RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n.
228 - Testo della trasmissione di domenica 15 agosto 2004
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
“La
Vergine di Lourdes parla anche a noi cristiani del terzo Millennio”: la voce di
Giovanni Paolo II, si leva dal Santuario mariano dove stamane ha celebrato la
Santa Messa e recitato l’Angelus, nell’odierna solennità dell’Assunzione. Il commento di padre Pasquale Borgomeo
Il
cordoglio del Papa per le nuove violenze in Burundi
OGGI IN PRIMO PIANO
La parola agli
elettori oggi in Venezuela per il referendum sul mandato del presidente Chavez.
Incerto l’esito del voto, che può avere riflessi anche sulla produzione del
petrolio mondiale. Intervista con
Maurizio Chierici.
CHIESA E SOCIETA’:
Sciopero della fame per almeno 4 mila palestinesi
detenuti nelle prigioni di Israele
Iraq: al via la
Conferenza nazionale per la ricostruzione istituzionale del Paese, mentre sono
ripresi gli scontri a Najaf
Ennesima minaccia
terroristica all’Italia e al suo governo: scade oggi l’ultimatum per il preteso
ritiro delle sue truppe dal suolo iracheno
Si riaccende la violenza
in India. Nel giorno dell’indipendenza almeno 15 persone sono morte per
l’esplosione di una bomba
15 agosto 2004
NELLA SECONDA GIORNATA DEL SUO VIAGGIO APOSTOLICO A LOURDES
GIOVANNI PAOLO II,
PELLEGRINO TRA I PELLEGRINI,
RIVOLGE UN PARTICOLARE
APPELLO ALL’INTERA UMANITA’,
SPECIE AI GIOVANI E ALLE
DONNE A PORSI IN ASCOLTO DELLA VERGINE
- A cura di Roberta Gisotti -
“Da questa grotta di Massabielle, la Vergine parla anche a noi, cristiani
del terzo millennio. Mettiamoci in ascolto”: la voce di Giovanni Paolo II,
flebile e incerta nei toni ma forte e sicura di “un messaggio per tutti”, ha
riecheggiato stamane da Lourdes per l’umanità nel mondo intero: “siate donne e
uomini liberi! – ha detto - Ma ricordate: la libertà umana è una libertà ferita
dal peccato”, che ha bisogno di essere liberata da Cristo. Una grande folla si
è raccolta stamane nell’ampia distesa verde, chiamata “Praire”, davanti al
Santuario mariano dove il Papa ha presieduto questa mattina la Santa Messa, e
recitato l’Angelus, nell’odierna solennità dell’Assunzione al Cielo di Maria.
“Il male e la morte non avranno l’ultima parola”, ha rammentato nella sua
omelia. Si è aperta all’insegna di questa promessa di fede la seconda giornata
del pellegrinaggio che ha portato il Santo Padre - ancora una volta, dopo la
prima visita nel 1983 – nella cittadina pirenaica di Lourdes, per onorare i 150
anni del dogma dell’Immacolata Concezione, proclamato – lo ricordiamo - da Pio
IX, l’8 dicembre del 1854. E, fu proprio la giovane Bernadette, quattro anni
dopo ad incontrare la Vergine che le apparve nella grotta di Massabielle come
‘l’Immacolata Concezione’. Ma ascoltiamo la cronaca di questo 104 viaggio
apostolico del Papa, nel servizio del nostro inviato Alessandro De Carolis:
**********
Rispettare la vita, perché è un dono sacro “di cui
nessuno può farsi padrone”. A partire dalle donne che, nell’umanità
secolarizzata di oggi, sono chiamate ad essere testimoni dei “valori più
essenziali”, quelli che si vedono solo con gli occhi del cuore. E poi i
giovani: ascoltino la Vergine che, soprattutto a Lourdes, può suggerire loro
una parola che dia “senso” alla loro vita, per divenire “speranza del mondo”.
Un
appello “pressante”, uno “speciale” e un invito: dopo essersi immerso per una
giornata nella dimensione profondamente spirituale di Lourdes - ed aver preso
contatto, pellegrino tra i pellegrini, con i simboli, le devozioni e l’umanità
sofferente che ne sono la linfa vitale - Giovanni Paolo II ha, per così dire,
“ripreso” le vesti di pastore universale per ribadire, alle 250 mila persone
radunatesi sulla grande spianata erbosa del Santuario di Lourdes per la Messa,
alcuni punti fermi della fede e dell’impegno cristiano di ciascuno, a qualsiasi
latitudine del pianeta. A partire da due dogmi mariani, quello dell’Immacolata
Concezione e dell’Assunta, “intimamente legati” oggi a Lourdes in uno
straordinario momento celebrativo.
(musica)
Sotto un sole insolitamente caldo, che ha reso
indispensabili le 300 mila bottiglie d’acqua predisposte dal servizio di
accoglienza, cordoni di pellegrini hanno cominciato a riversarsi nella spianata
fin dalle tre e mezzo del mattino. Giovani, adulti, anziani, ammalati sulle
carrozzine o sulle lettighe, ognuno – come accade di vedere a Lourdes - con una
preghiera sulle labbra, ora cantata, ora sommessa, ora solo muta. Un grande
applauso, riecheggiato a onde, ha accolto Giovanni Paolo II, che ha fatto il
suo ingresso sulla “Prierie” poco prima delle dieci. Imponente la processione
dei concelebranti che ha preceduto l’arrivo del Papa sull’altare, modificato
per offrire ai presenti una migliore visuale: una ventina di cardinali, oltre
80 vescovi e 1200 sacerdoti. Ad assistere alla Messa era presente anche
l’Esarca Emmanuel del Patriarcato di Costantinopoli in Francia, presidente
degli ortodossi francesi. Inoltre, nei vari settori attorno all’altare, erano
disposti 2000 tra malati e portatori di handicap. A tutti, il Pontefice ha
indicato la figura di Maria come “modello” di servizio, di “attenzione colma di
tenerezza”, di “gioia” che nasce dall’umiltà: virtù scolpite dal brano
evangelico di oggi, che descrive la visita della Madonna a Elisabetta:
À SA COUSINE, LA VIERGE NE DONNE PAS …
“Alla cugina, la Vergine non dona semplicemente qualcosa di sé; dona se
stessa, senza chiedere nulla in cambio. Ha perfettamente capito che il dono
ricevuto da Dio più che un privilegio è un compito, che la impegna verso gli
altri con la gratuità che è propria dell’amore”.
La
consapevolezza del dono, Maria la canta nel Magnificat, al quale – ha osservato
il Papa – “segue il silenzio”, perché “il bene - ha aggiunto – non fa rumore”,
quando “la forza dell’amore si esprime nella quiete discreta del servizio
quotidiano”. Una verità, questa, che nella cittadella di Lourdes acquista uno
spessore particolare, attraverso la vita delle migliaia di volontari che
offrono tempo e talenti per dare aiuto senza pensare al riposo. In Maria, ha
proseguito Giovanni Paolo II, i credenti non hanno solo un punto di riferimento,
ma anche il segno visibile della “promessa” fatta da Dio all’uomo del dono della
speranza e della consolazione. E’ questo, ha affermato il Pontefice, il
significato ultimo dei dogmi dell’Assunzione, e dell’Immacolata Concezione,
ricordato a 150 anni dalla sua proclamazione. Da questo insegnamento –
sottolineato da frequenti applausi - sono scaturiti gli appelli finali del Papa
ai giovani - perché la vita cristiana è sì esigente, ma anche piena di gioia e
di pace – alle donne, perché siano “sentinelle dell’Invisibile”, e per
l’accorata difesa della vita:
“A tutti voi, fratelli e sorelle, lancio un
pressante appello perché facciate tutto ciò che è in vostro potere affinché la
vita, tutta la vita, sia rispettata dal concepimento sino alla sua fine
naturale. La vita è un dono sacro, di cui nessuno può farsi padrone!”.
All’Angelus, durante il quale il
Papa ha salutato i pellegrini in sette lingue, sono stati i 7 mila partecipanti
al Pellegrinaggio nazionale francese a ricevere un saluto particolare dal
Pontefice, il quale – ricordando gli incontri avuti con i giovani francesi
negli anni passati – ha esclamato:
CES RENCONTRES ONT ÉTÉ POUR MOI
…
“Questi incontri mi hanno dato una grande speranza,
che oggi voglio condividere con voi, cari giovani amici. Ponetevi alla scuola
di Maria e porterete nel mondo una ventata di speranza!”
(musica)
**********
La sofferenza del Papa in primo piano in questa visita al Santuario di Lourdes,
dove Giovanni Paolo II è giunto pellegrino tra i pellegrini, malato tra i
malati, e tra migliaia di fedeli ha partecipato ieri pomeriggio - pure
affaticato dal viaggio - alla Recita del Santo Rosario e più tardi in serata ha
assistito alla processione aux flambeaux. Eventi carichi di emozione, come ci
racconta ancora il nostro collega da Lourdes, Alessandro De Carolis:
**********
Pace
per un mondo in cui gli uomini smettano di farsi la guerra e imparino a vedere
nei propri simili un fratello e non più un nemico. Con lo sguardo rivolto ad
una delle immagini più tradizionali e suggestive del Santuario di Lourdes – la
scia delle migliaia di candele della processione aux flambeaux – Giovanni Paolo
II ha introdotto ieri sera verso le 21 il momento finale che ha chiuso la prima
giornata del suo pellegrinaggio a Lourdes. Dalla terrazza dell’Accueil
Notre-Dame - la struttura nella quale alloggia il Pontefice – il Papa ha fatto
risuonare sulla veduta dell’esplanade punteggiata di migliaia luci l’ennesima richiesta
di pace:
INVOQUEZ AVEC MOI LA VIERGE MARIE …
“Invocate con me la Vergine Maria
perché ottenga al mondo il sospirato dono della pace. Fioriscano negli animi
sentimenti di perdono e di fratellanza. Si depongano le armi e nei cuori si
spengano l’odio e la violenza”.
Tra
sventolio di fazzoletti e acclamazioni, il Papa ha spiegato il significato
spirituale del camminare con le fiaccole accese: un procedere con Maria, ha
detto, “nel pellegrinaggio della fede, della speranza e dell’amore” per
rinnovare l’impegno personale a “servizio della riconciliazione, del dialogo e
della solidarietà”.
In
precedenza, nel pomeriggio, decine di migliaia di pellegrini avevano partecipato
con Giovanni Paolo II all’inedita celebrazione dei Misteri luminosi del Rosario,
svoltasi in un clima di intenso raccoglimento spirituale. A bordo della
Papamobile, il Pontefice ha toccato cinque luoghi simbolici del Santuario di
Lourdes, uno per ogni mistero – dalle piscine alla Basilica di nostra Signora
del Rosario - atteso di volta in volta da un gruppo rappresentativo delle
categorie che animano il Santuario: malati, volontari, medici, clero. Avviando
la preghiera mariana per eccellenza dal luogo delle apparizioni, Giovanni Paolo
II aveva esordito con queste parole:
“Inginocchiandomi qui, presso la Grotta di Massabielle, sento con
emozione di aver raggiunto la meta del mio pellegrinaggio. Questa grotta, dove
apparve Maria, è il cuore di Lourdes”.
Un cuore, quello stesso
della Vergine, al quale il Papa, prima di iniziare il Rosario, ha affidato
un’altra preghiera: quella per “le vocazioni al sacerdozio e alla verginità per
il Regno di Dio”. E al quale, al termine del Rosario – in una bella preghiera
quasi in forma poetica – ha chiesto una grazia di sapienza, radice spirituale
da cui dipende il dono della pace per gli uomini: “Insegnaci a costruire il
mondo dal di dentro – è stata la preghiera del Papa alla Madonna - nella profondità
del silenzio e dell’orazione, nella gioia dell’amore fraterno, nella fecondità
insostituibile della Croce.”
Da Lourdes, Alessandro De
Carolis, Radio Vaticana.
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“Ho raggiunto la mia meta”, aveva detto
dunque ieri Giovanni Paolo II, al suo arrivo a Lourdes, che si appresta oggi
pomeriggio a lasciare, con un volo previsto alle 19 dall’aeroporto di Tarbes e
arrivo a Roma-Ciampino intorno alle 20.45. Ma prima della partenza lo attendono
ancora, dopo il pranzo con i vescovi e cardinale francesi consumato
nell’Accueil di Notre-Dame, due appuntamenti: il congedo dal cappellani e dal
personale del Santuario, e dal Comitato organizzatore e la preghiera privata
nella Grotta di Massabielle, che suggellerà il viaggio. Un viaggio toccante per
tanti motivi, come ci testimonia padre Pasquale Borgomeo, direttore generale
della nostra emittente, al seguito del Papa:
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E’ veramente arduo cercare di descrivere a parole la straordinaria
esperienza spirituale vissuta questa mattina, a Lourdes, da più di 250 mila
pellegrini di ogni parte del mondo, venuti a partecipare all’Eucaristia
celebrata dal Papa nella festa dell’Assunzione di Maria Immacolata.
Condivisione del Corpo e sangue di Cristo nel quadro di una condivisione
di sofferenza e di speranza tante volte evocata dal Papa in questo suo
commovente pellegrinaggio. La commozione non sentimentale, ma profonda, ti
coglie in ogni angolo di questa cittadella della speranza e della solidarietà,
in ogni momento della sua incessante testimonianza di solidarietà e di
preghiera.
La celebrazione si è svolta in una esemplare compostezza con una
ammirabile armonia liturgica. In essa, hanno avuto particolare presenza i
giovani ed i malati. All’offertorio, per esempio, sono stati offerti da loro il
pane ed il vino. Dunque, specie eucaristiche e sofferenza, niente di più. Un
calice, appunto, è stato portato all’Altare da una ragazza in carrozzella. Nel
corso dell’Omelia, la partecipazione si è espressa attraverso il linguaggio
degli applausi. 23 volte è stato interrotto il Santo Padre. Ma questi applausi
hanno talvolta sottolineato i passi più salienti dell’Omelia, altre volte sono
venuti per consentire una pausa di respiro prima di riprendere il discorso.
Solidarietà tacita, eppure eloquente del popolo di Dio, in special modo quello
piagato e sofferente, che viene a Lourdes per trovare sollievo o dare
solidarietà. Sulla attenzione
e la tenerezza verso chi soffre si è
soffermato il Papa, commentando la visita di Maria ad Elisabetta, e ha
incoraggiato quell’amore concreto che si esprime non a parole, ma ad un impegno
personale di assistenza, quello che esprime la gratuità propria dell’amore.
Da Lourdes, per Radio Vaticana, padre Pasquale Borgomeo.
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IL CORDOGLIO DEL PAPA PER LE NUOVE VIOLENZE IN
BURUNDI
I nuovi atti di violenza che
hanno investito il Burundi preoccupano il Papa, che ha fatto giungere stamane
un telegramma di cordoglio per le vittime firmato dal cardinale Angelo Sodano,
segretario di Stato, al nunzio apostolico del Paese africano, mons. Paul Gallangher.
Giovanni Paolo II assicura le sue preghiere per tutte le persone coinvolte in
questo dramma, perché trovino sostegno e conforto in questa sofferta prova ed
incoraggia tutti i soccorritori e l’Alto Commissariato delle nazioni Unite per
i rifugiati, nella loro importante missione in aiuto ai feriti ed ai profughi
della regione. Ricordiamo che almeno 160 persone sono morte e 111 sono rimaste
ferite in un attacco venerdì sera in un campo profughi di tutsi congolesi a
Gatumba, nei pressi della capitale Bujumbura, e della frontiera con la Repubblica
democratica del Congo, e di cui si ignorano ancora con certezza gli autori.
IL 15 AGOSTO DEL 1954 PER LA
PRIMA VOLTA LA RADIO VATICANA
DIFFONDEVA LA TRASMISSIONE RADIOFONICA DELLA
PREGHIERA DELL’ANGELUS
DA PARTE DI UN PAPA. IL SIGNIFICATO DELL’INIZIATIVA
DI PIO XII NEL RICORDO
DI PADRE STEFANIZZI, ALLORA DIRETTORE DELLA NOSTRA
EMITTENTE
Il 15 agosto del 1954 per la prima volta la Radio
Vaticana diffondeva la trasmissione radiofonica della preghiera dell’Angelus da
parte di un Papa:
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(voce Pio XII)
ANGELUS DOMINI NUNTIAVIT MARIA ...
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Era Pio XII a iniziare l’appuntamento domenicale,
oggi ormai consueto, e sceglieva il giorno dell’Assunzione. Si trovava nella
sala del Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo, accompagnato dai dignitari
ecclesiastici dell’Anticamera pontificia e da alcuni religiosi della Compagnia
di Gesù, con l’allora direttore padre Antonio Stefanizzi. Proprio a padre
Stefanizzi Marco Cardinali ha chiesto di raccontare come nasceva l’iniziativa:
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R. – Pio XII è stato un grande
devoto di Maria, un cantore delle sue glorie ed un promotore del suo culto. Il
1° novembre 1950 aveva solennemente proclamato il dogma dell’Assunzione di
Maria Vergine in cielo, in corpo e anima. Il 15 agosto 1954 i fedeli sarebbero
stati invitati ad associarsi alla recita dell’Angelus fatta dal Papa alle ore
12.00.
D. – Padre, lei era il
direttore, a quel tempo, della Radio Vaticana. Quali sono i suoi ricordi e
anche l’emozione di quel primo Angelus recitato così pubblicamente dal Santo
Padre?
R. – Il Papa è stato sempre un
maestro di verità. Incuteva rispetto e venerazione e per la sua dottrina e per
la sua pietà. Inoltre, Pio XII manifestava esternamente una paternità e una
benevolenza che colpiva coloro che lo avvicinavano. Come indole era portato
piuttosto ad estraniarsi dalle persone. Doveva essere e apparire sempre come il
Pontefice. Ma con coloro che egli conosceva si apriva sereno, pronto anche a
scherzare e ad interessarsi di fatti e di aneddoti che capitavano intorno a Castel
Gandolfo.
D. – Lei ha avuto mai occasione
di raccogliere qualche curiosità, qualche confidenza?
R. – Devo dire
che mi ha colpito questa fiducia nella Madonna. Il giorno prima di una grossa
solennità in Piazza San Pietro, una volta dissi: “Padre Santo, chissà se domani sarà una bella giornata …”.
E il Papa disse, dopo un momento di attesa: “Gliel’ho detto alla Madonna.
Domani sarà una bella giornata”. E la realtà gli dette ragione.
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15
agosto 2004
LA PAROLA AGLI ELETTORI OGGI IN VENEZUELA PER IL
REFERENDUM SUL MANDATO
DEL
PRESIDENTE CHAVEZ. INCERTO L’ESITO DEL VOTO, CHE PUO’ AVERE RIFLESSI
ANCHE
SULLA PRODUZIONE DEL PETROLIO MONDIALE
Urne aperte
oggi in Venezuela per i 14 milioni di elettori che devono esprimersi sul
referendum revocatorio del mandato del presidente Hugo Chavez. L’esito della
tornata elettorale, che si annuncia incerto, richiama l’attenzione anche della
comunità internazionale. Il Venezuela, infatti, è il quinto produttore di petrolio
del mondo e controlla le maggiori riserve petrolifere mondiali fuori dal Medio Oriente.
Il servizio di Maurizio Salvi:
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I sondaggi della vigilia hanno
in genere concesso al capo dello Stato un comodo vantaggio sull’opposizione del
Coordinamento democratico, ma gli esponenti di questa la pensano al contrario e
il governatore dello Stato di Miranda, Enrique Mendoza, ha previsto una
vittoria delle forze contrarie a Chavez con un margine di un milione di voti.
Per scongiurare scenari drammatici e per calmare gli animi, l’ex presidente
statunitense Jimmy Carter e il segretario generale dell’Organizzazione degli
Stati Americani, César Gaviria, ha incontrato il capo dello Stato,
l’opposizione, le autorità elettorali e le forze armate. Al termine, Carter ha
detto che il referendum sarà “onesto, imparziale e trasparente”. Tutti se lo
augurano, e comunque gli occhi degli osservatori di tutto il mondo sono puntati
su quanto succederà in Venezuela perché da questo voto dipende anche
un’eventuale ulteriore impennata del prezzo del petrolio. Quello che appare
certo è che la partecipazione al voto sarà più alta che in precedenti
consultazioni elettorali, cosa che renderà la fase finale del referendum ancora
più incerta e complessa. L’importante sarà che il margine di vittoria dell’una
o dell’altra parte sia molto ampio, altrimenti non si possono escludere denunce
di brogli e un sussulto della tensione.
Da Caracas, Maurizio Salvi per
la Radio Vaticana.
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Fin
dai giorni della raccolta delle firme, l’iter di questa consultazione popolare
è stato molto travagliato, ed ha visto il Paese spaccarsi in due. Andrea Sarubbi
ne ha parlato con Maurizio Chierici, esperto di America Latina:
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R. – Dopo il colpo di Stato mancato, dopo uno sciopero
che è durato ufficialmente un mese e mezzo, ma in realtà sei, e che ha
‘tagliato le vene’ al Paese - non c’era più petrolio, si succedevano i
boicottaggi in tutti i campi - l’opposizione ha chiesto subito che il
referendum fosse anticipato. È chiaro che, in quel momento, il Paese era ‘alle
corde’ e Chavez sarebbe stato battuto e, per questo, il capo dello Stato lo ha
contrastato duramente. Solo nell’ultimo anno - con la ripresa dell’economia, la
crescita del PIL superiore al 12 per cento e l’incremento del prezzo del
petrolio - il governo è riuscito a dare al Paese una patina di benessere -
anche se i poveri sono ancora l’80 per cento - e può, quindi, permettersi di affrontare
il voto in maniera più sollevata.
D. – Tra i più forti oppositori
di Chávez e tra i promotori di questo referendum c’è la borghesia venezuelana:
perché?
R. – Il problema vero è che il
Venezuela dipende dal petrolio e per circa 25 anni i governi precedenti hanno
fatto uscire dal 20 al 23 per cento di greggio - più o meno l’equivalente della
produzione del Kuwait - senza passare per la dogana, senza sapere a chi venisse
venduto, né dove fossero finiti i soldi. Ora che ciò non accade più, questa
“borghesia del petrolio” reagisce duramente contro ogni tipo di controllo. Per
capire quanto il Venezuela fosse concentrato sul petrolio, teniamo presente che
in 30 anni di grande benessere nel Paese non è mai stata costruita una
ferrovia: è l’unico Paese al mondo che non ha 50 metri di rotaie.
D. – L’accusa più ricorrente di
questa borghesia del petrolio a Chavez è di avere “cubanizzato” il Paese …
R. – Sì, è vero, ci sono molti
cubani e ne stanno arrivando altri 5 mila. Ad un certo momento, Chavez ha
deciso di costruire ospedali anche nelle zone più disagiate, perché gli
ospedali erano quasi tutti nelle città e chi abitava nelle Ande doveva fare 200
chilometri per vedere se ci fosse posto. Quando ne ha ultimati 500 lungo la
Cordigliera, in modo che servissero sia la campagna sia le montagne, c’è stato
uno sciopero generale di 6 mesi da parte dei medici, che non volevano lasciare
le città. Allora, il presidente ha chiamato i medici cubani. Lo stesso è avvenuto
per le scuole: i maestri non sono voluti uscire dagli Istituti, quasi tutti
privati, per andare nelle campagne, e Chavez ha chiamato i cubani. In cambio,
dà 150 mila barili di petrolio al giorno a Cuba. Quindi, compie un doppio
sgarro: sul piano internazionale, perché rompe il blocco di Cuba, e su quello nazionale,
perché sostituisce i medici e i maestri venezuelani con colleghi stranieri.
D. – Come mai, nonostante queste
aperture a Cuba, gli Stati Uniti non stanno ostacolando Chavez, proprio adesso
che rischia di perdere il potere?
R. – Io credo che il Venezuela
sia l’ultimo pensiero di Bush, perché Chavez è sì irritante, è un provocatore,
fa promesse che non mantiene, è un populista straordinario… ma ha anche
un’altra faccia, cara agli Stati Uniti: quella di perfetto fornitore di
petrolio. Anzi, a Washington fa addirittura degli sconti rispetto ai prezzi di
mercato. Così, dopo aver cercato di buttarlo fuori due volte, gli Stati Uniti
non hanno più intenzione di toccarlo: vorrebbe dire destabilizzare, andare col
cerino accanto ai pozzi di Caracas. Ed è dal Venezuela – secondo fornitore
degli Usa – che viene il petrolio più comodo per l’America.
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15 agosto 2004
PRESENTATO
STAMANI AL VIMINALE DAL MINISTRO PISANU
IL RAPPORTO ANNUALE DEL MINISTERO DELL’INTERNO SULLA
SICUREZZA IN ITALIA.
IN CALO FURTI E OMICIDI, AUMENTATI ARRESTI PER
TERRORISMO INTERNAZIONALE E INTERNO,
DIMEZZATI GLI SBARCHI CLANDESTINI, BOOM DI TRUFFE
VIA INTERNET
- A cura di Roberta
Moretti –
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ROMA. = Un Paese sempre più sicuro, dove la minaccia
del terrorismo internazionale è fronteggiata da un apparato di polizia e di
intelligence all'altezza della situazione. E’ l'immagine dell'Italia attestata
dall'ultimo Rapporto nazionale sullo stato della sicurezza, anticipato ieri
alla stampa e presentato stamani al Viminale dal ministro dell’Interno,
Giuseppe Pisanu. Diminuiscono gli omicidi volontari e, soprattutto, quei reati
più temuti dal cittadino comune, come furti, borseggi, scippi e rapine. Il
rapporto utilizza dati Istat per gli ultimi dodici mesi, ma fa il raffronto tra
le cifre su periodi di tre anni, per contestualizzare i dati. In aumento gli
arresti, passando, nel triennio di vita del governo Berlusconi, da 348 mila a
poco meno di 400 mila. Da un anno a questa parte, sono finiti in manette anche
46 stranieri, sospettati di dare supporto logistico a gruppi terroristici
internazionali o di reclutare volontari da inviare in Iraq o in Cecenia.
Risultati positivi anche sul fronte del terrorismo interno, con l’arresto, tra
gli altri, di 10 brigatisti e 4 anarco-insurrezionalisti. Sono 102, inoltre, i
latitanti pericolosi di mafia, camorra, 'ndrangheta e sacra corona unita
assicurati alla giustizia: 7 di loro figuravano nello speciale elenco dei
super-ricercati. E si è dimezzata la pressione migratoria illegale, anche se
continua a “destare preoccupazione – ha dichiarato stamani il ministro Pisanu –
per le tragedie che porta con se e per le altre, gravi implicazioni sociali e
politiche”. Diventa anche meno pericoloso avventurarsi su strade e autostrade:
grazie all'introduzione della patente a punti, le vittime degli incidenti sono
diminuite del 18,8 per cento. Unico neo del rapporto, il boom delle truffe,
raddoppiate negli ultimi tre anni per colpa, dicono gli investigatori, della
diffusione del commercio elettronico e delle potenzialità del web.
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VISITA DEL PRESIDENTE BUSH IN FLORIDA, COLPITA
DALL’URAGANO ‘CHARLEY’,
CHE HA PROVOCATO LA
MORTE DI 15 PERSONE E MIGLIAIA DI SENZA TETTO.
STATO DI EMERGENZA ANCHE
IN CAROLINA DEL SUD, CAROLINA DEL NORD E VIRGINIA
WASHINGTON.
= Giunge oggi in Florida il presidente George W. Bush, per valutare l’estensione
del disastro provocato dal passaggio nel Paese dell'uragano Charley tra
venerdi’ e le prime ore di sabato. Per tutta la giornata, squadre di
soccorritori hanno battuto metro per metro i centri più colpiti, in alcuni casi
sfondando con grosse mazze la porta d’ingresso delle abitazioni abbandonate,
alla ricerca di feriti o di persone in difficoltà. Il bilancio per ora resta
fermo a 15 morti e migliaia di senza tetto. Il centro più colpito è Punta
Gorda, una cittadina di 14 mila abitanti sul Golfo del Messico nella contea di
Charlotte, considerata un 'buen retiro'
per pensionati di lusso, dove almeno 10 persone sono morte per gli effetti dell'uragano.
Ma il bilancio potrebbe essere più pesante. I danni materiali non sono al
momento quantificabili, ma il governatore repubblicano, Jeb Bush, fratello del
presidente, ha detto che potrebbero superare i 15 miliardi di dollari. Charley
si è rivelato il più devastante uragano ad aver colpito la Florida dopo Andrew,
che nel 1992 provocò la morte di 26 persone e danni per 20 miliardi di dollari.
Alcune attività, intanto, cominciano a riprendere: a Orlando sono stati
riaperti Disneyworld e altri famosi parchi giochi ed ha ripreso a funzionare
anche l'aeroporto internazionale. L'uragano ha ora raggiunto la Carolina del
Sud, la Carolina del Nord e la Virginia, dove il governatore ha proclamato lo
stato di emergenza, nonostante la potenza fortemente ridotta del fenomeno,
degradato ormai a tempesta tropicale. (R.M.)
SCIOPERO
DELLA FAME PER ALMENO 4 MILA PALESTINESI DETENUTI NELLE PRIGIONI
DI ISRAELE. I
MANIFESTANTI RICHIEDONO TELEFONI PUBBLICI E L’ELIMINAZIONE
DELLA BARRIERA DI VETRO
NEI COLLOQUI CON I FAMILIARI
TEL AVIV. = Almeno 4.000
palestinesi detenuti nelle prigioni di Israele per motivi di sicurezza hanno
dato inizio stamani ad uno sciopero della fame in seguito a un precedente
rifiuto delle autorità dello Stato ebraico di accogliere una serie di loro
richieste, come l’installazione di telefoni pubblici nei settori delle prigioni
dove sono rinchiusi, l’eliminazione di lunghe perquisizioni e la rimozione
della barriera di vetro durante i colloqui con i famigliari. I prigionieri
hanno annunciato l’astensione dal cibo a tempo indeterminato. “Possono
scioperare per un giorno, un mese e persino fino a morire”, ha detto ai
giornalisti il ministro per la Sicurezza pubblica di Israele, Tzachi Hanegbi,
aggiungendo che l’iniziativa è stata lanciata dai movimenti estremisti di Hamas
e della Jihad islamica e che le richieste dei terroristi verranno respinte.
Intanto, il Servizio penitenziario israeliano ha già rafforzato le misure di
sicurezza, mobilitando agenti anti-sommossa e rinforzi. “Non vogliono il
telefono per salutare i propri famigliari – ha detto il sovrintendente del
carcere di Shikma ad Ashkelon, Yosef Mikdash – ma per dare ordini di nuovi attacchi
terroristici”. In caso di sciopero prolungato o disordini, le autorità carcerarie
hanno minacciato di sospendere i ‘benefici’ attualmente destinati a questa categoria
di prigionieri, tra cui la possibilità di televisione e ricevere visite dei parenti.
(R.M.)
GRANDE
PARTECIPAZIONE ALLA “MARCIA PER LA VITA E PER LA PACE” IN GUATEMALA.
SCOPO DELL’EVENTO:
PROTESTARE CONTRO IL GRAVE CLIMA DI VIOLENZA NEL PAESE
CITTA’ DEL GUATEMALA. = “Vogliamo vivere in
tranquillità e armonia, senza il peso quotidiano della violenza”. Questo, il
messaggio letto all’unisono da due bambini di fronte a una folla radunata in
Plaza de la Constitución a Città del Guatemala al termine della ‘Marcia per la
vita e per la pace’, tenuta venerdì scorso nella capitale e nelle principali
città del Paese. Prima di intonare un canto di pace a cui si è unito il coro
dei presenti, i due bambini, Maria e Gustavo, hanno auspicato “un Guatemala
diverso, che si potrà avere solo con lo sforzo di tutti”. Vestiti prevalentemente
di bianco, come richiesto dagli organizzatori, i manifestanti hanno sfilato per
le strade portando cartelli e striscioni con i nomi delle vittime della
criminalità, che solo nelle ultime settimane ha provocato 2.000 morti. “Auspichiamo
di poter continuare con questo genere di iniziative, con l’obiettivo che la
popolazione guatemalteca possa vivere in una cultura di pace”, ha detto il procuratore
per i diritti umani, Sergio Morales. “Questa marcia è la prova del bisogno che
tutti noi abbiamo di vivere in pace, che è il primo dei diritti umani”, ha
dichiarato al termine della manifestazione l’arcivescovo di Città del
Guatemala, il cardinale Rodolfo Quezada Toruño. “Sono felice – ha aggiunto il
porporato - ma è necessario ricordarsi che questo è solo l’inizio, bisogna
andare avanti e la Chiesa sosterrà tutti gli sforzi che possano portarci ad
ottenere la pace”. (R.M.)
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15 agosto 2004
- A cura di Barbara Castelli -
La violenza ancora in primo
piano in Iraq. Nella città santa sciita di Najaf questa mattina sono ripresi
gli scontri dopo il fallimento delle trattative, mentre e Baghdad si sono aperti,
fra contestazioni e tiri di mortaio, i lavori della Conferenza Nazionale per la
ricostruzione istituzionale del Paese. Il nostro servizio:
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Il desiderio di normalità
dell’Iraq segnato dal persistere delle violenze. Hanno preso il via questa
mattina a Baghdad, nella “zona verde”, i lavori della Conferenza nazionale per
la ricostruzione istituzionale del Paese. I partecipanti, 1.300 delegati in
rappresentanza di oltre 70 partiti politici, gruppi etnici, religiosi, tribali,
culturali e che formano il tessuto sociale iracheno, dovranno dar vita ad una
Assemblea di 100 membri, che svolgerà le funzioni di un parlamento ad interim
fino alle elezioni generali previste per il prossimo gennaio. L’incontro,
tuttavia, è stato turbato da diverse esplosioni nel centro di Baghdad, che
hanno causato la morte di una persona e il ferimento di altre cinque. Colonne
di fumo si alzano vicino l’hotel Rashid, mentre militari americani hanno
ingaggiato uno scontro a fuoco con alcuni insorti iracheni, proprio a ridosso
della “zona verde”. La Conferenza è stata poi segnata dalla protesta di alcuni
delegati che hanno abbandonato i lavori per la ripresa delle ostilità a Najaf.
Falliti ieri i negoziati tra il governo iracheno e i ribelli, nella città santa
sciita sono ripresi stamani i combattimenti che da dieci giorni vedono contrapposte
le forze americane ai miliziani fedeli al leader radicale Moqtada Al-Sadr. La
tensione ieri è esplosa anche a Falluja, dove otto iracheni, per la maggior
parte donne e bambini, sono stati uccisi e dieci sono rimasti feriti nei
combattimenti tra americani e guerriglieri, ai quali sono seguiti bombardamenti
da parte degli aerei statunitensi. Un soldato olandese, invece, è rimasto ucciso
e altri cinque gravemente feriti nella zona di Rumaythah, nel corso di uno
scontro a fuoco. Nella regione di Wassit, a sud di Baghdad, è stato un
ufficiale ucraino a perdere la vita per l’esplosione di una mina. Un gruppo
armato in Iraq, inoltre, minaccia di “punire” un diplomatico iraniano tenuto in
ostaggio, se Teheran non rilascerà 500 prigionieri di guerra iracheni. Intanto,
secondo fonti petrolifere, le esportazioni di greggio iracheno sono tuttora
ridotte a circa la metà del volume abituale. Un agente di una società che opera
da Bassora ha affermato che attualmente sono attestate sui 900 mila barili al
giorno.
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Le Brigate Abu Hafs al Masri
tornano a minacciare l’Italia e il suo presidente del Consiglio, Silvio
Berlusconi. In un comunicato apparso stamani su un sito internet, il gruppo
terroristico ordina ai suoi militanti di colpire “tutti gli obiettivi” in
Italia, dopo che il suo governo ha ignorato la richiesta di ritirare le truppe
dall’Iraq entro Ferragosto. Nel comunicato, inoltre, si afferma che Berlusconi
è un obiettivo prioritario. Il messaggio “è in perfetta sintonia con quelle
precedenti – ha detto stamani ministro dell’Interno, Giuseppe Pisanu, nel corso
di una conferenza stampa al Vicinale – non le sottovalutiamo, ma non ci
facciamo intimidire e procediamo con le elevate misure di prevenzione che
abbiamo posto in essere”. Ma sentiamo le parole dello stesso ministro, raccolte
da Luca Collodi:
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Non escludiamo il rischio che
gruppi terroristici dormienti o parzialmente attivi e perfino singoli individui
possano mobilitarsi all’improvviso e colpire direttamente sul territorio nazionale,
anche in assenza di impulsi diretti provenienti dall’esterno. Come ho detto
altre volte, l’unica attività di contrasto veramente efficace nei confronti del
terrorismo suicida e stragista è quella preventiva, fondata su una continua,
ampia ed approfondita collaborazione tra gli apparati della sicurezza e quelli
di intelligence.La collaborazione è alla base dei successi conseguiti,
come pure del poderoso lavoro di vigilanza in atto da mesi ed ulteriormente
calibrato nelle ultime settimane.
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Persiste lo stato di instabilità
in Afghanistan, a due mesi dalle elezioni presidenziali. Violenti combattimenti
si sono registrati ieri nella zona di Herat, nell’ovest del Paese, fra le forze
leali al governatore tagiko della regione, Ismail Khan, e i miliziani fedeli ad
un pashtun locale, Ammanullah Khan. Negli scontri armati, secondo quanto
riferisce il ministero della Difesa afghano, hanno perso la vita almeno 20
persone. Sette soldati, invece, hanno perso la vita in un attacco lanciato dai
talebani nel sud del Paese.
Si riaccende la violenza in
India. Almeno 15 persone sono morte oggi nello stato dell’Assam per
l’esplosione di una bomba durante una cerimonia commemorativa del giorno
dell’indipendenza. Lo ha riferito una emittente televisiva locale, precisando
cha la deflagrazione ha causato anche diversi feriti. In venti anni di
guerriglia, i movimenti separatisti dell’Assam hanno causato circa 10.000 morti.
Ancora alta la tensione in Medio
Oriente. Un palestinese è stato ucciso questa mattina a Gerusalemme, dopo aver
assalito un poliziotto israeliano. Nella notte, invece, un elicottero militare
ha lanciato tre missili contro il campo profughi di Rafah, nella striscia di
Gaza.
La diplomazia
internazionale all’opera per risolvere la situazione nella regione sudanese del
Darfur, dove è in corso un conflitto che ha
provocato migliaia di vittime, oltre a un milione di sfollati e 200.000
rifugiati nel vicino Ciad. Una delegazione dell’Unione africana (UA) è partita
ieri da Addis Abeba per Khartoum, dove avrà colloqui con le autorità sudanesi,
prima di raggiungere il Darfur. Sempre ieri nella regione è giunto un primo
contingente dell’UA.
Hanno preso il
via ieri in Francia le celebrazioni del 60.mo anniversario dello sbarco alleato
in Provenza, che dette il colpo definitivo alla “Wehrmacht” e portò alla liberazione.
A presiedere la cerimonia odierna di Tolone sarà il presidente, Jacques Chirac,
che a bordo della portaerei “Charles de Gaulle”, ammiraglia della marina
militare francese, ospiterà i rappresentanti di decine di Paesi, tra cui i capi
di Stato di 16 ex colonie francesi del continente africano.
“Esorto le
parti a fare esercizio di moderazione e a ricreare un ambiente calmo in cui possano
aver luogo i negoziati”. Così ieri l’Alto rappresentante per la politica estera
e di sicurezza dell’Unione Europea, Javier Solana, auspicando una soluzione
della crisi in Ossezia del Sud che non porti ad un scissione della regione
separatista dalla Georgia. Il cessate il fuoco, intanto, è stato violato nella
notte da sporadici colpi d’arma da fuoco e da alcune esplosioni di granate.
In Nepal ieri
l’esercito ha lanciato l’ennesima offensiva contro postazioni dei ribelli maoisti.
Truppe del governo del regno himmalayano hanno bombardato ed assediato la zona
di Accham, a seicento chilometri ad ovest della capitale nepalese. L’offensiva
è stata decisa dal governo dopo il rifiuto dei ribelli alle trattative di pace.
Dal 1996, da quando la ribellione dei maoisti contro il governo e il re
nepalese è entrata nel vivo, oltre 9500 hanno perso la vita.
Ondata di
arresti nelle Maldive, dopo le manifestazioni contro il regime a partito unico
del presidente Maumun Abdul Gayum. Circa 200 persone, infatti, sono finite in manette
in diversi centri dell’arcipelago, che conta 1.200 isole e 270.000 abitanti.
Dopo le manifestazioni in favore della democrazia dei giorni scorsi, il governo
di Male ha proclamato lo stato di emergenza.
Ucciso nelle Filippine il leader di una banda di rapitori
attivi nel sud Paese, Tahir Adonto. Lo ha riferito ieri il portavoce delle
Forze armate, colonnello Daniel Lucero, precisando che il gruppo, chiamato
‘Pentagono’, è considerato responsabile di almeno una trentina di rapimenti dal
2000 nella zona centrale di Mindanao. Nell’operazione hanno perso la vita anche
diversi membri della banda.
Sciagura in Indonesia. Dodici persone sono morte annegate
dopo essersi gettate in mare per sfuggire alle fiamme sviluppatesi su un
battello, al largo delle coste settentrionali del Paese. Lo riferisce la
polizia locale. Il rogo si è prodotto in seguito a un guasto a uno dei motori dello
scafo, che trasportava 45 persone tra Bitung e Posingon, nella provincia di
Sulawesi.
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