RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n.
229 - Testo della trasmissione di lunedì 16 agosto 2004
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO
CHIESA E SOCIETA’:
Prima condanna in Cina nell’ambito di una vasta
campagna per reprimere la pornografia su Internet
I masai chiedono la restituzione delle proprie terre
cedute agli inglesi in epoca coloniale
Inviata una delegazione della Conferenza nazionale irachena dal leader
sciita al-Sadr. Il cardinale Sodano: Vaticano disponibile ad una mediazione per
Najaf
Battuta di arresto nei colloqui sulla crisi nucleare della Corea del
Nord. Pyongyang non parteciperà alla prossima sessione
di negoziati
L’ONU condanna il
massacro nel campo profughi burundese di Gatumba.
16 agosto 2004
NEL
SEGNO DI MARIA, IL TOCCANTE PELLEGRINAGGIO DEL PAPA A LOURDES,
CONCLUSOSI
IERI. SUL 104.MO VIAGGIO APOSTOLICO DI GIOVANNI PAOLO II,
LA
RIFLESSIONE DEL NOSTRO DIRETTORE GENERALE, PADRE PASQUALE BORGOMEO
- A
cura di Alessandro Gisotti -
“Una
significativa esperienza spirituale”: così, con queste parole semplici e profonde,
Giovanni Paolo II ha definito – in un telegramma al presidente della Repubblica
italiana, Ciampi – il suo pellegrinaggio al Santuario di Lourdes, conclusosi
ieri sera. L’aereo papale è atterrato a Ciampino, intorno alle 20,30. Il Papa
si è quindi trasferito nella residenza estiva di Castel Gandolfo. Ricco di
emozioni e di significato, il 104.mo viaggio apostolico internazionale di Papa
Wojtyla è stato soprattutto un viaggio nel segno di Maria. Prima di concludere
il suo pellegrinaggio - dopo la grande messa nella “Prairie” di Lourdes - il Santo
Padre è voluto tornare nella Grotta di Massabielle, dove si era soffermato in
preghiera già sabato mattina, subito dopo l’arrivo in terra francese. Su questo
significativo momento del pellegrinaggio del Papa a Lourdes, ci riferisce il
nostro inviato Alessandro De Carolis:
**********
Di nuovo
davanti alla Grotta del miracolo. Ma questa volta da solo e in silenzio – il
suo seguito a rispettosa distanza, che assiste al dialogo assorto tra il cuore
del Papa e il “cuore di Lourdes”, l’Immacolata. Il secondo pellegrinaggio di
Giovanni Paolo II si chiude così, con qualche minuto di ritardo sui tempi del
protocollo e con le telecamere mute a scrutare per dieci minuti un volto che, a
differenza dell’arrivo, questa volta tiene per sé i suoi pensieri. Una
parentesi di solitudine interiore incorniciata prima e dopo da un lunghissimo
congedo, quasi centellinato, fatto di canti e di applausi, iniziato poco dopo
le 17.30.
A quell’ora,
Giovanni Paolo II è apparso sulla poltrona mobile dall’“Accueil Notre-Dame” che
lo ospitava ed ha iniziato, sotto un sole splendente, il lento tragitto verso
la Grotta, quasi gustando il contatto ravvicinato con le persone che lo
acclamavano sventolando cappelli, foulard, fazzoletti, bandierine. Ha sostato
per qualche istante quando una giovane mamma lo ha salutato insieme ai suoi
quattro bambini, uno tenuto in braccio. Un quarto d’ora di bagno di folla
seguito poi dal silenzio improvviso al momento della preghiera personale. Il
canto del “Salve Regina” riconsegna Giovanni Paolo II all’affetto rumoroso
della gente, ma il Papa – dopo aver impartito la benedizione – chiede ancora un
attimo per rimanere solo davanti al mistero che 146 anni fa ha reso sacra una
piccola e grigia caverna di Massabielle. Poco dopo le 18, la poltrona mobile
riprende la strada e Giovanni Paolo II saluta e benedice le persone che via via
gli sfilano accanto, quindi sale sulla vettura bianca, mentre il canto
incessante del “Magnificat” accompagna la partenza del Papa pellegrino. Un Papa
che in due giorni si è fatto vicino ai malati, a chi li serve, a chi ha
affidato la sua vita alle mani della Vergine in questa cittadella della
Francia. Un Papa che a Maria ha potuto ripetere una volta di più “Totus Tuus”.
**********
Alla conferenza stampa
conclusiva sul 104.mo viaggio apostolico di Giovanni Paolo II, è intervenuto il
cardinale Philipe Barbarin, arcivescovo di Lione, che ha presieduto in questi
giorni il Pellegrinaggio nazionale francese al Santuario Mariano. Il porporato
ha messo l’accento, tra gli altri, su un aspetto di questo evento: si è visto,
ha detto, il pellegrinaggio del Papa insieme al popolo di Dio. Un contatto umano
con la folla che lo ha molto impressionato. Sentimento, questo, che caratterizza
le testimonianze dei fedeli presenti alla messa presieduta dal Santo Padre,
raccolte da Alessandro De Carolis:
**********
R. – Io sono al servizio
dell’Ospitalitè de Accueil e svolgo i più umili servizi che servono per poter
accogliere i pellegrinaggi a Lourdes.
D. – Lei non viene sola qui a
Lourdes, ma con suo marito. Perché avete preso questo impegno di ritornare ogni
anno?
R. – Quest’anno
siamo solo io e mio marito, ma negli anni passati sono venuti con noi anche i
nostri figli e a Lourdes hanno trovato tantissimi giovani. Ed è questa la cosa
commovente, che in un mondo così brutto, qui tanti giovani decidano di passare
le loro vacanze aiutando i malati e facendo qualsiasi tipo di servizio con
umiltà e con grande spirito.
D. – E’ la prima volta che è
qui?
R. – E’ la prima volta. Sono
sicura di tornarci ancora.
D. – Che cosa l’ha colpita in
maniera particolare?
R. – La serenità dei malati. Il
loro sorriso sulle labbra è toccante, veramente toccante.
**********
Sul
Papa pellegrino a Lourdes e il significato di questo 104.mo viaggio apostolico
per il Pontificato di Giovanni Paolo II, ascoltiamo la nota del nostro
direttore generale, padre Pasquale Borgomeo:
**********
In sole trenta ore intensamente
vissute nel santuario di Lourdes il Papa pellegrino ha offerto con le sue
parole, i suoi gesti, la sua stessa presenza sofferente, una catechesi
commovente e profonda, nella quale sono ritornati tutti i grandi temi della sua
pastorale itinerante.
Pellegrinaggio ai piedi di Maria, stella del suo Pontificato, ma
anche a quel santuario che è il popolo di Dio, come volle definire i suoi
viaggi apostolici spiegando venticinque anni fa ai suoi collaboratori il significato
e il movente del suo incessante pellegrinare. E con il popolo di Dio il Papa ha
voluto unirsi in questo pellegrinaggio e quasi identificarsi con esso facendo
proprie le sue preghiere e le sue speranze, sentendolo vicino e solidale, desiderando
stringere ciascuno fra le sue braccia e soprattutto condividendo la sofferenza
dei malati.
E il popolo di Dio presente a
Lourdes ha risposto con la gioia e con le lacrime, ha sostenuto, incoraggiato
il Papa avvolgendolo in un abbraccio che coinvolgeva l’innocenza dei bambini,
l’entusiasmo dei giovani, la maturità degli adulti, la saggezza dei vecchi, la
solidarietà dei malati.
Il popolo di Dio ha compreso
quello che secondo la parola di Gesù viene rivelato ai piccoli e celato ai
sapienti di questo mondo: che esiste una stagione della vita segnata dalla sofferenza
fisica, ma che non è per questo meno feconda. Queste sono state le prime parole
del Papa inginocchiato davanti alla Vergine della Grotta. Parole che la grande
fatica non gli ha permesso di pronunciare, ma che sono giunte all’orecchio e al
cuore dei malati ai quali andava il primo pensiero del Papa. Queste parole sono
la chiave per comprendere il segreto di Lourdes e con esso il mistero della
insostituibile fecondità della Croce. A un mondo ossessionato dall’efficienza e
dalla produttività il Papa parla di fecondità della sofferenza; e la fecondità
non riguarda le cose, ma la vita e il destino dell’uomo.
Il Papa non ha scoperto la
fecondità della sofferenza quando la malattia ha bussato alla sua porta. Fin
dai giorni del vigore giovanile ha sempre visto nei malati un valore e un
tesoro insostituibile per il Regno di Dio. Ed è sotto gli occhi di tutti la
dimostrazione di questa realtà: i giovani che hanno sempre manifestato una vera
passione per il Papa atletico e vigoroso, hanno oggi per lui un amore forse
meno chiassoso ma certo più profondo per lui provato dalla malattia, perché
diventa per loro sempre più evidente quanto solido e indomabile è l’amore che
il Pastore ha per loro, non a parole ma con il suo donarsi a prezzo di sovrumana
fatica. Oggi non ripetono più quello che dissero alcuni di loro all’inizio del
Pontificato: ci piace il messaggero, ma non il messaggio. Il messaggio è rimasto
quello di sempre, esigente, ma la testimonianza data dal messaggero lo rende
più convincente.
Anche a Lourdes il vecchio Papa
ha riproposto ai giovani l’ideale di una donazione totale a Cristo. Anche a
Lourdes, sotto lo sguardo di Maria ha lanciato alle donne, definite sentinelle
dell’invisibile, l’appello a difendere con tutte le forze la vita umana, dal
concepimento fino al suo termine naturale.
Anche a
Lourdes, in un’ora così oscura e minacciosa per l’umanità intera, ha presentato
a Maria Immacolata le preghiere di tutto il popolo di Dio, e l’universale
aspirazione alla pace che sale anche dal cuore di chi non prega. Pace: che si
depongano le armi, che si spengano odio e violenza nei nostri cuori. Che ogni
uomo veda nell’altro non un nemico da combattere ma un fratello da accogliere e
amare per costruire insieme un mondo migliore.
Questa è la
preghiera finale del Papa pellegrino a Lourdes, questa la supplica che egli ci
esorta a rivolgere a Maria, perché Ella ottenga per il mondo il dono tanto
atteso della Pace.
**********
=======ooo=======
16
agosto 2004
GLI
ELETTORI VENEZUELANI CONFERMANO LA FIDUCIA AL PRESIDENTE, HUGO CHÁVEZ, MA
L’OPPOSIZIONE RESPINGE L’ESITO DEL REFERENDUM,
BOLLANDOLO
COME “FRODE GIGANTESCA”
-
Interviste con il cardinale Josè Castillo Lara e Maurizio Chierici -
Hugo
Chávez resterà alla guida del Venezuela fino a dicembre 2006. Lo hanno deciso
gli elettori, bocciando il referendum di revoca del suo mandato promosso
dall’opposizione. L’affluenza massiccia alle urne ha fatto slittare la chiusura
dei seggi, e due milioni di schede non sono state ancora scrutinate. Nonostante
il Coordinamento democratico, che riunisce i partiti dell’opposizione, continui
a proclamare vittoria, secondo i dati ufficiali il vantaggio del presidente
appare incolmabile. Da Caracas, Maurizio Salvi:
**********
“VENEZOLANA, VENEZOLANO DE
CONFORMIDAD CON EL ARTICULO…”
Il comunicato del Consiglio
nazionale elettorale che assegnava oltre il 58 per cento a Chavez è stato letto
dal suo presidente, Francisco Carrasquero, dopo una drammatica frattura
provocata da due membri vicini all’opposizione.
“Il nostro è un popolo che ha subito colpi di Stato e violenze, ma ora
vive in pace e democrazia e sta dando un esempio al mondo”. Rivolgendosi ai
suoi sostenitori dal balcone del palazzo presidenziale di Miraflores, Chávez ha
assicurato che la vittoria del ‘no’, nel referendum di ieri in cui era in gioco
il suo mandato, è la vittoria della costituzione bolivariana. Ricordando che lo
strumento del referendum revocatorio previsto dalla Costituzione bolivariana è
inedito sul pianeta Terra. “La nostra Costituzione si è imposta grazie a Dio e
alla volontà dei venezuelani”. Chávez ha detto che la sua è la vittoria di un
nuovo modello democratico e di un progetto di sviluppo alternativo a quello
selvaggio neoliberale, che ha condotto il Venezuela – ha concluso – alla
miseria, alla povertà, alla disuguaglianza e all’ingiustizia.
Da
Caracas, Maurizio Salvi, per la Radio Vaticana.
**********
Ma per un commento sul
referendum di ieri, di cui l’opposizione venezuelana respinge il risultato
definendolo “frutto di una frode gigantesca”, ascoltiamo al microfono di Luca
Collodi, il cardinale Josè Castillo Lara, presidente emerito della Pontificia
Commissione per lo Stato della Città del Vaticano, raggiunto telefonicamente
poco fa in Venezuela:
**********
R. – Ieri, per il referendum
hanno fatto una gigantesca frode, perché anzitutto c’è stato un afflusso alle
urne elettorali mai visto in Venezuela, però i centri elettorali, cambiando
quello che era disposto, avevano messo, come scrutinatori per aiutare i centri
elettorali, tutta gente del partito di governo. Gli exit poll indicavano che
c’era un 65 per cento a favore del ‘sì’, cioè della revocazione del mandato, e
solo un 35 o al più un 40 per cento a favore del presidente. Un favore che è
stato comprato con i soldi. Alla gente povera davano l’equivalente di 50-60
dollari, moneta americana, se votavano per il ‘no’, cioè per la conservazione
del presidente.
D. – Come sta reagendo la
Comunità cristiana del Venezuela a questo momento politicamente così difficile
ma significativo per la storia del Paese?
R. – Non lo posso ancora dire
perché qui sono appena le 7 del mattino e non c’è stato alcun pronunciamento da
parte dei vescovi, però qui praticamente l’80-90 per cento dei venezuelani sono
cattolici, almeno battezzati, anche se molti non professano. Si può dire che i
vescovi inviteranno affinché ci sia la pace, ma non possono approvare questo
referendum, questo risultato che per me è una frode.
**********
Su
come evolverà, a livello sociale, la situazione in Venezuela in seguito alla
vittoria elettorale di Chávez, l’analisi di Maurizio Chierici, esperto di America
Latina, intervistato da Andrea Sarubbi:
**********
R. - Non cambia nulla. E’ chiaro
che questi uomini stanno disegnando un Paese e, ricostruire un Paese, nel quale
malgrado l’enorme benessere non c’è ancora una ferrovia, 10 metri di ferrovia,
vuol dire un periodo di programmazione molto lungo, quindi continuerà un
disegno che può essere in questo senso definito Castrista, ma è un disegno che anche
Velasco, il quale negli anni ’70 aveva governato il Perù, aveva fatto…
D. – E dopo questi mesi di caos
come possono cambiare i rapporti tra il vincitore Chavez e l’opposizione
sconfitta?
R. – Noi parliamo di opposizione
come se fosse una sola, ma tra loro, questi 7 piccoli leader - ce ne sono
alcuni importanti come Mendoza, ma gli altri sono più piccoli - sono divisi in
maniera così profonda come potrebbe essere diviso Bertinotti da Mastella.
Bisogna trovare dentro gli uomini di Chavez, e potrebbe essere appunto
Giordani, che è un intellettuale raffinato e ministro della pianificazione, e
dentro gli uomini della Coordinadora, i punti più ragionevoli e culturalmente
più preparati.
**********
TRA FEDE E SPORT: AI NOSTRI MICROFONI LA
TESTIMONIANZA DI GIOVANNI PELLIELO, MEDAGLIA D’ARGENTO NEL TIRO A VOLO, ALLE
OLIMPIADI DI ATENE
Un
gradito ritorno sul podio olimpico: quello del tiratore italiano Giovanni
Pellielo. Nel tiro al piattello già quattro anni fa, a Sidney, era riuscito a
conquistare il bronzo, ed ora ad Atene 2004 un importante passo avanti,
l’argento, per puntare ora decisamente all’oro alle Olimpiadi di Pechino nel
2008. Accanto al costante impegno nella sua attività agonistica, che lo ha
visto prevalere nelle competizione dell’ultimo quadriennio, Pellielo non ha mai
nascosto di essere uomo di fede, nel cuore e nell’intelletto. Studente di
teologia e devoto alla Madonna: aspetti, questi che lo accompagnano
costantemente nella vita e nello sport. Sentiamo il suo commento dopo l’alloro
conquistato ad Atene nell’intervista realizzata da Giancarlo La Vella:
**********
R. - In questi 4 anni abbiamo
lavorato moltissimo dal punto di vista tecnico e psicologico. Indubbiamente i
risultati sono stati invidiabili. Abbiamo vinto due coppe del mondo e poi ora
ho vinto questa medaglia. Per cui è stata una escalation di risultati
assolutamente probante, frutto di un grande lavoro.
D. – Una tirata d’orecchie ai
mass media che trattano certi sport, tra cui il tuo, soltanto in determinate occasioni…
R. – Noi
abbiamo popolarità solo durante l’evento olimpico. Mi dispiace, perché il
nostro sport è espressione di valori che vanno ben al di là del semplice gesto
tecnico. Chi ha assistito alla finale ha visto Paesi islamici combattere al
fianco degli americani e al fianco degli italiani come me. Il nostro sport,
come messaggio di pace, di unione, di grandi valori, indubbiamente meriterebbe
una visione diversa.
D. – Uno sport il tuo che vuol
dare un messaggio di pace anche se attraverso un’arma. In fondo il fucile è
un’arma…
R. – La nostra arma è un
attrezzo sportivo, a renderla mortale sono gli
utilizzi deviati. Del resto negli utilizzi deviati non si parla solo di
armi, ma si può parlare di mazze da baseball, di forchette o di coltelli.
Quindi, tutto ciò che può nuocere. Poi si dimentica spesso il male che si può
fare con le parole. Di mezzi per fare del male ce ne sono molti. Direi che
l’arma che noi utilizziamo e soprattutto il nostro sport sono assolutamente non
rischiosi e all’ultima graduatoria della percentuale di incidenti dello sport.
Per cui siamo assolutamente dei non violenti e spariamo dei pezzi di pece che
tornano ad essere pece una volta frantumati. E’ un modo per divertirsi e per
stare insieme da 14 anni fino a 90.
D. – Una parola sul russo che è
riuscito a batterti…
R. – La medaglia d’oro Alipov è
un tiratore forte che non ha mai fatto un’impresa del genere, quindi ha avuto
sicuramente una giornata di grazia. Consideriamo che lui in finale di Coppa del
mondo, l’anno scorso a Roma, il giorno tra l’altro di beatificazione di Madre
Teresa, era arrivato terzo dietro di me a 9 piattelli. Quindi, voglio dire, è
un avversario battibilissimo.
D. – E tu comunque continui a
portare avanti il tuo allenamento. Già hai annunciato che ti proietti subito a
Pechino 2008…
R. – Io mi proietto a Pechino
perché questo argento è frutto di un grande lavoro, che merita, secondo me, il
coronamento con un oro.
**********
L’ULTIMO ADDIO DELLA POLONIA A CZESLAW MILOSZ,
PREMIO NOBEL
PER LA
LETTERATURA, SCOMPARSO SABATO SCORSO ALL’ETA’ DI 93 ANNI
- Ai
nostri microfoni, il prof. Andrea Ceccarelli -
La Polonia tributa in queste ore l’ultimo omaggio ad uno
dei suoi figli più illustri: il poeta e scrittore Czeslaw Milosz, premio Nobel
per la Letteratura nel 1980, morto sabato scorso all’età di 93 anni. Milosz era
uno dei più conosciuti intellettuali polacchi dissidenti. Nel dopoguerra ha
insegnato per molti anni letteratura slava negli Stati Uniti, ed era tornato in
Polonia soltanto alcuni anni fa. Il servizio di Stefano Leszczynski:
**********
Voleva conoscere parole che
fossero più durature della pietra, ma non avrebbe mai potuto farlo nella
Polonia del totalitarismo comunista. Fuggì nel 1951, nel periodo ‘buio’ della
Repubblica popolare, approdando prima in Francia e poi negli Stati Uniti.
Dall’esilio, con la mente prigioniera, lanciò un duro atto d’accusa contro
quegli intellettuali che avevano deciso di seguire la nuova religione comunista
o, più semplicemente, avevano deciso di servire il regime. La mente di Czeslaw
Milosz doveva infatti volare lontana e libera per potere approdare al massimo riconoscimento
del Premio Nobel per la letteratura, nel 1980, trasformandosi così da
pericoloso dissidente a simbolo della Letteratura polacca contemporanea. Il commento
di Andrea Ceccarelli, docente di letteratura polacca all’Università di Bologna,
e traduttore in italiano delle opere di Milosz:
“Soltanto nel 1980, all’indomani del Nobel, ci fu in Polonia una
riscoperta di Milosz e cominciarono ad essere pubblicate le sue opere, naturalmente
sotto censura, e Milosz fu celebrato come il poeta della Nazione: questo, suo
malgrado perché Milosz non ha mai celebrato i nazionalismi, anzi. La sua
tradizione è una tradizione di tolleranza che ci è cara anche nell’Europa di
oggi”.
Tornato
in Polonia negli anni Novanta, Milosz – polacco nato in Lituania – ha stabilito
la sua residenza a Cracovia. Tra le sue ultime opere tradotte in italiano, “Il
cagnolino sul bordo della strada” e, di prossima pubblicazione, “L’abecedario”.
**********
=======ooo=======
16
agosto 2004
APERTA
OGGI A DAEJEON, NELLA COREA DEL SUD,
L’VIII
ASSEMBLEA DEI VESCOVI ASIATICI CHIAMATI A RIFLETTERE SU
“LA
FAMIGLIA IN ASIA VERSO UNA CULTURA DI PACE”.
TRA I
200 PARTECIPANTI ALLA RIUNIONE, CHE PROSEGUIRA’ FINO AL 23 AGOSTO,
ANCHE LAICI E FAMIGLIE PER FAVORIRE UNO SCAMBIO
FRUTTUOSO DI ESPERIENZE
DAEJEON.
= I vescovi asiatici chiamati da oggi a riflettere su "La famiglia in Asia
verso una cultura della vita". Questo il tema della VIII Assemblea
plenaria della Federazione delle Conferenze episcopali dell'Asia (FABC), che si
è aperta oggi a Daejeon, nella Corea del Sud. Una consultazione flessibile nel
programma e aperta all'ascolto dello Spirito di Dio, che esprime la sua voce
attraverso quella dei pastori: questa l’intenzione sottesa alla riunione, che
si protrarrà fino al 23 agosto. I partecipanti, circa 200, devono anzitutto esaminare
le reazioni all'Instrumentum Laboris di vescovi, teologi e laici, soffermandosi
sulla redazione finale del testo strutturato in tre parti: "La situazione
pastorale della famiglia in Asia", "Riflessione teologico-pastorale
sulla realtà familiare nel Continente", "Raccomandazioni per una
pastorale della famiglia". A seguire nel corso dei lavori verranno sollevate
particolari questioni da sottoporre alla discussione generale. Parte
significativa dell'agenda sarà inoltre dedicata allo scambio di esperienze e
riflessioni tra i vescovi - molti dei quali partecipano per la prima volta
all’Assemblea - insieme a consulenti laici e famiglie invitate, in modo da dare
il massimo rilievo all'opinione della ‘base’ ecclesiale. L'unità nella
diversità della Chiesa in Asia si esprimerà in particolare nelle liturgie
eucaristiche e nelle altre celebrazioni giornaliere. Per informazioni è
possibile consultare il sito Internet della Federazione dei vescovi dell’Asia
all’indirizzo www.fabc.org (R.G.)
SAPERE DI PIU’ NON
SEMPRE AIUTA: I BAMBINI POSSONO BATTERE GLI ADULTI
NEI TEST DI MEMORIA: LO
HA DIMOSTRATO UNO STUDIO CONDOTTO DALL’UNIVERSITA’ DELL’OHIO, NEGLI STATI UNITI
COLUMBUS.
= Bambini ‘campioni’ nel tenere a mente maggiori informazioni. In un test di
memoria un bambino di 5 anni può infatti battere un adulto. Ad affermarlo un
gruppo di ricercatori del Centro per le scienze cognitive dell'Università
dell'Ohio, negli Stati Uniti. I bambini - hanno verificato - riescono a
riconoscere il 31 per cento delle immagini di animali già viste in precedenza,
mentre gli adulti si fermano al 7 per cento. Secondo gli studiosi, la memoria
degli adulti è limitata perché i grandi sanno più cose dei bambini e tendono ad
impiegare questa conoscenza nel momento in cui acquisiscono nuove informazioni.
La ricerca spiega anche come funziona il processo dell'induzione, il meccanismo
con cui a partire da fatti particolari si può giungere a leggi generali.
Secondo gli esperti dell'Ohio si può ragionare per categorie, il modo più
utilizzato dagli adulti. Per esempio, “se si sa che un particolare gatto ha un
cervello grande, allora si può indurre che tutti gli altri animali della stessa
categoria (ossia, tutti i gatti) hanno cervelli grandi. Ma si può fare
induzione anche per similarità. E quindi si può indurre che tutti gli animali
che assomigliano al gatto con il cervello grande devono necessariamente avere
un cervello grande”. E, su questo fronte, gli scienziati americani hanno
dimostrato che i bambini fanno uso di induzione per similarità, non per
categoria. Ed è proprio questo modo mentale di procedere che permette ai più piccoli
di superare gli adulti nei test di memoria. (R.G.)
PRIMA
CONDANNA IN CINA NELL’AMBITO DI UNA VASTA CAMPAGNA
PER
REPRIMERE LA PORNOGRAFIA SU INTERNET:
UN
TRIBUNALE HA INFLITTO 4 ANNI RECLUSIONE AD UNA DONNA
CHE
GESTIVA UN SITO A PAGAMENTO
PECHINO.
= Prima condanna in Cina nell'ambito di una campagna di repressione della
pornografia su Internet. Il Tribunale di Feng, nella provincia di Jiangsu, ha
riconosciuto la cittadina Wang Yanli colpevole di aver gestito un sito a
pagamento che trasmetteva spogliarelli. Lo ha reso noto oggi la televisione
nazionale cinese. 110 persone – ha informato l’emittente - erano abbonate al
sito incriminato, per prezzi fino a 600 yuan (circa 60 euro) all'anno, per
poter assistere a quattr'ore di spettacoli definiti “lascivi'' durante la
notte. La donna condannata avrebbe guadagnato in tre mesi 30 mila yuan (circa 3
mila euro). La vasta campagna, lanciata in Cina da un mese per arginare il
fenomeno della pornografia in rete, ha portato già a centinaia di arresti e
alla chiusura di 700 siti. (R.G)
I MASAI, NOTA COMUNITA’
DI PASTORI DEL KENYA, CHIEDONO AL GOVERNO
DI NAIROBI LA RESTITUZIONE DELLE PROPRIE
TERRE CEDUTE AGLI INGLESI
IN EPOCA COLONIALE
NAIROBI. = “Vogliamo che gli Inglesi ci
restituiscano le nostre terre, come segno di ammissione delle ingiustizie
storiche sofferte dalla comunità Masai”: è quanto dichiarato da Ben Ole,
presidente dell’Associazione della società civile di questo popolo, a margine
della manifestazione organizzata da alcune centinaia di Masai, a Nairobi, per
chiedere la restituzione delle terre concesse ai Britannici nel periodo
coloniale. Oltre mezzo milione di terre tribali, infatti, sono state cedute ai
coloni inglesi in base ad un trattato firmato nel 1904 dall’allora capotribù
Masai e dal governatore di quello che veniva chiamato Protettorato dell’Africa
Orientale. Nel 1911 fu siglato un secondo atto in conseguenza delle lamentele
degli allevatori inglesi per la mancata consegna dei terreni. In questi giorni,
stanno per scadere i due trattati sottoscritti (sotto le minacce, sostengono i
Masai) con gli occupanti britannici. Durante la dimostrazione, la tribù keniota
ha consegnato una petizione al ministro del Territorio e a quello della
Giustizia chiedendo l’avvio dei colloqui tra Masai, autorità inglesi e governo
locale sulle modalità di restituzione della terra da parte di circa 50 aziende
agricole britanniche. (F.S.)
PROSEGUE IN COLOMBIA IL
PELLEGRINAGGIO DI PACE DELLE RELIQUIE
DI SANTA TERESA DEL
BAMBIN GESU’, PATRONA DELLE MISSIONI,
CHE PARTITO IL 1° AGOSTO
SI CONCLUDERA’ IL 19 SETTEMBRE
BOGOTA’. = Saranno 35 le diocesi ed oltre 100 le
località toccate dalla “maratona spirituale”, delle reliquie di Santa Teresa
del Bambin Gesù, Patrona delle missioni. Il pellegrinaggio, partito il 1°
agosto si concluderà il 19 settembre, rende omaggio ai 40 anni di istituzione
canonica della Provincia di “Santa Teresita” dei Carmelitani scalzi in
Colombia. Le tappe del pellegrinaggio, promosso dai padri carmelitani con il
sostegno della Conferenza episcopale colombiana, saranno cattedrali, chiese
parrocchiali, conventi e soprattutto le comunità dei Carmelitani che apriranno
i loro luoghi di preghiera e di meditazione a tutti colori che renderanno
omaggio alla Santa. Per l’occasione, un gruppo di sacerdoti coordinerà tutte le
attività liturgiche, i momenti di preghiera e la celebrazione dei sacramenti.
Molto intensa è stata la campagna di preparazione a questo avvenimento, nei mesi
scorsi, attraverso stampa, radio, televisione e incontri spirituali nelle parrocchie.
(F.S.)
CELEBRATA IERI A LHASA, CAPITALE DEL TIBET, LA
FESTA DELLO SHOTON,
CUI HA PARTECIPATO L’ 11MO PANCHEN LAMA, NORBU,
LA SECONDA AUTORITA’ RELIGIOSA DOPO IL DALAI LAMA
LHASA.
= Sono circa 150 mila i pellegrini che si sono radunati ieri a Lhasa, capitale
del Tibet, per la festa dello Shoton, sulle alture che circondano il
monastero di Drepung. E’ stata questa l’occasione di una visita dell’11mo
Panchen Lama, Gyaltsen Norbu, ripresa dalla televisione di Stato cinese. Norbu,
15 anni, è stato infatti scelto dal governo di Pechino, che aveva rifiutato la
designazione di un altro bambino, indicato dal Dalai Lama nel 1995. Nel
buddismo tibetano il Panchen Lama è la seconda autorità dopo il Dalai Lama.
Questa è la terza visita di Norbu nella capitale tibetana e una delle poche
apparizioni in pubblico. Secondo un resoconto dell’agenzia cinese Xinhua, il
Panchen Lama ha incontrato a Lhasa anche i capi del Partito comunista locale e
circa 200 rappresentanti di tutti i settori della popolazione. Attualmente, il
governo cinese non permette di accogliere più di 700 religiosi all’interno del
monastero di Drepung mentre un tempo erano quasi 10 mila quelli ospitati. (F.S.)
=======ooo=======
16 agosto 2004
- A cura di Barbara Castelli -
Non si arresta il fenomeno dei
sequestri in Iraq. A Nassiriya, un giornalista franco-americano è stato rapito
da sconosciuti. Il ministero della Sanità locale, intanto, ha reso noto che nel
Paese, nelle ultime 24 ore, sono stati uccisi 19 iracheni ed oltre cento sono
rimasti feriti. Intanto, per salvare Najaf, anche
la Santa Sede è disponibile ad un’opera di mediazione. È quanto dichiarato,
stamani, in un’intervista dal cardinale segretario di Stato, Angelo Sodano. “Tutta
l'opera del Papa e della Santa Sede - ha spiegato il porporato ai microfoni del
Gr Rai - è un’opera di mediazione, anche se non sempre nel senso tecnico
previsto dal diritto internazionale, per il quale una mediazione può essere
richiesta solo da uno Stato. Ma esiste un altro tipo di mediazione, più vicina
a quello che possiamo chiamare buoni
uffici”. Il servizio di Dorotea Gambardella:
**********
L’ultimo
episodio di violenza riguarda la stazione di polizia di Latifiah, circa
cinquanta chilometri a sud di Baghdad, attaccata da militanti armati.
Nell’assalto, due guerriglieri sono stati uccisi, mentre quattro agenti sono
rimasti feriti. Continuano, intanto, i combattimenti a Najaf, nelle cui
vicinanze, ieri, tre soldati americani hanno perso la vita, in una battaglia
con le milizie fedeli al leader religioso, Moqtada al-Sadr. Sul piano politico,
la conferenza nazionale irachena, riunita in questi giorni a Baghdad, ha deciso
di inviare una delegazione dal capo sciita, per chiedergli di ritirare i propri
uomini dal mausoleo dell’Imam Ali e di trasformare il proprio gruppo in un
partito politico. Dal canto suo al-Sadr, stando a quanto riferito da un
portavoce, è pronto a riprendere i negoziati di pace per porre fine agli
scontri, che da oltre dieci giorni insanguinano la città santa. In merito alla
vicenda degli ostaggi, infine, il vice-governatore di Nassiriya, Adnane
al-Charifi, ha confermato la notizia diffusa dall’emittente televisiva araba Al
Jazeera, sul sequestro di un giornalista francese con passaporto statunitense.
Il cronista, il cui nome è Micah Garen, stava passeggiando per le strade del
mercato, nel centro cittadino, quando è stato rapito da un gruppo di
guerriglieri non ancora identificati. Il reporter, secondo quanto testimoniato
dal comando del contingente italiano, aveva lasciato lo scorso 12 agosto la
base italiana di Camp Mittica, dove alloggiava e dove è stato visto per
l’ultima volta.
**********
Operazione congiunta ieri in
Afghanistan contro i talebani. Forze aeree statunitensi e di terra
dell’esercito regolare di Kabul hanno sferrato un’offensiva in una regione
dell’Afghanistan, al confine con il Pakistan, uccidendo almeno sei membri
dell’ex regime e catturandone altri undici. Nella mattinata un’imboscata tesa
dalla guerriglia aveva provocato la morte di alcuni soldati dell’esercito
afghano, nel distretto di Maiwand, a una cinquantina di chilometri da Kandahar.
L’esplosione di una mina ieri in
Pakistan, nella provincia di Quetta, ha causato la morte di quattro uomini
appartenenti a formazioni paramilitari pakistane. I quattro stavano scortando
alcuni lavoratori della compagnia petrolifera nazionale. Nell’ultimo periodo
nel Paese si sono moltiplicati gli assalti contro paramilitari e impiegati del
settore petrolifero: si tratta di attentati apparentemente sferrati da membri
delle tribù locali che vogliono ottenere il controllo sui pozzi petroliferi.
Secondo le autorità, comunque, queste azioni di guerriglia non sono legate al
terrorismo di Al Qaida.
Sempre
alta la tensione in Medio Oriente. Un palestinese ha perso la vita stamani
sotto il fuoco dell’esercito israeliano a Nablus, in Cisgiordania. La scorsa
notte, invece, due palestinesi sono rimasti uccisi nel corso di un raid
israeliano nel campo profughi di Jabalia, nel nord della Striscia di Gaza.
Ieri, intanto, circa 1.500 palestinesi, detenuti in Israele, hanno cominciato
uno sciopero della fame ad oltranza, per protestare contro le condizioni di
vita in prigione. L’iniziativa ha indotto la polizia di Gerusalemme a
proclamare lo stato di allerta per il timore di attentati.
La Corea del Nord non
parteciperà alla prossima sessione di colloqui a sei per risolvere la crisi
innescata dal suo programma nucleare. Lo riferisce un comunicato ufficiale
diffuso dalla agenzia KCNA, nel quale si sostiene che la politica estera degli
Stati Uniti impedisce la partecipazione di Pyongyang. I negoziati fino ad ora
sono stati condotti dalle due Coree, Russia, Cina, Giappone e Stati Uniti.
Si svolgeranno oggi, in Burundi, i funerali delle 160
vittime del massacro avvenuto venerdì nel campo profughi di Gatumba, al confine
con la Repubblica democratica del Congo. La frontiera tra i due Paesi è stata
chiusa, mentre si indaga sulle responsabilità: il Consiglio di sicurezza
dell’ONU – che ha duramente condannato la strage – ha lanciato un appello ai
governi di Bujumbura e Kinshasa perché venga fatta luce. Il servizio di Giulio
Albanese:
**********
Il Consiglio di sicurezza
dell’ONU ha condannato il massacro di Gatumba, perpetrato venerdì in un campo
profughi in territorio burundese e ha lanciato un appello al governo di
Bujumbura e alle autorità della Repubblica democratica del Congo, affinché cooperino
per catturare e processare i colpevoli. Del massacro compiuto con metodi
efferati, all’arma bianca, sono ritenuti responsabili i ribelli burundesi delle
cosiddette Forze nazionali di liberazione, che hanno le loro basi operative in
territorio congolese. Ma è anche possibile che vi sia stata la partecipazione
di miliziani legati al regime del defunto presidente rwandese. Se da una parte
si pone sempre più il problema della sicurezza per la popolazione civile
sfollata in Burundi, che, comunque, dovrebbe risiedere in zone protette, lontane
da confini minacciosi, come appunto quello congolese, dall’altra si teme una
recrudescenza della tensione a livello regionale. Le autorità del Burundi hanno
deciso ieri di chiudere la frontiera con il Congo, mentre il governo rwandese è
sceso in campo con dichiarazioni minacciose nel timore di subire, a sua volta,
aggressioni dal vicino Congo. La questione di fondo è che il Burundi, in stato
di guerra civile dal ’93, quando venne assassinato il presidente
democraticamente eletto, potrà ritrovare la pace solo quando nel vicino Congo
si normalizzerà la situazione. Tutti sanno che le ricche regioni orientali
dell’ex Zaire sono in preda a bande armate per il controllo delle immense
risorse minerarie, nonostante gli accordi di pace di Pretoria tra gli ex
signori della guerra. Il massacro di Gatumba, dunque, come cartina di tornasole dei mali che affliggono la regione
dei Grandi Laghi.
Per la Radio Vaticana, Giulio
Albanese.
**********
Entra in
carica oggi, nella Repubblica Dominicana, il presidente liberale, Leonel Fernández, del Partito di Liberazione dominicana.
Principale obiettivo del suo mandato: il riassetto dell’economia. Fernández, avvocato 50 enne, già capo di Stato dal ’96
al 2000, succede ad Hipólito Mejía.
Il passaggio dell’uragano
Charley ha causato in Florida almeno 16 morti, migliaia di senzatetto e danni
per 15 miliardi di dollari, secondo una stima preliminare della Protezione
civile dello Stato. Il presidente americano, George Bush, si è recato ieri a
Punta Gorda e Port Charlotte, due località costiere particolarmente colpite
dalla furia dell’uragano.
Ennesimo trionfo per Maranello.
A Budapest la Ferrari ha conquistato il suo sesto titolo Mondiale consecutivo,
il 14.esimo della sua storia, e lo ha fatto nel migliore dei modi, con una
doppietta. Il traguardo è stato tagliato da Michael Schumacher, alla sua
12.esima vittoria in 13 gare; secondo Rubens Barrichello. Con i 18 punti
conquistati ieri la Ferrari si è matematicamente aggiudicata, con cinque gare
di anticipo, il mondiale costruttori.
=======ooo========