare come una risorsa la presenza di donne straniere.

 

D. – Quali sono gli snodi, secondo lei, su cui è possibile costruire un vero percorso di cittadinanza?

 

R. – Credo che uno degli snodi fondamentali sia quello anche di mettersi intorno ad un tavolo, quello che noi chiamiamo un tavolo delle religioni, per riappropriarsi di un dibattito sulle grandi religioni: la religione musulmana, la religione cattolica, la religione buddista, ecc, ma anche altre. Significa davvero far calare alcune tensioni e cercare di interloquire, anche per capire come le religioni facciano parte della cultura. E, a parte i picchi di integralismo che conosciamo, gran parte di questi uomini e queste donne fanno della loro religione uno stile di vita, quindi credo che sia molto importante discutere di questo.

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L'EPOCA DEL PARTITO UNICO DEI  CATTOLICI ''VA VISSUTA SENZA RIMPIANTI'',

MA I CRISTIANI ITALIANI DEVONO EVITARE “UN FRAMMENTARISMO INSIGNIFICANTE”. COSÌ AL MEETING DI RIMINI, IL SEGRETARIO GENERALE DELLA CEI,

 MONS. GIUSEPPE BETORI.

- Ai nostri microfoni lo stesso presule -

 

L'epoca del partito unico dei cattolici “va vissuta senza rimpianti”, ma i cristiani italiani devono evitare la “deriva di un frammentarismo insignificante ed esiziale”. Lo dice al Meeting di Rimini, il segretario generale della Conferenza Episcopale Italiana, mons. Giuseppe Betori. In una lunga relazione sul cammino della Chiesa italiana, il segretario generale della CEI dedica un passaggio all'impegno dei cattolici in politica. ''E' evidente - spiega - che un'epoca di impegno dei cattolici in forme unitarie si è chiusa, dopo aver dato molto al Paese, garantendo anzitutto libertà, democrazia, avanzamento sociale, solidarietà. ''Oggi - prosegue - ci si trova a confronto con una situazione nuova, che va  vissuta senza rimpianti per il passato”. Ma ascoltiamo nell’intervista di Luca Collodi, che segue per noi il Meeting di Comunione e Liberazione, lo stesso mons. Betori:

 

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R. - Direi che ho ribadito la stretta unità che deve esserci tra contemplazione e missione come motivazione di fondo dell’agire della Chiesa italiana nei prossimi anni. Quindi l’impegno grande che viene chiesto riguarda sia la dimensione contemplativa della vita cristiana, sia però anche la sua missionarietà.

 

D. – Mons. Betori, il ruolo della parrocchia sarà diverso rispetto a quello di oggi?

 

R. - Sì. La popolarità della Chiesa italiana ha uno snodo fondamentale nella parrocchia. E questo perché a prescindere dal fatto che la moltiplicazione dei territori nella vita delle persone è un dato di fatto, c’è però da dire che il territorio fisico resta ineliminabile. Direi allora che la parrocchia, che segna le tappe della vita, resta ineliminabile. La parrocchia da sola, però, non basta più. E quindi ecco il ripensarla nelle due direzioni della maggiore attenzione ai territori “antropologici” della vita della persone e della maggiore attenzione all’integrazione con le altre forme di vita cristiana in un’unità superiore in direzione missionaria.

 

D. - Sul piano dell’evangelizzazione quanto conta ancora la tradizione popolare per la trasmissione della fede?

 

R. - Io direi ancora molto, per il fatto che in questi anni non la abbiamo dimenticata ma, al contrario, la Chiesa italiana ha continuato a coltivarla con maggiore o minor consapevolezza, però nessun parroco ha abbandonato le buone processioni. Questo è riuscito a far mantenere questi legami di base, che vanno evangelizzati ed integrati, bisogna metterci dentro un riannuncio del Vangelo, ma costituiscono ancora certi fili dell’habitat cristiano che penso ci aiutino molto. Vedendo le esperienze di altre chiese, tutto ciò ci aiuta molto.

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IERI ALLE OLIMPIADI DI ATENE 2004 ORO PER L’ITALIANO CASSINA NELLA GINNASTICA.

FORTI CONTESTAZIONE NEI CONFRONTI DEI GIUDICI

- Intervista con Franco Menichelli -

 

Infuriano le polemiche ai Giochi olimpici ateniesi. Ieri il pubblico ha interrotto per circa mezz’ora la gara di ginnastica della sbarra, in seguito ad un punteggio troppo penalizzante attribuito dai giudici al russo Nemov, che aveva suscitato il clamore dei presenti. Nessun problema, invece, per la vittoria dell’italiano Igor Cassina con un esercizio giudicato dagli esperti “sontuoso”. L’alloro si aggiunge al bronzo di Yuri Chechi negli anelli. Sulla discussione per l’attribuzione delle medaglie, Giancarlo La Vella ha intervistato Franco Menichelli, plurimedagliato nelle varie specialità della Ginnastica alle Olimpiadi di Roma nel 1960 e Tokyo nel 1964:

 

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R. – E’ sempre stato così da un po’ di Olimpiadi a questa parte: la medaglia se la porta via chi gioca in casa. Il problema delle giurie purtroppo c’è sempre stato. Si è accentuato dagli anni ’70 in poi. Se non cambiano i regolamenti…

 

D. – Accade, perché non esistono criteri univoci di giudizio o per altri motivi?

 

R. – E’ soggettiva la cosa, perché gli esercizi che vengono portati dai finalisti più o meno si equivalgono. Poi ci sono le esecuzioni, che sono più o meno perfette e lì allora sta il gioco delle giurie: se vedono o non vedono, se fanno finta di vedere o non vedere. Non c’è un codice che possa permettere che vinca il più bravo.

 

D. – Ieri, oggettivamente, Cassina è stato secondo lei l’esercizio migliore?

 

R. – Sì, indubbiamente. Mi è piaciuto molto anche Nemov, che ha fatto un esercizio di alta classe, però Cassina è stato il migliore in senso assoluto. Non hanno potuto fare nulla.

 

D. – Menichelli, quale delle sue Olimpiadi ricorda con più affetto?

 

R. – Io ho due ricordi ben separati. Logicamente le prime sono state quelle di Roma. Nel 1960 ero molto giovane e c’era il sogno olimpico, pertanto quelle due medaglie furono qualcosa di straordinario. Le altre tre, che vennero in seguito, sono state più costruite, nel senso che ho avuto la possibilità di competere con gli altri ginnasti internazionali e ho visto che piano piano si poteva arrivare a qualcosa di più. Il sogno realizzato, però, è quello di Tokyo, dove le medaglie d’oro, d’argento e di bronzo hanno coronato tutta la mia carriera.

 

D. – Un momento doloroso della sua carriera fu, ricordiamo, l’urlo di dolore nell’esercizio a corpo libero di Città del Messico, con la rottura del tendine d’Achille. Se fosse avvenuta oggi forse sarebbe bastato un intervento e avrebbe sicuramente ripreso l’attività…

 

R. – No, l’intervento in realtà riuscì, ma la carriera era già finita, nel senso che avevo deciso di smettere. Avevo 28 anni, avevo da pensare alla mia vita. Non era uno sport che mi poteva garantire una vita tranquilla, mi dovevo ricostruire quello che poi sarebbe stata la mia professione e la mia vita futura. Era deciso che quella del ’68 sarebbe stata la mia ultima Olimpiade, anche se ogni volta che passa il quadriennio vorrei partecipare!

 

D. – Cosa le ha lasciato lo sport praticato ad alto livello nella sua vita?

 

R. – Mi ha lasciato grandi cose. Ha permesso l’importante realizzazione di un mio ideale. Mi ha dato popolarità, mi ha aiutato nella vita. Insomma mi ha lasciato tante cose. Senza la ginnastica non sarei riuscito ad andare avanti come sono andato avanti.

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CHIESA E SOCIETA’

24 agosto 2004

 

 

L’UCRAINA FESTEGGIA OGGI I 13 ANNI DI INDIPENDENZA DALL’URSS.

IN UNA NOTA DEL SUO AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE,

MESSO IN RILIEVO IL NOTEVOLE PROGRESSO ECONOMICO E POLITICO DI UN PAESE

CHE PUNTA ALL’INTEGRAZIONE CON L’UNIONE EUROPEA E LA NATO

- A cura di Alessandro De Carolis -

 

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CITTA’ DEL VATICANO. = L’Ucraina che in questi giorni sta dividendo la propria attenzione tra la soddisfazione per alcuni successi storici alle Olimpiadi di Atene e la paura del terrorismo – sabato scorso due ordigni hanno fatto 14 feriti in un mercato di Kiev – è un Paese in buona salute economica e in marcia di avvicinamento sempre più rapida verso gli standard politico-sociali dell’Unione Europea. Nel giorno in cui, 24 agosto 2004, il calendario ricorda i 13 anni dell’indipendenza dall’URSS, una nota dell’ambasciatore presso la Santa Sede, Hryhoriy Khoruzhyi, pone in rilievo i dati positivi registrati nell’ultimo anno. Tra le cifre più significative, l’aumento della produzione industriale al 16 per cento, il PIL che a giugno ha toccato il tasso record del 12,7 per cento, il volume delle esportazioni cresciuto, nei primi cinque mesi del 2004, del 51,3 per cento, con un saldo positivo di due miliardi di dollari, mentre nello stesso periodo dello scorso anno arrivava a 409 milioni. Un tasso di crescita “tra i più elevati d’Europa” negli ultimi anni, rileva il diplomatico ucraino nella sua nota. Un successo - prosegue - da attribuire “in grande misura” alla stabilità politica dell’attuale governo di coalizione. E anche sul versante politico internazionale, l’Ucraina sta spingendo verso l’integrazione con l’Europa comunitaria e con la NATO: nel primo caso, grazie agli accordi fissati lo scorso giugno a Le Haye, durante il summit Ucraina-UE, e nel secondo caso, attraverso i contatti con i vertici del Patto atlantico di Istanbul, sempre del giugno scorso, che hanno ribadito “il carattere strategico” dei rapporti del Paese ex sovietico con il sistema di difesa euroatlantico. La nota dell’ambasciatore ucraino sottolinea, tra l’altro, la posizione del suo Paese in relazione alla crisi irachena: sono 1800 i soldati ucraini che fanno parte della forza di stabilizzazione in Iraq, mentre altri 1400 partecipano in altre 9 operazioni dell’ONU nel mondo.

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I CATTOLICI RUSSI CHIEDONO DI PREGARE DAVANTI ALL’ICONA DI KAZAN

PRIMA DELLA CONSEGNA DELLA PREZIOSA IMMAGINE,

SABATO PROSSIMO, AL PATRIARCA ORTODOSSO ALESSIO II

 

MOSCA. = Un gruppo di parrocchiani della cattedrale dell’Immacolata Concezione ha chiesto all’arcivescovo di Mosca, mons. Tadeusz Kondrusiewicz, di poter pregare davanti all’icona di Kazan prima della consegna della preziosa immagine ad Alessio II, patriarca ortodosso della capitale russa. “Sarebbe una grande gioia per noi poter pregare davanti ad un dono del Papa, anche se per poco tempo” ha detto un fedele all’Agenzia AsiaNews. Sabato 28 agosto, nella chiesa della Dormizione al Cremlino, una delegazione vaticana, guidata dal presidente del Pontificio consiglio per la promozione dell’Unità dei cristiani, cardinale Walter Kasper, consegnerà l’icona nelle mani del patriarca come dono personale del Papa alla Chiesa ortodossa. (A.L.)

 

 

COMINCIA OGGI IL “SECONDO CONGRESSO VOCAZIONALE DEL BRASILE”,

UNA INIZIATIVA DI PREGHIERA E APPROFONDIMENTO DELLA DURATA DI UN ANNO

PROMOSSA DALLA CONFERENZA EPISCOPALE BRASILIANA

 

BRASILIA. =  Viene inaugurato oggi a Brasilia, presso la sede della Conferenza episcopale locale, il “Secondo congresso vocazionale del Brasile”, un iter di riflessione, preghiera e approfondimento della durata di un anno, destinato a culminare con un incontro di responsabili e specialisti a Indaiatuba, dal 2 al 6 settembre del 2005. L’evento desidera porsi in continuità con il Vaticano II e celebrare il 40.mo della conclusione del Concilio, come viene anche sottolineato con la scelta del tema “La Chiesa, popolo di Dio a servizio della vita” e del motto “Andate anche voi nella mia vigna!” (Mt 20,4) del Congresso. Obiettivo dell’importante iniziativa ecclesiale è quello di celebrare il cammino vocazionale della Chiesa, convocata e unita dalla Trinità, proclamare la vocazione universale alla santità nella diversità delle vocazioni, dei carismi e dei ministeri particolari. Si desidera, inoltre, assumere con rinnovato slancio l’impegno teso a promuovere e accompagnare le vocazioni ai ministeri ordinati, alla vita consacrata e ai ministeri laicali. L’iniziativa intende rimarcare, infine, la forte accentuazione della dimensione missionaria della vocazione, considerata come servizio verso la persona umana, in particolare verso i poveri, i sofferenti e gli esclusi. (A.L.)

 

 

QUATTRO ANNI FA VENIVA UCCISO IN KENYA IL SACERDOTE STATUNITENSE,

PADRE ANTHONY KAISER. L’INCHIESTA SULLA SUA MORTE, APERTA L’ANNO SCORSO,

NON HA FATTO ANCORA LUCE SUI MOLTEPLICI ASPETTI OSCURI DI QUESTO OMICIDIO

 

NAIROBI. = Ricorre oggi l’anniversario della morte di padre Anthony Kaiser, sacerdote statunitense della Società missionaria di San Giuseppe di Mill Hill, ucciso in circostanze ancora misteriose il 24 agosto del 2000 in Kenya. Il religioso era stato sempre uno strenuo difensore dei diritti umani e in 20 anni di lavoro nella diocesi di Kisii, e dal 1993 in quella di Ngong, aveva più volte denunciato i soprusi e le violenze perpetrate quotidianamente ai danni di donne e bambini. Convocato dalla Commissione d’inchiesta Akiwumi sugli scontri etnico-tribali del ‘93, costati la vita a circa 2000 persone, aveva deposto contro due ministri kenyani. In seguito alle sue denunce e all’atteggiamento fortemente critico nei confronti del governo dell’allora premier Kanu, il missionario aveva rischiato la deportazione nell’autunno del ‘99. Dopo le elezioni tenutesi nel Paese africano nel dicembre 2002, il nuovo esecutivo ha disposto, nell’aprile 2003, la riapertura delle indagini sul ‘caso Kaiser’. E all’inizio di agosto dell’anno scorso è cominciata l’inchiesta per far luce sugli aspetti ancora oscuri di questa drammatica vicenda. (A.L.)

 

 

SUL TEMA “DONNE DEL VANGELO PER LA MISSIONE AD GENTES”,

PROSEGUE IL XVIII CAPITOLO GENERALE DELLE SUORE MISSIONARIE COMBONIANE

 

ROMA. = Proseguono i lavori del XVIII Capitolo generale delle Suore Missionarie Comboniane, aperto a Roma domenica scorsa. L’incontro, incentrato sul tema “Donne del Vangelo per la missione ad gentes”, è il primo Capitolo del terzo millennio, che si celebra sotto la protezione di San Daniele Comboni, canonizzato il 5 Ottobre 2003. All’inizio dei lavori, le capitolari hanno inviato un messaggio al Papa, invocando la sua benedizione apostolica ed esprimendo profonda gratitudine per l’assidua preghiera e i costanti appelli per la pace e la difesa della dignità umana. Le 64 missionarie che partecipano all’Assemblea provengono dall’Africa, dalle Americhe, dall’Europa e dal Medio Oriente. Sono di 14 nazionalità: 4 africane, 50 europee, 7 latino americane e 3 statunitensi. Durante la sessione preliminare, madre Adele, superiora generale uscente, ha esortato nel suo discorso di apertura un profondo atteggiamento di ascolto, chiedendo alle consorelle di partecipare al Capitolo come “umili viandanti che camminano scrutando nelle vie del mondo le tracce di Dio”. (A.L.)

 

 

E’ VISITABILE FINO A SABATO PROSSIMO NEL QUARTIERE FIERISTICO DI RIMINI,

DOVE SI TIENE IL 25.MO MEETING DELL’AMICIZIA TRA I POPOLI,

UNA MOSTRA ICONOGRAFICA SULLE VARIE EDIZIONI

DEL PELLEGRINAGGIO A PIEDI DA MACERATA A LORETO

 

RIMINI. = “La passione per l’arte, quella che serve non solo da sfogo ma da educazione, ha fatto sì che si potesse dare vita ad un ulteriore gesto nel gesto: comunicare con le arti visive il grande significato del Pellegrinaggio”. Con queste parole mons. Giancarlo Vecerrica, vescovo di Fabriano-Matelica ed ideatore del Pellegrinaggio a piedi da Macerata a Loreto, ha commentato la realizzazione di una mostra iconografica organizzata per documentare questo percorso di fede che, riprendendo l’antico cammino mariano di Loreto, si snoda ogni anno, dal 1978, attraverso le campagne maceratesi. L’esposizione, che comprende opere d’arte contemporanea e fotografie sul pellegrinaggio da Macerata a Loreto, è incentrata sul tema “Pellegrini, non vagabondi”. La mostra è visitabile, fino al prossimo 28 agosto, nel nuovo quartiere fieristico di Rimini dove si svolge il tradizionale “Meeting dell’amicizia tra i popoli”, giunto alla 25.ma edizione. Con un incontro incentrato su “La straordinaria strada da Macerata a Loreto”, è prevista, inoltre, una tavola rotonda alla quale domani parteciperanno, tra gli altri, l’arcivescovo prelato di Loreto, mons. Angelo Comastri, ed il vescovo di Macerata, mons. Luigi Conti. (A.L.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

24 agosto 2004

 

- A cura di Barbara Castelli -

 

In primo piano l’Iraq, dove le violenze di questa mattina hanno avuto tra gli obiettivi due ministri del nuovo governo: entrambi, colpiti da altrettanti attentati a Baghdad, si sono fortunatamente salvati. La situazione a Najaf, intanto, rischia di precipitare: il ministro della Difesa ha lanciato un nuovo ultimatum al ribelle sciita Al-Sadr, i cui miliziani sono finiti nella notte sotto il fuoco dell’aeronautica americana. Il servizio di Barbara Castelli:

 

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Le fiamme della violenza lambiscono ancora l’Iraq. Questa mattina a Baghdad la guerriglia ha cercato di colpire due ministri, quello dell’Ambiente, la signora Mishkat Moumin, e quello dell’Istruzione, Sami al-Mudhaffar, in due diversi attentati kamikaze, uno rivendicato dal gruppo che fa capo al giordano Abu Mussab al Zarqawi, legato alla rete terroristica di Al-Qaeda. I componenti del governo Allawi sono fortunatamente scampati alla morte, che, invece, non ha risparmiato quattro guardie del corpo e due civili. Sempre nella capitale, stamani, un soldato statunitense ha perso la vita nell’esplosione di una granata, portando così a 720 il numero dei militari americani uccisi in azione in Iraq. Per uscire dalla crisi di Najaf, intanto, il ministro della Difesa, Hazim al-Shalaan, ha lanciato un nuovo ultimatum ai miliziani di Moqtada Al-Sadr, asserragliati nel mausoleo dell’Imam Ali: “poche ore per arrendersi”, oppure “verranno annientati”. Il ministro della Difesa ha, inoltre, precisato che il leader Al-Sadr verrà ucciso o catturato se tenterà di resistere alle forze di sicurezza. Nella città santa sciita, comunque, proseguono gli scontri tra l’esercito del Mahdi, che con un razzo ha squarciato il muro di cinta esterno del tempio, e le truppe statunitensi, affiancate oggi per la prima volta dalle Guardie nazionali irachene, giunte ormai a 400 metri dal mausoleo. La guerriglia poi non ha risparmiato neppure un convoglio della Croce Rossa, in viaggio verso Najaf per portare aiuti d’emergenza alla popolazione civile. Nell’imboscata hanno perso la vita due persone. La rivolta sciita ha raggiunto anche Bassora, dove un gran numero di miliziani sono scesi in strada brandendo fucili e granate e chiedendo che le truppe statunitensi lascino la città santa di Najaf, sotto assedio ormai da tre settimane. Le forze americane, infine, hanno bombardato, da terra e dal cielo, anche obiettivi a Falluja, dove si susseguono forti esplosioni, soprattutto nella zona sudovest.

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Novità anche sul fronte dei rapimenti. Un gruppo armato iracheno ha rivendicato il sequestro di un giordano e di un keniano, mentre è tornato in libertà il reporter libanese. Continua, invece, a destare preoccupazione la sorte del giornalista italiano Enzo Baldoni, collaboratore della rivista “Diario”, scomparso da quattro giorni nei pressi di Najaf. Ieri la famiglia ha chiesto l’intervento del commissario straordinario della Croce Rossa, Maurizio Scelli, che ci aggiorna sugli ultimi sviluppi:

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Non abbiamo notizie precise. Sappiamo soltanto, con certezza, che non vi è traccia di un altro cadavere, oltre a quello rinvenuto dell’autista interprete che era sempre con lui. Le ipotesi, quindi, sono due: che Baldoni avesse lasciato da qualche parte l’interprete, in cerca di uno dei suoi tanti scoop; oppure che sia stato preso da qualcuno che, probabilmente, ne vuol fare un uso mercenario. Non c’è altra spiegazione.

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A tre anni dall’attacco dell’11 settembre e a meno di tre mesi dalle elezioni presidenziali negli Stati Uniti, l’amministrazione Bush avvia il lavoro dei nuovi tribunali militari di Guantanamo, a Cuba, per processare presunti seguaci di Al Qaeda e dei Taleban. In programma per oggi, le udienze riguardanti le questioni preliminari per i primi quattro imputati, in attesa di fissare le date d’inizio dei processi veri e propri.

 

Il ministro della Difesa israeliano, Shaul Mofaz, ha annunciato stamani che le forze armate completeranno la preparazione del piano di ritiro dalla striscia di Gaza e da aree della Cisgiornania il mese prossimo. E’ slittato, invece, a domani il discorso del presidente dell’Autorità nazionale palestinese, Yasser Arafat, al Consiglio legislativo, sul controverso tema delle riforme. Sul terreno, intanto, resta alta la tensione. Due membri delle Brigate dei Martiri di Al Aqsa sono stati arrestati a Betlemme da soldati israeliani.

 

Fiammata di violenza nello Yemen. Decine di soldati sono stati uccisi ieri sera in un’imboscata tesa loro da seguaci del predicatore ribelle sciita Hussein Bar Eddin al Huti, su una strada della regione di Maran, nel nord ovest del Paese. Dallo scorso 18 giugno, gli scontri fra seguaci di al Huti e forze di sicurezza hanno causato circa 400 morti, ma il bilancio potrebbe essere più pesante, dal momento che le forze armate hanno fornito solo poche informazioni sulle operazioni militari. 

 

È molto più pesante del previsto il bilancio degli scontri avvenuti in Cecenia nella notte tra sabato e domenica. Secondo quanto affermato questa mattina dalle autorità sanitarie cecene, gli attacchi dei ribelli a Grozny avrebbero provocato almeno 42 vittime: 30 fra soldati e poliziotti russi e 12 civili. Non sono comprese però nel computo le perdite della guerriglia.

 

Il presidente georgiano, Mikhaïl Saakachvili, ha chiesto di allargare il mandato dell’Organizzazione per la cooperazione e la sicurezza in Europa (Osce) anche all’Ossezia del Sud. La richiesta giunge in vista di un progetto di smilitarizzazione della regione separatista georgiana.

 

Sono sfociati in violenti scontri fra le forze dell’ordine e l’opposizione le manifestazioni di protesta iniziate stamattina a Dacca, capitale del Bangladesh. E’ il primo di due giorni di scioperi contro il governo nazionalista di Khaleda Zia. Sentiamo Maria Grazia Coggiola:

 

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Si aggrava la crisi politica in Bangladesh, dopo il tentativo di assassinare la leader dell’opposizione, Sheikh Hasina, sabato scorso, quando alcune bombe a mano sono state lanciate su un comizio. Durante il fine settimana, violente proteste sono scoppiate in tutto il Paese: si contano almeno 100 feriti. Oggi l’attenzione è spostata nella capitale Dacca, paralizzata da uno sciopero generale di due giorni indetto dalla Lega Awami, il partito dell’opposizione che ritiene il governo di Khaleda Zia e gli integralisti islamici responsabili dell’attentato che ha causato 20 morti. Lo sciopero è iniziato all’alba: scuole e negozi sono chiusi, il governo ha schierato 500 soldati in più, migliaia di sostenitori dell’opposizione sono scesi in strada con cartelli e striscioni, chiedendo le dimissioni di Khaleda Zia e le elezioni anticipate. Alcuni di loro si sono scontrati con la polizia, mentre tentavano di bloccare dei risciò che, nonostante la serrata, continuavano a lavorare. In precedenza, il primo ministro, Khaleda Zia, aveva negato ogni coinvolgimento nell’attacco di sabato e aveva chiesto un incontro con la rivale Sheikh Hasina, la quale però aveva rifiutato.

 

Da New Delhi, per la Radio Vaticana, Maria Grazia Coggiola.

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Una qualsiasi riforma del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite non può non tener conto del peso politico ed economico riconosciuto all’Italia nella comunità internazionale. Questo, in sintesi, il contenuto della lettera che il presidente del Consiglio italiano, Silvio Berlusconi, ha scritto al presidente degli Stati Uniti, George W. Bush, sul tema della riforma dell’Onu, che ipotizza, tra l’altro, l’ingresso nel Consiglio di Germania e Giappone. In particolare, aggiunge il premier, occorre considerare appieno il contributo e l’impegno profuso dal nostro Paese negli organismi internazionali e nelle missioni di pace nel mondo.

 

Le minacce dei fondamentalisti libici non scalfiscono il programma della visita informale di domani del premier italiano, Silvio Berlusconi, al colonnello Gheddafi. Al centro dell’incontro: il contrasto all’immigrazione clandestina e la lotta al terrorismo. Il messaggio di minaccia, apparso nei giorni scorsi su Internet, porta la firma di un gruppo denominato “la formazione di Abu Bakhr el Libi”, che si richiama anche ad un “eroe della resistenza libica” contro gli italiani negli anni ‘20.

 

Esordio europeo per il nuovo ministro italiano dell’Economia e delle Finanze, Domenico Siniscalco. Il titolare del dicastero di via XX Settembre ha incassato ieri a Bruxelles un apprezzamento del Commissario europeo agli Affari economici e monetari, Jaquin Almunia, per la strategia di risanamento dei conti pubblici italiani nel 2005. Dopo il suo primo incontro con Siniscalco, in carica solo dal mese scorso, il Commissario Ue ha espresso “soddisfazione” per il Documento di programmazione economica e finanziaria, anche se a suo avviso è un po’ “timido” per quanto concerne gli obiettivi di riduzione del deficit nel triennio 2006-2008.

 

La collaborazione con la giustizia di Cinzia Banelli apre una nuova stagione nelle indagini sulle nuove Brigate Rosse. Secondo gli inquirenti, infatti, la decisione della brigatista grossetana potrebbe aprire la strada ad altre collaborazioni. In particolare si pena a quelle dei suoi compagni le cui posizioni processuali risultano meno gravi, rispetto a quelle degli imputati per gli omicidi di Massimo D'Antona e Marco Biagi.

 

Cresce la paura a Taiwan per l’imminente arrivo del tifone “Aere”, che con raffiche di 130 chilometri l’ora e piogge torrenziali ha già seminato il panico nella capitale Taipei e nelle contee vicine. Le autorità hanno ordinato la chiusura di scuole, stabilimenti, esercizi commerciali e persino della Borsa. In tilt i trasporti, soprattutto quelli aerei, e la navigazione.

 

 

 

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