RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVIII n. 229 - Testo della trasmissione di lunedì 16 agosto 2004

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Nel segno di Maria, il toccante pellegrinaggio del Papa a Lourdes, conclusosi ieri. Sul 104.mo viaggio apostolico di Giovanni Paolo II, la riflessione del nostro direttore generale, padre Pasquale Borgomeo.

 

OGGI IN PRIMO PIANO

Gli elettori venezuelani confermano la fiducia al presidente Chávez, ma l’opposizione respinge l’esito del Referendum: interviste con il cardinale José Castillo Lara e Maurizio Chierici

 

Tra fede e sport: ai nostri microfoni la testimonianza di Giovanni Pellielo, medaglia d’argento nel tiro a volo, alle Olimpiadi di Atene

 

L’ultimo addio della Polonia a Czeslaw Milosz, premio Nobel per la letteratura, scomparso sabato scorso all’età di 93 anni: con noi, il prof. Andrea Ceccarelli.

 

CHIESA E SOCIETA’:

Aperta oggi a Daejeon, nella Corea del Sud, l’VIII Assemblea dei vescovi asiatici chiamati a riflettere su “La famiglia in Asia verso una cultura di pace”

 

I bambini possono battere gli adulti nei test di memoria: lo ha dimostrato uno studio condotto dall’Università dell’Ohio, negli Stati Uniti

 

Prima condanna in Cina nell’ambito di una vasta campagna per reprimere la pornografia su Internet

 

I masai chiedono la restituzione delle proprie terre cedute agli inglesi in epoca coloniale

 

Partito il 1° agosto il pellegrinaggio di pace delle reliquie di Santa Teresa del Bambin Gesù per la Colombia

 

Visita dell’ 11.mo Panchen Lama di Pechino, Gyaltsen Norbu, a Lhasa, in Tibet, durante la festa dello Shoton

 

24 ORE NEL MONDO:

Inviata una delegazione della Conferenza nazionale irachena dal leader sciita al-Sadr. Il cardinale Sodano: Vaticano disponibile ad una mediazione per Najaf

 

Battuta di arresto nei colloqui sulla crisi nucleare della Corea del Nord. Pyongyang non parteciperà alla prossima sessione di negoziati

 

L’ONU condanna il massacro nel campo profughi burundese di Gatumba.

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

16 agosto 2004

 

NEL SEGNO DI MARIA, IL TOCCANTE PELLEGRINAGGIO DEL PAPA A LOURDES,

CONCLUSOSI IERI. SUL 104.MO VIAGGIO APOSTOLICO DI GIOVANNI PAOLO II,

LA RIFLESSIONE DEL NOSTRO DIRETTORE GENERALE, PADRE PASQUALE BORGOMEO

- A cura di Alessandro Gisotti -

 

“Una significativa esperienza spirituale”: così, con queste parole semplici e profonde, Giovanni Paolo II ha definito – in un telegramma al presidente della Repubblica italiana, Ciampi – il suo pellegrinaggio al Santuario di Lourdes, conclusosi ieri sera. L’aereo papale è atterrato a Ciampino, intorno alle 20,30. Il Papa si è quindi trasferito nella residenza estiva di Castel Gandolfo. Ricco di emozioni e di significato, il 104.mo viaggio apostolico internazionale di Papa Wojtyla è stato soprattutto un viaggio nel segno di Maria. Prima di concludere il suo pellegrinaggio - dopo la grande messa nella “Prairie” di Lourdes - il Santo Padre è voluto tornare nella Grotta di Massabielle, dove si era soffermato in preghiera già sabato mattina, subito dopo l’arrivo in terra francese. Su questo significativo momento del pellegrinaggio del Papa a Lourdes, ci riferisce il nostro inviato Alessandro De Carolis:

 

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Di nuovo davanti alla Grotta del miracolo. Ma questa volta da solo e in silenzio – il suo seguito a rispettosa distanza, che assiste al dialogo assorto tra il cuore del Papa e il “cuore di Lourdes”, l’Immacolata. Il secondo pellegrinaggio di Giovanni Paolo II si chiude così, con qualche minuto di ritardo sui tempi del protocollo e con le telecamere mute a scrutare per dieci minuti un volto che, a differenza dell’arrivo, questa volta tiene per sé i suoi pensieri. Una parentesi di solitudine interiore incorniciata prima e dopo da un lunghissimo congedo, quasi centellinato, fatto di canti e di applausi, iniziato poco dopo le 17.30.

 

A quell’ora, Giovanni Paolo II è apparso sulla poltrona mobile dall’“Accueil Notre-Dame” che lo ospitava ed ha iniziato, sotto un sole splendente, il lento tragitto verso la Grotta, quasi gustando il contatto ravvicinato con le persone che lo acclamavano sventolando cappelli, foulard, fazzoletti, bandierine. Ha sostato per qualche istante quando una giovane mamma lo ha salutato insieme ai suoi quattro bambini, uno tenuto in braccio. Un quarto d’ora di bagno di folla seguito poi dal silenzio improvviso al momento della preghiera personale. Il canto del “Salve Regina” riconsegna Giovanni Paolo II all’affetto rumoroso della gente, ma il Papa – dopo aver impartito la benedizione – chiede ancora un attimo per rimanere solo davanti al mistero che 146 anni fa ha reso sacra una piccola e grigia caverna di Massabielle. Poco dopo le 18, la poltrona mobile riprende la strada e Giovanni Paolo II saluta e benedice le persone che via via gli sfilano accanto, quindi sale sulla vettura bianca, mentre il canto incessante del “Magnificat” accompagna la partenza del Papa pellegrino. Un Papa che in due giorni si è fatto vicino ai malati, a chi li serve, a chi ha affidato la sua vita alle mani della Vergine in questa cittadella della Francia. Un Papa che a Maria ha potuto ripetere una volta di più  “Totus Tuus”.

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Alla conferenza stampa conclusiva sul 104.mo viaggio apostolico di Giovanni Paolo II, è intervenuto il cardinale Philipe Barbarin, arcivescovo di Lione, che ha presieduto in questi giorni il Pellegrinaggio nazionale francese al Santuario Mariano. Il porporato ha messo l’accento, tra gli altri, su un aspetto di questo evento: si è visto, ha detto, il pellegrinaggio del Papa insieme al popolo di Dio. Un contatto umano con la folla che lo ha molto impressionato. Sentimento, questo, che caratterizza le testimonianze dei fedeli presenti alla messa presieduta dal Santo Padre, raccolte da Alessandro De Carolis:

 

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R. – Io sono al servizio dell’Ospitalitè de Accueil e svolgo i più umili servizi che servono per poter accogliere i pellegrinaggi a Lourdes.

 

D. – Lei non viene sola qui a Lourdes, ma con suo marito. Perché avete preso questo impegno di ritornare ogni anno?

 

R. – Quest’anno siamo solo io e mio marito, ma negli anni passati sono venuti con noi anche i nostri figli e a Lourdes hanno trovato tantissimi giovani. Ed è questa la cosa commovente, che in un mondo così brutto, qui tanti giovani decidano di passare le loro vacanze aiutando i malati e facendo qualsiasi tipo di servizio con umiltà e con grande spirito.

 

D. – E’ la prima volta che è qui?

 

R. – E’ la prima volta. Sono sicura di tornarci ancora.

 

D. – Che cosa l’ha colpita in maniera particolare?

 

R. – La serenità dei malati. Il loro sorriso sulle labbra è toccante, veramente toccante.

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Sul Papa pellegrino a Lourdes e il significato di questo 104.mo viaggio apostolico per il Pontificato di Giovanni Paolo II, ascoltiamo la nota del nostro direttore generale, padre Pasquale Borgomeo:

 

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In sole trenta ore intensamente vissute nel santuario di Lourdes il Papa pellegrino ha offerto con le sue parole, i suoi gesti, la sua stessa presenza sofferente, una catechesi commovente e profonda, nella quale sono ritornati tutti i grandi temi della sua pastorale itinerante.

 

 Pellegrinaggio ai piedi di Maria, stella del suo Pontificato, ma anche a quel santuario che è il popolo di Dio, come volle definire i suoi viaggi apostolici spiegando venticinque anni fa ai suoi collaboratori il significato e il movente del suo incessante pellegrinare. E con il popolo di Dio il Papa ha voluto unirsi in questo pellegrinaggio e quasi identificarsi con esso facendo proprie le sue preghiere e le sue speranze, sentendolo vicino e solidale, desiderando stringere ciascuno fra le sue braccia e soprattutto condividendo la sofferenza dei malati.

 

E il popolo di Dio presente a Lourdes ha risposto con la gioia e con le lacrime, ha sostenuto, incoraggiato il Papa avvolgendolo in un abbraccio che coinvolgeva l’innocenza dei bambini, l’entusiasmo dei giovani, la maturità degli adulti, la saggezza dei vecchi, la solidarietà dei malati.

 

Il popolo di Dio ha compreso quello che secondo la parola di Gesù viene rivelato ai piccoli e celato ai sapienti di questo mondo: che esiste una stagione della vita segnata dalla sofferenza fisica, ma che non è per questo meno feconda. Queste sono state le prime parole del Papa inginocchiato davanti alla Vergine della Grotta. Parole che la grande fatica non gli ha permesso di pronunciare, ma che sono giunte all’orecchio e al cuore dei malati ai quali andava il primo pensiero del Papa. Queste parole sono la chiave per comprendere il segreto di Lourdes e con esso il mistero della insostituibile fecondità della Croce. A un mondo ossessionato dall’efficienza e dalla produttività il Papa parla di fecondità della sofferenza; e la fecondità non riguarda le cose, ma la vita e il destino dell’uomo.

 

Il Papa non ha scoperto la fecondità della sofferenza quando la malattia ha bussato alla sua porta. Fin dai giorni del vigore giovanile ha sempre visto nei malati un valore e un tesoro insostituibile per il Regno di Dio. Ed è sotto gli occhi di tutti la dimostrazione di questa realtà: i giovani che hanno sempre manifestato una vera passione per il Papa atletico e vigoroso, hanno oggi per lui un amore forse meno chiassoso ma certo più profondo per lui provato dalla malattia, perché diventa per loro sempre più evidente quanto solido e indomabile è l’amore che il Pastore ha per loro, non a parole ma con il suo donarsi a prezzo di sovrumana fatica. Oggi non ripetono più quello che dissero alcuni di loro all’inizio del Pontificato: ci piace il messaggero, ma non il messaggio. Il messaggio è rimasto quello di sempre, esigente, ma la testimonianza data dal messaggero lo rende più convincente.

 

Anche a Lourdes il vecchio Papa ha riproposto ai giovani l’ideale di una donazione totale a Cristo. Anche a Lourdes, sotto lo sguardo di Maria ha lanciato alle donne, definite sentinelle dell’invisibile, l’appello a difendere con tutte le forze la vita umana, dal concepimento fino al suo termine naturale.

 

Anche a Lourdes, in un’ora così oscura e minacciosa per l’umanità intera, ha presentato a Maria Immacolata le preghiere di tutto il popolo di Dio, e l’universale aspirazione alla pace che sale anche dal cuore di chi non prega. Pace: che si depongano le armi, che si spengano odio e violenza nei nostri cuori. Che ogni uomo veda nell’altro non un nemico da combattere ma un fratello da accogliere e amare per costruire insieme un mondo migliore.

        

Questa è la preghiera finale del Papa pellegrino a Lourdes, questa la supplica che egli ci esorta a rivolgere a Maria, perché Ella ottenga per il mondo il dono tanto atteso della Pace.

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OGGI IN PRIMO PIANO

16 agosto 2004

 

 

GLI ELETTORI VENEZUELANI CONFERMANO LA FIDUCIA AL PRESIDENTE, HUGO CHÁVEZ, MA L’OPPOSIZIONE RESPINGE L’ESITO DEL REFERENDUM,

BOLLANDOLO COME “FRODE GIGANTESCA”

- Interviste con il cardinale Josè Castillo Lara e  Maurizio Chierici -

 

Hugo Chávez resterà alla guida del Venezuela fino a dicembre 2006. Lo hanno deciso gli elettori, bocciando il referendum di revoca del suo mandato promosso dall’opposizione. L’affluenza massiccia alle urne ha fatto slittare la chiusura dei seggi, e due milioni di schede non sono state ancora scrutinate. Nonostante il Coordinamento democratico, che riunisce i partiti dell’opposizione, continui a proclamare vittoria, secondo i dati ufficiali il vantaggio del presidente appare incolmabile. Da Caracas, Maurizio Salvi:

 

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“VENEZOLANA, VENEZOLANO DE CONFORMIDAD CON EL ARTICULO…”

Il comunicato del Consiglio nazionale elettorale che assegnava oltre il 58 per cento a Chavez è stato letto dal suo presidente, Francisco Carrasquero, dopo una drammatica frattura provocata da due membri vicini all’opposizione.

 

“Il nostro è un popolo che ha subito colpi di Stato e violenze, ma ora vive in pace e democrazia e sta dando un esempio al mondo”. Rivolgendosi ai suoi sostenitori dal balcone del palazzo presidenziale di Miraflores, Chávez ha assicurato che la vittoria del ‘no’, nel referendum di ieri in cui era in gioco il suo mandato, è la vittoria della costituzione bolivariana. Ricordando che lo strumento del referendum revocatorio previsto dalla Costituzione bolivariana è inedito sul pianeta Terra. “La nostra Costituzione si è imposta grazie a Dio e alla volontà dei venezuelani”. Chávez ha detto che la sua è la vittoria di un nuovo modello democratico e di un progetto di sviluppo alternativo a quello selvaggio neoliberale, che ha condotto il Venezuela – ha concluso – alla miseria, alla povertà, alla disuguaglianza e all’ingiustizia.

 

Da Caracas, Maurizio Salvi, per la Radio Vaticana.  

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Ma per un commento sul referendum di ieri, di cui l’opposizione venezuelana respinge il risultato definendolo “frutto di una frode gigantesca”, ascoltiamo al microfono di Luca Collodi, il cardinale Josè Castillo Lara, presidente emerito della Pontificia Commissione per lo Stato della Città del Vaticano, raggiunto telefonicamente poco fa in Venezuela:

 

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R. – Ieri, per il referendum hanno fatto una gigantesca frode, perché anzitutto c’è stato un afflusso alle urne elettorali mai visto in Venezuela, però i centri elettorali, cambiando quello che era disposto, avevano messo, come scrutinatori per aiutare i centri elettorali, tutta gente del partito di governo. Gli exit poll indicavano che c’era un 65 per cento a favore del ‘sì’, cioè della revocazione del mandato, e solo un 35 o al più un 40 per cento a favore del presidente. Un favore che è stato comprato con i soldi. Alla gente povera davano l’equivalente di 50-60 dollari, moneta americana, se votavano per il ‘no’, cioè per la conservazione del presidente.

 

D. – Come sta reagendo la Comunità cristiana del Venezuela a questo momento politicamente così difficile ma significativo per la storia del Paese?

 

R. – Non lo posso ancora dire perché qui sono appena le 7 del mattino e non c’è stato alcun pronunciamento da parte dei vescovi, però qui praticamente l’80-90 per cento dei venezuelani sono cattolici, almeno battezzati, anche se molti non professano. Si può dire che i vescovi inviteranno affinché ci sia la pace, ma non possono approvare questo referendum, questo risultato che per me è una frode.

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Su come evolverà, a livello sociale, la situazione in Venezuela in seguito alla vittoria elettorale di Chávez, l’analisi di Maurizio Chierici, esperto di America Latina, intervistato da Andrea Sarubbi:

 

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R. - Non cambia nulla. E’ chiaro che questi uomini stanno disegnando un Paese e, ricostruire un Paese, nel quale malgrado l’enorme benessere non c’è ancora una ferrovia, 10 metri di ferrovia, vuol dire un periodo di programmazione molto lungo, quindi continuerà un disegno che può essere in questo senso definito  Castrista, ma è un disegno che anche Velasco, il quale negli anni ’70 aveva governato il Perù, aveva fatto…

 

D. – E dopo questi mesi di caos come possono cambiare i rapporti tra il vincitore Chavez e l’opposizione sconfitta?

 

R. – Noi parliamo di opposizione come se fosse una sola, ma tra loro, questi 7 piccoli leader - ce ne sono alcuni importanti come Mendoza, ma gli altri sono più piccoli - sono divisi in maniera così profonda come potrebbe essere diviso Bertinotti da Mastella. Bisogna trovare dentro gli uomini di Chavez, e potrebbe essere appunto Giordani, che è un intellettuale raffinato e ministro della pianificazione, e dentro gli uomini della Coordinadora, i punti più ragionevoli e culturalmente più preparati.

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TRA FEDE E SPORT: AI NOSTRI MICROFONI LA TESTIMONIANZA DI GIOVANNI PELLIELO, MEDAGLIA D’ARGENTO NEL TIRO A VOLO, ALLE OLIMPIADI DI ATENE

 

Un gradito ritorno sul podio olimpico: quello del tiratore italiano Giovanni Pellielo. Nel tiro al piattello già quattro anni fa, a Sidney, era riuscito a conquistare il bronzo, ed ora ad Atene 2004 un importante passo avanti, l’argento, per puntare ora decisamente all’oro alle Olimpiadi di Pechino nel 2008. Accanto al costante impegno nella sua attività agonistica, che lo ha visto prevalere nelle competizione dell’ultimo quadriennio, Pellielo non ha mai nascosto di essere uomo di fede, nel cuore e nell’intelletto. Studente di teologia e devoto alla Madonna: aspetti, questi che lo accompagnano costantemente nella vita e nello sport. Sentiamo il suo commento dopo l’alloro conquistato ad Atene nell’intervista realizzata da Giancarlo La Vella:

 

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R. - In questi 4 anni abbiamo lavorato moltissimo dal punto di vista tecnico e psicologico. Indubbiamente i risultati sono stati invidiabili. Abbiamo vinto due coppe del mondo e poi ora ho vinto questa medaglia. Per cui è stata una escalation di risultati assolutamente probante, frutto di un grande lavoro.

 

D. – Una tirata d’orecchie ai mass media che trattano certi sport, tra cui il tuo, soltanto in determinate occasioni…

 

R. – Noi abbiamo popolarità solo durante l’evento olimpico. Mi dispiace, perché il nostro sport è espressione di valori che vanno ben al di là del semplice gesto tecnico. Chi ha assistito alla finale ha visto Paesi islamici combattere al fianco degli americani e al fianco degli italiani come me. Il nostro sport, come messaggio di pace, di unione, di grandi valori, indubbiamente meriterebbe una visione diversa.

 

D. – Uno sport il tuo che vuol dare un messaggio di pace anche se attraverso un’arma. In fondo il fucile è un’arma…

 

R. – La nostra arma è un attrezzo sportivo, a renderla mortale sono gli  utilizzi deviati. Del resto negli utilizzi deviati non si parla solo di armi, ma si può parlare di mazze da baseball, di forchette o di coltelli. Quindi, tutto ciò che può nuocere. Poi si dimentica spesso il male che si può fare con le parole. Di mezzi per fare del male ce ne sono molti. Direi che l’arma che noi utilizziamo e soprattutto il nostro sport sono assolutamente non rischiosi e all’ultima graduatoria della percentuale di incidenti dello sport. Per cui siamo assolutamente dei non violenti e spariamo dei pezzi di pece che tornano ad essere pece una volta frantumati. E’ un modo per divertirsi e per stare insieme da 14 anni fino a 90.

 

D. – Una parola sul russo che è riuscito a batterti…

 

R. – La medaglia d’oro Alipov è un tiratore forte che non ha mai fatto un’impresa del genere, quindi ha avuto sicuramente una giornata di grazia. Consideriamo che lui in finale di Coppa del mondo, l’anno scorso a Roma, il giorno tra l’altro di beatificazione di Madre Teresa, era arrivato terzo dietro di me a 9 piattelli. Quindi, voglio dire, è un avversario battibilissimo.

 

D. – E tu comunque continui a portare avanti il tuo allenamento. Già hai annunciato che ti proietti subito a Pechino 2008…

 

R. – Io mi proietto a Pechino perché questo argento è frutto di un grande lavoro, che merita, secondo me, il coronamento con un oro.

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L’ULTIMO ADDIO DELLA POLONIA A CZESLAW MILOSZ, PREMIO NOBEL

PER LA LETTERATURA, SCOMPARSO SABATO SCORSO ALL’ETA’ DI 93 ANNI

- Ai nostri microfoni, il prof. Andrea Ceccarelli -

 

La Polonia tributa in queste ore l’ultimo omaggio ad uno dei suoi figli più illustri: il poeta e scrittore Czeslaw Milosz, premio Nobel per la Letteratura nel 1980, morto sabato scorso all’età di 93 anni. Milosz era uno dei più conosciuti intellettuali polacchi dissidenti. Nel dopoguerra ha insegnato per molti anni letteratura slava negli Stati Uniti, ed era tornato in Polonia soltanto alcuni anni fa. Il servizio di Stefano Leszczynski:

 

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Voleva conoscere parole che fossero più durature della pietra, ma non avrebbe mai potuto farlo nella Polonia del totalitarismo comunista. Fuggì nel 1951, nel periodo ‘buio’ della Repubblica popolare, approdando prima in Francia e poi negli Stati Uniti. Dall’esilio, con la mente prigioniera, lanciò un duro atto d’accusa contro quegli intellettuali che avevano deciso di seguire la nuova religione comunista o, più semplicemente, avevano deciso di servire il regime. La mente di Czeslaw Milosz doveva infatti volare lontana e libera per potere approdare al massimo riconoscimento del Premio Nobel per la letteratura, nel 1980, trasformandosi così da pericoloso dissidente a simbolo della Letteratura polacca contemporanea. Il commento di Andrea Ceccarelli, docente di letteratura polacca all’Università di Bologna, e traduttore in italiano delle opere di Milosz:

 

“Soltanto nel 1980, all’indomani del Nobel, ci fu in Polonia una riscoperta di Milosz e cominciarono ad essere pubblicate le sue opere, naturalmente sotto censura, e Milosz fu celebrato come il poeta della Nazione: questo, suo malgrado perché Milosz non ha mai celebrato i nazionalismi, anzi. La sua tradizione è una tradizione di tolleranza che ci è cara anche nell’Europa di oggi”.

 

Tornato in Polonia negli anni Novanta, Milosz – polacco nato in Lituania – ha stabilito la sua residenza a Cracovia. Tra le sue ultime opere tradotte in italiano, “Il cagnolino sul bordo della strada” e, di prossima pubblicazione, “L’abecedario”.

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CHIESA E SOCIETA’

16 agosto 2004

 

APERTA OGGI A DAEJEON, NELLA COREA DEL SUD,

L’VIII ASSEMBLEA DEI VESCOVI ASIATICI CHIAMATI A RIFLETTERE SU

“LA FAMIGLIA IN ASIA VERSO UNA CULTURA DI PACE”.

TRA I 200 PARTECIPANTI ALLA RIUNIONE, CHE PROSEGUIRA’ FINO AL 23 AGOSTO,

ANCHE LAICI E FAMIGLIE PER FAVORIRE UNO SCAMBIO FRUTTUOSO DI ESPERIENZE

 

DAEJEON. = I vescovi asiatici chiamati da oggi a riflettere su "La famiglia in Asia verso una cultura della vita". Questo il tema della VIII Assemblea plenaria della Federazione delle Conferenze episcopali dell'Asia (FABC), che si è aperta oggi a Daejeon, nella Corea del Sud. Una consultazione flessibile nel programma e aperta all'ascolto dello Spirito di Dio, che esprime la sua voce attraverso quella dei pastori: questa l’intenzione sottesa alla riunione, che si protrarrà fino al 23 agosto. I partecipanti, circa 200, devono anzitutto esaminare le reazioni all'Instrumentum Laboris di vescovi, teologi e laici, soffermandosi sulla redazione finale del testo strutturato in tre parti: "La situazione pastorale della famiglia in Asia", "Riflessione teologico-pastorale sulla realtà familiare nel Continente", "Raccomandazioni per una pastorale della famiglia". A seguire nel corso dei lavori verranno sollevate particolari questioni da sottoporre alla discussione generale. Parte significativa dell'agenda sarà inoltre dedicata allo scambio di esperienze e riflessioni tra i vescovi - molti dei quali partecipano per la prima volta all’Assemblea - insieme a consulenti laici e famiglie invitate, in modo da dare il massimo rilievo all'opinione della ‘base’ ecclesiale. L'unità nella diversità della Chiesa in Asia si esprimerà in particolare nelle liturgie eucaristiche e nelle altre celebrazioni giornaliere. Per informazioni è possibile consultare il sito Internet della Federazione dei vescovi dell’Asia all’indirizzo www.fabc.org (R.G.)

 

 

SAPERE DI PIU’ NON SEMPRE AIUTA: I BAMBINI POSSONO BATTERE GLI ADULTI

NEI TEST DI MEMORIA: LO HA DIMOSTRATO UNO STUDIO CONDOTTO DALL’UNIVERSITA’ DELL’OHIO, NEGLI STATI UNITI

 

COLUMBUS. = Bambini ‘campioni’ nel tenere a mente maggiori informazioni. In un test di memoria un bambino di 5 anni può infatti battere un adulto. Ad affermarlo un gruppo di ricercatori del Centro per le scienze cognitive dell'Università dell'Ohio, negli Stati Uniti. I bambini - hanno verificato - riescono a riconoscere il 31 per cento delle immagini di animali già viste in precedenza, mentre gli adulti si fermano al 7 per cento. Secondo gli studiosi, la memoria degli adulti è limitata perché i grandi sanno più cose dei bambini e tendono ad impiegare questa conoscenza nel momento in cui acquisiscono nuove informazioni. La ricerca spiega anche come funziona il processo dell'induzione, il meccanismo con cui a partire da fatti particolari si può giungere a leggi generali. Secondo gli esperti dell'Ohio si può ragionare per categorie, il modo più utilizzato dagli adulti. Per esempio, “se si sa che un particolare gatto ha un cervello grande, allora si può indurre che tutti gli altri animali della stessa categoria (ossia, tutti i gatti) hanno cervelli grandi. Ma si può fare induzione anche per similarità. E quindi si può indurre che tutti gli animali che assomigliano al gatto con il cervello grande devono necessariamente avere un cervello grande”. E, su questo fronte, gli scienziati americani hanno dimostrato che i bambini fanno uso di induzione per similarità, non per categoria. Ed è proprio questo modo mentale di procedere che permette ai più piccoli di superare gli adulti nei test di memoria. (R.G.)

 

 

PRIMA CONDANNA IN CINA NELL’AMBITO DI UNA VASTA CAMPAGNA

PER REPRIMERE LA PORNOGRAFIA SU INTERNET:

UN TRIBUNALE HA INFLITTO 4 ANNI RECLUSIONE AD UNA DONNA

CHE GESTIVA UN SITO A PAGAMENTO

 

PECHINO. = Prima condanna in Cina nell'ambito di una campagna di repressione della pornografia su Internet. Il Tribunale di Feng, nella provincia di Jiangsu, ha riconosciuto la cittadina Wang Yanli colpevole di aver gestito un sito a pagamento che trasmetteva spogliarelli. Lo ha reso noto oggi la televisione nazionale cinese. 110 persone – ha informato l’emittente - erano abbonate al sito incriminato, per prezzi fino a 600 yuan (circa 60 euro) all'anno, per poter assistere a quattr'ore di spettacoli definiti “lascivi'' durante la notte. La donna condannata avrebbe guadagnato in tre mesi 30 mila yuan (circa 3 mila euro). La vasta campagna, lanciata in Cina da un mese per arginare il fenomeno della pornografia in rete, ha portato già a centinaia di arresti e alla chiusura di 700 siti. (R.G)                      

 

 

I MASAI, NOTA COMUNITA’ DI PASTORI DEL KENYA, CHIEDONO AL GOVERNO

 DI NAIROBI LA RESTITUZIONE DELLE PROPRIE TERRE CEDUTE AGLI INGLESI

 IN EPOCA COLONIALE

 

NAIROBI. = “Vogliamo che gli Inglesi ci restituiscano le nostre terre, come segno di ammissione delle ingiustizie storiche sofferte dalla comunità Masai”: è quanto dichiarato da Ben Ole, presidente dell’Associazione della società civile di questo popolo, a margine della manifestazione organizzata da alcune centinaia di Masai, a Nairobi, per chiedere la restituzione delle terre concesse ai Britannici nel periodo coloniale. Oltre mezzo milione di terre tribali, infatti, sono state cedute ai coloni inglesi in base ad un trattato firmato nel 1904 dall’allora capotribù Masai e dal governatore di quello che veniva chiamato Protettorato dell’Africa Orientale. Nel 1911 fu siglato un secondo atto in conseguenza delle lamentele degli allevatori inglesi per la mancata consegna dei terreni. In questi giorni, stanno per scadere i due trattati sottoscritti (sotto le minacce, sostengono i Masai) con gli occupanti britannici. Durante la dimostrazione, la tribù keniota ha consegnato una petizione al ministro del Territorio e a quello della Giustizia chiedendo l’avvio dei colloqui tra Masai, autorità inglesi e governo locale sulle modalità di restituzione della terra da parte di circa 50 aziende agricole britanniche. (F.S.)

 

 

PROSEGUE IN COLOMBIA IL PELLEGRINAGGIO DI PACE DELLE RELIQUIE

DI SANTA TERESA DEL BAMBIN GESU’, PATRONA DELLE MISSIONI,

CHE PARTITO IL 1° AGOSTO SI CONCLUDERA’ IL 19 SETTEMBRE

 

BOGOTA’. = Saranno 35 le diocesi ed oltre 100 le località toccate dalla “maratona spirituale”, delle reliquie di Santa Teresa del Bambin Gesù, Patrona delle missioni. Il pellegrinaggio, partito il 1° agosto si concluderà il 19 settembre, rende omaggio ai 40 anni di istituzione canonica della Provincia di “Santa Teresita” dei Carmelitani scalzi in Colombia. Le tappe del pellegrinaggio, promosso dai padri carmelitani con il sostegno della Conferenza episcopale colombiana, saranno cattedrali, chiese parrocchiali, conventi e soprattutto le comunità dei Carmelitani che apriranno i loro luoghi di preghiera e di meditazione a tutti colori che renderanno omaggio alla Santa. Per l’occasione, un gruppo di sacerdoti coordinerà tutte le attività liturgiche, i momenti di preghiera e la celebrazione dei sacramenti. Molto intensa è stata la campagna di preparazione a questo avvenimento, nei mesi scorsi, attraverso stampa, radio, televisione e incontri spirituali nelle parrocchie. (F.S.)

 

 

CELEBRATA IERI A LHASA, CAPITALE DEL TIBET, LA FESTA DELLO SHOTON,

CUI HA PARTECIPATO L’ 11MO PANCHEN LAMA, NORBU,

LA SECONDA AUTORITA’ RELIGIOSA DOPO IL DALAI LAMA

 

LHASA. = Sono circa 150 mila i pellegrini che si sono radunati ieri a Lhasa, capitale del Tibet, per la festa dello Shoton, sulle alture che circondano il monastero di Drepung. E’ stata questa l’occasione di una visita dell’11mo Panchen Lama, Gyaltsen Norbu, ripresa dalla televisione di Stato cinese. Norbu, 15 anni, è stato infatti scelto dal governo di Pechino, che aveva rifiutato la designazione di un altro bambino, indicato dal Dalai Lama nel 1995. Nel buddismo tibetano il Panchen Lama è la seconda autorità dopo il Dalai Lama. Questa è la terza visita di Norbu nella capitale tibetana e una delle poche apparizioni in pubblico. Secondo un resoconto dell’agenzia cinese Xinhua, il Panchen Lama ha incontrato a Lhasa anche i capi del Partito comunista locale e circa 200 rappresentanti di tutti i settori della popolazione. Attualmente, il governo cinese non permette di accogliere più di 700 religiosi all’interno del monastero di Drepung mentre un tempo erano quasi 10 mila quelli ospitati. (F.S.)

 

 

 

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24 ORE NEL MONDO

16 agosto 2004

- A cura di Barbara Castelli -

 

Non si arresta il fenomeno dei sequestri in Iraq. A Nassiriya, un giornalista franco-americano è stato rapito da sconosciuti. Il ministero della Sanità locale, intanto, ha reso noto che nel Paese, nelle ultime 24 ore, sono stati uccisi 19 iracheni ed oltre cento sono rimasti feriti. Intanto, per salvare Najaf, anche la Santa Sede è disponibile ad un’opera di mediazione. È quanto dichiarato, stamani, in un’intervista dal cardinale segretario di Stato, Angelo Sodano. “Tutta l'opera del Papa e della Santa Sede - ha spiegato il porporato ai microfoni del Gr Rai - è un’opera di mediazione, anche se non sempre nel senso tecnico previsto dal diritto internazionale, per il quale una mediazione può essere richiesta solo da uno Stato. Ma esiste un altro tipo di mediazione, più vicina a quello che possiamo chiamare buoni  uffici”. Il servizio di Dorotea Gambardella:

 

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L’ultimo episodio di violenza riguarda la stazione di polizia di Latifiah, circa cinquanta chilometri a sud di Baghdad, attaccata da militanti armati. Nell’assalto, due guerriglieri sono stati uccisi, mentre quattro agenti sono rimasti feriti. Continuano, intanto, i combattimenti a Najaf, nelle cui vicinanze, ieri, tre soldati americani hanno perso la vita, in una battaglia con le milizie fedeli al leader religioso, Moqtada al-Sadr. Sul piano politico, la conferenza nazionale irachena, riunita in questi giorni a Baghdad, ha deciso di inviare una delegazione dal capo sciita, per chiedergli di ritirare i propri uomini dal mausoleo dell’Imam Ali e di trasformare il proprio gruppo in un partito politico. Dal canto suo al-Sadr, stando a quanto riferito da un portavoce, è pronto a riprendere i negoziati di pace per porre fine agli scontri, che da oltre dieci giorni insanguinano la città santa. In merito alla vicenda degli ostaggi, infine, il vice-governatore di Nassiriya, Adnane al-Charifi, ha confermato la notizia diffusa dall’emittente televisiva araba Al Jazeera, sul sequestro di un giornalista francese con passaporto statunitense. Il cronista, il cui nome è Micah Garen, stava passeggiando per le strade del mercato, nel centro cittadino, quando è stato rapito da un gruppo di guerriglieri non ancora identificati. Il reporter, secondo quanto testimoniato dal comando del contingente italiano, aveva lasciato lo scorso 12 agosto la base italiana di Camp Mittica, dove alloggiava e dove è stato visto per l’ultima volta.

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Operazione congiunta ieri in Afghanistan contro i talebani. Forze aeree statunitensi e di terra dell’esercito regolare di Kabul hanno sferrato un’offensiva in una regione dell’Afghanistan, al confine con il Pakistan, uccidendo almeno sei membri dell’ex regime e catturandone altri undici. Nella mattinata un’imboscata tesa dalla guerriglia aveva provocato la morte di alcuni soldati dell’esercito afghano, nel distretto di Maiwand, a una cinquantina di chilometri da Kandahar.

 

L’esplosione di una mina ieri in Pakistan, nella provincia di Quetta, ha causato la morte di quattro uomini appartenenti a formazioni paramilitari pakistane. I quattro stavano scortando alcuni lavoratori della compagnia petrolifera nazionale. Nell’ultimo periodo nel Paese si sono moltiplicati gli assalti contro paramilitari e impiegati del settore petrolifero: si tratta di attentati apparentemente sferrati da membri delle tribù locali che vogliono ottenere il controllo sui pozzi petroliferi. Secondo le autorità, comunque, queste azioni di guerriglia non sono legate al terrorismo di Al Qaida. 

 

Sempre alta la tensione in Medio Oriente. Un palestinese ha perso la vita stamani sotto il fuoco dell’esercito israeliano a Nablus, in Cisgiordania. La scorsa notte, invece, due palestinesi sono rimasti uccisi nel corso di un raid israeliano nel campo profughi di Jabalia, nel nord della Striscia di Gaza. Ieri, intanto, circa 1.500 palestinesi, detenuti in Israele, hanno cominciato uno sciopero della fame ad oltranza, per protestare contro le condizioni di vita in prigione. L’iniziativa ha indotto la polizia di Gerusalemme a proclamare lo stato di allerta per il timore di attentati.

 

La Corea del Nord non parteciperà alla prossima sessione di colloqui a sei per risolvere la crisi innescata dal suo programma nucleare. Lo riferisce un comunicato ufficiale diffuso dalla agenzia KCNA, nel quale si sostiene che la politica estera degli Stati Uniti impedisce la partecipazione di Pyongyang. I negoziati fino ad ora sono stati condotti dalle due Coree, Russia, Cina, Giappone e Stati Uniti.

 

Si svolgeranno oggi, in Burundi, i funerali delle 160 vittime del massacro avvenuto venerdì nel campo profughi di Gatumba, al confine con la Repubblica democratica del Congo. La frontiera tra i due Paesi è stata chiusa, mentre si indaga sulle responsabilità: il Consiglio di sicurezza dell’ONU – che ha duramente condannato la strage – ha lanciato un appello ai governi di Bujumbura e Kinshasa perché venga fatta luce. Il servizio di Giulio Albanese:

 

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Il Consiglio di sicurezza dell’ONU ha condannato il massacro di Gatumba, perpetrato venerdì in un campo profughi in territorio burundese e ha lanciato un appello al governo di Bujumbura e alle autorità della Repubblica democratica del Congo, affinché cooperino per catturare e processare i colpevoli. Del massacro compiuto con metodi efferati, all’arma bianca, sono ritenuti responsabili i ribelli burundesi delle cosiddette Forze nazionali di liberazione, che hanno le loro basi operative in territorio congolese. Ma è anche possibile che vi sia stata la partecipazione di miliziani legati al regime del defunto presidente rwandese. Se da una parte si pone sempre più il problema della sicurezza per la popolazione civile sfollata in Burundi, che, comunque, dovrebbe risiedere in zone protette, lontane da confini minacciosi, come appunto quello congolese, dall’altra si teme una recrudescenza della tensione a livello regionale. Le autorità del Burundi hanno deciso ieri di chiudere la frontiera con il Congo, mentre il governo rwandese è sceso in campo con dichiarazioni minacciose nel timore di subire, a sua volta, aggressioni dal vicino Congo. La questione di fondo è che il Burundi, in stato di guerra civile dal ’93, quando venne assassinato il presidente democraticamente eletto, potrà ritrovare la pace solo quando nel vicino Congo si normalizzerà la situazione. Tutti sanno che le ricche regioni orientali dell’ex Zaire sono in preda a bande armate per il controllo delle immense risorse minerarie, nonostante gli accordi di pace di Pretoria tra gli ex signori della guerra. Il massacro di Gatumba, dunque, come cartina di  tornasole dei mali che affliggono la regione dei Grandi Laghi.

 

Per la Radio Vaticana, Giulio Albanese.

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Entra in carica oggi, nella Repubblica Dominicana, il presidente liberale, Leonel Fernández, del Partito di Liberazione dominicana. Principale obiettivo del suo mandato: il riassetto dell’economia. Fernández, avvocato 50 enne, già capo di Stato dal ’96 al 2000, succede ad Hipólito Mejía.

 

Il passaggio dell’uragano Charley ha causato in Florida almeno 16 morti, migliaia di senzatetto e danni per 15 miliardi di dollari, secondo una stima preliminare della Protezione civile dello Stato. Il presidente americano, George Bush, si è recato ieri a Punta Gorda e Port Charlotte, due località costiere particolarmente colpite dalla furia dell’uragano.

 

Ennesimo trionfo per Maranello. A Budapest la Ferrari ha conquistato il suo sesto titolo Mondiale consecutivo, il 14.esimo della sua storia, e lo ha fatto nel migliore dei modi, con una doppietta. Il traguardo è stato tagliato da Michael Schumacher, alla sua 12.esima vittoria in 13 gare; secondo Rubens Barrichello. Con i 18 punti conquistati ieri la Ferrari si è matematicamente aggiudicata, con cinque gare di anticipo, il mondiale costruttori.

 

 

 

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