RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n.
219 - Testo della trasmissione di venerdì 6 agosto 2004
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO
CHIESA E SOCIETA’:
Approda in Valle d’Aosta il Festival internazionale
degli artisti di strada
In Iraq: 28 morti in
scontri tra miliziani sciiti e forze della coalizione. Presi in ostaggio 4
camionisti libanesi
Cinquantanove anni fa la bomba atomica distruggeva la città giapponese
di Hiroshima, causando la morte di 100 mila persone.
6 agosto 2004
PAOLO VI, UOMO CHE SERVI’ LA
CHIESA RIMANENDO NELLA LUCE DEL TABOR.
IN DUE
DISTINTE MESSE DI SUFFRAGIO, GIOVANNI PAOLO II E IL CARDINALE NOE’
HANNO
RICORDATO L’ESEMPLARE MISSIONE DI PAPA MONTINI
A 26
ANNI DALLA MORTE E A 40 DALLA PUBBLICAZIONE
DELLA
SUA PRIMA ECICLICA ECCLESIAM SUAM
-
Servizio di Alessandro De Carolis -
**********
“Fedele imitatore del suo Signore”, Paolo VI “recava nel
suo cuore la luce del Tabor, e con quella luce camminò sino alla fine, portando
con gaudio evangelico la sua croce”. Nel giorno in cui la liturgia celebra il
mistero della Trasfigurazione di Cristo, Giovanni Paolo II ha ricordato con
commozione, in una Messa di suffragio a Castel Gandolfo, il 26.mo anniversario
della morte di Papa Montini, che nella residenza estiva dei Pontefici si
spegneva il 6 agosto del 1978. La figura di Paolo VI è stata al centro
dell’omelia del cardinale Virgilio Noè, arciprete emerito della Basilica
vaticana questa mattina durante una Messa in San Pietro.
Un filo rosso lega in modo imponderabile la vita e la
missione di Paolo VI alla solennità della Trasfigurazione. Papa Montini “aveva
nel cuore la luce del Tabor”, ha affermato questa mattina Giovanni Paolo II,
ponendo in risalto la coincidenza dell’odierna festa liturgica con quella della
morte di Papa Montini ed anche con la pubblicazione della sua prima enciclica,
l’Ecclesiam suam, con la quale il successore di Giovanni XXIII tracciava,
il 6 agosto del 1964, le linee del suo pontificato. Quindici anni di un
“servizio generoso e instancabile”, secondo le parole pronunciate stamani dal
cardinale Noé, durante i quali Papa Montini resse il timone della Chiesa
universale con il segno di una “fede profonda” e di una “carità delicata”, nel
primo e non facile periodo postconciliare:
“Paolo VI ha voluto che la
Chiesa avesse coscienza esatta della sua missione. Ha voluto che la Chiesa
fosse in dialogo con il mondo. Fu preoccupato perché la grazia del Concilio non
andasse sciupata. Amò la Chiesa nella gioia e la amò tribolata da tante
agitazioni, tensioni, contestazioni (...) Mai si stancò di mostrare le
principali vie che la Chiesa doveva percorrere: la via spirituale della
coscienza che la Chiesa doveva avere di sé; la via morale di un continuo
rinnovamento: la via del dialogo con il mondo contemporaneo”.
Un
atteggiamento esemplare che Giovanni Paolo II, nel concludere il suo pensiero
su Papa Montini, ha trasformato in un auspicio: che la “Chiesa di oggi e domani
- ha invocato - sappia sempre far tesoro dei suoi esempi e dei suoi insegnamenti”.
Tra questi ultimi, spicca il “Pensiero alla morte” del 1973, citato dal
cardinale Noè e definito un “capolavoro della letteratura spirituale”. In esso,
Paolo VI, in un profondo soliloquio interiore, confessava, tra l’altro, un
desiderio: “Ecco – scriveva – mi piacerebbe, terminando, d’essere nella luce”.
Quasi una premonizione spirituale di ciò che sarebbe accaduto cinque anni più
tardi, nel giorno della luce per eccellenza, quello della Trasfigurazione di Cristo:
“Dopo aver ricordato che la luce
dona senso e calore all’esistenza dell’uomo, soggiungeva che la morte è un
riverbero, è una rivelazione naturale di una straordinaria ricchezza e
bellezza, è un preludio, un anticipo, un invito alla visione dell’invisibile
sole. Stando così le cose si pensa che nella sera del 6 agosto 1978, per
Paolo VI si accendeva una luce nel cielo, dove una “tenda” in più – secondo il
desiderio del primo Papa – lo accoglieva”.
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LA VIA DEL DIALOGO PER
LA SALVEZZA DEL MONDO:
40 ANNI FA L’ENCICLICA “ECCLESIAM SUAM”
NELLA QUALE PAOLO VI TRACCIAVA
IL CAMMINO
DI RINNOVAMENTO DELLA CHIESA NEL FERVIDO PERIODO CONCILIARE
- Intervista con il prof. Alberto Melloni -
40 anni fa la prima Enciclica di
Paolo VI, “Ecclesiam Suam”, dalle prime parole del testo latino. Veniva
pubblicata il 6 agosto del 1964, nella Festa della Trasfigurazione di Cristo,
data che 14 anni dopo coinciderà con il giorno della sua morte. “Non vuole questa
Lettera – scriveva il Papa – rivestire carattere solenne e propriamente
dottrinale, né proporre insegnamenti determinati, morali o sociali, ma
semplicemente vuol essere un messaggio fraterno e familiare”. Era il periodo in
cui la Chiesa celebrava il Concilio Ecumenico Vaticano II. Il servizio di
Roberta Gisotti:
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Manoscritta per intero da Paolo
VI, aveva richiesto parecchi mesi, tanto che il giorno prima della
pubblicazione Papa Montini confidava all’udienza generale, a Castel Gandolfo:
“Abbiamo finalmente terminato” di scrivere “quello che Noi pensiamo debba fare
oggi la Chiesa per essere fedele alla sua vocazione e per essere idonea alla
sua missione.” “Possiamo forse intitolare questa Enciclica – suggeriva – le vie
della Chiesa”. Una visione profetica in anni di grande fervore e rivolgimenti
nella Chiesa e nel mondo, come ci spiega il prof. Alberto Melloni, storico del
Cristianesimo:
R. – E’ una grande sintesi di
quella che è la chiave principale che, secondo Paolo VI, la Chiesa può usare
per aprire le porte del mondo, per aprire il futuro: è la via del dialogo. E’
soprattutto questo principio che viene riaffermato e che rappresenta, mi
sembra, un grande ponte tra la stagione delle certezze, dell’arroccamento, che
era stata quella della prima metà del Novecento, e la stagione dell’incontro
diretto, che è stata quella di cui è stato protagonista Giovanni Paolo II.
D. – Propriamente, Paolo VI
indica tre vie: la via spirituale, quella morale e quella apostolica, che
investono quindi anche la coscienza della Chiesa e il suo rinnovamento ...
R. – L’idea di Paolo VI è quella
che la Chiesa non debba perseguire semplicemente la via della riaffermazione a
se stessa della verità, ma che abbia un messaggio da dare: attraverso la
pratica della fede, la pratica delle virtù cristiane, la pratica della missione
la Chiesa può essere davvero se stessa. Ed essendo se stessa profondamente può
raggiungere i propri fini che sono quelli di comunione spirituale, morale ed
apostolica con ogni uomo.
D. – Ecco, professore,
nell’enciclica ricorrono anche espressioni di preoccupazione, tormento,
angoscia. Si legge: “In un’ora di vivacità e travaglio della Chiesa di fronte
agli interrogativi posti nel concerto dissonante, volubile, complesso del mondo
contemporaneo” ...
R. – Questo tormento, che Paolo
VI sentiva, è senz’altro una delle chiavi di lettura importanti di quel
momento. Siamo nel 1964: la convinzione di tutti era di essere all’inizio di un
mondo che si stava semplificando e rivoluzionando. E invece, Montini intuisce
che il mondo è già di una complessità non più governabile, non più domabile e
che questo rappresenta una grande sfida e anche una grande preoccupazione per
la Chiesa. Sono gli anni, al tempo stesso, del pacifismo e della guerra del Vietnam,
del movimento dei diritti civili e del massimo livello di repressione
nell’Unione Sovietica e nei Paesi del Patto di Varsavia. E Paolo VI sente
questa contraddizione in un modo molto più forte degli altri e meno degli altri
ha la convinzione che tutto possa essere giocato semplicemente in una
prospettiva positiva, diciamo così, ottimistica. Sente l’angoscia di quello che
potrebbe venire da questa situazione e sente ancora di più il peso di
responsabilità che la Chiesa porta in questo, perché la sua convinzione è che
se la Chiesa è se stessa, il mondo trova una via di salvezza, altrimenti no.
D. – A 40 anni da questa
Enciclica, cosa possiamo dire resti di quel messaggio?
R. – Il significato più profondo
dell’enciclica credo lo si veda in questi tempi, in questa fase di guerra. Se
la Chiesa cattolica allora non avesse preso questa via, oggi si troverebbe ad
essere, come capita a tanta parte dell’islam, travolto da un fondamentalismo
che certo non rappresenta ma che oggi sembra la sua cifra. Grazie a Dio, la
Chiesa cattolica non è questo. E’ un grande agente di dialogo e, in questo,
diventa un grande agente di pace come è stato in quegli anni. Dalla ostpolitik al dialogo con la cultura, ha
rappresentato in questo davvero una cifra di progresso per tutta quanta l’umanità.
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LA
FORMAZIONE DEI FEDELI LAICI E LA VALORIZZAZIONE
DELLE COMUNI RADICI CRISTIANE DELL’EUROPA,
TEMI
FORTI DEL MESSAGGIO DEL PAPA
IN
OCCASIONE DEL XVII CENTENARIO DEL MARTIRIO DI SANT’EMIDIO
- A cura di Alessandro Gisotti -
“La formazione dei fedeli laici
è quanto mai necessaria, perché possano essere protagonisti della nuova
evangelizzazione”, in tutti gli ambienti della società. E’ la riflessione di
Giovanni Paolo II contenuta in un messaggio indirizzato al vescovo di Ascoli Piceno,
mons. Montevecchi, in occasione del XVII centenario del martirio di
Sant’Emidio, protovescovo della città marchigiana. La memoria di questo santo,
amato ed invocato quale protettore contro la calamità del terremoto -
sottolinea il Papa - è un “forte invito” a “rivivere lo spirito delle origini”,
promuovendo “anche in questa nostra epoca i valori della civiltà cristiana”. La
vicenda di sant’Emidio - si legge ancora nel messaggio - “offre un’eloquente
testimonianza su come il cristianesimo abbia inciso nella vita dei popoli del
Continente europeo”. La diocesi di Ascoli Piceno - rileva il Papa - ha voluto
prepararsi a questa ricorrenza giubilare con incontri e manifestazioni. Lo
scopo – constata - è “quello di aiutare ciascuno, e specialmente i laici, a
riscoprire la bellezza di essere discepoli di Cristo e di appartenere alla sua
Chiesa”. Quindi, rivolge una viva esortazione a tutti i fedeli ascolani: “La
strada maestra da percorrere è la santità”. Ad essa, dunque, la Chiesa ascolana
tenda con ogni mezzo, “seguendo le orme del suo augusto Patrono”.
Originario di Treviri,
Sant’Emidio, convertitosi al Cristianesimo e ricevuto il battesimo, si rifugiò
a Milano dove fu ordinato sacerdote. Giunto successivamente a Roma, venne consacrato
vescovo da Papa Marcellino e inviato nella città di Ascoli. Grazie a lui -
evidenzia il Papa - “esiste un significativo legame tra la città di Treviri e
Ascoli Piceno”. Per sottolinearlo, un gruppo di giovani di quella città,
guidati dal loro vescovo, mons. Reinhard Marx, si uniranno ai fedeli di Ascoli
nel rendere omaggio a questo santo. Sempre nello stesso spirito, i giovani
ascolani e i loro coetanei di Treviri percorreranno insieme l’itinerario di
preparazione alla Giornata Mondiale della Gioventù, che si svolgerà a Colonia
il prossimo anno.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre la
prima pagina l'Iraq: in varie città infuriano i combattimenti, con un
pesante bilancio di morti e di feriti.
Nelle
vaticane, la riflessione di Giovanni Paolo II all'inizio della Santa Messa,
celebrata a Castel Gandolfo, in ricordo del XXVI anniversario della morte di
Paolo VI.
L'omelia
del Cardinale Virgilio Noè per la Santa Messa - celebrata nella Basilica Vaticana
- nell'anniversario della morte del Pontefice.
La
Lettera di Giovanni Paolo II al vescovo di Ascoli Piceno in occasione del XVII
centenario della morte del martire Sant'Emidio, protovescovo.
Il
Messaggio della Conferenza Episcopale Nazionale del Congo (Repubblica Democratica
del Congo), al termine dell'Assemblea Plenaria.
Nelle
estere, Sud-Est asiatico: lo spettro della carestia e delle epidemie incombe su
milioni di persone colpite dalle inondazioni.
Terrorismo;
Arabia Saudita: catturato Al Zahrani, uno degli estremisti islamici più ricercati.
Nella
pagina culturale, un articolo di Giuseppe Appella dal titolo "Il disegno
fotografico della storia": un profilo di Henri Cartier-Bresson sull'onda
del ricordo dei suoi due viaggi in Lucania.
Nelle
pagine italiane, in rilievo il tema delle pensioni.
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6 agosto 2004
ACCORDO
PER IL FUTURO DEL BURUNDI:
DECISA
UNA SPARTIZIONE DEI POTERI TRA HUTU E TUTSI
- Con
noi, padre Marano -
Nuove
speranze per il Burundi. Un accordo per la spartizione dei poteri tra le due
principali etnie, Hutu e Tutsi, è stato raggiunto stamani a Pretoria, in
Sudafrica. Il Burundi tenta in questi anni di avviare una lenta ricostruzione
dopo la pace di Arusha di 4 anni fa, tra il governo di Bujumbura e i principali
movimenti ribelli burundesi, fra cui le Forze per la difesa della democrazia
(FDD). Aveva posto fine ad una sanguinosa guerra civile costata oltre 300 mila
morti in 10 anni. Ma come può essere letto l’accordo raggiunto nelle ultime ore
per il futuro del Burundi? Risponde padre Claudio Marano, missionario saveriano
a Bujumbura, raggiunto telefonicamente da Giada Aquilino:
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R. – L’accordo, i cui termini
non sono stati resi noti nei particolari, prevede comunque una divisione dei
poteri: un 40 per cento ai Tutsi e un 60 per cento agli Hutu; è il massimo che
si sia riusciti ad ottenere in questo momento. A 40 anni dall’indipendenza e
dopo 12 anni di guerra, con tutti gli scontri politici e le violenze etniche
che il Paese ha dovuto sopportare, è stato deciso finalmente quanti deputati
Hutu e quanti Tutsi potrebbero entrare nell’Assemblea di Bujumbura, al fine di
avere un rispetto di tutte le etnie del Burundi.
D. – Che tempi sono previsti?
R. – Le elezioni, già
precedentemente, erano state fissate per la fine di ottobre, ma penso che non
sarà assolutamente possibile. Saranno necessari ancora sei-sette mesi, perché
ci sono tutte le leggi da mettere insieme, la Costituzione da formulare, le
consultazioni da preparare nello specifico.
D. – Cosa rimane, oggi, della
guerra civile in Burundi?
R. –
Purtroppo rimane, nel senso che di fatto c’è ancora la guerra e i ribelli del
gruppo del Fronte nazionale di liberazione (FNL) continuano a combattere,
specialmente nella zona rurale intorno a Bujumbura, e ci sono ancora attacchi e
morti. Quindi, l’accordo darà il via alla formazione dell’esercito unico e del
rinvio alla vita civile dei militari in esubero e dei ribelli che hanno deposto
le armi, ma l’altro problema da risolvere è la pacificazione con l’FNL, che
significherà la fine della guerra.
D. –
Qual è allora l’auspicio della Chiesa burundese per il futuro del Paese?
R. – La
speranza è di arrivare velocemente a nuove leggi ed alle elezioni, per riuscire
poi a portare finalmente il Paese su una strada di pace, di riconciliazione e
di perdono, quindi ad una vita normale per tutti.
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AD UNA SETTIMANA DALL’INIZIO DEI GIOCHI OLIMPICI
DI ATENE,
LE NAZIONI UNITE LANCIANO UN APPELLO AFFINCHE’
VENGA
RISPETTATA LA TREGUA OLIMPICA
- Intervista con il prof. Luigi Bonanate -
Conto alla rovescia per i Giochi
Olimpici di Atene, che prenderanno il via venerdì 13 agosto. La XXVIII edizione
delle Olimpiadi dell’era moderna si intreccia con una difficile contingenza
internazionale, mentre sull’evento incombe la minaccia del terrorismo. Dal
canto suo, l’ONU ha lanciato un appello alla comunità internazionale affinché
riscopra il significato più profondo delle Olimpiadi: la pace tra gli uomini.
Su questo invito delle Nazioni Unite alla tregua olimpica e sull’importanza dei
Giochi Olimpici, al di là del valore sportivo, Alessandro Gisotti ha raccolto
la riflessione del prof. Luigi Bonanate, docente di relazioni internazionali all'Università
di Torino:
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R. – Le Olimpiadi sono sempre
state un fatto di cosmopolitismo. Da questo punto di vista l’appello dell’ONU è
assolutamente coerente con la storia di questa istituzione. Aggiungerei, però,
che l’ONU avrebbe potuto cogliere l’occasione per ricordare che, comunque, alle
Olimpiadi non si confrontano nazioni, bensì capacità psicofisiche, capacità
atletiche ... Durante la Guerra Fredda c’era addirittura la gara tra Stati Uniti
e Unione Sovietica per vedere se il modello capitalistico occidentale o
socialista sovietico fossero atleticamente preferibili l’uno all’altro ...
D. – Le Olimpiadi sono l’evento
sportivo per antonomasia, ma anche un momento che nella storia è stato
fortemente caratterizzato proprio politicamente, pensiamo ai Giochi di Mosca,
boicottati dagli Stati Uniti nel 1980, ma non mancano certo altri esempi ...
R. – Proprio perché le Olimpiadi
sono un evento importantissimo, sarebbe ingenuo pensare che possa essere del
tutto sganciato dal contesto e dalla società nella quale succede. Le Olimpiadi
del 1980 vengono dopo il 1979, ma il ’79 che cosa significa? L’invasione
dell’Afghanistan da parte dell’Unione Sovietica. Nel 1979 era stata lanciata la
proposta degli euromissili da parte della NATO, quindi subito prima delle Olimpiadi
di Mosca erano accaduti eventi di politica internazionale molto importanti!
D. – Nell’era della
globalizzazione, le Olimpiadi sono anche un grande evento mass mediale; anche
in questo caso, non sono mancati gesti di atleti dal forte simbolismo, basti
pensare al pugno guantato di nero innalzato sul podio dagli atleti americani
militanti nel ‘Black Power’ ... Quindi, è anche una grande vetrina non solo per
la politica internazionale, ma anche per rivendicazioni – se vogliamo – di
politica interna ...
R. – Certamente! Questo episodio
è importantissimo. Uno, tanto più importante proprio per la sua enorme
drammaticità, è quello di Monaco ’72: il sequestro degli atleti israeliani da
parte di un commando palestinese che finì tragicamente, con la morte degli
ostaggi e di una parte dei rapitori. Un esempio di politica interna e di
problemi di politica internazionale che si incontrano. Direi che a Monaco ’72
nasce il mondo “massmediologico” contemporaneo, perché per alcuni giorni il
mondo restò paralizzato nel chiedersi se le Olimpiadi dovessero o no
continuare. Non ci si preoccupò tanto di cosa significasse il problema
palestinese, in quel momento. Ma le ultime gare, le più importanti, le più
affascinanti, dovevano o no essere svolte lo stesso? Speriamo che sia “storia
antica”!
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UN MODO ALTERNATIVO DI
VISITARE IL MONDO,
FAVORENDO LE ECONOMIE LOCALI: E’ QUANTO OFFRE IL
CENTRO TURISTICO
DI ASSOCIAZIONI NON GOVERNATIVE, CON SEDE A TORINO
- Intervista con Enrico Merletto -
Turismo responsabile: un modo
alternativo di visitare il mondo, favorendo le economie locali. Il CTA, Centro
turistico di associazioni non governative, di Torino, In Italia, prevede anche
giornate di preparazione dei turisti per adattarsi alle situazioni in cui si
troveranno. Le partenze sono previste durante tutto l’anno, ma le proposte si
intensificano nel periodo estivo. Al microfono di Teresa Gerundino, Enrico
Merletto, responsabile del CTA volontari per lo sviluppo, spiega in che modo si
diversifica il turismo responsabile:
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R. – Privilegia l’aspetto dei
rapporti umani e del contatto con la popolazione locale, rispetto al puro relax
di una vacanza tradizionale. Noi preferiamo piccole strutture gestite
localmente e soprattutto, laddove possibile, proprio progetti comunitari di
sviluppo attraverso il turismo. Intendo dire che, piuttosto che andare in
alberghi di catene a quattro/cinque stelle, a volte capita di essere magari
ospiti di famiglie o di piccoli villaggi che sono preparati, attraverso il
periodo di formazione, all’accoglienza dei turisti.
D. – Quali sono le destinazioni?
R. – Lavoriamo su Africa e
America Latina e poi sul bacino del Mediterraneo con alcune nuove proposte
anche nei Balcani, molto interessanti. Sono a basso costo per proporre la
conoscenza di Paesi che non sono tradizionalmente turistici.
D. – Qual è il prototipo del
viaggiatore solidale?
R. – L’età media che va dai 25
ai 55-60 anni, che è l’età lavorativa. Bisogna dire che nel nostro caso sono
proposte purtroppo economicamente non molto basse, ci sono dei voli aerei,
soprattutto in alta stagione, che incidono a volte anche per 1.000-1.200 euro.
Aderiscono persone che lavorano e che hanno già per conto loro un’apertura
mentale rispetto ai temi della solidarietà internazionale. Direi che è un
target in continuo allargamento: sono sempre di più le persone che hanno voglia
di vedere la realtà dei Paesi dietro alla carta patinata delle riviste e
soprattutto dei cataloghi dei tour-operator tradizionali.
D. – Come si possono reperire
informazioni dall’Italia per fare un “viaggio responsabile”?
R. – Le indicazioni sono due:
una è quella dell’Associazione italiana turismo responsabile, sotto la quale ci
siamo tutti noi organizzatori di viaggi; per quanto riguarda le nostre proposte
specifiche, il sito è www.viaggisolidali.it.
Le nostre proposte sono ormai sposate da persone che arrivano da tutta Italia,
per cui ci sono anche alcune “botteghe” della rete del commercio equo che
collaborano con noi alla diffusione e alla promozione di questi viaggi.
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PICCOLE STORIE
RACCONTATE IN LIBRI RIVOLTI A BAMBINI
CON DIFFICOLTA’ DI PAROLA
- Intervista con Claudia Jalla -
Libri per bambini molto
speciali, la nuova collana rivolta all’infanzia degli Editori Riuniti è giunta
al quarto volume. Ricordiamo: “Tre scalini per Serena”, “Nicola a modo suo”, il
calendario dell’Avvento”, “I vestiti di Marta e Lucio” e in preparazione “I
giocattoli di Marta e Lucio”. Volumi davvero particolari, ma perché? Roberta
Gisotti lo ha chiesto alla dott.ssa Claudia Jalla, tra i curatori della
collana:
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R. – Perché leggere è molto
divertente: leggere, sfogliare un libro, guardarlo. Ma per bambini che hanno
difficoltà di comunicazione, cioè non hanno il linguaggio verbale in uscita, a
volte è impossibile, anche se comprendono bene. Quindi, l’idea è stata quella
di creare una collana fatta apposta per loro, dove ci fosse la possibilità di
leggere autonomamente o accompagnati da un adulto, ma soprattutto
autonomamente. Poi, tutta la collana è studiata, dalla forma del libro che
fosse accessibile, alla scelta dei disegni, che fossero chiari, semplici, senza
troppe sovrapposizioni, a delle storie dove si parlasse, dove si accennasse
alla disabilità, cosa che raramente si trova nei libri per bambini.
D. – Dott.ssa Jalla, questi
libri si rifanno ad un metodo particolare ...
R. – Si rifanno alla
comunicazione aumentativa-alternativa, uno strumento che nasce una ventina
d’anni fa in America, molto sviluppato in Europa, in Italia ancora non tantissimo.
La comunicazione aumentativa-alternativa è un insieme di tecniche, di
strategie, di tecnologie che si possono attivare per facilitare la
comunicazione per quei bambini o per quelle persone, in generale, che per
motivi temporanei o invece permanenti, non hanno comunicazione.
D. – Dott.ssa Jalla, dalla sua
esperienza - lei è anche mamma di una bambina con difficoltà di comunicazione -
quali risultati ha riscontrato nell’uso di questi libri?
R. – Il cambiamento è poter
vedere il proprio figlio essere più autonomo, più indipendente. L’impossibilità
alla comunicazione è un grave handicap che spesso si associa a molti altri,
perché si ha meno potere. Allora, poter restituire loro un po’ di autodeterminazione,
questo è sicuramente fondamentale in un bambino: da maggiori possibilità di
crescere. Insomma, leggere è importante per tutti. Se però i libri ti sono
vietati ...
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6 agosto 2004
“PAOLO VI MAESTRO SPIRITUALE”: NUOVO LIBRO SULLA
FIGURA DI PAPA MONTINI.
E’ CURATO DA DOM PATRICE MAHIEU, PARROCO
BENEDETTINO, E PUBBLICATO
DALLA LIBRERIA EDITRICE VATICANA, NEL 26.MO DELLA MORTE
DEL PONTEFICE
- A cura di Rosario Tronnolone -
ROMA.= La disponibilità totale
all’azione interiore dello Spirito e la volontà di trasmettere agli altri
questa esperienza, rendendosi al contempo testimone e guida. Queste le qualità
che Paolo VI possedeva in massimo grado, come afferma dom Patrice Mahieu nel
suo libro “Paolo VI, Maestro Spirituale”, uscito per i tipi della Libreria
Editrice Vaticana in occasione del 26.mo anniversario della morte del
Pontefice. Dom Mahieu, monaco benedettino dell’Abbazia di Solesmes, ha studiato
a lungo il magistero di Papa Montini e ha raccolto ampi stralci dai suoi scritti
in una sintesi chiara e tesa a dimostrare come la vita spirituale del Pontefice
sia stata costantemente ispirata ad un dinamismo che trasferiva la grazia
dell’incontro con Dio e quello della vocazione nel dono, nella testimonianza,
nella comunione. Il volume è diviso in due parti: la prima esamina, in
particolare, testi di insegnamento e di formazione religiosa incentrati sul
mistero della Trinità: dalla certezza della tenerezza paterna e misericordiosa
di Dio, alla comunione con Cristo, all’azione continua e vivificante dello
Spirito Santo. La seconda parte si incentra sui mezzi di cui disponiamo perché
la nostra risposta di uomini alla sollecitudine di Dio sia la più adeguata possibile:
dai sacramenti, prolungamento della presenza di Cristo accanto a noi, alle
virtù teologali, alla preghiera. Paolo VI - scrive Dom Mahieu - aveva il dono
dell’incontro con l’altro, del colloquio personale. Questo libro è l’occasione,
attraverso la lettura meditata, di un incontro intimo con il carisma di Papa
Montini, che non cessa ancor oggi, attraverso i suoi scritti e le sue
riflessioni, di testimoniare la fede, di formare coscienze libere e rette, e di
incoraggiare alla santità e alla ricerca di Dio.
E’ FINITO IN MANETTE UNO
DEI PIÙ GRANDI TRAFFICANTI DI PERSONE DELL’AMERICA CENTRALE E MERIDIONALE. PER
LE AUTORITA’ MESSICANE E’ COINVOLTO IN UNA RETE CHE ABBRACCIAVA NORDAMERICA,
ALBANIA, MEDIO ORIENTE E OLANDA.
CITTA’ DEL MESSICO.= E’ finito
in manette uno dei più grandi trafficanti di esseri umani dell’America centrale
e meridionale. Si tratta di Alfredo Terrazas Torres, detto Charly Terrazas,
catturato a Ciudad Juàrez, città dello Stato del Chihuahua al confine con il
Texas. Secondo le autorità del Messico, il brasiliano, già arrestato ed evaso
dal carcere texano di La Tuna nel 1989, sarebbe legato ad una rete di 42
funzionari pubblici coinvolti nel traffico di persone e operanti in 12 Stati della
Repubblica nordamericana. Sarebbero certi, per gli inquirenti, i suoi intrecci
con la malavita organizzata attiva in Albania, Medio Oriente e Olanda. (R.P.)
APPRODA IN VALLE D’AOSTA
IL FESTIVAL INTERNAZIONALE DEGLI ARTISTI DI STRADA. PER TRE GIORNI GIOCOLIERI,
ATTORI E COMICI DI MEZZO MONDO
ANIMERANNO IL CENTRO
STORICO DI SAINT VINCENT
AOSTA.= Sono un mix esplosivo di teatro,
equilibrismo, danza, musica e magia: sono gli artisti di strada. Cittadini del
mondo, approdano oggi nella località italiana di Saint Vincent, in Valle
d’Aosta, e fino a domenica ne animeranno il centro storico. Con loro la cittadina
termale ospiterà il Festival internazionale del Teatro di strada, giunto ormai
alla sua settima edizione. La rassegna, nata nel 1996, ha già organizzato 110
spettacoli rappresentati da compagnie ed artisti internazionali, dagli inglesi
agli argentini, dai tedeschi agli spagnoli. (R.P.)
DUE MILIONI DI PALESTINESI VIVONO CON MENO DI DUE
DOLLARI AL GIORNO.
A DENUNCIARLO E’ UN RAPPORTO DELLA COMMISSIONE
ECONOMICA
E SOCIALE DELLE NAZIONI UNITE PER L’ASIA OCCIDENTALE
WASHINGTON.= Circa due milioni
di palestinesi vivono con meno di due dollari al giorno e coloro che vivono al
di sotto della soglia d’indigenza sono ormai il 63 per cento del totale. Lo
denuncia un rapporto, diffuso nei giorni scorsi, dalla Commissione economica e
sociale delle Nazioni Unite per l’Asia occidentale, che ha studiato l’impatto
dell’occupazione israeliana e della costruzione del “muro” sulle condizioni di
vita nei Territori palestinesi. Secondo i dati forniti dalla Commissione, il
tasso di disoccupazione in determinate aree è del 70 per cento. Dal marzo 2003,
inoltre, il 42 per cento delle famiglie è indigente e vive soltanto grazie agli
aiuti umanitari; un terzo della popolazione soffre a causa dell’occupazione
della terra e del controllo delle risorse idriche da parte dello Stato ebraico.
La Banca mondiale ha definito la recessione nei Territori palestinesi “una
delle peggiori della storia contemporanea”. (D.G.)
In italia Scoperto dal
Corpo Forestale dello stato UN traffico illegale
di piante e animali
protetti. Diventavano ingredienti di medicine orientali.
SequestratI 3500 PRODOTTI
nelle sole città italiane di Roma e Guidonia.
ROMA.= Piante rarissime ed animali protetti
diventavano gli ingredienti di pillole, cerotti e polveri venduti in
erboristerie e farmacie cinesi. Il traffico illecito, scoperto in Italia, fruttava
oltre 500 mila euro nelle sole città di Roma e Guidonia. L’indagine denominata
Marco Polo è stata condotta dal Corpo Forestale dello Stato in collaborazione
con l’Interpol, il Segretariato generale CITES di Ginevra, l’Uf-ficio italiano
Traffic del WWF e Jakob Reijngoud, considerato una dei massimi esperti europei
in medicina orientale. Si tratta della prima operazione su vasta scala
realizzata in Italia e la prima in Europa per giro d’affari e quantità di
materiale sequestrato. “Il traffico illegale è un fenomeno molto preoccupante
che va a violare la Convenzione CITES, un Trattato internazionale applicato da
166 Paesi. L’Italia risponde ai criteri della Convenzione in modo puntuale e
severo ma soprattutto adeguato e quest’intervento ne è una prova”, ha
dichiarato Ugo Mereu, responsabile del Servizio centrale CITES del Corpo
Forestale dello Stato. (R.P.)
UN MILIONE DI EURO IN AIUTO ALLE POPOLAZIONE DEL
BANGLADESH,
VITTIME DEL MALTEMPO: LO STANZIAMENTO E’ STATO
ANNUNCIATO IERI
DALLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA
ROMA. =
La presidenza della Conferenza episcopale italiana (CEI) ha annunciato ieri lo
stanziamento di un milione di euro a beneficio delle popolazioni del Bangladesh
colpite dalle piogge torrenziali delle ultime 4 settimane, che hanno provocato
almeno 638 morti e distrutto i campi di circa 4,5 milioni di famiglie rurali. A
nome di tutta la Chiesa italiana, la presidenza della CEI ha espresso “viva
partecipazione al dolore per le numerose vittime delle devastanti piogge
monsoniche che hanno flagellato l’Asia del Sud e soprattutto il Bangladesh”.
“L’apposito Comitato per gli interventi caritativi a favore del Terzo Mondo provvederà
all’ero-gazione della somma stanziata, accogliendo le richieste che gli perverranno
direttamente o sostenendo progetti di realtà ecclesiali come la stessa Caritas.
Nel testo diffuso dalla Cei, la presidenza della Conferenza episcopale esprime
inoltre “vicinanza a tutti coloro che, a causa di questa calamità, hanno
perduto i loro cari e hanno subito ingenti danni”. (R.G.)
RIUNITI IN KENYA FINO A
VENERDÌ PROSSIMO I RESPONSABILI DEI SERVIZI SEGRETI
DEL CONTINENTE AFRICANO
PER STUDIARE UNA STRATEGIA COMUNE
DI LOTTA AL TERRORISMO
NAIROBI.=
I principali responsabili dei Servizi segreti del continente africano sono
riuniti fino a venerdì prossimo in Kenya per mettere a punto strategie di lotta
comuni contro le minacce del terrorismo internazionale, che gravano
sull’Africa. I delegati sono arrivati a stipulare un accordo per la creazione
di una rete anti-terroristica africana, basata sostanzialmente sulla
condivisione e sullo scambio di informazioni di intelligence. L’annuncio è
stato fatto ieri dal presidente kenyano, Mwai Kibaki, il quale ha precisato che
al convegno stanno partecipando i responsabili della lotta al terrorismo dei
Paesi di quasi tutti gli Stati dell’Africa sub-sahariana. Lo scorso marzo
l’Unione Africana (UA) aveva reso pubblica la decisione di aprire entro sei
mesi un Centro anti-terrorismo con sede ad Algeri con il compito di coordinare
le informazioni e mettere a punto un meccanismo comune di lotta contro il
terrorismo. In quell’occasione era stato sottolineato che la creazione di questo
organismo non è stata decisa "per compiacere gli spagnoli o gli
americani", ma come risposta concreta ai recenti attacchi terroristici in
Africa: come quello del 2002 a Mombasa in Kenya, costato la vita a 15 persone,
o quello avvenuto a Rabat nel maggio 2003, dove oltre 40 persone rimasero
uccise a causa di una serie di autobombe. (R.G.)
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6 agosto 2004
- A cura di Dorotea Gambardella -
Almeno 19 iracheni uccisi e 111 feriti, compresi donne e
bambini. Questo il bilancio dei violenti combattimenti tra truppe americane e
miliziani sciiti, avvenuti ieri a Sadr City, la roccaforte dei seguaci del
leader radicale Moqtada al-Sadr, alla periferia di Baghdad. Ed aspri scontri,
tra ieri ed oggi, si registrano anche a Samarra, Najaf e Nassiriya. In queste
due città, fonti governative parlano di nove morti e 38 feriti nelle ultime 24
ore. Il nostro servizio:
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Non
regge la fragile tregua concordata nella notte a Nassiriya dopo gli attacchi
dei miliziani armati contro le pattuglie italiane e la polizia locale, in cui
sono morti quattro civili iracheni e dieci sono rimasti feriti. Stamani, in
prossimità dei ponti sul fiume Eufrate controllati dai lagunari dell’esercito,
sono esplosi due colpi di mortaio. In precedenza, nella stessa zona, si era
registrata la deflagrazione di un’autobomba. Combattimenti sono in corso anche
nella città santa di Najaf, dove guerriglieri sciiti hanno aperto il fuoco
contro alcuni carri armati americani, mentre gli aerei statunitensi continuano
a bersagliare la zona del cimitero, dove sono asserragliati i sostenitori di
Moqtada al-Sadr. A Samarra, 125 chilometri a nord di Baghdad, almeno cinque
civili iracheni sono morti e 13, tra cui tre bambini e due donne, sono rimasti
feriti negli scontri, seguiti da bombardamenti, avvenuti tra ieri e oggi tra
truppe statunitensi ed insorti sunniti. Il governo di Baghdad ha invitato gli
insorti a desistere e ad integrarsi con la polizia locale. Quest’ultima, a
Kerbala ha arrestato nove afghani e dieci iraniani, accusati di essere entrati
illegalmente nel Paese per “commettere atti terroristici”. Intanto, non si
arresta il fenomeno dei rapimenti. Il ministero degli Esteri di Beirut ha reso
noto che quattro camionisti libanesi sono stati catturati, ieri, da uomini
armati, lungo la strada che collega Falluja e Ramadi.
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Quali
i motivi di questa improvvisa escalation di violenza? Giancarlo La Vella lo ha
chiesto ad Alberto Negri, inviato speciale del Sole 24 ore:
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R. -
Credo che ci siano due motivi: uno di ordine generale ed un altro più
specifico. Quello di ordine generale ha riferito la situazione in Iraq, la
situazione politica. E’ saltato il programma di convocazione del Consiglio
nazionale, cioè delle fazioni, delle tribù che costituiscono il panorama
politico e dei gruppi armati iracheni. Quindi, manca ancora una situazione in
cui poter discutere, poter cominciare un processo politico fatto proprio dagli
iracheni. E poi, specificamente, c’è il problema delle milizie di Moqtada
al-Sadr. Moqtada al-Sadr, ad un certo punto, aveva accennato alla possibilità
di trasformare il suo movimento armato e di guerriglia in partito politico,
però, proprio perché il processo generale in Iraq è fermo, ha rinunciato a
questo progetto, ha mantenuto gli uomini armati nelle città del Sud e queste
milizie armate costituiscono ancora un fattore destabilizzante.
D. – A
questo punto, c’è anche il pericolo che le varie fazioni della guerriglia irachena
possano accordarsi per gestire la guerriglia armata contro il governo dietro
cui, in fondo, ci sono sempre gli Stati Uniti …
R. –
Questo è il problema di fondo della guerriglia e dell’opposizione in Iraq. Da
una parte, grosso modo, abbiamo il fronte sunnita, e dall’altra abbiamo la
resistenza sciita nel Sud. Questi due fronti non si sono ancora, in realtà,
coordinati per una resistenza armata alla coalizione internazionale guidata
dagli americani, però hanno continuato ad operare un’azione destabilizzante,
alla quale non c’è stata ancora una soluzione, che deve essere anche, e
soprattutto, una soluzione politica. Senza una soluzione politica, l’Iraq è
destinato a rimanere un Paese altamente destabilizzato.
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E la
crisi in Iraq si riflette anche sul prezzo del petrolio che anche oggi continua
la sua corsa al rialzo. Il tipo light ha raggiunto stamani il livello
record di 44.77 dollari al barile negli Stati Uniti, mentre il prezzo del brent,
consumato soprattutto in Europa, ha superato i 41.50 dollari. Intanto
Washington ribadisce che non verranno toccate le scorte per contenere i prezzi,
mentre l’OPEC, l’Organizzazione dei paesi produttori di greggio, che sta già
pompando 30 milioni di barili al giorno, ha annunciato di essere pronta ad
estrarne altri 1,5 milioni se necessario.
Medio Oriente. Un palestinese è
stato ucciso la scorsa notte da una pattuglia militare accanto alla base
israeliana nel Gush Katif, la zona di insediamento ebraico nel sud della
Striscia di Gaza. Intanto, grazie alla mediazione degli Stati Uniti, è stata
risolta l’emergenza umanitaria dei 4 mila palestinesi bloccati da due settimane
al valico di Rafah, al confine egiziano, dove i militari israeliani stanno
effettuando operazioni antiguerriglia. Ancora una volta Washington ha cercato
di riavviare il dialogo tra lo Stato ebraico e l’Autorità nazionale palestinese,
mentre un appello ad Israele e all’ANP affinché avviino “negoziati diretti”
sulle questioni degli insediamenti ebraici, delle linee di confine e del futuro
di Gerusalemme è stato rinnovato da Mosca. Il servizio è di Graziano Motta:
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Il funzionario della Casa
Bianca, Eliot Abhrams, dopo aver incontrato i premier israeliano e palestinese,
ha patrocinato la ripresa della cooperazione in materia di sicurezza, che
prevede il dislocamento nei Territori di agenti di polizia palestinesi armati.
Si dovrebbe evitare così l’aggravarsi dell’attuale situazione di anarchia, la
tensione a Nord di Gaza, con il lancio continuo di missili Qassam da parte di
guerriglieri palestinesi in territorio israeliano, e le conseguenti operazioni
militari. Con Sharon, oltre a questi problemi, l’inviato americano ha
affrontato quello degli insediamenti di colonie ebree nei Territori,
manifestando delusioni per il mancato smantellamento dei punti legali di
sviluppo promesso tre mesi fa da Sharon, e ha preso conoscenza del piano
israeliano di costruire un nuovo quartiere nei pochi chilometri che separano
Gerusalemme dalla sua città satellite di Maaleh Adumim, per garantire
continuità residenziale in una zona che però giuridicamente è territorio occupato.
Per Radio Vaticana, Graziano
Motta.
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Oggi in Giappone iniziano le commemorazioni per le 100
mila vittime della bomba atomica che il 6 agosto 1945 radeva al suolo la città
di Hiroshima. Tre giorni dopo, il 9, stessa sorte per Nagasaki con 35 mila
morti. Episodi che portarono alla resa del Paese nipponico e alla conclusione
della Seconda Guerra Mondiale. Ce ne parla Fausta Speranza:
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Alle 08.15 di 59 anni fa, il
dramma della bomba sganciata dalla superfortezza volante B-29 detta “Enola
Gay”. Oggi, in un parco della Pace di Hiroshima oltre 40 mila persone si sono
ritrovate e ill sindaco della città, vittima del primo bombardamento atomico
della storia, ha lanciato un forte appello per l’eliminazione totale delle armi
nucleari e lo ha fatto attaccando “la visione mondiale egocentrica degli Stati
Uniti”. Nel silenzio seguito alla
commemorazione dell'apocalittica esplosione, il primo cittadino, Akiba, ha
criticato anche il governo giapponese, rappresentato dal primo ministro
Junichiro Koizumi in persona, sollecitandolo a ''difendere con tutte le forze
la Costituzione pacifista e a opporsi con più determinazione a quelle che ha
definito “tendenze sempre più marcate, all'estero e in patria, all'accettazione
della guerra e delle armi atomiche”. Akiba, al suo secondo mandato quadriennale
di sindaco di Hiroshima, è un ex deputato del partito socialdemocratico di
opposizione, contrario come i comunisti alla revisione della costituzione
pacifista. Revisione sostenuta, invece, sia pure con obiettivi diversi, dal
partito liberaldemocratico di governo e dai democratici, maggiore partito di
opposizione. Resta la tragedia che non si fa dimenticare anche perché durante
la cerimonia sono stati aggiunti, al lungo elenco di vittime uccise in quei
fatidici pochi secondi, altre 5.142 persone morte dopo il 6 agosto dello scorso
anno per gli effetti ancora vivi – è stato sottolineato – delle radiazioni. Ad
oggi, dunque, il numero totale dei morti sale a oltre 237mila. E resta anche,
al di là dei dibattiti interni al Giappone, la consapevolezza diffusa della
minaccia di un uso irresponsabile delle armi nucleari da parte di uno dei
diversi Paesi che ne dispongono.
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Il presidente indipendentista della Cecenia, Aslan
Maskhadov, ha formato a Grozny un nuovo governo, riducendo il numero dei
ministri da 60 a 12 e sostituendo i titolari di alcuni dicasteri uccisi in
Cecenia dopo la ripresa della guerra contro le truppe federali russe nel 1999.
Intanto, non accenna a diminuire la violenza. E' di quattro uccisi, due soldati
russi, un funzionario del governo ceceno filo-russo e un poliziotto ceceno
sospetto infiltrato degli indipendentisti, il bilancio delle vittime registrate
nelle ultime 24 ore nella repubblica caucasica.
È salito ad almeno 72 il bilancio dei morti negli scontri
in corso da due giorni in Yemen tra l’esercito ed i ribelli guidati dallo
sciita Hussein Badreddin Al Huthi, ex parlamentare e guida di un movimento
radicale. I militari di Sana’a hanno sferrato un attacco contro tremila
miliziani asserragliati nel distretto montuoso nordoccidentale di Maran. Al momento
si tenta una mediazione.
È stato recuperato il cadavere dell’ottava
vittima del rogo divampato ieri nel centro equestre di Lescheraines, in Savoia.
Nell’incendio sono morte otto persone, sei adolescenti di età compresa tra i 12
e i 14 anni, un giovane di 20 anni e un’animatrice. Un’istruttrice è scampata
alle fiamme. Ancora da appurare le cause del disastro. Ieri, il primo ministro
francese, Jean Pierre Raffarin, ha annunciato un’indagine amministrativa.
Un prigioniero afghano detenuto nella base statunitense di
Guantanamo, a Cuba, ha negato, ieri, di essere un ex Taleban ed ha chiesto di
essere rimpatriato. È quanto avvenuto durante una delle udienze di revisione,
in corso da venerdì ed istituite in seguito ad una sentenza della Corte suprema
americana. A tali udienze per la prima volta sono stati ammessi anche alcuni
giornalisti. Ai cronisti, tuttavia, non è permesso di fotografare i
prigionieri, né di essere presenti quando la Commissione deve deliberare.
Il ministero dell’Interno
saudita ha confermato l’arresto di Fares al Zahrani, uno dei 26 estremisti
islamici più ricercati in Arabia Saudita. A Londra, invece, è stato fermato, su
richiesta delle autorità statunitensi, un cittadino britannico, Babar Ahmad.
L’uomo è sospettato di pianificare operazioni terroristiche in Cecenia ed in
Afghanistan, utilizzando siti Internet americani.
Trasferiamoci in
Colombia. Nel corso di un’operazione militare contro la guerriglia
dell’Esercito di Liberazione Nazionale (ELN), sono stati uccisi tre dirigenti
sindacali. Il fatto è avvenuto ieri nella regione petrolifera di Arauca, nei
pressi della frontiera con il Venezuela, ma è stato riferito solo oggi da fonti
militari.
L’uso incauto di siringhe ha provocato in Cina
la morte di 390 mila persone, secondo il ministero della Sanità di Pechino.
Malattie gravi e spesso mortali, come l’Aids e l’epatite B, sarebbero state
contratte da migliaia di persone a causa di iniezioni fatte senza rispettare le
più elementari norme igieniche. In Cina, caso unico al mondo, il 70 per cento
dei circa 840 mila malati di Aids ha contratto il virus donando il sangue.
Ancora attacchi a
tombe ebraiche in Nuova Zelanda. Una cappella è stata incendiata e decine di
lapidi sono state infrante nella capitale, Wellington, nel secondo attacco
notturno in tre settimane. Il 16 luglio scorso, alcune lapidi della sezione
ebraica del principale cimitero cittadino erano state frantumate ed erano state
deturpate con svastiche e slogan nazisti.
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