RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n.
232 - Testo della trasmissione di giovedì 19 agosto 2004
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO
Nasce il governo di transizione
della Somalia: intervista con Domenico Quirico
CHIESA E SOCIETA’:
Accusato l’ex-maggiore
dell’esercito cileno per l’omicidio di un sacerdote spagnolo nel 1973
Inaugurate
a Loreto due mostre di Azione Cattolica sui misteri del Rosario
Morto
Elmer Bernstein, il compositore dei colossal di Hollywood.
In Iraq si riaccende la violenza: 5 morti e 21 feriti a Najaf. Sul fronte politico, proseguono i negoziati tra il governo iracheno e il leader sciita al-Sadr
La crisi tra Burundi, Rwanda e Congo al centro del Consiglio di sicurezza dell’ONU
In Nepal i ribelli maoisti hanno isolato la capitale Katmandu dal resto del Paese.
19 agosto 2004
LA
REGALITA’ DI DIO CHE LIBERA DA TUTTE LE PSEUDO SIGNORIE UMANE:
TORNIAMO A RIFLETTERE SULLA CATECHESI IERI DI
GIOVANNI PAOLO II ALL’UDIENZA GENERALE
“Il
Messia, re e sacerdote”: un Inno messianico, il Salmo 109, commentato ieri dal
Papa all’Udienza generale che ne ha ribadito la lettura cristologica. Salmo -
ha detto riprendendo le parole di Sant’Agostino – “vera e propria profezia delle
promesse divine nei confronti di Cristo”. Ma qual è il cuore di questa profezia
e come si rinnovano queste promesse per gli uomini di oggi? Roberta Gisotti lo
ha chiesto a mons. Mauro Cozzoli, docente di Teologia morale alla Pontificia
Università Lateranense:
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R. – Il
nucleo centrale di questa profezia sta nell’identità di Cristo, identità regale
e sacerdotale. Gesù Cristo è tale da sempre. Il volto legale: Gesù è colui che
è venuto ad annunziare, a portare, a realizzare il Regno di Dio sulla terra. Il
volto sacerdotale: chi è il sacerdote? Il sacerdote è colui che porta la grazia
liberatrice, redentiva e quindi colui che viene a salvare, a portarci la
santità di Dio. Tutto questo ha una validità sempre per tutti i tempi. Cristo è
re e sacerdote in ogni momento, sempre nel presente della nostra storia.
D. - Diceva ancora Sant’Agostino che questo Salmo,
giustamente, annuncia la nascita di Cristo, la Sua morte e risurrezione,
perché, sopravvenendo tutto ciò all’improvviso, “non facesse spavento, ma fosse
piuttosto accettato con fede e atteso”. Ciò vuol dire anche, mons. Cozzoli, che
la scoperta di Cristo per ogni uomo, anche ai nostri giorni, può essere
sconvolgente se non ci disponiamo a riconoscerlo?
R. – Chiaramente è il Cristo e Dio che viene all’uomo. E
Dio sconvolge sempre nella sua imprevedibilità e nella sua incalcolabilità. Le
vie di Dio non sono le nostre vie. I Suoi pensieri non sono i nostri pensieri.
Dio, per essere tale, non può non sconvolgerci. Dio, attraverso Cristo,
attraverso l’annuncio che di Cristo fa la Chiesa, continua a farsi storia nel
nostro oggi, nella nostra vita. E’ la Chiesa che rende presente Cristo
nell’oggi dell’umanità, di tutti quanti gli uomini e lo rende presente - ci ha
detto il Papa in questo discorso - come colui che porta la regalità di Dio, la
vera signoria, perché è quella liberatrice da tutte le pseudo regalità, le
pseudo signorie umane. E poi, Lui è il sacerdote, colui che viene ad abbattere
i muri e viene a creare ponti. E Dio sa quanto l’umanità di oggi abbia bisogno
di questa liberazione che davvero dischiuda agli uomini la speranza più grande,
la speranza di Dio.
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Apre
la prima pagina la situazione in Iraq: le truppe statunitensi occupano Sadr
City, il grande quartiere sciita di Baghdad.
Ultimatum
del Governo ad Al Sadr affinché deponga le armi e lasci, con le sue milizie,
Najaf.
Nelle
vaticane, due pagine dedicate alla celebrazione della solennità dell'Assunzione
della Beata Vergine Maria.
L'Omelia
della Santa Messa in memoria di Alcide De Gasperi celebrata dal cardinale
Giovanni Battista Re nel Duomo di Trento.
Nelle
estere, Kenya: su milioni di persone incombe la morte per sete.
Nella
pagina culturale, un articolo di Armando Rigobello su un recente saggio dedicato
alla "razionalità della fede".
Nelle
italiane, in primo piano il tema delle riforme.
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19 agosto 2004
CHIUSO IL PROCEDIMENTO GIUDIZIARIO NEI CONFRONTI DI SHARON.
SUL FRONTE PALESTINESE, NO
ALLA PROPOSTA DI SOSPENSIONE DELL’ATTIVITA’ DEL PARLAMENTO IN ATTESA DELLE
RIFORME DI ARAFAT.
INTANTO, CRESCE LA PROTESTA
NELLE PRIGIONI ISRAELIANE
- Intervista con Jamil
Dakwar -
In
Medio Oriente la Corte Suprema israeliana ha convalidato oggi la decisione del
procuratore generale dello Stato, Menachem Mazuz, di chiudere il procedimento
giudiziario per corruzione nei confronti del premier Ariel Sharon. Il primo
ministro era stato coinvolto,
infatti, nello scandalo delle presunte tangenti per la costruzione di un
villaggio turistico in Grecia che sarebbe potuto costargli le dimissioni. Con
la definitiva archiviazione delle accuse, quindi, viene meno uno dei possibili
ostacoli al piano di ritiro dalla striscia di
Gaza e dalla Cisgiordania da lui proposto. Ma resta ancora lo scoglio
dell’opposizione interna al Likud, il partito del premier, che ieri ha respinto
il progetto per formare un governo di unità nazionale allargato
all’opposizione. Sul significato del voto, il servizio di Graziano Motta:
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E’ la conferma del rifiuto da
parte dei suoi della politica di disimpegno unilaterale dai palestinesi con il
ritiro di soldati e coloni dalla Striscia di Gaza e da alcuni insediamenti
della Cisgiordania, che egli pensava di realizzare con una diversa coalizione
di governo, cioè con l’appoggio dei laburisti. Ma a questa svolta la più alta
istanza del Likud ha detto ‘no’. La mozione sottoposta al Congresso
straordinario, che intendeva aprire il governo ai laburisti e ad altre forze
sioniste, è stata respinta con 796 voti contro 589. Non è valso l’accorato
appello alla responsabilità nazionale. Non è stato recepito il timore da lui
esplicitato del rischio di una guerra civile e di uno sgretolamento del Likud.
Adesso, secondo quanto affiora anche nei giornali di stamani, Sharon non ha che
da portare il Paese a nuove elezioni, ma egli, che non è costituzionalmente
tenuto a rispettare il voto del Congresso del partito, resta al timone del
Governo che - dice un comunicato della presidenza del Consiglio - intende
rafforzare e continuerà ad agire per portare a termine il suo piano di ritiro
dalla Striscia di Gaza entro il 2005.
Per Radio Vaticana, Graziano
Motta.
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Intanto,
sul fronte palestinese, è stata respinta di stretta misura la proposta, avanzata
da alcuni deputati, di sospendere le attività del parlamento fino a quando il
presidente Yasser Arafat non procederà alle riforme promesse. La mozione era
stata presentata da tredici parlamentari, dopo che ieri Arafat aveva respinto
la richiesta di procedere a cambiamenti profondi nell'Autorità nazionale. I
voti a favore sono stati 23, i contrari 24.
A
Rafah, nel sud della striscia di Gaza, un ragazzo palestinese è stato ucciso durante
un’incursione dei militari israeliani mentre negli attacchi di ieri sera contro
le fabbriche di missili Qassam il bilancio è di un ferito. E nelle prigioni israeliane
cresce di ora in ora il numero dei detenuti palestinesi che stanno attuando lo
sciopero della fame: su 3.800 reclusi, sono circa 2.300 quelli che rifiutano il
cibo, in segno di protesta contro le pessime condizioni di vita. Tracey McClure
ha raggiunto telefonicamente in Israele l’avvocato Jamil Dakwar,
dell’organizzazione umanitaria “Human Rights Watch”:
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R. – THE STRIKE IS CONTINUING …
Lo
sciopero sta continuando e vi si stanno unendo molte persone, da diverse
prigioni. Sta diventando una questione in grado di mobilitare la comunità
palestinese e di suscitare dibattiti pubblici anche in Israele.
D. – Tra le richieste dei
detenuti, c’è la possibilità di un contatto maggiore con le proprie famiglie…
R. – WE HAVE TO REMEMBER …
Dobbiamo
ricordare che solo un numero ridottissimo di famiglie riesce ad arrivare alle
prigioni israeliane, per visitare i propri cari. Per entrare in Israele,
infatti, c’è bisogno di un permesso, che nella migliore delle ipotesi è
garantito ad un numero molto limitato di persone. Di solito, viene rifiutato
per motivi di sicurezza.
D. – Per far rompere lo sciopero
della fame, gli agenti israeliani stanno ricorrendo anche all’uso del barbecue
nelle carceri. Una pratica crudele …
R. – I THINK USING THE BARBECUES …
Penso che l’uso del barbecue vada
oltre il fatto di voler vincere la resistenza dei detenuti. In Israele,
infatti, il barbecue si utilizza di solito per celebrare le feste, in particolare
il giorno dell’indipendenza, che naturalmente ricorda ai palestinesi la distruzione
della loro terra. Perciò, dietro questa tattica c’è anche un messaggio
simbolico. Il ministro della Sicurezza israeliano, Tzahi Hanegbi, ha detto: “
Per quanto mi riguarda, possono morire di fame”. E questa è un’affermazione
davvero pericolosa, che potrebbe davvero mettere a rischio molti di quelli che
inizieranno il loro sciopero della fame questa settimana.
D. – Come avvocato, lei è
riuscito a visitare qualche carcere?
R. – I MYSELF ASKED FOR …
Io stesso ho chiesto, in quanto
avvocato riconosciuto dallo Stato israeliano, di visitare 5 donne palestinesi
detenute in una prigione nel centro di Israele, già una settimana prima che lo
sciopero della fame iniziasse. Mi hanno risposto che agli avvocati non era
permesso entrare nella prigione. In effetti, gli avvocati potrebbero giocare un
ruolo molto importante: potrebbero verificare le cattive condizioni di vita dei
detenuti e divulgare queste informazioni all’esterno.
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NASCE IL GOVERNO DI TRANSIZIONE DELLA SOMALIA.
DOPO ANNI DI ANARCHIA, IL PAESE AFRICANO TENTA DI
ARGINARE IL POTERE DEI ‘SIGNORI DELLA GUERRA’
- Intervista a Domenico Quirico -
Giornata di celebrazioni oggi a
Nairobi, in Kenya, per il giuramento del governo federale di transizione della
Repubblica somala. Dopo circa due anni di trattative sotto l’egida dell'Igad,
l'organismo che riunisce i Paesi del Corno d’Africa, si tenta dunque di porre
fine ad oltre un decennio di anarchia in Somalia, cominciato nel ’91 con
l’uscita dalla scena nazionale e internazionale del generale Siad Barre. Ma a
cosa porterà questo nuovo governo federale? Giada Aquilino lo ha chiesto a
Domenico Quirico, africanista e responsabile della redazione Esteri del
quotidiano “La Stampa”:
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R. – Si è scelta la strada più
complessa, meno spettacolare dal punto vista diplomatico: un processo
lentissimo che tenta di eliminare le divisioni esistenti all’interno della
società somala. È stata scelta una Costituzione di tipo federale, che dovrebbe
unificare il Paese, di fatto separato in piccoli Stati diretti dai cosiddetti
‘signori della guerra’. Siamo ad un punto cruciale: ora si devono individuare i
rappresentanti del popolo somalo che dovranno formare il Parlamento.
L’Assemblea dovrà poi procedere all’approvazione della Costituzione federale e
all’avvio di un governo che sia rappresentativo di tutte le infinite componenti
della società locale.
D. – Il territorio è, quindi,
ancora nelle mani dei ‘signori della guerra’. Quante possibilità ci sono che
funzioni un governo centrale unitario?
R. – Ultimamente ci sono stati
nuovi segnali, nel senso che numerosi ‘signori della guerra’ hanno manifestato
l’intenzione di diventare protagonisti del processo di cambiamento. Il problema
è che fino a quando non si priverà tali personaggi della possibilità di
interferire in modo violento sulle scelte di tale processo, la pacificazione
della Somalia sarà sempre in forse.
D. – Il Consiglio di Sicurezza
dell’ONU ha prolungato di sei mesi la missione del gruppo che controlla
l’embargo sulle armi. Qual è la situazione in Somalia?
R. – Di fatto l’embargo sulle
armi ha funzionato solo dal punto di vista puramente astratto, per la
burocrazia del Consiglio di Sicurezza. Le armi continuano a circolare in modo
illecito. Non si può essere molto ottimisti. In realtà, la grande speranza è
che sia la società civile somala ad imporre dal basso il processo di pacificazione.
D. – Ma l’Igad di fatto cos’è?
Che ruolo può avere nella crisi somala?
R. – Raggruppa i Paesi della
regione del Corno d’Africa e quelli, come l’Italia e gli Stati Uniti, per
esempio, che hanno assunto un ruolo importante nella crisi somala.
L’organizzazione ha tenuto aperto, in questi anni, il fronte della trattativa.
L’importante è che la frammentazione del Paese non venga considerata come un
processo irreversibile. Questo è il vero grande rischio: negli anni scorsi
infatti si è sfiorata la possibilità di lasciare che le cose si fermassero in
questo stato di disgregazione.
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LE
OLIMPIADI TORNANO ALLE ORIGINI:
IERI GARE NEL SITO ARCHEOLOGICO DI OLIMPIA
- Intervista con Alberto Proietti Mosca -
Momento
storico ieri ad Atene 2004. Per il lancio del peso, gara d’esordio
dell’atletica leggera, è stato eccezionalmente riaperto il sito archeologico di
Olimpia, dove le Olimpiadi hanno visto la luce nell’VIII secolo avanti Cristo.
Intanto, il medagliere continua a vedere in testa Cina e Stati Uniti, mentre
all’Italia la scherma ha portato nuovi allori con l’oro e l’argento, vinti ieri
nella finale di fioretto femminile rispettivamente da Valentina Vezzali e
Giovanna Trillini, numero uno e numero due al mondo nella specialità. E dietro
ogni medaglia c’è il sacrificio, c’è la storia di un atleta, anche per quelle
delle due atlete italiane, colleghe nello sport, amiche nella vita, ambedue
marchigiane ed iscritte al Club Scherma di Jesi. Quale il segreto di tante
vittorie per questa fucina di campioni? Giancarlo La Vella lo ha chiesto ad
Alberto Proietti Mosca, presidente del club:
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R. – Il
segreto è molto semplice: bisogna lavorare con passione e serietà, senza farsi
tante illusioni, sapendo che i risultati vengono se uno lavora. Tutto qui il
segreto.
D. – Ma
veniamo a quella che è stata la splendida gara di ieri. Una finale da lei,
presidente, vissuta in che modo?
R. – Io
ho tifato, a dire la verità, affinché tutte e due - sono veramente sincero –
arrivassero in finale. Perché è ormai dal ’96, dalle Olimpiadi di Atlanta, che
tentavamo di poter fare una finale tutta jesina. E quando sono arrivate tutte e
due in finale per me è stata una grandissima soddisfazione. A quel punto il
gioco dovevano farlo loro. Io sono presidente del Club Scherma Jesi da 25 anni,
quindi sono cresciute con me e sono come due figlie. Non posso che tifare per
tutte e due.
D. –
Presidente, possiamo dire che alla base di questi successi, in fondo, c’è
l’amicizia, il piacere di stare insieme in questo Club?
R. –
Sicuro. Questi sono Club in cui, se lei avrà modo di poterci venire a trovare,
noterà un ambiente familiare, in cui chi arriva dice: “ma è questa la fabbrica
dei campioni?”
D. –
Progetti per l’immediato futuro, a parte rifornire la nazionale di campioni e
di campionesse?
R. – Il
nostro problema è sempre quello di cercare di trovare i mezzi finanziari per
poter sopravvivere e tirare avanti. Noi abbiamo l’attuale sponsor e speriamo di
poter rinnovare il contratto per i prossimi 4 anni e poter fare, non dico
ripetere, una bellissima figura nelle prossime Olimpiadi.
D. – E
qui si inserisce, in fondo, la polemica di sempre per quegli sport come la
scherma, che pur essendo altamente spettacolari hanno una visibilità solo
durante le Olimpiadi…
R. –
Questo è il problema che si dibatte e che cerchiamo di affrontare sia a livello
federale che a livello societario. E’ logico che la Federazione si trovi in
grosse difficoltà, trovandosi in grosse difficoltà il Coni, a livello
finanziario. Per cui bisogna percorrere strade nuove, strade che diano una
maggiore visibilità alla scherma. Noi vediamo che i mass media purtroppo ci
seguono poco su questa strada.
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130 SCIENZIATI DI DIVERSE NAZIONALITA’ RIUNITI DA OGGI AD ERICE, IN
SICILIA,
PER IL CONFRONTO ANNUALE SULLE EMERGENZE PLANETARIE
- Intervista con il prof.
Antonino Zichichi -
Scioglimento dei ghiacciai, desertificazione, carestie ed epidemie: entro
il 2050 saranno tra le conseguenze del rialzo della temperatura sulla terra di
almeno un grado e mezzo. E sono tra le preoccupazioni della comunità
scientifica che da oggi si ritrova presso il Centro Internazionale di cultura
scientifica “Ettore Majorana”, ad Erice in Sicilia, per il tradizionale appuntamento
di confronto annuale. 130 studiosi di diversa nazionalità discutono di temi
vari come l’immigrazione o la difesa dagli oggetti cosmici, il terrorismo o la
mucca pazza e biosicurezza mondiale. Spiega le priorità, nell’intervista di
Rosa Praticò, il professor Antonino Zichichi, direttore del centro “Ettore
Majorana”:
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R. – La novità che noi portiamo
avanti da tempo è l’effetto del sole, di questa candela nucleare che illumina e
riscalda in modo da poter influenzare seriamente i cambiamenti climatici. Poi
c’è l’acqua, l’energia, il problema petrolio, alternative: quella nucleare, sicura,
e la cosiddetta energia a idrogeno che non è vera, nel senso che non esistono i
pozzi di idrogeno che si possono utilizzare. Per produrre l’idrogeno, ci vuole
più energia di quella che poi l’idrogeno da quando si trasforma in acqua. Il
vantaggio dell’idrogeno è che nelle città si riduce fortemente l’inquinamento,
però si aumenta l’inquinamento a livello atmosferico. Poi, l’emergenza
culturale, relativa alla perdita dei valori che caratterizza la nostra società
e che deforma totalmente la verità scientifica. La scienza è sorgente di valori
e parlare di temi come complessità, evoluzionismo, vita, senza tenere conto del
rigore necessario, è un fatto che crea grossissimi problemi.
D. – Lei ha detto che l’azione
dell’uomo sul clima incide al massimo per il 10 per cento. Cosa può fare allora
la scienza?
R. – La scienza può mettere
chiarezza, nel senso che per quello che riguarda l’influenza dell’uomo, va
capita. La nostra incidenza è trascurabile rispetto a quella dei fenomeni naturali.
Ora, solo da poco tempo la temperatura del pianeta è sotto analisi e ancora non
è chiaro qual è il motivo di queste variazioni. Tutti prevedevano un’estate
torrida e non c’è stata un’estate torrida, perché modelli matematici non sono
in grado di fare queste previsioni. Quindi, dobbiamo distinguere nettamente i
problemi dell’inquinamento dai problemi delle variazioni climatiche. Mentre
bisogna combattere l’inquinamento, non va combattuta la variazione climatica se
questa variazione è dovuta a fenomeni come per esempio il fatto che il sole ha
un periodo di particolare attività che dovrebbe essere nella norma ma che è
leggermente fuori norma. Se ci sono queste fluttuazioni, bisogna attribuirle
alle origini giuste.
D. – I clamorosi black-out
di New York e Roma pongono in primo piano il tema dell’energia, che oggi è di
attualità anche per la questione del petrolio. Come guardano gli scienziati a
questo problema?
R. – Il problema è politico, non
scientifico né tecnologico. Sappiamo benissimo come alimentare di energia le
città e le nazioni. Per risparmiare, si prendono provvedimenti che sono contro
ciò che noi diciamo e poi ci si meraviglia.
D. – Lei ha dichiarato:
“Scoprire una verità scientifica è come mettersi a colloquio con il Creatore”.
E’ questo lo spirito di Erice?
R. – Lo spirito di Erice e della
vera grande scienza è questo. Non basta la logica per capire come è fatto il
mondo. E’ necessaria la sperimentazione scientifica, che corrisponde a una
domanda posta al Creatore!
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NELL’ANNIVERSARIO
DELLA MORTE DI DE GASPERI, CERIMONIA UFFICIALE A TRENTO.
CONSEGNATO
ALL’EX CANCELLIERE TEDESCO, KOHL,
IL
PREMIO INTITOLATO ALLO STATISTA DEL DOPOGUERRA
-
Intervista con Giulio Andreotti e Maria Romana De Gasperi -
Cinquant’anni
fa, il 19 agosto 1954, moriva Alcide De Gasperi, artefice della ricostruzione in
Italia dopo la seconda guerra mondiale, fondatore, nel ’42, della Democrazia
cristiana e convinto europeista. Molte le iniziative, durante la settimana, per
ricordare la sua figura. Oggi Helmut Kohl, l’ex cancelliere tedesco che ha
legato il suo nome alla riunificazione delle due Germanie, dopo il crollo del
muro di Berlino, ritirando a Trento il Premio internazionale intitolato allo
statista del dopoguerra, ha detto che “la vita di Alcide De Gasperi è un grande
esempio anche per il presente”. Nell’occasione,
il presidente della Repubblica italiana, Carlo Azeglio Ciampi, ha sottolineato
l’importanza dell’azione congiunta di Italia e Germania per l’Europa.
“L’impegno dei nostri due Paesi per far progredire l’Unione Europea – ha detto
Ciampi - sollecita oggi più che mai una intensificata collaborazione fra Italia
e Germania nel promuovere politiche comuni necessarie al rafforzamento di
quanto già realizzato”. Presenti alla cerimonia rappresentanti
delle istituzioni italiane, europee e le figlie, Paola e Maria Romana De
Gasperi. Il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi ha ribadito
apprezzamento per il lavoro svolto da Kohl ed il presidente della Commissione
europea, Romano Prodi, ha sottolineato che De Gasperi ha sempre pensato che
l'interesse nazionale italiano coincidesse con l’interesse europeo.
Massimiliano Menichetti:
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(musica)
Nato il 3 aprile del 1881 a Pieve
Tesino, un paesino vicino Trento, che ancora apparteneva all’impero
austro-ungarico, Alcide De Gasperi viene considerato un protagonista essenziale
della ricostruzione politica ed economica italiana dopo la seconda guerra mondiale.
Fondò il partito della Democrazia cristiana, fu a capo di otto coalizioni di governo,
tra il 1945 ed il ’53, e insieme con il leader del Partito cattolico tedesco,
Konrad Adenauer, e al francese Robert Schuman, è considerato uno dei fondatori
dell’unità europea. Ma qual era la particolarità della sua politica? Il
senatore a vita Giulio Andreotti:
R. – L’avere impostato la
politica interna in un quadro di politica internazionale. Questo era talmente caratteristico della sua
impostazione che all’inizio era isolato.
D. – Sì, ma più tardi nascerà la
Comunità europea del carbone e dell’acciaio e nel ’53 De Gasperi ne sarà
presidente ..
R. – Era stata un’altra delle
intuizioni che questo gruppo di tre cattolici, Schuman, Adenauer e De Gasperi,
avevano avuto e sul quale cercavano di impostare tutta una politica comune …
De Gasperi si confronta con le
difficoltà della ricostruzione, la fame e la necessità di sviluppo, e cerca di
rompere l’isolamento nazionale. Lotta instancabilmente per l’affermazione e la
concretizzazione di principi come la libertà e la democrazia. Propone, senza
compromessi, una politica al servizio del popolo, mai disgiunta dai valori
cristiani. Maria Romana De Gasperi traccia un ricordo di suo padre:
R. - Un uomo onesto che è
passato attraverso tante difficoltà politiche: un uomo aperto, diciamo, anche
ad altre idee e quindi capace di sopportare, di convivere anche con gente che
aveva idee completamente differenti ed ottenere da questi il rispetto che
poteva ottenere, pur mantenendo i suoi principi di uomo cristiano.
D. – Cosa resta, oggi, secondo
lei, dell’insegnamento, del lavoro di Alcide De Gasperi?
R. – Diciamo che resta, intanto,
la nostra libertà, la libertà di tutti, perché se non fosse stato capace di
difenderla allora, subito dopo la guerra, nei momenti così difficili, non avremmo
questa libertà della quale oggi tutti noi possiamo godere. Poi, resta una
specie di nostalgia verso qualche cosa che dava sicurezza e nello stesso tempo
dava anche serenità, quindi, il senso di poter fare politica onestamente, con
chiarezza, senza dividere sempre il mondo in destra o sinistra, ma cercando,
dove era possibile, di collaborare senza perdere i propri principi.
(musica)
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19
agosto 2004
PROSEGUONO I LAVORI DELL’OTTAVA ASSEMBLEA PLENARIA DELLA FEDERAZIONE
DELLE
CONFERENZE EPISCOPALI ASIATICHE IN COREA DEL SUD
SEOUL. = “L’unico messaggio che noi
dobbiamo predicare è l’amore, perché Dio è amore e solo l’amore dà significato
alla nostra vita”. Questo, in sintesi, l’intervento di mons. Robert Sarah,
segretario della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli, dal palco
dell’ottava Assemblea plenaria della Federazione delle Conferenze episcopali
asiatiche (FABC), in corso in questi giorni a Daejeon, in Corea del Sud, sul
tema “La famiglia asiatica verso una cultura della vita”. Grande attenzione è
stata poi dedicata dal presule al tema dell’inculturazione. Essa - ha detto -
“non è semplice folklore religioso e non può limitarsi ad introdurre la lingua,
gli strumenti e le danze asiatiche nella liturgia”. L’inculturazione del Vangelo
- ha spiegato mons. Sarah - “significa che Dio entra nella vita e nel pensiero
di una persona”, cambiandone “il comportamento morale e la cultura”. Di
particolare interesse, riferisce l’agenzia Asianews, anche le parole espresse
dal cardinale Jean-Baptist Pham Minh Mân, arcivescovo di Thành-Phô Hô Chí Minh,
sulle sfide della globalizzazione. “Essa ha portato in Asia nuovi stili di vita
– ha sottolineato – che enfatizzano il materialismo, il pragmatismo e
l’edonismo rispetto ai valori tradizionali della società asiatica”. Tali
cambiamenti, tuttavia, secondo il porporato, non vanno sempre giudicati in modo
negativo. La Chiesa, infatti, è chiamata ad entrare in dialogo con questi nuovi
scenari, salvaguardando “il meglio dei nuovi stili sociali e il buono dei
valori tradizionali”. Mons. Andreas Choi Chang-mou, vescovo di Kwangju e
presidente della Conferenza episcopale coreana, ha denunciato, invece, la sempre
più diffusa idolatria del denaro. “Molti fatti negativi che avvengono nelle
famiglie – ha detto – sono legati ai soldi. La Chiesa deve mettere sempre Dio
al primo posto per aiutare le famiglie cristiane a centrare la loro vita in Dio
e diventare luce e sale del mondo”. (B.C.)
LA LUCE DELLA GIUSTIZIA SUL TRAGICO COLPO DI STATO IN
CILE DEL 1973.
ACCUSATO L’EX-MAGGIORE
DELL’ESERCITO PER L’OMICIDIO DI UN SACERDOTE SPAGNOLO
SANTIAGO.
= Istituito in Cile un procedimento giudiziario contro l’ex-maggiore dell’esercito Donato
López, responsabile dell’omicidio del sacerdote cattolico spagnolo Joan Alsina
Hurtos. I fatti risalgono all’11 settembre 1973, quando, con un colpo di Stato,
l’ex-generale Augusto Pinochet Ugarte assunse il potere nel Paese sudamericano.
In quella stessa tragica giornata, il salesiano padre Hurtos fu arrestato da
una pattuglia militare all’uscita dall’ospedale ‘San Juan de Dios’ di Santiago,
dove lavorava, e internato in un campo di detenzione. Alcuni giorni dopo, il
sacerdote fu fucilato, insieme con altri detenuti, sotto uno dei ponti sul fiume
Mapocho. Oltre trent’anni dopo, il giudice Jorge Zepeda ha formalmente accusato
dell’omicidio l’ex-maggiore López, all’epoca comandante del reggimento Yungay
di San Felipe, la località nella quale si trovava il campo di detenzione in cui
fu rinchiuso per otto giorni, prima della fucilazione di massa, il sacerdote salesiano.
(B.C.)
STATO DI EMERGENZA NEL CARCERE DI MARIONA, ALLA
PERIFERIA DELLA CAPITALE DI EL SALVADOR.
VIOLENTI
SCONTRI TRA DETENUTI DI UNA BANDA E
CARCERATI
COMUNI HANNO CAUSATO 31 MORTI E 29 FERITI
SAN SALVADOR. = Ondata di violenza nel
carcere di Mariona, alla periferia di San Salvador. Trentuno detenuti sono
morti e ventinove sono rimasti feriti negli scontri scoppiati ieri tra detenuti
appartenenti a una banda, denominata ‘Mara 18’, e i carcerati comuni. Il
bilancio, apparentemente definitivo, è stato comunicato questa mattina dal
ministero della sicurezza de El Salvador, precisando che si tratta del fatto di
sangue più violento mai registrato negli istituti di pena del Paese. Secondo
una prima ricostruzione effettuata dalle autorità, riferisce l’agenzia Misna,
gli scontri sono iniziati per un alterco tra un detenuto comune e un membro di
‘Mara 18’; la rissa si è poi estesa in alcuni dei cortili del carcere per poi
proseguire cella per cella. Secondo la stampa locale, durante gli scontri i
membri della banda avrebbero addirittura utilizzato alcune granate a
frammentazione di produzione artigianale. Per le prossime 48 ore le autorità
carcerarie hanno dichiarato lo Stato d’emergenza nel carcere, per facilitare il
lavoro degli investigatori. A Mariona sono detenute 3194 persone. (B.C.)
FONDI E AIUTI STATALI A TAIWAN PER LE FAMIGLIE NUMEROSE.
LA CAMPAGNA
SI PROTRARRA’ PER TRE ANNI
PER UN
TOTALE DI 4,3 MILIONI DI DOLLARI
TAIPEI. = Oltre 4 milioni di dollari per
incoraggiare le coppie ad avere più figli. Sono i contorni numerici della nuova
campagna del governo taiwanese in tema di famiglia. Lo scorso anno, infatti, il
tasso di crescita demografica del Paese è sceso ai minimi storici. L’indice di
fertilità delle donne taiwanesi è il penultimo al mondo, dopo Italia e
Spagna. Le autorità sanitarie del Paese hanno promosso una campagna di 3 anni
per spingere le donne ad avere il primo figlio prima dei 30 anni e il secondo
non dopo i 35. La campagna stanzia, inoltre, fondi per corsi di
educazione per gli uomini sull’educazione e la crescita dei figli. È previsto,
infine, un maggior sostegno nell’assistenza ai figli e alla coppia. Un’indagine
dell’Ufficio per la promozione della salute, condotta nel 2002, ha evidenziato
che il 20 per cento delle donne taiwanesi non vuole avere figli, o al massimo
uno. Secondo le autorità, il calo delle nascite è causato dall’innalzamento
dell’età per le donne che decidono di sposarsi e dal numero crescente delle
single. (B.C.)
AL VIA, LA PROSSIMA SETTIMANA,
L’EDIZIONE
2004 DELLA TENDOPOLI DI SAN GABRIELE.
ATTESI
ALL’INCONTRO, ANIMATO DAI PADRI PASSIONISTI, OLTRE MILLE GIOVANI
ISOLA DEL GRAN SASSO. = Si aprirà la
prossima settima, in provincia di Teramo, la 24.ma edizione della Tendopoli di
San Gabriele. Oltre mille giovani trascorreranno cinque giorni ai piedi del
Gran Sasso, nella tendopoli allestita dai padri Passionisti, per discutere sul
tema “Una tenda nel deserto: la famiglia”. Attesa anche una delegazione di
quindici ragazzi dal Venezuela. Il 24 agosto, dopo il saluto del vescovo di
Teramo, Vincenzo D’Addario, i giovani accoglieranno la “fiaccola della
speranza”, portata in staffetta da un gruppo di podisti provenienti da Teramo,
dopo una sosta alla chiesa parrocchiale di Montorio al Vomano (Teramo). A
partire da mercoledì, si seguiranno gli incontri con i relatori. Tra questi: il
commissario straordinario della Croce Rossa, Maurizio Scelli, impegnato nei
mesi scorsi in Iraq; il consultore generale dei Padri Passionisti, Luigi
Vaninetti; la signora Maria Urbani Scaglioni, madre di Carlo: il medico
stroncato dalla Sars lo scorso anno. Sabato 28, a chiudere la Tendopoli sarà il
cardinale José Saraiva Martins, prefetto della Congregazione delle Cause dei
Santi. (B.C.)
INAUGURATE A LORETO DUE
MOSTRE DI AZIONE CATTOLICA
SUI MISTERI DEL ROSARIO. IN PROGRAMMA PER IL
PROSSIMO 5 SETTEMBRE
IL GRANDE PELLEGRINAGGIO NAZIONALE DI AC
CON LA PARTECIPAZIONE DI GIOVANNI PAOLO II
LORETO. = Il valore e l’importanza del Rosario raccontati da quarantasei
artisti. Nei giorni scorsi, presso il Palazzo apostolico di Loreto, sono state
inaugurate due interessanti mostre, a ridosso del grande pellegrinaggio
nazionale dell’Azione Cattolica. La prima è la rassegna d’arte sacra
contemporanea “I Misteri del Rosario”, visitabile nella Sala degli Svizzeri del
Palazzo fino al prossimo 14 settembre. Situata, invece, nel loggiato dello
stesso edificio un’altra dal titolo “Azione Cattolica scuola di Santità”. “Il
Rosario – ha spiegato la presidente nazionale di AC, Paola Bignardi – nella
storia è sempre stato il Vangelo per i poveri, gli ultimi e le famiglie, una
sorta di primo annuncio della fede. In questa veste, probabilmente, la preghiera
non ha esaurito il suo compito, come ha ribadito più volte il Santo Padre”.
Sempre nel corso dell’inaugurazione, l’arcivescovo di Loreto, mons. Angelo
Comastri, ha sottolineato, invece, “l’inscindibile collegamento tra il cammino
dei misteri e quello della santità”, ricordando che “il Rosario era il
nutrimento quotidiano anche di Madre Teresa di Calcutta, che lo teneva in mano
ogni giorno”. (B.C.)
MORTO ELMER BERNSTEIN, IL
COMPOSITORE DEI COLOSSAL DI HOLLYWOOD.
IL MUSICISTA, PREMIO OSCAR NEL 1968, ERA AMMALATO DA
TEMPO
LOS ANGELES. = Lutto nel mondo della musica. E’ morto ieri, all’età di 82
anni, il compositore Elmer Bernstein, autore delle colonne sonore di alcuni
grandi successi di Hollywood. Il musicista è deceduto nella sua casa di Ojai,
in California, dopo una lunga malattia. Nato nel 1922, a New York, Bernstein ha
iniziato la sua carriera come pianista concertista. In poco tempo è divenuto
uno dei più ricercati musicisti di Hollywood per le sue soluzioni drammatiche,
per il suo senso dello spettacolo e per le sue innovazioni, come quella di
sostituire le classiche orchestre con gruppi jazz. In 50 anni di attività ha
scritto più di 200 brani per film e programmi televisivi, collaborando con
registi del calibro di Martin Scorsese e John Landis. L’Oscar gli è stato
conferito nel 1968, per la colonna sonora di “Thoroughly Modern Millie”,
parodia musicale dei ruggenti anni Venti con Julie Andrews. Sono seguite 13
nomination, ma le musiche che lo hanno reso famoso al grande pubblico sono
quelle composte per “I dieci comandamenti”, “I magnifici sette” e “Il buio
oltre siepe”. (B.C.)
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19
agosto 2004
- A cura
di Amedeo Lomonaco -
Iraq: in fine mattinata l’annuncio: il leader sciita, Moqtada
al-Sadr, ha detto “no” all’ultimatum del governo iracheno, che gli intimava di
porre fine alla violenza a Najaf e di deporre le armi. Intanto sono ripresi i
combattimenti attorno ai luoghi santi della città. Ce ne parla Roberta Moretti:
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Il
“no” di al-Sadr giunge alla fine di una lunga mattinata di attesa. Secondo le richieste
del governo iracheno, il leader sciita avrebbe dovuto trasformare in normale
partito politico il proprio movimento cui fa capo il cosiddetto esercito del
Mahdi, far deporre le armi ai guerriglieri sciiti e lasciare il mausoleo di
Ali, dove è asserragliato con i suoi seguaci, per abbandonare, quindi, Najaf.
In tarda mattinata tre colpi di mortaio avevano colpito una stazione di polizia
della città, causando 7 morti e 21 feriti. Un colpo di mortaio ha colpito anche
la “zona verde” di Baghdad, dove si trovano gli uffici del governo provvisorio
iracheno e l'ambasciata americana. Poco dopo l’alba, coperti da tank e mezzi
corazzati, i militari statunitensi hanno preso il controllo di Sadr City,
quartiere roccaforte dei miliziani di Moqtada al Sadr. Tutto ciò dopo i
violenti combattimenti di ieri notte, in cui secondo fonti americane sono
rimasti uccisi 50 miliziani. Intanto nel sud dell’Iraq, nessun ferito tra gli
italiani, attaccati in tarda mattinata lungo la strada per Ar Rifaj, a nord di
Nassiriya. La pattuglia, composta da forze speciali dell'esercito e da un
elicottero dell'Aeronautica militare, ha risposto al fuoco e si è disimpegnata.
Due soldati polacchi sono morti e altri cinque sono rimasti feriti mentre si
trovavano di pattuglia a Hilla, città sciita dell’Iraq meridionale, quando il
mezzo a bordo del quale viaggiavano e' uscito di strada dopo essere finito
sotto il tiro di fuoco nemico. Infine, si riunirà il 1 settembre prossimo il
Consiglio legislativo iracheno, di cui 81 componenti erano stati eletti ieri
dalla Conferenza Nazionale al termine di quattro giorni di dibattito.
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Cresce la tensione nei Grandi Laghi, dopo il massacro di venerdì
scorso in un campo profughi tutsi del Burundi occidentale. Il governo di
Bujumbura e quello rwandese minacciano di attaccare la Repubblica democratica
del Congo, ritenuta complice dei ribelli burundesi che hanno rivendicato la
strage. Ed il Consiglio di sicurezza dell’Onu dedicherà alla crisi la riunione
di questo pomeriggio. Il servizio di Giulio Albanese:
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E’ un’organizzazione
terroristica la fazione ribelle che ha rivendicato il massacro nel campo
profughi di Gatumba: lo hanno dichiarato ieri i capi di Stato africani riuniti
in Tanzania a Dar-es-Salaam, nel
corso di un vertice già fissato da tempo, la cui agenda è però stata modificata
in seguito ai tragici fatti di Gatumba. Comunque ieri nessun accordo è stato
raggiunto sulla proposta di imporre sanzioni alle forze di liberazione
nazionale, l’FNL, ultimo gruppo armato hutu ancora in lotta con il governo di
Bujumbura. All’incontro di Dar-es-Salaam hanno
partecipato tra gli altri il presidente del Burundi, della Repubblica
Democratica del Congo e del Sudafrica. Per il Rwanda era presente il ministro
degli Esteri, Murigande. Al termine del vertice si è anche deciso di chiedere
sostegno all’Unione Africana e al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite
per dichiarare terroristi i ribelli burundesi dell’FNL.
Per la Radio Vaticana, Giulio
Albanese.
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In
Francia nove persone sono morte in seguito a violenti temporali e forti raffiche
di vento che ieri hanno sconvolto l’area occidentale del Paese. Nella notte
sono stati tratti in salvo un uomo di 45 anni e sua figlia di 25, che si trovavano
a bordo della loro barca a vela ad una cinquantina di chilometri dalla costa
bretone.
Il
maltempo ha colpito anche il Giappone: il violento tifone ‘Megi’ che stamani ha
devastato le isole Tsushima ha causato, secondo l’ultimo bilancio ancora ufficioso,
la morte di almeno nove persone in Giappone ed almeno cinque vittime in Corea
del Sud.
Si stringe la morsa della
guerriglia maoista intorno alla capitale del Nepal, Katmandu. Le strade che
portano in città sono ormai deserte, ed i negozi di generi alimentari ricorrono
alle scorte per far fronte alle richieste della popolazione, mentre si spera
che governo e ribelli riprendano i negoziati interrotti lo scorso anno. Ma la
situazione è critica in tutto il Paese, come ci riferisce Silvia Del Conte,
dell’organizzazione non governativa “Apèiron”, raggiunta telefonicamente a Katmandu
da Andrea Sarubbi:
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R. – Vivendo qua, a livello
superficiale, non ci accorgiamo molto della cosa, soprattutto in città. Però
nei villaggi si sente moltissimo, anche perché in molti di questi villaggi sono
rimasti solo donne e bambini. Molta gente sta arrivando nella capitale, e per
strada si vedono tantissime persone senza un tetto sotto cui dormire.
D. – Secondo le agenzie di
stampa, ci potrebbe essere un problema di scorte alimentari. L’allarme è
arrivato anche a voi?
R. – Sì,
l’allarme è arrivato … Sono già diverse settimane che i ribelli stanno bloccando
le vie che arrivano a Katmandu e che aiuterebbero a far arrivare tutti i generi
alimentari, il cherosene, il carburante per i trasporti pubblici. Camminando
per strada, in città, non ci si accorge che la guerriglia ha messo questi
blocchi, però le persone lo sanno e adesso nessuno si muove più. Non c’è ancora
un clima di paura, ma i distributori stanno cominciando ad alzare i prezzi del
gasolio: li hanno già aumentati e ci sono state delle manifestazioni di
protesta.
D. – Quali sono le richieste dei
ribelli?
R. – Creare un’Assemblea
Costituente, per poter poi arrivare a delle elezioni. Cosa che purtroppo, oggi,
appare sempre più lontana, anche per il fatto che gli elettori non hanno
libertà di movimento nel Paese e quindi neanche la possibilità di andare a
votare.
D. – Il governo dice anche di
essere disposto a trattare con i maoisti: esistono basi concrete per un
accordo?
R. – L’accordo si potrebbe
trovare proprio sul discorso dell’Assemblea Costituente. Il fatto è che il
governo pubblicamente fa affermazioni concilianti, ma in pratica poi non sembra
disponibile a riavviare dei dialoghi di pace.
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A quattro giorni dal voto,
l’opposizione venezuelana non intende ancora riconoscere i risultati favorevoli
al presidente del referendum di domenica scorsa e ribadisce che ci sarebbero
state alterazioni nel voto elettronico, rifiutandosi di incontrare gli
osservatori internazionali e ritenendo inattendibile l’opera della Fondazione
Carter. Da Caracas, Maurizio Salvi:
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L’opposizione alla fine ha
scelto di ritirarsi sull’Aventino. Questa posizione ha sorpreso molto gli
osservatori internazionali ed è considerata assai rischiosa nel momento in cui
praticamente tutti i Paesi del mondo hanno ammesso che la vittoria di Chavez è
da ritenersi legittima. Pure in assenza dell’opposizione, ieri il Consiglio
elettorale, alla presenza invece degli osservatori internazionali e dei
delegati del governo, ha proceduto al sorteggio dei 150 seggi campione da
verificare come test dell’affidabilità del processo di controllo dei voti. Il
governo progetta il futuro attraverso l’avvio di un dialogo con le parti
sociali venezuelane, alle quali l’Associazione degli industriali ha mostrato di
non essere insensibile, ed un rafforzamento delle relazioni internazionali. Per
questo secondo obiettivo sono previsti, in autunno, una serie di viaggi del
capo dello Stato.
Da Caracas, Maurizio Salvi, per
la Radio Vaticana.
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Il presidente colombiano, Alvaro
Uribe, Alvaro Uribe ha proposto ai
ribelli Forze armate rivoluzionarie della Colombia (FARC) di liberare una cinquantina di ribelli detenuti in
cambio del rilascio degli ostaggi sequestrati dal movimento marxista. Lo ha
reso noto oggi l’inviato per la pace del governo, Luis Carlos Restrepo, precisando
che l’offerta è stata trasmessa alle FARC lo scorso 23 luglio. Ma l’esecutivo
di Bogotà non ha ancora ricevuto una risposta.
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