RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n.
225 - Testo della trasmissione di giovedì 12 agosto 2004
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
Messaggio del cardinale Walter Kasper al Patriarca
ecumenico Bartolomeo I.
Della vigilia dei Giochi Olimpici ci parlano Roberto
Zichittella e Livio Berruti
OGGI IN PRIMO PIANO
CHIESA E SOCIETA’:
Rapporto dell’Onu sulle vittime dell'Intifada
dall’anno 2000
Cresce la tensione in Ossezia del Sud, dove nella notte hanno perso la vita cinque persone negli scontri tra forze georgiane e indipendentisti.
12
agosto 2004
LE
OLIMPIADI DI ATENE SIANO UN MOMENTO DI FRATELLANZA TRA I POPOLI: COSI’,
GIOVANNI PAOLO II IN UN MESSAGGIO AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA ELLENICA, ALLA
VIGILIA DELL’INIZIO DEI GIOCHI OLIMPICI
- A cura di Alessandro Gisotti -
“Nello spirito della tregua olimpica auguro che questi Giochi siano
un’occasione di fratellanza tra i popoli e le culture”. E’ questo l’auspicio di
Giovanni Paolo II per le Olimpiadi di Atene, che prenderanno il via domani. In
un messaggio al presidente della Repubblica ellenica, Stephanopoulos, il Papa
sottolinea che “lo sport è un linguaggio universale di relazioni umane, che
sviluppa uno spirito familiare e permette di superare la violenza che caratterizza
il mondo attuale”. Il Papa ricorda poi l’accoglienza ricevuta dal popolo greco
nel suo viaggio apostolico del 2001. Infine, impartisce la sua benedizione apostolica
sulla Grecia, sugli atleti, sul comitato olimpico, su quanti hanno contribuito
alla riuscita di questa 28.ma edizione delle Olimpiadi dell’era moderna e su
coloro che seguiranno i Giochi attraverso i mezzi di comunicazione.
IL 10 ED 11 AGOSTO
IL PATRIARCA ECUMENICO BARTOLOMEO I
HA
INDETTO UNA CONFERENZA AD ATENE.
IL CARDINALE WALTER KASPER, NELL’IMPOSSIBILITÀ DI
ACCOGLIERE
L’INVITO
CHE GLI AVEVA RIVOLTO IL PATRIARCA A PARTECIPARE ALLA CONFERENZA,
HA CHIESTO AL NUNZIO APOSTOLICO IN GRECIA DI
RAPPRESENTARLO
- A cura di Fausta Speranza -
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Il 10 ed 11 agosto
il Patriarca ecumenico Bartolomeo I ha indetto
una Conferenza ad Atene, in collaborazione con la Municipalità Olimpica di
Amaroussion, nell’ambito dell’Edizione 2004 dei Giochi Olimpici. La Conferenza,
sul tema “La religione, la pace e l’ideale olimpico”, si propone di presentare
i Giochi Olimpici come visione di un mondo nel quale tutti i popoli, in una
competizione pacifica e leale, perseguono i loro interessi legittimi, al di là di ogni discriminazione, e contribuiscono
all’edificazione di una società armoniosa e libera, giusta e rispettosa dei
diritti umani.
Il cardinale Walter Kasper,
presidente del Pontificio Consiglio per la promozione dell’Unità
dei Cristiani, nell’impossibilità di accogliere l’invito che gli aveva rivolto
il Patriarca a partecipare alla Conferenza, ha chiesto al Nunzio Apostolico in Grecia di rappresentarlo.
Mons. Paul Fouad Tabet ha gentilmente accettato di farlo e di dare lettura,
all’apertura della Conferenza, del messaggio indirizzato dal cardinale Kasper
al Patriarca Bartolomeo I. Nel messaggio si legge: “Con
grande rammarico mi riconosco impossibilitato a prendere parte ad un’iniziativa
- scrive il porporato – che raccoglie il mio consenso, tesa a ricordare e a
mettere in luce i veri obiettivi dei Giochi Olimpici. Il cardinale sottolinea
il titolo della conferenza: “Religione, pace e ideale olimpico” e sottolinea
l’auspicio espresso dal Papa che prevalga un mondo libero da ogni forma di
discriminazione”. “Le Olimpiadi - scrive ancora il cardinale – sono
un’occasione per riscoprire l’ideale comune. Sono un invito a promuovere una
conoscenza reciproca vera, un’amicizia che superi le divergenze, un impegno a
superare i motivi di divisione tra popoli, una testimonianza di concordia e
fraternità.” “Proprio la conferenza – sottolinea il cardinale Kasper - potrà esaltare
valori umani, primo fra tutti la libertà della persona, la dignità del corpo,
delle sue forze e della sua bellezza. E sarà l’occasione per far emergere i
valori etici sui quali si basa la competizione sportiva. Al di là delle
potenzialità umane da far risaltare, infatti, lo sport non deve soprattutto
tradire tali ideali”.
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Questa sera la fiaccola sarà portata in cima
all’Acropoli dove resterà l’intera notte. Domani, continuerà il suo cammino
fino allo Stadio Olimpico dove si svolgerà la cerimonia di apertura dei Giochi.
Ma l’Olimpiade è già cominciata, perché ieri si sono svolte le prime partite
del Torneo di calcio femminile e maschile. Altre partite saranno disputate
oggi. In città, intanto, cresce l’attesa per l’evento più importante della moderna
storia greca. Atene appare tranquilla. Il traffico, di solito caotico, è sotto
controllo, perché sempre più gente utilizza i mezzi pubblici. Le misure di
sicurezza sono massicce, ma non opprimenti. Atene non appare una città
blindata. Da due giorni è a pieno regime il sistema di copertura aerea che, con
il supporto dei mezzi della NATO, dovrà garantire dal cielo la sicurezza delle
Olimpiadi. Ad Atene, continuano gli arrivi di atleti, delegazioni e visitatori.
Ieri, all’aeroporto, sono arrivati e partiti 711 voli; oggi saranno 831. E’
arrivato anche l’ex presidente americano George W. Bush, ospite su uno yacht di
amici greci. Sarà lui a guidare la delegazione americana a queste Olimpiadi.
Nonostante i timori dei giorni scorsi, ora stanno andando bene le vendite dei
biglietti per le gare dei Giochi Olimpici. La gente fa la coda ai botteghini.
Lunedì sono stati venduti 84 mila biglietti, martedì quasi 90 mila. Per la
maggior parte delle finali delle varie discipline c’è ormai il tutto esaurito.
L’entusiasmo per le Olimpiadi sta crescendo.
Roberto Zichittella, da Atene,
per la Radio Vaticana.
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Le Olimpiadi rappresentano il massimo obiettivo per qualsiasi atleta,
oggi come in passato. Ma come vive uno sportivo la vigilia dei Giochi?
Giancarlo La Vella ne ha parlato con Livio Berruti, campione di atletica
leggera, olimpionico nei 200 metri piani, a Roma nel 1960:
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R. – E’ il momento della verità.
Tu non sai come reagirai nella gara e non sai soprattutto come saranno gli
avversari. Quindi, è il momento in cui ci sono più incertezze, più ansie, più
attese.
D. – Al di là di quello che poi
è il fatto agonistico, l’Olimpiade è caratteristica perché è un momento di
incontro tra atleti di etnie diverse. Come è stata la tua esperienza nelle tue Olimpiadi?
R. – E’ stata molto bella,
perché le Olimpiadi hanno presentato nel mio caso il momento veramente
ecumenico dello sport, dove tutti si sentivano uguali, dove non si sentiva nessuna
discriminazione. Quindi, veramente quello che contava era la qualità
dell’atleta in gara e il colore della maglia aveva un valore non rilevante.
D. – Vincere in Italia la gara
dei 200 metri con il record del mondo, davanti al tuo pubblico, che cosa ha
significato?
R. – Riconosco che sia stato un
colpo fortunato. Vincere in casa e in maniera limpida, senza contestazioni,
rappresenta certamente la soddisfazione migliore che possa avere un atleta.
Quello di cui non ti rendi conto però è questo salto di qualità che ti
trasforma e che ti fa diventare di colpo conosciuto da tutti, che determina
questa trasformazione da personaggio normale a personaggio pubblico. Perdi
quella privacy che prima avevi. Fortunatamente lo studio è sempre stato per me
un obiettivo più importante dello sport. Ho sempre visto lo sport come un diversivo
molto bello, ma un’attività complementare della mia vita. Insomma, avrei amato
molto di più diventare un grande scienziato che un grande atleta.
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LA GIOIA DI CELEBRARE A LOURDES LA SOLENNITÀ
DELL’ASSUNZIONE:
L’HA ESPRESSA IERI IL PAPA ALL’UDIENZA,
ANNUNCIANDO IL SUO PROSSIMO VIAGGIO APOSTOLICO
AL SANTUARIO MARIANO DOVE RICORDERA’ SOLENNEMENTE
I 150 ANNI DALLA BOLLA PONTIFICIA INEFFABILIS
DEUS
- Intervista con il padre Alberto Valentini -
“Avrò la gioia di celebrare a
Lourdes la solennità dell’Assunzione di Maria Santissima al Cielo”: così il
Papa, ieri all’udienza, ha annunciato la partenza, sabato prossimo, per il
Santuario mariano. Lì ricorderà solennemente i 150 anni trascorsi dalla
pubblicazione della Bolla pontificia Ineffabilis Deus, con la quale Pio
IX riconosceva come verità incontrovertibile di fede l’assenza di peccato
originale dal momento del concepimento della Vergine. E’ passato un secolo e mezzo dalla proclamazione, ma dobbiamo
ricordare anche tutti gli anni di dibattito teologico, il ben più lungo e
talvolta accidentato cammino magisteriale che portò la Chiesa a quel
pronunciamento. Ne ripercorre sinteticamente le tappe, nell’intervista di
Alessandro De Carolis, il padre monfortano Alberto Valentini, esegeta e docente
all’Università Gregoriana e al Marianum di Roma:
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R. - Ci si è giunti non solo con
le discussioni teologiche ma, soprattutto nell’ultima fase, col senso di fede
del popolo di Dio. Pio IX, non a caso, ha esteso un po’ a tutta la Chiesa la
richiesta di esprimersi su questo punto e il popolo di Dio, ancora una volta, è
stato decisivo e determinante. Naturalmente, non basta proclamare un dogma. Non
è una decisione soltanto dottrinale, ma soprattutto è un’attualizzazione della
fede biblica. Ora, il problema era di come una creatura potesse essere esente
dall’eredità della colpa di origine. Aveva bisogno di essere esplicitato con un
ricorso alla Parola di Dio, alla Scrittura. I santi padri avevano parlato in
questa stessa direzione. Se leggiamo la Numen Gentium, al numero 56, si
dice che la Vergine Maria fu ricolmata di tutti i doni per l’ufficio al quale
era chiamata. Nessuna meraviglia, quindi – dice il testo – se presso i santi
padri invalse l’uso di chiamarla Madre di Dio, la tutta santa, immune da ogni
macchia di peccato, dallo Spirito Santo quasi plasmata e resa nuova creatura.
Parlando di nuova creatura, viene subito la visione della Nuova alleanza, di
profeti, di Geremia, Ezechiele, Gioele. Questa è un po’ la visione globale che
non poteva essere concentrata nel dogma, ma che andava esplicitata e che oggi
facilita il dialogo anche con i fratelli della Riforma, oltre che con i
fratelli orientali.
D. – Ecco, a questo proposito,
in tema di dogmi riguardanti la Vergine, qual è lo stato attuale dei rapporti
con le Chiese protestanti?
R. –
Quando parliamo di Chiese della Riforma, dobbiamo tener conto di una grande
varietà. Ci sono delle tendenze molteplici, ma certamente c’è un dialogo
serrato e anche cordiale da molte parti. Ora, circa il Dogma dell’Immacolata
Concezione, mentre prima c’era stata una chiusura, addirittura un rifiuto e un
blocco su questo non solo dai fratelli della Riforma ma anche dalle Chiese
d’Oriente, oggi la si guarda con simpatia, perché, proprio nel dogma
dell’Immacolata Concezione torna il discorso della pura grazia, del dono di Dio
in assoluto. Quindi, a poco a poco, i fratelli della Riforma vedono in questo
dogma non esplicitamente contenuto nella Scrittura, ma che si può comprendere,
vedono l’assoluto della grazia di Dio e questa è un’acquisizione splendida, che
ci unisce e ci fa camminare assieme.
D. – Un dogma è di per sé un
pronunciamento dottrinale già completo ed esaustivo. Nel caso dell’Immacolata
Concezione di Maria c’è, però, un fatto straordinario: quattro anni dopo l’approvazione
del Dogma, a Lourdes la Vergine stessa si presenta a Bernadette con quel
titolo. Cosa aggiunge, allora, questo evento prodigioso a quanto già aveva
espresso il Papa?
R. – La presentazione, con
parole incomprensibili per una bambina ma così precise, della sua identità come
Immacolata Concezione, ha voluto essere un avallo, quasi un sigillo, un
suggello di quanto la Chiesa ufficialmente aveva detto. E ci dice che la
scrittura stessa, la quale cresce con chi la legge, va interpretata sempre alla
luce dello Spirito.
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NOMINA
Negli Stati Uniti d’America, il
Papa ha nominato vescovo di Buffalo mons. Edward U. Kmiec, finora vescovo di
Nashville. Nato il 4 giugno 1936 a Trenton, è stato ordinato sacerdote nel 1961
e consacrato vescovo nel 1982.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
"La
cieca violenza non conosce tregua" è il titolo che apre la prima pagina in
riferimento all'Iraq, dove imperversano sanguinosi combattimenti ed attacchi.
Sempre
in prima, il telegramma di Giovanni Paolo II al presidente della Repubblica
Ellenica: i Giochi Olimpici siano occasione di fraternità tra i popoli e le
culture.
All'interno,
il Messaggio indirizzato dal cardinale Kasper al Patriarca ecumenico Bartolomeo
I in occasione della Conferenza - ad Atene - dedicata al tema. "La religione,
la pace e l'ideale olimpico".
Nelle
vaticane, un articolo di Gabriele Nicolò sull'imminenza dell'VIII Assemblea
plenaria - in Corea del Sud - della Federazione della Conferenze episcopali
dell'Asia.
Un
articolo di Giuliano Temporelli sull'intervento del vescovo di
Novara dedicato all'esigenza, da parte di ogni credente, di incarnare i
valori del Vangelo.
Nelle
estere, un articolo dal titolo "Contro il progetto creativo di
Dio": la decisione in Gran Bretagna di autorizzare la clonazione di
embrioni umani.
Nella
pagina culturale, un articolo di Danilo Mazzoleni dal titolo "Rigore
scientifico e acume critico di un grande agiografo e liturgista": ricordo
di mons. Victor Saxer.
Nelle
pagine italiane, in primo piano il tema del terrorismo.
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12
agosto 2004
ANCORA MORTI IN IRAQ. MOLTO ASPRO IL LIVELLO DEGLI SCONTRI A NAJAF
E MASSICCIA LA REAZIONE DEGLI SCIITI
- Intervista con Ahmad
Rafat -
Iraq: accese proteste dall’Iran,
dalla Lega Araba e dalle Autorità sciite irachene, a cui si uniscono
manifestazioni di civili lungo le strade di Bassora e Baghdad, per criticare il
decisivo attacco scatenato dalle truppe americane a Najaf contro i miliziani
sciiti di Moqtada al-Sadr. Dopo otto giorni di incessanti combattimenti, i
marines Usa hanno assunto il controllo del centro storico della città santa, ma
gli scontri continuano nelle postazioni dei guerriglieri che – ha dichiarato il
portavoce di al-Sadr – “combatteranno fino al martirio”. Ce ne parla Roberta
Moretti:
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L’assedio annunciato da giorni è
scattato alle prime ore di oggi. L’offensiva Usa, condotta con l'ausilio di
elicotteri, carri armati e blindati e appoggiata dalla Guardia nazionale
irachena, ha chiuso tutti gli accessi al mausoleo dell’imam Ali, sacro agli
sciiti di tutto il mondo, al cimitero e alla città vecchia. Lo stesso cimitero
continua a essere teatro di violenti scontri, mentre caccia-bombardieri ed
elicotteri d'assalto lo sorvolano in continuazione, martellando le postazioni
nemiche. E’ lì che si sono asserragliati da tempo il grosso dei guerriglieri,
promettendo che non ci sarà alcuna resa, ma solo combattimenti a oltranza.
Migliaia di civili hanno abbandonato il centro di Najaf, sollecitati sin dall’altro
ieri dalle forze americane. Il vice governatore della città, Al Qoreshi, si è
dimesso per protestare contro l’offensiva lanciata dalla coalizione. Soltanto
nelle ultime 24 ore – secondo il ministero della Sanità di Baghdad – in Iraq
sono morte 165 persone ed altre 600 sono rimaste ferite. Il bilancio si
riferisce non solo ai combattimenti di Najaf, ma anche a quelli di Kut, città
170 chilometri a sud est della capitale, teatro, la scorsa notte, di una
violentissima battaglia tra iracheni e miliziani sciiti e colpita da nuovi raid
aerei americani. L’offensiva avrebbe dovuto colpire solo le postazioni della
guerriglia, nel quartiere meridionale di Al Shakia, ma tra i 75 morti ci sono
anche numerosi civili.
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L’assedio
di Najaf ha provocato, dunque, la massiccia reazione degli sciiti, che
stamattina si sono riversati nelle strade di diverse città irachene, intonando
slogan contro l’America e contro il premier moderato, Allawi. I raid della
coalizione contro la città santa vengono percepiti, infatti, come un attacco
allo stesso Islam. Lo conferma il giornalista iraniano Ahmad Rafat, ex
segretario dell’Associazione Stampa estera in Italia, intervistato da Andrea
Sarubbi:
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R. – Per fare un paragone con
l’Europa o con il mondo occidentale, si potrebbe dire che gli sciiti provano lo
stesso sentimento che potrebbe avere un cattolico nel vedere i cannoni puntati
sulla cupola di San Pietro. Quando gli sciiti parlano di luoghi sacri, senza
alcuna definizione, si riferiscono a Najaf e Kerbala. Al loro livello, non c’è
nemmeno la Mecca: i luoghi più sacri sono proprio queste due città.
D. – Quante possibilità ci sono
che, proprio per difendere Najaf, si metta in piedi una grande alleanza sciita?
R. –
Un’alleanza tra sciiti potrebbe certo prendere corpo, anche se credo che molte
autorità sciite vorrebbero evitarla. Il vice presidente iracheno, che è uno
sciita del partito religioso al Dawa, ha chiesto agli americani di lasciar
andare avanti i militari del nuovo esercito e della nuova polizia irachena e di
mantenersi, quindi, alla larga. L’ayatollah Al Sistani ha abbandonato la città,
per non rimanere coinvolto politicamente in questa guerra, e si è trasferito a
Londra, per curare una presunta malattia, secondo alcuni più politica che fisica.
D. – E fino a che punto l’Iran,
che è un Paese sciita, rischia di essere coinvolto in questo conflitto
iracheno?
R. – Il leader della rivoluzione
ayatollah Khamenei, appoggiato dai settori più radicali delle Guardie della
Rivoluzione, vorrebbe un coinvolgimento più diretto: non a caso, 15 mila
persone si sono dichiarate disposte, firmando un documento, ad andare in Iraq
per compiere azioni di martirio. L’ex presidente
Rafsanjani, il pragmatico, crede che quello che sta succedendo nel sud
dell’Iraq dovrebbe portare l’Iran e gli Stati Uniti ad un tavolo delle
trattative. Pertanto, l’appoggio a Moqtada al Sadr ed ai ribelli non deve
superare un livello di guardia. La terza posizione è quella di Khatami o dei riformisti
iraniani, che riconoscono all’Iran un ruolo da esterno: Teheran dovrebbe sì
fare delle pressioni, ma senza andare mai oltre le parole.
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IL
MONDO DELLA SCIENZA SI DIVIDE SULLA CLONAZIONE TERAPEUTICA,
AUTORIZZATA
IERI DALLE AUTORITA’ BRITANNICHE. LA CHIESA RIBADISCE
IL SUO FERMO “NO” AL SACRIFICIO DEGLI EMBRIONI
- Ai nostri microfoni mons. Ignacio Carrasco de
Paula e il prof. Francesco D’Agostino -
E’ acceso
dibattito nel mondo della scienza, dopo la decisione della Autorità britannica
per la fecondazione di concedere la prima licenza di clonazione terapeutica ad
un team di scienziati dell’Università di Newcastle. Il fermo “no” della
Chiesa ad ogni pratica di clonazione è stato espresso più volte in diverse
occasioni e ribadito ieri dal direttore della Sala stampa vaticana, Navarro-Valls.
Dal canto suo, la Federazione Internazionale delle Associazioni dei Medici
Cattolici ha condannato la decisione dell’Autorità britannica ribadendo che
“l’uccisione di qualunque essere umano, anche allo stato embrionale, non può
essere eticamente accettata”. Sulla svolta impressa dalla Gran Bretagna in tema
di clonazione umana, Alessandro Gisotti ha intervistato mons. Ignacio Carrasco
de Paula, membro della Pontificia Accademia per la Vita, e direttore
dell’Istituto di Bioetica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore:
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R. - Se non è stata una
sorpresa, direi che la mia reazione è una reazione amara, e, soprattutto per la
mancanza di trasparenza nel giustificare questo permesso. Tutto viene coperto
con questa parola miracolosa: terapeutica.
D. – Ecco, mons. Carrasco,
proprio a proposito di questo, i favorevoli alla clonazione terapeutica
affermano che servirà a salvare milioni di vite umane affette da malattie
incurabili …
R. –
Beh, in primo luogo bisogna tener conto che abbiamo altre tecniche che si sono
già dimostrate molto più efficaci e che non ricorrono al sacrificio di embrioni
umani. Abbiamo a disposizione delle cellule adulte che ci permettono, ormai,
anche interventi con un chiaro specifico significato terapeutico.
D. – Come lei sottolineava, la
Chiesa ha più volte messo in luce, in diversi interventi, la possibilità di
utilizzare le cellule staminali adulte per raggiungere le stesse finalità che
s’intenderebbe raggiungere con le cellule staminali embrionali. Perché, secondo
lei questa non viene vista come la via più ragionevole?
R. – Direi che la stragrande
maggioranza di chi lavora in questo campo aderisce a questa linea perché,
appunto, è quella più ragionevole. Adesso c’è ovviamente una ragione molto
forte: ottenere dei brevetti, per esempio. Sappiamo benissimo che, in ambito
genetico, per le molteplici applicazioni che si possono ottenere, disporre di
un brevetto ha dei grandi vantaggi, per questo c’è una corsa in questo senso.
D. – Anche in questa vicenda
della clonazione, come nel caso dell’aborto, tornato in primo piano nel
dibattito politico italiano, c’è una questione di fondo: la difesa della vita
umana ed il diritto del più debole …
R. – Questa è la cosa importante
che dobbiamo capire. Quando si dice ‘no’ alla clonazione terapeutica è un ‘no’
al sopruso, in primo luogo, verso l’essere umano. Adesso si presentano alcuni
limiti: possiamo intervenire, sacrificare esseri umani fino al 14.mo giorno
della loro esistenza e poi verrà senza dubbio il momento nel quale anche questo
limite verrà saltato. Quando si dice ‘no’, non è alla terapia, ma è
all’uccisione, alla distruzione, al sacrificio di esseri umani che non hanno la
possibilità di difendersi. Dobbiamo essere noi a prenderci questa
responsabilità.
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In Italia, dove
in questi giorni si discute animatamente di aborto, si sono detti nettamente
contrari alla clonazione terapeutica sia il premio Nobel, Rita Levi Montalcini,
che il presidente della Federazione dell’Ordine dei medici, Giuseppe Del
Barone. Stefano Leszczynski ha raccolto un commento del prof. Francesco
D’Agostino, presidente del Comitato nazionale di Bioetica:
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R. – Io la giudico molto
preoccupante, perché è evidente che l’unica motivazione che sta dietro questa
decisione è di tipo schiettamente utilitaristico. Nella speranza, peraltro
tuttora molto vaga ed incerta, di poter ottenere alcuni vantaggi terapeutici,
si decide non solo di uccidere vite umane, ma di dare vita attraverso
clonazione a vite umane con il preciso intento di sacrificarle in laboratorio.
Eticamente, è veramente conturbante!
D. – Per quanto riguarda
l’Italia, qual è la situazione? Sarebbe possibile una cosa del genere?
R. – La posizione ufficiale del
governo italiano, anche a livello dell’Unione Europea, è stata quella di non
dare l’assenso a ricerche che comportino distruzione di vite umane. E’ una
decisione che io personalmente condivido ma che, naturalmente, ha una valenza
politica. Intendo dire che, per quanto ci possa accontentare il fatto che in
Italia attualmente queste ricerche non si facciano, si tratta semplicemente di
una preclusione di carattere politico e quindi qualche volta occasionale.
D. – Quindi, c’è una parte del
mondo scientifico che sarebbe interessata anche in Italia?
R. – Gran parte del mondo
scientifico è interessata non tanto a fare ricerche sugli embrioni umani,
quanto a non avere alcun limite alle loro pratiche di ricerca. Questo vede
davvero uniti quasi tutti gli scienziati e, a mio avviso, questo si spiega
anche per la carente sensibilità bioetica degli scienziati che credono che la
scienza si autogiustifichi sempre eticamente, come se non avessimo innumerevoli
esempi a disposizione di usi perversi, negativi della scienza contro la dignità
dell’uomo e della persona.
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“I GIOVANI
IN UNA SOCIETA’ INTERGENERAZIONALE” E’ IL TEMA DELL’ODIERNA GIORNATA DELLA
GIOVENTU’ PROMOSSA DALL’ASSEMBLEA GENERALE DELL’ONU
- Servizio di Francesca Smacchia -
Al via le
celebrazioni della quinta Giornata Internazionale della Gioventù, stabilita
dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 2000 e fissata per il 12
agosto. Tema di quest’anno, la solidarietà tra generazioni a tutti i livelli,
nelle famiglie, nelle comunità e nelle nazioni. Per l’occasione, Kofi Annan,
Segretario Generale delle Nazioni Unite, ha sottolineato con un messaggio
l’importanza di promuovere la partecipazione di tutti i membri della società al
progresso e allo sviluppo. Il servizio di Francesca Smacchia:
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“I giovani in una società
intergenerazionale” è il tema dell’odierna
Giornata Internazionale della Gioventù. La società oggi è più giovane
che mai: quasi il 50% della popolazione mondiale è composta da individui al di
sotto dei 25 anni. L’Organizzazione Internazionale del Lavoro ha stimato che
sono circa 75 milioni i giovani attualmente disoccupati nel mondo e molti di
più stanno lottando per la sopravvivenza con bassi stipendi e in condizioni di
lavoro misere, con poca o nessuna protezione, benefici o prospettive per il
futuro. La disoccupazione giovanile affligge tutti i Paesi. Per fronteggiare
questo fenomeno, c’è la necessità di sviluppare strategie che diano ai giovani
l’opportunità di trovare un’occupazione dignitosa e produttiva, permettendo
loro di diventare cittadini globali indipendenti e responsabili. Con l’argomento
di quest’anno, le Nazioni Unite hanno voluto sottolineare l’importanza della
solidarietà tra generazioni a tutti i livelli, nelle famiglie, nelle comunità,
nelle nazioni e l’opportunità di promuovere la partecipazione dei giovani
nell’affrontare i problemi che li riguardano: educazione, lavoro, fame e
povertà, abuso di droghe, delinquenza giovanile, effettiva partecipazione della
gioventù nella vita della società e nei processi decisionali. Kofi Annan,
Segretario Generale delle Nazioni Unite, in occasione di questa Giornata
Internazionale della Gioventù, ha rinnovato con un messaggio l’appello alla
comunità internazionale perché riconosca che tutti i membri della società,
giovani e adulti, devono e possono contribuire allo sviluppo e al progresso
della collettività.
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“ADRIANO. LE MEMORIE AL
FEMMINILE”: È IL TITOLO DELLA MOSTRA
CHE HA PER CORNICE VILLA ADRIANA A TIVOLI. ESPOSTI,
FINO AL 25 SETTEMBRE,
I RITRATTI DELLE DONNE DELLA DINASTIA ULPIA,
PROTAGONISTE DELLA SCENA STORICA CON GLI IMPERATORI
TRAIANO E ADRIANO
- Intervista con Anna Maria Reggiani -
“Adriano. Le
memorie al femminile”: è il titolo della mostra che ha per cornice Villa
Adriana a Tivoli. La rassegna, che rimarrà aperta al pubblico presso
l’Antiquarium del Canopo fino al 25 settembre prossimo, espone i ritratti delle
donne della dinastia Ulpia, protagoniste della scena storica con gli imperatori
Traiano e Adriano. La mostra, promossa dal Ministero per i Beni e le Attività
Culturali e dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici del Lazio, presenta
reperti provenienti da Roma e da Sessa Aurunca. Ascoltiamo, nell’intervista di
Maria Di Maggio, Anna Maria Reggiani, curatrice dell’esposizione:
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(musica)
R. –
Attraverso un’ampia documentazione scultorea, abbiamo messo in risalto una
serie di donne che hanno accompagnato l’ascesa al trono di Traiano e di
Adriano, che sono: la sorella di Traiano, Marciana; la figlia di Marciana,
Matidia maggiore e le due figlie Matidia e Sabina. Di Sabina sappiamo che sposò
Adriano e questo matrimonio permise ad Adriano di entrare nella famiglia. Una
famiglia molto complessa, una famiglia che veniva dalla provincia, dalla
Spagna, dall’odierna Andalusia. Conquista il potere a Roma appunto con Traiano
e con Adriano, che sono stati due imperatori che hanno contrassegnato il
periodo più felice della storia romana, cioè il periodo economicamente più
ricco e, dal punto di vista culturale, letterario, artistico più florido e più
fiorente, come vediamo dalla documentazione abbondantissima che c’è rimasta.
D. – E
come viene documentato questo mondo femminile all’interno della mostra?
R. –
Abbiamo una serie di sculture, di ritratti, quasi tutti busti, che
rappresentano tutte queste matrone e che ci sono stati prestati dai musei più
importanti di Roma: il Museo Nazionale romano, i Musei Capitolini e il Museo di
Ostia Antica. Poi, abbiamo una serie di ritratti che appartengono alle nostre
collezioni di Villa Adriana e il ciclo decorativo molto bello che viene dal
teatro romano di Sessa Aurunca, che è stato scavato tra il 1995 e il 2001.
D. –
Quindi, qual è il pezzo più rappresentativo dell’intera mostra?
R. – E’
la Matidia, la statua in marmo colorato bianco-nero, che viene dal teatro di
Sessa Aurunca. Rappresenta Maridia minore, cioè la sorella di Sabina, che
restaurò il teatro di Sessa Aurunca quando ormai tutti i personaggi della
famiglia erano morti. Quindi lei si proponeva come ultima discendente e nella
scena del teatro mette in mostra tutti i componenti della famiglia: Traiano,
Adriano, la sorella, la madre, la nonna, eccetera. Quindi, è un documento molto
importante dal punto di vista storico e anche dal punto di vista artistico,
perché sia la statua di Matidia che le altre sono di altissima qualità.
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12
agosto 2004
8 MILA FEDELI DA TUTTA LA FRANCIA SONO RIUNITI DA
STAMANE A LOURDES
PER IL PELLEGRINAGGIO NAZIONALE FRANCESE, CHE
AVRA’ QUEST’ANNO
LA GRAZIA
DI PARTECIPARE ALLE CELEBRAZIONI PRESIEDUTE DA GIOVANNI PAOLO II, PELLEGRINO
NEL SANTUARIO MARIANO, SABATO E DOMENICA PROSSIMA
LOURDES.= Si è aperto stamane a
Lourdes, e si protrarrà fino al 16 agosto, il Pellegrinaggio nazionale
francese, organizzato dai religiosi dell’Assunzione e dall’Associazione
Notre-Dame du Salut, che lanciò nel 1873 il movimento dei pellegrinaggi nel
Santuario, associandovi molto presto gli infermi. L’iniziativa, giunta alla
131.ma edizione, incrocia quest’anno il pellegrinaggio a Lourdes del Santo
Padre, un evento di grazia che offrirà ai partecipanti all’appuntamento mariano
nazionale la possibilità di assistere alle celebrazioni con Giovanni Paolo II,
il 14 e 15 agosto. Il raduno, incentrato sul tema “Signore, sii la mia roccia”,
è presieduto dal cardinale Philippe Barbarin, arcivescovo di Lione. Tra
i momenti salienti del pellegrinaggio, la Santa Messa di apertura celebrata
stamane sull’Esplanade del Santuario e la Veglia internazionale dei giovani con
il cardinale Barbarin, in programma domani sera alle 21.00 nella Basilica di S.
Pio X, dove sabato 14 alle 9.00 si svolgerà la celebrazione dell’Unzione degli
Infermi, con la professione solenne di impegno dei nuovi barellieri e dame. Ad
accompagnare gli 8.000 pellegrini, tra i quali 1.150 malati e portatori di
handicap, sono il Superiore generale degli Assunzionisti, padre Richard
Lamoureux, e il Provinciale di Francia, p. André Antoni, con il suo Consiglio.
(R.G.)
LANCIATO
IN CINA UN PIANO GOVERNATIVO
PER
SCORAGGIARE GLI ABORTI DI FIGLIE FEMMINE,
UN
FENOMENO MOLTO DIFFUSO NELLE ZONE RURALI,
DOVE
SI PREFERISCE LA NASCITA DI UN MASCHIO PER AIUTARE LE FAMIGLIE
PECHINO.= Le figlie femmine sono
ancora un problema in Cina, almeno nelle zone rurali: per questo, il
governo ha lanciato un piano di
incentivi in denaro per convincere le donne a non abortire quando sanno di aspettare
una bambina. Secondo quanto scrive il quotidiano ''China Daily'', in base al
programma ''Care for girls'', le
bambine saranno esentate dal pagamento delle tasse scolastiche, le mamme
avranno diritto ad un'assicurazione fino a quando le figlie non saranno
diventate grandi e le famiglie con solo una figlia avranno alcuni privilegi per
quanto riguarda l'educazione, il lavoro
e la ricerca di una casa. In base al
rigido piano di controllo delle nascite portato avanti in Cina, nelle città si
invitano le coppie ad avere un solo figlio, mentre nelle campagne è permesso un
numero comunque limitato di bambini. Nelle zone rurali, se il primogenito è una
femmina è consentito avere un secondo
figlio: ma, in molti casi, se si scopre che è una bambina le donne tendono ad
abortire. I figli maschi sono preferiti perché considerati in grado di aiutare
maggiormente la famiglia. (R.G.)
RAPPORTO DELL’ONU SULLE VITTIME DELL'INTIFADA
DALL’ANNO 2000:
OLTRE 4.500 I MORTI, 3553 I PALESTINESI E 949 GLI
ISRAELIANI
NEW YORK. = Oltre 4.500 persone
sono morte dall'inizio dell'Intifada, nel settembre del 2000: 3.553 sono i palestinesi e 949 gli
israeliani. A denunciarlo un rapporto
delle Nazioni Unite. ''Nessuna delle due parti si è impegnata nella difesa dei
civili ed entrambe violano le leggi internazionali'', ha dichiarato il
sottosegretario dell'Onu per gli Affari politici, Kieran Prendergast, presentando lo studio davanti
al Consiglio di sicurezza. Tra le cause del protrarsi delle violenze secondo
Prendergast, c’è “la mancanza di speranze realistiche per una soluzione
pacifica del conflitto''. (R.G.)
AL
FESTIVAL DELLA GIOVENTU' DI BARCELLONA,
I GIOVANI LEADER DI OLTRE 400 MILIONI DI
INDIGENI DI TUTTO IL MONDO
HANNO DENUNCIATO LO SCARSO IMPEGNO DELL’ONU
PER IL
VARO DELLA CARTA UNIVERSALE DEI DIRITTI DELLE POPOLAZIONI AUTOCTONE
BARCELLONA.= A margine della
Giornata internazionale delle popolazioni autoctone, celebrata lunedì scorso, i
giovani rappresentanti di oltre 400 milioni di indigeni che vivono sul pianeta,
hanno presentato un decalogo di rivendicazioni da includere negli Obiettivi del
Millennio, stilati dall’Onu e da porre all’esame della prossima Assemblea
generale, nel Palazzo di Vetro a New York, in dicembre. I leader indigeni,
riuniti al Festival mondiale della gioventù a Barcellona, chiedono che entro il
2015 i Paesi membri dell'Onu garantiscano il diritto all'autodeterminazione, il
rispetto dei diritti umani e delle tradizioni, dell'ambiente, un maggiore
accesso alla sanità e all'istruzione e il riconoscimento della proprietà della
terra, nonché maggior spazio alle donne. I giovani leader hanno anche chiesto
che venga finalmente varata la Dichiarazione universale dei diritti indigeni,
di cui solo due articoli sono stati sinora approvati. Su questo punto anche
Rigoberta Menchù, Premio Nobel per la pace nel 1992 ha accusato l'Onu di scarso
impegno. ''Nonostante gli sforzi compiuti - ha dichiarato il Premio Nobel
parlando da Città del Messico - non si realizzeranno gli obiettivi pianificati
nel 1995, quando venne dichiarato il Decennio internazionale dei popoli indigeni''.
Nel mondo, secondo l'Onu, gli indigeni vivono in 70 Paesi e parlano circa 4 mila
lingue. (R.G.)
DIBATTITO
E PROTESTE DI ORGANISMI UMANITARI DOPO LA SENTENZA
DELLA CORTE D’APPELLO DI LONDRA CHE HA
RESPINTO IL RICORSO
CONTRO
LA DETENZIONE DI 10 SOSPETTI TERRORISTI,
ARRESTATI
SULLA BASE DI INFORMAZIONI OTTENUTE
CON LA
TORTURA DI PRIGIONEIRI NELLA BASE DI GUANTANAMO, A CUBA
LONDRA. = La Corte d'Appello di
Londra ha respinto ieri il ricorso contro l’arresto di 10 sospetti terroristi
detenuti senza processo nella prigione londinese di Belmarsh e in un ospedale
psichiatrico. I legali dei detenuti avevano denunciato che i loro assistiti
erano stati arrestati sulla base di informazioni ottenute con la tortura dai
prigionieri della base americana di Guantanamo Bay a Cuba. I sospetti terroristi
avevano fatto ricorso contro il verdetto della Special Immigration Appeals Commission
(Siac), emesso nell'ottobre scorso, che aveva appoggiato la decisione del
Governo di confermare gli arresti secondo la legge anti-terrorismo del 2001. La
Siac aveva affermato che esistono prove sufficienti per sostenere l'opinione
secondo cui i sospetti terroristi, alcuni dei quali sono in carcere dal
dicembre del 2001, rappresentano un rischio per la sicurezza nazionale. La
sentenza della Corte d'appello britannica ha suscitato vibrate proteste da
parte di organizzazioni e gruppi umanitari; tra queste Amnesty International si
è dichiarata ''sgomenta'' per la decisione secondo la quale una prova ottenuta
mediante tortura è ammissibile in giudizio nel Regno Unito. “Il primato della
legge e i diritti umani sono diventati vittime delle misure prese all'indomani
dell'11 settembre”: afferma in un comunicato l'organizzazione definendo la
decisione ''aberrante, dal punto di vista morale e legale'' (R.G.)
SODDISFAZIONE A GENOVA PER L’IMMINENTE APERTURA DI
UN ELIPORTO
DAVANTI AL
SANTUARIO DELLA MADONNA DELLA GUARDIA,
SUL MONTE FIGOGNA, ALLE SPALLE DELLA CITTA’,
META DI MIGLIAIA DI FEDELI DA OGNI PARTE DEL MONDO
- A cura di Dino Frambati -
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GENOVA. = Forse già tra qualche
giorno si potrà raggiungere il Santuario della Madonna della Guardia, il più
importante ed amato dai genovesi, a 800 metri sul livello del mare e sulla cima
del monte Figogna, alle spalle di Genova, in elicottero. Sono infatti ormai al
termine i lavori iniziati circa un mese fa per realizzare un eliporto in erba
sul quale potrà atterrare un’analoga macchina volante. Ancora pochi interventi
tecnici – ci ha spiegato mons. Marco Granara, rettore del Santuario ed ecco che
il mini-aeroporto davanti al Santuario sarà pronto. E appare significativo come
questa struttura entri in funzione proprio quando manca ormai non molto tempo
alla ricorrenza mariana che sarà celebrata domenica, 29 agosto. L’idea di un
eliporto appare quanto mai opportuna: il santuario è meta di migliaia di fedeli
che lo raggiungono da ogni parte d’Italia ed anche dall’estero. In quel luogo
sacro salì pellegrino anche Giovanni Paolo II, quando venne in visita pastorale
all’ombra della Lanterna. Alla Madonna è dedicata la città di Genova e quel
santuario sorse dopo che fu la stessa Madre di Gesù a chiederne l’edificazione
al pastore Benedetto Pareto quando gli apparve nell’estate 1490, nel punto del
monte dove oggi una piccola cappella ricorda l’evento e a pochissima distanza
dal santuario mariano.
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12
agosto 2004
- A cura di Barbara Castelli -
Proseguono le operazioni antiterrorismo in Pakistan. Questa
mattina sono finiti nelle mani delle autorità due uomini, un pakistano e un
uzbeko, sospettati di essere membri di alto livello della rete terroristica di
Osama Bin Laden. Il primo avrebbe partecipato ai tentativi di omicidio del
presidente, Pervez Musharraf. Sempre stamani, in varie zone del Paese, sono
state arrestate altre cinque persone legate ad Al Qaeda.
Le forze di sicurezza saudite hanno ucciso ieri un presunto
terrorista alla Mecca. Lo hanno reso noto fonti del ministero degli Interni di
Riad, specificando che il sospetto ha lanciato una bomba a mano contro le forze
di polizia, ferendo un agente.
È forte
la pressione dell’esercito israeliano nei Territori. La demolizione stamani di
sei case a Rafah, presunti covi di attivisti palestinesi, conferma la crescente
paura di nuovi attacchi. L’attentato di ieri ad un posto di blocco sulla strada
per Ramallah ha, infatti, mostrato la vulnerabilità del sistema di sicurezza
israeliano. Il servizio di Graziano Motta:
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Secondo
il capo della polizia di Gerusalemme, l’attentatore era diretto verso il centro
della città, ma il rafforzamento dei posti di blocco gli ha impedito di
penetrarvi. Ha quindi agito in una zona periferica, nell’area nord fra Kalandia
e il quartiere satellite di Kivag Zev. L’esplosione, rivendicata poi dalle
Brigate di Al-Aqsa, ha causato la morte del kamikaze e di un altro palestinese
di 60 anni e il ferimento di 20 persone – israeliane e palestinesi. Altri
missili sono stati sparati la scorsa notte da elicotteri a Rafah, presso il
confine con l’Egitto, teatro di ripetute incursioni che, nei mesi scorsi, hanno
provato la popolazione civile, in favore della quale l’Unione Europea ha
disposto ieri un fondo di un milione e 350 mila euro. Serviranno a riparare le
case, le scuole, la rete idrica e fognaria. Di violazioni di diritto umanitario
parla un Rapporto del vice segretario dell’Onu per gli affari politici,
sottolineando la responsabilità sia degli israeliani sia dei palestinesi.
Per la Radio Vaticana, Graziano Motta.
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La Composizione della nuova
Commissione europea, la prima dell’Unione a 25, verrà resa nota nel primo
pomeriggio. E’ quanto si legge in un comunicato di Bruxelles diffuso questa
mattina. Sempre oggi pomeriggio il presidente designato, José Manuel Durao Barroso,
terrà una conferenza stampa.
“La
situazione in Ossezia del Sud si sta aggravando e potrebbe sfuggirne il controllo
in qualsiasi momento”. Lo ha affermato stamattina il governo russo, che ha
chiesto la convocazione urgente della Commissione mista di cui fanno parte
anche la Georgia e le Repubbliche caucasiche. Il presidente Mikhail Saakashvili, intanto, ha sottolineato che
la regione è minacciata dalla “pulizia etnica” e da una “catastrofe
umanitaria”. Nella notte cinque persone sono morte nei combattimenti tra
forze georgiane ed indipendentisti. Sul perché di questi scontri, Giada Aquilino
ha intervistato Luigi Geninazzi, esperto dell’area ex sovietica per il
quotidiano Avvenire:
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R. –
Nella turbolenta zona del Caucaso, i separatismi dell’Ossezia e di altre regioni
dell’ex Unione Sovietica generano una situazione di crisi che torna periodicamente.
I separatisti dell’Ossezia del Sud contano sull’appoggio della Federazione
Russa, mentre, dopo l’ultimo ribaltone che c’è stato a Tbilisi e la grande
vittoria del presidente Mikhail
Saakashvili, le cose sono cambiate: se già con Sevardnadze la
Georgia era molto vicina agli Stati Uniti, con il giovane Saakashvili questa tendenza si è
accentuata.
D. –
C’è il rischio che ci sia una nuova Cecenia?
R. –
In Cecenia, secondo il presidente russo Putin, la guerra è finita. Ma continuano
gli atti terroristici ed a maggio è stato ucciso il presidente filorusso Kadirov. Io credo che la Georgia, essendo un Paese
confinante, risenta di questa situazione di crisi.
D. – Ma cosa c’è davvero dietro l’instabilità del Caucaso?
R. –
Soprattutto il controllo di un’area cruciale per le fonti energetiche. Sappiamo,
infatti, che in Cecenia passa un importante oleodotto-gasdotto e sappiamo pure
che la Georgia è al centro delle nuove vie del petrolio che si sono ridisegnate
in questi ultimi cinque o sei anni, dal Caspio fino al Mar Nero e al Mar
Mediterraneo. E’ chiaro che tutto ciò, se la situazione dovesse diventare
sempre più instabile, metterebbe a rischio la sistemazione di quest’area, dove
ognuno vuole avere mano libera per agire.
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Ancora in primo piano il Darfur,
la regione occidentale del Sudan da mesi teatro di violenti scontri tra le
forze governative e le milizie Janjaweed. “Le accuse delle Nazioni Unite sono
senza fondamento”: con queste parole il portavoce dell’esercito sudanese, generale
Muhammed Beshir Suleiman, ha risposto in un comunicato ufficiale alle accuse
lanciate nei giorni scorsi dall’Onu. L’organismo internazionale aveva
denunciato la ripresa dei raid aerei da parte delle forze armate e nuove
violenze delle milizie filogovernative arabe Janjaweed nei confronti della
popolazione locale.
Il Venezuela si prepara
al referendum che domenica deciderà sulla permanenza o meno di Hugo Chavez alla
testa del Paese. A vegliare sui seggi e sul corretto svolgimento della tornata
elettorale, verranno dispiegati a partire da oggi oltre 110 mila soldati. Se la
maggioranza degli elettori si esprimerà a favore della destituzione dell’attuale
presidente, nuove elezioni dovrebbero essere convocate entro 30 giorni.
L’incidente
di tre giorni fa alla centrale nucleare di Mihama, in Giappone, sarebbe la tragica
conseguenza di un errore umano. Lo ha dichiarato oggi il ministro dell'Industria
e del Commercio, Shoichiro Nakagawa, che controlla l’applicazione delle norme
di sicurezza all’interno degli impianti nucleari. Si preannunciano, dunque, le
dimissioni per i dirigenti della società di gestione della centrale, la Kansai
Electric Power.
Si è ulteriormente
aggravato il bilancio del sisma che ieri ha colpito la provincia
sud-occidentale cinese dello Yunan, provocando il crollo di quasi cinquemila
abitazioni e lasciando senza tetto non meno di cinquantamila persone. I morti
accertati restano tre, mentre il numero dei feriti è salito a circa seicento,
di cui 26 in condizioni critiche e altri 142 gravi.
A tre settimane dalla peggiore sciagura ferroviaria della storia
recente della Turchia, ieri altri due treni si sono scontrati sulla linea
Istanbul-Ankara, con un bilancio, ancora provvisorio, di sei morti e un
centinaio di feriti. Alla base della sciagura ci sarebbe, con ogni probabilità,
un errore di un macchinista.
Il
problema dell’immigrazione clandestina deve essere fronteggiato con “approccio
internazionale”. In un colloquio telefonico, il presidente della Commissione
europea, Romano Prodi, e il leader libico, Muammar Gheddafi, si sono
confrontati sulla questione, sottolineando l’emergenza di adottare soluzioni
politiche concrete. Le coste della Sicilia, intanto, continuano ad essere meta
di tanti disperati. Dopo i quattro sbarchi di ieri, che hanno portato
sull’isola di Lampedusa 266 extracomunitari, è di nuovo emergenza nel centro di
prima accoglienza.
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