RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n.
221 - Testo della trasmissione di domenica 8 agosto 2004
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO
Prima mondiale, a Pesaro, della rossiniana opera
seria “Elisabetta regina d’Inghilterra”.
CHIESA E SOCIETA’:
Discoteche,
pub e autogrill, le frontiere estive dell’evangelizzazione in Italia
Il
governo cambogiano accelera i tempi di nascita del tribunale contro i crimini
dei Khmer Rossi
Trent’anni
fa, Richard Nixon si dimetteva in diretta tv dopo lo scandalo Watergate
Alla
Salesiana, corsi estivi di latino greco per futuri sacerdoti e religiosi.
Il
premier iracheno Allawi visita Najaf e chiede di ritirarsi alla guerriglia
sciita, che rifiuta
Allarme
in Europa e Usa, al centro di minacce terroristiche. Il parere dell’analista
strategico Alessandro Politi
Quasi
duemila morti in India e Bangladesh, devastati da piogge e inondazioni.
8 agosto 2004
LA BENEDIZIONE DEL PAPA SULLE OLIMPIADI, PERCHE’ SIANO UN MOMENTO
DI INTESA E DI PACE TRA I
POPOLI. GIOVANNI PAOLO II RICORDA IL QUARANTENNALE
DELLA PRIMA ENCICLICA DI
PAOLO VI, L’ECCLESIAM SUAM,
CHE ILLUMINO’ LA VIA
POSTCONCILIARE DELLA CHIESA
- Servizio di Alessandro
De Carolis -
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In un mondo preda dell’odio e della violenza in molte sue aree, la
disputa delle prossime Olimpiadi sia un’occasione di “sereno incontro e valga a
promuovere l’intesa e la pace tra i popoli”. Con questo auspicio, Giovanni
Paolo II ha salutato “con speciale calore” all’Angelus di questa mattina, a
Castel Gandolfo, la città di Atene – che lo accolse nel 2001 - e tutti coloro –
tra atleti, delegazioni e rappresentanti nazionali - che tra cinque giorni
daranno il via alla 28.ma edizione dei Giochi Olimpici dell’era moderna. Ma la
preghiera mariana ha permesso al Papa di parlare anche dell’importanza di Paolo
VI - nel quarantennio di pubblicazione della sua prima enciclica – e
dell’imminente pellegrinaggio apostolico a Lourdes, il 14 e 15 agosto prossimi.
“Sulle Olimpiadi e sull’intero
mondo dello sport invoco la materna protezione della Vergine Santissima”.
Con questa preghiera a Maria, ai
cui piedi si troverà la prossima settimana davanti alla Grotta di Massabielle,
Giovanni Paolo II – nella cornice gremita e festosa del cortile del Palazzo
apostolico - ha espresso il suo augurio personale per il grande evento sportivo
che, a partire da venerdì prossimo, e per le successive due settimane,
monopolizzerà l’attenzione e la passione di miliardi di telespettatori in tutto
il mondo. E proprio all’indirizzo di un pianeta che vive una stagione di
tensione e di drammi, il Pontefice, pensando all’intrinseco valore unitario
dello sport, ha rivolto questo esplicito invito:
“Auguro di cuore che nel mondo, oggi turbato e
talora sconvolto da tante forme di odio e di violenza, l’importante evento
sportivo dei Giochi costituisca un’occasione di sereno incontro e valga a
promuovere l’intesa e la pace tra i popoli”.
Il dialogo, insieme alla
necessità del “rinnovamento”, erano stati punti fermi, in un altro contesto, di
un grande Pontefice del Novecento, Paolo VI. Di lui - al quale due giorni fa,
giorno del 26.mo anniversario della morte, aveva dedicato una Messa di
suffragio – Giovanni Paolo II ha ricordato all’Angelus il “significato
particolare” assunto dalla ricorrenza, sempre il 6 agosto, ma del 1964, della
pubblicazione dell’Ecclesiam suam, l’enciclica con la quale Papa Montini
illustrò le linee del suo pontificato:
“In quel memorabile documento, egli dichiarò fin
dall’inizio il suo amore appassionato per la Chiesa, chiamata a riflettere la
luce gloriosa del volto di Cristo; e indicò alcune fondamentali “vie della
Chiesa”: la coscienza di se medesima, il rinnovamento, il dialogo”.
“La Chiesa – ha proseguito il
Papa, citando l’esclamazione di Paolo VI – è viva oggi più che mai! Ma a ben
considerare sembra che tutto ancora resti da fare; il lavoro comincia oggi e
non finisce mai”:
“Queste parole conservano piena
attualità e stimolano tutti i credenti a proseguire, in modo consapevole,
l’autentico rinnovamento ecclesiale avviato con il Concilio Vaticano II”.
Prima della preghiera mariana,
il Pontefice ha affidato alla Madonna il pellegrinaggio a Lourdes del 14 e 15
agosto, che coinciderà con il 150.mo anniversario della proclamazione del dogma
dell’Immacolata concezione. Poi, ha rivolto ai fedeli saluti in sei lingue, salutato
da salve di applausi e di brevi esecuzioni musicali. Tra i gruppi menzionati,
anche quello composto da alcune mamme e dai loro figli, appartenenti all’Opera Mater
Dei, che segue donne che rifiutano l’aborto.
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8 agosto 2004
A SANTIAGO DE
COMPOSTELA, SI CONCLUDE IL PELLEGRINAGGIO DEI GIOVANI
CON UNA RIFLESSIONE SULL’“EUROPA DELLO SPIRITO”
- Servizio di Marina Tomarro -
Sulla scorta dell’invito lanciato loro
da Giovanni Paolo II durante l’udienza generale di mercoledì scorso, i giovani
che stanno partecipando al grande “Cammino” di Santiago de Compostela hanno
riflettuto ieri sull’importanza delle radici cristiane europee, ascoltando
esperienze di fede e di conversione di alcuni loro coetanei. Il pellegrinaggio
si è concluso con una celebrazione eucaristica, presieduta dal cardinale Rouco
Varela. Da Santiago, il racconto di Marina Tomarro:
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Una moltitudine di fiaccole
accese ha illuminato la notte nella veglia di preghiera che si è svolta ieri
sera a Monte de Gozo. Durante la cerimonia, cinque giovani pellegrini provenienti
da diverse parti del Vecchio continente hanno raccontato il loro personale incontro
con Gesù, affermando l’importanza di saper rispondere alla sua chiamata per
poter scegliere in maniera giusta le diverse vocazioni a cui sono chiamati. Tra
loro, c’era anche Stefania, giovane suora paolina italiana, che ha parlato del
suo incontro con Cristo, avvenuto attraverso un suo personale cammino
attraverso le strade dell’Europa.
Era presente anche il legato
pontificio, il cardinale arcivescovo di Madrid, Antonio María Rouco Varela, che
ha spiegato l’importanza delle radici cristiane del popolo europeo e ha
invitato i giovani a non dimenticarle e ad essere sentinelle del mattino,
sempre presenti al servizio del Vangelo e della pace.
Questa mattina, sempre al Monte de Gozo, il cardinale Varela ha presieduto
la celebrazione eucaristica che ha concluso queste giornate. Durante la Messa,
è stata distribuita ai ragazzi una carta della nuova Europa dello spirito,
pensata da un gruppo di giovani europei proprio in occasione di questo
avvenimento.
Da Santiago del Compostela,
Marina Tomarro per la Radio Vaticana.
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RIFLETTERE SU UNA NUOVA
IDEA DI DEMOCRAZIA PER LA CONVIVENZA TRA I POPOLI:
IL TEMA AL CENTRO DEL FORUM MONDIALE DELLA
GIOVENTU’ DI BARCELLONA,
IN PROGRAMMA DA OGGI AL 14 AGOSTO
- Servizio di Francesca Fialdini -
Trecento giovani italiani, di 40
organizzazioni diverse, rappresentano l’Italia al Festival mondiale della
gioventù “Barcellona 2004”, che si apre oggi. Fino al prossimo 14 agosto,
diecimila giovani di tutte le parti del mondo riflettono insieme sulle sfide
politico-sociali del 21.mo secolo, per mettere al centro della convivenza fra i
popoli un nuovo concetto di democrazia. Il servizio è di Francesca Fialdini:
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Un evento internazionale, di
nuova concezione, interamente creato da organizzazioni giovanili di tutto il
mondo per pensare alle principali sfide del XXI secolo dal punto di vista delle
nuove generazioni.
E’ il Festival mondiale della
gioventù “Barcellona 2004”, il luogo naturale di discussione e confronto politico
per oltre 10 mila giovani che nei prossimi giorni si interrogheranno sui valori
di democrazia, pluralità e uguaglianza nell’ambito di una nuova idea di
convivenza tra i popoli. Il Forum nazionale dei giovani rappresenterà l’Italia
con una tra le delegazioni più ricche. Giacomo Filibeck, presidente del Forum
europeo della gioventù:
“Il contributo con cui ci presentiamo a Barcellona è evidentemente quello
di discutere quale sia il futuro della nostra generazione nel contesto della
globalizzazione: come vediamo il ruolo dell’Europa, il carico di responsabilità
che l’Europa ha in termini continentali. E poi, soprattutto, ci presentiamo al
Festival per conoscere realtà che sono molto distanti dalle nostre, per vedere
quali siano gli elementi che ci accomunano e quali le battaglie che possiamo
perseguire insieme”.
Globalizzazione e sviluppo
sostenibile tra le tematiche focali di ogni appuntamento, per rafforzare il
contributo dei giovani sulla scena internazionale attraverso progetti concreti
di cooperazione tra Nord e Sud del mondo:
“A livello ‘micro’, queste migliaia di ragazzi e ragazze che si
incontreranno, inevitabilmente faranno nascere dei progetti concreti e comuni.
A livello ‘macro’, poi, c’è un messaggio che bisogna veicolare rispetto alle
istituzioni internazionali: questa generazione vuole la pace, vuole la
democrazia, vuole il rispetto della dignità umana”.
Accolto nell’ambito del Forum
universale delle culture, il Festiva mondiale dei giovani “Barcellona 2004” è
il terzo appuntamento, in ordine cronologico, dopo Portogallo e Panama e
rappresenta la sede di formazione di un vero e proprio movimento giovanile internazionale,
come spiega Giuseppe Porcaro, presidente del Forum nazionale italiano:
“I ragazzi
provengono da diversi retroterra, sia politici che sociali ed economici.
Quindi, tra di loro si trova il giovane socialista come il giovane liberale, le
grandi associazioni trasversali per tradizione, come gli scout o la Croce
Rossa... D’altra parte, l’approccio del Festival è proprio quello di mettere
sullo stesso piano i giovani che vengono dal Nord, dal Sud, dall’Est e
dall’Ovest!”.
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L’ESTATE NEGLI
OSPEDALI. SI ACCENTUA IL SENSO DI SOLITUDINE NELLE CORSIE
MA NON MANCANO LE INIZIATIVE DI SOLIDARIETA’
- Intervista con padre Jason Hood -
L’estate
è, per consuetudine, intesa come un tempo di riposo e di vacanze. La gente lentamente
abbandona le città, alla volta di più ambite località turistiche. Ma c’è chi,
anche d’estate, vive situazioni di difficoltà. Pensiamo a quanti sono ricoverati
o a quanti devono assistere i propri cari in ospedale. Per capire come
trascorra l’estate nelle corsie, Barbara Castelli ha raccolto la testimonianza
di padre Jason Hood, cappellano dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma:
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R. – Trascorro l’estate
soprattutto visitando i pazienti e i loro familiari, cercando di sostenerli nel
momento di difficoltà, dando loro un segnale di incoraggiamento e soprattutto
facendo in modo che questo momento trascorso in ospedale sia illuminato dalla
fede. Se si riesce a fare un po’ di silenzio, se si riesce a riflettere, questo
momento di dolore può trasformarsi in un momento per rivedere, per ripensare
alcune cose della propria vita: può diventare un incontro con il Signore.
Questo è il mio lavoro principale: stare vicino ai bambini e ai loro genitori,
cercando di accompagnarli in questo momento. Un po’ come fa Gesù con i
discepoli ad Emmaus.
D. – Durante l’estate, vengono
realizzate delle iniziative per portare un po’ di allegria nelle corsie o la
carenza di personale ostacola questi slanci?
R. – Ci sono alcune iniziative.
La più importante di questo periodo si chiama “Pachtwork”. L’iniziativa è stata
promossa dai Giovani per il mondo unito, che sono espressione del Movimento dei
Focolari. La scorsa settimana hanno dato vita ad una iniziativa che ha
coinvolto dieci ragazzi, che sono venuti in reparto e hanno trascorso la mattinata
insieme ai bambini e ai loro genitori. Poi sono venuti rappresentanti delle Associazioni
di clown e di animazione, che hanno tenuto piccoli spettacoli ed intrattenimenti
musicali.
D. – Durante le vacanze, in
qualche modo, il senso di solitudine di accentua?
R. – Purtroppo un pochino sì,
perché in giro ci sono meno volontari, non ci sono gli insegnanti accanto ai
bambini. Allo stesso tempo, però, proprio in questi momenti di maggior
solitudine viene fuori – se così si può dire – l’eroicità dei genitori, che trascorrono
anche tutte le sere qui in ospedale per stare accanto al bambino e dargli
sostegno. Da una parte si sente un po’ più di solitudine, ma allo stesso tempo
ci sono tanti amici e parenti che – come ha suggerito il Santo Padre – offrono
la loro vicinanza a chi sta in difficoltà. E qualcuno scopre veramente cos’è
l’amore: donare se stesso per dare sollievo ad un parente, ad un nipote, ad un
figlio. Questo è un grande incoraggiamento.
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SOLIDARIETA’ AL FEMMINILE, SENZA CONFINI E SENZA
RISPARMIO DI SE’:
LA RACCONTA IL LIBRO DI MARIAPIA BONANATE, “DONNE
CHE CAMBIANO IL MONDO”
- Servizio di Massimiliano Menichetti -
Raccontare storie di quotidiana
missionarietà, solidarietà, di aiuto. E’ la sfida di Mariapia Bonanate che, nel
libro “Donne che cambiano il mondo”, traccia il sentiero della vita di alcune
donne coraggiose che hanno deciso di abbracciare pienamente la propria vocazione
e portare la luce della fede e della carità nel mondo. Il servizio è di
Massimiliano Menichetti:
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Argentina, Brasile, Congo,
Francia, India, Italia, Mozambico: sono alcuni dei Paesi in cui la luce della
speranza, della solidarietà, della fede viene portata quotidianamente da donne
che instancabilmente la donano ai poveri, ai bisognosi, a chi è solo. Maria Pia
Bonanate racconta le loro storie nel libro “Donne che cambiano il mondo” ...
“Donne molto semplici, molto normali, molto quotidiane, che però, ad un
certo punto della loro vita, per diverse opportunità, hanno deciso di
affrontare situazioni di disagio o comunque di difficoltà, per cambiarle. E
concretamente, tante persone – uomini, donne, bambini, ammalati o anche sani,
che però avevano dei gravi problemi – riuscivano se non a risolvere le loro
situazioni, per lo meno a riacquisire un futuro, una dignità, una speranza”.
Così Laura, piemontese, che a 20
anni ha scelto di vivere in Mozambico nella zona di Tete, per dedicarsi
completamente agli altri: poveri ed emarginati. Oggi ha 38 anni e affianco alla
sua capanna è cresciuto un villaggio che accoglie ragazzi di strada, mamme adolescenti,
lebbrosi. Ma Laura è solo una delle tante donne invisibili che instancabilmente
rendono concreto e visibile il cuore di Maria, Madre di Cristo. Tra gli umili
dell’Africa, incontriamo anche Chiara. Ce ne parla ancora Mariapia Bonanate ...
“Chiara è un medico, specializzata in ginecologia, che è partita anni fa
per il Nicaragua, all’inizio degli anni Ottanta, per fare il ginecologo là dove
la gente era abbandonata e dimenticata. Poi, è andata in Africa, a 500 km da
Kinshasa, nel Congo, dove ha iniziato ad occuparsi di questo ospedale dove non
c’era più niente: né luce, né acqua, i malati dormivano per terra. Un anno
dopo, per un incidente nella Savana, è rimasta senza un braccio. E’ ritornata
con una protesi e attualmente è lì, che aiuta, dirige una scuola per infermieri,
va nel “bush” per vaccinare e curare più di 100 mila abitanti, di cui è il solo
medico, dicendo: “Io rimango qui, perché se vado via anch’io, queste persone
non avranno più nessuno che griderà la loro sofferenza e le loro urgenze”.
Incardinarsi in Cristo
attraverso il volto di Maria e diventare così un’instancabile operatrice di
misericordia: è la quotidianità di Maria Chiera, 49 anni, che a Fano, nelle
Marche, e poi a Roma, ha creato l’“Oasi dell’accoglienza”, una struttura che,
in maniera del tutto gratuita, ospita ed assiste, grazie al lavoro dei molti
volontari, le famiglie che vivono il dramma della talassemia: persone che
spesso vengono da altre nazioni per curare questa patologia, a volte mortale,
con il trapianto del midollo osseo. La sua storia:
R. – Io ho vissuto una
conversione particolarissima davanti alla Grotta di Lour-des, dove ho capito
che fino ad allora non ero esistita, non avevo vissuto, mentre ora sono qui,
presente, vigile, minuto per minuto, secondo per secondo, con te che cerchi
aiuto.
D. – Tante persone si operano
negli ospedali di Pesaro e Roma. Voi offrite con-forto, interpreti, un tetto e
cibo...
R. – Non ti posso togliere il
dolore, dico sempre. Ma certamente sono con te, pre-sente giorno e notte.
La sofferenza più grande può trasformarsi nel bene
più grande. Andreana, uscita dal tunnel del dolore seguito alla morte della
figlia 21enne, che ha deciso di togliersi la vita. Dopo la depressione ed buio,
la fede l’ha sostenuta donandole la forza di fondare gruppi di preghiera in
molte diocesi d’Italia per le famiglie che affrontano il dramma della perdita
di un figlio:
“All’inizio, c’è questa ricerca di
un senso: che vuol dire tutto quello che mi è successo? Come è possibile,
questo? Sono le stesse parole di Maria, quando arriva l’Annunciazione
dell’Angelo: ‘Come è possibile, questo?’.E pian piano, è proprio Maria, che
conduce ogni mamma e ogni papà a stare ai piedi della Croce, ad essere modello
per ciascuno, a non aver paura, a non aver timore, perché gradualmente la
parola del Signore, la sua presenza stessa, farà scoprire la preziosità che si
prova proprio ai piedi della Croce, proprio all’interno di questo dolore. Pian
piano, arriva la luce ...”.
Ernestina, mantovana e
assistente sanitaria, ha portato la speranza del volto di Cristo in Brasile,
nelle favelas, avviando corsi di cucito, di educazione sanitaria,
laboratori di falegnameria e scuole...
R. – Abbiamo costruito come
sempre. Si investe nell’educazione e nella promo-zione dell’evangelizzazione,
perché per me la dignità completa è il senso spirituale che da un senso alla
vita.
D. – Ernestina, Madre Teresa di
Calcutta diceva: “Una singola opera di carità è una goccia, e il mare è fatto
di gocce”. C’è speranza, quindi?
R. – C’è. C’è speranza. Dobbiamo
essere gente di speranza perché un altro mon-do è possibile. E basta poco,
piccoli segni. Con quelli, se tutti li facciamo, il mondo può cambiare.
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A PESARO, UN ROSSINI
RARO VA IN SCENA
CON L’“ELISABETTA, REGINA D’INGHILTERRA”,
NELL’EDIZIONE CURATA DALLA FONDAZIONE INTITOLATA
AL GRANDE COMPOSITORE
- Servizio di Luca Pellegrini -
Il cartellone del Rossini Opera
Festival ha presentato ieri sera in prima mondiale, all’Auditorium Pedrotti, la
rara opera seria del compositore pesarese “Elisabetta, regina d’Inghilterra”,
nell’edizione critica curata dalla Fondazione Rossini. Un successo travolgente,
soprattutto per la protagonista, una strepitosa Sonia Ganassi. Il servizio, da
Pesaro, di Luca Pellegrini:
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(musica: “Sinfonia” da
“Elisabetta, regina d’Inghilterra”)
Potrebbe
trarre in inganno, la Sinfonia. Ma nel mondo degli “autoimprestiti” rossiniani,
ossia della tecnica, allora abituale, del riciclaggio di materiale già composto
da un’opera all’altra, non bisogna stupirsi mai. Ed allora, non ci siamo
trovati dinanzi, ieri sera, all’arcifamoso “Barbiere di Siviglia”, ma alla rara
e complessa e affascinante “Elisabetta, regina d’Inghilterra”, dramma in due
atti di Giovanni Schmidt, che Rossini musicò nel 1815 per il San Carlo di
Napoli, inaugurando una felicissima stagione in quella che era la capitale
musicale della Penisola.
A
Pesaro era un titolo particolarmente atteso, non essendo mai approdato, in
questi venticinque anni, sul palcoscenico. Ed è stato un successo
incondizionato, soprattutto sul versante vocale. Esemplificativa della
concezione drammatica del teatro rossiniano, “Elisabetta” - nella sua staticità
psicologica e formale - delega al ritmo, al colore e alla coloritura le sue
squisite e perfette invenzioni, aprendo il magnifico catalogo dei capolavori
seri rossiniani. Ecco perché Sonia Ganassi, nel ruolo impervio del titolo, ha
sfoderato la giusta grinta in una recitazione teatralmente avvincente e ancora
una volta ha potuto dimostrare il suo stile perfetto e la sua impressionante
tecnica, qualità in parte condivise dall’intero cast. Renato Palumbo ha,
invece, diretto l’Orchestra del Teatro Comunale di Bologna con garbo e
sicurezza, ma non esente da problemi di volume, di dinamica e appesantito da
un’ingiustificata assenza di sentimento.
Parte
di questo grigiore è stato purtroppo condizionato, se non indotto, dalla
messinscena, l’aspetto più deludente e problematico della serata. Daniele
Abbado e lo scenografo Giovanni Carluccio hanno abbondato in ferramenteria:
griglie, tubi, passerelle, scale, grate e pannelli. Tutti in acciaio, per
simboleggiare la costrizione delle passioni, la freddezza di una corte, i
vincoli psicologici tra i protagonisti, incongruentemente avvolti però da
sontuosi abiti dell’epoca. Effetto teatrale scontato e scontate le soluzioni
adottate.
Mentre
nulla di scontato, per concludere, nel travolgente spettacolo messo in scena
nella mattinata al Teatro Sperimentale, la farsa in un atto “Il trionfo delle
belle”, di uno sconosciuto contemporaneo di Rossini, Stefano Pavesi, scritta
nel 1809: vivacissimo l’allestimento di Damiano Michielotto, con applausi e
risate costati, limpida e affettuosa direzione orchestrale di Antonino
Fogliari, scatenati i cantanti che hanno assecondato il gioco scenico con tutta
la loro simpatia e la loro passione. Oscar, a Pesaro, per il più divertente
spettacolo degli ultimi anni.
Da Pesaro, Luca Pellegrini per
la Radio Vaticana.
(musica)
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8 agosto 2004
IN ITALIA, L’EVANGELIZZAZIONE VA ALLA SCOPERTA DI
SPIAGGE, PUB, AUTOGRILL
E DISCOTECHE. DA NORD A SUD, TANTE LE INIZIATIVE
DI INCONTRO E DIALOGO
CON I GIOVANI. LA PROSSIMA MISSIONE, DA OGGI AL 17
AGOSTO,
SULLE SPIAGGE DI RIMINI E RICCIONE
RIMINI.
= Sono tante le iniziative di “pastorale della strada”, in questa estate 2004.
L’evangelizzazione, alla ricerca di nuovi linguaggi e modi per incontrare i giovani,
scopre spiagge, pub, discoteche e autogrill. Si moltiplicano, in tutta la penisola
italiana, le iniziative di dialogo soprattutto con quanti non frequentano
abitualmente chiese e oratori. Il litorale settentrionale, per esempio, sarà
animato dalle Sentinelle del Mattino di Verona: ragazzi e ragazze che, tra gli
ombrelloni e nelle strade, ricorderanno ai loro coetanei che Cristo è il vero
senso della vita. Saranno loro a promuovere, per il terzo anno consecutivo, il
fortunato esperimento “Una luce nella notte”, lanciato a partire dal Giubileo:
una chiesa rimarrà aperta fino al mattino per accogliere i giovani in modo
profondo, in alternativa allo “sballo”. A Rimini e Riccione, inoltre, è in
programma, da oggi fino al 17 agosto, una nuova “missione” sulle spiagge. Sulle
autostrade affollate di automobilisti, invece, sarà protagonista un gruppo di
frati della FIDE (Fraternità francescana itinerante), proveniente dalla
Lombardia, che celebrerà la Messa presso gli autogrill italiani più frequentati,
a cominciare da Fiano Romano, Firenze e Napoli. L’appuntamento, pensato per chi
è costretto in auto la domenica, è previsto anche il 29 agosto, all’area di
servizio Cantagallo di Bologna. Tante le iniziative anche nel sud Italia e in
particolare in Sicilia, dove per un mese alcune suore del Sacro Cuore hanno
vissuto in spiaggia, in una tenda, con un gruppo di ragazzi per portare il
Vangelo tra i bagnanti. Significativo, inoltre, il progetto “chiese aperte” a
Piazza Armerina (Enna), voluto dall’Ufficio per l’Arte sacra della diocesi, in
collaborazione con dodici associazioni di volontariato. La città dei mosaici
propone, nell’ultima domenica di agosto, itinerari tematici per riscoprire il
centro storico cittadino e per fare dell’arte un’esperienza didattica e di
catechesi. (R.P.)
“IL POPOLO LIBANESE NON AVRA’
VOCE IN CAPITOLO NELL’ELEZIONE
DEL PROSSIMO PRESIDENTE”: E’ LA
DENUNCIA LANCIATA DAI VESCOVI MARONITI,
RIUNITISI NEI GIORNI SCORSI A
DIMAN, NEL NORD DEL PAESE
BEIRUT. = In
vista delle imminenti elezioni presidenziali in Libano, il consiglio dei
vescovi maroniti del Paese, presieduto dal cardinale Pierre Nasrallah Sfeir, Patriarca
di Antiochia dei Maroniti, ha diffuso un documento di denuncia rivolto alla
classe politica del Paese, pubblicato sul quotidiano nazionale “An Nahar”. “Il
popolo libanese, segnato da anni di problemi sociali e di vita, non avrà voce
in capitolo nell’elezione del proprio presidente”, affermano i vescovi nella
nota ripresa dall’agenzia di stampa AsiaNews. Il documento critica il fatto che
“le imminenti elezioni presidenziali sembrano riguardare esclusivamente la
classe politica del Paese, mentre la maggioranza del popolo libanese è oppresso
dal peso schiacciante dei problemi socio-economici fra l’indifferenza generale
delle istituzioni”. La classe politica
libanese è chiamata a decidere se rinnovare il mandato presidenziale ad Emile
Lahud o se indicare un altro candidato e su tale scelta pesa fortemente
l’opinione della Siria. I vescovi maroniti osservano che “la situazione di
crisi è evidente e concerne la scarsità di posti di lavoro, un peso fiscale
eccessivo, una crescente corruzione nelle istituzioni pubbliche, come nelle
ditte di telefonia mobile e di elettricità, lo spreco dei fondi pubblici e il
caos nei dipartimenti di governo. Altro elemento di malcontento è il debito
pubblico, per il quale non si intravedono all’orizzonte soluzioni”. Il
documento sottolinea che “è ormai divenuta una prassi comune che il popolo
libanese non abbia voce in capitolo nelle elezioni presidenziali e la maggior
parte pensa che sia normale. Questo – concludono i presuli - è un ulteriore
segno dell’assenza di orgoglio nazionale e di vicinanza al proprio Paese, oltre
che della poca considerazione della volontà popolare”. (I.I.)
IL GOVERNO CAMBOGIANO ACCELERA LA PROCEDURA PER
L’ISTITUZIONE
DEL TRIBUNALE SPECIALE CONTRO I CRIMINI DEL REGIME
DEI KHMER ROSSI,
PREVISTO DAI NEGOZIATI TRA LE AUTORITA’ DI PHNOM
PENH E LE NAZIONI UNITE,
TERMINATI OLTRE UN ANNO FA
PHNOM PENH. = Il portavoce del governo cambogiano, Penn Thol, ha
annunciato che la prossima settimana inizierà la procedura per la ratifica del
Trattato istitutivo del Tribunale speciale contro i crimini del regime dei
Khmer Rossi. La decisione di creare una Corte speciale a Phnom Penh, assistita
da magistrati internazionali, è il frutto di cinque anni di negoziati tra le
autorità cambogiane e le Nazioni Unite, che si sono conclusi nel giugno del
2003. Il ritardo di oltre un anno nella ratifica del Trattato da parte del
Parlamento cambogiano è stato causato dalla lunga crisi istituzionale che ha
diviso i partiti politici, dopo le elezioni del luglio 2003, risoltasi solo tre
settimane fa. L’Assemblea nazionale si è impegnata a discutere al più presto il
disegno di legge di ratifica, sul quale pesano 26 emendamenti da votare.
Secondo le stime degli storici, dal 1975 al 1979 morirono un milione e 700 mila
cambogiani, assassinati dai Khmer Rossi o sterminati da fame, malattie e fatica
nei campi di lavoro creati dai rivoluzionari di Pol Pot. Per quelle stragi,
nessun responsabile del regime Khmer è stato consegnato alla giustizia, né dopo
la caduta del regime, né alla completa sconfitta del movimento, che continuò in
forma di guerriglia per i successivi anni, fino alla morte di Pol Pot nel 1998.
Soltanto due ex-alti ufficiali del regime Khmer sono oggi in prigione per reati
diversi. Gli altri ufficiali e collaboratori di Pol Pot, che sono ancora in
vita, tutti ultrasettantenni, svolgono liberamente diverse attività, anche di carattere
imprenditoriale. (I.I.)
WASHINGTON. = “Credo che l’interesse della Nazione debba essere anteposto
agli interessi personali. L’America ha bisogno di un presidente e di un
Congresso che lavorino a tempo pieno. Se continuassi a combattere, questo
assorbirebbe tutte le energie. Perciò domani a mezzogiorno rassegnerò le
dimissioni. Mi succederà il vicepresidente Gerald Ford”. Con queste parole,
pronunciate alle nove di sera dell’8 agosto 1974, in diretta televisiva, il
presidente degli Stati Uniti, il repubblicano Richard Nixon, chiude lo scandalo
“Watergate” dopo un braccio di ferro con il Congresso e la Corte Suprema durato
ventisei mesi. E’ la prima e unica volta, nella storia degli Stati Uniti, che
un presidente è costretto alle dimissioni. Alle origini dello scandalo, la
tenace inchiesta di due giornalisti del Washington Post, Carl Bernstein
e Bob Woodward, partita nel giugno di due anni prima, quando cinque uomini
venivano sorpresi a nascondere microfoni e fotografare documenti nell’Hotel
Watergate, sede del Comitato nazionale del Partito democratico. Con l’aiuto di
un anonimo informatore, divenuto celebre con l’appellativo di “Gola profonda”,
i due giornalisti del “Washington Post” rivelano che dietro l’azione di
spionaggio vi sia il ministro della Giustizia repubblicano, John Mitchell, e lo
stesso Richard Nixon, che nel frattempo viene trionfalmente rieletto alla Casa
Bianca il 17 novembre 1972, con oltre il 60% dei suffragi. Sollecitata dalle
rivelazioni della stampa americana, la Commissione Giustizia del Senato avvia
un’inchiesta sul caso Watergate fino a votare l’impeachment del
presidente, che si trova costretto alle dimissioni. (I.I.)
ALLA PONTIFICIA UNIVERSITA’
SALESIANA, IN PROGRAMMA CORSI ESTIVI DI LATINO E GRECO PER FUTURI SACERDOTI E
RELIGIOSI, E CORSI DI ITALIANO PER STRANIERI
ROMA. = La Pontificia Università
Salesiana a Roma rimane aperta anche in estate per offrire corsi intensivi di
latino e greco per laici, futuri sacerdoti, religiosi e suore, dal 23 agosto al
24 settembre. I corsi sono destinati particolarmente a quanti frequentano la Facoltà
di Lettere, classiche o cristiane, studi di filosofia e teologia. Per gli
studenti stranieri vengono offerti corsi estivi di italiano. Il programma sarà
adattato alle esigenze e alle conoscenze linguistiche degli allievi. Al termine
dei corsi saranno rilasciati attestati di frequenza e di valutazione. (I.I.)
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8 agosto 2004
- A cura di Dorotea Gambardella -
Il premier iracheno ad interim,
Iyad Allawi, in una visita a sorpresa a Najaf, ha rivolto un invito perentorio
alle milizie sciite affinché abbandonino subito la città santa. Quest’ultima è
preda, da giovedì, di una recrudescenza della violenza ad opera delle milizie
fedeli al leader radicale, Moqtada al Sadr. Intanto, il governo ha annunciato
che in Iraq sarà reintrodotta la pena di morte. Il servizio è di Dorotea
Gambardella.
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L’appello di Allawi sembra
essere caduto nel vuoto. L’imam religioso, al Sadr, ha respinto, infatti, la
richiesta del disarmo della sua milizia. Non si arrestano, inoltre, i
combattimenti tra guerriglieri e truppe statunitensi nella città santa e anche
a Sadr City, il quartiere sciita di Baghdad. Sempre più pesante il bilancio
della rivolta: secondo il Ministero della Sanità, in sole 24 ore sui due fronti
hanno perso la vita 50 persone e 300 sono rimaste ferite. Anche il segretario
generale dell’Onu, Kofi Annan, si è
detto “estremamente preoccupato” per la situazione nelle città irachene
del sud sciita ed ha offerto l’aiuto delle Nazioni Unite per mediare una
tregua. Sangue a Kirkuk, dove un bambino iracheno è rimasto
ucciso nell’esplosione di una mina vicino ad un campo di calcio. Feriti altri
tre suoi coetanei.
Intanto, l’FBI ha avviato
un’indagine nei confronti di Benjamin Vanderford, il 22enne americano, autore
del video diffuso ieri in tutto il mondo, in cui finge di essere decapitato
dalla guerriglia irachena. Sul fronte dei rapimenti, la televisione Al Arabiya
ha diffuso la notizia del sequestro di un diplomatico iraniano, mentre un camionista alla guida di un veicolo con
targa kuwaitiana è stato rapito, ieri sera, vicino alla città di Samarra.
Non si conosce la nazionalità del
rapito. In merito alla vicenda delle torture, si registra la temporanea
sospensione delle udienze preliminari per Lynndie England, la soldatessa americana
accusata di aver abusato dei prigionieri iracheni, nel carcere di Abu Ghraib.
La decisione è stata presa dalla Corte Marziale per esaminare la richiesta
della difesa di chiamare a testimoniare oltre 50 persone, tra le quali il
vicepresidente americano, Dick Cheney, ed il segretario alla Difesa Usa, Donald
Rumsfeld.
Circa la produzione di armi
nucleari in Iraq, gli ispettori dell’Agenzia internazionale dell’energia
atomica (Aiea), di ritorno da una missione di routine nel Paese, ha assicurato
che “tutto il materiale atomico in Iraq è sotto i sigilli dell’Aiea”. Nuove
minacce, infine, al Salvador da parte di un gruppo islamico che si dice
collegato ad Al Qaeda: se non ritirerà le sue truppe dal Paese
mediorientale, sarà obiettivo di attentati. L’avvertimento, che esorta il
governo salvadoregno a rispettare il precedente avviso del 5 agosto scorso, è
stato diffuso via Internet e non è possibile verificarne l’autenticità.
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Intanto, resta alto l’allarme
terrorismo in Italia, che sembra essere tra i principali obiettivi nel mirino
di Al Qaeda. Ma anche oltreoceano, il presidente americano, George W. Bush, ha
dichiarato ieri gli Stati Uniti “non sono ancora al sicuro da attacchi”. Su
quanto siano fondati i timori di nuovi attentati, Dorotea Gambardella ha
intervistato l’analista strategico Alessandro Politi:
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R. – Ormai è diventata una
questione di vulnerabilità intrinseca dell’obiettivo, e in questo senso tanto
gli Stati Uniti quanto l’Europa sono ancora oggi tra i posti più sicuri al mondo,
anche se questo non significa mai una sicurezza al cento per cento. Non vanno
poi dimenticati altri Paesi, a cominciare da quelli mediorientali, ma sappiamo
che anche in Estremo Oriente, in Indonesia, ci sono stati attentati molti
gravi: perché è una questione di opportunità. Dove c’è un bersaglio più
vulnerabile e dove c’è una cellula operativa veramente in grado di predisporre
l’attentato, lì l’attentato può avere luogo. Quindi, per quello che riguarda la
catena di minacce che stiamo ricevendo negli ultimi due mesi, per ora è
soprattutto un’operazione di guerra psicologica, una guerra di nervi, una
pressione sul governo e sulla popolazione. Questo non esclude però che possano
esserci alcune cellule terroristiche. Ho letto sui giornali fino a 200 persone:
probabilmente sono molte di meno, ma basta una cellula che sia in grado di compiere
un attentato, ed ecco che il danno è fatto.
D. – La CIA avrebbe rilevato un
blackout tra i contatti delle varie cellule terroristiche, proprio come alla
vigilia degli attacchi dell’11 settembre. Cosa potrebbe significare?
R. – Potrebbe significare due
cose: o che effettivamente siamo al silenzio operativo prima di condurre
un’azione, in modo da ridurre le possibilità di intercettazione, oppure è
un’altra tattica per innervosirci. Perché ormai anche questo tipo di
interpretazione di una modalità operativa è arcinoto, quindi può darsi che ci
sia stato un segnale, almeno tra alcune cellule, perché Al Qaeda non è che
controlli in modo centralizzato tutto quello che accade nella galassia del
terrorismo ‘jihadista’. Questo, dunque, non sappiamo esattamente come poterlo
interpretare.
D. – Una compagnia di trasporti
turca ha deciso ieri la sospensione delle sue attività in Iraq dopo l’ultimatum
di 48 ore dei guerriglieri che hanno minacciato di uccidere uno dei suoi
dipendenti. Ma cedere al ricatto, cosa potrebbe comportare?
R. – Il problema di cedere al
ricatto terrorista, finché si tratta di una compagnia privata, è molto
relativo. Quando si tratta di un governo, bisogna vedere che cosa fare esattamente,
perché l’espressione “cedere al ricatto” è molto generica. Quello che conta è
una buona gestione politica e mediatica della trattativa, in modo da negare vantaggi
politici ai terroristi, che è l’unica speranza che hanno veramente di incidere
sulla situazione. E per ora, i terroristi hanno poca presa in Iraq: diciamo i
terroristi “jihadisti”, di Al Qaeda o affini. Non sono riusciti a scatenare una
guerra di religione e non sono riusciti a scatenare la guerra civile. La guerra
civile, se dovesse veramente scoppiare su larga scala, sarà per tutt’altri
motivi.
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Nuova tragedia in Francia, a
pochi giorni dall’incendio nel maneggio di Chambery, in Savoia, nel quale
avevano perso la vita sette ragazzi e il loro accompagnatore. La scorsa notte,
un rogo sviluppatosi nella cantina di un palazzo, ha provocato quattro morti,
forse tutti adolescenti. Lo si è appreso dalla prefettura di Saint Brieuc,
città sul mare in Bretagna, dove è avvenuta la sciagura. L’identificazione dei
quattro cadaveri è in corso, ma il compito si annuncia difficile, date le
condizioni dei corpi, completamente carbonizzati. Ancora da chiarire le cause
del disastro.
Medio Oriente. L’abitazione di
un militante palestinese, legato ad Al Fatah, è stata demolita dall’esercito
israeliano nel campo profughi di Deheishe, alla periferia di Betlemme. L’uomo è
accusato da Israele di complicità in alcuni attentati suicidi.
In Pakistan, un importante
agente dell’organizzazione terroristica Al Qaeda è stato arrestato, ieri, nella
capitale saudita, Dubai, e consegnato alle autorità di Islamabad. L’uomo è
accusato di essere coinvolto nel fallito attentato del dicembre scorso al
presidente pachistano, Pervez Musharraf. La sua cattura è l’ultimo passo di una
vasta offensiva contro il terrorismo condotto da alcune settimane dal Pakistan,
che ha portato al fermo di oltre venti sospettati.
In Afghanistan, due militari
americani ed il loro interprete sono rimasti uccisi nell’esplosione di una mina
su una strada della provincia meridionale di Ghazni. Nell’attentato, un altro
soldato è rimasto ferito. Intanto, le Nazioni Unite a Kabul hanno espresso la
loro preoccupazione per il deteriorarsi delle condizioni di sicurezza nel
Paese, in vista delle elezioni presidenziali di ottobre.
Riprenderanno il 23 agosto nella
capitale nigeriana di Abuja i colloqui tra il governo sudanese ed i ribelli del
Darfur. Lo ha annunciato ieri un portavoce dell’Unione africana, Adam Thiam. I
negoziati tra le due parti in conflitto sono sospesi dal 18 luglio. I ribelli avevano
lasciato il tavolo negoziale dopo aver rifiutato colloqui diretti con il
governo di Khartoum, mentre quest’ultimo non aveva accettato di concretizzare
le loro richieste, in particolare la smilitarizzazione delle truppe
filogovernative che operano nella regione sudanese.
Continua a salire il
bilancio delle vittime per le alluvioni nel sud del Continente asiatico. Al
momento, i morti rinvenuti sono poco meno duemila. I Paesi più colpiti sono
India e Bangladesh, dove, ormai da due mesi, le incessanti piogge stanno
inondando i villaggi e le città. I senzatetto sono milioni ed il rischio di
epidemie molto alto.
Italia. E’ approdato, nella
tarda serata di ieri, nel porto di Siracusa, in Sicilia, il mercantile
“Zuiderdiep” che ha soccorso 75 clandestini, uno dei quali è morto di stenti.
La nave, proveniente da Gibilterra e diretta in Turchia, ha avvistato il
barcone con gli immigrati in una zona di mare in acque internazionali sotto il
controllo delle autorità maltesi. Il cargo è stato scortato nel porto siciliano
da una motovedetta della Guardia costiera, sulla quale c’era anche un medico
per prestare le prime cure a tre extracomunitari disidratati. Tutti i
clandestini appaiono fortemente provati, anche se nessuno di loro sarebbe in
pericolo di vita. Secondo le prime testimonianze, gli immigrati, che hanno
detto di provenire dal Sudan, sarebbero rimasti in mare per circa 15 giorni.
Un uomo è morto ed
un altro è rimasto ferito, la notte scorsa, mentre collocavano un ordigno ad un
posto di blocco della polizia, nei pressi dell’aeroporto di Van, nella Turchia
sudorientale. Secondo Hikmet Tan, governatore di Van, la bomba avrebbe dovuto
colpire lui, visto che stamani avrebbe dovuto passare dal luogo dell’esplosione.
Non ci sono state rivendicazioni, ma la pista seguita è quella del separatismo
curdo.
“Gli italiani non
possono e non devono dimenticare la loro storia”. È stata questa la prima frase
pronunciata dal ministro per gli Italiani nel mondo, Mirko Tremaglia, dopo aver
deposto una corona di fiori al monumento dei 136 operai italiani morti l’8 agosto
di 48 anni fa nella miniera di Marcinelle, in Belgio. Ad accompagnare
Tremaglia, anche una delegazione di rappresentanti delle istituzioni europee e
della Nato. La ricorrenza è ancora più significativa quest’anno, dopo che il 30
luglio scorso tre operai italiani sono rimasti uccisi nella deflagrazione di un
gasdotto nel parco industriale di Gislenghien, sempre in Belgio.
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