RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVIII n. 228 - Testo della trasmissione di domenica 15 agosto 2004

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

“La Vergine di Lourdes parla anche a noi cristiani del terzo Millennio”: la voce di Giovanni Paolo II, si leva dal Santuario mariano dove stamane ha celebrato la Santa Messa e recitato l’Angelus, nell’odierna solennità dell’Assunzione. Il commento di padre Pasquale Borgomeo

 

Il cordoglio del Papa per le nuove violenze in Burundi

 

 50 anni fa il primo Angelus del Papa Pio XII trasmesso dalla Radio Vaticana. Il ricordo di padre Antonio Stefanizzi, allora direttore della nostra emittente.

 

OGGI IN PRIMO PIANO

La parola agli elettori oggi in Venezuela per il referendum sul mandato del presidente Chavez. Incerto l’esito del voto, che può avere riflessi anche sulla produzione del petrolio mondiale. Intervista con Maurizio Chierici.

 

CHIESA E SOCIETA’:

Presentato stamani al Viminale dal ministro Pisanu il rapporto annuale del Ministero dell’Interno sulla sicurezza in Italia

 

Visita del presidente Bush in Florida, colpita tra venerdì e sabato dall’uragano ‘Charley’, che ha provocato la morte di 15 persone e migliaia di senza tetto

 

Sciopero della fame per almeno 4 mila palestinesi detenuti nelle prigioni di Israele

 

Grande partecipazione alla “Marcia per la vita e per la pace”, che si è tenuta venerdì scorso lungo le strade delle città del Guatemala.

 

24 ORE NEL MONDO:

Iraq: al via la Conferenza nazionale per la ricostruzione istituzionale del Paese, mentre sono ripresi gli scontri a Najaf

 

Ennesima minaccia terroristica all’Italia e al suo governo: scade oggi l’ultimatum per il preteso ritiro delle sue truppe dal suolo iracheno

 

Si riaccende la violenza in India. Nel giorno dell’indipendenza almeno 15 persone sono morte per l’esplosione di una bomba

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

15 agosto 2004

 

 

NELLA SECONDA GIORNATA DEL SUO VIAGGIO APOSTOLICO A LOURDES

GIOVANNI PAOLO II, PELLEGRINO TRA I PELLEGRINI,

RIVOLGE UN PARTICOLARE APPELLO ALL’INTERA UMANITA’,

SPECIE AI GIOVANI E ALLE DONNE A PORSI IN ASCOLTO DELLA VERGINE

- A cura di Roberta Gisotti -

 

“Da questa grotta di Massabielle, la Vergine parla anche a noi, cristiani del terzo millennio. Mettiamoci in ascolto”: la voce di Giovanni Paolo II, flebile e incerta nei toni ma forte e sicura di “un messaggio per tutti”, ha riecheggiato stamane da Lourdes per l’umanità nel mondo intero: “siate donne e uomini liberi! – ha detto - Ma ricordate: la libertà umana è una libertà ferita dal peccato”, che ha bisogno di essere liberata da Cristo. Una grande folla si è raccolta stamane nell’ampia distesa verde, chiamata “Praire”, davanti al Santuario mariano dove il Papa ha presieduto questa mattina la Santa Messa, e recitato l’Angelus, nell’odierna solennità dell’Assunzione al Cielo di Maria. “Il male e la morte non avranno l’ultima parola”, ha rammentato nella sua omelia. Si è aperta all’insegna di questa promessa di fede la seconda giornata del pellegrinaggio che ha portato il Santo Padre - ancora una volta, dopo la prima visita nel 1983 – nella cittadina pirenaica di Lourdes, per onorare i 150 anni del dogma dell’Immacolata Concezione, proclamato – lo ricordiamo - da Pio IX, l’8 dicembre del 1854. E, fu proprio la giovane Bernadette, quattro anni dopo ad incontrare la Vergine che le apparve nella grotta di Massabielle come ‘l’Immacolata Concezione’. Ma ascoltiamo la cronaca di questo 104 viaggio apostolico del Papa, nel servizio del nostro inviato Alessandro De Carolis:

 

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Rispettare la vita, perché è un dono sacro “di cui nessuno può farsi padrone”. A partire dalle donne che, nell’umanità secolarizzata di oggi, sono chiamate ad essere testimoni dei “valori più essenziali”, quelli che si vedono solo con gli occhi del cuore. E poi i giovani: ascoltino la Vergine che, soprattutto a Lourdes, può suggerire loro una parola che dia “senso” alla loro vita, per divenire “speranza del mondo”.

 

Un appello “pressante”, uno “speciale” e un invito: dopo essersi immerso per una giornata nella dimensione profondamente spirituale di Lourdes - ed aver preso contatto, pellegrino tra i pellegrini, con i simboli, le devozioni e l’umanità sofferente che ne sono la linfa vitale - Giovanni Paolo II ha, per così dire, “ripreso” le vesti di pastore universale per ribadire, alle 250 mila persone radunatesi sulla grande spianata erbosa del Santuario di Lourdes per la Messa, alcuni punti fermi della fede e dell’impegno cristiano di ciascuno, a qualsiasi latitudine del pianeta. A partire da due dogmi mariani, quello dell’Immacolata Concezione e dell’Assunta, “intimamente legati” oggi a Lourdes in uno straordinario momento celebrativo.

 

(musica)

 

Sotto un sole insolitamente caldo, che ha reso indispensabili le 300 mila bottiglie d’acqua predisposte dal servizio di accoglienza, cordoni di pellegrini hanno cominciato a riversarsi nella spianata fin dalle tre e mezzo del mattino. Giovani, adulti, anziani, ammalati sulle carrozzine o sulle lettighe, ognuno – come accade di vedere a Lourdes - con una preghiera sulle labbra, ora cantata, ora sommessa, ora solo muta. Un grande applauso, riecheggiato a onde, ha accolto Giovanni Paolo II, che ha fatto il suo ingresso sulla “Prierie” poco prima delle dieci. Imponente la processione dei concelebranti che ha preceduto l’arrivo del Papa sull’altare, modificato per offrire ai presenti una migliore visuale: una ventina di cardinali, oltre 80 vescovi e 1200 sacerdoti. Ad assistere alla Messa era presente anche l’Esarca Emmanuel del Patriarcato di Costantinopoli in Francia, presidente degli ortodossi francesi. Inoltre, nei vari settori attorno all’altare, erano disposti 2000 tra malati e portatori di handicap. A tutti, il Pontefice ha indicato la figura di Maria come “modello” di servizio, di “attenzione colma di tenerezza”, di “gioia” che nasce dall’umiltà: virtù scolpite dal brano evangelico di oggi, che descrive la visita della Madonna a Elisabetta:

 

À SA COUSINE, LA VIERGE NE DONNE PAS …

“Alla cugina, la Vergine non dona semplicemente qualcosa di sé; dona se stessa, senza chiedere nulla in cambio. Ha perfettamente capito che il dono ricevuto da Dio più che un privilegio è un compito, che la impegna verso gli altri con la gratuità che è propria dell’amore”.

 

La consapevolezza del dono, Maria la canta nel Magnificat, al quale – ha osservato il Papa – “segue il silenzio”, perché “il bene - ha aggiunto – non fa rumore”, quando “la forza dell’amore si esprime nella quiete discreta del servizio quotidiano”. Una verità, questa, che nella cittadella di Lourdes acquista uno spessore particolare, attraverso la vita delle migliaia di volontari che offrono tempo e talenti per dare aiuto senza pensare al riposo. In Maria, ha proseguito Giovanni Paolo II, i credenti non hanno solo un punto di riferimento, ma anche il segno visibile della “promessa” fatta da Dio all’uomo del dono della speranza e della consolazione. E’ questo, ha affermato il Pontefice, il significato ultimo dei dogmi dell’Assunzione, e dell’Immacolata Concezione, ricordato a 150 anni dalla sua proclamazione. Da questo insegnamento – sottolineato da frequenti applausi - sono scaturiti gli appelli finali del Papa ai giovani - perché la vita cristiana è sì esigente, ma anche piena di gioia e di pace – alle donne, perché siano “sentinelle dell’Invisibile”, e per l’accorata difesa della vita:

 

À VOUS TOUS, FRÈRES ET SOEURS …

“A tutti voi, fratelli e sorelle, lancio un pressante appello perché facciate tutto ciò che è in vostro potere affinché la vita, tutta la vita, sia rispettata dal concepimento sino alla sua fine naturale. La vita è un dono sacro, di cui nessuno può farsi padrone!”.

 

All’Angelus, durante il quale il Papa ha salutato i pellegrini in sette lingue, sono stati i 7 mila partecipanti al Pellegrinaggio nazionale francese a ricevere un saluto particolare dal Pontefice, il quale – ricordando gli incontri avuti con i giovani francesi negli anni passati – ha esclamato:

 

CES RENCONTRES ONT ÉTÉ POUR MOI …

“Questi incontri mi hanno dato una grande speranza, che oggi voglio condividere con voi, cari giovani amici. Ponetevi alla scuola di Maria e porterete nel mondo una ventata di speranza!”

 

(musica)

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La sofferenza del Papa in primo piano in questa visita al Santuario di Lourdes, dove Giovanni Paolo II è giunto pellegrino tra i pellegrini, malato tra i malati, e tra migliaia di fedeli ha partecipato ieri pomeriggio - pure affaticato dal viaggio - alla Recita del Santo Rosario e più tardi in serata ha assistito alla processione aux flambeaux. Eventi carichi di emozione, come ci racconta ancora il nostro collega da Lourdes, Alessandro De Carolis:

 

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Pace per un mondo in cui gli uomini smettano di farsi la guerra e imparino a vedere nei propri simili un fratello e non più un nemico. Con lo sguardo rivolto ad una delle immagini più tradizionali e suggestive del Santuario di Lourdes – la scia delle migliaia di candele della processione aux flambeaux – Giovanni Paolo II ha introdotto ieri sera verso le 21 il momento finale che ha chiuso la prima giornata del suo pellegrinaggio a Lourdes. Dalla terrazza dell’Accueil Notre-Dame - la struttura nella quale alloggia il Pontefice – il Papa ha fatto risuonare sulla veduta dell’esplanade punteggiata di migliaia luci l’ennesima richiesta di pace:

 

INVOQUEZ AVEC MOI LA VIERGE MARIE … 

“Invocate con me la Vergine Maria perché ottenga al mondo il sospirato dono della pace. Fioriscano negli animi sentimenti di perdono e di fratellanza. Si depongano le armi e nei cuori si spengano l’odio e la violenza”.

 

Tra sventolio di fazzoletti e acclamazioni, il Papa ha spiegato il significato spirituale del camminare con le fiaccole accese: un procedere con Maria, ha detto, “nel pellegrinaggio della fede, della speranza e dell’amore” per rinnovare l’impegno personale a “servizio della riconciliazione, del dialogo e della solidarietà”.

 

In precedenza, nel pomeriggio, decine di migliaia di pellegrini avevano partecipato con Giovanni Paolo II all’inedita celebrazione dei Misteri luminosi del Rosario, svoltasi in un clima di intenso raccoglimento spirituale. A bordo della Papamobile, il Pontefice ha toccato cinque luoghi simbolici del Santuario di Lourdes, uno per ogni mistero – dalle piscine alla Basilica di nostra Signora del Rosario - atteso di volta in volta da un gruppo rappresentativo delle categorie che animano il Santuario: malati, volontari, medici, clero. Avviando la preghiera mariana per eccellenza dal luogo delle apparizioni, Giovanni Paolo II aveva esordito con queste parole:

 

M’AGENOUILLANT ICI PRÈS DE LA GROTTE DE MASSABIELLE …

“Inginocchiandomi qui, presso la Grotta di Massabielle, sento con emozione di aver raggiunto la meta del mio pellegrinaggio. Questa grotta, dove apparve Maria, è il cuore di Lourdes”.

 

Un cuore, quello stesso della Vergine, al quale il Papa, prima di iniziare il Rosario, ha affidato un’altra preghiera: quella per “le vocazioni al sacerdozio e alla verginità per il Regno di Dio”. E al quale, al termine del Rosario – in una bella preghiera quasi in forma poetica – ha chiesto una grazia di sapienza, radice spirituale da cui dipende il dono della pace per gli uomini: “Insegnaci a costruire il mondo dal di dentro – è stata la preghiera del Papa alla Madonna - nella profondità del silenzio e dell’orazione, nella gioia dell’amore fraterno, nella fecondità insostituibile della Croce.”

 

Da Lourdes, Alessandro De Carolis, Radio Vaticana.

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“Ho raggiunto la mia meta”, aveva detto dunque ieri Giovanni Paolo II, al suo arrivo a Lourdes, che si appresta oggi pomeriggio a lasciare, con un volo previsto alle 19 dall’aeroporto di Tarbes e arrivo a Roma-Ciampino intorno alle 20.45. Ma prima della partenza lo attendono ancora, dopo il pranzo con i vescovi e cardinale francesi consumato nell’Accueil di Notre-Dame, due appuntamenti: il congedo dal cappellani e dal personale del Santuario, e dal Comitato organizzatore e la preghiera privata nella Grotta di Massabielle, che suggellerà il viaggio. Un viaggio toccante per tanti motivi, come ci testimonia padre Pasquale Borgomeo, direttore generale della nostra emittente, al seguito del Papa:

 

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E’ veramente arduo cercare di descrivere a parole la straordinaria esperienza spirituale vissuta questa mattina, a Lourdes, da più di 250 mila pellegrini di ogni parte del mondo, venuti a partecipare all’Eucaristia celebrata dal Papa nella festa dell’Assunzione di Maria Immacolata.

 

Condivisione del Corpo e sangue di Cristo nel quadro di una condivisione di sofferenza e di speranza tante volte evocata dal Papa in questo suo commovente pellegrinaggio. La commozione non sentimentale, ma profonda, ti coglie in ogni angolo di questa cittadella della speranza e della solidarietà, in ogni momento della sua incessante testimonianza di solidarietà e di preghiera.

 

La celebrazione si è svolta in una esemplare compostezza con una ammirabile armonia liturgica. In essa, hanno avuto particolare presenza i giovani ed i malati. All’offertorio, per esempio, sono stati offerti da loro il pane ed il vino. Dunque, specie eucaristiche e sofferenza, niente di più. Un calice, appunto, è stato portato all’Altare da una ragazza in carrozzella. Nel corso dell’Omelia, la partecipazione si è espressa attraverso il linguaggio degli applausi. 23 volte è stato interrotto il Santo Padre. Ma questi applausi hanno talvolta sottolineato i passi più salienti dell’Omelia, altre volte sono venuti per consentire una pausa di respiro prima di riprendere il discorso. Solidarietà tacita, eppure eloquente del popolo di Dio, in special modo quello piagato e sofferente, che viene a Lourdes per trovare sollievo  o dare  solidarietà.  Sulla attenzione e  la tenerezza verso chi soffre si è

soffermato il Papa, commentando la visita di Maria ad Elisabetta, e ha incoraggiato quell’amore concreto che si esprime non a parole, ma ad un impegno personale di assistenza, quello che esprime la gratuità propria dell’amore.

 

Da Lourdes, per Radio Vaticana, padre Pasquale Borgomeo.

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IL CORDOGLIO DEL PAPA PER LE NUOVE VIOLENZE IN BURUNDI

 

I nuovi atti di violenza che hanno investito il Burundi preoccupano il Papa, che ha fatto giungere stamane un telegramma di cordoglio per le vittime firmato dal cardinale Angelo Sodano, segretario di Stato, al nunzio apostolico del Paese africano, mons. Paul Gallangher. Giovanni Paolo II assicura le sue preghiere per tutte le persone coinvolte in questo dramma, perché trovino sostegno e conforto in questa sofferta prova ed incoraggia tutti i soccorritori e l’Alto Commissariato delle nazioni Unite per i rifugiati, nella loro importante missione in aiuto ai feriti ed ai profughi della regione. Ricordiamo che almeno 160 persone sono morte e 111 sono rimaste ferite in un attacco venerdì sera in un campo profughi di tutsi congolesi a Gatumba, nei pressi della capitale Bujumbura, e della frontiera con la Repubblica democratica del Congo, e di cui si ignorano ancora con certezza gli autori.

 

 

IL 15 AGOSTO DEL 1954 PER LA PRIMA VOLTA LA RADIO VATICANA

DIFFONDEVA LA TRASMISSIONE RADIOFONICA DELLA PREGHIERA DELL’ANGELUS

DA PARTE DI UN PAPA. IL SIGNIFICATO DELL’INIZIATIVA DI PIO XII NEL RICORDO

DI PADRE STEFANIZZI, ALLORA DIRETTORE DELLA NOSTRA EMITTENTE

 

Il 15 agosto del 1954 per la prima volta la Radio Vaticana diffondeva la trasmissione radiofonica della preghiera dell’Angelus da parte di un Papa:

 

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(voce Pio XII)

 

ANGELUS DOMINI NUNTIAVIT MARIA ...

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Era Pio XII a iniziare l’appuntamento domenicale, oggi ormai consueto, e sceglieva il giorno dell’Assunzione. Si trovava nella sala del Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo, accompagnato dai dignitari ecclesiastici dell’Anticamera pontificia e da alcuni religiosi della Compagnia di Gesù, con l’allora direttore padre Antonio Stefanizzi. Proprio a padre Stefanizzi Marco Cardinali ha chiesto di raccontare come nasceva l’iniziativa:

 

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R. – Pio XII è stato un grande devoto di Maria, un cantore delle sue glorie ed un promotore del suo culto. Il 1° novembre 1950 aveva solennemente proclamato il dogma dell’Assunzione di Maria Vergine in cielo, in corpo e anima. Il 15 agosto 1954 i fedeli sarebbero stati invitati ad associarsi alla recita dell’Angelus fatta dal Papa alle ore 12.00.

 

D. – Padre, lei era il direttore, a quel tempo, della Radio Vaticana. Quali sono i suoi ricordi e anche l’emozione di quel primo Angelus recitato così pubblicamente dal Santo Padre?

 

R. – Il Papa è stato sempre un maestro di verità. Incuteva rispetto e venerazione e per la sua dottrina e per la sua pietà. Inoltre, Pio XII manifestava esternamente una paternità e una benevolenza che colpiva coloro che lo avvicinavano. Come indole era portato piuttosto ad estraniarsi dalle persone. Doveva essere e apparire sempre come il Pontefice. Ma con coloro che egli conosceva si apriva sereno, pronto anche a scherzare e ad interessarsi di fatti e di aneddoti che capitavano intorno a Castel Gandolfo.

 

D. – Lei ha avuto mai occasione di raccogliere qualche curiosità, qualche confidenza?

 

R. – Devo dire che mi ha colpito questa fiducia nella Madonna. Il giorno prima di una grossa solennità in Piazza San Pietro, una volta dissi: “Padre Santo,  chissà se domani sarà una bella giornata …”. E il Papa disse, dopo un momento di attesa: “Gliel’ho detto alla Madonna. Domani sarà una bella giornata”. E la realtà gli dette ragione.

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OGGI IN PRIMO PIANO

15 agosto 2004

 

 

LA PAROLA AGLI ELETTORI OGGI IN VENEZUELA PER IL REFERENDUM SUL MANDATO

DEL PRESIDENTE CHAVEZ. INCERTO L’ESITO DEL VOTO, CHE PUO’ AVERE RIFLESSI

ANCHE SULLA PRODUZIONE DEL PETROLIO MONDIALE

 

Urne aperte oggi in Venezuela per i 14 milioni di elettori che devono esprimersi sul referendum revocatorio del mandato del presidente Hugo Chavez. L’esito della tornata elettorale, che si annuncia incerto, richiama l’attenzione anche della comunità internazionale. Il Venezuela, infatti, è il quinto produttore di petrolio del mondo e controlla le maggiori riserve petrolifere mondiali fuori dal Medio Oriente. Il servizio di Maurizio Salvi:

 

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I sondaggi della vigilia hanno in genere concesso al capo dello Stato un comodo vantaggio sull’opposizione del Coordinamento democratico, ma gli esponenti di questa la pensano al contrario e il governatore dello Stato di Miranda, Enrique Mendoza, ha previsto una vittoria delle forze contrarie a Chavez con un margine di un milione di voti. Per scongiurare scenari drammatici e per calmare gli animi, l’ex presidente statunitense Jimmy Carter e il segretario generale dell’Organizzazione degli Stati Americani, César Gaviria, ha incontrato il capo dello Stato, l’opposizione, le autorità elettorali e le forze armate. Al termine, Carter ha detto che il referendum sarà “onesto, imparziale e trasparente”. Tutti se lo augurano, e comunque gli occhi degli osservatori di tutto il mondo sono puntati su quanto succederà in Venezuela perché da questo voto dipende anche un’eventuale ulteriore impennata del prezzo del petrolio. Quello che appare certo è che la partecipazione al voto sarà più alta che in precedenti consultazioni elettorali, cosa che renderà la fase finale del referendum ancora più incerta e complessa. L’importante sarà che il margine di vittoria dell’una o dell’altra parte sia molto ampio, altrimenti non si possono escludere denunce di brogli e un sussulto della tensione.

 

Da Caracas, Maurizio Salvi per la Radio Vaticana.

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Fin dai giorni della raccolta delle firme, l’iter di questa consultazione popolare è stato molto travagliato, ed ha visto il Paese spaccarsi in due. Andrea Sarubbi ne ha parlato con Maurizio Chierici, esperto di America Latina:

 

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R. – Dopo il colpo di Stato mancato, dopo uno sciopero che è durato ufficialmente un mese e mezzo, ma in realtà sei, e che ha ‘tagliato le vene’ al Paese - non c’era più petrolio, si succedevano i boicottaggi in tutti i campi - l’opposizione ha chiesto subito che il referendum fosse anticipato. È chiaro che, in quel momento, il Paese era ‘alle corde’ e Chavez sarebbe stato battuto e, per questo, il capo dello Stato lo ha contrastato duramente. Solo nell’ultimo anno - con la ripresa dell’economia, la crescita del PIL superiore al 12 per cento e l’incremento del prezzo del petrolio - il governo è riuscito a dare al Paese una patina di benessere - anche se i poveri sono ancora l’80 per cento - e può, quindi, permettersi di affrontare il voto in maniera più sollevata.

 

D. – Tra i più forti oppositori di Chávez e tra i promotori di questo referendum c’è la borghesia venezuelana: perché?

 

R. – Il problema vero è che il Venezuela dipende dal petrolio e per circa 25 anni i governi precedenti hanno fatto uscire dal 20 al 23 per cento di greggio - più o meno l’equivalente della produzione del Kuwait - senza passare per la dogana, senza sapere a chi venisse venduto, né dove fossero finiti i soldi. Ora che ciò non accade più, questa “borghesia del petrolio” reagisce duramente contro ogni tipo di controllo. Per capire quanto il Venezuela fosse concentrato sul petrolio, teniamo presente che in 30 anni di grande benessere nel Paese non è mai stata costruita una ferrovia: è l’unico Paese al mondo che non ha 50 metri di rotaie.

 

D. – L’accusa più ricorrente di questa borghesia del petrolio a Chavez è di avere “cubanizzato” il Paese …

 

R. – Sì, è vero, ci sono molti cubani e ne stanno arrivando altri 5 mila. Ad un certo momento, Chavez ha deciso di costruire ospedali anche nelle zone più disagiate, perché gli ospedali erano quasi tutti nelle città e chi abitava nelle Ande doveva fare 200 chilometri per vedere se ci fosse posto. Quando ne ha ultimati 500 lungo la Cordigliera, in modo che servissero sia la campagna sia le montagne, c’è stato uno sciopero generale di 6 mesi da parte dei medici, che non volevano lasciare le città. Allora, il presidente ha chiamato i medici cubani. Lo stesso è avvenuto per le scuole: i maestri non sono voluti uscire dagli Istituti, quasi tutti privati, per andare nelle campagne, e Chavez ha chiamato i cubani. In cambio, dà 150 mila barili di petrolio al giorno a Cuba. Quindi, compie un doppio sgarro: sul piano internazionale, perché rompe il blocco di Cuba, e su quello nazionale, perché sostituisce i medici e i maestri venezuelani con colleghi stranieri.

 

D. – Come mai, nonostante queste aperture a Cuba, gli Stati Uniti non stanno ostacolando Chavez, proprio adesso che rischia di perdere il potere?

 

R. – Io credo che il Venezuela sia l’ultimo pensiero di Bush, perché Chavez è sì irritante, è un provocatore, fa promesse che non mantiene, è un populista straordinario… ma ha anche un’altra faccia, cara agli Stati Uniti: quella di perfetto fornitore di petrolio. Anzi, a Washington fa addirittura degli sconti rispetto ai prezzi di mercato. Così, dopo aver cercato di buttarlo fuori due volte, gli Stati Uniti non hanno più intenzione di toccarlo: vorrebbe dire destabilizzare, andare col cerino accanto ai pozzi di Caracas. Ed è dal Venezuela – secondo fornitore degli Usa – che viene il petrolio più comodo per l’America.

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CHIESA E SOCIETA’

15 agosto 2004

 

 

PRESENTATO STAMANI AL VIMINALE DAL MINISTRO PISANU

IL RAPPORTO ANNUALE DEL MINISTERO DELL’INTERNO SULLA SICUREZZA IN ITALIA.

IN CALO FURTI E OMICIDI, AUMENTATI ARRESTI PER TERRORISMO INTERNAZIONALE E INTERNO,

DIMEZZATI GLI SBARCHI CLANDESTINI, BOOM DI TRUFFE VIA INTERNET

- A cura di Roberta Moretti –

 

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ROMA. = Un Paese sempre più sicuro, dove la minaccia del terrorismo internazionale è fronteggiata da un apparato di polizia e di intelligence all'altezza della situazione. E’ l'immagine dell'Italia attestata dall'ultimo Rapporto nazionale sullo stato della sicurezza, anticipato ieri alla stampa e presentato stamani al Viminale dal ministro dell’Interno, Giuseppe Pisanu. Diminuiscono gli omicidi volontari e, soprattutto, quei reati più temuti dal cittadino comune, come furti, borseggi, scippi e rapine. Il rapporto utilizza dati Istat per gli ultimi dodici mesi, ma fa il raffronto tra le cifre su periodi di tre anni, per contestualizzare i dati. In aumento gli arresti, passando, nel triennio di vita del governo Berlusconi, da 348 mila a poco meno di 400 mila. Da un anno a questa parte, sono finiti in manette anche 46 stranieri, sospettati di dare supporto logistico a gruppi terroristici internazionali o di reclutare volontari da inviare in Iraq o in Cecenia. Risultati positivi anche sul fronte del terrorismo interno, con l’arresto, tra gli altri, di 10 brigatisti e 4 anarco-insurrezionalisti. Sono 102, inoltre, i latitanti pericolosi di mafia, camorra, 'ndrangheta e sacra corona unita assicurati alla giustizia: 7 di loro figuravano nello speciale elenco dei super-ricercati. E si è dimezzata la pressione migratoria illegale, anche se continua a “destare preoccupazione – ha dichiarato stamani il ministro Pisanu – per le tragedie che porta con se e per le altre, gravi implicazioni sociali e politiche”. Diventa anche meno pericoloso avventurarsi su strade e autostrade: grazie all'introduzione della patente a punti, le vittime degli incidenti sono diminuite del 18,8 per cento. Unico neo del rapporto, il boom delle truffe, raddoppiate negli ultimi tre anni per colpa, dicono gli investigatori, della diffusione del commercio elettronico e delle potenzialità del web.

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VISITA DEL PRESIDENTE BUSH IN FLORIDA, COLPITA DALL’URAGANO ‘CHARLEY’,

CHE HA PROVOCATO LA MORTE DI 15 PERSONE E MIGLIAIA DI SENZA TETTO.

STATO DI EMERGENZA ANCHE IN CAROLINA DEL SUD, CAROLINA DEL NORD E VIRGINIA

 

WASHINGTON. = Giunge oggi in Florida il presidente George W. Bush, per valutare l’estensione del disastro provocato dal passaggio nel Paese dell'uragano Charley tra venerdi’ e le prime ore di sabato. Per tutta la giornata, squadre di soccorritori hanno battuto metro per metro i centri più colpiti, in alcuni casi sfondando con grosse mazze la porta d’ingresso delle abitazioni abbandonate, alla ricerca di feriti o di persone in difficoltà. Il bilancio per ora resta fermo a 15 morti e migliaia di senza tetto. Il centro più colpito è Punta Gorda, una cittadina di 14 mila abitanti sul Golfo del Messico nella contea di Charlotte, considerata un 'buen retiro' per pensionati di lusso, dove almeno 10 persone sono morte per gli effetti dell'uragano. Ma il bilancio potrebbe essere più pesante. I danni materiali non sono al momento quantificabili, ma il governatore repubblicano, Jeb Bush, fratello del presidente, ha detto che potrebbero superare i 15 miliardi di dollari. Charley si è rivelato il più devastante uragano ad aver colpito la Florida dopo Andrew, che nel 1992 provocò la morte di 26 persone e danni per 20 miliardi di dollari. Alcune attività, intanto, cominciano a riprendere: a Orlando sono stati riaperti Disneyworld e altri famosi parchi giochi ed ha ripreso a funzionare anche l'aeroporto internazionale. L'uragano ha ora raggiunto la Carolina del Sud, la Carolina del Nord e la Virginia, dove il governatore ha proclamato lo stato di emergenza, nonostante la potenza fortemente ridotta del fenomeno, degradato ormai a tempesta tropicale. (R.M.)

 

 

SCIOPERO DELLA FAME PER ALMENO 4 MILA PALESTINESI DETENUTI NELLE PRIGIONI

DI ISRAELE. I MANIFESTANTI RICHIEDONO TELEFONI PUBBLICI E L’ELIMINAZIONE

DELLA BARRIERA DI VETRO NEI COLLOQUI CON I FAMILIARI

 

TEL AVIV. = Almeno 4.000 palestinesi detenuti nelle prigioni di Israele per motivi di sicurezza hanno dato inizio stamani ad uno sciopero della fame in seguito a un precedente rifiuto delle autorità dello Stato ebraico di accogliere una serie di loro richieste, come l’installazione di telefoni pubblici nei settori delle prigioni dove sono rinchiusi, l’eliminazione di lunghe perquisizioni e la rimozione della barriera di vetro durante i colloqui con i famigliari. I prigionieri hanno annunciato l’astensione dal cibo a tempo indeterminato. “Possono scioperare per un giorno, un mese e persino fino a morire”, ha detto ai giornalisti il ministro per la Sicurezza pubblica di Israele, Tzachi Hanegbi, aggiungendo che l’iniziativa è stata lanciata dai movimenti estremisti di Hamas e della Jihad islamica e che le richieste dei terroristi verranno respinte. Intanto, il Servizio penitenziario israeliano ha già rafforzato le misure di sicurezza, mobilitando agenti anti-sommossa e rinforzi. “Non vogliono il telefono per salutare i propri famigliari – ha detto il sovrintendente del carcere di Shikma ad Ashkelon, Yosef Mikdash – ma per dare ordini di nuovi attacchi terroristici”. In caso di sciopero prolungato o disordini, le autorità carcerarie hanno minacciato di sospendere i ‘benefici’ attualmente destinati a questa categoria di prigionieri, tra cui la possibilità di televisione e ricevere visite dei parenti. (R.M.)

 

 

GRANDE PARTECIPAZIONE ALLA “MARCIA PER LA VITA E PER LA PACE” IN GUATEMALA.

SCOPO DELL’EVENTO: PROTESTARE CONTRO IL GRAVE CLIMA DI VIOLENZA NEL PAESE

 

CITTA’ DEL GUATEMALA. = “Vogliamo vivere in tranquillità e armonia, senza il peso quotidiano della violenza”. Questo, il messaggio letto all’unisono da due bambini di fronte a una folla radunata in Plaza de la Constitución a Città del Guatemala al termine della ‘Marcia per la vita e per la pace’, tenuta venerdì scorso nella capitale e nelle principali città del Paese. Prima di intonare un canto di pace a cui si è unito il coro dei presenti, i due bambini, Maria e Gustavo, hanno auspicato “un Guatemala diverso, che si potrà avere solo con lo sforzo di tutti”. Vestiti prevalentemente di bianco, come richiesto dagli organizzatori, i manifestanti hanno sfilato per le strade portando cartelli e striscioni con i nomi delle vittime della criminalità, che solo nelle ultime settimane ha provocato 2.000 morti. “Auspichiamo di poter continuare con questo genere di iniziative, con l’obiettivo che la popolazione guatemalteca possa vivere in una cultura di pace”, ha detto il procuratore per i diritti umani, Sergio Morales. “Questa marcia è la prova del bisogno che tutti noi abbiamo di vivere in pace, che è il primo dei diritti umani”, ha dichiarato al termine della manifestazione l’arcivescovo di Città del Guatemala, il cardinale Rodolfo Quezada Toruño. “Sono felice – ha aggiunto il porporato - ma è necessario ricordarsi che questo è solo l’inizio, bisogna andare avanti e la Chiesa sosterrà tutti gli sforzi che possano portarci ad ottenere la pace”. (R.M.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

15 agosto 2004

 

- A cura di Barbara Castelli -

 

La violenza ancora in primo piano in Iraq. Nella città santa sciita di Najaf questa mattina sono ripresi gli scontri dopo il fallimento delle trattative, mentre e Baghdad si sono aperti, fra contestazioni e tiri di mortaio, i lavori della Conferenza Nazionale per la ricostruzione istituzionale del Paese. Il nostro servizio:

 

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Il desiderio di normalità dell’Iraq segnato dal persistere delle violenze. Hanno preso il via questa mattina a Baghdad, nella “zona verde”, i lavori della Conferenza nazionale per la ricostruzione istituzionale del Paese. I partecipanti, 1.300 delegati in rappresentanza di oltre 70 partiti politici, gruppi etnici, religiosi, tribali, culturali e che formano il tessuto sociale iracheno, dovranno dar vita ad una Assemblea di 100 membri, che svolgerà le funzioni di un parlamento ad interim fino alle elezioni generali previste per il prossimo gennaio. L’incontro, tuttavia, è stato turbato da diverse esplosioni nel centro di Baghdad, che hanno causato la morte di una persona e il ferimento di altre cinque. Colonne di fumo si alzano vicino l’hotel Rashid, mentre militari americani hanno ingaggiato uno scontro a fuoco con alcuni insorti iracheni, proprio a ridosso della “zona verde”. La Conferenza è stata poi segnata dalla protesta di alcuni delegati che hanno abbandonato i lavori per la ripresa delle ostilità a Najaf. Falliti ieri i negoziati tra il governo iracheno e i ribelli, nella città santa sciita sono ripresi stamani i combattimenti che da dieci giorni vedono contrapposte le forze americane ai miliziani fedeli al leader radicale Moqtada Al-Sadr. La tensione ieri è esplosa anche a Falluja, dove otto iracheni, per la maggior parte donne e bambini, sono stati uccisi e dieci sono rimasti feriti nei combattimenti tra americani e guerriglieri, ai quali sono seguiti bombardamenti da parte degli aerei statunitensi. Un soldato olandese, invece, è rimasto ucciso e altri cinque gravemente feriti nella zona di Rumaythah, nel corso di uno scontro a fuoco. Nella regione di Wassit, a sud di Baghdad, è stato un ufficiale ucraino a perdere la vita per l’esplosione di una mina. Un gruppo armato in Iraq, inoltre, minaccia di “punire” un diplomatico iraniano tenuto in ostaggio, se Teheran non rilascerà 500 prigionieri di guerra iracheni. Intanto, secondo fonti petrolifere, le esportazioni di greggio iracheno sono tuttora ridotte a circa la metà del volume abituale. Un agente di una società che opera da Bassora ha affermato che attualmente sono attestate sui 900 mila barili al giorno.

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Le Brigate Abu Hafs al Masri tornano a minacciare l’Italia e il suo presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. In un comunicato apparso stamani su un sito internet, il gruppo terroristico ordina ai suoi militanti di colpire “tutti gli obiettivi” in Italia, dopo che il suo governo ha ignorato la richiesta di ritirare le truppe dall’Iraq entro Ferragosto. Nel comunicato, inoltre, si afferma che Berlusconi è un obiettivo prioritario. Il messaggio “è in perfetta sintonia con quelle precedenti – ha detto stamani ministro dell’Interno, Giuseppe Pisanu, nel corso di una conferenza stampa al Vicinale – non le sottovalutiamo, ma non ci facciamo intimidire e procediamo con le elevate misure di prevenzione che abbiamo posto in essere”. Ma sentiamo le parole dello stesso ministro, raccolte da Luca Collodi:

 

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Non escludiamo il rischio che gruppi terroristici dormienti o parzialmente attivi e perfino singoli individui possano mobilitarsi all’improvviso e colpire direttamente sul territorio nazionale, anche in assenza di impulsi diretti provenienti dall’esterno. Come ho detto altre volte, l’unica attività di contrasto veramente efficace nei confronti del terrorismo suicida e stragista è quella preventiva, fondata su una continua, ampia ed approfondita collaborazione tra gli apparati della sicurezza e quelli di intelligence.La collaborazione è alla base dei successi conseguiti, come pure del poderoso lavoro di vigilanza in atto da mesi ed ulteriormente calibrato nelle ultime settimane.

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Persiste lo stato di instabilità in Afghanistan, a due mesi dalle elezioni presidenziali. Violenti combattimenti si sono registrati ieri nella zona di Herat, nell’ovest del Paese, fra le forze leali al governatore tagiko della regione, Ismail Khan, e i miliziani fedeli ad un pashtun locale, Ammanullah Khan. Negli scontri armati, secondo quanto riferisce il ministero della Difesa afghano, hanno perso la vita almeno 20 persone. Sette soldati, invece, hanno perso la vita in un attacco lanciato dai talebani nel sud del Paese.

 

Si riaccende la violenza in India. Almeno 15 persone sono morte oggi nello stato dell’Assam per l’esplosione di una bomba durante una cerimonia commemorativa del giorno dell’indipendenza. Lo ha riferito una emittente televisiva locale, precisando cha la deflagrazione ha causato anche diversi feriti. In venti anni di guerriglia, i movimenti separatisti dell’Assam hanno causato circa 10.000 morti.

 

Ancora alta la tensione in Medio Oriente. Un palestinese è stato ucciso questa mattina a Gerusalemme, dopo aver assalito un poliziotto israeliano. Nella notte, invece, un elicottero militare ha lanciato tre missili contro il campo profughi di Rafah, nella striscia di Gaza.

 

La diplomazia internazionale all’opera per risolvere la situazione nella regione sudanese del Darfur, dove è in corso un conflitto che ha provocato migliaia di vittime, oltre a un milione di sfollati e 200.000 rifugiati nel vicino Ciad. Una delegazione dell’Unione africana (UA) è partita ieri da Addis Abeba per Khartoum, dove avrà colloqui con le autorità sudanesi, prima di raggiungere il Darfur. Sempre ieri nella regione è giunto un primo contingente dell’UA.

 

Hanno preso il via ieri in Francia le celebrazioni del 60.mo anniversario dello sbarco alleato in Provenza, che dette il colpo definitivo alla “Wehrmacht” e portò alla liberazione. A presiedere la cerimonia odierna di Tolone sarà il presidente, Jacques Chirac, che a bordo della portaerei “Charles de Gaulle”, ammiraglia della marina militare francese, ospiterà i rappresentanti di decine di Paesi, tra cui i capi di Stato di 16 ex colonie francesi del continente africano.

 

“Esorto le parti a fare esercizio di moderazione e a ricreare un ambiente calmo in cui possano aver luogo i negoziati”. Così ieri l’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’Unione Europea, Javier Solana, auspicando una soluzione della crisi in Ossezia del Sud che non porti ad un scissione della regione separatista dalla Georgia. Il cessate il fuoco, intanto, è stato violato nella notte da sporadici colpi d’arma da fuoco e da alcune esplosioni di granate.

 

In Nepal ieri l’esercito ha lanciato l’ennesima offensiva contro postazioni dei ribelli maoisti. Truppe del governo del regno himmalayano hanno bombardato ed assediato la zona di Accham, a seicento chilometri ad ovest della capitale nepalese. L’offensiva è stata decisa dal governo dopo il rifiuto dei ribelli alle trattative di pace. Dal 1996, da quando la ribellione dei maoisti contro il governo e il re nepalese è entrata nel vivo, oltre 9500 hanno perso la vita.

 

Ondata di arresti nelle Maldive, dopo le manifestazioni contro il regime a partito unico del presidente Maumun Abdul Gayum. Circa 200 persone, infatti, sono finite in manette in diversi centri dell’arcipelago, che conta 1.200 isole e 270.000 abitanti. Dopo le manifestazioni in favore della democrazia dei giorni scorsi, il governo di Male ha proclamato lo stato di emergenza.

 

Ucciso nelle Filippine il leader di una banda di rapitori attivi nel sud Paese, Tahir Adonto. Lo ha riferito ieri il portavoce delle Forze armate, colonnello Daniel Lucero, precisando che il gruppo, chiamato ‘Pentagono’, è considerato responsabile di almeno una trentina di rapimenti dal 2000 nella zona centrale di Mindanao. Nell’operazione hanno perso la vita anche diversi membri della banda.

 

Sciagura in Indonesia. Dodici persone sono morte annegate dopo essersi gettate in mare per sfuggire alle fiamme sviluppatesi su un battello, al largo delle coste settentrionali del Paese. Lo riferisce la polizia locale. Il rogo si è prodotto in seguito a un guasto a uno dei motori dello scafo, che trasportava 45 persone tra Bitung e Posingon, nella provincia di Sulawesi.

 

 

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