RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n.
236 - Testo della trasmissione di lunedì 23 agosto 2004
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO
CHIESA E SOCIETA’:
Nello Zimbabwe critico il clima tra governo e
opposizione
Migliaia di fedeli hanno partecipato
questa mattina a Milano al funerale di Fratel Ettore
Sciopero della fame ieri in diverse carceri italiane
In Iraq, ancora guerriglia a Tikrit e a Mossul. A Najaf furiosi i combattimenti nei pressi del mausoleo dell’imam Alì
Il governo di Pyongyang deciso a non partecipare ai
negoziati sulla crisi nucleare previsti a Pechino.
23 agosto 2004
IL PROGRESSO
SCIENTIFICO E TECNOLOGICO E’ TALE SE E’ A FAVORE
DELL’UOMO E DELLA VITA. UNA RIFLESSIONE
SULL’ANGELUS DI IERI
- Intervista con mons. Ignazio Sanna -
Il
cristianesimo, nonostante i limiti e gli errori umani, costituisce il più
grande fattore di vero progresso, perché Cristo è principio inesauribile di
rinnovamento dell’uomo e del mondo. Ha colpito molto questa affermazione di Giovanni
Paolo II all’Angelus di ieri da Castel Gandolfo. Un pensiero “forte” per
sottolineare che il progresso del pensiero umano, della scienza e della
tecnologia, è tale solo se a servizio del progetto di Dio, rivelato all’uomo
attraverso Cristo. Mons. Ignazio Sanna, pro-rettore della Pontificia Università
Lateranense e membro della Commissione teologica internazionale, si sofferma
per una riflessione sulle parole del Papa, al microfono di Alessandro De Carolis:
**********
R. – Il Papa ha sempre insistito
sull’importanza della fede cristiana come formatrice di valori, di orientamenti
e di scelte a favore dell’umanità. Ora, il progresso è tale se produce una
migliore condizione di vita e, in modo particolare, se garantisce la vita. Il
Papa continuamente sottolinea che il progresso e la tecnica, la scienza devono
essere al servizio della promozione di ogni forma di vita. Ora, quando invece
si utilizzano il progresso, la tecnica per esperimenti che vanno contro la
vita, contro l’uomo – oggi si parla di ‘ultra-umanesimo’ – certamente non è un
progresso rispettoso del futuro dell’uomo e del vero interesse della vita
dell’uomo.
D. – Quindi, in un mondo in cui
la parola progresso viene – come lei diceva – abbinata per abitudine alla
novità prodotta dalla scienza o dalla tecnologia, il richiamo del Papa a Cristo
dilata enormemente questa visione e diventa
quasi un motto di vita per i cristiani del XXI secolo ...
R. – Indubbiamente, il Papa
ricorda che l’attività umana deve rispecchiare un po’ il disegno di Dio. Dio ha
creato la vita e quindi l’uomo non può andare contro, con la sua attività,
quello che è il disegno originario di Dio. Il Concilio l’ha ribadito:
l’attività umana, il progresso umano corrispondono al disegno di Dio e quindi
sono benedetti da Dio, purché si rispetti la legge che Dio stesso ha messo
nella coscienza degli uomini.
D. – Colpisce anche dell’Angelus
di ieri il nuovo accenno all’esperienza vissuta dal Papa a Lourdes e al suo
ideale pellegrinaggio verso altri santuari dedicati alla Vergine. Cosa le ha
suggerito l’immagine di Giovanni Paolo II davanti alla Grotta di Massabielle?
R. – Penso che il Papa sia
andato lì non certamente per chiedere la grazia della sua guarigione. E’ andato
lì per dimostrare che tutte le fasi della vita sono un dono di Dio: la giovinezza,
la maturità, la vecchiaia e la malattia. E con il suo gesto ha dato ragioni di
speranza a tutti i malati del mondo. E poi ha fatto capire che realmente, la
croce senza l’amore è troppo pesante, ma anche l’amore senza la croce è troppo
vuoto. Ha dimostrato in questa maniera come si possa vivere realmente portando
la croce ma allo stesso tempo amando la vita e dando ragione di vita e di
speranza a tutti coloro che soffrono.
**********
LETTERA
DEL CARDINALE SODANO A NOME DEL PAPA
PER LA
55.MA SETTIMANA LITURGICA NAZIONALE A SAN GIOVANNI ROTONDO:
I
SEGNI SACRAMENTALI DELLA LITURGIA CONDUCONO IL CRISTIANO ALLA SANTITA’
- A
cura di Alessandro De Carolis -
La
liturgia come “scuola di santità”, che aiuta il credente “a riscoprire l’arte
della preghiera” e a puntare verso la meta più alta della vita cristiana. E
“liturgia e santità” è anche il tema della 55.ma Settimana liturgica nazionale,
che si svolge a San Giovanni Rotondo da oggi al 27 agosto. In una lettera
indirizzata a nome del Papa al vescovo di Sora-Aquino-Pontecorvo, Luca
Brandolini, il cardinale segretario di Stato, Angelo Sodano, ha messo in luce
l’importanza dei segni sacramentali attraverso i quali – scrive il porporato –
si viene “plasmati e trasformati per conformare la nostra vita a quella di
Cristo”.
Il
cardinale Sodano ha fatto più volte riferimento nella sua lettera, al documento
di Giovanni Paolo II, la Novo millennio ineunte. Richiamando in essa i
credenti “all’universale vocazione alla santità”, il Pontefice coglie nella
“diffusa esigenza di spiritualità”, presente in molte parti del mondo
contemporaneo, “il bisogno di riscoprire l’arte della preghiera e l’educazione
alla preghiera”. Un bisogno al quale la liturgia sa rispondere in modo pieno
perché – afferma il segretario di Stato – “aiuta a trasformare l’esistenza in
preghiera, sia privata che comunitaria”. Al centro della liturgia c’è la Messa,
“il cuore della domenica”. E’ anzitutto l’Eucaristia – prosegue il cardinale
Sodano citando il Papa – “a dare il vero volto alla santità cristiana” e a
custodire il “segreto dell’apostolato” da cui far scaturire la nuova
evangelizzazione.
Nel chiudere la lettera, il segretario di Stato si sofferma
su S. Giovanni Rotondo come sede della Settimana liturgica. La presenza di
Padre Pio in quei luoghi – osserva – fa risaltare come tutto, nel “ministero
dell’umile frate cappuccino, parli “del legame che unisce la liturgia e
specialmente i Sacramenti dell’Eucaristia e della Penitenza alla santità”.
L’esempio del Santo di Pietrelcina – conclude il cardinale Sodano – “sia per
tutti stimolo e incoraggiamento a percorrere lo stesso cammino ascetico e
spirituale sino alla vetta della perfezione evangelica”.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
La
prima pagina si apre con l’Angelus. Giovanni Paolo II torna con il pensiero ed
il cuore all’umile Grotta di Massabielle e da quel luogo di silenzio e di
preghiera si reca in altri Santuari mariani popolati in questi giorni di agosto
da folle di fedeli.
Il
titolo di apertura è: “Affidiamo a Maria Madre dell’unità e dell’amore ogni
nostra supplica per il bene della Chiesa e dell’intera famiglia umana”.
Si
sottolinea poi quanto segue: mercoledì 25 agosto, all’udienza generale, il Santo
Padre guiderà la preghiera ai piedi dell’Icona della Vergine Maria venerata
con il titolo di Madre di Dio di Kazan, che un’apposita delegazione recherà a
Sua Santità Alessio II, Patriarca di Mosca e di tutte le Russie.
Nelle
vaticane, il Messaggio del Papa al vescovo di Rimini, in occasione della XXV
edizione del “Meeting per l'amicizia tra i popoli”: il tentativo di
appropriarsi delle fonti della vita attraverso gli esperimenti di clonazione
umana è manipolazione della realtà.
Nelle
estere, riguardo all’Iraq, si registrano nuovi combattimenti intorno al mausoleo
di Alì, a Najaf.
Sudan,
Darfur: Khartoum consegna all’Onu una lista di miliziani “janjaweed” accusati
di violazioni dei diritti dell’uomo.
La
pagina culturale è interamente dedicata ad un articolo di Giuseppe Lorizio dal
titolo “Rivelazione e metafisica. Spunti di riflessione e ulteriori precisazioni”.
Nelle
pagine italiane, in primo piano il tema del terrorismo.
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23 agosto 2004
NUOVI OSTACOLI SULLA PACE IN MEDIO ORIENTE:
IL
GOVERNO ISRAELIANO AUTORIZZA LA COSTRUZIONE
DI
ALTRE ABITAZIONI NELLE COLONIE
- Con
noi, mons. Michel Sabbah -
Nonostante
l’annunciato piano di ritiro da Gaza, il governo israeliano non molla la presa
sulle colonie. È di questa mattina la notizia che Sharon avrebbe autorizzato la
costruzione di 533 nuovi appartamenti in Cisgiordania, in gran parte negli insediamenti
a ridosso di Gerusalemme. È una decisione, quella dello Stato ebraico, che
desta preoccupazione anche nella Chiesa locale, come conferma ai nostri
microfoni mons. Michel Sabbah, Patriarca latino di Gerusalemme, che questa
mattina ha incontrato un centinaio di giovani italiani in pellegrinaggio in
Terra Santa. Ci ha parlato Concita De Simone:
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R. - Questa decisione di non
evacuare gli insediamenti e di non mettere un limite al popolamento delle
colonie nei Territori palestinesi è un nuovo ostacolo sul cammino verso la
pace. Denota una volontà di continuare il conflitto, fa temere una scelta di
guerra permanente. Se veramente si vuole la pace, occorre accettare l’idea di lasciare
i territori ai loro abitanti: la Palestina ai palestinesi, Israele agli
israeliani. Dovrà arrivare un tempo in cui ciascuno potrà svilupparsi e
crescere, ma solo nel proprio territorio: farlo nei territori degli altri è un
atto di aggressione, che alimenta solamente la guerra e non la pace.
D. – Quale messaggio intende lasciare,
mons. Sabbah, ai giovani italiani che Lei ha ricevuto questa mattina?
R. – Il mio messaggio è che la
pace in Terra Santa è una responsabilità non solo di chi abita questi luoghi e
dei cristiani che vi risiedono, ma piuttosto di tutti i cristiani del mondo:
siccome la Terra Santa è la terra delle radici di ogni cristiano, questo conflitto
non può non essere il conflitto di ogni cristiano. Ognuno di noi ne porta le
responsabilità, ognuno ha il dovere di farlo finire presto. Non è necessario
schierarsi per una parte o per l’altra, non è sufficiente manifestare a parole
la propria solidarietà. Credo che ogni comunità cristiana sia chiamata a venire
qui, per portare gesti di riconciliazione.
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AL VIA I TRIBUNALI MILITARI
USA A GUANTANAMO:
PROCESSERANNO
I SEGUACI DI AL QAEDA
-
Intervista con la prof.ssa Maria Rita Saulle -
A tre
anni dall'attacco dell’11 settembre e a meno di tre mesi dalle elezioni presidenziali
negli Stati Uniti, l'amministrazione Bush avvia il lavoro dei nuovi tribunali
militari di Guantanamo, a Cuba, per processare presunti seguaci di Al Qaeda e
dei Taleban. In programma per domani, nell'aula costruita all’interno della
base Usa, ci sono le udienze nelle quali verranno discusse le questioni
preliminari per i primi quattro imputati, in attesa di fissare le date d'inizio
dei processi veri e propri. Sul meccanismo legale messo a punto dal Pentagono,
ascoltiamo Maria Rita Saulle, docente di Relazioni internazionali
all’Università “La Sapienza” di Roma, intervistata da Giada Aquilino:
**********
R. – Non è la prima volta che
questi tribunali vengono istituiti dalla cosiddetta potenza vincitrice:
successe a Norimberga, è successo anche in Bosnia. Ciò fa pensare che ci sia
una predisposizione a valutare le persone ex post, cioè successivamente
ai fatti, e non come voluto dai principi di diritto internazionale e nazionale,
che sia prevista già una pena al momento in cui il crimine viene commesso.
D. – Ma è possibile creare un
intero Codice penale di guerra in meno di tre anni?
R. – Ci sono alcune norme già
esistenti e c’è lo statuto della Corte penale internazionale, che è stato
approvato nel 1998 ed è entrato in vigore qualche anno dopo. Tuttavia, gli
Stati Uniti non hanno ratificato lo Statuto e quindi essi procedono, come hanno
fatto in tutto il settore dei diritti umani, in maniera autonoma.
D. – Cosa verrà imputato ai
presunti seguaci di Al Qaeda in particolare?
R. - Suppongo che siano accusati
di atti di terrorismo, perché non si può parlare di crimini di guerra in senso
tecnico. Gli atti di terrorismo possono essere puniti, tutto sta a vedere come
vengono valutati.
D. – In particolare questi
prigionieri sono ex Talebani o seguaci dei Taleban in Afghanistan. In questo
caso, cosa è previsto?
R. – In Afghanistan addirittura
non c’era uno Stato. La situazione che si è prospettata è stata comunque quella
di giudicarli. Anche per gli Stati che non hanno aderito alle Convenzioni
internazionali ormai c’è una tendenza all’affermazione dei diritti umani e
quindi ad assicurare un giusto processo, in cui si conoscano esattamente i capi
di accusa, e un diritto alla difesa.
D. - Sui processi di Guantanamo
quanto pesano le elezioni presidenziali di novembre negli Stati Uniti?
R.
– Negli Stati Uniti c’è una specie di interfaccia tra politica internazionale e
politica interna. In vista delle presidenziali, Bush desidera rafforzare, nei
confronti degli avversari, la sua posizione in ogni modo, perché punta alla
rielezione. Se si dimostra un presidente particolarmente forte, deciso, capace
di tenere in mano la situazione, appare come vincente. Se invece risultasse che
l’opinione pubblica statunitense vive questo processo in maniera dissenziente
rispetto all’opera presidenziale, allora potrebbe prospettarsi anche una
sconfitta dell’attuale amministrazione.
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SI CELEBRA OGGI LA GIORNATA INTERNAZIONALE
PER LA COMMEMORAZIONE DELLA TRATTA SCHIAVISTA E DELLA SUA
ABOLIZIONE
- Interviste con Giovanni Puglisi e con padre Alex
Zanotelli -
Per ricordare l’insurrezione degli schiavi avvenuta a Santo
Domingo nella notte tra il 22 e il 23 agosto del 1791, che ebbe un ruolo
cruciale per l’abolizione della tratta transatlantica, si celebra oggi, sotto
l’egida dell’UNESCO, la Giornata internazionale per la commemorazione della
tratta schiavista e della sua eliminazione. Ma oltre all’orrore per quanto la
piaga della schiavitù ha storicamente prodotto, si deve anche sottolineare il
dramma delle moderne forme di sfruttamento nella società contemporanea. Con il
fiorire di nuove rotte migratorie il fenomeno della schiavitù continua,
infatti, ad essere presente nelle società attuali in molteplici e tragiche
tipologie, quali lo
sfruttamento sessuale e lavorativo e l’impiego di bambini soldato in azioni di
guerra. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
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(musica)
Richiamare il ricordo di una realtà lungamente occultata o
sconosciuta attribuendole la giusta collocazione nella coscienza degli uomini
ma anche far riflettere sulle attuali forme di sfruttamento. E’ il duplice
obiettivo della Giornata che commemora
l’abolizione della tratta degli schiavi, una tra le più grandi tragedie
della storia dell’umanità ma anche una ferita del nostro tempo. Dopo la caduta della cortina di
ferro e l’allargamento dell’Unione Europea, la mappa migratoria mondiale, un
tempo basata soprattutto sulla logica coloniale, appare oggi come una complessa
intersezione di punti, linee e frecce che alimentano un groviglio di speranze
ed opportunità ma anche l’orrore dello sfruttamento e della miseria. Sul
significato dell’odierna Giornata, che assume particolare rilievo quest’anno perché
il 2004 è stato proclamato dalle Nazioni Unite “Anno internazionale per la
commemorazione della lotta contro la schiavitù e della sua abolizione”,
ascoltiamo il presidente della Commissione nazionale italiana per l’UNESCO,
prof. Giovanni Puglisi:
R. - E’ importante perché nel mondo contemporaneo abbiamo
abolito alcune forme tradizionali di schiavitù, ma nuove forme si sono
riproposte sempre più drammaticamente.
D. - Qual è oggi il rapporto tra nuove tecnologie e moderne
forme di schiavitù?
R. - L’incremento dei linguaggi tecnologici e informatici
innesta delle grandi aspettative anche nel mondo non occidentale, per cui genti
di Paesi lontani si convincono che in questo nostro mondo tutto sia bello e
buono. Da qui scaturiscono, poi, nuove forme di schiavitù.
Sulla relazione che intercorre tra globalizzazione e
migrazione e le moderne dimensioni di sfruttamento, ascoltiamo il missionario
comboniano, padre Alex Zanotelli:
R. – Il fenomeno della globalizzazione è stato assunto da
forze economico-finanziarie e gestito in proprio, a favore del mercato, del
denaro e della finanza. Non abbiamo più l’uomo, ma nuove forme di sfruttamento
e di emarginazione, perché l’importante oggi è il profitto a qualsiasi costo.
D. – Padre, come affrontare allora il fenomeno della
schiavitù, presente nella società contemporanea?
R. - Dobbiamo renderci conto che in questo mondo dobbiamo
viverci tutti. Non è più concepibile che poche persone vogliano accaparrarsi quasi
tutte le risorse. Dobbiamo assolutamente distribuire più equamente le ricchezze
di questo mondo.
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In base alle
stime fornite da diversi organismi internazionali, tra i quali l’UNICEF e
l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM), ogni anno circa 175
milioni di persone fuggono dai loro Paesi e tra queste oltre quattro milioni
sono vittime del traffico degli esseri umani, un drammatico fenomeno che frutta
almeno cinque miliardi di euro l’anno.
ALLE
OLIMPIADI DI ATENE SPLENDE LA STELLA DELL’INTRAMONTABILE
YURI
CHECHI, MA AI GIOCHI RESTA SEMPRE GRAVE IL PROBLEMA DOPING
- Interviste con Roberto Zichittella e Antonio Dal
Monte -
Ad Atene 2004 soddisfazione in
tutto il movimento olimpico per la medaglia di bronzo ottenuta ieri sera dal
ginnasta italiano, Yuri Chechi, nella specialità degli anelli, dopo otto anni
di inattività per gravi problemi fisici. Ma purtroppo, il successo di pubblico
e soprattutto televisivo ottenuto dai Giochi non cancella lo scandalo doping.
Ne hanno fatto le spese vari atleti ellenici ed anche la russa, Irina Korzhanenko,
vincitrice della prova di lancio del peso femminile, espulsa dai Giochi e
privata dell'alloro conquistato venerdì scorso nell'antico stadio di Olimpia.
Da Atene il servizio di Roberto Zichittella:
**********
I Giochi olimpici di Atene sono
entrati nell’ultima settimana e purtroppo si parla ancora di doping. Il caso
della Korzhanenko si aggiunge a quelli che
nei giorni scorsi hanno coinvolto gli atleti greci Kenteris, Thanou e Sampanis.
A quest’ultimo, che avrebbe fatto uso di testosterone, è stata tolta la
medaglia di bronzo vinta nel sollevamento pesi. Sul piano sportivo il
medagliere è ora guidato dalla Cina, dagli Stati Uniti, seguiti dal Giappone e
dall’Australia. L’Italia fino a questo pomeriggio ha vinto un totale di 19 medaglie,
di cui sette d’oro. Nella prima settimana dei Giochi l’ha fatta da padrone il
nuoto. Nella piscina di Atene sono stati battuti ben 8 record mondiali e 19
record olimpici. Come previsto, il re delle gare di nuoto è stato Michael
Phelps. Il 19.enne atleta statunitense di Baltimora ha vinto ben 6 delle 12
medaglie d’oro conquistate dagli Stati Uniti nelle gare natatorie. Resta così
imbattuto il record di 7 medaglie d’oro individuali, vinte dal nuotatore
americano Mark Spitz a Monaco nel 1972.
Roberto Zichittella, da Atene,
per la Radio Vaticana.
**********
Sul tema doping Giancarlo La
Vella ha raggiunto telefonicamente ad Atene il prof. Antonio Dal Monte, docente
di fisiologia umana e Medicina dello Sport:
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R. – Mi sembra
di capire che nel mondo dello sport tuttora si cerchi più di eludere i controlli
antidoping che evitare l’assunzione di sostanze proibite. E’ una cosa che mi fa
stare male. C’è da dire però che, rispetto a altre Olimpiadi, si sono fatti
degli enormi passi avanti in positivo, nel numero dei controlli e soprattutto
negli esami che vengono fatti. C’è però una nota negativa terribile: queste
Olimpiadi si svolgono dopo la constatazione che per la prima volta sono state
create delle sostanze per migliorare le prestazioni fisiche e non per curare.
Mi spiego, fino ad ora tutte le sostanze proibite erano state date agli atleti
a sproposito, ma erano nate come farmaci importanti per far fronte a malattie;
alcune, tipo la eritropoietina, sono dei veri e propri salvavita, come d’altra
parte lo sono anche gli ormoni. Ma questa volta sono riusciti a creare un falso
ormone che non ha lo scopo di curare un bel niente, ma solo di alterare le
prestazioni. Voi potreste dire: “Ma si prendono tanti ormoni, prenderne uno in
più…?!”. Beh, c’è una grossa differenza. Quelli che uno può prendere in
farmacia sono stati testati. In questo caso, invece, chiunque, e parlo di
chimici di una certa esperienza, possono con pochi mezzi creare degli ormoni o
altre sostanze dopanti e somministrarle agli atleti, senza che ci sia nessun
controllo sulla loro pericolosità e tossicità. Questo per me è estremamente
grave.
D. – Un ultimo aspetto, questa
volta credo positivo: il bronzo del 34.enne Yuri Chechi indica che negli atleti
c’è una “longevità” che soltanto fino a qualche decennio fa non esisteva?
R. – Questo è verissimo. Gli
allenamenti sono di una durezza unica e mettono a dura prova le strutture
corporee. Emergono, dunque, quelli che sono più bravi, più talentuosi e molti
di essi riescono ad essere molto “longevi” dal punto di vista sportivo.
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HANNO TROVATO ECO NEI PRIMI DIBATTITI LE PAROLE
CHE IL PAPA HA RIVOLTO IERI
AI PARTECIPANTI AL MEETING PER L’AMICIZIA TRA I
POPOLI.
E’ ENTRATA NEL VIVO LA 25.MA EDIZIONE DI UN
APPUNTAMENTO CHE
– SCRIVE IL PAPA – “ANIMA E ARRICCHISCE L’ESTATE
ITALIANA”
- Servizio di Luca Collodi -
Hanno avuto subito eco nei primi
dibattiti, le parole che il Papa ha rivolto ai partecipanti al Meeting per
l’amicizia tra i popoli che si è aperto ieri. Si tratta della 25.ma edizione
del “tradizionale appuntamento che - ha scritto il Papa - anima e arricchisce
di contenuti l’estate italiana”. Ascoltiamo il nostro inviato a Rimini, Luca
Collodi:
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Il Papa è ritornato a Rimini:
l’attesa per le sue parole era la stessa di 22 anni fa quando, il 29 agosto
dell’’82, visitò il Meeting a testimoniare, come scrive oggi il quotidiano del
festival, ‘un’amicizia che non finisce’. La sfida cristiana, certe idee di
progresso ed il ‘no’ alla clonazione umana hanno emozionato il popolo di CL
che, in un serrato dialogo a tutto campo con ministri, politici, sindacalisti,
vescovi, missionari e religiosi, prova a raggiungere la meta della conoscenza
di Dio attraverso l’esperienza umana. La giornata di oggi vede la presenza di
numerose personalità: si parla di terrorismo islamico con Maghdi Allam, che
invita alla massima fermezza nei confronti dei “burattinai del terrorismo” che
lo utilizzano a scopo di potere e alla massima apertura verso l’islam in Occidente.
Ma è l’ambiente a caratterizzare questa seconda giornata con la proposta del
fisico Rubbia, presidente dell’ENEA e Nobel per la fisica ’84, di utilizzare
l’1 per cento delle entrate fiscali sul consumo energetico per finanziare la
ricerca di energie alternative al petrolio. Presentato anche il libro di don
Oreste Benzi, ‘Il diario di Sandra’, una giovane romagnola della Comunità
Giovanni XXIII uccisa da un’auto di un tossicodipendente. Don Benzi ha
sottolineato come per i giovani di oggi il problema non sia il male che c’è al
mondo, ma il bene che non c’è. “C’è bisogno di un popolo – ha detto – che
testimoni il bene al mondo”. Una testimonianza forte, arrivata al Meeting
dall’incontro tra Francesca Mambro, già esponente dell’estrema destra italiana e
Nadia Mantovani, ex brigatista rossa, oggi impegnate entrambe a tempo pieno per
gli altri. Ed anche quest’anno il Meeting sembra accreditarsi come evento capace
di unire il successo della comunicazione religiosa al ritorno economico. Sono
215 le aziende che hanno sponsorizzato l’edizione in corso per un totale di
oltre 4 milioni di euro.
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MONDO
DELL’ARTE SOTTO CHOC: CONFERMATO IL FURTO DAL MUSEO DI OSLO
DELL“URLO”
E DELLA “MADONNA” DI MUNCH
-
Intervista con il prof. Bruno Toscano -
Mondo
dell’arte sotto choc. Ieri a Oslo uomini armati hanno rubato dal museo della
città “L'urlo” e la “Madonna”, i due capolavori del padre dell’espressio-nismo,
Munch. Il servizio da Oslo di Vincenzo Lanza:
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Per gli esperti della polizia
norvegese, il furto dei due capolavori, dipinti nel 1893 dal maestro
dell’Espressionismo norvegese, Edward Munch, potrebbe essere opera di ladri
dilettanti, ma anche di incalliti professionisti specializzati in furti su
commissione di opere d’arte. Verso mezzogiorno di ieri, tre individui
mascherati con passamontagna e pistola alla mano hanno staccato dalle pareti i
due famosi quadri. Sono riusciti a fuggire a bordo di un’auto guidata da
complici. La vettura ed alcuni pezzi di cornice sono stati ritrovati poco tempo
dopo nel centro di Oslo. Notevoli le critiche per la scarsa protezione riservata
alle opere d’arte. Severo l’atteggiamento del ministro per la cultura, la
signora Valgad Swarstad Haugland,
nei confronti dello stesso comune di Oslo, proprietario e responsabile del
Museo Munch dal quale sono stati trafugati i due quadri.
Per la Radio Vaticana, Vincenzo
Lanza.
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L’immagine del “Grido” di Munch
è rappresentativa di un sentire comune di un’epoca, quella di fine 800, in cui
è nata? Roberta Moretti lo ha chiesto al professor Bruno Toscano, docente di
Storia dell’arte moderna all’Università Roma Tre:
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R. – Direi proprio di sì. In
quel decennio si sviluppa la cultura e la sensibilità del simbolismo in una
direzione che poi, nei primi anni del secolo successivo, sboccherà
nell’espressionismo. Però, qui le fonti sono proprio di natura simbolista: le
fonti dell’“Urlo”, diciamo che sono francesi, cioè, notoriamente, Munch era un
ammiratore di Gauguin. E prende questo straordinario senso della linea, del
flusso vitale, cui unisce questo colore molto emozionante ed emozionale ... Il
“Grido”, da questo punto di vista, in qualche modo, è proprio estremamente
emblematico di questo passaggio tra simbolismo e espressionismo. Ma a me sembra
che si sia esagerato un po’ troppo sull’aspetto istintuale, insomma, impetuoso
di Munch. Munch è un elaboratore, in qualche modo, persino freddo di quello che
fa, quindi questa interpretazione esclusivamente ossessiva ed esistenzialmente
turbata va però messa insieme con un riconoscimento di un metodo di lavoro che
era un metodo di lavoro molto elaborato, tant’è vero che, per esempio,
dell’“Urlo” ci sono diverse versioni ...
D. – Questa rappresentazione
dell’angoscia del tempo che vive, può essere anche una rappresentazione di
un’angoscia individuale?
R. – Bè, sì, è stata sempre
interpretata così; poi, la vicenda umana di Munch è una vicenda turbata, una
vicenda che fa i conti con le cure psichiatriche, con i manicomi, come tutti
sappiamo. Però, ecco, io non credo che poi si debba sempre un po’ deterministicamente
leggere la pittura sulla falsariga di una specie di biografia del ‘giorno per
giorno’. L’artista, poi, quando lavora e quando fa capolavori come il “Grido”,
ha bisogno anche di grandi pause di serenità. Prima usavo il termine, addirittura,
di freddezza, di elaborazione attenta e quasi meticolosa ... Cioè, si legge un
po’ troppo sapendo quello che verrà dopo. E siccome nel 1905 scoppierà
l’espressionismo, allora Munch viene letto come precursore. C’è anche questo
aspetto, non c’è dubbio, ma c’è anche un aspetto di capacità di lavoro, non
semplicemente di una specie di aggressione istintuale al quadro, come qualche
volta è stata interpretata.
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23 agosto 2004
E’ IL MONITO LANCIATO DAL NUOVO VESCOVO DI HARARE.
NELLO ZIMBABWE DA TEMPO E’ CRITICO IL CLIMA TRA
GOVERNO E OPPOSIZIONE
HARARE.
= “Sono qui per riconciliare. Cercherò in tutti i modi di portare la gente a
lavorare insieme”. Sono le parole espresse dal nuovo arcivescovo metropolita di
Harare, capitale dello Zimbabwe, mons. Robert Ndlovu, durante una cerimonia
officiata nella cattedrale dinanzi a migliaia di fedeli, incluso il presidente
Robert Gabriel Mugabe e la consorte. Il presule ha fatto anche riferimento alla
crisi politica in corso nel Paese, dove il rapporto tra il governo del
presidente Mugabe e l’opposizione guidata dal partito “Movimento per il
cambiamento democratico” (Mdc) si è fatto negli ultimi anni molto teso. “Non dobbiamo
permettere – ha aggiunto mons. Ndlovu – che diverse convinzioni politiche ci
dividano”. Pur avendo espresso considerazioni critiche nei confronti di alcuni
esponenti della Chiesa, ritenuti troppo vicini all’opposizione, l’ottantenne
presidente zimbabwano ha espresso la speranza di un futuro diverso. “Utilizzerò
la finestra apertami dal presidente per parlare con lui – ha concluso il nuovo
vescovo di Harare, raccogliendo l’invito al dialogo di Mugabe – e se sarò
testimone di abusi andrò a parlarne direttamente con lui”. Nominato arcivescovo
Metropolita di Harare lo scorso 10 giugno, mons. Robert Christopher Ndlovu, 48
anni, originario della zona occidentale dello Zimbabwe, era stato in precedenza
vescovo di Hwange. (B.C.)
VERRA’ VOTATO IN GIORNATA IL DOCUMENTO
CONCLUSIVO DELL’OTTAVA ASSEMBLEA PLENARIA DELLA FEDERAZIONE DELLE CONFERENZE
EPISCOPALI ASIATICHE.
AL CENTRO DEI LAVORI LA CONDIZIONE
DELLA FAMIGLIA NEL CONTINENTE
SEOUL. = Giornata conclusiva oggi a Daejeon, in Corea del Sud, per
l’ottava Assemblea plenaria della Federazione delle Conferenze episcopali
asiatiche (FABC). I partecipanti ai lavori sono impegnati nello studio del
documento conclusivo, aggiornato con il recente scritto del cardinale Joseph
Ratzinger, “Lettera ai vescovi sulla collaborazione dell’uomo e della donna
nella Chiesa e nel mondo”. Nei giorni scorsi – riferisce l’agenzia Asianews –
si sono svolti diversi gruppi di lavoro, organizzati in base alla provenienza
regionale e linguistica dei delegati, sul tema: “La famiglia asiatica verso una
cultura della vita”. Particolarmente interessante quello dedicato a
“dialogo interreligioso e famiglia”. “È stata un’ottima possibilità il dialogo
attivo con vescovi e altre persone su questo argomento”: affermano Kalpesh e
Astrid Lobo Gajiwala, una coppia di sposi indiani. Astrid Lobo è cattolica,
Kalpesh invece indù: “Siamo stati invitati a portare la nostra testimonianza di
coppia “mista”. Abbiamo apprezzato molto la disponibilità dei vescovi ad
ascoltarci”. I matrimoni fra persone di diversa religione, infatti, sono sempre
di più una sfida pastorale per la Chiesa asiatica. Il documento di lavoro parla
dei matrimoni interreligiosi come occasioni di “dialogo di parole, amore e
vita”. (B.C.)
SCANDAGLIARE
LE SFIDE IN TEMA DI SCIENZE BIOLOGICHE:
E’
L’OBIETTIVO DELL’11.MA SESSIONE DEL COMITATO INTERNAZIONALE DI BIOETICA
DELL’UNESCO, DA OGGI IN FRANCIA. ALL’INCONTRO PRENDONO PARTE
ANCHE
ALCUNI ESPONENTI DI DIVERSE RELIGIONI
PARIGI. = Oggi e domani a Parigi
si svolgerà l’undicesima sessione del Comitato internazionale di bioetica
dell’UNESCO. L’incontro mira a fare il punto sul processo di elaborazione della
futura “Dichiarazione” circa alcune norme universali in materia di bioetica.
Dopo l’apertura dei lavori, da parte del direttore generale dell’UNESCO e
presidente del Comitato, la canadese Michèle S. Jean, saranno sentiti nel corso
del pomeriggio i rappresentanti di diverse tradizioni religiose, che esporranno
le rispettive posizioni sulle sfide poste dal progresso delle scienze
biologiche. Nella giornata di domani è prevista la presentazione della bozza
del testo da parte del Gruppo di redazione, con un successivo momento di
dibattito. (B.C.)
MIGLIAIA DI FEDELI HANNO PARTECIPATO
QUESTA MATTINA A MILANO AL FUNERALE
DI FRATEL ETTORE. L’AMICO DEGLI ULTIMI
SI E’ SPENTO VENERDI’ SCORSO,
DOPO UNA LUNGA MALATTIA
MILANO. = “Alla nostra Chiesa di
Milano, fratel Ettore ha offerto una preziosa testimonianza di grande umiltà,
di dedizione disinteressata, di coraggio, di fede straordinaria e di continua
preghiera, di illimitata fiducia nella Provvidenza e di singolare amore e
devozione alla Madonna”. Con queste parole, nel corso dell’omelia della messa
esequiale, il cardinale Dionigi Tettamanzi, arcivescovo di Milano, ha ricordato
la figura di fratel Ettore, il frate camilliano morto venerdì scorso a 76 anni,
dopo una lunga malattia. Sono migliaia le persone accorse questa mattina alla
Basilica di Sant’Ambrogio per recare l’ultimo saluto al religioso, che ha speso
tutta la propria esistenza a favore dei più poveri. “La morte
di fratel Ettore – ha proseguito il porporato – è motivo di riflessione. In questi giorni più d’uno, riferendosi
all’esperienza caritativa e alle molteplici opere di fratel Ettore, ha invocato
che la sua eredità non vada dispersa, ma scrupolosamente raccolta e
continuata”. “Ma, forse – ha aggiunto – questa è la stessa eredità che, per
primo, fratel Ettore ha chiesto a piene mani dalla Parola di Dio, luce e forza
della sua vita, nei suoi gesti grandi e piccoli, noti e sconosciuti”. “A fratel
Ettore – ha concluso il cardinale Tettamanzi – che non si è mai risparmiato nel
dare il cibo e la casa a tanti poveri, Dio doni il cibo che non perisce, quello
della vita eterna, e doni la sua casa, ossia il suo stesso cuore, come luogo di
protezione, di amore e di beatitudine”. (B.C.)
SCIOPERO DELLA FAME IERI IN DIVERSE CARCERI
ITALIANE.
LA PROTESTA ORGANIZZATA PER CHIEDERE UN GESTO DI
CLEMENZA
IN CONSIDERAZIONE DEL SOVRAFFOLLAMENTO E DELLE
DIFFICILI CONDIZIONI
NEGLI ISTITUTI DI DETENZIONE
ROMA. = Le detenute di tutte le
sezioni della Casa Circondariale Femminile di Rebibbia hanno organizzato ieri,
insieme con i detenuti di molte carceri italiane, una protesta pacifica per
solidarietà con i detenuti del carcere romano di “Regina Coeli” e per chiedere
nuovamente un gesto di clemenza, in considerazione del sovraffollamento e delle
difficili condizioni in cui versano molte carceri italiane. Le detenute
capitoline hanno scelto di protestare con uno “sciopero del vitto”, rinunciando
cioè al vitto dell’Amministrazione Penitenziaria. Il frutto della rinuncia è
stato donato alla Comunità di Sant'Egidio perché venisse distribuito ai poveri.
Carico del gesto di solidarietà, il furgoncino dell’Organizzazione è partito da
Rebibbia e ha raggiunto tutte le case alloggio della Comunità: Magna Grecia,
via Anicia, via della Cisterna, Palazzo Leopardi, via Sacchi, via Fonteiana e
infine la Mensa di Via Dandolo. In serata anche alcuni barboni romani hanno
beneficiato della distribuzione dei pasti. (B.C.)
LA CULTURA E L’ARTE BOEMA
SBARCANO IN SICILIA.
DAL 9 SETTEMBRE PROSSIMO IL MUSEO DIOCESANO DI
CALTANISSETTA
OSPITERA’ CIRCA 150 OPERE DI ARTE SACRA
PROVENIENTI DA PRAGA
CALTANISSETTA.
= “Bohemia Sancta”: è il titolo della mostra che verrà ospitata dal 9 settembre
al 10 ottobre prossimi dal Museo diocesano di Caltanissetta. L’esposizione costituisce
il primo scambio culturale tra la Sicilia e un Paese dell’Europa Centrale.
Organizzata dalla Soprintendenza per i Beni culturali e ambientali di
Caltanissetta, dalla Galleria regionale di palazzo Bellomo di Siracusa e dal
Museo nazionale di Praga, la rassegna presenterà circa 150 opere, provenienti
soprattutto dalle collezioni del Museo di Praga. Dopo due recenti mostre allestite
a Padova nel 2001 e a Roma nel 2002, il pubblico italiano e siciliano in particolare
avrà un’ulteriore opportunità per ammirare la cultura e l’arte boema. Le opere,
un terzo delle quali sono state restaurate per l’occasione, abbracciano otto
secoli di arte cristiana, che caratterizzano la Boemia dal Medioevo fino al
periodo barocco. La rassegna comprende oggetti sacri e laici in oro e argento,
dipinti, stampe, disegni, oggetti in vetro e metallo. Nel mese di ottobre, a
Praga verranno esposte opere di oreficeria siciliana. (B.C.)
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23 agosto 2004
- A cura di Amedeo Lomonaco e Rosa Praticò
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In Iraq gli attacchi della
guerriglia continuano a mietere vittime: un tecnico turco e due iracheni, che
lavoravano per un’impresa di costruzioni, sono rimasti uccisi a Tikrit ed un
filippino e un indonesiano dipendenti di una compagnia telefonica, sono morti a
Mossul. Una dura battaglia è scoppiata, inoltre, a Najaf dove furiosi
combattimenti sono avvenuti nelle immediate vicinanze del mausoleo dell’imam
Alì e dei luoghi sacri. Il nostro servizio:
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Aerei militari americani hanno
nuovamente attaccato, questa mattina, postazioni dei seguaci del leader
religioso estremista Moqtada al-Sadr: tra gli obiettivi colpiti figura anche il
cimitero cittadino. E nella notte il centro storico della città santa è stato
colpito da bombardamenti dell’aviazione statunitense. Il raid è scattato dopo
che i carri armati americani sono arrivati a 800 metri dal mausoleo di Alì dove
sono asserragliati gli uomini del giovane imam. Un portavoce di al-Sadr ha
dichiarato che il muro esterno della moschea è stato centrato da colpi di mortaio. Ma
secondo fonti locali il controllo del tempio continua ad essere nelle mani dei
miliziani e per il momento resta vano anche il tentativo di mediazione dell’ayatollah
al-Sistani per l’evacuazione del mausoleo. E per mettere fine ai
combattimenti a Najaf la Malaysia, che è presidente di turno
dell’Organizzazione della Conferenza islamica (OCI), ha chiesto oggi un
intervento dell’Onu. Sul fronte ostaggi, si deve sottolineare la liberazione,
avvenuta ieri pomeriggio, del giornalista americano Michael Garen, rapito a
Nassiriya lo scorso 16 agosto. Continua invece ad essere avvolta dal mistero la
sorte dell’italiano Enzo Baldoni, corrispondente della rivista ‘Diario’ di cui
non si hanno più notizie da quattro giorni e di due giornalisti francesi di
‘Radio France’ e del quotidiano ‘Le Figaro’ scomparsi venerdì scorso.
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Resta
alta la tensione in Medio Oriente. Stamani un palestinese è stato ucciso a
Rafah, nel sud della Striscia di Gaza, da militari dell’esercito israeliano.
Proseguono, intanto, i negoziati per il ritiro israeliano dalla Striscia di
Gaza. Oggi, infatti, iniziano i colloqui dei delegati dell’Autorità Nazionale
Palestinese con la Banca Mondiale sulle questioni economiche e amministrative
del piano di disimpegno.
Tornano a complicarsi i negoziati
sulla crisi nucleare nordcoreana, che sarebbero dovuti riprendere il mese
prossimo a Pechino. Il ministero degli Esteri di Pyongyang li ha definiti “del
tutto inutili”, a causa della posizione intransigente degli Stati Uniti, ed in
particolare dell’atteggiamento del presidente americano, George Bush, accusato
di aver calunniato il governo di Kim Jong Il. Il servizio di Chiaretta Zucconi:
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La Nord Corea ha definito il
presidente americano Bush come “un tiranno sciocco, peggiore di Adolf Hitler”,
e dichiarato di non avere alcun motivo di continuare i colloqui multilaterali
sulla crisi nucleare con l’attuale amministrazione di Washington. I prossimi
negoziati a sei si sarebbero dovuti tenere a Pechino alla fine di settembre, ma
la dichiarazione del governo nordcoreano, pubblicata questa mattina
dall’Agenzia di stampa ‘Korean Central News Agency’, non fa sperare nel
dialogo. Cosa avrebbe provocato l’ira di Pyongyang? Difficile dirlo. Mercoledì
scorso, durante la sua campagna elettorale nel Wisconsin, Bush aveva dichiarato
di voler chiedere l’aiuto di altre nazioni per convincere la Nord Corea al
disarmo nucleare. Un chiaro riferimento quello di Bush ai colloqui a sei, cui
partecipano oltre agli Stati Uniti e alla Nord Corea anche Cina, Russia,
Giappone e Corea del Sud. Tuttavia, forse, non bisogna lasciarsi ingannare
dalla retorica di Pyongyang. Spesso i suoi ‘no’ significano ‘sì’. In altre
parole il regime comunista potrebbe decidere di sedersi al tavolo dei negoziati
all’ultimo momento, magari uno o due giorni prima della fine di settembre, una
tattica già utilizzata in passato per ottenere di più in termini di risultati
economici. Oppure Pyonyang vuole aspettare semplicemente i risultati delle
elezioni americane di novembre per tornare al tavolo negoziale, una volta
eletta la nuova amministrazione americana.
Per Radio Vaticana, Chiaretta
Zucconi.
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Sesto
giorno di assedio a Katmandu, capitale del Nepal, accerchiata dai guerriglieri
maoisti. Ieri l’esercito ha inviato mezzi e uomini per scortare i rifornimenti
alimentari, mentre le scorte di carburante stanno finendo. Dopo lo sciopero di
ieri, che ha visto 5 mila persone in strada per chiedere la fine dell’assedio,
oggi la città è pattugliata dalle forze di sicurezza, che stanno cercando di
far riprendere la circolazione.
E c’è
tensione anche in Thailandia, dove si intensificano gli attentati dei gruppi
separatisti islamici del sud. Dopo le esplosioni di due giorni fa, che hanno
provocato 11 feriti, la polizia ha disinnescato stamattina un altro ordigno,
nella città di Yala: una bomba di 3 kg e mezzo di esplosivo, scoperta dentro il
serbatoio di una motocicletta parcheggiata nei pressi di un grande albergo.
In Cina il virus della
cosiddetta influenza aviaria sarebbe stato scoperto nei suini già nel 2003. Lo
ha dichiarato stamani il ministero dell’agricoltura cinese smentendo la notizia
diffusa in un convegno svoltosi a Pechino secondo cui anche quest’anno
sarebbero stati infettati i maiali. Intanto si intensificano i controlli in
Vietnam dove le autorità hanno predisposto l’invio di un’equipe di 12
specialisti nelle aree più a rischio. In Malaysia i test condotti sui sette
pazienti isolati la settimana scorsa hanno dato esito negativo.
Per
promuovere la pace nella martoriata regione sudanese del Darfur, si aprono oggi
i colloqui di pace ad Abuja, in Nigeria, tra il governo di Khartoum ed i
movimenti ribelli. Partecipano ai negoziati anche Ciad, Eritrea, Repubblica
democratica del Congo e Libia. Un primo passo verso la soluzione della crisi nella
regione sudanese è stato compiuto, intanto, con l’intesa raggiunta ieri tra il
governo di Khartoum e le Nazioni Unite, un accordo che mira ad individuare i responsabili
delle violenze interetniche commesse in Darfur. Sul significato di questa
intesa, ci riferisce Giulio Albanese:
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Il governo di
Karthoum ha riconosciuto per la prima volta che i diritti umani sono stati
violati nel Darfur, la regione occidentale del Sudan, dove la guerra civile tra
milizie arabe armate e popolazione locale africana ha provocato una catastrofe
umanitaria con oltre un milione e 200 mila sfollati. Una lista di 30 miliziani
arabi filo governativi, Janjaweed, accusati di crimini contro i civili ed in particolare
di stupri contro donne profughe, è stata consegnata dal ministro della
giustizia sudanese, Ali Mohammed Osman Yassin,
all’osservatore internazionale della Commissione delle Nazioni Unite per i
diritti dell’uomo, Ghaneen Emanuel Akoy. Si tratta di
una decisione certamente importante nel delicato cammino di pacificazione nazionale.
La consegna della lista, in cui figurano due poliziotti incriminati per aver
incendiato villaggi e due esponenti della difesa popolare accusati di stupri,
avviene ad una settimana dalla scadenza dell’ultimatum imposto dalle Nazioni
Unite a Karthoum, affinché venga riportato l’ordine nella regione del Darfur. Intanto,
sono giunti ieri pomeriggio in Nigeria le delegazioni dei due movimenti ribelli
sudanesi, il JEM e il Sudan Liberation Army, in vista di colloqui di pace sotto
l’egida dell’Unione Africana. Un appuntamento giudicato importante dalla
maggioranza degli osservatori.
Per la Radio Vaticana, Giulio
Albanese.
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